LUI 3/4 2017

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mensile - anno ventuno - numero tre/quattro - aprile 2017

italia

SPECIALE MFW A/I 17/18

MODA Un denim dopo l’altro ARTE Keith Haring / Modigliani / Manet People Oliviero Toscani


SOMMARIO

ARTE 84

FOTOGRAFIA 30

Un denim dopo l’altro

MOSTRA 116

MODA 04

FASHION Dirty night out

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FOTOGRAFIA Bharat Sikka

30

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 Au jour le jour

42 MOSTRA 14

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 Angelo Marani

92

FASHION Never say the truth

104

Mostra Pirelli in cento immagini

116

DESIGN Salone del Mobile Wallpeper easy

design 126

FASHION 52

MOSTRA Oliviero Toscani

62

FASHION God save the queen

72

arte Keith Haring

126

84 2


SOMMARIO

motori 170

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 Elisabetta Franchi

216

ARTE Modigliani: “Farsi spogliare l’anima”

226

FASHION Modern Samurai

236

ARTE Manet e la Parigi moderna Antonio Marras

246 ARTE 226

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 136

design Tortona Design Week

148

FASHION Beauty and the mirror

158

MOSTRA Elliot Erwitt

170 FOTOGRAFIA 208

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 Ferragamo

256

BEAUTY Black tears

276

FOTOGRAFIA Ultimo domicilio

288

MOTORI Merenda sui prati di Pasquetta Philosophy

ICONS 318

SPECIALE MFW FALL/WINTER 17/18 178

YOUNG DESIGNER Blewawhite di Giulia Schisano

188

FASHION Rendez-vous

196

FOTOGRAFIA Ten Years and Eighty-Seven Days

296

208 3


DSquared2

Un denim dopo l’altro EDITORIALE

A

ttraverso il total look il denim s’impone con tutta la forza che lo contraddistingue ed entra in scena ponendo l’accento sulla sua nomina di “prezzemolo” della moda. Ecco che per la primavera estate 2017 si ritaglia un ruolo da protagonista assoluto spaccando i diversi connubi che lo vogliono e lo vedono parte integrante di un outfit, ma quasi mai - almeno negli ultimi tempi - assoluto protagonista. Il jeans ci veste da ben 157 anni e ne ha di cose da raccontare. Dapprima sfruttato - proprio come gli uomini che lavoravano in miniera - come “pantaloni da occupazione”, poi è entrato nell’esercito – siamo negli anni della Seconda Guerra Mondiale – dove ha visto morire migliaia di giovani uomini nel fior fiore della loro innocenza. Sono gli Anni’50 che - attraverso il boom del casual, del cinema e del rock’n roll - gli donano spensieratezza e fama. Un decennio dopo è il simbolo della ribellione, dell’insubordinazione urbana contro l’ipocrisia del mondo adulto. Gli anni ’70 sono il tempo della libertà assoluta, cavalcati dall’ondata dello stile hippie caratterizzato dalla “zampa di elefante”, dai fiori, dalle frange e dal motto “peace and love”.


N . 3 / 4 aprile 2 0 1 7 cover Photos by Frederic Monceau Make-up by Delphine Nicole Hair: Christophe Pujol with Eugene Parma Model: Liza Gladkaya Total look SHOWROOM PRESSING PARIS editrice Sedit sc Via Emile Chanoux, 26 10026 Pont Saint Martin (AO) direttore editoriale Calogero Urruso direttore responsabile Salvatore Paglia pubbliche relazioni Jean Paul Bianco pubblicità Tel. +39 329.8622268 info@luimagazine.com

Balmain

impaginazione e grafica Michele Alberti redazione Fax 02 91390360 redazione@luimagazine.com stampa Tipografia Giglio-Tos

pubblicazione mensile Reg.Trib. di Milano N. 169 - 03/2000 hanno collaborato a questo numero: Alessandro Rizzo Alexia Mingarelli Claudio Marchese Michele Vignali Riccardo di Salvo Silvia Trepago Lui Magazine è un mensile distribuito gratuitamente (0,10 euro) in tutta Italia e Costa Azzurra Lui Magazine non è responsabile per la qualità, la provenienza o la veridicità delle inserzioni. La direzione di Lui sì riserva il diritto di modificare, rifiutare o sospendere un’inserzione a proprio insindacabile giudizio. L’editore non risponde per eventuali ritardi o perdite causate dalla non pubblicazione dell’inserzione. Non è neppure responsabile per eventuali errori di stampa. Gli inserzionisti dovranno rifondere all’editore ogni spesa eventualmente da esso sopportata in seguito a malintesi, dichiarazioni, violazioni di diritti, ecc. a causa dell’annuncio. L’apparizione di un modello sulla copertina o sulle pagine del giornale non costituisce implicazione relativa al suo orientamento sessuale. Il © delle immagini è di proprietà degli autori. L’editore rimane a disposizione per gli eventuali accordi di pubblicazione che non è stato possibile definire. I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti e quelli degli inserzionisti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio del giornale e la pubblicazione degli annunci e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo.


Bally

MODA

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Valentino

Wrangler

Balmain

l jeans firmato si posa sulla pelle dei giovani negli anni ’80 travolto dalla tendenza yuppie, per poi entrare negli Anni’90 subendo le più disperate influenze dettate dal sistema moda che lo proietta in passerella come capo vestiario di lusso contaminandolo da inserti che abbracciano l’ostentazione. Il 2000 fa rima con la disperata ricerca del nuovo con altrettanto ascesa del lavaggio chimico, delle svariate cuciture e delle lavorazioni improbabili. Oggi, o meglio da più di qualche tempo, il jeans lascia scoperta la caviglia, ma diventa interprete di sovrapposizioni.


Neil Barrett

Emporio Armani

DSquared2

Eleventy


Valentino

Diesel

Roberto Cavalli

Neil Barrett


Balmain

Pepe Jeans

DSquared2

MODA

Con la bella stagione in arrivo i vari stilisti riportano il capo due gradini più in alto reinterpretando, ognuno a modo suo, uno stile sempre attuale e mai banale. Insomma, per tutto questo tempo il denim ha fornito prova della sua versatilità diventando complice di un benessere che appaga l’immagine senza rinunciare alla comodità. Per questo motivo siamo andati alla fiera Denim Première Vision, uno degli eventi dedicati al denim più influenti nel calendario della moda. Qui buyers, stampa e professionisti possono incontrare le aziende leader del settore e scoprire il continuo evolversi di questo tessuto e le prossime tendenze. 9


Emporio Armani

Allegri

MODA

In merito a quest’ultime, sono sostanzialmente tre gli orientamenti da seguire. Il primo, “Frayed at the Edges”, mette in risalto i dettagli che vedono imporsi le applicazioni multiple di vario genere, forma, colore o tessuto, e i bordi sfilacciati e i fili sciolti che sviluppano delle mini o maxi frange. Si prosegue con “Eastern Elegance” che trova la sua ispirazione nell’eleganza orientale. Chiave di lettura i pantaloni a gamba comoda, le giacche e i capispalla che strizzano l’occhio alle tuniche e le stampe dalle chiare influenze asiatiche. Chiudiamo con “Intensely Indigo”. Con questa propensione si vuole portare il denim verso outfit raffinato che privilegia i tagli puliti, leggeri, e che mettono in luce la finezza del look con l’ausilio del colore indaco, simbolo di spiritualità e risveglio interiore.

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Balmain

DSquared2

Salvatore Paglia


Neil Barrett

MCS

DSquared2

Brunello Cucinelli


DIRTY NIGHT OUT Photos by Eric Ouaknine Styling BY Etienne Jeanson


Girl: Pajama SANDRA MANSOUR Shoes APERLAI Boy: Trousers and suit FRENCH DEAL Shoes ALEXANDER McQUEEN


Blown-glass, gold necklace and short ETIENNE JEANSON Shoes APERLAI


Jumpsuit DERHY Shoes MAMBRINI Bracelet FLORENCE VERDIER Headband DONIA ALLEGUE



Girl: Bra PALOMA CASILE Leather skirt JITROIS Shoes HÔTEL PARTICULIER Boy: Sweater and short ST. BARTH KARMA Shoes Vintage


Blouse and trousers CHADOR Head jewels JOHN NOLLET


Dress ALON LIVNE Jacket FRENCH DEAL Belt Vintage


Girl left: Fake fur coat CHEYMA Trousers SANDRA MANSOUR Necklace CATERINA ZANGRANDO Shoes HÔTEL PARTICULIER Boy left: Leather tuxedo jacket FRENCH DEAL Boy right: Printed silk shirt FRENCH DEAL Shoes ALEXANDER McQUEEN


Girl middle: Blouse NATARGEORGIOU Skirt JITROIS Shoes MAMBRINI Girl right: Embroidereb dress SANDRA MANSOUR Earings CATERINA ZANGRANDO Shoes APERLAI



Girl right: Embroidereb dress TONY WARD COUTURE Shoes HÔTEL PARTICULIER Boy: Trousers ALON LIVNE Necklace FLORENCE VERDIER


Girl: Perfecto SANDRA MANSOUR Bra PAOLMA CASILE Blown-glass and gold necklace ETIENNE JEANSON Boy right: Black t-shirt ST. BARTH KARMA Jeans DIESEL Boy left: Grey t-shirt IRO Belt Vintage Jeans LEVI’S


Trousers FRENCH DEAL


Girl left: T-shirt DEUX A Trousers KNITSS Boy: Jacket LEVI’S Shirt PRIMARK Trousers DIESEL Girl right: T-shirt DEUX A Skirt JITROIS Boots APERLAI


Perfecto and trousers FRENCH DEAL Black t-shirt ST. BARTH KARMA Shoes ALEXANDER McQUEEN Belt Vintage


Photos by Eric Ouaknine - www.eouaknine.com Styling by Etienne Jeanson @Jnsn Production by EOP Paris Make-up by Stéphane Dussart Hair Style by Kevin Jacotot @B Agency Paris, Assisted by Jennifer Martins Models: Marie Verchère @Ford Models Paris Alexia Canova @Metropolitan Paris Anya Snegireva Raphaël Say @Viva Berlin Sébastien Ngoc @Karin Men Paris Thanks to Titty Twister Paris, Philippe Fatien, Greg, Ludo & Evan



FOTOGRAFIA

Bharat Sikka: tra narrazione ed estetica compositiva la fotografia di un autore complesso tra fine art e reportage



FOTOGRAFIA

P

ensare alla fine art, la bella arte, come a uno stile contemporaneo diventa, spesso, alquanto singolare, dato che, ormai, la gran parte della produzione artistica attuale esprime un messaggio o uno scopo, sociale, culturale, civile. Bharat Sikka è un fotografo indiano, nasce nel 1973 a Karnataka, vive tra New York e Nuova Delhi, e vuole legare la propria produzione al contesto natio, ricco di contrasti e di contraddizioni che rendono l’India Paese di grande fascino e la sua stessa arte non priva di risvolti inattesi. Sikka ama coniugare in una sintesi sintattica immaginifica e in un linguaggio lirico particolare, originale, autoriale e chiaramente riferimento fotografico della nostra epoca, solamente per la capacità di narrazione che l’artista esprime, la tradizione,

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FOTOGRAFIA

quella figurativa, pittorica e dai colori indubbiamente caldi e accesi, vivaci e intensi, e la modernità concettuale di intendere la fotografia. Bharat Sikka viene definito star della fotografia e tale appellativo non è immeritato: nella sua lunga attività di fotografo Bharat vanta di ottime collaborazioni con il mondo del fashion style, tanto che vedremo diversi suoi servizi pubblicati da magazine di fama internazionale, Marie Claire, New Yorker, I.D, Vogue, Vogue Homme International, Details e Time Magazine, quest’ultimo lo nomina migliore fotografo per l’anno 2015, e propone una propria lettura e un proprio stile nel raffigurare soggetti e nel rappresentare espressioni visive e fisiche attraverso una tecnica che risulta essere coerente nel suo evidenziarsi, ma che affida allo

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FOTOGRAFIA

stesso artista un margine di sperimentazione e di ricerca, tensione che rimane inappagata nel percorso artistico di Bharat. Sikka ha esposto in una personale presso The Artist Space di New York con una serie, forma di arte fotografica esemplare della produzione dell’autore, dal titolo Indian Men, riuscendo anche a esportare la stessa serie al National Museum of India nel 2008 e in altre sedi a livello nazionale e internazionale: Indian Men aiuta a comprendere bene il lato contraddittorio, vivace e complesso, dell’autore e il segno di una propria capacità compositiva nel saper cogliere il momento opportuno da immortalare e nell’esprimere quell’intuizione poetica propria. La serie Indian Men è una rassegna di ritratti di uomini dell’India contemporanea che vengono ripresi

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FOTOGRAFIA

attraverso rappresentazioni eleganti, armoniose e cromaticamente accese tramite un’illuminazione incisiva, confermando la sapienza descrittiva e intuitiva dell’artista nell’utilizzo della tecnica e degli strumenti che la macchina fotografica dispone: il formato delle rappresentazioni fotografiche è grande e, questo, avvalora il dato estetico, puramente visivo, dell’opera che, seppure narri, qui la caratteristica del racconto come diario di esperienza quotidiana vissuta e narrata, la realtà nelle sue sfaccettature esistenziali, il ritratto quale simbolo che ci porta a indagare una dimensione introspettiva, non tralascia la parte puramente contemplativa della fotografia, fatta di colori fervidi e ardenti, calibrati in base al risultato che lo stesso artista vuole raggiungere.

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FOTOGRAFIA

L’azione di vita quotidiana viene, così, elevata a espressione puramente estetica: questo principio accompagna l’autore in tutte le proprie opere fotografiche, anche in quelle che sembrerebbero appartenere alla pura dimensione pubblicitaria glamour. Bharat Sikka riesce, pertanto, forte di un contesto, quello indiano, che culturalmente propone un contrasto tra megalopoli e tradizioni agresti, tra ricchezza e povertà, tra nuove tecnologie e costumi conservativi arcaici, a rendere espressiva la sintesi tra una tradizione artistica, quella raffigurativa che eccede in modo delicato nella metafora esistenziale, e una rappresentazione moderna, quella che non fa segreto dell’utilizzo di nuovi strumenti compositivi impiegati per risaltare sfumature cromatiche, che sfumature non sembrereb-

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FOTOGRAFIA

bero dati i lati e i contorni marcati delle figure, delineate attraverso un disegno fotografico deciso e forte. Bharat Sikka ha immortalato, sempre in un’ottica di congiunzione tra la fine art e il reportage, personaggi indiani famosi e celebri artisti, quali Moby, Carla Bruni o Beth Orton, cosĂŹ come immortalare soggetti diversi, sempre narrazioni umane dell’India conemporanea, dai passeggeri nel metrò, agli Indian Men, dai personaggi della ricca borghesia agli emo-turisti e a suo padre. Alessandro Rizzo

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AU JOUR LE JOUR Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18


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wallpeper easy Photos by ANDREA BENEDETTI Styling BY FABIO CAPUANO


turtleneck Tricot chic shirt Jovan pants Tom Rebl shoes Lumberjack earing shara paganO WallPepper Fine-Art, Adriana Glaviano, Ninfa dormiente


Man: two shirts mitchumm industries pant Jovan earinG shara pagano Woman: Total look Parkian shoes Albano necklace Earing shara pagano WallPepper Trend Line, Officinalis


bodysuit Daiquiri Lime dress Saverio Palatella Sarong BuccinĂ collar and belt Absidem shoes Albano earing SHARA WallPepper Fine-Art, Alessandra Scandella, Interior 05



left: jumpsuit Jovan pant leitmotiv middle: t-shirt otto d’ame shirtless and pants leitmotiv right: shirt Tom rebl pants otto d’ame scarf leitmotiv WallPepper Fine-Art, Henri Rousseau, Giungla con cavallo assalito da un giaguaro


Total look JOVAN Shoes PREMIATA Black skul NUDE Earing SHARA PAGANO WallPepper Fine-Art, Guido Crepax, Viaggiatore immobile


brunette: jumpsuit Jovan skirt ottodame socks sarah Borghi shoes albano Blonde: body collar Absidem jacket Cettina Bucca socks sarah borghi shoes albano WallPepper Trend Line, Giardino segreto


total looks Jovan shoes Lumberjack WallPepper Trend Line, Elegance


shirt Tricot chic pink flower pant Shirtaporter white pant Tom Rebl WallPepper Trend Line, Livia

Photos by Andrea Benedetti Styling by Fabio Capuano Mua: Martina Bolis Har: Davide Carlucci Rockrollhair Kemon Assistant: Riccardo Tarantola Models: Gytis @Urbanmanagmentt Mattia @Love Rejhan @Elite Jia @Monster Francesco Lhore @Elite Indi @Urban Emil @Elite Sebin @Boom Gabriela and Misha @Urban Jakub @Boom Jordan and Cohen @Urban


Oliviero Toscani

piĂš di 50 anni di magnifici fallimenti


© Oliviero Toscani - Elle France


© Oliviero Toscani - Warhol


MOSTRA

© Oliviero Toscani - Cavalli

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a Whitelight Art Gallery ospita, fino al 28 aprile 2017, la mostra “Oliviero Toscani più di 50 anni di magnifici fallimenti”. Come rileva Nicolas Ballario, curatore dell’appuntamento: ”Per chi conosce un minimo la storia di Toscani (e anche i sassi la conoscono) non può che pensare che il fallimento sia per lui una prospettiva, perché sentirsi arrivati significa fermarsi e lui fermo è impossibile da immaginare”. Lo scopo di quest’esposizione è mettere in scena la potenza creativa e la carriera del fotografo attraverso le sue immagini; fotografie che da sempre hanno incantano, fatto discutere, sollevato polveroni e colorato le metropoli e i magazine di tutto il mondo. Tra i lavori in mostra il famoso bacio tra prete e suora del 1991, i tre cuori white/black/yellow del 1996, no-anorexia del 2007 e anche i lavori realizzati per il mondo della moda che, come ben sappiamo, Oliviero Toscani ha contribuito a cambiare radicalmente.

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© Oliviero Toscani - Suora e prete


La carriera di Toscani sboccia nel bel mezzo delle contestazioni, siamo negli anni dei Beatles, degli Stones, della minigonna inventata da Mary Quant, degli stivaletti della beat generation, dei capelli lunghi per lui… gli anni dell’ennesima svolta sociale, culturale ed economica. Tutto cominciò con lui: lo scatto che vede protagonista il fondoschiena della famosa modella Donna Jordan (allora sua fidanzata) con indosso un aderentissimo jeans della marca Jesus accompagnato dallo slogan “Chi mi ama, mi segua”. Siamo negli anni ’70, il manifesto crea un precedente: è la prima volta che una pubblicità crea attorno a sé tante polemiche e controversie e sono proprie queste ultime caratterizzate dall’ipocrisia della gente a far decollare il successo dello scatto e del suo


MOSTRA

© Oliviero Toscani - Preservativi

creatore in tutto il mondo. Cominciano le collaborazioni con le riviste risonanti e le firme più influenti, ma è con Elio Fiorucci, innovatore indiscutibile della moda a livello mondiale, che Toscani stringe un rapporto solido che sfocia nella sfera personale e professionale. L’ennesima svolta, nella carriera del fotografo e nel mondo della comunicazione, arriva con la collaborazione con la griffe Beneton. Dal connubio nasce il marchio United Colors Of Benetton, corre l’anno 1982, gli scatti si trasformano in veri e propri urli di battaglia perché scanditi, costruiti e caratterizzati su temi di, ieri come oggi, fortissima attualità: ne sono un esempio il razzismo, la pena di morte, l’AIDS e la guerra. L’advertising si scrolla, così, di dosso, quasi completamente, la patina fashion e veste un abito più scomodo, quello cucito con le problematiche dell’uomo e del pianeta. Quest’impronta non si cancella quando si chiude la lunga parantesi con Beneton, ne sono una prova la campagna RaRe, che vede protagonisti una coppia gay in tenere effusioni sul divano di casa o mentre spingono un passeggino, e quella realizzata per Nolita per il gruppo Flash&Partners dove l’anoressia ha gli occhi e il corpo nudo della modella francese Isabelle Caro: 31 chili di ossa mostrate proprio durante la settimana della moda milanese nel 2007. Oltre ai volti del fashion system sono i molti i personaggi della musica e del cinema internazionale che si sono lasciati immortalare dal genio creativo della moda: Monica Bellucci Andy Warhol, Mick Jagger, Lou Reed, Carmelo Bene, Federico Fellini e i più grandi protagonisti della cultura dagli anni ‘70 in poi. E a proposito di ritratti, quest’esposizione offre la possibilità a 40 persone di diventare i soggetti di una fotografia di Oliviero Toscani. 68



MOSTRA

© Oliviero Toscani - Cuori

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MOSTRA

L’immagine, firmata ed autenticata, sarà consegnata sia in cartaceo, sia in digitale, e con essa verranno ceduti i diritti ad uso esclusivamente personale. Come e dove vi starete di certo domandando, eccovi accontentati: il 4 maggio (su appuntamento) dalle 14 alle 22 presso Whitelight Art Gallery verrà allestito un set fotografico che rientra nel progetto Razza Umana, che l‘artista da anni porta avanti realizzando ritratti nelle strade e nelle piazze del Mondo. “Razza Umana è frutto di un soggetto collettivo ha scritto il critico Achille Bonito Oliva lo studio di Oliviero Toscani inviato speciale nella realtà dell’omologazione e della globalizzazione. Con la sua ottica frontale ci consegna un’infinita galleria di ritratti che confermano il ruolo dell’arte e della fotografia: rappresentare un valore che è quello della coesistenza delle differenze”.

Whitelight Art Gallery

Copernico Milano Centrale Via Lunigiana angolo Via Copernico 16 febbraio - 28 Aprile 2017 Shooting su prenotazione: 4 maggio

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Jacket ROMAIN BRAU Pant SHOWROOM PRESSING PARIS Slip CK


GOD SAVE THE QUEEN Photos by Frederic Monceau


Total looks SHOWROOM PRESSING PARIS Hat ON AURA TOUT VU PARIS


Total look SHOWROOM PRESSING PARIS


Dress and crown ROMAIN BRAU


Body Stefanie Renoma Coat Renoma Paris


Total look SHOWROOM PRESSING PARIS


Jacket boy RENOMA PARIS Others Showroom Pressing Paris


Xplorer jacket STEFANIE RENOMA Others Vintage



Jacket ROMAIN BRAU Pant SHOWROOM PRESSING PARIS


Dress Oud Paris Photos by Frederic Monceau Make-up: Delphine Nicole with Nyxcosmetics Models: Giovanni Bonamy and Liza Gladkaya @Scouting One Model - AlloHouston Manager


Keith Haring, Untitled, 1986, acrilico e olio su tela, 245 x 369 cm, Hong Kong, collezione privata Š Keith Haring Foundation ARTE

Keith Haring. About Art


Espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi senza tempo che mettono in luce il rapporto dell’artista con la storia dell’arte


ARTE

Keith Haring, Saint Sebastian, 21 agosto 1984, acrilico su mussola, 152,4 x 152,4 cm. Collezione Doriano Navarra © Keith Haring Foundation

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ilano omaggia il celebre genio di Keith Haring, uno dei più importanti artisti della seconda metà del Novecento, con un’importante mostra allestita nelle sale di Palazzo Reale. È stata la sua arte, percepita come espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo e del nostro tempo - droga, razzismo, Aids, minaccia nucleare, alienazione giovanile, discriminazione delle minoranze, arroganza del potere - che ha trasformato l’uomo nell’icona di artista-attivista internazionale. L’appuntamento, godibile fino al 18 giugno 2017, evidenzia il progetto dell’artista di ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico, personale, immaginario simbolico che fosse al tempo stesso universale. Lo scopo è di riscoprire l’arte come testimonianza di una verità che pone al suo centro l’uomo e la sua condizione sociale e individuale. Ma non solo: la rassegna, per la prima volta, rende il senso profondo e la complessità della sua ricerca, mettendo in luce il suo rapporto con la storia dell’arte. Le opere dell’artista americano si affiancano, infatti, per la prima volta, a quelle di autori di epoche diverse a cui Haring si è ispirato e che ha reinterpretato con il suo stile inconfondibile. Il risultato è una sintesi

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ARTE MOSTRA

narrativa di archetipi della tradizione classica, di arte tribale ed etnografica, d’immaginario gotico o di cartoonism, di linguaggi del suo secolo e di escursioni nel futuro. L’esposizione - che vanta ben 110 opere provenienti da collezioni pubbliche e private americane, europee asiatiche alcune delle quali inedite e mai esposte in Italia – è ordinata in un allestimento di forte impatto e denso di rimandi al contesto in cui la breve ed esplosiva vita di Haring gli consentì di esprimersi come una delle personalità maggiormente riconosciute dell’arte americana del dopoguerra. A questo speciale appuntamento è correlato un catalogo, pubblicato da GAmm Giunti/24 ORE Cultura, che comprende una vasta biografia illustrata di tutte le opere esposte e i saggi del curatore, Gianni Mercurio, Demetrio Paparoni, Marina Mattei e Giuseppe Di Giacomo. È anche bene ricordare che la mostra è inserita nel calendario di Artweek, che si terrà dal 27 marzo al 2 aprile 2017 in occasione di Miart 2017 e vedrà Milano fulcro dell’arte contemporanea con inaugurazioni, aperture straordinarie, visite guidate, contenuti speciali ed eventi, realizzati in collaborazione con tutte le istituzioni pubbliche e private che aderiscono all’iniziativa. “L’inconfondibile linguaggio di Keith Haring è il protagonista di una mostra dalla straordinaria potenza iconica e visionaria – ha dichiarato

Keith Haring, Tree of Life, 1985, Acrilico su tela 152,5 x 152,5 cm. Collezione privata © Keith Haring Foundation

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ARTE

Keith Haring, Untitled, 1985, acrilico su tela, 152,4 x 152,4 cm. Collezione privata © Keith Haring Foundation

l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno –. L’esposizione sviluppa un percorso critico nuovo che per la prima volta accosta le rappresentazioni pittoriche, i graffiti e i video delle performance di Haring a opere che hanno rappresentato gli stimoli creativi del suo personale immaginario, provenienti dalla tradizione classica, tribale e pre-colombiana, passando dal Rinascimento per arrivare fino all’arte del ‘900”. Nei confronti del pittore la critica ha da subito mosso la sua diffidenza per poi ritrattarla e ingoiare uno dei bocconi più amari. Keith Haring nasce in Pennsylvania nel 1958. L’interesse all’arte la eredita dal padre, ingegnere con la passione del fumetto, ed è proprio quest’ultimo il primo a riconoscere il suo talento e a incoraggiarlo a continuare ad affinare il suo dono. Da Pittsburgh, negli anni ‘80, Keith approda a New York e frequenta la prestigiosa School of Visual Arts seguendo i corsi di Joseph Kosuth, pioniere dell’arte concettuale ma dopo un po’ lascia gli studi rinnegando definitivamente la possibilità di conseguire una laurea. Questi sono anche gli anni della consapevolezza del proprio orientamento omosessuale che non rinnega, anzi lo rende pubblico.

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ARTE

Keith Haring, Red, Yellow, and Blue, 1987, acrilico su tela, 213 x 121,9 cm. Collezione privata Š Keith Haring Foundation 89


ARTE

Keith Haring, Untitled, June 11 1984, acrilico su tela, 238,8 x 716,3 cm. Collezione privata Š Keith Haring Foundation

Keith Haring, Untitled, settembre 1984, acrilico su tela, 152,4 x 304,5 cm. Collection of Nick Rhodes Š Keith Haring Foundation 90


ARTE

La metropoli è la sua tela: i suoi omini stilizzati e senza volto non passano inosservati, mentre a contrasto i colori sgargianti utilizzati vogliono quasi esorcizzare i temi duri affrontati senza alcuna mezza misura. La scena artistica della Grande Mela non rimane solo a guardare e Tony Shafrazi, gallerista e mercante d’arte, nel 1982 gli organizza una personale che riscuote grande successo. La sua carriera decolla e la sua arte assume un’identità internazionale. Si avvicina sensibilmente al tema dell’AIDS quando lo contrae e all’infezione che gli sta togliendo la vita lui risponde dandole forte risalto nelle sue opere. Continuano i successi. L’ultima opera pubblica che ha eseguito porta il nome di Tuttomondo e per noi non è un caso che sorge sulla parete esterna del convento di Sant’Antonio a Pisa trattandosi per stessa ammissione dell’artista “ un inno alla vita e uno dei progetti più importanti”. KEITH HARING. ABOUT ART Curata da Gianni Mercurio, è promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, Giunti Arte mostre musei e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, con la collaborazione scientifica di Madeinart e con il prezioso contributo della Keith Haring Foundation Milano, Palazzo Reale fino al 18 giugno 2017 lunedì: 14.30 - 19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30 giovedì e sabato: 9.30 - 22.30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura) www.palazzorealemilano.it www.mostraharing.it 91


ANGELO MARANI Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18














Never say the truth Photos by Jordi A. Bello TabbiI Styling & hair BY Vanessa Pesolilla

Pvc jacket YSL vintage Bag El Rana sunglasses Gucci


Straccali H&M tee ARMANI pants FARAH jackets Zara




Jordan: Straccali H&M tee ARMANI pants FARAH jackets Zara Roberta: Pvc jacket YSL vintage bag El Rana sunglasses Gucci



sunglasses Ray-ban jacket Armani skirt Chloè Bag Disney


Bag Vivienne Westwood skirt Balmain college jacket Urban Outfitters




pattern tee FARAH VINTAGE pantalone D. ALESSANDRINI shoes ALL STAR socks URBAN OUTFITTERS Photos by Jordi A. Bello Tabbi Styling & hair: Vanessa Pesolilla Edit: Akyra Design Make-up: Kizui Louze Models: Roberta Dalloway e Jordan Roberto Romito Thanks to Circolo degli Illuminati, Roma


MOSTRA

Pirelli in cento immagini

La bellezza, l’innovazione, la produzione


Bert Stern, 1986, Cotswolds Hills, Regno Unito. Stampa a colori contemporanea


MOSTRA

Pubblicità “pneumatici con la P maiuscola”, 1978. Fondazione Pirelli. Manifesto

Stanley Charles Roowy, pubblicità dei pneumatici Pirelli, 1914. Fondazione Pirelli. Cartolina postale

Percorso espositivo

Una mostra in cento immagini. Per raccontare, tra storia e attualità, un’impresa italiana e internazionale. Con forti radici nei territori delle sue attività, come a Settimo Torinese. E linee di produzione e laboratori di ricerca in molti Paesi del mondo. Questa è una fabbrica: manifattura di qualità, innovazione, lavoro, persone che si muovono insieme, comunità. Ci sono, in queste immagini tratte dall’Archivio Storico della Fondazione Pirelli,

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MOSTRA

Motocicletta Bianchi gommata Pirelli, 1940

la cultura dell’industria, la cura per i prodotti d’eccellenza, l’attenzione per le relazioni tra uomini e donne che, appunto in fabbrica, condividono un percorso comune di crescita. Gli stabilimenti. Le macchine. Gli oggetti, i pneumatici. E il loro uso. Nella vita quotidiana. E nelle competizioni sportive sempre più impegnative. La loro rappresentazione, tra pubblicità, opere d’arte e foto d’autore. E tutti gli ambiti di una sofisticata comunicazione. Sino al Calendario Pirelli. Passione per la bellezza. E per la qualità.

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Barry Lategan, 1988, Regno Unito. Stampa a colori contemporanea

Sezione 1

Una P lunga oltre 140 anni

Il primo stabilimento Pirelli sorge alla periferia di Milano. Corre l’anno 1872: i prodotti sono cinghie, tubi, tessuti gommati; il logo quello con la stella e le lettere P&CM, Pirelli & C. Milano. Tutte meraviglie industriali di caucciù mostrate all’Expo del 1906. Poi arrivano i pneumatici: in esposizione al Salone di Parigi del 1921. Intanto l’azienda diventa internazionale: Spagna, poi Inghilterra, e poi ancora le piantagioni di alberi della gomma a Giava. Negli anni Cinquanta il Cinturato “corre” a Torino, prima sulle pubblicità dei tram e poi al Salone dell’Automobile, dove il designer Bob Noorda si ferma a contemplare il “suo” stand, progettato per Pirelli. Nel 1961 Torino celebra l’Unità d’Italia all’Esposizione Internazionale del lavoro: la rivista “Pirelli” dedica allora all’Expo un ampio reportage con fotografie di Ugo Mulas. Tra queste, l’immagine del mosaico realizzato su bozzetto di Renato Guttuso, che racconta ancora oggi per Pirelli la Ricerca Scientifica.

Ugo Mulas, servizio fotografico per la campagna pubblicitaria del pneumatico Pirelli Sempione, 1962. Fondazione Pirelli Gelatina bromuro d’argento su carta fotografica


Sezione 2

La fabbrica degli artisti

Al pittore Fulvio Bianconi dicono: “Vai in fabbrica. Guarda, ascolta. E poi disegna”. Sulla rivista “Pirelli” vengono poi pubblicate le sue tavole ispirate dai reparti, tra mescolatori e vulcanizzatori. Avrà Bianconi forse incontrato nei corridoi della fabbrica Ernesto Treccani, armato di tela e pennelli, anche lui sulle tracce del lavoro operaio? Si affida invece alla macchina fotografica l’olandese Arno Hammacher, fermando in uno scatto, nel 1962, mani e pneumatici nello stabilimento di Settimo Torinese. Quasi cinquant’anni dopo un altro fotografo, Carlo Furgeri Gilbert, torna a Settimo per le immagini del nuovo Polo Industriale in costruzione. E’ ancora Carlo Furgeri a fotografare la fabbrica, ed è giusto ieri. E’ la fabbrica “bella” e tecnologica, dei ciliegi e della luce. Settimo: una fabbrica aperta. Dove le parole diventano teatro, i suoni musica. Sezione 3 Si va che è un incanto Ci sono due ali di folla quel giorno di agosto del 1907 a Parigi, a festeggiare la vittoria del raid partito da Pechino. Hanno vinto il Principe Scipione Borghese e il grande giornalista Luigi Barzini, ha vinto la Itala, hanno vinto i pneumatici Pirelli. Da allora Pirelli non si è più fermata. Sfreccia a Monza l’Alfa Romeo di Brilli Peri, andando a vincere il Mondiale Grand Prix del 1925. Pirelli trionfa anche su quattro e su due ruote, dal Giro d’Italia alla 6 Giorni di Sanremo. Annie Leibovitz, Shirin Neshat, 2016, New York, Stati Uniti. Stampa bianco e nero contemporanea


MOSTRA

Hans Feurer, Kim, 1974, Isole Seychelles Stampa a colori contemporanea 122


MOSTRA

Annie Leibovitz, Natalia Vodianova, 2016, New York, Stati Uniti. Stampa bianco e nero contemporanea

Poi gli anni Cinquanta: il mondo va pazzo per le corse. Da Brescia a Brescia sono Mille Miglia, passando da Roma. E’ il momento di Alberto Ascari: due Mondiali di Formula 1 vinti da Pirelli con lui e la Ferrari. Negli stessi anni il campione Alfredo Binda organizza il Gran Premio Pirelli, gara dilettantistica e trampolino verso il successo nel ciclismo che conta. Oggi continuiamo a correre e a vincere: che sia F1, Rally, Superbike o Motocross. E si guarda al domani.

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MOSTRA

Sezione 4 Una Musa tra le ruote Il rapporto tra Pirelli e il mondo dell’arte risale agli inizi della sua storia, dalle rappresentazioni degli stabilimenti di fine Ottocento alle prime campagne pubblicitarie d’artista. L’illustratore Roowy nel 1914 “disegna” per Pirelli nel segno del Futurismo, ed è grandioso lo Stella Bianca immaginato da Renzo Bassi nel 1931, così come le suole Coria disegnate più tardi da Bruno Munari, e i pneumatici per lo scooter interpretati da Max Huber. Eleganti gli impermeabili di Jeanne Grignani, stile Peynet gli innamorati sotto la neve di Alessandro Mendini. E’ quasi un astronauta il pilota dentro il pneumatico di Raymond Savignac, nel 1953, mentre a Bob Noorda bastano pochi segni per fare un abete che ci parla di pneumatici “Inverno”. Riccardo Manzi nel 1961 racconta il Cinturato con i suoi omini “a occhi chiusi”. Poi una P Lunga fatta di automobili segna il passaggio al Moderno: sta per arrivare Carl Lewis con il “Controllo della Potenza”. Oggi il design “va a Bilancio”: artisti come Stefan Glerum, o Pokras Lampas sono chiamati a illustrare gli Annual Report di Pirelli. Pagine che continuano a raccontare una storia di creatività e di stile. Sezione 5 Elogio della bellezza Da sempre la bellezza ha ispirato gli artisti che hanno collaborato con Pirelli. Negli anni Cinquanta le ragazze viaggiano su motociclette Bianchi gommate Pirelli, e Lucia Bosè affronta il Cinema con una bella valigia Coria. Esplosiva Marilyn Monroe in costume rosa Lastex nel 1952, mentre Marisa Allasio rivendica il suo ruolo di “povera ma bella” al Rally del Cinema nel 1957. “Vado e Torno” è una rivista con donne meravigliose in copertina come Sofia Loren, o Brigitte Bardot, o Claudia Cardinale. Lora Lamm disegna ragazze libere, in sella a uno scooter; Massimo Vignelli le immagina a braccia alzate in bicicletta. Sempre con pneumatici Pirelli. Irrompe il fotografo Mulas nel 1966: sguardo attento su un libro per la ragazza del Cinturato. In anni più recenti Sharon Stone scende dall’aereo e conquista il volante. Ed è subito “Driving Instinct”. La bellezza per Pirelli è naturalmente anche “Il Calendario”. Ma questa è un’altra storia...

Arthur Elgort, Florence Poretti, 1990, La Puebla del Rio, Siviglia, Spagna. Stampa bianco e nero virata contemporanea


MOSTRA

Sezione 6

Il Calendario Pirelli 1964-2017

Dal 1964 a oggi il Calendario Pirelli non ha mai smesso di scandire il tempo interpretando i cambiamenti sociali e culturali attraverso l’occhio dei più affermati fotografi del mondo: da Herb Ritts a Richard Avedon, da Peter Beard a Steve McCurry, da Bruce Weber a Peter Lindbergh, autore di ben tre Calendari tra cui quello del 2017. Nelle sue quarantaquattro edizioni, “The Cal”™ celebra la bellezza, non solo femminile, diventando simbolo e testimone di nuove mode, di nuove idee e di tante invenzioni creative e tecniche. Un viaggio e una straordinaria avventura fotografica attraverso un esclusivo prodotto editoriale le cui valenze artistiche e culturali lo hanno da subito portato ben oltre il campo della moda e del glamour.

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DELIGHTFUL- Cortometraggio con la regia di Matteo Gar


DESIGN

“Il design è uno stato a sé. E Milano è la sua capitale”

rrone, promosso da Salone del Mobile.Milano, progetto di Ciarmoli Queda Studio (CQS). photo Yoshie Nishikawa, Paolo Alberto Gatti


ADV campaign 2017

M

ancano davvero pochi giorni all’apertura della 56a edizione del Salone del Mobile.Milano. Da anni l’appuntamento si è conquistato il titolo di vetrina d’eccellenza della qualità e dell’innovazione nel settore arredamento. Sono ben cinque (Salone Internazionale del Mobile, Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, Euroluce, Workplace3.0 e SaloneSatellite) le manifestazioni che si svolgeranno in contemporanea da martedì 4 a domenica 9 aprile presso il quartiere Fiera Milano a Rho con apertura agli operatori tutti i giorni dalle 9.30 alle 18.30, e nelle giornate di sabato e domenica anche al pubblico. Con i suoi numeri, oltre 300.000 visitatori da più di 165 Paesi e più di


DeLightFul - CQS Drawings


CQS copyright. Ph.Yoshie Nishikawa - images from the film 01

DeLightFul - CQS exhibition 01

CQS exhibition 03


DESIGN

5.000 giornalisti provenienti da tutto il mondo, il Salone del Mobile si riconferma una risorsa importante per il sistema italiano grazie alla sua capacità di attrarre nel capoluogo lombardo operatori, visitatori, designer e buyer internazionali. Questo è un chiaro segno distintivo che negli anni ha portato Milano a diventare la capitale dell’arredo e della cultura del progetto grazie anche alla forte sinergia con la città e le sue istituzioni. “Il Design è uno stato a sé. E Milano è la sua capitale”, il payoff della campagna di comunicazione italiana vuole confermarne appunto questo ruolo. Dopo il lancio con successo alla scorsa edizione di xLux – il settore dedicato al lusso senza tempo riletto in chiave contemporanea – il Salone Internazionale 131


DESIGN

del Mobile continua il suo percorso di rinnovamento con un nuovo format per il mobile e complemento classici, nei padiglioni 2 e 4, che a partire dall’estensione del nome in Classico: Tradizione nel futuro, propone un layout più omogeneo ed equilibrato senza alcuna discontinuità. Una “promenade” centrale accompagnerà il visitatore in un ambiente che attinge a valori quali patrimonio di conoscenza, artigianalità, maestria nell’arte di realizzare mobili e oggetti in stile classico. In piena sinergia con il Salone Internazionale del Mobile si svolgeranno le biennali Euroluce, dedicata a quanto di meglio il mercato nel mondo dell’illuminazione offre, e Workplace3.0 che vanta una proposta 132


DeLightFul - CQS exhibition 02

A Joyful Sense at Work - Arash - Ham-Dasti_2

A Joyful Sense at Work - 5+1AA STUDIO - Chronotopic System_3


DeLightFul - CQS © ph.Yoshie Nishikawa 04


espositiva con un concept innovativo dedicato al design e alla tecnologia. Immancabile il SaloneSatellite, con ingresso libero al pubblico da via Cargo 5, luogo d’incontro tra i giovani selezionati dai cinque continenti. Tema di questa 20a edizione, “DESIGN is...?”: una domanda aperta, attuale e cruciale. I 20 anni del SaloneSatellite saranno celebrati con la Collezione SaloneSatellite 20 anni – una speciale edizione di pezzi fatti disegnare appositamente da designer internazionali che hanno visto gli esordi della loro carriera proprio qui – e con SALONESATELLITE. 20 anni di nuova creatività, una grande mostra presso la Fabbrica del Vapore, a cura di Beppe Finessi: un’antologia di pezzi presentati durante le venti edizioni del SaloneSatellite come prototipi e poi entrati nel mercato, tra i cataloghi di aziende prestigiose e di grande diffusione, e altre realtà produttive di particolare significato. I NUMERI Salone del Mobile Milano Oltre 200.000 mq di superficie netta espositiva e più di 2.000 espositori di cui circa 650 i designer del SaloneSatellite, con un 30% di aziende estere. Salone Internazionale del Mobile e Salone Internazionale del Complemento d’Arredo oltre 1.300 espositori distribuiti su oltre 150.000 mq suddivisi in tre tipologie stilistiche: - Classico: 272 espositori di cui 7% esteri, padiglioni 2-4. - Design: 820 espositori di cui 37% esteri, padiglioni 5-6-7-8-10-12-14-16-18-20. - xLux: 220 espositori di cui 14% esteri, padiglioni 1-3. Le biennali: Euroluce: 454 espositori di cui 49% esteri su oltre 39.000 mq, padiglioni 9-11 e 13-15 Workplace3.0: 92 espositori di cui 39% esteri su 10.000 mq, padiglioni 22-24 SaloneSatellite Circa 650 designer di diverse scuole internazionali di design su circa 3.000 mq, padiglioni 22-24.


ANTONIO MARRAS Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18













TORTONA DESIGN WEEK 2017

unicato stampa

Design to connect 4 - 9 aprile 2017

DESIGN WEEK 2017


è

una Milano sempre più internazionale e proiettata verso il futuro - dove moda, design e cultura si confermano simboli di eccellenza e motori di nuove opportunità, capaci di attrarre i giovani e di dare spazio a innovazione ed energie imprenditoriali – quella che si accinge ad aprire le porte della città alla Design Week 2017 in programma dal 4 al 9 aprile 2017 in un quartiere della metropoli, Tortona, nato come zona operaia e sede di manifatture produttive e oggi vero e proprio hub di innovazione e produzione culturale, ponte fra idee, progetti e persone. Tante le novità e i protagonisti presenti in zona durante la Design Week 2017: designer, progetti e aziende provenienti da tutto il mondo – in particolare Cina, Brasile, Germania, Giappone, Francia, Lettonia, Messico, Olanda, Polonia, Singapore, Turchia, UK e USA – per indagare e raccontare i nuovi paradigmi del design contemporaneo, sempre più interconnesso, flessibile e portato a misurarsi con bisogni ed esigenze in continua evoluzione. Dal design nomade al colore, dalla manifattura 4.0 al design sociale fino ai nuovi trend nell’arredo e nell’interior design, Tortona Design Week offrirà un ampio sguardo sul design del futuro e sui temi più attuali e interessanti sviluppati da aziende e designer.

Discovering Drigo Daniele Stylezato City Map


DESIGN

BASE Milano

Tortona Design Week è un progetto di comunicazione integrata con il patrocinio del Comune di Milano, che ha l’obiettivo di valorizzare eventi, installazioni e progetti che si svolgono nell’area di Tortona durante il Fuorisalone. I partner dell’iniziativa – che si presentano come realtà molto diverse tra loro, da organizzazioni che privilegiano la sperimentazione e la ricerca culturale a realtà consolidate nel campo degli eventi e della produzione di contenuti di design – sono: Associazione Tortona Area Lab, BASE Milano, Magna Pars, Milano Space Makers, Superstudio Group, Tortona Locations.


Cleo Maxime Copyright: Design Academy Eindhoven Art Direction: Petra Janssen Photographer: René van der Hulst

Guida agli appuntamenti A un anno dalla sua apertura BASE Milano si conferma, anche per questa edizione, Design Center della zona. Durante il Fuorisalone 2017 gli spazi dell’ex Ansaldo ospiteranno mostre, designer, imprese, università e diversi progetti dedicati al tema del design nomade. La mostra Design Nomade, primo progetto espositivo nato da una call internazionale a cura di BASE Milano e con le suggestioni di Stefano Mirti, presenta una serie di oggetti diversi tra loro, ma accomunati dall’idea di un design agile pensato per rispondere ai nuovi bisogni del vivere contemporaneo: da Itaca, la casa portatile di Elena Bompani fino a WaterBed l’abitazione sull’acqua di Daniel Durin, passando per le sperimentazioni di HOMI Smart, con un focus dedicato al crossover tra design e nuove tecnologie.

rOBOTRIP

Green Smart Living. 151


DESIGN

Quest’anno, Hotel Magna Pars Suites Milano e Magna Pars Event Space ospitano, tra gli altri, le opere emblematiche dello storico Atelier di maioliche faentine CERAMICA GATTI 1928, tra cui AIDIALETTICA del Maestro Luigi Ontani, che rappresenta il forte legame della famiglia CERAMICA GATTI 1928 con l’arte e gli artisti più noti dal futurismo ai giorni nostri. L’eclettico designer Karim Rashid animerà invece il party esclusivo del magazine F, che festeggia i suoi primi cinque anni partecipando per la prima volta alla Tortona Design Week.

Elena Bompani 152

Analogique Gerardo Osio - Handle

L’esposizione si amplifica nell’installazione progettata dal collettivo romano Orizzontale. BASE Milano ospiterà anche l’evento “Manifattura 4.0. The challenge for the future of the Italian companies” organizzato da CNA Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media, che presenta due progetti speciali “Green Smart Living” e “rOBOTRIP | open tools for art and design”, nato dalla collaborazione tra WeMake e Caracol Design Studio, l’installazione a cura di Raumlabor e Moleskine, che durante la Tortona Design Week farà scoprire il processo creativo che si nasconde dietro il design del Classic Backpack. Sempre legato al tema del design nomade e parte della mostra in BASE Milano, Quiubox di Tomaso Boano e Jonas Prismontas, porta a Milano due strutture “itineranti” che diventeranno InfoPoint della zona ma soprattutto incubatore di conoscenza e di saperi. Quiubox diventa un punto di contatto tra le comunità di afrocolombiani e il processo del fare, una fabbrica temporanea per la creatività e l’azione sociale.


Libero Rutilo

Hon Bodin

Magna Pars

face e Cabana Magazine, un viaggio multiculturale ed emozionale nel mondo del massimalismo e “Ròng” Contemporary Design Exhibition, una collettiva cinese molto raffinata che indaga l’utilizzo dei materiali tradizionali come carta, seta, bamboo, argilla e rame. Stellar Works, primo brand globale di design nato in Asia, presenterà l’installazione House Within a House dove saranno esposte le nuove collezioni di arredo a firma di Neri&Hu, direttori creativi del marchio, Space Copenhagen, Yabu Pushelberg e Crème. Vestre, storica azienda norvegese, proporrà un’interessante esposiRutopia - Kids kitchen

Nel palinsesto degli eventi di Milano Space Makers si delinea una vera e propria “mappa” di contenuti, progetti sintomatici dei cambiamenti in corso, come collettive, collaborazioni tra aziende e designer di diversa nazionalità e iniziative che evidenziano nuove modalità di fruizione rappresentate dalle web sources. Molti i progetti di spicco tra cui MINI LIVING - “Breathe”, un’installazione che mostrerà come l’architettura possa offrire soluzioni creative per un vivere più consapevole ed eco-friendly, “CORIAN® CABANA CLUB”, il progetto realizzato da Corian® Design Sur-

Teresa Palmieri

Gianfranco Conte Photos: Alessia Rollo Copyright 2016 Artègo Artigianato Creativo All rights reserved Superstudio - Sunbrella


DESIGN

P!Nto Seating Design

dio londinese Raw-Edges; il progetto di Carpet Sign, tappeti “made in Holland” disegnati da Karim Rashid; il padiglione con il meglio del design emergente polacco a cura di Dorota Koziara; l’acclamato artista e fotografo francese Charles Pétillon per Sunbrella; il progetto di PepsiCo con Mathieu Lehanneur, Luca Nichetto, Fabio Novembre, lo chef Davide Oldani, Studio Job, Patricia Urquiola e molti altri. Ricerca internazionale in tutto il mondo con la mostra “Discovering: People & Stories”, proposte dei nuovi autori di design con l’intervento artistico di Alessandro Guerriero; i Selected Objects, collettiva dedicata alle piccole e medie aziende, e Materials Village, il meglio dell’innovazione dei materiali a cura di Material ConneXion con una grande installazione di Studio Patricia Urquiola per 3M. Tortona Locations anima i suoi spazi con progetti internazionali e collaborazioni, come quella con il German De-

zione dedicata all’urban design offrendo così una visione innovativa dell’arredo urbano per una rinascita in chiave ecologica e creativa delle città contemporanee. Da non perdere la collaborazione di Citroën e Gufram che darà vita ad un incontro irriverente da cui nasce una show car di C4 Cactus, sintesi dell’innovazione nell’uso di materiali evoluti e di un design ironico e fuori dagli schemi. Per questa edizione, il SUPERDESIGN SHOW di Superstudio si tinge di colore con il tema scelto per il 2017 “TIME to COLOR!” e propone installazioni spettacolari che esaltano il prodotto: Tokujin Yoshioka per LG, artista e designer presente nelle collezioni permanenti di MoMA, Centre Pompidou e altri prestigiosi musei; gli incredibili vetri dei Giapponesi di AGC Asahi Glass in collaborazione con Jin Kuramoto e il pluripremiato stu154


DESIGN

sign Council che presenterà i prototipi dei 21 designer vincitori di “ein&zwanzig”, il concorso internazionale nato per promuovere le nuove generazioni di designer, e con P!NTO SEATING DESIGN, il brand giapponese che aprirà il suo primo temporary shop in occasione della Tortona Design Week. Sarà inoltre possibile scoprire la nuova collezione di ARREDI SiAmoscarti, laboratorio di falegnameria tutto al femminile e, tra un progetto e l’altro, fare una partita a ping- pong e scoprire il tavolo INFINITY di San-Ei Corp scelto per le recenti Olimpiadi. IQOS Pathfinder Project, piattaforma culturale globale che sostiene i talenti creativi più inSuperstudio - Alessandro Ciffo

German Design Council


DESIGN

novativi, presenterà l’installazione di Davide Quayola, Jardins d’Été: una serie di video digitali ispirati all’impressionismo francese e alle ultime opere di Claude Monet. In occasione della Tortona Design Week 2017, il brand norvegese Casa Stokke®, oltre a presentare la sua ultima collezione, offre uno spazio polifunzionale e family friendly per affrontare al meglio l’esperienza del Fuorisalone. Non solo un’esposizione ma un vero e proprio servizio offerto al distretto Tortona. Domus approda nel cuore del Tortona District allestendo presso il nuovo Spazio Copernico Tortona 33, una mostra interamente dedicata alla città di Milano, intitolata “Milano Next”. Un’estensione concettuale della speciale guida “Domus Urban Stories Milan” che è stata realizzata dalla testata raccogliendo quindici testimonianze d’eccezione – tra cui Studio Mumbai, Jasper Morrison e Maurizio Cattelan – e tracciando altrettanti percorsi d’autore assolutamente inediti per la città.

Superstudio - Discovering “Lassak Marian”

Nella location d’eccezione della Fondazione Gianfranco Ferrè, Guri I Zi, impresa sociale che promuove l’empowerment delle donne albanesi grazie al sostegno di Istituto Ganassini e marchio di prodotti tessili per la casa realizzati a mano, presenta la sua collaborazione con la designer Marta Sansoni, che ha creato e progettato per il brand la linea di pouf FLOATING ON. Riconfermata la presenza di MOOOI in via Savona. Superstudio - Selected Objects “Stylegreen”

Milano Space Makers - Copper

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Magna Pars - Oh Chapeau


Superstudio - Discovering Young Simon - Ash Asi

Superstudio - Pepsi “LIFEWTR”

Selected Objects Marca Aurora Pepe Fotografia

Polish Design - Guardaroba by Grzegorz Hasik Academy of Art in Szczecin 157



Beauty and the mirror Photos by Galli / Trevisan

Dress Gianni Tolentino Jewels Sweet Make Milano Decollete Louboutin


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Dress Gianni Tolentino Jewels Sweet Make MilanO Photos by Galli / Trevisan Hair stylist and make-up artist: Michele Di Giovanni Model: Maylin Aguirre @Fashion Model Mgmt - Milano



Elliot Erwitt Kolor

La forza di mille colori abbraccia il dualismo del bianco e nero


MOSTRA

S

e i lavori in bianco e nero del celebre fotografo Elliott Erwitt sono stati esposti in numerose mostre di grande successo diventando veri e propri scatti di culto in grado di far discutere e sognare (ne sono un perfetto esempio il bacio dei due innamorati nello specchietto retrovisore di un’automobile, la splendida Grace Kelly al ballo del suo fidanzamento, un’affranta Jacqueline Kennedy al funerale del marito), la sua produzione a colori è completamente inedita. Solo in tempi molto recenti Erwitt ha deciso di affrontare, come un vero e proprio viaggio durato lunghi mesi, il suo immenso archivio a colori; una tecnica che aveva scelto di dedicare solo ai suoi lavori editoriali, istituzionali e pubblicitari che strizzano l’occhio alla politica, al sociale, all’architettura, al cinema e alla moda. Immagini dunque sostanzialmente diverse, scatti sui quali ha posato uno sguardo critico e contemporaneo a distanza di decenni, che ci fanno conoscere un mondo parallelo altrettanto straordinario. È proprio a questa sezione che, fino al 16 luglio

2017, il Palazzo Ducale di Genova dedica al maestro la prima grande retrospettiva composta da 135 immagini a colori selezionati personalmente da Elliott Erwitt e tratti da due grandi progetti: Kolor e The Art of André S. Solidor. Ma entriamo nello specifico. Se Kolor è il titolo del grande volume retrospettivo con il quale Erwitt ha rivisitato tutto il suo archivio, un viaggio che parte dai vecchi negativi Kodak dove a primeggiare è il tipico linguaggio che accarezza i ritratti di personaggi famosi immortalandoli nella loro essenza senza rinunciare alle immagini più ironiche e talvolta irriverenti, The Art of André S. Solidor è, invece, l’esilarante e sottile parodia del mondo dell’arte contemporanea con i suoi controsensi e con le sue assurdità. Via libera, quindi, al digitale, all’uso di photoshop, alla nudità gratuita e l’eccentricità fine a se stessa. Come un perfetto Dr Jekyll and Mr. Hyde l’artista ha voluto sottoporre una seria riflessione sui meccanismi e le assurdità dell’arte contemporanea e del suo mercato.

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MOSTRA

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MOSTRA

A questo punto viene da domandarsi quanto di “falso” o di “vero” ci sia in questo suo sdoppiamento? Ciò che sembra è che sono la stessa faccia della medesima moneta, ciò che è lo lasciamo decidere a voi. Per comprendere meglio questa dualità vale la pena soffermarsi su alcune sue dichiarazioni: “Nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane, improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla”. È con questo spirito che Erwitt posa uno sguardo tagliente e al tempo stesso pieno di empatia sulle celebrità, come testimoniano gli scatti dedicati a Marilyn Monroe, Fidel Castro, Che Guevara, Sophia Loren, Arnold Schwarzenegger… Ma

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attenzione, lui non fa distinzioni: lo stesso atteggiamento lo riserva a qualsiasi altro soggetto, portando all’estremo la qualità democratica che è tipica del suo mezzo. Il suo immaginario è, infatti, popolato in prevalenza da persone comuni: uomini e donne colte nel mezzo della normalità delle loro vite. Il percorso espositivo si conclude con una sezione multimediale che comprende la proiezione di due filmati che documentano la sua lunga carriera di autore e regista televisivo e una video collezione di alcune delle sue più significative fotografie in bianco e nero.

ELLIOT ERWITT KOLOR

Fino al 16 luglio 2017 Sottoporticato di Palazzo Ducale Genova, Piazza Matteotti, 9 Da martedì a domenica 10 - 19 La biglietteria chiude un’ora prima 199.15.11.21 (dall’estero 02 89096942) mostre@civita.it www.palazzoducale.genova.it www.mostraerwitt.it

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PHILOSOPHY Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18










YOUNG DESIGNER

Blewawhite di Giulia Schisano

Si torna a parlare dei giovani designer della capitale, questa volta ad essere la nostra protagonista è Giulia Schisano con Blewawhite.Volete saperne di più? Non c’è altro da fare se non leggere quel che segue!



YOUNG DESIGNER

Perché l’abbiamo scelta

Da quando è partita questa rubrica abbiamo sempre cercato di far conoscere giovani che rappresentassero l’Italia e non per vanto ma semplicemente perché in merito a talento e creatività il nostro Paese non ha nulla da invidiare a nessuno. Questa volta la nostra curiosità si è posata su Giulia che trae ispirazione dall’arte informale e in particolare dalle opere di Emilio Vedova. Leggiamo negli occhi della ragazza l’entusiasmo del suo progetto e le chiediamo di raccontarci il frutto di questo lavoro: “Il focus della collezione è indirizzato sulla “matericità” del colore dell’artista e sul gesto pittorico tipico di quegli anni, un gesto istintivo e di pancia”. Le parole della giovane designer ci fanno comprendere dove sia posto il perno della sua ricerca e da dove sia partita per dar vita ai suoi capi. Come tele bianche ogni capo si tinge di un proprio colore e di una propria anima. Tutto parte da dentro, dalla pancia, come ci racconta lei stessa che con le 190


YOUNG DESIGNER

sue vibrazioni partorisce Blewawhite, nome della collezione. Lo street style incontra così l’arte e crea un uomo dalla struttura formale e rigida ma dal contenuto informale quindi sensibile ed emotivo. Ora passiamo alla parte tecnica della collezione. Raccontaci da che cosa sei partita e la sua evoluzione. “Ho utilizzato materiali come popeline, un lino spalmato di una lamina argentata (sulla quale sono poi intervenuta manualmente per stampare il tessuto), tessuti goffrati, gabardine leggere di cotone. Ho avuto la fortuna di poter collaborare con aziende di tessuti del distretto comasco, che lavorano con i grandi nomi della moda. Alcune stampe le ho fatte io intervenendo sul tessuto in pezza in alcuni casi, mentre in altri sul capo in essere. L’obiettivo era quello di trasmettere attraverso le stampe e la scelta dei tessuti la matericità del colore di Emilio Vedova, la trama della tela attraverso tessuti come una gabardine o gli inserti di matelassé del capospalla blu. La camicia goffrata allo stesso modo delle stampe rievoca visivamente il movimento del colore sulla tela. La cartella colori prende ispirazione da uno dei quadri dell’artista mentre le linee sono pulite e regolari perché volevo dare all’insieme le coordinate basate sull’equilibrio: parallelo punto fondamentale della collezione. Altro punto fondamentale della collezione è appunto l’equilibrio: forme, colori e tessuti devono comunicare gli uni con gli altri con rigore”.

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Capo Traino

Inevitabilmente per ogni collezione che presentiamo rivolgiamo il nostro abituale quesito... Qual è il tuo capo preferito? “Il capo a cui sono più affezionata è il capospalla lungo stampato, è il pezzo sul quale ho lavorato in un momento di grande stanchezza e crisi. Si sa in questo lavoro queste fasi ci sono, quasi ci devono essere. La stampa l’ho fatta io. Penso sia il pezzo che rappresenti meglio che cosa volessi dire con questo progetto”.


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Passato presente e futuro

Raccontaci questo tuo percorso… “Con la sfilata si è chiuso un cerchio - ammette Giulia - e se ne è aperto un altro. Sono stati tre anni intensi durante i quali sono cresciuta sia professionalmente, ma anche umanamente. Oggi sono di nuovo a lavoro per migliorare e sviluppare ulteriormente la mia collezione in previsione di eventuali concorsi e colloqui. In futuro mi piacerebbe continuare a progettare abbigliamento per l’uomo poiché trovo che sia un mondo da esplorare ancora molto. Dal mio punto di vista bisogna poter offrire al mercato maschile una più vasta gamma di scelta di stile e prodotto”. Alexia Mingarelli



RENDEZ-VOUS Photos by IRENE GEMMELLARO Styling BY DANIELA CIOTTI

Occhiale LEYEWEAR Abito gessato AQUILANO RIMONDI Orecchini VESTO PAZZO



Occhiale LEYEWEAR Giacca gessata DANIELE ALESSANDRINI Camicia PATRIZIA PEPE


Abito LUISA BECCARIA Sandalo AQUILANO RIMONDI


Occhiale LEYEWEAR Camicia e gonna in pizzo LUISA BECCARIA Collana alluminio VESTO PAZZO Calzini con glitter CALZEDONIA Sandalo ZARA



LUI: Giacca cotone DANIELE ALESSANDRINI Felpa neoprene PLUS Pantalone cotone ENTRE AMIS Occhiali LEYEWEAR LEI: Total look PLUS Occhiali LEYEWEAR


Occhiale LEYEWEAR T-shirt DANIELE ALESSANDRINI Pantalone CRUNA


Occhiale LEYEWEAR Tuta AQUILANO RIMONDI Bracciale color oro VESTO PAZZO Cinta pelle FENDI


Occhiale LEYEWEAR Camicia pelle FAITH Camicia fantasia e pantalone DANIELE ALESSANDRINI


Occhiale LEYEWEAR Total look DANIELE ALESSANDRINI


Pagina destra: Occhiale LEYEWEAR Abito gessato AQUILANO RIMONDI Orecchini VESTO PAZZO

Photos by Irene Gemmellaro Styling by Daniela Ciotti Make-up & Hair: Elisa Colarossi Models: Michelangelo Bocchio @3Mmodels and Masha Yerokhova



Dieci anni e ottantasette giorni

FOTOGRAFIA

Ten Years and Eighty-Seven Days

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l progetto fotografico Ten Years and EightySeven Days/Dieci anni e ottantasette giorni, di Luisa Menazzi Moretti, approda al Santa Maria della Scala di Siena dal 13 aprile al 4 giugno 2017 dopo il successo ottenuto alla mostra MOP Berlin 2016 e il premio dell’International Photography Awards del 2016. Il titolo fa riferimento al tempo medio che deve attendere un condannato a morte, in solitudine, dal momento della condanna all’esecuzione. La mostra è composta da opere singole, dittici e trittici di grande formato ed è correlata da nove testi tratti da lettere e interviste rilasciate dai prigionieri nel braccio della morte del carcere di Livingston, vicino ad Huntsville, in Texas. Le opere sono una sorta di trasposizione delle storie con cui i condannati del braccio della morte raccontano le loro vite o descrivono le emozioni vissute nel carcere texano, dove tutt’oggi vengono eseguite più esecuzioni di ogni nazione democratica del mondo occidentale. Per spiegare meglio la natura del progetto, lasciamo la parola all’ideatrice e curatrice, la fotografa Luisa Menazzi Moretti: Ho vissuto in Texas per molti anni e ancora ogni soggiorno per lunghi periodi in una località a quaranta miglia da Huntsville, la cittadina conosciuta per il braccio della morte, trasferito da alcuni anni, per motivi di sicurezza, a Livingston, un altro piccolo centro lì vicino. Ho letto alcune delle lettere e delle interviste che i condannati a morte hanno scritto o rilasciato. Le loro parole, pensate nella solitudine delle celle, hanno ispirato le mie immagini. 209


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Mi sono limitata al Texas, non tanto per familiarità , quanto perchÊ proprio lÏ si registra il maggior numero assoluto di esecuzioni negli Stati Uniti, ma anche nelle nazioni democratiche del mondo occidentale. Dopo un’attesa che dura in media Dieci anni e ottantasette giorni, titolo che ho scelto per il mio lavoro, i condannati vengono giustiziati. Vivono tutto questo periodo in solitudine, in contatto con il mondo solo attraverso una radiolina da tavolo, dei libri e gli atti legali che li riguardano. Questi pochi privilegi li ricevono esclusivamente se si attengono con buona condotta a tutte le regole di vita carceraria prestabilite.

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Passano 3.737 giorni in media così, talvolta più di 20 anni, non sempre e indubitabilmente colpevoli. Le mie immagini sono il frutto delle loro parole: le ho scattate pensando anche a chi è restato, ai familiari di chi è stato giustiziato. Non mi sottraggo alla consapevolezza dell’efferatezza spesso incontestabile del crimine, come d’altro canto, constato a volte l’assenza di crudeltà. In ambedue i casi e così anche in tutte le innumerevoli sfumature di ogni singolo episodio, mi chiedo: su quali sentimenti e ragioni si regge nel XXI secolo, nel ricco ed evoluto Texas, la pratica così arcaica dell’esecuzione? Molte ancora sono le nazioni in cui vige questa condanna definitiva e barbara. Guardo al Texas perché rappresenta un primato, nel mondo occidentale del diritto, che ne fa una nazione simbolo di un’assoluta e feroce contraddizione. Il mio sdegno è comunque rivolto a tutti i ventinove Stati Federali degli USA, dove viene ancora oggi praticata o contemplata la pena di morte: si può davvero pensare che la condanna a morte possa essere una soluzione, in Stati che fanno parte di una confederazione di un Paese che si propone quale modello di democrazia liberale, di difesa e rispetto dei diritti umani? Ogni cittadino dovrebbe sentirsi non rappresentato, disonorato da una nazione che usi il suo potere per uccidere un uomo o una donna, colpevole o innocente che sia.

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Tra le tante associazioni sparse nel mondo da anni Amnesty International, con le sue battaglie, tiene alta l’attenzione su questo delicato tema e dal 1961 ha contribuito a ridare libertà e dignità a oltre 50.000 persone, salvando tre vite al giorno. Il movimento si oppone incondizionatamente alla pena di morte, ritenendola una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più della metà dei Paesi nel mondo. 212


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La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente e il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione. Oggi, più di due terzi dei Paesi al mondo ha abolito la pena capitale per legge o nella pratica. Tuttavia, solo nel 2015 almeno 1.634 persone sono state messe a morte in tutto il mondo: il più alto numero di esecuzioni registrate da Amnesty International dal 213


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1989. Di seguito riportiamo i motivi che spingono Amnesty International a dire no alla pena di morte (www.amnesty.it) La pena di morte viola il diritto alla vita. La Dichiarazione universale dei diritti umani e altri trattati regionali e internazionali, che chiedono l’abolizione della pena di morte, riconoscono il diritto alla vita. Un riconoscimento sostenuto anche dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, nel 2007 e nel 2008, ha adottato una risoluzione che chiede, fra l’altro, una moratoria sulle esecuzioni, in vista della completa abolizione della pena di morte.La pena di morte è una punizione crudele e disumana. La sofferenza fisica causata dall’azione di uccidere un essere umano non può essere quantificata, né può esserlo la sofferenza mentale causata dalla previsione della morte che verrà per mano dello Stato. Sebbene le autorità dei Paesi mantenitori continuino a cercare procedure sempre più efficaci per eseguire una condanna a morte, è chiaro che non potrà mai esistere un metodo umano per uccidere. La pena di morte non ha valore deterrente. Nessuno studio ha mai 214

dimostrato che la pena di morte sia un deterrente più efficace di altre punizioni. La pena di morte è un omicidio premeditato dello Stato. Eseguendo una condanna a morte, lo Stato commette un omicidio e dimostra la stessa prontezza del criminale nell’uso della violenza fisica. Alcuni studi hanno non solo dimostrato come il tasso di omicidi sia più alto negli stati che applicano la pena di morte rispetto a quelli dove questa pratica è stata abolita, ma anche come questo aumenti rapidamente dopo le esecuzioni. La pena di morte è sinonimo di discriminazione e repressione. Nelle mani di regimi autoritari, la pena capitale è uno strumento di minaccia e repressione che riduce al silenzio gli oppositori politici. La pena di morte non dà necessariamente conforto ai familiari della vittima. Lontana dal mitigare il dolore, la lunghezza del processo non fa altro che prolungare la sofferenza dei familiari della vittima, fino alla conclusione dove una vita viene presa per un’altra vita, in una forma di vendetta legalizzata. La pena di morte può uccidere un innocente. Una difesa


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legale inadeguata, le false testimonianze e le irregolarità commesse da polizia e accusa sono tra i principali fattori che determinano la condanna a morte di un innocente. In alcuni Paesi , il segreto di Stato che circonda la pena capitale impedisce una corretta valutazione di questo fenomeno. La pena di morte infligge sofferenza ai familiari dei condannati. La pena capitale ha effetto sulla famiglia, sugli amici e su tutti coloro che sono vicini al condannato a morte. La pena di morte nega qualsiasi possibilità di riabilitazione. Qualunque sia il metodo scelto per uccidere il condannato, l’uso della pena di morte nega la possibilità di riabilitazione, di riconciliazione e respinge l’umanità della persona che ha commesso un crimine. La pena di morte non rispetta i valori di tutta l’umanità. I diritti umani sono universali, indivisibili e interdipendenti. Derivano da molte e diverse tradizioni nel mondo e sono riconosciuti da tutti i membri delle Nazioni Unite come standard verso i quali hanno accettato di conformarsi. È sull’insieme di questi valori che Amnesty International basa la sua opposizione alla pena di morte. 215



elisabetta franchi Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18










Nudo sdraiato, il braccio destro ripiegato sotto la testa, 1918 - 1919 Olio su tela, 73 x 116 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna

Modigliani: “Farsi spogliare l’anima”

In mostra fino al 16 luglio 2017 nell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale a Genova


Modigliani: “Per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti. L’astrazione mi affatica, mi uccide ed è come un vicolo cieco”


ARTE

Giovane con i capelli rossi o lo studente, 1919 Olio su tela, 61 x 46 cm. Bruxelles, Kad Galerie, Collezione privata

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odigliani arriva a Parigi nel 1906 e nella Ville Lumière, con gli entusiasmi per il modernismo e le raffinate eleganze della Belle Époque, convivono tensioni, drammi personali e generazionali. Con gli altri artisti della cosiddetta École del Paris, Modì condivide momenti disperati: le sue giornate trascorrono tra atelier improvvisati e la compagnia dell’alcol e dell’assenzio consumati nei caffè di Montmartre. La sua biografia si snoda tra povertà, malattie e grandi amori. È indubbio che la fortuna di Modigliani iniziò il giorno dopo la sua morte e che in vita non ebbe mai quel consenso e riconoscimento del suo stile che aveva sempre cercato. I suoi scatti di collera, le liti, le ubriacature e le altrettante gentilezze, la sua aura di ebreo italiano colto dai bei modi e dal grande charme, erano non solo il suo segno di riconoscimento nella cerchia di artisti, collezionisti e amici parigini, ma anche il segnale di una ricerca e un’intensità protratta allo stremo. È a questa figura di spicco che nell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale a Genova, si elogia, con un’esposizione visitabile dal 16 marzo fino al 16 luglio 2017, il percorso creativo del pittore. 228


Il conte di Wielhorski, 1917. Olio su tela, 114 x 72 cm. Collezione privata


La bella cioccolataia, 1916 - 1917. Olio su tela, 99 x 65 cm. Svizzera, Meilen, Collezione privata


arte

È proprio attraverso una trentina di dipinti- provenienti da importanti musei come, il Musée de l’Orangerie e il Musée National Picasso di Parigi, il Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, la Pinacoteca di Brera e da prestigiose collezioni europee e americane- che s’intende mettere in risalto il grande valore della sua ricerca in quel clima assolutamente unico creatosi nella Parigi d’inizio Novecento. In modo particolare l’attenzione è rivolta all’aspetto centrale della sua ricerca: la sua predilezione per il ritratto. Numerosi sono i dipinti che Modigliani dedica alle donne: occasionali modelle scovate per strada e nei caffè parigini o presenze importanti nella sua vita sentimentale e intellettuale come la giornalista inglese Beatrice Hastings (in mostra un ritratto ad olio del 1915), Lunia Czechowska, amica di lunga data, Hanka Zborowska (presente in mostra con uno splendido disegno a matita del 1916), moglie del suo mercante, e la giovane compagna Jeanne Hébuterne, dalla quale avrà una figlia e che si toglierà la vita, incinta, il giorno dopo la morte del suo adorato Modì. Non mancano i ritratti di amici e compagni d’avventura; (inconsciamente o forse segretamente attratti dal suo stile unico contemporaneo al movimento artistico dei cubisti) uno in modo particolare: il pittore e amico Chaim Soutine (in mostra l’olio del 1917) più volte scelto come

Cariatide. Gouache su carta, 65 x 50 cm. Francia, Strasburgo, Collezione privata


ARTE

Ritratto di Chaim Soutin, 1971. Olio su tela, 55,5 x 35 cm. Svizzera, Massagno, Collezione privata

modello. L’insistenza, quasi l’ossessione con cui Modigliani affronta nei suoi dipinti i volti del microcosmo parigino che lo circonda, rivela il suo forte coinvolgimento, il suo costante tentativo d’immedesimazione nei personaggi che animavano la sua quotidianità. Modigliani stesso, riferendosi ai suoi ritratti, rivela: “Per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti. L’astrazione mi affatica, mi uccide ed è come un vicolo cieco”. Tutti coloro che avevano posato per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come “farsi spogliare l’anima”. Ecco che le sue inconfondibili caratteristiche linguistiche, riconoscibili nell’accentuazione del valore della linea come fondamentale elemento compositivo e nell’elegante allungamento sinuoso e sensuale della figura, hanno la funzione di attirare la persona ritratta nell’area sentimentale dell’artista in un atto poetico unificatore tra il pittore e il suo modello. Modigliani fa tesoro delle sue frequentazioni e degli artisti che lo circondano per mettere a punto un vocabolario del ritratto assolutamente inedito: i volti tendono ad un’essenzialità formale fino allora mai vista. L’artista riesce a fondere con grande maestria la somiglianza del ritratto - eseguito dal vero o a memoria- con uno stile assolutamente persona232


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Nudo accovacciato, 1917. Olio su tela, 114 x 74 cm. Belgio, Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten

le. Nel corso del tempo, peculiarità che si sviluppano ulteriormente negli ultimi anni dell’artista, i suoi dipinti assumono un respiro più ampio: la tavolozza si schiarisce, gli sfondi assumono progressivamente una diffusa luminosità, la materia pittorica si fa più fluida e i personaggi sono delimitati da una linea più morbida. Sono esempi significativi di questo nuovo approccio dipinti di grande delicatezza come La jeune Lolotte, del 1918, come la splendida Bambina in blu, sempre del 1918 e come il raffinato ed etereo Giovane con i capelli rossi (Lo studente) del 1919, dai contorni purissimi. Parlando dell’artista non si può e non si deve trascurare il suo amore per le pose senza veli: i colori accesi della loro carne rosa e calda, le curve morbide dei giovani seni e il lieve e provocante incurvarsi del ventre sono stati interpretati come icone di una nuova insopprimibile sensualità. A partire dal 1916 Léopold Zborowski s’impegna fortemente nel far conoscere l’opera di Modigliani e organizza una personale alla Galleria Berthe Weill. Il vernissage provoca uno scandalo e chiude prima di iniziare perché la polizia ed il pubblico si sentono oltraggiati da quei nudi sensuali esposti in vetrina. Ecco che questi corpi sdraiati in un totale abbandono, consapevoli del loro fasci233


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Testa di fronte, 1912 - 1914. Matita nera su carta, 42,8 x 26, 2 cm. Svizzera, Lugano, Collezione privata

no carnale, immobili nelle loro pose voluttuose, dipinti con passionalità e con un senso plastico che ne esalta le forme, sconvolsero come nessun altro dipinto la pur liberale Parigi. A testimoniare la sorprendente carica erotica, unita a una capacità introspettiva d’intenso realismo che emana una forte sensualità, citiamo il Nudo disteso, ritratto di Celine Howard del 1918. La figlia Jeanne racconta che Modigliani provava un amore sviscerato per il disegno: “I disegni sono rivelatori… dimostrano questa qualità innegabile di percepire il soggetto plasticamente come uno scultore”. La mostra offre l’opportunità di ammirare studi, disegni, acquarelli, tempere in particolare quelli per le Cariatidi, figure di donne accovacciate con le braccia levate, dalle forme opulente, tondeggianti, ricche di rimandi all’arte primitiva, greca antica, tribale, etrusca, negra; testimonianza eccezionale dell’indagine volumetrica dell’artista e del culto personalissimo tributato alla figura femminile della quale Modigliani propone un’interpretazione arcaica, alla ricerca di una bellezza ideale in cui il sensuale si mischia allo ieratico, l’audacia alla grazia, la dolcezza al mistero. 234


Modigliani

dal 16 marzo al 16 luglio 2017 Appartamento del doge, Palazzo Ducale Piazza Matteotti, 9 - Genova Orari: da lunedÏ a domenica 9.30 - 19.30 venerdÏ 9.30 - 22.30 La biglietteria chiude un’ora prima Info: 0109280010 www.modiglianigenova.it

Ragazza con capelli neri detta anche ragazza bruna seduta, 1918. Olio su tela, 92 x 60 cm. Parigi, Museo Picasso


Modern Samurai Photos by Marta Petrucci Styling BY Brunilda Kola


Pantaloni Vanta - Scarpe Jodiel by David Moresco Desing - Harness Rhea Leather Saturnine - Choker Alison Bizzi


Pantaloni by Uma Wang - Cintura Guidi - Kimono Corto by Lydliyaf


Pantaloni by Uma Wang - Camicia by Vanta


Choker Dynasti - Pantaloni e cappotto by Uma Wang - Borsa Vintage - Scarpe Jodiel by David Moresco Desing


Kimono by Antichi Kimono, Gloria Gobbi - Accessori (collana e cinta) Antichi Kimono - Harness Forgia Antica


Kimono by Antichi Kimono, Gloria Gobbi - Accessori (collana e cinta) Antichi Kimono - Harness Forgia Antica


Pantaloni, camicia larga by Vanta - Harness Rhea Leather Saturnine


Choker Dynasti - Pantaloni e cappotto by Uma Wang - Cintura Guidi


Pantaloni by Uma Wang Cintura Guidi Kimono corto by Lydliyaf

Photos by Marta Petrucci Styling by Brunilda Kola Mua/Hair: Elenoire De La Vallèe Model: Paul Easton


Manet e la Parigi moderna

Prodotta dal Comune di Milano con MondoMostre Skira, a cura di Guy Cogeval, storico presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi


Édouard Manet Stéphane Mallarmé, 1876 Olio su tela, 27,2 x 35,7 cm Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari


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Édouard Manet - Berthe Morisot con un mazzo di violette, 1872 - Olio su tela, 55,5 x 40,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

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i può affermare che Manet per tutta la sua vita ha lottato con il desiderio di riconoscimento ufficiale da parte dei critici del tempo che in più di qualche occasione hanno ostacolato la sua strada verso il successo. Prima di avventurarci nella sua storia - che a nostro avviso rappresenta e incarna perfettamente la “battaglia” di un uomo “contro” un modo di fare, agire e pensare omologato – precisiamo che Manet con la “a” non è assolutamente da confondere con Monet con la “o”, stiamo parlando di due artisti diversi. Per onor di cronaca rileviamo che voci di corridoi di quel tempo vorrebbero Manet (inizialmente) 248


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Édouard Manet - Il balcone, 1868-1869 - Olio su tela, 170 x 125 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

infastidito da quell’altro artista emergente dal cognome tanto simile al suo, anche se poi tra i due s’instaurò un legame di amicizia e stima che spinse il primo a ritrarre il collega intento a dipingere sul suo atelier galleggiante e ovviamente il secondo a fargli da modello. Ma procediamo con ordine. Fin da allievo il giovane Manet si scontra con la rigida postura con cui i modelli sono ritratti tradizionalmente e contrariamente a ciò che gli è imposto dal suo attuale maestro Thomas Couture, dipinge i suoi soggetti nel quotidiano per rendere le sue opere più realistiche. 249


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Édouard Manet - Combattimento di tori, 1865-1866 - Olio su tela, 90 x 111 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

Nel frattempo viaggia molto in Italia, Germania e Paesi Bassi con lo scopo di acquisire, copiando, le tecniche degli antichi maestri. Negli anni sessanta dell’Ottocento incarna la figura dell’artista indipendente, un decennio più tardi rimarca la sua distanza dal gruppo degli impressionisti, pur venendo riconosciuto dagli stessi un capofila. L’atteggiamento di Manet non inclina però la sua amicizia con i vari esponenti del movimento, anzi tra le loro file albergano alcuni dei suoi più cari amici. La carriera di Manet sembra decollare nel 1861 quando presenta al Salon il dipinto intitolato Guitarrero, l’opera ottiene un inaspettato successo, ma due anni più tardi Le déjeuner sur l’herbe (Colazione sull’erba), la sua opera più famosa, ha un effetto dirompente: gli spettatori sono indignati 250


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Édouard Manet - Il pifferaio, 1866 - Olio su tela, 161 x 97 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

e offesi dal dipinto che mostra una donna completamente nuda seduta tra due uomini vestiti. Stessa sorte spetta alla sua Olympia ispirata alla Maya Desnuda di Goya. A posare è la modella Victorine-Luise Meurent, la stessa che si è prestata per la realizzazione del famoso dipinto “Il pifferaio”. Hai tempi tutto questo scalpore non è di certo sinonimo di buona pubblicità, ma il pittore non perde e non abbandona mai la sua verve e il suo tratto distintivo anche se ciò significa l’esclusione.


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Édouard Manet - La Fuga di Rochefort, 1881 circa - Olio su tela, 79 x 72 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

In questa battaglia Manet non è solo, sono diversi i poeti che si schierano dalla sua parte difendendo il suo operato. Devono trascorrere ben 11 anni prima di riconquistare le simpatie dei potenti, tempi in cui il pittore non s’inclina al loro pensiero, ma continua a dipingere a modo suo. È con l’olio su tela intitolato “Le Bon Bock che Édouard Manet conquista ufficialmente l’élite accademica dell’epoca, corre l’anno 1872 e negli anni avvenire continua ad esporre con successo. A causa di una dolorosa atassia Manet muore all’età di cinquantun anni e nell’inutile tentativo di salvare la vita gli viene amputata una gamba. 252


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Édouard Manet - La cameriera della birreria, 1878-1879 - Olio su tela, 77 x 64,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

La mostra Manet e la Parigi moderna è allestita a Milano al piano nobile di Palazzo Reale fino al 2 luglio e intende raccontare il percorso artistico del grande maestro che, in poco più di due decenni d’intensa attività, ha prodotto 430 dipinti, due terzi dei quali copie, schizzi, opere minori o incompiute. Un corpus in sé affatto esteso, ma in grado di rivoluzionare il concetto di arte moderna. Una vicenda la sua, che s’intreccia a quella di altri celebri artisti, molti tra loro compagni di vita e di lavoro di Manet, frequentatori assieme a lui, di caffè, studi, residenze estive e teatri. 253


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Édouard Manet - Émile Zola, 1868 - Olio su tela, 146 x 114 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

Le opere presenti in mostra arrivano dalla prestigiosa collezione del Musée d’Orsay di Parigi: un centinaio di opere, tra cui 55 dipinti – di cui 17 capolavori di Manet e 40 altre splendide opere di grandi maestri coevi, tra cui Boldini, Cézanne, Degas, Fantin-Latour, Gauguin, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Signac, Tissot. Alle opere su tela si aggiungono 10 tra disegni e acquarelli di Manet, una ventina di disegni degli altri artisti e sette tra maquettes e sculture. L’esposizione intende celebrare il ruolo centrale di Manet nella pittura moderna, attraverso i vari generi cui l’artista si dedicò: il ritratto, la natura morta, il paesaggio, le donne, Parigi, sua città amatissima, rivoluzionata a metà ‘800 dal nuovo assetto urbanistico attuato dal barone Haussmann e caratterizzata da un nuovo modo di vivere nelle strade, nelle stazioni, nelle Esposizioni universali, nella miriadi di nuovi edifici che ne cambiano il volto e l’anima. 254


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Édouard Manet - Chiaro di luna sul porto di Boulogne, 1869 - Olio su tela, 81,5 x 101 cm. Parigi, Musée d’Orsay © René-Gabriel Ojéda / RMN-Réunion des Musées Nationaux/ distr. Alinari

“MANET e la Parigi Moderna” Fino al 2 Luglio 2017 Palazzo Reale - Piano Nobile Piazza Duomo, 12 - Milano

Orari: martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle ore 9,30 alle 19,30 giovedì e sabato dalle ore 9.30 alle ore 22.30 lunedì dalle 14,30 alle 19,30 Infoline: 02 92800375 Promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, curata da Guy Cogeval, storico presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi con le due conservatrici del Museo Caroline Mathieu, conservatore generale onorario e Isolde Pludermacher, conservatore del dipartimento di pittura. 255



FERRAGAMO Photos by Andrea Benedetti & Diego Chiarlo MFW Fall/Winter 17/18











COSTUME

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Moda & Cinema

oda e Cinema: un connubio artistico assodato e molto sentito ormai da diversi anni. Tutto ha inizio alla fine degli anni Venti, con l’affermazione del cinema sonoro nel 1927: il connubio arte visiva e moda ha segnato pagine della storia del costume, ci ha donato icone senza tempo e abiti da sogno che ancora oggi amiamo e desideriamo. Il cinema ci ha regalato pellicole uniche attraverso una forma d’arte magica e sognata. Per questo ripercorriamo i magici inizi di questa unione che ancora oggi fa parte di noi.


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Le origini del cinema si hanno con la nascita del cinematografo. Ma il vero cinema, per come lo intendiamo oggi nelle sale cinematografiche e proiettato sul grande schermo, è opera dei fratelli Lumière il 28 dicembre 1895 a Parigi, nel Salon Indien del Grand Café del Boulevard des Capucines. Da lì a poco il cinema diventa una vera e propria industria a tutti gli effetti. Al centro di tutto ciò c’era Hollywood e gli attori che il grande schermo trasformava in divi, idolatrati dal pubblico che tentava di imitarne lo stile. Fu un’ epoca magica, nella quale il cinema s’ impose come nuovo media per la diffusione degli atteggiamenti, mode, stili di vita: creava e imponeva miti che sembravano naturali e che si muovevano in modi apparentemente reali. Il cinema proponeva trame e storie che permettevano alle persone comuni di evadere delle miserie del quotidiano ma allo stesso tempo regalava contenuti politici e sociali. Fu così che il cinema assunse un ruolo sempre maggiore nella cultura, nel costume e soprattutto nella moda mostrando tendenze e allo stesso tempo ne creava di nuove. Il cinema e la moda si contaminarono a vicenda permettendo in questa moda Fashion 268




COSTUME

System di ingrandire la propria influenza rendendo allo stesso tempo famosi sarti e stilisti. Diversamente dalle star degli anni Venti, che apparivano con un trucco pesante intorno agli occhi, con le labbra rosse sangue da cui deriva il termine Vamp, da vampiro, e con gestualità esagerata, l’immagine dell’attrice degli anni Trenta era quella di una Femme Fatale, perfetta interprete del glamour, l’ideale dell’immaginario femminile come ad esempio l’iconica e travolgente Marlene Dietrich nel film Angel del 1937. Indossava un abito disegnato da Trevis Banton, costumista della Paramount Stadius. L’abito era di un taglio e di un gusto molto glamour; nella parte superiore si aveva una pelliccia tagliata come una giacca attillata, nella parte di sotto una gonna lunga che metteva in luce tutte le forme. La moda femminile era la grande protagonista del cinema, ma anche la moda maschile dell’epoca si esprimeva attraverso il carisma di alcuni attori come ad esempio Spencer Tracy, che influenzò la moda con i suoi abiti larghi e lunghi indossati quasi sempre senza cravatta. Altri furono Clarck Gable e Cary Grant, che per la prima volta nella storia della moda maschile indossarono la giacca sportiva abbinata a foulard di seta annodati al collo o nel classico ed elegante abito maschile da città con cravatta. Iconico fu Fred Astaire, disinvolto nel portare sia il frac con cravatta bianca quando ballava con la

sua inseparabile partner Ginger Rogers, sia in camicia bianca e pantaloni ampi nei momenti di relax fuori dal set. Questi divi dell’epoca diventarono ben presto Miti per molti adolescenti e d’ispirazione per il loro look. L’industria del cinema però si serviva anche di grandi stilisti che avevano il compito di lavorare esclusivamente per la produzione dei film e a tempo stesso anche per le dive stesse al di fuori del set. Gli stilisti avevano il compito di creare uno stile originale, unico, travolgente, seducente, ma soprattutto fotogenico. Uno di questi grandi maestri della moda, molto famoso, fu Gilbert Adrian, che dal 1928 al 1942 decise e realizzò i look per le star che lavoravano per la MGM, ovvero la Metro Goldwyn Mayer. Aveva una mente visionaria, bravissimo nell’ideare e creare: infatti il suo grande pregio fu quello di dimostrare che attraverso l’abito si potevano nascondere o esaltare i punti deboli del corpo dell’attrice, trasformandoli così in punti di forza facendoli diventare tratti distintivi della diva. Molto spesso tutto ciò diventò tendenza. Per esempio per l’attrice Joan Crawford sviluppò uno stile che ne dava risalto alle spalle così da bilanciarne i fianchi larghi. Nel 1932, per il film Latty Lynton, creò un abito che sulle spalle avesse diversi strati di balze d’organza soprapposte: fu un successo incredibile per quell’abito tanto che il grande magazzino ‘’Macy’s’’ ne vendette più di 271


COSTUME

mezzo milione di coppie del modello ‘’the Letty Lynton Dress’’. In questo caso si può apprendere meglio quanto sia importante l’influenza sul costume dell’epoca e di come le persone comuni desiderassero sentirsi come dive del cinema anche se non lo erano. In fondo, si sa, la moda è anche sogno. Un altro costumista molto importante in questi anni fu Travis Banton. Lavorò per la Paramount e curò l’immagine di alcune dive del calibro di Marlene Dietrich, Carole Lombard, per la quale disegnò il famoso colletto alla Colbert, che dava molto slancio al collo. Invece per Greta Garbo lanciò la moda del taglio dei capelli alla ‘’peggio’’ e del cappello a bosco nel film Mata Hari del 1931 del regista George Fitzmaurice, del trench e dei pantaloni prodotti da Aquascutum, Barbour e Burberry alternati a splendidi e magici abiti bianchi da sera. Nel 1936 Banton diventa famoso anche grazie al fatto che ha creato lo stile mascolino e anticonformista per Marlene Dietrich nel film Desire di Henry Koster. L’uso del tailleur di taglio maschile nella moda viene ripreso nel 1975 da Yves Saint Laurent definendo la moda

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e l’immagine di una nuova donna forte e battagliera, che Armani vedrà come la donna chiave e manager degli anni Ottanta con giacche destrutturate e pantaloni larghi. Quanta storia ha fatto il primo completo maschile di Marlene Dietrich. In generale le produzioni per i costumi americani erano molto alte: infatti si usavano materiali pregiati e lussuosi come paillettes, mussole, sete e pellicce; nella modellistica adottarono tagli semplici che metterono però in risalto il fascino delle attrici. Tuttavia Hollywood mise in atto dei regolamenti di censura, il cosiddetto ‘’Codice Hays’’ del 1934, in base al quale nei film si dovevano uniformare le scene, i linguaggi, i gesti e l’abbigliamento, soprattutto femminili: vi era il divieto assoluto di realizzare abiti troppo scollati e l’utilizzo di molte trasparenze. Per questo gli stilisti francesi capirono molto presto che tipo di potenzialità il cinema potesse offrire: alle produzioni hollywoodiane lavorarono stilisti come Patou, Rochas e Chanel, ma fu la travolgente e surrealista Elsa Schiapparelli ad avere la meglio prima in Inghilterra e poi a Hollywood. 273


COSTUME

Schiapparelli vestì la prorompente Zsa Zsa Gabor e Mea West, ma anche Katherine Hepburn, il cui look di intellettuale anticonformista, androgino e goffo fu trasformato in un look curato e da tutti imitato, facendo diventare l’attrice icona per le donne moderne. Le nuove tendenze emerse dallo star-system hollywoodiano venivano pubblicizzate da grandi giornali attraverso la pubblicazione di figurini che molto spesso portavano i grandi magazzini a riprodurre gli abiti a basso costo. Questo segnò un’ importante tappa per la grande distribuzione. Anche per questo durante il secondo conflitto mondiale Hollywood assunse il ruolo di guida nel mondo della moda: Parigi non riusciva a far fronte alle richieste dato che molte case di moda avevano chiuso i battenti a causa della guerra e vennero a mancare in fretta stoffe e materiali di lusso. Un’altra grande costumista fu Edith Head, che lavorò per la Paramount Pictures per quarantaquattro anni, prima come collaboratrice di Banton. La sua carriera è stata gratificata anche da ben otto oscar. Famosi gli abiti per Gloria Swanson in Viale del Tramonto del 1950 e per Audrey Hapburn in Vacanze Romane del 1953. Ma forse quello più famoso è l’abito a corolla bianco e nero indossato da Grace Kelly nelle prime scene del film La Finestra sul cortile di Hitchcock del 1954, conosciuto da tutti come il Paris Dress. L’altro abito iconico di Head fu realizzato sempre per Grace Kelly nel 1955 per la rivista Life. L’abito era color acquamarina con bretelline sottili. L’ultimo costumista che ha un rapporto molto stretto tra cinema e diva è William Travilla che lavorò per la 20th Century Fox. La sua fama più grande è quella di essere stato il costumista di Marilyn Monroe, per la quale ha creato gli abiti più belli e iconici che la rappresentano ancora oggi.

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Ha disegnato l’abito rosa nel film Gli uomini preferiscono le bionde del 1953; l’abito da Cocktail in crêpe di rayon acetato color avorio che si solleva per un’ improvvisa volata d’aria indossato nel film Quando la moglie è in vacanza del 1955. Travilla inoltre ha ottenuto ben quattro candidature all’oscar e un premio nel 1950 per il film Le avventure di Don Giovanni del 1949 di Vincent Sherman. Abbiamo potuto capire quanto il rapporto cinema e moda sia stretto, forte e molto significativo. Oggi, a distanza di anni, si arriva persino a pensare che se dietro a queste grandi icone del cinema non ci fossero stati costumisti visionari che ne avessero curato l’immagine e rafforzato il fascino, le dive, forse, sarebbero state un po’ meno dive. Allora pensate ad una vita senza dive (ed anche senza costumisti)… Beh sarebbe triste e poco magica. Michele Vignali 275


BLACK TEARS Photos and postproduction by Marco BuccO Make-up, Hair styling AND Concept BY Silvia Gerzeli











Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Cream Shadow: Charlotte Tilbury Eyes to Mesmerise Cleopatra Eyeshadows: MAC Club + MAC Lucky Green Eyepencil: MAC Eye kohl Minted Mascara: Pupa Vamp! Emerald Green Eyebrows: MAC Brow Set Beguile Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Pencil: Shu Uemura Cream Pencil

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Cream shadow: MAC Paint Pot Quite Natural Eyeshadow: Christian Dior Palette Montaigne Eyepencil: Urban Decay Electric Mascara: Pupa Vamp! Electric Blue Eyebrows: MAC Brow Set Blond

Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Eyeshadows: Chrtistian Dior Palette Montaigne Eyepencil: Urban Decay Woodstock Mascara: NYX Perfect Pear Eyebrows: MAC Brow Set Bold Brunette

Eyes Cream shadow: MAC Paint Pot Quite Natural Eyeshadow: Christian Dior Palette Montaigne Eyepencil: MAC Eye kohl Minted Mascara: Pupa Vamp! Emerald Green Eyebrows: MAC Brow Set Beguile

Eyes Cream shadow: MAC Paint Pot Quite Natural Eyeshadow: Christian Dior Palette Montaigne Eyepencil: MAC Eye kohl Minted Mascara: Pupa Vamp! Emerald Green Eyebrows: MAC Brow Set Beguile

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Lipstick: MAC In My Fashion

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Lipstick: MAC In My Fashion

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Lipstick: MAC Liptensity Galaxy Grey

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Lipstick: MAC Lipintensity Hellebore


Photos and postproduction by Marco Bucco Make-up, hair styling and concept by Silvia Gerzeli www.silviagerzeli.com Styling and make-up assistant: Giuseppe De Crisci Models: Angelika, Rebecca and Cloe @Casting www.casting.it

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Skin Primer: Yves Saint Laurent Blur Primer Foundation: Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Concealer: Mark Jacobs Powder: Shu Uemura no color

Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Cream Shadow: Bobbi Brown Eyeliner Cobalt Ink Eyeshadows: MAC Cobalt Eyepencil: Urban Decay Electric Mascara: Pupa Vamp! Electric Blue Eyebrows: MAC Brow Set Blond

Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Eyeshadows: MAC Plum Dressing + Inglot red Eyepencil: Urban Decay Woodstock Mascara: NYX Perfect Pear Eyebrows: MAC Brow Set Bold Brunette

Eyes Cream shadow: MAC Paint Pot Quite Natural Eyeshadow: Christian Dior Palette Montaigne Eyepencil: MAC Eye kohl Minted Mascara: Pupa Vamp! Emerald Green Glitter: Fardell Eyebrows: MAC Brow Set Beguile

Eyes Primer: Highlighter MAC Prep+Prime Eyeshadows: Chrtistian Dior Palette Montaigne Eyepencil: Urban Decay Woodstock Mascara: NYX Perfect Pear Glitter: Fardell Eyebrows: MAC Brow Set Bold Brunette

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip

Lips Primer: MAC Prep + Prime Lip Lipgloss: Bobbi Brown Pink Oyster

Lips Lipgloss: Bobbi Brown Pretty


FOTOGRAFIA

“Ultimo Domicilio”


Che cosa rimane delle case abbandonate frettolosamente dai proprietari a causa della guerra? Vecchi mobili? Quadri? Foto? Oggetti personali? Libri‌? Molto di piĂš! Il profilo immaginario delle persone, la cui presenza è ancora molto forte


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Ultimo Domicilio” nasce, ancora inconsapevolmente, nel 2008 quando durante un viaggio a Sarajevo e Mostar Lorenzo Castore fotografa interni di case abbandonate frettolosamente dai proprietari a causa della guerra. Gli edifici, spesso pericolanti, portano i segni dello scontro. Dalle mura sventrate si vedono chiaramente gli effetti personali appartenuti da chi le abitava: i quadri alle pareti, le fotografie, gli oggetti sul comò e i libri nella biblioteca, in risonanza tra loro, riflettono i desideri e le aspirazioni, gli affetti e i ricordi di una vita passata infranta. Ecco che l’abitazione smembrata non è più contenitore di storie e racconti intimi, ma diventa ingordo pasto alla luce del sole dei più curiosi e fugace e diroccato rifugio dei meno fortunati. Violanta nella sua interezza strutturale e nel profondo animo la costruzione, e ciò che la rendeva confortevole e vivibile, subisce l’ennesima silenziosa violenza. I ricordi esclusivi diventano di pubblico dominio, ma conservano l’imperscrutabile e incontaminato momento di chi li ha vissuti interamente sulla propria pelle. Per gli altri solo ipotetiche fantasie, supposizioni e opinioni che forse solo lontanamente riflettono una normalità mai così ordinaria e comune. 290


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Con questo progetto fotografico a cura di Laura Serani la Fondazione Studio Marangoni (via San Zanobi 19r, Firenze) rielabora non solo la traumatica esperienza in Albania e Kosovo nel 1999, ma anche quelle in altri luoghi e in altri Paesi: Italia, Francia, Stati Uniti, Polonia. Con queste parole Laura Serani presenta il lavoro di Lorenzo Castore nei testi del libro “Ultimo Domicilio” edito da L’Artiere: «nel suo modo di trattare la questione della trasmissione e della memoria, la contaminazione tra narrazione e auto-narrazione è permanente e la realtà risulta filtrata dallo sguardo emotivo che posa sui luoghi. Castore che ama le storie della gente, che sa intuire e andare incontro ai destini più sorprendenti, sembra tessere un legame particolare anche con i luoghi che, sensibile al genius loci, sa ascoltare. Le case sono delle boite à musique, dei carillon di suoni familiari, Castore ne racconta in immagini le vibrazioni e persino i silenzi». Prosegue: «con “Ultimo Domicilio” si penetra, come seguendo Castore in visita a dei conoscenti, in case poco ordinarie, quelle di un poeta italiano, di una pittrice francese, di un regista americano… Case a cavallo tra due secoli, tra l’Unità d’Italia e il crollo del muro di Berlino, tra la famiglia borghese immobile e il tempo delle rotture e delle peregrinazioni. Case della resistenza e dell’esilio, politico e poetico. O in quella della nonna, a Firenze, simbolo della famiglia e destinata a sparire, dove, come dietro le quinte, appare e scompare la figura emblematica e enigmatica del padre; poi, nella sua prima casa di giovane adulto, a Cracovia, piccolo museo di oggetti e di immagini fetiche. Il progetto si lascia leggere come una mappa, dove tanti indizi più o meno dissimulati portano a disegnare il profilo delle persone, la cui presenza immaginaria risulterà più forte della loro assenza dalle immagini.». Conclude: «se realizzando il ritratto delle case, Castore realizza quello dei suoi abitanti, alla fine, quello che sembra affiorare in filigrana, un autoritratto dell’autore alla ricerca della propria identità, passata e futura. E i frequenti simboli e riferimenti affettivi, letterari e artistici, sembrano suggerire, in una sorta di foto-sintesi, il ritratto della famiglia e 293


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della casa d’elezione. La petite recherche di Castore, come per accentuarne gli accenti proustiani, si articola in sette capitoli, uno per casa; sette come i misteri, come i cieli e i mari antichi. Per avventurarsi, protetto dal numero magico, alla ricerca dell’equilibrio perfetto, del paradiso perduto, dell’archetipo della casa ideale, dove la poesia aleggia su ogni cosa e dove rimettere insieme i tasselli del puzzle, sfare la valigia e mettere in ordine la sua collezione di muse, eroi e numi tutelari.» “Ultimo Domicilio” diventa un video di 18 minuti realizzato in collaborazione con il compositore Emanuele de Raymondi, nel 2015 Laura Serani ne cura la pubblicazione per L’Artiere Edizioni e la mostra.

“Ultimo Domicilio”

Del fotografo Lorenzo Castore, a cura di Laura Serani Fondazione Studio Marangoni Via San Zanobi 19r, Firenze Fino al 5 aprile 2017. Ingresso libero, dal lunedì al sabato con orario 15-19 su appuntamento: 055 481106 E-mail: exhibitions@studiomarangoni.it


MOTORI

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Merenda sui prati di Pasquetta

iete pronti la gita di Pasquetta? Ecco proprio a voi abbiamo pensato per questo articolo. A confronto due station wagon, pratiche e con un bagagliaio a prova di tavolini, sedie e tutto il mondo per una bella gita in montagna o al mare. Hanno prezzi, motori e caratteristiche simili. Non hanno un animo sportivo, ma si scelgono quando si decide di mettere la testa “a posto� nella vita.



MOTORI

Peugeot 308 SW 1.6 BlueHDi 120 CV Allure Ingombri: (Lungh./Largh./Alt.) 459/180/147 cm. Consumo medio (percorso misto) 24 km con un litro di carburante.

Più lunga di 34 cm rispetto alla berlina, offre parecchio spazio all’interno a cominciare dal vano bagagli ampio e regolare nella forma, ha una capacità di 610 litri (incluso il vano di 54 litri sotto il piano di carico), che diventano 1660 rinunciando ai posti dietro (mentre se occorre stivare solo gli sci c’è la botola passante). La plancia è ben


rifinita e realizzata con materiali di qualità. Bello e scenografico lo schermo a sfioramento di 9,7 pollici dal quale si controllano molti servizi di bordo. Certo, occorre essere un po’ tecnologici perchè ad esempio per regolare la temperatura e i flussi si deve accedere al menu del display a sfioramento. L’oggetto della prova è stato l’allestimento Allure che può essere ulteriormente arricchito con accessori quali il monitoraggio dell’angolo cieco dei retrovisori (integrabile con sistema di parcheggio assistito e retrocamera) o il pacchetto di “aiuti elettronici” Driver Assistance. Su strada si apprezza molto il comportamento della vettura: stabilità, confort e in particolare abbiamo apprezzato molto lo sterzo: pronto e preciso. Indispensabili nell’uso quotidiano i sensori di parcheggio posteriori.

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MOTORI

Fiat Tipo Wagon 1.6 mjtd 120cv Lounge

Ingombri: (Lungh./Largh./Alt.) 457/179/151 cm. Consumo medio rilevato (percorso misto) 25 km con un litro di carburante. È più giovane della sua rivale, quindi realizzata cercando di raccogliere il meglio dalla concorrenza. Leggermente più lunga della sorella hatchback e della 5 porte, vanta un vano di carico da primato: 550 litri con la soluzione Magic-Cargo space che ne massimizza la flessibilità di utilizzo. Internamente lo spazio è abbondante. In particolare il Tipo Station Wagon evidenzia un’eccellente abitabilità ai posti posteriori sia in senso verticale (grazie alla forma del padiglione) e alla lunghezza disponibile per le gambe, che è degna di modelli di segmento superiore e che permette viaggi comodi anche quando si è in 5 a bordo. Su strada la versione Station Wagon conferma le qualità emerse durante la prova della berlina. Le dotazioni di Tipo Station Wagon sono appaganti sia per il guidatore che


MOTORI

per i passeggeri. Sono presenti soluzioni high tech di serie o a richiesta, a seconda delle versioni, l’innovativo sistema Uconnect 7 HD LIVEcontouch-screena colori da 7 pollici ad alta risoluzione e schermo capacitivo che permette il ‘pinch&swipe’, ovvero un utilizzo del tutto simile a quello dei moderni tablet. Di serie si trova ESC e Hill Holder, monitoraggio pressione pneumatici TPMS, sensori di parcheggio posteriori e fendinebbia, condizionatore manuale, alzacristalli elettrici anteriori, specchietti retrovisori sbrinabili a regolazione elettrica, sedile posteriore sdoppiato 60/40, oltre al sistema di infotainment Uconnect da 5 pollici con radio, lettore mp3, ingressi AUX e USB e interfaccia Bluetooth con controllo vocale e comandi al volante. Per noi il massimo è il Safety Plus (350 euro), con il cruise control adattativo e il sistema di frenata automatica. Su strada il propulsore si dimostra molto vivace, piacevole sin dai regimi più bassi, merito del turbocompressore a geometria variabile e mette a disposizione una coppia davvero ‘importante’ (320 Nm già a 1.750 giri). Quest’ultima caratteristica l’incorona sul podio come motrice per caravan rispetto alle sue concorrenti. Cristiano Fabris


Embrace The Future Photos by Sapporo STYLING BY Chen Horesh


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Shirt ABODI Paints Redemption Official



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Photos by Sapporo Styling by Chen Horesh Beauty director: Valeria Orlando using V)Or Make-up Make-up & Hair stylist assistants: Annalisa Donini, Samuele Virgili, Teodora Roxana Cioanca, Giulia Scardigno, Elisa Cristaldi, Luna Taddonio Models: Federica Delsale @Fashion Models MGT, Alba Vejseli @2morrow, Anna Liuzzo @Popagency, Susanna Giaroli, Ine, Una, Sasha, Julia @IceModels Production Agency: The Secret Code of Fashion Location: Pietrasanta Milano



ICONS

Dalida e Luigi Tenco: galeotta la canzone e chi la scrisse


ICONS

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ennaio 1967. Una sera fredda, ventosa sulla Riviera Ligure. Festival di Sanremo, rito nazional – popolare della canzone italiana dai tempi di Nilla Pizzi. Ora vetrina dorata dello show – business mondiale, da quando il suo patron ha spalancato le porte a cantanti internazionali. Devono cantare in coppia, ognuno con il proprio stile, la stessa canzone. Così la città dei fiori si trasforma in una boutique dove i garofani italiani si mescolano con rose e orchidee. Il 1967 lo è in modo esemplare con quell’inno di Orietta Berti “Io, tu e le rose”, cucito su misura come un abito da sposa sulle corde vocali della cantante romagnola, minidiva da operetta a uso e consumo festivaliero. Nella stessa edizione - i cronisti dell’epoca precisano nella stessa serata di quel Sanremo - salì alla ribalta Luigi Tenco, giovane cantautore della scuola genovese da cui erano appena usciti Umberto Bindi e Gino Paoli, già apparsi sulla riviera dei fiori. Spinto dagli interessi commerciali della casa discografica, timido e riservato, amato dalle donne, stressato dalle interviste sulla sua vita privata, il cantautore nativo di Recco (GE), si trovò catapultato nella mondanità festivaliera. A contatto con giornalisti venduti a fior di milioni per osannare o per affossare una canzone. La strategia discografica volle affiancare il timido Luigi Tenco a una star internazionale come Dalida.

I gossip si sbizzarrirono a spettegolare su un loro presunto legame sentimentale, spargendo miele e veleno su questo loro amore, sulla scia di altri leggendari come quello tra Ives Montand ed Edith Piaf, la più grande cantante francese del secolo ventesimo. Dalida, all’anagrafe Jolanda Gigliotti, nata in Egitto da genitori italiani, si era già esibita trionfalmente all’Olimpia, tempio dei mostri sacri della canzone. In Italia era già apparsa in programmi televisivi come “Il Musichiere” e “Scala Reale”. Colpivano di lei la voce drammatica su toni leggermente rauchi, lo sguardo struggente e il gesto iconico del braccio sollevato in alto, come in segno di elevazione. Proveniente dalla scuola esistenzialista dei cantautori francesi come Aznavour e Becaud, trovò nella musica di Luigi Tenco una specie di “Dolce Stil Novo”.

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ICONS

A Sanremo il cantautore ligure arrivò con un brano melodico arrangiato con ritmi soul music, in anticipo sui tempi di una kermesse tradizionale come quella italiana. Ermetico il testo “La solita strada bianca/ come il sale/il grano da crescere/i campi da arare/e poi un giorno dire basta/ e andare via…/ciao,amore/ ciao,amore/ciao amore/ciao”. Tenco cantò per primo la canzone in stato di trance. Nessuno capì esattamente se fosse una scelta interpretativa o se fosse condizionato da sostanze stupefacenti. Di sicuro sappiamo solo che la sera della sua prima e ultima esibizione sanremese fu ritrovato morto nella sua stessa stanza di albergo. Ma le leggi del Festival imponevano che tutto dovesse andare avanti. Il cantautore aveva lasciato un biglietto di contestazione “Me ne vado in segno di protesta contro un Festival che manda in finale “Io, tu e le rose”. Tenco aveva 28 anni, era bellissimo, amato da Dalida e da altre donne dello spettacolo. La cantante italo - francese diede della canzone di Tenco un’interpretazione tragica. Quasi un presagio della morte dell’autore. La ricordiamo in abito nero, braccio alzato, sguardo teso che

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sembrava intuire ciò che stava per accadere dietro le quinte. La diva se ne andò da Sanremo sconvolta, tornò in Italia per partecipare alla memorabile edizione di “Canzonissima 1968”. Intanto, tra quell’anno e il 1971 i brani di Luigi Tenco entrarono nei dischi di Mina e di Ornella Vanoni con arrangiamenti mescolati di pop e jazz: chi non ricorda le sottili venature psichedeliche di canzoni da brivido come “Vedrai,vedrai” e “Se stasera sono qui”. La musica di Tenco diventò famosa dopo la morte dell’autore, nell’interpretazione delle due massime cantanti dell’epoca. A distanza di vent’anni, il 3 maggio 1987, Dalida si chiuse nella sua casa di Parigi e si suicidò. Come accadde ad altre leggende dello spettacolo, morte in circostanze misteriose o, comunque, in giovane età, la diva italo -francese entrò nel cono di luce di una celebrità di cui ci restano dischi e icone senza tempo. L’ultima il film trasmesso da Raiuno il 15 febbraio scorso, con la giovane Sveva Alviti nella parte della cantante. di Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese


Appuntamenti a Teatro

“Serial Killer per Signora� ph. Igino Ceremigna



TEATRO

IL BUGIARDO: Goldoni non è mai stai così divertente!

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appresentato per prima volta a Mantova nel 1750, IL BUGIARDO fa parte della produzione della riforma cui diede vita Carlo Goldoni, una rivoluzionaria innovazione teatrale che tra i suoi cardini annovera la sostituzione del canovaccio tipico della Commedia dell’Arte con un testo scritto in tutte le sue parti; l’inserimento di personaggi reali e psicologicamente definiti al posto delle maschere, in modo da poter ritrarre il mondo reale in scene di vita quotidiana; l’intento, oltre che di divertire, di educare il pubblico ai valori più autentici, denunciando la superficialità degli aristocratici o degli arricchiti. Nel BUGIARDO, Goldoni ammonisce contro i pericoli della menzogna, arma a doppio taglio che immancabilmente si ritorce contro chi la usa. Attraverso l’uso del dialetto attribuito alle maschere, fa ridere lo spettatore e lo coinvolge nella vicenda, mentre i dialoghi rapidi ed essenziali rendono di immediata comprensione il messaggio che sta al cuore della storia: ovvero, come l’uomo si trovi costantemente di fronte a un bivio e, per salvaguardare il proprio orgoglio, di regola segua la via meno retta, ricorrendo a menzogne reiterate fino al punto di non ritorno. Regista dell’allestimento in scena al Carcano dal 29 marzo al 9 aprile Alfredo Arias, uno fra i più importanti registi internazionali, argentino naturalizzato francese, autore di spettacoli effervescenti animati da un’ironia ora tenera ora folle, che ben si presta a questo testo. Scene e costumi sono firmati da Chloe Obolensky, scenografa di fama internazionale, costumista storica di Peter Brook. Lelio, il protagonista del BUGIARDO, vive in un mondo tutto suo, filtrato attraverso due meravigliosi caleidoscopi: Napoli, dove ha vissuto gli ultimi vent’anni, e Venezia, dove è nato e dove ora è ritornato. Due mondi ideali (tra l’altro le due patrie del teatro italiano) in cui nasce e si sviluppa la sua attitudine all’invenzione fantastica. Come è possibile condannare un uomo felice, allegro e giocondo solo perché vive in un mondo tutto suo, creato dalla sua fantasia, in cui si compiono azioni e imprese mirabolanti che prendono vita dai suoi sogni? La vita è una grande bugia – oltre che sogno -e Lelio è un Rodomonte, un miles gloriosus che solo quando sogna a occhi aperti, solo quando spara panzane sempre più grosse, è veramente felice. In fin dei conti – spiega Gleijeses - tra noi e Lelio non corre una grande differenza: con lui condividiamo l’aspirazione a vivere in un mondo tagliato a nostra misura in cui siamo prìncipi invincibili, grandi conquistatori e dispensatori di gioie senza fine. E per quanto gli si possano rimproverare gli eccessi di fantasia e le sue “meravigliose invenzioni”, nessuno può arrogarsi il diritto di frenarlo nei suoi entusiasmi e trattenerlo nell’angusto ambito della squallida quotidianità. Secondo Arias, dietro l’epilogo moralistico della commedia con il pentimento e la condanna di Lelio, si nasconde la gioia di celebrare chi porta avanti una visione romanzesca e gioiosamente sregolata della vita. La sua messinscena del BUGIARDO è un fuoco d’artificio di creatività e divertimento innescato dalla straordinaria verve dei tre interpreti principali: Geppy Glejieses (vitalissimo Lelio), Marianella Bargilli (brillante Rosaura), Andrea Giordana (autorevole Pantalone).

Teatro Carcano di Milano

DURATA 1 ora e 35 minuti (no intervallo) ORARI da martedì a giovedì e sabato ore 20,3 venerdì ore 19,30 – domenica ore 16 PRENOTAZIONI 02 55181377 – 02 55181362 PREVENDITE ONLINE: www.vivaticket.it - www.ticketone.it - www.happyticket.it PER SCUOLE E GRUPPI ORGANIZZATI gruppi@teatrocarcano.com

da mercoledì 29 marzo a domenica 9 aprile Geppy Gleijeses Marianella Bargilli con la partecipazione di Andrea Giordana IL BUGIARDO di Carlo Goldoni Adattamento di Alfredo Arias e Geppy Gleijeses Scene e costumi Chloe Obolensky Regia Alfredo Arias Produzione GITIESSE Artisti Riuniti

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TEATRO

Juriij Ferrini è interprete e regista di MISURA PER MISURA

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n occasione dei quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare, Jurij Ferrini e la sua Compagnia affrontano MISURA PER MISURA. Scritta nel 1603, è una commedia nera, una sorta di poetico ed affascinante “thriller ante-litteram”, misterioso, cinico, amaro. E un’attualissima critica alla sete di potere. Il Duca di Vienna si allontana dal potere in cerca di una verità che gli permetta di comprendere l’origine del peccato nella natura umana; si traveste da frate e sotto falso nome si nasconde nei bassifondi, lasciando al suo vicario, il severo Angelo, il compito di ripulire la città dalla corruzione e dal vizio. Egli esegue: il giovane Claudio, colpevole d’aver messo incinta la sua futura sposa prima del matrimonio, viene condannato a morte per fornicazione. La sorella di Claudio, Isabella, una novizia che sta per prendere i voti, si reca da Angelo per implorare la grazia. Nel frattempo il più saggio e maturo giudice Escalo si trova alle prese con il popolo dei bassifondi, con tutta quella straordinaria umanità che vive alla giornata, nel degrado, si nutre dei più meschini sotterfugi e si arricchisce sfruttando tutto ciò che è proibito; essa costituisce il livello grottesco e comico nel quale “giustizia non sarà mai fatta”. Per Jurij Ferrini “Giustizia e Misericordia sono gli argini di questa storia così umana e di rara bellezza, di fascino oscuro, in pieno equilibrio fra dramma e commedia … entrambe espressioni fra le più alte della natura umana, concetti spesso antitetici. Potremmo sostenere che quanto più alto è il bisogno di Giustizia tanto più alto deve essere il bisogno di Misericordia, di Pìetas, ossia di amore, compassione, comprensione e rispetto della vita altrui; eppure a questa geometria (giocando anche un po’ sul titolo), sfuggirebbe costantemente tutto ciò che è irrazionalità, pulsione, passione, debolezza, carne ed istinto … Occorre - certo - regolare la convivenza sociale tra gli individui e le loro più basse pulsioni. Ma si interviene più facilmente accodandosi come moralizzatori nel proibire con apposite norme gli istinti, anziché comprendere la complessità della vita umana. La via della Pìetas è molto più impervia … Essere moralizzatori e proibire è la via facile che gli uomini hanno inventato. E più si proibisce più cresce il bisogno di potere. In un autentico circolo vizioso, che ormai è arrivato ad essere emblema stesso della peggiore forma di arroganza del mondo contemporaneo; arroganza che sta minando le fondamenta di una pacifica convivenza fra gli esseri umani. E parlo di noi. Oggi… Ecco allora che ampliando di poco lo sguardo sul “peccato della carne” - su cui si impernia la vicenda narrata da Shakespeare - e rileggendo questa storia in chiave appena allegorica, possiamo intendere molto bene noi “moderni” che la ben più grave corruzione che ci affligge oggi, non è materia che si regolerà mai con nuove e più severe norme. Non con altro proibizionismo. Non di certo continuando a mantenere in piedi uno Stato che si fondi sul Potere e non sull’Autorità. Solo una responsabilità condivisa, una visione allargata, lucida, pacata e fortemente ispirata, ci permetterà di uscire dal mare di cinismo nel quale stiamo affogando … Consiglio al pubblico di non leggere (o ri-leggere) il testo prima di venire a teatro; ma, al contrario, di lasciarsi incantare dalla storia agita sul palco da noi attori”.

Teatro Carcano di Milano

Durata 2 ore e 40 minuti + intervallo ORARI da martedì a giovedì e sabato ore 20,30 – venerdì ore 19,30 – domenica ore 16 PREZZI euro 34/25 – over 65 € 22/18/17/14,50 - under 26 € 15/13,50 - PRENOTAZIONI 02 55181377 – 02 55181362

da mercoledì 26 aprile a domenica 7 maggio

Compagnia Jurij Ferrini - Progetto U.R.T. MISURA PER MISURA di William Shakespeare Traduzione Cesare Garboli - REGIA Jurij Ferrini CON Jurij Ferrini, Rebecca Rossetti, Matteo Alì, Angelo Tronca, Michele Schiano di Cola, Raffaele Musella, Lorenzo Bartoli, Sara Drago, Francesco Gargiulo, Gianluca Guastella SCENE Carlo De Marino COSTUMI Alessio Rosati – LUCI Lamberto Pirrone

PER SCUOLE E GRUPPI gruppi@teatrocarcano.com TEATRO CARCANO Corso di Porta Romana, 63 - Milano info@teatrocarcano.com - www.teatrocarcano.com 327


TEATRO

Abramo di Ermanno Bencivenga

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i sono storie antiche quanto il mondo, storie incise sulla pelle degli uomini, storie che si tramandano di generazione in generazione, di mare in mare, di terra in terra. Abramo possiede migliaia di pecore che brucano l’erba di una terra benedetta dal Signore. Sara, sua moglie, accudisce Isacco, il suo unico figlio, dono ricevuto quando ormai era impossibile sperarlo. I viandanti, venuti da molto lontano, chiedono ad Abramo di sacrificare il giovane Isacco. Abramo impugnerà il coltello del sacrificio e alzerà il braccio... in nome del Signore, perché Abramo, come scrive Søren Kierkegaard, è “il più grande campione della fede”. Come finisce questa storia lo sanno tutti. Ma cosa sarebbe successo se Dio non fosse intervenuto su quel monte? Su questa base, il filosofo Ermanno Bencivenga, fonda il suo testo Abramo, riadattato e messo in scena da Teresa Ludovico. “Il nostro Abramo è un riflesso dell’illustre antenato e il suo Signore è un fantasma dominato come lui dall’ira, dall’invidia, dalla vendetta e dalla paura, paura di cedere il bastone del comando, paura dell’altro, degli altri che cavalcano l’onda, le dune del deserto e si presentano alle porte per reclamare una primogenitura o un pezzo di terra. Allora bisogna difendersi e non abbassare mai la guardia. Il nostro Abramo è una maschera delirante, grottesca che trasforma, con la sua scelta ottusa, la sua casa in un cumulo di macerie. Di secoli in secoli... ecco il nostro tempo”. Teresa Ludovico “In Abramo si esprime un conflitto fra due concezioni della fede; ed è un conflitto che non si vuole risolvere, poiché lo spettatore deve risolverlo per conto suo. Il tema, o meglio, i temi proposti sono emblema di un’analisi irrisolta fra voci diverse; concezioni, idee e ideali accesi da profonde, intense e, talvolta, estreme emozioni. Il teatro s’impone come luogo naturale per inscenare un simile confronto, in cui i personaggi sono coinvolti sull’intero spettro della loro umanità”. Ermanno Bencivenga

Teatro Filodrammatici di Milano

DATE E ORARI DI RAPPRESENTAZIONE mercoledì 5, giovedì 6 e sabato 8 aprile 21.00 venerdì 7 aprile 19.30 - domenica 9 aprile 16.00

5 - 9 aprile

di Ermanno Bencivenga adattamento e regia Teresa Ludovico con Augusto Masiello, Teresa Ludovico, Christian Di Domenico, Michele Altamura, Gabriele Paolocà, Domenico Indiveri produzione Teatri di Bari/Kismet durata spettacolo: 90′

Teatro Filodrammatici di Milano Via Filodrammatici, 1 ingresso Piazza Paolo Ferrari, 6 - Milano Tel. 02 36727550 - www.teatrofilodrammatici.eu

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TEATRO

Novecento di Alessandro Baricco

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Negli anni a cavallo delle due guerre mondiali, abbandonato sulla nave dai genitori e ritrovato sopra un pianoforte da un marinaio, Novecento trascorre tutta la sua esistenza a bordo del Virginian, senza trovare mai il coraggio di scendere a terra. Impara a suonare il pianoforte e vive di musica e dei racconti dei passeggeri. Sul grande transatlantico, Novecento riesce a cogliere l’anima del mondo. E la traduce in una grande musica jazz. Dal 1994 quasi 120.000 spettatori hanno decretato il successo di un monologo divenuto “cult” e portato anche sul grande schermo da Giuseppe Tornatore (“La leggenda del pianista sull’oceano”). E se Baricco stesso ha dichiarato nella prefazione del suo libro di aver scritto il testo “… per un attore, Eugenio Allegri, e un regista, Gabriele Vacis”, il Teatro Filodrammatici di Milano non può che essere orgoglioso di ospitare questo riallestimento dall’originale e proporlo al proprio pubblico. “Quel pomeriggio del 26 luglio 1993, mentre eravamo riparati sotto il portico della cavallerizza di Villa Pisani, una pioggia intermittente ritardava le ultime prove di Villeggiatura e noi aspettavamo sconsolati l’inizio di una “prima”, l’invitato Baricco si avvicina alle spalle e… Baricco: Allora, Alegher?! Allegri: Ehi, Baricco... Dopo il riconoscimento reciproco mi ammalo improvvisamente di idiozia. Allegri: Come andiamo? (domanda idiota, appunto). Baricco: Eehiee... (rischiando il contagio immediato)... (surplace)... Ho il soggetto per il monologo (busta leccata e chiusa). Allegri (non del tutto guarito): Ma dai?! Baricco: Te lo dico, và (taccato il francobollo). O ti stai concentrando? Allegri: (Concentrando a cosa? Ah già) No, no, dai dimmi. Baricco:: E’ la storia del più grande pianista di jazz mai esistito al mondo che nasce su una nave, sull’oceano, e da lì non scende più (infilata in buca e spedita). Allegri (miracolato): Cristo! Ecco, Novecento per me è cominciato così, sotto la pioggia di un pomeriggio d’estate del 1993. (...)” . Eugenio Allegri

Teatro Filodrammatici di Milano 28 marzo - 2 aprile

di Alessandro Baricco | con Eugenio Allegri | sulla base dello spettacolo di Gabriele Vacis, Lucio Diana e Roberto Tarasco | produzione ArtQuarium

Teatro Filodrammatici di Milano Via Filodrammatici, 1 ingresso Piazza Paolo Ferrari, 6 - Milano Tel. 02 36727550 - www.teatrofilodrammatici.eu

DATE E ORARI DI RAPPRESENTAZIONE martedì 28, giovedì 30 marzo e sabato 1 aprile 21.00 mercoledì 29 e venerdì 31 marzo 19.30 domenica 2 aprile 16.00 329


TEATRO

IL SORPASSO di Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari

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l Sorpasso di Dino Risi, uno dei grandi capolavori della commedia italiana, per la prima volta approda a teatro a più di cinquant’anni dall’uscita del film. Manifesto dell’Italia del ‘boom’ economico, Il Sorpasso è al tempo stesso un grande road movie psicologico, il che lo rende un testo senza tempo. La trasposizione teatrale di Micaela Miano sceglie di mettere al centro della vicenda il conflitto caratteriale e psicologico tra i due protagonisti, Bruno e Roberto e il loro incontro/scontro: un giocoforza di prevaricazione, rivendicazione, ambizioni, fughe, rinascite, silenzi e violenza. Nei panni dell’affascinante Bruno (Gassman nel film) l’attore Giuseppe Zeno, mentre in quelli del suo contraltare, Roberto, la giovane promessa Luca Di Giovanni. La pièce vede anche la partecipazione di Cristiana Vaccaro. La regia è di Guglielmo Ferro.

Teatro Manzoni di Milano

Orari biglietteria durante la stagione teatrale Lunedì - sabato 10.00 - 19.00. La biglietteria è aperta anche 45 minuti prima di ogni spettacolo

dal 04 al 21 maggio

Giuseppe Zeno di Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari Adattamento Teatrale Micaela Miano Con Luca Di Giovanni e con la partecipazione di Cristiana Vaccaro Regia di Guglielmo Ferro

Teatro Manzoni Via Manzoni, 42 - Milano Per prevendita telefonica: numero verde 800 914 350 (Attivo da rete fissa, in orari di cassa) Per informazioni: telefono 02 7636901 cassa@teatromanzoni.it 330


TEATRO

SERIAL KILLER PER SIGNORA Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia

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ristopher Kit Gill e Morris Bromo sono i protagonisti di Serial Killer per signora. Non si conoscono. Nessuno dei due sa dell’esistenza dell’altro. Kit è un attore disoccupato, da poco orfano di una madre che ne ha marchiato a fuoco la vita: una grande attrice, troppo impegnata per donare l’affetto e le attenzioni di cui un figlio avrebbe bisogno, della quale Kit tenta di emulare il successo in modo assai diverso. Morris è un detective della polizia di New York, non più giovanissimo. Ha scelto di rimanere vivo e di non cercare clamori carrieristici. Nemmeno la vita privata brilla: vive ancora a casa con la madre, una signora ebrea invadente e possessiva. Poi il primo omicidio: commesso da una psiche malata, tanto malata da telefonare al distretto di Polizia per lamentarsi della poca attenzione che la stampa gli ha dedicato. Kit cerca Morris. Inizia un rapporto simbiotico tra i due e le loro rispettive “carriere”. Note di regia “Un killer in città, può provocare il caos, e che detective lo impacchetterà” canta Morris ad un certo punto della commedia. Questa frase stigmatizza il percorso dei due protagonisti. Kit, uccidendo, ottiene la prima pagina del New York Times, secondo la sua mente malata raggiunge il successo. Morris ne diventa l’inseguitore e potenziale carnefice, dando lustro alla sua sbiadita carriera. Nutrendosi uno dell’altro, iniziano una gara senza esclusione di colpi che, inevitabilmente, avrà un solo vincitore. Se volessimo addentrarci brevemente in una descrizione più profonda del loro rapporto, potremmo tranquillamente asserire che, sebbene in forma assai più lieve e edulcorata, sono l’uno il compendio dell’altro, quasi a voler risvegliare un saggio shakespeariano a firma di René Girard intitolato Il Teatro dell’Invidia in cui si descrive quella spirale che, a partire dal desiderio dell’essere di un altro (il desiderio mimetico), innesca un conflitto la cui violenza è domata solo sporadicamente mediante il sacrificio di una vittima designata. Si intrecciano le vite dei nostri due eroi e del loro “Amore” (come dice Shakespeare ne I Due Gentiluomini di Verona): l’uno per l’altro, con altri rapporti normali e protagonisti di vite terrene: due madri, tre vittime ed una affascinante giovane donna dell’upper class newyorkese, che contribuirà non poco a mettere confusione nella vita del povero Detective Morris Bromo.

Teatro Manzoni di Milano

direzione musicale: Riccardo Biseo disegno luci di Umile Vainieri voce dello speaker: Aldo Ralli contributi video: Giacomo Di Niro e Alfredo Betrò foto di Marco D’Elia regia di Gianluca Guidi

dal 23 marzo al 9 aprile

Musical di Douglas J. Cohen, da un racconto di William Goldman traduzione e adattamento di Gianni Fenzi e Gianluca Guidi traduzione delle liriche: Giorgio Calabrese con: Alice Mistroni e Teresa Federico scene e costumi di Annamaria Morelli movimenti coreografici: Stefano Bontempi

Teatro Manzoni Via Manzoni, 42 - Milano Per informazioni: telefono 02 7636901 331


TEATRO

Credoinunsolodio Tre donne in Terra Santa. Un dialogo impossibile, un destino comune

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redoinunsoloDio o CredoinunsolOdio: si può leggere in entrambi i modi il titolo della pièce che coniuga il talento drammaturgico di Stefano Massini e quello registico-interpretativo di Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres. Le storie procedono parallele, destinate a un epilogo comune nel grande labirinto della cosiddetta Terra Santa. Tre ritratti di donna, tre culture, tre religioni, tre percorsi di vita. Le loro storie procedono parallele, all’apparenza inconciliabili, eppure destinate fin dall’inizio a un epilogo comune, nel grande labirinto della cosiddetta Terra Santa, in cui il tritolo si infiamma foto Marasco con l’odio e le paure si insinuano nel sangue come virus. Le tre donne sono: Eden Golan, docente di storia ebraica; Mina Wilkinson, più o meno nascostamente in forza a un esercito straniero; Shirin Akhras, ventenne studentessa palestinese. I loro punti di vista si intrecciano e si allontanano, fra improvvisi, rischiosissimi incontri e vertiginose contrapposizioni, sfiorando talvolta il brivido inconsulto di una perfetta sintonia. Ma non è consentito combattere dalla stessa parte, sulla scacchiera in cui tutto vive di contrapposizioni. In una drammaturgia condotta su tre binari narrativi, senza mai dialogo, la vicenda si nutre di echi e di rimandi, convergenze e antitesi, e dopo un crescendo inarrestabile culmina nel fuoco purificante e maledetto dell’ennesimo sacrificio. Credoinunsolodio è un testo scritto da Stefano Massini nel 2010. Frutto di un profondo studio della situazione e delle motivazioni, l’opera procede con un meccanismo a orologeria, fitto di cambi repentini di punto di vista, lasciando come sempre al pubblico ogni giudizio e ogni conclusione. Un mosaico di sensazioni, riflessioni e stati d’animo, rappresentati in un puzzle di solitudini, laddove niente è più spiazzante che l’eterno confronto con i propri ideali e le proprie credenze. Ne nasce una drammaturgia segnata da un continuo capovolgimento di struttura, sempre lontana dal chiarimento, appesa al filo di un equilibrio impossibile e di un appuntamento risolutivo, in eterno rimandato.

Piccolo Teatro Studio Melato

Movimenti: Marco Angelilli Produzione: Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa

dal 25 marzo al 13 aprile

Orari: martedì, giovedì e sabato,19.30; mercoledì e venerdì, 20.30; domenica, 16. Lunedì riposo. Durata: 95 minuti

di Stefano Massini Diretto e interpretato daManuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariangeles Torres Scene: Mauro De Santis Luci: Claudio De Pace Costumi: Gianluca Sbicca Musiche: Francesco Santalucia

Piccolo Teatro Studio Melato Via Rivoli, 6 - Milano M2 Lanza 332


TEATRO

Ifigenia, liberata

® MasiarPasquali

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a Cechov agli Atridi. Dopo aver affrontato con originalità, nella stagione scorsa, le ossessioni di Treplev e Nina nel Gabbiano, Carmelo Rifici sceglie un affondo nel mito come seconda produzione che nasce dalla collaborazione fra il LAC di Lugano (in cui Rifici è direttore artistico della sezione teatro) e il Piccolo (del quale dirige la Scuola di teatro). Ifigenia è solo l’inizio dell’indagine che Rifici propone allo spettatore, chiamando Eraclito, Omero, Eschilo, Sofocle, Euripide, René Girard, Antico e Nuovo Testamento a fornire storie e riflessioni sulla vera protagonista del lavoro: la violenza dell’uomo come realtà inestirpabile e mistero senza fine. Con questo lavoro, prosegue la fertile e felice collaborazione tra Rifici e Angela Demattè, drammaturga di grande profondità, con la quale il regista ha realizzato gli spettacoli Avevo un bel pallone rosso, indagine sulla figura di Margherita Cagol, fondatrice delle Brigate Rosse, Officina e Chi resta, sull’elaborazione del lutto per i parenti di vittime di mafia e stragi. “Una sala prove, attori e pubblico insieme – spiega Carmelo Rifici –. Un regista e un drammaturgo provano ancora a indagare il Mito degli Atridi, il sacrificio di Ifigenia. Formulano domande intorno all’annosa questione: dove nasce la violenza? come si ferma la violenza? il mondo cesserà mai di essere violento? che cos’è la violenza? Schiacciata dal volere paterno, contagiata dalla follia del popolo, Ifigenia sembra non poter uscire da un destino senza speranza in cui solo il sangue di un innocente può placare la violenza della folla. Non solo gli Teatro Strehler Atridi, ma tutto l’occidente ne porteranno il fardello. Le parole di Atena che chiudono l’Orestea, il suo delegare da lunedì al sabato 9.45 - 18.45 continuato agli uomini la responsabilità attraverso leggi condivise, domenica 13 - 18.30 non hanno ancora portato a una soluzione. Eppure c’è festività chiuso una parola che potrebbe fermare l’ingranaggio infernaBiglietteria: 02.42.411.889 le, una parola capace di smascherare l’inganno, ma è Teatro Strehler troppo scomoda da pronunciare, troppo pericolosa per Largo Greppi - Milano (M2 Lanza) l’antico desiderio dell’uomo di sopraffare, di desiderare continuamente la roba dell’altro”. 333


TEATRO

CANCUN Commedia dagli aspetti comici e surreali sulle relazioni e i desideri inconfessabili dell’amore coniugale

ph. Mauro Melozzi

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al 4 al 9 aprile al Teatro San Babila va in scena Cancun, una commedia dagli aspetti comici e surreali sulle relazioni e i desideri inconfessabili dell’amore coniugale. Due coppie di amici vanno in vacanza a Cancun, meta perfetta per celebrare oltre vent’anni di amicizia. Tutto sembra perfetto all’arrivo: Francesca e Giovanni con Laura e Paolo si godono il paradiso che li accoglie, in un ambiente naturale da favola, ma festeggiano forse con troppe bollicine il loro arrivo. L’ebbrezza infatti porta a rivelare dei segreti che sarebbe stato meglio restassero tali, rendendoli consapevoli che le cose in passato sarebbero potute

Villoresi Pamela ph. Marcello Norbert 334


TEATRO

Blas Roca Rey - ph. Mauro Melozzi

Villoresi Pamela - ph. Marcello Norber

andare in maniera diversa. Ma se la vita nella quale si erano riposte tante aspettative si è rivelata meno bella del previsto, cosa può succedere? E se i desideri più inconfessabili per uno strano gioco del destino si potessero realizzare? Galceràn, il famoso commediografo catalano, è maestro nell’esplorare i rapporti contemporanei tra uomo e donna, con un occhio ironico, divertente, ma mai banale, passando con disinvoltura dal tono della commedia a quello sofisticato di una storia contemporanea.

Teatro San Babila

dalle ore 10 alle ore 17 Nelle serate in cui c’è spettacolo la biglietteria è aperta dalle ore 19.30 Domenica (solo nei giorni di spettacolo) dalle ore 14.30 alle ore 17

dal 4 al 9 aprile

di Jordi Galceràn regia di Marco Mattolini Gli spettacoli avranno luogo presso il Teatro Prosa martedì - giovedì - venerdì - sabato ore 20.30 mercoledì - domenica ore 15.30

Teatro San Babila Corso Venezia, 2/A - Milano -Tel. 02 798010 info@teatrosanbabilamilano.it www.teatrosanbabilamilano.it

La biglietteria è aperta da martedì a sabato 335


TEATRO

Anna Bolena di Gaetano Donizetti

ph. Jean Pierre Boisseau

ph. Jean Pierre Boisseau

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I progetto di riportare alla Scala il repertorio italiano nella sua interezza, inaugurato nel 2016 con il grande ritorno del Verismo rappresentato da La cena delle beffe di Giordano, prosegue nel 2017 con due titoli belcantistici: Anna Bolena di Donizetti e La gazza ladra di Rossini. In particolare di Donizetti il Teatro alla Scala aveva a oggi una sola produzione, L’elisir d’amore. Per Anna Bolena sale sul podio Bruno Campanella, uno specialista dell’opera italiana del primo Ottocento, in uno spettacolo di taglio moderno, ma con i costumi d’epoca di Marie-Louise Bischofberger. Nell’impegnativa parte di Anna debutta la giovanissima Federica Lombardi: con lei la Scala continua a investire sui talenti usciti dalla sua Accademia. Giovanna di Seymour avrà invece la voce di Sonia Ganassi.

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TEATRO

ph. Jean Pierre Boisseau

Teatro Alla Scala

Interpreti principali: Federica Lombardi, Sonia Ganassi, Martina Belli, Piero Pretti, Carlo Colombara Coro e Orchestra del Teatro alla Scala Produzione: Grand ThÊâtre de BordeauX Tragedia lirica in due atti Libretto di Felice Romani (Edizione critica a cura di P. Fabbri; Fondazione Donizetti di Bergamo e Casa Ricordi, Milano) Durata spettacolo: 3 ore e 16 minuti incluso intervallo

dal 31 marzo al 23 aprile di Gaetano Donizetti Direttore: Bruno Campanella Regia: Marie-Louise Bischofberger Scene: Erich Wonder Costumi: Kaspar Glarner Luci: Bertrand Couderc

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TEATRO

RUMORI FUORI SCENA di Michael Frayn

Rumori Fuori Scena” è la commedia brillante, scritta da Michael Frayn, più rappresentata del Novecento: tradotta in 29 lingue, è stata messa in scena in tutto il mondo ed è anche diventata un film diretto da Peter Bogdanovich, interpretato da Michael Caine e Christopher Reeve. Una farsa che ha saputo oltrepassare i confini del tempo e dello spazio, rimanendo di grande attualità e continuando, con la sua verve dal gusto anglosassone, a divertire il pubblico come trent’ anni prima. Uno spettacolo nello spettacolo, con protagonista una stravagante compagnia teatrale alle prese con una rappresentazione da portare in scena. Se nel primo atto gli spettatori si trovano ad assistere alla prova generale della pièce che si regge su un perfetto meccanismo di ingressi e uscite, equivoci e accenti farseschi, nel secondo, dopo il felice debutto, la scena si capovolge: il pubblico è invitato a sbirciare dietro le quinte, dove s’imbatterà nelle ripicche e nei litigi tra gli attori che si riflettono nel loro comportamento sul palcoscenico, rendendo lo spettacolo assurdamente esilarante. Un irresistibile pastiche di interruzioni, errori, isterie, conflitti, tensioni, riappacificazioni a cui s’intreccerà anche qualche intrallazzo amoroso che sembra compromettere definitivamente le repliche della commedia. Solo nel terzo atto, quando ormai la messinscena sembra irrimediabilmente compromessa, tutto culmina nel lieto fine. “Rumori Fuori Scena” è considerato il capolavoro comico per eccellenza, è scandita da un ritmo inesorabile; oltre ad essere un riuscitissimo osservatorio sul mondo del teatro e sulle sue infinite, sorprendenti e rocambolesche dinamiche interne, è una vera e propria “macchina di risate”. 338


TEATRO

Teatro Nuovo Milano di Michael Frayn con: Andrea Beltramo, Claudio Insegno, Carlotta Iossetti e con: Daniela De Pellegrin, Ettore Lalli, Fabrizio Martorelli, Guido Ruffa, Lia Tomatis scene di Francesco Fassone costumi di Barbara Tomada regia di Claudio Insegno Fondazione Teatro Piemonte Europa

Teatro Nuovo Piazza S. Babila, 3, Milano Botteghino Dal lunedĂŹ al sabato dalle ore 10:00 alle 19:00 La domenica dalle 14:00 alle 17:00 Tel. 02.794026 prenotazioni@teatronuovo.it

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TEATRO

Messico e nuvole

Maradona è meglie e’ Pele” echeggiava negli stadi negli Anni ’80. A quel coro e alla realtà che simboleggia si sono ispirati Gianni Clementi e Antonio Grosso per il loro nuovo testo. Napoli, 1990: una giovane coppia entra in un albergo fatiscente. Il Napoli ha appena vinto il suo secondo scudetto. La frenesia pervade la città. Fremono anche i due protagonisti, ma la loro è più un’ansia, una tensione, quella di chi nasconde qualcosa. Quel viaggio in Sud America non era la loro luna di miele, ma il tentativo di cambiare per sempre le proprie vite. Aitano e Regina, per dare un taglio a una vita di sacrifici, hanno venduto il proprio corpo e accettato di ingoiare degli ovuli di cocaina e ora nella bettola dove si nascondono arrivano due bizzarri narcotrafficanti. Insieme ad Eduardo, tutto-fare dell’albergo con una vocazione per gli affari (tenta di rifilare a chiunque pezzi del muro di Berlino!) danno vita a situazioni da sbellicarsi. Messico e nuvole è senza dubbio un testo movimentato che affonda il suo essere nell’action theater. In questa filigrana azione e colpi di scena si susseguono dando origine ad equivoci divertenti ai quali è impossibile non sorridere. Una storia nella storia che racconta di una città, Napoli, che pare però vivere in un eterno dopoguerra, con l’inventiva che sopperisce alla miseria. Siamo di fronte ad una fotografia che ritrae una città, e i suoi abitanti, che nella sua veracità rappresenta però tutto il sud, ma anche il nord e volendo il mondo intero.

Teatro/Cinema Martinitt dal 27 aprile al 14 maggio

Via Pitteri 58, Milano - Tel. 02 36.58.00.10 - Parcheggio gratuito. Orario spettacoli giovedì - sabato ore 21, domenica ore 18. Il sabato anche alle 17.30. Biglietteria: lunedì 17.30-20, dal martedì al sabato 10-20, domenica 14-20.

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TEATRO

Non rubateci i sogni

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on Angelo dalla tranquilla valle Aurina viene trasferito nel quartiere della provincia napoletana in cui è nato, in una realtà fatta di miseria e sotterfugi, in perenne bilico tra il comico e il tragico. Inizia per lui una seconda vita, che lo vede schierato con la comunità contro i soprusi della delinquenza locale. Il prete, la perpetua e un gruppo di ragazzi si trovano a condividere un sogno, quello del proprio riscatto, convinti che la difficoltà sociale non possa tradursi in una condanna inappellabile. Parte così una crociata per salvare il teatro di quartiere, ma anche la dignità umana e soprattutto i sogni… nella consapevolezza che in ogni sfida il vero sconfitto è chi si ritira senza provarci. La vita è uno spettacolo che nessuno può impedirci di mettere in scena. E questo tenteranno di fare i protagonisti della commedia, nonostante i tanti ostacoli. E a ben vedere, ad andare in scena sarà proprio la loro storia, il loro grido di protesta contro la cultura della violenza e della sopraffazione. La rappresentazione racchiude in sé un messaggio profondo e intimo che si dirama oltre la piega sociale legata alla malavita organizzata e che tocca gli equilibri più profondi e intrinseci in ognuno di noi. Ecco che spesso, troppo spesso, l’incapacità di ascoltarci e di imporci sfocia nella scelta più comoda che non è di certo, o almeno quasi mai, quella che ci caratterizza. Tutte le “lotte” partono da dentro e richiedono impegno, costanza, energie ed in egual modo riflettono il temperamento, le ambizioni e i principi che ci contraddistinguono. I temi che irrompono in scena – la legalità, la rivalsa, la fede (in Dio ma anche nei sogni), la frustrazione, il fallimento, la diversità (di carattere, di vissuto, culturale, sociale o sessuale che sia) come valore, la purezza nell’impuro - appartengono a tutti. Per chiunque e ovunque, gli scheletri del passato, le paure del presente, le debolezze interiori e l’ignoranza sono limiti al proprio realizzarsi. Riuscire a reagire è la vera vittoria, indipendentemente dal risultato. Tutti possiamo essere vincitori, anche senza essere eroi. Ecco perché in sala, sulle note indimenticabili di Pino Daniele, la sensazione è proprio che Napul’è… tutti noi, tutto il mondo. Napoli è unica certo, ma il cliché che la vuole diversa dal resto delle città è tendenzioso.

Teatro/Cinema Martinitt dal 6 al 23 aprile

Via Pitteri 58, Milano - Tel. 02 36.58.00.10 - Parcheggio gratuito. Orario spettacoli giovedì - sabato ore 21, domenica ore 18. Il sabato anche alle 17.30. Biglietteria: lunedì 17.30-20, dal martedì al sabato 10-20, domenica 14-20.

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Thank Angelo Marani, Antonio Marras, AU JOUR LE JOUR, Elisabetta Franchi, Ferragamo, PHILOSOPHY, Andrea Benedetti, Diego Chiarlo, Sandra Mansour, APERLAI, French Deal,

Alexander McQueen,

Cheyma, Etienne Jeanson,

DERHY, Mambrini, Florence Verdier, Donia Allegue, Paloma

Casile, JITROIS,

Hôtel Particulier, Barth Karma, Chador, John Nollet, Alon Livne, Caterina Zangrando, Tony Ward Couture, St. Barth Karma,

DIESEL, LEVI’S,

Deux A,

Knitss, Primark, Eric Ouaknine, Etienne Jeanson @Jnsn, EOP Paris, Stéphane Dussart, Kevin Jacotot @B Agency Paris, Jennifer Martins, Marie Verchère @Ford Models Paris, Alexia Canova @Metropolitan Paris, Anya Snegireva, Raphaël Say @Viva Berlin, Sébastien Ngoc @Karin Men Paris, Alessandro Rizzo, Tricot Chic, Jovan,

TOM REBL,

LUMBERJACK, Shara Pagano, Mitchumm Industries,

Shara Pagano, Parkian, Albano, Daiquiri Lime, Saverio Palatella, Buccinà, ABSIDEM, Otto D’ame, Leitmotiv, Premiata, Cettina Bucca, Sarah Borghi, Fabio Capuano, Martina Bolis, Davide Carlucci, Riccardo Tarantola, Gytis @Urbanmanagmentt, Mattia @Love, Rejhan @Elite, Jia @Monster, Francesco Lhore @Elite, Indi @Urban, Emil @Elite, Sebin @Boom, Gabriela and Misha @Urban, Jakub @ Boom, Jordan and Cohen @Urban, Romain Brau,

Stefanie Renoma, Show-

Calvin Klein, On Aura Tout Vu Paris, Frederic Monceau, Delphine Nicole, Giovanni Bonamy, Liza Gladkaya, YSL, El Rana, GUCCI, H&M, ARMANI, Farah, ZARA, RAY-BAN, CHLOÈ, Disney, room Pressing Paris, Renoma Paris,


ks to: Vivienne Westwood, BALMAIN, Urban Outfitters, Daniele Alessandrini, ALL STAR, Jordi A. Bello Tabbi, Vanessa Pesolilla, Akyra Design, Kizui Louze, Roberta Dalloway, Jordan Roberto Romito, Gianni Tolentino, Sweet Make Milano,

LOUBOUTIN, Galli / Trevisan, Michele Di Giovanni, Maylin Aguirre @Fashion Model Mgmt, Giulia Schisano, Alexia Mingarelli, LEYEWEAR, AquilanoRimondi, Vesto Pazzo, Patrizia Pepe, Luisa Beccaria, Calzedonia,

PLUS, ENTRE AMIS, Cruna, FENDI, Faith, Irene Gemmellaro, Daniela Ciotti, Elisa Colarossi, Michelangelo Bocchio @3Mmodels, Masha Yerokhova, VANTA, JODIEL by David Moresco Desing, Rhea Leather Saturnine, Alison Bizzi, Uma Wang, Guidi, Lydliyaf, DYNASTI, Antichi Kimono, Forgia Antica, Marta Petrucci, Brunilda Kola, Elenoire De La Vallèe, Paul Easton, Michele Vignali, Marco Bucco, Silvia Gerzeli, Giuseppe De Crisci, Angelika, Rebecca, Cloe @Casting, Cristiano Fabris, Redemption Official, Brasilians, Abodi, LES

HOM-

MES, Mad Zone, Salvatore Vignola, Sapporo, Chen Horesh, Valeria Orlando

using V)Or Make-up, Annalisa Donini, Samuele Virgili, Teodora Roxana Cioanca, Giulia Scardigno, Elisa Cristaldi, Luna Taddonio, Federica Delsale @Fashion Models MGT, Alba Vejseli @2morrow, Anna Liuzzo @Popagency, Susanna Giaroli, Ine, Una, Sasha, Julia @IceModels, The Secret Code of Fashion, Riccardo Di Salvo, Claudio Marchese


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