RETE DELLE GEOSTORIE A SCALA LOCALE
Istituto Comprensivo di Carbonera (TV) Anno Scolastico 2012 - ‘13 Scuola Primaria “C. Battisti” Classe 5 (ins. Moro Sabina)
IL RACCONTO DEL TEMPO DEL FASCISMO, DELLA II GUERRA MONDIALE, DELLA RESISTENZA E DELLA LIBERAZIONE INTERVISTE AI NOSTRI NONNI
ENRICO Nonno Pierino Mi chiamo Nardin Pierino, sono nato il 31 ottobre 1933 a Carbonera. Quando è scoppiata la guerra avevo solo 9 anni. La mia famiglia era composta da cinque persone: io, mamma, papà e due fratelli. Eravamo agricoltori e quindi non abbiamo patito la fame perché avendo la terra da coltivare ricavavamo molti ortaggi. Durante la guerra di notte le case erano ben chiuse dai balconi e si spegnevano tutte le luci, poiché tutte le notti un aereo ricognitore di nome “Pippo” sorvolava le città e dove vedeva brillare anche una piccola luce sganciava una bomba. Ricordo che tutti i sabati con i miei compagni di scuola e gli amici, vestiti in divisa, partivamo da San Giacomo per andare al campo sportivo di Carbonera per fare il sabato fascista. Qui dovevamo imparare a marciare e cantare gli inni alla Patria. Finita l’adunata approfittavamo per giocare. Il momento più brutto che ricordo è il giorno del bombardamento di Treviso avvenuto il 7 aprile 1944 che causò moltissimi morti. Un altro brutto ricordo è quanto avvenuto a mio papà subito dopo la liberazione, quando si recò alla cartiera Burgo di Mignagola per acquistare un asino dei tanti requisiti dai partigiani ai fascisti, dovette scappare molto velocemente dopo aver visto dei partigiani che avevano allineato lungo un muretto interno molti fascisti per fucilarli.
ANDREA Nonna Rachele Mia nonna Rachele è nata nell’agosto del 1934 e viveva con la sua famiglia a Maserada sul Piave. Nel 1940 suo fratello maggiore è partito per la guerra e ha fatto la campagna di Albania e Grecia. Dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia ha rotto l’alleanza con la Germania, i soldati tedeschi sono diventati dei nemici e mia nonna viveva al comando tedesco. Un suo fratello, nato nel 1925 è stato chiamato come soldato dalla Repubblica di Salò, si è rifiutato di andare in guerra con l’esercito fascista e si è arruolato con i partigiani della Brigata Garibaldi. Viveva nascosto nelle grave del Piave ed è stato ucciso nell’aprile del 1945 in uno scontro notturno. Mia nonna si ricorda che i tedeschi con i fascisti della Decima Mas hanno catturato dei ragazzi italiani “disertori” che non volevano andare in guerra, li hanno portati davanti al Municipio di Maserada e li hanno fucilati. Alla fine della guerra è tornato a casa il fratello della nonna che era stato in Grecia. A fine aprile del 1945 sono arrivati i soldati americani, inglesi , russi e c’è stata una grande festa. A casa di mia nonna però c’era una grande tristezza per la morte del fratello partigiano.
SILVIA Nonna Maria Rosa Mia nonna aveva solo cinque anni quando c’era la guerra e quindi non si ricorda molte cose. Mi ha detto che quando hanno bombardato Treviso sembrava come se fossero dei fuochi d’artificio. Di sera , dopo una certa ora, c’era il coprifuoco, tutti dovevano stare in casa e quando arrivava un aereo tedesco, chiamato “Pippo”, la mamma chiamava lei e i suoi fratelli e loro andavano a rifugiarsi dentro casa. A volte arrivavano nelle case i Tedeschi, i quali anche con cattiveria, chiedevano da mangiare e da bere e tutti obbedivano perché avevano paura che gli facessero del male. Controllavano se nelle case tenevano nascoste delle persone, dei ragazzi partigiani e quando li trovavano li uccidevano oppure li portavano via con loro; una volta a casa delle sue cugine sono arrivati dei Tedeschi, le hanno fatte sedere e poi a tutte e sei hanno tagliato i capelli cortissimi ( a zero). Poi finalmente la guerra è finita però era distrutto tutto, le famiglie hanno ricominciato a lavorare e a non avere più paura. EDOARDO Nonna Lina Mi ricordo che la mia famiglia lavorava per conto di un signore: noi gli allevavamo gli animali, gli coltivavamo il grano e lui ci dava la metà del raccolto. Mi ricordo che ogni tanto di notte arrivavano i Partigiani e uccidevano un maiale o una mucca e se la mangiavano e noi dovevamo stare zitti e acconsentire , perchè altrimenti ci avrebbero uccisi. Nonno Mario Morandin: non mi ricordo niente e non voglio ricordare quei momenti. ALESSIA Nonno Adriano “Non mi ricordo tanto bene la seconda guerra mondiale perché ero piccolo. Mi ricordo molto bene, invece, che una mattina come tutte le altre mio papà era andato al lavoro a Treviso in bicicletta (faceva il muratore) e ad un certo punto hanno dato l’allarme che stavano arrivando gli aerei e allora sono andati a rifugiarsi in un rifugio poco resistente, poi una boma cadde proprio dove mio pappasi era rifugiato. La sera, quando di solito mio papà tornava a casa non tornò allora mia mamma aveva chiesto se potevano cercarlo e lo cercarono per tre giorni. Un giorno trovarono la sua bicicletta e scavando trovarono anche mio papà che non era morto per la bomba ma era rimasto schiacciato dal rifugio. Questo fatto è successo il 7 aprile 1944, il giorno del bombardamento di Treviso.”
ALBERTO Nonna Flavia Mia nonna Flavia, la mamma di mia mamma, è nata il 29 novembre del 1941, quindi durante la seconda guerra mondiale perché il suo papà era partito a combattere in Russia quando lei aveva soltanto tre mesi. Il suo paese è stato bombardato tante volte dagli aerei nemici perché c’era la ferrovia con la quale venivano trasportati i soldati e le armi. Non ricorda molto,a parte quello che le è stato raccontato quando era più grande: sua nonna aveva aiutato i partigiani perché uno zio di Flavia era partigiano e la sua mamma, la mia bisnonna, lavorava in una fabbrica dove costruivano le bombe. Si ricorda che quando è finita la guerra, a Palazzolo, dove abita ancora, sono arrivati gli Americani che buttavano alla gente le gomme da masticare ed il cioccolato. Il suo papà non è mai tornato.
SIMONE Nonno Virginio Mio nonno Virginio è nato nel 1941, non ha molti ricordi della guerra. L’unica cosa che si ricorda è quello che gli raccontavano i fratelli specialmente del 7 aprile 1944: era di venerdì, il cielo fu oscurato da tanti aerei sorvolavano i paesi e lasciavano cadere le bombe. In famiglia, erano tutti impauriti, ad eccezione del fratello Guido che aveva 12 anni : saliva sopra un albero che avevano sul cortile per vedere meglio gli aerei e un altro fratello di nome gridava “ Giù bombe!”. Il fratello Aurelio, che aveva 20 anni, è partito per la guerra però fu rimandato a casa dopo pochi giorni, perché era una famiglia molto numerosa: era composta da otto maschi e una femmina. Dopo un po’ di anni in giro si vedeva ancora qualche fabbricato bombardato. A causa della guerra , un giorno Aurelio trovò una pistola carica e giocando è partito un colpo che ha ucciso il fratello che era lì con lui.
PAOLO Nonno Carlo La sera del 7 aprile 1944, che era un venerdì santo, Treviso è stata bombardata. Mi ricordo che ero in camera mia e sentivo il rumore delle bombe in lontananza, fuori c’era così tanta luce che sembrava giorno. C’era stato anche un altro bombardamento, dopo mezzogiorno, circa alle 14.00. Poi, una domenica verso le 10.30 circa, tre aerei proseguivano sopra il Piave e , ad un certo punto, la contraerea, che aveva iniziato a sparare, ha colpito l’aereo centrale che ha preso fuoco e, dopo un po’, ha perso quota e si è diretto verso Varago. Ha iniziato poi a virare, il pilota si è calato giù con il paracadute e l’aereo ha colpito il campanile della chiesa di Varago. E’ stata un’esperienza tremenda : da casa mia si sentivano le urla e purtroppo ci sono anche stati dei morti.
STEFANO S. Nonno Aldo Molto probabilmente mio nonno ora non sarebbe fra noi, perché potrebbe essere morto in un campo di concentramento in una doccia a gas, per fame o addirittura dai troppi sforzi da lui applicati. Ma ora sentiamo la sua esperienza: “Stavo ritornando insieme a mia zia da S. Giuseppe Vesuviano, un paese vicino a Napoli. Ad un certo punto il treno si fermò in un punto dove non si doveva fermare e così salirono tutti i soldati tedeschi e portarono nei campi di concentramento tutti i ragazzi maschi dai 18 anni in su, cioè ragazzi in grado di lavorare. Dopo arrivò un soldato vicino a noi e mia zia cominciò a piangere e mi disse di sedermi a terra per farmi sembrare più piccolo, ma un soldato si avvicinò con la pistola e mi fece segno di alzarmi, io mi alzai ma il soldato vide che ero troppo magro. Così chiamò il tenente e, dopo una lunga discussione, decisero di lasciarmi libero. Il treno continuò normalmente la corsa. Arrivato al mio paese c’erano tutte le mamme che piangevano perché i loro figli erano stati deportati, io fui l’unico a non essere stato catturato.” Io sono sicuro che mio nonno non si dimenticherà mai questa esperienza.
STEFANO C. Nonna Rosalia Mia nonna mi ha raccontato che durante la guerra i tedeschi si sono accampati vicino a casa sua e sono rimasti per circa 15 giorni. Il papà della nonna portava loro ogni giorno da mangiare, perché aveva paura. Infatti facendo così i soldati non facevano niente e anzi ringraziavano. Si ricorda che mentre stavano celebrando un funerale sono passati gli aerei tedeschi che stavano per colpirli, però si sono accorti della bara e se ne sono andati, mentre tutta la gente scappava. Inoltre ,una volta, i partigiani rubarono nella casa della nonna un carro e un cavallo per andare a fare razzie. Però furono presi dai tedeschi a Bassano del Grappa e il giorno dopo il cavallo è tornato a casa da solo. A Bassano lungo un viale i tedeschi hanno impiccato diversi partigiani: uno per ogni palo. Alla fine della guerra gli Americani dormirono nella stalla ed essendo persone buone e generose lasciarono cioccolata e birra che a quei tempi erano sconosciute. GIACOMO Nonna Bertilla La città di Treviso è stata bombardata completamente da degli aerei nemici. Ci furono molti morti tra cui gli zii di mia nonna. Mia nonna mi ha raccontato la storia del partigiano Pino da Zara. All’epoca dei fatti era una bambina piccola, ma la sua mamma e sua sorella le raccontavano spesso la storia di questo ragazzo. Il 16 novembre del 1944 fu ucciso un ragazzo di nome Antonio Danieli. Veniva da Zara (ora Croazia) territorio all’epoca italiano, che venne occupato dalle truppe iugoslave nel novembre 1944. La mamma di mia nonna aveva un’osteria a Vascon chiamata “Osteria da soto mancio”. Quel giorno furono portati in questa osteria degli uomini sospettati di essere dei partigiani. I soldati fascisti cominciarono a torturare e a fare domande per tutto il giorno. Nessuno parlava. Allora presero questo ragazzo arruolatosi volontario, cominciarono a torturarlo duramente. I fascisti volevano sapere i nomi dei compagni di lotta, ma dalla sua bocca non uscì una parola. Gli furono tolte le unghie e i suoi occhi strappati con la baionetta, poi lo legarono ad una macchina e trascinato con la testa per terra per alcuni chilometri. Erano presenti la mia bisnonna e sua figlia Letizia. Furono portate fuori dall’osteria e costrette a vedere la tortura . alla fine fu ucciso con quattro fucilate e i suoi compagni portati al castello di Conegliano dove furono processati. Ora presso questa casa c’è una lapide e una scultura in suo onore.
CARLOTTA Nonni Elena e Luigi I miei nonni hanno vissuto un momento pauroso, perché c’erano i fascisti contro i partigiani. I partigiani si nascondevano sulle montagne o nelle case abbandonate. Si sentivano gli aerei che bombardavano. Alla sera c’era il coprifuoco e non si poteva più uscire dalle case.
EMANUELE Nonna Onorina Mia nonna ha 80 anni. Nel periodo della seconda guerra mondiale aveva 13 anni; si ricorda che l’1 gennaio 1944 cadde un aereo a Varago, quando la gente usciva dalla S.Messa delle 11.30 l’aereo cadde vicino alla chiesa. Sono morte 5 persone e anche suo nonno e molti feriti. Suo nonno era vicino a dove era caduto l’aereo ed è stato dilaniato in tanti pezzi: per raccoglierlo dovettero prendere un sacco. Si ricorda che una sera alle 22.30 entrarono nella sua casa le S.S., due ragazzi armati hanno preso i suoi fratelli : Valentino e Giovanni. Valentino era un ex poliziotto, per la strada c’è stata una sparatoria tra partigiani e S.S. si sono gettati tutti per terra dalla paura e Valentino in questa occasione lungo l’argine del fosso nascose i suoi documenti altrimenti poteva essere riconosciuto r portato via dalle S.S. Quando sono arrivati nel posto in cui c’era Pino da Zara, vanentino è stato mandato a casa, mentre Giovanni lo hanno trattenuto fino alla morte di Pino; continuavano a dire che Giovanni fosse un partigiano. Si ricorda anche di un aereo che passava di notte di nome “Pippo”, che faceva parte degli alleati contro i Tedeschi. Un giorno arrivarono un gruppo di cavalli comandati da dei Tedeschi , li fecero distendere così Pippo non li potè vedere , mandò giù dei razzi ma non li “beccò”. Pippo passava e gettava armi, soldi e alimenti per i Partigiani.
SARA Nonni Attilio e Maria Ho intervistato i nonni paterni sulla seconda guerra mondiale; mi hanno raccontano di quelle notti quando c’erano i bombardamenti: le bombe scendevano come dei grossi grappoli di fuoco e Treviso era illuminata dai razzi. Quando gli aerei sganciavano le bombe tutti, avendo molta paura, si nascondevano da tutte le parti. Le bombe che precipitavano dagli aerei, a Treviso, hanno causato molti morti e il nonno ha visto tante persone, troppe, che scappavano per i campi e si nascondevano nei fossi. Gli sfollati entravano nelle case e chiedevano ai proprietari se potevano essere ospitati; anche in casa di mio nonno c’era una famiglia di trevigiani che non aveva più niente. Durante quel periodo le persone non avevano molte cose( non come adesso che non manca niente) e la nonna mi ha raccontato che il mio bisnonno, per paura che i tedeschi portassero via la biancheria, l’aveva nascosta in una cassa di legno. Aveva scavato una buca molto profonda e l’aveva riposta lì e sopra ci aveva messo un carro di fieno per nascondere il tutto. A poca distanza dalla casa di mio nonno, che è qua a Vascon in via Frattina, nella quale mio papà ha vissuto sino a 5 anni, c’era una postazione per mitragliatrice tedesca, mentre dove abitiamo adesso, cioè la casa della nonna, c’era una postazione radio e sotto il portico era parcheggiato un autoblindo tedesco. Il nonno mi ha raccontato che non è vero che i tedeschi fossero tutti cattivi come spesso si racconta, ma ce n’ erano anche di buoni, come buoni e cattivi erano anche i partigiani, cioè quelle persone che combattevano contro i tedeschi, che erano i nostri nemici. Mio nonno ha sofferto la fame, aveva molto poco da mangiare durante la Guerra e a volte erano proprio i tedeschi che portavano le vivande a loro, così la mamma del nonno poteva cucinare e poi tutti assieme mangiavamo, senza che ci fosse distinzione di nazionalità. Mia nonna, invece, aveva mucche, maiali, galline e altri animali e quindi non ha sofferto la fame, forse anche per questo motivo quando arrivavano i tedeschi dovevano fare da mangiare per tutti. I nonni, comunque ,durante la Guerra erano piccoli, avevano 6-7 anni e molte cose non se le ricordano bene, ma si ricordano il periodo successivo quando cioè la guerra era finita, e con una lacrima mi hanno raccontato quanto duro è stato ricominciare a vivere, ricostruire quello che la guerra aveva distrutto, ma ,soprattutto, la gente aveva il timore che tutto si potesse ripetere.
GIULIO Nonna Egle Sono dell’ anno 1924 e avevo 16 anni quando è iniziata la guerra; tutti gli anni della gioventù li ho passati sotto la paura e gli orrori della guerra. I primi anni sono stati buoni perché eravamo alleati dei tedeschi e ci trattavano bene. Ma allora siamo diventati nemici degli americani, inglesi e russi e allora non ci hanno più aiutati e ci hanno messo le sanzioni sugli alimenti. Allora vivevamo con le tessere: ad esempio 250 grammi di pane al giorno per persona: ogni volta che facevi la spesa ti staccavano un bollino dalla tessera. La tessera durava un mese e ti dovevi arrangiare con il mercato nero dai contadini. Solo chi lavorava per i tedeschi aveva una piccola porzione di cibi scaduti. E’ durata così fino al 8 settembre del 1943, quando è caduto il governo Mussolini ed è nata la Repubblica Italiana. Allora siamo diventati nemici dei tedeschi. In questo momento è cominciata la vera Grande Guerra della paura e del terrore, perché i Tedeschi non perdonavano. Allora cominciarono le incursioni e i bombardamenti aerei degli Americani per la nostra liberazione. Noi, che lavoravamo le scarpe per i soldati, abbiamo dovuto lavorare sotto il comando tedesco e produrre scarpe militari per i soldati tedeschi. Si facevano gli scarponi per i soldati e ci pagavano; però, di giorno, quando suonavano l’allarme x le incursioni degli aerei Americani per bombardare i ponti, stazioni ferroviarie, le strade, gli obiettivi militari e tutto ciò che serviva per il colonnello tedesco, ci facevano scappare per le campagne e, alla sera, dopo l’orario di lavoro, dovevamo recuperare le ore di lavoro perse senza pagamento. Quando alla sera d’inverno era buio dovevamo tappare tutti i balconi con dei cartoni, perché passava “Pippo”, un caccia tedesco a bassa quota e se vedeva la luce ci sparava. Dovevamo accettare tutto altrimenti ci portavano a Trieste al tribunale e ci mandavano in Germania nei campi di concentramento. I bombardamenti americani consistevano in una grande formazione di aerei pesanti che avevano un rombo possente e cominciavano a sganciare le bombe a un chilometro di distanza dall’obiettivo da raggiungere e se era giorno si vedevano le bombe lanciate dall’aereo con il rumore delle catene. Noi che eravamo scappati per campagna dovevamo distenderci per terra o meglio dentro ai fossi, se ce ne erano. I bombardieri americani erano preceduti dai caccia, allora si alzavano anche i caccia bombardieri tedeschi mentre la contraerea tedesca con i cannoni e i mitra iniziava la guerra nel cielo. Se il bombardamento era notturno i cacciabombardieri americani illuminavano il cielo a giorno con i razzi. Per essere più sicuri ci si doveva riparare nei fossi o nelle buche che i contadini avevano preparato. La guerra continuò così fino al 1944 quando gli alleati sbarcarono ad Anzio. Da allora cominciarono ad insorgere i partigiani (che prima agivano in segreto); sia al sud che al nord con gli Americani, gli Inglesi e i Russi cominciarono la tenaglia della guerra per la liberazione dai Tedeschi. In quel tempo di terrore ne abbiamo viste e vissute tante. Finalmente grazie alla strategia e alla furbizia siamo arrivati al 25 aprile 1945, il grande giorno della nostra liberazione.
Istituto Comprensivo di Carbonera (TV) Anno Scolastico 2007- ‘08 Scuola Primaria “C.Battisti” Classi 5 (ins. Moro Sabina)
GIORGIA Intervista ai nonni Lidia e Lino. Il 7 aprile 1943/44 ci fu un bombardamento a Treviso con tantissimi morti e case distrutte. Gli Americani dovevano bombardare Tarvisio, hanno capito male e così bombardarono Treviso. Ancora oggi, scavando, si trovano le bombe inesplose. Dove lavorava il mio bisnonno c’erano dei rifugi dove la gente andava a ripararsi quando sentiva l’allarme. Quel giorno, lui andò a ripararsi in quei rifugi e la mia bisnonna , disperata a casa, mandò mio nonno a cercarlo ( allora era ancora un bambino) e lo trovò sano e salvo. Tutti i giorni passavano gli aerei americani che andavano in Germania e noi stavamo fuori per vederli e contarli anche per mezz’ora. Un giorno una contraerea tedesca, poco lontano da noi, ha abbattuto un aereo americano che è caduto di fianco alla chiesa di Varago e ci furono alcuni morti. I piloti americani si sono salvati lanciandosi con il paracadute e sono atterrati vicino a noi.
GIULIA Intervista alla nonna Ivana Durante la Seconda Guerra Mondiale i miei nonni erano dei bambini di pochi anni e quando la guerra finì avevano 6-7 anni. La mia nonna ricorda molte cose. Ricorda i bombardamenti e che la sua mamma ed i suoi parenti scappavano a rifugiarsi dentro le scoline dei campi. Ricorda che alla sera nessuno poteva uscire di casa, perchè c’era il coprifuoco e se i soldati trovavano qualcuno per la strada chiedevano i documenti e potevano anche sparare. I bambini raccoglievano nei campi e nei fossi i fili d’argento che gli aerei nemici facevano cadere per avere dei punti di riferimento quando faceva buio: ai bambini piacevano molto. Non si poteva ascoltare la radio di Londra e per avere notizie dall’estero si doveva farlo di nascosto; alla sera tutte le case dovevano spegnere le luci, affinché gli aerei nemici non potessero bombardare le case. Durante la Guerra c’era la dittatura di Mussolini e non c’era né libertà di parola, né libertà di scrivere, né libertà di pensare come si voleva. Chi non obbediva veniva imprigionato, torturato ed ucciso. La nonna ricorda che in alcuni periodi le scuole furono chiuse, perché molti insegnanti erano in guerra. Quando la guerra finì a tutti sembrò che fosse finito un terribile incubo e la gente ricominciò a sognare.
MARCO Intervista alla nonna Elda Caduta di un aereo a Varago Nel 1944 a Varago un aereo si schiantò sulla canonica colpendo l’angolo della casa del parroco. Un pezzo di ala si infilzò nel muro della chiesa, spaventando molte persone tra cui il fratello di mia nonna, Rino. L’aereo poi si schiantò contro la casa di una signora, mamma di cinque figli, che morirono inceneriti e trasportati verso le due del pomeriggio nel cimitero di Varago, dove rimasero fino a quando i familiari tornarono a riprenderli e portarli in Inghilterra. Un signore sfortunatamente stava tagliando la siepe lungo un fosso e venne colpito dritto al cuore da una scheggia e morì. In quel momento mia nonna ha visto questa due bambine di due anni morte al suolo e pensò che una di loro era stata ospite dei miei bisnonni. Quel giorno molta gente si allontanò da casa per paura di fare la stessa fine di quelle povere persone. Bombardamento di Monti Mia nonna stava lavorando come operaia da Monti, quando ormai stanchi di allontanarsi ogni volta per il timore di essere mitragliati, si fermarono appena fuori dalla fabbrica sperando che i soldati italiani li scoprissero. Sfortunatamente vennero scoperti dai soldati tedeschi, che mitragliarono la fabbrica. Alcune vetrate si frantumarono, ma nessuno fortunatamente fu ferito e tutti riuscirono a tornare a casa.
NICO Intervista alla nonna Rita Durante la Seconda Guerra Mondiale mia nonna era molto giovane, aveva otto anni. Suo marito, però, alcune volte le raccontava le sue esperienze di prigionia in Germania. Lui era andato via volontario, perché voleva salvare suo papà. In questo periodo mio nonno andava a cercare delle bucce di patate e sulle rotaie cercava i resti delle sigarette per ricavare qualche soldo. Quando è ritornato a casa, aveva l’intestino talmente ristretto che, quando gli capitò del cibo tra le mani, si riempì la pancia e stette molto male. Mia nonna si ricorda anche che i partigiani nel dopo guerra andavano a rubare per le case e uccidevano molte persone seppellendole lungo il fiume Piave. Lei, abitando sull’argine del Piave, una volta vide che uccisero un uomo, lo seppellirono e lasciarono fuori solo la mano.
SAMUELE Intervista alla nonna Giuseppina La storia del bisnonno Gaetano Il nonno materno della mamma durante la Seconda Guerra Mondiale è stato prigioniero per undici anni nell’attuale Croazia. Era stato fatto prigioniero dai Tedeschi, che però gli consentirono di lavorare ed una volta al mese la sua mamma lo raggiungeva per portargli cibo e indumenti puliti. E’ stato liberato nel 1946, quando la nonna aveva tre anni, quando è tornato la nonna non lo voleva vedere, perché per lei era uno sconosciuto. Ogni volta che la prendeva in braccio lei si metteva a piangere. Quando la mamma era piccola si ricorda anche lei che, ogni tanto, il nonno le raccontava del periodo in cui era stato prigioniero e mentre raccontava, imprecava contro i Tedeschi dicendo: “ Maledetti, maledetti!” e si meravigliava per come era riuscito a sopravvivere lavorando duramente. Alla fine lui si metteva a piangere come un bambino.
FEDERICO Intervista alla nonna Giuseppina I bisnonni di Vascon Il mio nonno materno è nato nel 1939, pertanto non ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche se piccolo, però si ricorda molto bene di quando suonavano le sirene che avvisavano di un bombardamento. I bombardamenti , soprattutto su Treviso, si sentivano fino a Vascon. E proprio perché fu bombardata la città di Treviso che i miei bisnonni hanno ospitato una famiglia di sfollati, i quali sono rimasti a casa loro per circa tre anni. In questo periodo è successo che una notte un aereo tedesco ha abbattuto un cacciabombardiere americano, il quale si è andato a schiantare nei terreni dei bisnonni. La voragine che si è aperta ha fatto alzare tanta terra fino a coprire la casa. Il mio bisnonno ha lavorato circa un mese per ripulire tutto. Fino a qualche anno fa l’ultimo figlio rimasto degli sfollati passava a casa dei nonni a salutarli e gli portavano dei regali dalla Svizzera, dove abita a tutt’oggi.
DAVIDE Intervista al nonno Severino Mio nonno Severino mi ha raccontato che durante la Seconda Guerra Mondiale gli Americani hanno bombardato Treviso e vedeva i suoi parenti piangere. I Tedeschi, poi, quando passavano per la strada, rubavano galline e uova. Lo zio di mio nonno faceva il poliziotto e mentre stava tornando a casa vide dei partigiani, allora nascose la pistola sotto la sella, così loro non presero l’arma. Il nonno, infine, mi ha raccontato che dei partigiani hanno dormito nel mio “salotto” e dove ora ho il computer loro appoggiavano le armi. Intervista al nonno Giuseppe Visentin Mio nonno Giuseppe mi ha raccontato che gli Americani hanno bombardato Treviso, perché c’era un comando tedesco in città. L’aereo che passava sopra la casa di mio nonno si chiamava Pippo. Vicino alla casa di mio nonno fecero cadere una bomba con dentro delle farfalle esplosive, allora sono dovuti intervenire gli artificieri. Il nonno di mio papà ha portato con un carro quattro, cinque tedeschi a Montebelluna. Inoltre dalle case prendevano mobili, porte, armadi ecc.
FRANCESCO Intervista al nonno Silvano Il nonno Silvano mi ha raccontato che, quando suonava l’allarme antiaereo alla stazione di Lancenigo ( che era sotto il controllo tedesco), i soldati tedeschi si rifugiavano nei pagliai del mio bisnonno e chiedevano del cibo; la bisnonna preparava loro uova sode e salame e portavano in cambio la caramelle al nonno. Gli aerei da bombardamento venivano chiamati “Pippo” e appena si sentiva l’allarme, ogni luce a petrolio veniva spenta, i balconi e le finestre venivano completamente chiusi, perché se solo si notava una luce riflessa, il nemico bombardava. A Vascon, durante la guerra, Villa Ruberti era adibita ad ospedale da campo.
Intervista al nonno Sergio Il nonno Sergio mi ha raccontati che da Silea, dove lui abitava, vedeva la città di Treviso illuminata dagli scoppi delle bombe. I suoi zii si arrampicavano sugli alberi per poter ammirare lo “spettacolo” e la loro nonna li pregava di scendere perchè aveva paura. Alla sera si riunivano in stalla a fare “filò” e dovevano essere sicuri di aver chiuso ogni finestra e spento ogni luce, altrimenti venivano bombardati. Nel loro pagliaio si erano rifugiati tre aviatori americani. Alla fine della guerra, sono andati a Treviso con il carro e i buoi per caricare le macerie che servivano per fare la pavimentazione del cortile della loro casa.
NICOLA Intervista alla nonna Bruna La nonna mi ha raccontato che abitava in una grande casa di contadini, dove c’erano gli Americani che ai bambini davano le caramelle e quadretti di cioccolato. Inoltre c’erano anche due famiglie di sfollati che scappavano da Treviso perchè era stata bombardata. Vicino alla casa c’era un grande rifugio sotto terra e quando al mamma di mia nonna diceva che era in arrivo “Pippo”, che era un aereo tedesco, la famiglia di mia nonna, se non faceva in tempo ad andare nel rifugio, doveva spegnere tutte le lampade a petrolio e bisognava stare fermi, immobili perché l’aereo vola va a livello delle case. Mi ha anche raccontato che suo papà ha avuto una brutta avventura con i fascisti; stava facendo la guardia ad un palazzo, dove abitava una famiglia che vendeva alimentari. Ad un certo punto sono entrati i fascisti che l’hanno preso e legato e gli hanno puntato il mitra: volevano sapere se aveva nascosto dei partigiani. Lui rispondeva di no e diceva :” Frugate in tutto il palazzo!”. Lo ascoltarono e poi lo lasciarono andare.
LUCA Intervista al nonno Domenico La Seconda Guerra Mondiale scoppiò nel 1939 dopo l’invasione della Polonia da parte dei Tedeschi. L’Italia entrò in guerra nel 1940 a fianco della Germania, attaccando la Francia sulle Alpi e dichiarando guerra all’Inghilterra e all’America. Verso l metà del 1943 gli Americani sbarcarono in Italia con le loro truppe liberando tutto il Sud dall’esercito tedesco e dal regime fascista. Il 7 aprile 1944 gli Americani bombardarono la città di Treviso. Mio nonno all’epoca aveva 16 anni ed abitava alla periferia della città. Per proteggersi dal bombardamento, andò a rifugiarsi con la famiglia sotto ad un ponte. Cessato il bombardamento andò in città a vedere i disastri e quello che lo ha maggiormente rattristato è stato un rifugio colpito da una bomba, all’interno del quale si trovavano distesi i cadaveri, uccisi dallo spostamento d’aria ( sembrava che dormissero). Altro particolare che ricorda è il lancio di bombe isolate sganciate da un aereo di ricognizione chiamato Pippo. Verso le due di notte una bomba gli scoppiò a circa 30 metri e si ritrovò per terra e senza berretto. Durante il periodo di guerra esisteva la teoria
BENEDETTA Intervista al nonno Antonio Mio nonno mi ha detto che il fascismo ha provocato la guerra in Africa, Spagna, Grecia, Albania, Francia e poi è scoppiata la seconda Guerra Mondiale. Mio nonno è stato preso dai fascisti e portato al Colle dalle Brigate Nere ed è stato interrogato, perché credevano che fosse un partigiano. Lì gli hanno chiesto di scrivere i nomi di quaranta persone, ma non lo hanno picchiato, gli hanno solo dato uno schiaffo in testa. Lo hanno trattenuto due giorni in prigione in piazza San Vito. Una notte c’è stato un bombardamento ma non dove c’era lui; poi il giorno dopo gli hanno fatto scrivere altri quaranta nomi e non gli hanno dato da mangiare. Alla fine lo hanno mandato a casa che era notte. Quando è tornato a casa ha trovato i fascisti che lo hanno portato via insieme a suo cugino e gli hanno portato via tutto il cibo. Alcune volte alla sera venivano i partigiani e gli davano da mangiare. Intervista alla nonna Bruna Mia nonna aveva dieci anni durante la Seconda Guerra Mondiale e frequentava la classe quarta elementare. Al sabato doveva andare a scuola per fare ginnastica, le marce e cantare. Questo è il ritornello: “ Noi siamo figli della lupa dell’Italia il primo affetto il suo nome abbiam sul petto e l’Italia nel pensier. SUONATE CAMPANE SUONATE GIOIOSE SCHIERE DI BIMBI CHE PASSAN GIOIOSI Marciamo inquadrati da veri soldati e l’Italia e sol Duce vogliamo servir.” Mia nonna indossava, durante l’ora di ginnastica, una camicia bianca e la gonna nera. Si facevano anche i saggi ginnici. Lei scriveva nel quaderno la data così: 21 maggio era F= fascista Poi ci sono stati anche i bombardamenti: il primo a Treviso nel 1943 ( era Pasqua) ed è stato distrutto tutto; sui muri avevano scritto RESURREZIONE DI CRISTO E MORTE DI TREVISO Durante i bombardamenti bisognava mettere qualcosa di scuro alle finestre, poi c’era una sirena che segnava il bombardamento e il mitragliamento.
MATTEO Intervista al Signor Leone Gennaio 1944 Nella zona di Varago nelle vicinanze della chiesa cadde un bimotore americano. Avevo 7 anni e ricordo che quell’ aereo, colpito dalla contraerea, passò sopra casa nostra molto rasente il tetto, con un motore in fiamme, subito dopo si lanciarono i due piloti con il paracadute mentre il terzo rimase intrappolato a bordo e morì. Nello schianto morirono anche alcuni civili. Uno dei due piloti che si salvarono con il paracadute fu subito catturato da due fratelli simpatizzanti fascisti, i quali lo spogliarono e lo portarono in giro come prigioniero di guerra, morì in seguito per le conseguenze. Il secondo fu invece salvato da altra persone affiliate ai partigiani, che dopo un mese dell’accaduto vendicò il compagno uccidendo a sua volta i due fratelli. Novembre 1944 Un giovane diciottenne proveniente da Zara arruolato con i partigiani, chiese ospitalità per la notte presso una famiglia nelle vicinanze dell’attuale rotonda tra via Postioma e via Lovadina. Probabilmente tramite una soffiata ai fascisti fu da questi catturato e messo al muro e torturato per tutta la notte perché pensavano di estorcergli notizie sui suoi compagni. Tutto il vicinato fu costretto ad assistere a questa tortura per evitare di essere attaccati dai partigiani per la presenza di molti civili. Verso mattina fu ucciso perché non rivelava nulla. Ricordo di aver visto passare sulla strada davanti a casa nostra il suo corpo su un carro trainato da un cavallo e ricoperto di paglia e lo portavano al cimitero di Vascon. Attualmente in suo ricordo c’è un monumento nel punto dove fu trucidato inoltre a Vascon c’è anche una via a lui dedicata (via Pino da Zara). Durante tutta la Seconda Guerra Mondiale noi bambini spesso venivamo interrogati dai soldati ( fascisti e/o partigiani) per avere informazioni sul passaggio dei nemici. Ci avevano insegnato di non dire mai nulla a nessuno per salvaguardare la nostra vita. Ricordo che un giorno un gruppo di soldati fascisti chiese a mio zio qualcosa da mangiare: la fame era molta; così li portò da mia mamma che diede loro del pane e dei fichi. Il giorno dopo mio zio fu picchiato dai partigiani per quello che aveva fatto: per quell’episodio perse la vista ad un occhio.