Spazio Urbano / Bene Comune “È delle città come dei s o g n i : tutto l’immaginabile può essere s o g n a t o ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”
Testi: L. Oberti / A. Premarini / P. Savastio Illustrazioni: G. Pagani Layout: I. Cortese Fotografie: G. de Mojana / G. Pagani Interviste: Collettivo LUMe
Opera bidirezionale = si legge da entrambi i lati. Contiene: dizionario alfabetico dei Beni Comuni + testimonianza fotografica di luoghi urbani abbandonati a MIlano + interviste.
ITALO CALVINO
Fanzine a u t o prodotta in occasione di: Assedio culturale a Palazzo Marino. a cura del Collettivo L U M e
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23 9 2017
Laboratorio Universitario Metropolitano
Collettivo politico LUMe + Ensa m ble
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Conserere
LUMe è un motore di produzione culturale indipendente, che si pone fuori dalle logiche di mercato e di mercificazione. Giovani militanti, artisti, musicisti, poeti, scrittori e lavoratori che vivono immersi in una precarietà esistenziale, i cui sforzi si concretizzano nella lotta per la possibilità di determinare le proprie sorti, di autogestire le proprie vite accumulando forza propulsiva che sia in grado di sovvertire l’esistente.
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L U M e J a z z + LUMeteca + L UMe Teatro + Ta v o l o scrittura + Ta v o l o a r t e e progetto = L U M e
Allo stabile di vicolo Santa Caterina 3/5,
Copia
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Lo spazio urbano rappresenta uno dei più importanti temi del dibattito intorno al cambiamento delle concezioni tradizionali di città e abitante. La gentrificazione dei centri cittadini, unita alla mercificazione e allo spossessamento del patrimonio storico-culturale metropolitano concorrono a intensificare lo stato di abbandono dei nostri quartieri. Come Collettivo di L’esperienza di autogestione che ci studenti, artisti e contraddistingue ci insegna quanto giovani lavoratori la reciprocità e l’orizzontalità dei riteniamo fondaprocessi decisionali (3) siano mentale attivarsi elementi imprescindibili per un nella direzione di nuovo modo di relazionarsi con una rigeneraziol’ambiente cittadino e la produzione ne (2) degli spazi culturale (4) ivi localizzata. In questo urbani che abbia senso riteniamo che la definizione come orizzonte di Bene Comune (5) data dalla giuridico e destiCommissione Rodotà di bene che, nazione politica il a prescindere dall’appartenenza common urbano pubblica o privata, si caratterizzi (5) e la funzione come tale in quanto funzionale alla sociale (1) della realizzazione dei diritti fondamentali proprietà privata. di tutte e tutti, delle generazioni
presenti e future , debba essere il punto focale di una riflessione sul modo che abbiamo di essere comunità (6) e fare cultura.
Siamo convinti che sia necessario restituire alla cittadinanza il libero accesso (7) che le sta venendo sottratto dalla gestione pubblico-privatistica delle città. Siamo convinti che i cittadini (9) e le comunità debbano attivarsi per la cura dei Beni Comuni perseguendo l’interesse generale. Siamo convinti Nell'assenza di una che la cultura e legislazione che autorizzi l’arte, in quanto beni la gestione collettivistica condivisi (10), deb- e partecipata di beni bano occupare un immobili comuni, la via posto universalmente d e l l ' o c c u p a z i o n e ( 8 ) ad oggi accessibile nelle città rappresenta sistema per e contribuire a rige- l'unico garantire un approdo nerarlo fornendo ai cittadini gli strumenti per le esigenze espresse cittadinanza. A per farsi comunità dalla queste mancanze del consapevole. diritto odierno fa da contraltare la possibilità di una legislazione in materia di beni comuni ed accesso. Ciò è quanto chiediamo a gran voce.
La funzione sociale della proprietà privata (1) La funzione sociale della proprietà privata è un precetto giuridico volto a valorizzare la proprietà (pubblica o privata) ai fini dell’interesse generale. Esso è contenuto nell’art. 42.2 della Costituzione italiana: «I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.» Il principio della funzione sociale, quindi, suggerisce come illegittime quelle condotte proprietarie attuate in spregio all’interesse generale evocato dalla 'funzione sociale' . Quanto all’accessibilità, lo stato di abbandono di un immobile pone seri interrogativi, di origine costituzionale, sulla possibilità di restituire il bene alla collettività affinché ne faccia uso accrescendo il benessere sociale.
Rigenerazione urbana (2) La rigenerazione urbana costituisce l’insieme di interventi di riattivazione e ristrutturazione di spazi o edifici in stato di abbandono o incuria, fondati sulla partecipazione e l’attivazione diretta dei cittadini, che possono avere carattere occasionale o continuativo innescando processi sociali, economici, tecnologici, ambientali, ampi ed integrati, che complessivamente incidono sul miglioramento della qualità della vita nella città .
Governance orizzontale (3) La governance orizzontale è un sistema decisionale caratterizzato dalla decentralizzazione, dalla fluidità e dalla flessibilità dei ruoli, in contrapposizione al concetto di government (focalizzato invece sull’ordine gerarchico degli attori politici e sulla struttura burocratica del potere espresso). Nello specifico, per governance orizzontale s’intende l’insieme delle pratiche di concertazione, negoziazione ed interazione tra una pluralità di soggetti di pari livello. Nei modelli di governance le relazioni tra gli attori politici sono regolate da modalità sociali di coordinamento non gerarchico, al fine di favorire e promuovere l’eguale partecipazione di tutti i soggetti coinvolti. All’interno delle esperienze di autogestione, il modello di governance orizzontale trova realizzazione nel momento assembleare, vero e proprio luogo decisionale di ogni realtà sociale autogestita.
Autoproduzione culturale (4) L’autoproduzione culturale consiste nell’autofinanziamento, nella promozione, diffusione e creazione di cultura in senso largo: dalle arti figurative alla musica, dalla letteratura alla saggistica, fino al cinema e via discorrendo. L’autoproduzione rompe le logiche economiche di vendibilità e popolarità, per riportare al centro l’artista, nella sua dimensione personale ed esistenziale. Egli è protagonista al di là di imposizioni. L’idea stessa di autoproduzione contesta e combatte l’appiattimento, l’omologazione e la mercificazione delle arti poste in essere dall’industria culturale. Altrettanto fa con chi di questi saperi si trova a essere destinatario libero e diverso, non pensato come un tutto-unico-non-diversificabile.
Beni comuni (5) I beni comuni sono beni condivisi che permettono il dispiegarsi della vita sociale, la soluzione di problemi collettivi, la sussistenza dell’uomo nel suo rapporto con gli ecosistemi di cui è parte; sono considerati beni comuni ad esempio l’acqua, il lavoro, i servizi pubblici, le scuole e gli asili, l’Università, il patrimonio culturale e naturale, il territorio e tutti quei beni e servizi che appartengono alla comunità e dei quali, dunque, alla comunità non può essere sottratto né il godimento né la possibilità di partecipare al loro governo; sono beni comuni condivisi in quanto governati e regolati come beni ‘ in comune ’, a tutti accessibili in via di principio. Come categoria giuridica trova fondamento nell’art 3 della Costituzione italiana secondo cui lo Stato Italiano si impegna a rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale (…) che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” . Un primo riconoscimento a livello locale si trova invece all’art 3 dello Statuto del Comune di Napoli che stabilisce che “al fine di tutelare le generazioni future, il Comune di Napoli, garantisce il pieno riconoscimento dei beni comuni in quanto funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali di una persona nel suo contesto ecologico”.
Cittadinanza attiva (6) La cittadinanza attiva rappresenta l’insieme di soggetti, cittadini, singoli, associati o comunque riuniti in formazioni sociali, anche informali, che si attivano per l’individuazione, la cura, la rigenerazione e la riattivazione di determinati beni comuni, sociali e culturali. Direttamente collegato al termine comunità che deriva invece dal latino communis e serve a definire un tipo particolare di relazioni sociali che, poste alla base di una collettività, coinvolgono l’individuo nella sua totalità. In particolare il termine comunità si distingue da quello di società (definita dalla sociologia moderna come un prodotto o un aggregato meccanico) poiché, nella sua essenza, rimanda ad una visione più organica, più fluida e, sostanzialmente, più “viva”. Per comunità s’intende quindi un insieme eterogeneo di soggettività informali ed di individui, legati ad una dimensione territoriale più o meno definita e compresi all’interno di una rete di affetti e valori comuni. Rifacendosi alla definizione di cittadinanza attiva riportata sopra, possiamo affermare inoltre che a definire una comunità in quanto tale concorra anche e soprattutto la formazione di una consapevolezza comune di “essere comunità”. La condivisione degli scopi e dei fini, delle pratiche, dei bisogni e della visione dell’intero apparato sociale, delle sue dinamiche e relazioni, determina in ultima istanza il concretizzarsi su di un territorio, di una comunità reale.
Libero accesso (7) Il libero accesso è una modalità di fruizione singola o collettiva. Per libero accesso si intende la possibilità indiscriminata di accedere a beni materiali o immateriali. Da luoghi, a beni naturali, a eventi culturali (mostre e musei, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche e concerti) senza che vi siano barriere di natura economica. Il libero accesso in chiave digitale è invece l’opportunità che danno le nuove tecnologie di guardare, ascoltare e leggere un componimento gratuitamente senza ledere la paternità dell’opera dell’autore; ciò è reso possibile da una nuova forma di tutela del diritto d’autore, le Creative Commons (CC), che permettono, in maniera più o meno rigida, di diffondere gratuitamente il proprio lavoro con la condizione che esso non sia utilizzato per scopi di lucro.
Occupazione (8) L’occupazione consiste nell’utilizzo di un luogo pubblico o privato da parte di soggettività informali o cittadini attivi. È una pratica fondata sull’assenza di risorse e abitazioni pubbliche che la proprietà privata va sempre più erodendo. Questo processo di smantellamento e privatizzazione è particolarmente evidente nel contesto cittadino, dove all’utilità sociale dei luoghi urbani sono prediletti interessi privati ed esclusivizzazione dei luoghi. In questo senso, per opporsi cioè ai processi di svilimento urbano e di gentrificazione cittadina, vanno intese le occupazioni abitative e socio-culturali. I centri occupati vanno pertanto concepiti non solo come luoghi di socialità giovanile o come l’esito di gesti di rottura nei confronti di una legalità percepita come estranea ed ostile, ma oltre a ciò e prima di ciò, come un modo per restituire alla collettività beni materiali di valore e, insieme ad essi, risorse immateriali come conoscenza, cultura, arte, relazionalità e cooperazione sociale.
Principio di sussidiarietà orizzontale (9) Il principio di sussidiarietà orizzontale è un principio giuridico di prossimità al cittadino. Esso implica che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. L’intervento dell’entità di livello superiore, qualora fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire l’autonomia d’azione all’entità di livello inferiore. Il principio di sussidiarietà è regolato dall’art. 118 della Costituzione italiana il quale prevede che “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà” . In sintesi, è il principio secondo il quale si individua nella prossimità al cittadino il metodo più efficace per l’azione politica.
Mutualismo (10) Il mutualismo, in ambito socio-economico, consiste in un rapporto di reciprocità tra individui e collettività, i cui componenti hanno pari diritti e doveri; si basa sullo scambio, che implica un rapporto di uguaglianza ma anche di fiducia e solidarietà tra le parti e può essere inteso, generalmente, come l'insieme delle pratiche sociali fondate sulla reciprocità dei bisogni e degli interventi. Una società mutuale è quindi la risultante di un incontro tra differenze che dialogano e che si orientano funzionalmente per sopperire alle mancanze altrui e tra comunità che si riconoscono nella solidarietà dei rapporti e delle istanze.
1) Cosa speri succeda?
che
2) Cosa ti aspetti che succederĂ ?
1) Mi auguro che il Comune e le istituzioni riconoscano, a livello legislativo, la concessione di spazi abbandonati a gruppi di privati cittadini che hanno idee socialmente utili per il loro utilizzo. Mi auguro dunque una delibera, una legge. 2) Mi aspetto che questo riconoscimento legislativo prima o poi arrivi, perchĂŠ credo nel miglioramento e nello spirito di cittadinanza, e poi non ci sono reali motivi per non farlo!
1) Spero che il comune e le istituzioni riescano sempre di più a intelaiare le esperienze di società civile e autogestione ampliando lo spazio di manovra concesso dal diritto attuale, ahimè troppo severo e burocratizzante. 2) Mi aspetto che le istituzioni fatichino a capire le potenzialità di questa apertura e reagiscano con lentezza e scarso interesse.
1) Mi auguro che il comune possa concedere a diverse realtà che ne hanno bisogno degli spazi abbandonati, tutti quelli che ci sono. Questi luoghi potrebbero essere riqualificati e tornare a vivere. Che senso ha che rimangano lì? Di spazio ce n'è bisogno. Uno spazio è necessario per trovare la propria dimensione. Senza spazio ci si perde. Una città con un posto per tutti è una città vivibile. 2) Sarà difficile aprire un dialogo con chi di dovere, ma molta gente ha bisogno di farlo. Mi auguro che questa necessità faccia finalmente voltare tutti coloro che finora sono rimasti di spalle. Come se, nel silenzio, qualcuno iniziasse a suonare. Da dove viene questa musica? Io mi volterei.
1) Mi auguro che si vada verso un'istituzionalizzazione, diciamo sul modello napoletano. 2) Risposta: "fottetevi, abbiamo problemi piĂš seri a cui pensare ".
1) Il sogno è sempre veder sfruttato ciò che già si ha: condomini vuoti riempiti di famiglie, capannoni abbandonati che prendono vita con giovani musiche e prati secchi dimenticati che rifioriscono. 2) Ciò che temo è che non succeda assolutamente niente: palazzi nuovi continueranno ad essere costruiti per specularci sopra lasciando i vecchi all'abbandono, mentre altri cantieri rimarranno fermi come sono sempre stati. Chi ne ha la forza continuerà ad occupare, credendo nel sogno.
1) Spero che nasca la possibilità effettiva di gestire beni esclusivi ma non rivali - i beni comuni - in maniera condivisa e diretta nell’ineresse della comunità d’utilizzo o di riferimento. 2) Le giunte e le legislature da un lato, le forme di autogestione dall'altro. Se vi saranno regolamentazioni o sgomberi sarà sempre per mantenere questa fottuta pace sociale.
1) Credo che la nozione di Bene Comune data dalla Commissione Rodotà debba trovare futuro politico in Italia. Sono convinto che esperienze laboratoriali di autogestione e autoproduzione culturale artistica, sociale e politica debbano essere assimilate al concetto che abbiamo ricerca . oggi di debbano attrarre investimenti pubblici e statali di modo che la loro sopravvivenza non dipenda da dinamiche di mercato e che non vengano private della progettualità sul lungo periodo. 2) Ho fiducia in ciò che rappresentano oggi i centri sociali, almeno quelli che provano a costruire un’alternativa virtuosa, a offrire una risposta ai bisogni sociali più pressanti. Mi aspetto che attraverso l’esempio dato da questi spazi si possa aprire un nuovo capitolo della storia dell’autogestione.
1) Credo in una società migliore, in uno sfruttamento intelligente degli spazi che permetta all'uomo di respirare, aggregare e creare comunità. Credo nell'unicità degli individui all'interno di uno spazio comune, nella condivisione delle idee, nella lenta riflessione e nelle eterogenee esperienze che possono fiorire su un terreno da noi fertilizzato. Credo in strutture libere e autonome in grado di coinvolgere la comunità con un obiettivo comune. Non voglio più sentirmi soffocare nell'ipocrisia della città di Milano. 2) Sono pessimista e non credo che la situazione cambierà, però voglio provarci.
1) Spero tanto nella possibilità di poter dare nuova vita, dignità e valore a spazi abbandonati che al momento sono solo spettri di ciò che furono, quanto nella diffusione del lavoro che in questi spazi si cerca di svolgere. Spero in un sistema che prenda le distanze e possa fungere da alternativa a quello orientato al capitale proprio del mercato.
2) Pur nutrendo un certo pessimismo nei confronti dell'atteggiamento delle Istituzioni sul tema, ritengo che questa battaglia sia fondamentale per la costruzione di un futuro di migliori opportunità per chi le opportunità non può permettersi di comprarle. Rivendicazioni come queste non potranno essere ignorate ancora a lungo. Sono un passaggio fondamentale per il coinvolgimento politico della cittadinanza nella gestione e nella crescita della città.
1) Spero vivamente che le istituzioni riconoscano il valore culturale di ciò che spazi come LUMe offrono alla città e decidano di foraggiarli con ogni mezzo a loro disposizione. 2) Mi aspetto un'ennesima porta chiusa in faccia e quindi una presa di coscienza e di posizione da parte di tutti coloro che reputano arte e cultura strumenti chiave per vivere la propria vita non come degli automi.
1) Spero che ogni spazio sociale occupato, a Milano e in Italia, venga riconosciuto dalle Istituzioni. Come LUMe, ogni giorno tanti altri luoghi si impegnano per far si che ci sia un mondo alternativo a quello imposto. Affinché ciò avvenga spesso si scivola nell’illegalità. Non è un problema essere illegali se questo è il modo per creare qualcosa di accessibile a tutti. 2) Mi aspetto di trovare un muro che separa i cittadini dalle loro esigenze. Un comune che piuttosto che promuovere il lavoro dal basso e la libertà espressiva chiude gli spazi con il filo spinato. Sono sicura del fatto che nessuna delle persone che operano all’interno di questi spazi si fermerà, sono sicura che ognuno di loro continuerà a stimolare la nascita e la crescita di un mondo alternativo.
1) Spero che una giunta che promuove come punti centrali della sua campagna socialità, cultura libera e integrazione riesca a valorizzare e a dare maggior libertà d'azione alle esperienze di autogestione. Non soffermandosi sull’illegalità dell'occupazione, in quanto essa è condizione necessaria per questo tipo di esperienze, ma ascoltando realmente la voce e le rivendicazioni degli spazi sociali occupati. 2) Mi aspetto che questo messaggio sia preso in considerazione dalle Istituzioni, mi aspetto che gli spazi abbandonati siano restituiti alla città con la garanzia per i cittadini di potervi interagire liberamente.
1) Sono convinto che nelle città vi sia un eccessivo spazio non sfruttato. Poiché privati posseggono enormi beni immobili che non hanno alcun interesse ad utilizzare, io credo che sia doveroso occupare e utilizzare quei posti. Di spazi vuoti ce n'è un'infinità, bisognerebbe che i privati o la pubblica amministrazione li concedessero come bene ad uso comune. Quello che spero succeda è che riconoscendo il valore delle occupazioni, e soprattutto delle attività svolte durante le occupazioni, i comuni italiani concedano questi spazi a chi li amerà e li userà. 2) Non ho speranza.
nessuna
1) Spero in uno spazio che sia Spazio, Luogo e Persona. Uno spazio che si chiami LUMe, che ancora una volta accenda i suoi riflettori su quella cultura che nasce dal basso e a fatica si dimena tra i meandri delle istituzioni. Spero in quattro mura, o forse più, che ospitino giovani artisti e menti che liberamente possano fare quel che per loro non è solo mestiere, ma vita. 2) Mi aspetto, o forse idealmente pretendo, che la nostra città si accorga di questa necessità e si muova perché luoghi inutilizzati e abbandonati riprendano ad avere un valore grazie a ciò che esiste, ma è ostacolato dalla cecità dei pochi che si mascherano da molti.
1) Vorrei che uscissimo di più dalle nostre mura, essendo maggiormente inclusivi. Vorrei studiare l'esistente in modo da poter organizzare una risposta concreta con i nostri mezzi, Vorrei che trovassimo la risposta al precariato esistenziale nel quale navighiamo come generazione. Zittendo chi ci definisce "sdraiati", chi dice che con noi é morta la passione, la rivolta. Vorrei che Milano riscoprisse la bellezza del mutualismo, della solidarietà, tornando ad indignarsi per azioni atroci come i rastrellamenti in Stazione Centrale e gli sgomberi di posti che erano stati abbandonati per anni e anni. 2) Temo che la realtà possa non essere così rosea come la sogno.
1) Spero in uno spazio riconosciuto e riconoscibile nel suo intento di portare avanti delle idee e dei progetti che giovino a tutta la comunitรก, soprattutto a noi giovani che necessitiamo di luoghi di aggregazione culturale e ricreativa che non siano necessariamente commerciali. Uno spazio autogestito e accessibile a tutti, dove vi sia libertรก di espressione, che continui a produrre cultura dal basso, ma ad un livello alto. 2) Credo che il percorso avrรก un esito positivo, ma sarรก lungo e realizzabile solo con la mobilitazione di tutte le realtรก italiane simili a noi, con un atto di sensibilizzazione pacifica ma costante nei confronti delle Istituzioni, che devono riconoscere il valore di quello che facciamo.
1) Spero che progetti come il nostro imparino a permeare più incisivamente il tessuto sociale, portando cambiamento e lasciando intendere in maniera chiara la bellezza e l’importanza della partecipazione. La precarietà esistenziale che generazionalmente viviamo è un fortissimo dato storico che potenzialmente ha forza unificante. È necessario creare nuovi linguaggi che rendano possibile non solo la rinascita, ma anche la diffusione capillare di una struttura mutualistica efficace. 2) Nonostante la depersonalizzazione dilagante, mi aspetto che si verifichino dei cambiamenti profondi sul piano economicosociale. Cambiamenti che permetteranno la riemersione delle identità perse. Le crisi valoriali sono un evento ciclico, violento e destabilizzante, ma lasciano spazio alla nascita di nuove idee.
1) Spero che Milano non perda un'altra occasione per fare il salto di qualità che le manca, il salto umano. Una città che professa di vivere nel domani non può costruirsi un futuro avulso dai desideri dei suoi giovani, dalla loro voglia di cultura, di informazione, di socialità. Fare arte accessibile a tutti è fare politica, dare la possibilità di farlo in maniera spontanea significa permettere di cambiare la città attraverso la propria vita. 2) Mi aspetto ben poco. Mi aspetto di dover continuare a lavorare in nero. Mi aspetto di vedere la mia generazione ai margini, troppo spaventata per agire. Mi aspetto di dover continuare ad essere l'acqua cheta, quando vorrei essere una cascata.
1) Mi auguro di fare parte presto o tardi di un processo storico di mutamento e transizione, mi auguro di fare la rivoluzione. 2) Nella migliore delle ipotesi farò parte soltanto di un processo preparatorio, la cui conseguente, inevitabile rivoluzione sarà goduta ahimè da qualcun altro. Nella peggiore delle ipotesi per prima cosa arriverà la repressione, poi l'indebolimento, la disgregazione, infine l'abulia e, finalmente, la vecchiaia.
1) Spero che gli spazi occupati, autogestiti e ridati alla città attraverso azioni artistiche, politiche e culturali, siano riconosciuti come bene comune necessario allo sviluppo critico e alla crescita umana dei cittadini. Per la libertà di espressione e la gioia di vivere. 2) Penso che il comune proporrà delle alternative. Queste non coincideranno mai con i nostri bisogni. Ma noi non ci spegneremo, il nostro spirito forte e fresco ci permetterà di resistere e fertilizzare il tessuto sociale della città.
1) Idealmente mi figuro uno spazio di contestazione che si dica tale su tutti i fronti rilevanti, artistici, ma soprattutto politici. La nozione di collettivo artistico acquisisce pieno significato solo in relazione a uno spazio cogestito. Trovare tale spazio ha la precedenza sulla via per ottenerlo, sia essa legale o illegale. 2) Manifesto il timore che uno spazio ottenuto per vie legali mini – anche se in maniera non sostanziale — i presupposti salienti della produzione indipendente, trattandosi comunque di una prima forma di omologazione, quantomeno all’ottusità burocratica. Mi aspetto che la via legale sia lunga e ostacolata da incomprensioni , ma che altrettante complicazioni sorgano nella ricerca autonoma di uno spazio da occupare.
1) Spero in un cambio di mentalità . Spero che si smetta di considerare la richiesta di uno spazio da riqualificare un’esigenza da accontentare per arginare un problema. Spero di non trovare casa fino a che non capirete di avere bisogno di noi. 2) Credo nella nostra capacità di stabilire delle regole, credo nel nostro preciso dovere di rispettarle. Mi aspetto che cadano le vostre. Non sono antagonista, non sono anarchico, ma sarò sempre libero.