FIND YOUR DIFFERENCE
Sommario 04
Editoriale La Serenata
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Storia e cultura del lavoro dalle Officine Galileo
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Arte contemporanea a Firenze Tabù, quando le opere si reinventano
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Grandi eventi vs musei diffusi
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Amazon e l'artigianato fiorentino Estate Fiorentina 2021: si può fare
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Firenze anno 2786 Citizen of Sealand
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140x140: trent'anni dalla Moby Prince Davide Astori: un murale per non dimenticare
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Diritti/Rovesci, storie di diritti negati Da hotel 4 stelle a residenza artistica
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Luoghi abbandonati: Dinamitificio Nobel
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Lo bello stile NoCost - La maschera di Pinocchio Lavignetta
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Personaggi fiorentini - Isabella del Centro Cactus Amorazzi - Call me by your name
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La posta di Sigismondo Froddini - Testa o croce? (È) tutto nei termini
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Da calzino a spugnetta lavapiatti Il mignolo verde - Maghi, incantesimi e fiori
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Ripartire da lontano Up&Down
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Frastuoni
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Ri-apriti cinema Brevi cronache librarie - Racconti fiorentini con la scusa di un libro
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Intervista a Michele Manzotti
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I grandi marchi e l'amore per il centro Tradizioni Fiorentine: Il Piazzale
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Palati fini - Il vitello tonnato Spirito liquido - Aperitivo rivoluzionario o rivoluzionato?
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Oroscopo
LA SERENATA
EDITORIALE
di Matilde Sereni
di Jacopo Aiazzi
“Dal 26 aprile riaprono al pubblico cinema, teatri, sale concerto, live club”. E luce fu. Una luce a LED, di quelle che prendono forza col passare delle ore. Una luce flebile, certo, ma forse è quello che ci vuole dopo un anno di buio pesto, il giusto modo per ri-abituarsi e adattarci al nuovo ambiente. Tant’è che si parla ancora di early-coprifuoco… e quale mente riesce a immaginare un live club o cinema che chiude alle 22, non ci è dato sapere. Una reazione, la più semplice e scontata, è la lamentela. Lo sconforto e la rassegnazione per l’ennesimo controsenso, l’ennesimo ni, l’ennesimo puoi ma non puoi. Un altro sorprendente lato della medaglia potrebbe essere il cogliere l’occasione per ripensare il sistema-concerti, per lo meno nei giorni feriali. Da anni il disturbo principale per gli avventori dei live club è stato l’orario di inizio (e quindi di fine) dello spettacolo, non compatibile con una vita lavorativa diciamo standard. Dall’altra parte gli organizzatori si sono sempre difesi nel dover spostare di continuo l’inizio serata, per non far esibire la band di turno davanti a una sala vuota. Che sia la volta buona per allinearci a un sistema filo britannico con buona pace di tutti? Alla fine, nell’oblio in cui siamo finiti, qualcosa si è smosso per lo meno nelle gestioni delle prenotazioni online e della pubblica amministrazione. Vero è che siamo talmente in ritardo sulle economie culturali che il tempo per ripartire “con calma” è scaduto da un pezzo. Però, mentre si lavora per il meglio, facciamo con quel che abbiamo, no? Buona lettura.
Primavera, proteste e nessuna metafora
C
i sono momenti in cui sembra di tornare bambini. Succede spesso con la bella stagione: ritrovarsi a piedi nudi sull’erba a guardare le stelle, fantasticando di viaggi spaziali ed esplorazioni fantascientifiche. Succede di questi tempi oltremodo bizzarri, in cui ci ritroviamo a guardare il cielo pensando a Marte. Quello che però abbiamo scoperto non sta sulle nostre teste, ma sotto i nostri piedi: oltre alla terra e all’erba, ci sono intere strade di rifiuti interrati. Mai metafora fu più triste, semplicemente perché una metafora non è. Venerdì 16 aprile esce la notizia: tramite un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze si scopre un «sistema che ha avuto come risultato lo sversamento di scarti del processo di concia delle pelli, estremamente inquinanti, in varie zone del territorio toscano (…). Ben 8 mila tonnellate di questi fanghi sono stati utilizzati per la costruzione del nuovo tratto della strada regionale 429 tra Empoli e Castelfiorentino». Una vergognosa operazione che vedrebbe coinvolti dirigenti pubblici, politici, imprenditori e ‘ndranghetisti. Come fosse un segno, la notizia è uscita proprio di venerdì, come se volesse riaccendere l’attenzione sulle manifestazioni giovanili di Fridays For Future, spesso accusati - da qualche attempato benaltrista - di manifestare di venerdì per saltare la scuola e allungarsi il fine settimana. Gli stessi giovani che più volte, negli ultimi mesi, hanno manifestato proprio per il ritorno alle lezioni in presenza. Guardare Marte, sì, ma pensare alla Terra, che altro non è che la nostra casa. Una casa che in questa stagione fiorisce e rinasce, come si prospetta per le attività economiche del nostro paese. Dai ristoratori, spaccati tra chi protesta seguendo le regole e chi manifesta per il loro sacrosanto diritto al lavoro, ma impedendo di andare a lavoro ad altri, agli operatori culturali - musei, cinema, teatri - che, anche senza servizio per pranzo, asporto e delivery, hanno deciso di non danneggiare nessun’altro. Osservare il cielo e sperare, che tutto riprenda e che tutto cambi, perché, se il futuro deve essere migliore del passato, non ci resta che raccogliere i rifiuti che abbiamo abbandonato per strada. Di qualsiasi genere siano.
IN COPERTINA
GIARDINO SEGRETO di Aimee Arpagorn
Aimee Arpagorn è una designer/artista thailandese che ha trovato la sua seconda casa a Firenze. Dopo anni di lavoro come designer di accessori a Bangkok ha avuto l’opportunità di venire in Italia per studio e, innamoratasi dello stile di vita e della cultura italiana, ha deciso di rimanere. Nella sua arte si riflettono emozioni e sensazioni ispirate dalle forme e dai colori della natura. www.arpagorn.com Instagram: @_arpagorn_
Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 95 - Anno X - Maggio 2021 - Rivista Mensile ISSN 2612-2294
Proprietario: Associazione Culturale Lungarno Editore: Tabloid Soc. Coop. • Firenze • N. ROC 32478 Direttore Responsabile: Jacopo Aiazzi Stampa: Tipografia Baroni e Gori srl • Prato Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dell’editore e degli autori. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Lungarno ringrazia Marco Battaglia e la type foundry Zetafonts per aver concesso, rispettivamente, l’utilizzo delle font Queens Pro e Monterchi.
I contenuti di questo numero sono a cura dell’Associazione Culturale Lungarno. Per la loro realizzazione hanno collaborato: Michele Baldini, Camilla Guidi, Aura Fico, Raffaella Galamini, Martina Vincenzoni, Daniele Pasquini, Virginia Landi, Riccardo Morandi, Matteo Chiapponi, Niccolò Protti, Tommaso Chimenti, Chiara Degl'Innocenti, Giulio Garosi, Maco Tangocci, Davide Di Fabrizio, Teresa Vitartali, Lafabbricadibraccia, Tommaso Ciuffoletti, Marcho, Francesca Corpaci, Costanza Ciattini, SpazioPosso, Marianna Piccini, Walter Tripi, Caterina Liverani, Gabriele Giustini, Carlo Benedetti, Giulia Focardi, Marta Staulo, Andrea Bertelli, Lulaida, Francesca Arfillie e Aimee Arpagorn. Caporedattore: Riccardo Morandi Editor: Arianna Giullori L’Associazione Culturale Lungarno ringrazia la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze per il contributo a sostegno delle attività culturali svolte.
Storia e cultura del lavoro dalle Officine Galileo di Michele Baldini
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ipensare il modello di sviluppo a partire da un’eccellenza locale innovativa e non legata al turismo, che ha saputo cambiare la città e la vita in essa per oltre cent’anni. Durante queste miti primavere in zona rossa, possiamo forse fare un paio di chilometri fuori dal perimetro comunale per una scampagnata a Campi Bisenzio. Questa è la storia delle Officine Galileo. Chi vive a Firenze da meno di dieci anni ne ha probabilmente sentito solo le iniziali in acronimo, dal nome di uno dei locali più noti della tanto mancante musica del vivo: la F.L.O.G., appunto Fondazione dei Lavoratori delle Officine Galileo (risposta a chi si chiede perché si usa il femminile). E che dire del quartiere operaio per eccellenza, l’Isolotto, dove molti residenti e dipendenti si sono raccolti attorno al “prete operaio” Don Mazzi, che fa nascere sull’onda del ‘68 un nuovo modo di fare politica, con un rapporto tra chiesa di base e fabbrica, ricco di nuove forme di solidarietà, scioperi e battaglie che coinvolgono tutta la comunità? Questo Primo Maggio sarà più che mai la Festa dei Lavoratori e il ri-
cordo che li celebra è quello del gennaio 1959. Dopo il licenziamento di 480 operai le Officine sono occupate, nonostante l’annuncio della dirigenza fosse dapprima stato di mandarne a casa 980 su 2350 totali, in seguito a una crisi dovuta essenzialmente al ridimensionamento di commesse belliche. L’allora sindaco Giorgio La Pira si schiera eccezionalmente con i lavoratori, ma soprattutto è la città di Firenze che aiuta gli scioperanti con coperte, pasti, acqua, oggetti per fare calore davanti ai cancelli e dentro gli stabilimenti: una prova di solidarietà e coesione che si era vista in tempo di guerra e che si ripeterà con l’alluvione di sette anni dopo. Il 26 gennaio la polizia interviene e sgombera la fabbrica. Gli operai si riversano in centro, seguono scontri in cui è coinvolto e denunciato persino Don Bruno Borghi, “il sacerdote degli oppressi”. La faccenda si chiude con la quasi totale riassunzione dei licenziati e nuovi diritti per gli assunti. Cosa producono le Officine Galileo? Strumenti ottici, meccanici e di precisione ad alta tecnologia. La fondazione risale al lontano 1862, a opera dell’astronomo e costruttore di strumenti Giovanni Battista Amici, chiamato dal Granduca Leopoldo II con l’incarico di dirigere La Specola e il
Museo di Fisica, decise di avviare un’officina che nel 1864 avrebbe assunto il nome di “Officina Galileo”. Con Guglielmo Marconi nel CdA, tra il 1909 e il 1911, viene costruito il primo padiglione produttivo meccanotessile a Rifredi denominato “M”, le Officine Galileo lavorano per tutti i settori chiave dell’industria militare e mercantile, il periodo di maggior fulgore è quello fra le due guerre, grazie alla Regia Marina. Tra crisi e rinascite che attraversano cent’anni e oltre (e che invito ad approfondire altrove), dal 1° gennaio 2016 è stata fusa ad altre aziende per formare l’entità unitaria Finmeccanica S.p.a. che successivamente ha assunto il nome Leonardo S.p.a. La sonda spaziale Mars Express, lanciata in orbita nel 2003, aveva installato rivelatori di bordo proprio delle Officine Galileo. Divisa in varie sedi e compartimenti sparsi, oggi resta a Campi Bisenzio la Divisione Elettronica Leonardo, ultima “erede legittima”. Adiacente lo stabilimento un magnifico e poco conosciuto museo: il Museo delle Officine Galileo. Di cui – appena possibile – raccomando personalmente la visita. Oltre a una commovente galleria di foto d’epoca, il museo ospita tutte le principali invenzioni e produzioni d’eccellenza di oltre cent’anni di storia.
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Arte contemporanea a Firenze di Camilla Guidi
L’
intervento di JR allestito sulla facciata di Palazzo Strozzi lo scorso 19 marzo ha riscosso senza dubbio un successo straordinario. La fotografia della grande installazione sul palazzo fiorentino si è diffusa sul web a un ritmo vertiginoso e, tra condivisioni entusiaste e plausi di stupore, ha raggiunto in pochissimo tempo il milione di interazioni. Forse – davvero per la prima volta – è stato difficile rintracciare il commento, un tempo sempre dietro l’angolo, di qualche fiorentino sdegnato che la facciata rinascimentale del suo bel palazzo si prestasse all’opera indecorosa di qualche artisticulo sconosciuto del nostro tempo. Ma non è stato solo il grande pubblico dei social ad apprezzare l’opera. Il conduttore radiofonico e televisivo Nicolas Ballario, per esempio, che parla di arte contemporanea ogni domenica su Rai Radio 1 con la trasmissione Te la do io l’arte mentre in televisione conduce la serie The Square in onda su Sky Arte, ha scritto che ormai “c’è poco da fare, le cose più spettacolari sul contemporaneo le fa @palazzostrozzi e abbiamo bisogno come il pane di un posto così in Italia”. Senza dubbio un grande complimento per una città che per tanti anni si è portata dietro la fama di terra ostile alle espressioni artistiche contemporanee, ancorata alla sua immagine rinascimentale più stereotipata e incline alla sagace polemica. Certo, non si può dire che l’abete di Giuseppe Penone dedicato a Dante abbia ri6
scosso lo stesso entusiasmo. Meno di una settimana dopo La Ferita, infatti, un’altra installazione di arte contemporanea è stata allestita a 400 metri di distanza da Palazzo Strozzi, scatenando un’ondata di critiche e polemiche. Rappresentava un’anticipazione della mostra Alberi Inversi che dal primo giugno negli spazi delle Gallerie degli Uffizi metterà insieme i lavori del grande maestro dell’Arte Povera Giuseppe Penone e, allo stesso tempo, un omaggio al Paradiso descritto da Dante come “l’albero che vive de la cima e frutta sempre e mai non perde foglia”. Nella stessa settimana e nella medesima città due opere parimenti imponenti hanno suscitato reazioni diametralmente opposte. Si tratta di una questione puramente estetica? Oppure il messaggio implicito nella Ferita circa la drammatica situazione in cui versa il mondo della cultura ha fatto breccia nel cuore dei diversi pubblici, mentre l’albero dantesco di Penone non è riuscito a veicolare un contenuto altrettanto condivisibile? O il messaggio non è stato compreso e si tratta dunque di un problema di chiarezza comunicativa? O forse, ancora, potrebbe dipendere dal luogo di esposizione? Palazzo Strozzi ci ha forse abituati negli ultimi anni ai suoi audaci interventi, mentre non siamo ancora disposti a veder modificata la piazza più fiorentina della città? Una cosa a mio avviso è certa: entrambe le opere si sono rivelate utili e interessanti, fosse anche solo per riflettere, per porsi domande, per provare a mantenere vivo quel dibattito sull’arte che da troppi mesi ormai tace.
TABÙ, QUANDO LE OPERE SI REINVENTANO di Aura Fico
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mmagini e figure decontestualizzate, scomposte e ricomposte, per creare qualcosa di nuovo e inedito. Queste le opere di Cecilia Cosci, fiorentina di adozione dal 1973 e laureata in Storia dell’arte, che da due anni si dedica alla creazione di montage, creazioni che nascono dall’incastro non previsto di immagini diverse. Il termine montage è un omaggio al cinema, in cui l’opera prende forma nella fase ultima di montaggio, così il ritaglio di immagini, riviste e libri dà nuova vita ad accostamenti insoliti e solo apparentemente incoerenti, che ci strappano un sorriso e ci portano a riflettere. I soggetti sono le opere rinascimentali, le cui figure si fondono aprendo la strada a interpretazioni e significati incredibilmente attuali. Il processo creativo di Cecilia Cosci parte da un’idea o da una sensazione, che affiora nello spazio tra il sonno e la veglia, come spiega l’artista: “È come se la parte conscia e quella inconscia si alternassero selezionando, combinando, creando collegamenti fra ciò che so e ciò che provo, fino a ottenere qualcosa di nuovo”. Le opere saranno esposte alla Tobian Art gallery dal 28 maggio 2021 in Tabù. Classico Contemporaneo. Opere di Cecilia Cosci; la sua prima personale curata da Gisella Guarducci e corredata da un catalogo con testi di Gianni Pozzi, Gianni Caverni e Adalinda Gasperini.
Grandi eventi vs Musei diffusi
Due diverse visioni per il patrimonio artistico e culturale della Firenze post covid di Raffaella Galamini foto di Leonardo Morfini
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acopo Mazzei, amministratore delegato di Rdm, consigliere della Fondazione Palazzo Strozzi, ha parlato di “smarcare Firenze dal Rinascimento”: cosa intendeva con questa proposta? “Firenze dovrebbe affiancare al patrimonio che tutto il mondo ci invidia, un’offerta di contemporaneo in modo da completare la proposta e aumentare la capacità attrattiva della città”. Cosa potrebbero fare i grandi musei in termini di progettualità? “Pur se gestiti meglio rispetto al passato, non sono in grado di far vivere l’esperienza straordinaria che le nostre collezioni potrebbero offrire, a causa di aspetti tecnologici e per ragioni di capienza. Gli ingressi sono limitati, non abbiamo creato dei percorsi ad hoc: basti pensare all’uscita degli Uffizi e alla Loggia di Isozaki”. È per questo che sostiene
l’importanza dei grandi eventi come sta facendo Palazzo Strozzi? “Siamo stati coraggiosi a lanciarci anche su tematiche dove dicevano che non c’era mercato. Se il Covid ce lo permetterà, abbiamo mostre molto importanti in programma a Palazzo Strozzi. Un grande evento ti permette di avere una visione più profonda di un artista, oltre a creare un indotto importante per la città, mentre la semplice visita della collezione in un museo non ti offre tutto questo. Oggi la gente cerca questo tipo di esperienze”. Cos’altro potrebbe fare la città per la ripartenza post Covid? “Puntare su un calendario di grandi appuntamenti internazionali che si affianchino a Pitti e alla Biennale dell’antiquariato, promuovere un intrattenimento che non sia la solita movida di strada. A livello di formazione penso a un’offerta universitaria di livello, con master di alto profilo e un polo ad hoc su tematiche di cultura umanistica”.
di Martina Vincenzoni
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bbiamo parlato con Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di ridistribuzione dei flussi turistici nei piccoli musei. Che ruolo ha la pandemia? “Poteva essere l’occasione per un cambiamento di rotta: valorizzare con migliore qualità di visione culturale l’idea di museo diffuso, i tanti musei civici, cosiddetti “minori”. Passare da una sorta di oligarchia a una democrazia museale, facendo riscoprire il patrimonio con piccole mostre in contesti locali per ricostruire l’identità di un luogo”. La pandemia ha in parte restituito la città e i musei ai cittadini. Come muta il rapporto con le istituzioni culturali? “Il governo ha ritenuto di chiudere i musei, ma la loro attività è una risorsa educativa straordinaria. Il Museo Novecento era perfettamente in grado di offrire visite in sicurezza. La città svuotata di turisti poteva dare un’alternativa culturale con i musei aperti: in questo
periodo possono offrire sollievo e arricchimento cognitivo”. “Siamo con voi nella notte” è la scritta che campeggia sulla facciata del Museo. Qual è il ruolo dei musei civici oggi? “Quello di educare all’arte del ‘900 e contemporanea, necessario per un’evoluzione della sensibilità al linguaggio del presente. A lungo l’arte contemporanea a Firenze è stata marginalizzata, a favore di una rendita di posizione dettata dal passato. Ora è utilizzata per operazioni di marketing culturale finalizzate ad aumentare i risultati numerici. I musei civici offrono approfondimento di artisti e temi non così celebrati. Generano cultura, esperienze conoscitive non sottomesse alla rendita del turismo”. Come immagina Firenze in futuro? “Una città laboratorio, ricca di residenze d’artista. Grande importanza ha il ruolo dei privati, in aiuto all’amministrazione. Come era nel Rinascimento: un grande campus della cultura, interdisciplinare, dove i giovani possano coltivare il proprio talento ed essere sostenuti”. 7
Amazon e l’artigianato fiorentino di Daniele Pasquini foto di OMA
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n fatturato di 125 miliardi di dollari, e critiche politiche proporzionate al successo. Lo scorso marzo il primo sciopero dei dipendenti italiani di Amazon ha acceso i riflettori anche sui lavoratori della sede logistica di Calenzano. Eppure non è lontano il tempo in cui avvicinare l’azienda a Firenze pareva un’opportunità ghiotta. Tanto che nel 2015 in Palazzo Vecchio fu presentato il progetto Made in Italy, una sezione del sito in cui valorizzare le eccellenze di artigianato artistico. Firenze fu la prima città a sposare l’idea, con il Comune supportato da associazioni di categoria, da ARTEX e da OMA (Osservatorio Mestieri d’Arte). Il progetto prevedeva che gli artigiani vendessero i propri prodotti su Amazon in un’area specifica del marketplace, con una garanzia di qualità. Un centinaio di artigiani aderì con entusiasmo. Attrezzati in fretta, allestirono i set fotografici per l’e-commerce, investendo tempo e risorse. Uno sforzo notevole, tenuto conto che pochi erano pronti ad affrontare la sfida dell’online. Grandi speranze, ma risultati pochi, tanto che il progetto,
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dopo appena due anni, è stato abbandonato. Sulla piattaforma esiste ancora la sezione dedicata all’artigianato fiorentino, ma solo perché Amazon non si è dato la pena di chiuderla. “L’esperienza è stata immediatamente ben accolta e tante sono state le aziende che si sono interessate a proporre i loro prodotti su Amazon. Tuttavia le aspettative di molti operatori del settore sono state disattese. Non era e non è tuttora realistico valorizzare produzioni di nicchia e di alta qualità a prezzi medio-alti in un sito che vende prodotti di ogni tipo a un target generalista”, ha spiegato Maria Pilar Lebole, responsabile di OMA.“Però è stata un’occasione di stimolo, ha aiutato gli artigiani a ripensare la propria presenza online, a sviluppare competenze digitali e a identificare la potenziale clientela. Oggi ci sono siti specialistici come artemest.com, portale di riferimento per produzioni di handmade di design e artigianato”. Tornando offline, per far fronte alla difficoltà del settore, OMA e ARTEX hanno da poco lanciato anche ManodOpera: iniziativa pensata in epoca Covid per stimolare gli artigiani locali a progettare opere d’uso comune. Di qualità, ma da vendere a prezzi contenuti alla clientela locale.
ESTATE FIORENTINA 2021: SI PUÒ FARE di Martina Vincenzoni
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'Estate Fiorentina 2021 si farà. Durerà quattro mesi, dal 1 giugno al 30 settembre. Questo è quanto annunciato da Palazzo Vecchio in un avviso di fine marzo che anticipava l’uscita del relativo bando, scaduto pochi giorni fa. Ma dove eravamo rimasti? Lo scorso anno il Comune aveva dovuto sospendere il procedimento per le assegnazioni annuali e rimandare di un anno lo svolgimento di quelle triennali: 15 festival cittadini, dal Firenze Jazz Festival ad Apriti Cinema, dal Copula Mundi al Festival au Désert e altri. Per questi soggetti vincitori sono già stati stanziati 500 mila euro e lo svolgimento è confermato per l’imminente estate 2021. A questi festival si potranno aggiungere i vincitori della selezione appena terminata. Quest’anno il bando è stato unico, diviso in due sezioni: una per i soggetti culturali operanti a Firenze per il sostegno alle attività istituzionali del triennio 2021-2023; l’altra per tutti i soggetti culturali, anche non fiorentini, con un progetto annuale per l’estate 2021. Questi ultimi potranno ricevere contributi fino a 10 mila euro, mentre per i primi non ci sono limiti e gli importi saranno proporzionati in base al progetto presentato e alla collaborazione di eventuali sponsor. Unica grande incognita: l’emergenza sanitaria. Infatti, le manifestazioni potranno essere realizzate, qualora non fosse possibile lo svolgimento in presenza di pubblico, anche su piattaforme digitali, con conseguente riproporzionamento dei contributi e mantenendo la coerenza e la qualità della proposta originaria. Noi speriamo di poter partecipare dal vivo, tanto più che tra i criteri premianti per l’assegnazione dei fondi vi sono la capacità di rivitalizzare i quartieri periferici della città, di animare gli spazi culturali cittadini o le biblioteche anche decentrate e la capacità di coinvolgere il pubblico. Infine, sono incoraggiate iniziative legate alle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante. L’organizzazione dell’Estate sarà affidata all’associazione Muse.
CITIZEN OF SEALAND di Riccardo Morandi
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Firenze anno 2786
Un viaggio nell’Italia dell’Antropocene di Virginia Landi
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mmaginate: anno 2786, un grand tour di studenti viaggiatori dell’Italia Antropocenica arriva da Milano a Firenze su un treno superveloce a levitazione magnetica. «La visita al celeberrimo centro storico fu bellissima, ma meno sorprendente del previsto, poiché ormai di città palafitticole ne avevano viste parecchie. Anche il capoluogo rinascimentale, infatti, era diventato una Venezia in Toscana, quando ormai la Venezia vera non c’era più. Stesso destino di Verona e di Bologna, ma su un mare più calmo. Affacciava infatti, come Prato e Pistoia del resto, sulla laguna di Firenze, un ampio specchio lacustre che si frapponeva tra la discesa appenninica dell’Arno, da una parte, e un vasto arcipelago che arrivava fino al Tirreno, dall’altra». Questo è quello che racconta Milordo, voce narrante del libro “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene” di Telmo Pievani e Mauro Varotto, osservando con stupore i canali di una Firenze piena di stormi di fenicotteri, misti ad altri variopinti uccelli tropicali con il becco strano, di cui non conosce
il nome. L’Arno è divenuto una meta esclusivamente turistica da visitare nelle stagioni più fresche, per evitare il caldo soffocante. L’innalzamento del mare ha cancellato Venezia e la città vive su palafitte. Uno scenario apocalittico? Per adesso solo quello che viene descritto nel testo uscito lo scorso 22 aprile, ma che si avvererà se il cambiamento proseguirà su questa strada. Secondo gli autori l’Antropocene, cioè l’epoca recente dominata dall’umanità, comincia con la rivoluzione industriale tra il XVIII e il XIX secolo e dà i suoi primi effetti sulla composizione dell’aria che respiriamo. Killer, oltre al clima, sovrappopolazione, innalzamento della temperatura degli oceani, mancanza di acqua potabile, qualità dell’aria ed estinzione in massa delle biodiversità. Eppure anche nel 2786 le persone continueranno con vari: «Suvvia, ancora questa storia delle specie umana come cancro del pianeta…». Gli esseri umani, invece, sono un vero e proprio virus per la Terra ma, a differenza di quest’ultimi, gli uomini possono fare la differenza intervenendo al momento opportuno. Nel frattempo mi chiedevo: per salire sugli idrotaxi e arrivare in Ca’ de’ Neri servirà la maschera subacquea?
ealand è uno Stato. Un pezzo di cemento a largo della costa est britannica. Per il mondo intero non esiste: nessuna ambasciata, nessun riconoscimento. Una piattaforma rettangolare residuo della Seconda Guerra Mondiale dove nel 1966 un signore, tale Paddy Roy Bates, sbarcò. Bandiera, inno, cittadinanze, passaporti. Qualcosa che viveva, perché l’uomo lo voleva fare, come ha fatto in molte altre parti del mondo. Sono nato in Italia, a Firenze, e sono diventato cittadino di Sealand. L’iter non è stato complicato, ma nemmeno molto semplice: foto, certificazioni, attese e alla fine il documento, non riconosciuto praticamente da nessuno, arriva a casa. Perché? Tralasciando la questione politica (motore delle tante richieste inglesi dopo la Brexit) e quella feticistica (collezione di gagliardetti e monete) la risposta è prettamente fine al motto del Principato di Sealand, ovvero “E mare, libertas”. La libertà dell’essere umano di poter creare uno Stato senza avere necessariamente l’esigenza di essere riconosciuto. Poter fare un micro Paese, un mondo proprio, con lo stesso approccio in cui i pionieri di radio e TV libere trasmettevano illegalmente anni fa. Il Principato di Sealand, peraltro, non è una pura utopia visto che nella sua storia ha vissuto un colpo di Stato con tanto di prigionieri politici e ha avuto anche rapporti diplomatici: in sostanza è qualcosa che esiste, che è visitabile, che è descritto. Se i confini politici li ha creati l’uomo, l’uomo può anche costruire qualcosa e renderlo Stato di diritto. In un rettangolo di cemento? Perché no. Non c’è violenza, non c’è sopraffazione, c’è solo forse la provocazione, l’idea. C’è solo la domanda “Perché no?”, la stessa domanda che nel 1908 donò il nome alla nave francese “Pourquoi-Pas”, la cui missione da molti considerata impossibile era mappare le coste del Polo Sud. Io sono cittadino di Sealand e mi sento rappresentato da questa idea e da questa storia. E pensare che la sua bandiera sventoli sul Monte Everest, insomma, mi conferisce gioia. “E mare, libertas”.
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Trent’anni dalla Moby Prince di Matteo Chiapponi
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ivorno si vede, si vede con gli occhi, incendio a bordo!” urlavano dalla plancia di comando del traghetto Moby Prince il 10 aprile 1991. Nessuno però è arrivato in soccorso e delle 141 persone a bordo solo il mozzo, Alessio Bertrand, è riuscito a salvarsi. A distanza di trent’anni la nebbia che non c’era quel giorno, che per anni è servita a giustificare il più grave incidente della marina mercantile italiana dal dopoguerra a oggi, si è avviluppata nel suo abbraccio mortale attorno alla verità sulle cause della strage. La commissione d’inchiesta parlamentare costituitasi nel 2015 ha solo accertato che “la vita a bordo non si è esaurita in mezz’ora”. L’associazione Effetto Collaterale, assieme al collettivo artistico Uovo alla Pop, hanno così deciso di indire una call di arte pubblica per realizzare 140 manifesti con i nomi delle vittime. Una chiamata alla cittadinanza aperta a
chiunque, perché il disastro Moby Prince riguarda tutti, anche chi, come Attilio Zavatta, fotografo freelance e referente di Effetto Collaterale, il 10 aprile 1991 aveva appena un anno: “Ci riguarda perché quella notte ognuno di noi poteva essere sul traghetto e se non capiamo cosa è accaduto, potrebbe accadere di nuovo. All’iniziativa 140x140 hanno partecipato una grande varietà di persone: dagli studenti di un liceo artistico ai ragazzi con disabilità di un centro diurno, da mamme con i loro bambini a insegnanti e impiegati, da giovani creativi a commercianti. Grazie a un piccolo kit di istruzioni, i partecipan-
ti hanno realizzato, con le proprie mani, un manifesto artistico con il nome e l’età delle persone che hanno perso la vita quella notte di trent’anni fa”. L’associazione ha inoltre realizzato un catalogo fotografico dal titolo “Oggetti di una strage” che contiene foto di ciò che le fiamme di quella notte non sono riuscite a inghiottire. Molte iniziative seguiranno in tutto il mese di maggio in una Livorno tappezzata di manifesti con nomi e cognomi che urla a tutti il dolore di chi vuole giustizia.
DAVIDE ASTORI: UN MURALE PER NON DIMENTICARE di Niccolò Protti
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ra Davide Astori e Firenze c’è qualcosa che va oltre. Oltre lo sport, oltre il calcio, oltre la maglia viola: è un legame più profondo, come una sorta di adozione spirituale, un amore tra genitore e figlio. Lo stesso sentimento era anche quello che univa Astori alla Cure2Children Onlus, fondazione che si occupa di fornire cure a bambini affetti da tumori e malattie gravi in paesi in via di sviluppo, di cui Astori era sostenitore. Da questo triangolo nasce dunque l’iniziativa #unmuraleperDavideAstori: nel quartiere dell’Isolotto, al civico 166 di via Canova, l’artista Giulio Rosk – già famoso per le opere dedicate a Falcone e Borsellino a Palermo e per quella di a Paolo Villaggio a Genova – realizzerà un murale di 240mq in onore
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dell’ex capitano della Fiorentina. Il progetto prende le mosse dal crowdfunding lanciato il 30 marzo da Cure2Children, a cui, oltre ai singoli utenti, hanno già partecipato partner come Esselunga e Comune di Firenze, donando rispettivamente 10.000€ e 4.000€. La somma da raggiungere corrisponde a 30.000€ e ogni centesimo che supererà la soglia andrà alla Fondazione per i suoi progetti di assistenza sanitaria. Cristina Cianchi, Presidente della Cure2Chilren, ha ritenuto fondamentale ricordare le parole di Astori: “Dobbiamo far capire quello che Cure2Children fa, perché ogni bambino ha diritto di giocare la sua partita”. Ha poi aggiunto: “il murale vuole rappresentare l’Amore di Davide verso questi bambini, dimenticati da tutti, e per la città di Firenze”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche
le parole del Sindaco di Firenze Dario Nardella: “Davide è e rimarrà per sempre nel cuore di Firenze e il murale che Rosk realizzerà in via Canova ci ricorderà, ogni volta che passeremo di lì, la bella persona e il grande campione che era”. Tra Davide Astori e Firenze la storia non è ancora finita: c’è un conto in sospeso, un rapporto ancora saldo. Nonostante tutto.
DA HOTEL 4 STELLE A RESIDENZA ARTISTICA di Chiara Degl’Innocenti
L’
Hotel Torre Guelfa, situato all’interno dello storico Palazzo Acciaiuoli in Borgo Santi Apostoli, ha scelto di reagire alle difficoltà di un anno tutt’altro che florido, diventando la sede di una speciale residenza artistica. Appena è stato possibile, il vuoto lasciato dai turisti è stato infatti riempito dalle sperimentazioni di “Eterotopie Dissidenti”, una giovane realtà locale che, grazie alla disponibilità dei gestori, ha trasformato le camere del terzo piano in intimi atelier. Adesso, dopo mesi di chiusura e un cambio d’abito invernale, le mura medievali si preparano ad aprire nuovamente le porte, questa volta per accogliere i visitatori di “Margini”, la mostra con-
Diritti/Rovesci
storie di diritti negati di Tommaso Chimenti foto di Manuela Giusto
I clusiva con cui i curatori del progetto intendono offrire alla cittadinanza i risultati di un’intensa esperienza artistica e umana. Dal 7 al 23 maggio i lussuosi locali dell’Hotel ospiteranno le opere dei sette artisti scelti da alcuni componenti di Eterotopie per svelare quanto sia produttiva (e salvifica) la cooperazione tra le diverse energie che popolano la città. “Prima di tutto, Margini è un atto politico” spiegano infatti i curatori del progetto, “una dichiarazione d’amore per Firenze e noi stessi, perché noi siamo vivi se lei vive”. Tra i quadri e le sculture intrecciate all’elegante tappezzeria, si nasconde quindi una protesta gentile, un messaggio velato ma deciso, che spera di sbocciare in una riflessione collettiva incentrata sulla necessità di (ri)trovare degli spazi in cui l’antico ed il moderno possano non solo convivere ma autoalimentarsi. Con questa prospettiva Palazzo Acciaiuoli, costruito nel 1341 intorno alla più antica torre duecentesca che lo rende uno degli edifici privati più ati della città, diviene un simbolo di resilienza e collaborazione: una vetta urbana da cui annunciare l’inizio di un profondo dialogo tra passato, presente e futuro.
n questi mesi di grande abbuffate di video e teatro online, in quest’anno di overdose di streaming, spesso dimenticabile, e di link come urlo di sopravvivenza da parte degli artisti o di rendicontazione ministeriale da parte dei grandi teatri, qualcosa di importante c’è da salvare. Protagonista l’attore e regista Ciro Masella: “Il progetto si chiama Diritti/Rovesci ed è la trasposizione filmica di un reading che si sarebbe dovuto tenere in presenza, in occasione de Festival Dei Diritti 2020 a Firenze. Ne sono nati cinque episodi sui temi dell’omofobia e del bullismo omofobico. Abbiamo realizzato un progetto ad hoc, scritto e realizzato coi linguaggi specifici del video, e non con quelli del teatro ripreso da una telecamera. Ho chiesto l’aiuto per la scrittura dei testi alla giornalista Laura Montanari e alla psicoterapeuta Roberta Cuppone, con la quale avevamo realizzato un progetto ‘affine’ dal titolo “Kit di sopravvivenza per giovani adolescenti”. I corti sono stati realizzati da Lindora Film ai quali ho partecipato anche come attore o voce off. Tutti questi video sono disponibili sul canale YouTube di Uthopia. Sono storie di diritti negati, coming out, transizione, omo e transfobia, bullismo e cyberbullismo: alcune di queste storie sono tratte da fatti realmente accaduti, episodi di cronaca”.
Il primo dei cinque capitoli che compongono il puzzle di questo racconto sui Diritti (e sui loro Rovesci), dal titolo “Le Parole” è ispirato all’intervento di Tiziano Ferro a “Che tempo che fa”: un monologo sul peso delle parole, che possono essere strumento per andare verso l’altro ma allo stesso tempo diventare armi capaci di ferire, lasciare segni indelebili in chi le subisce in tutta la loro violenza. Il secondo è “Il finale di Denise”, con Eros Carpita, maestro nel travestimento, a cui ho prestato la voce. Le altre storie vengono dal bagaglio di racconti di vita vissuta che la dottoressa Cuppone ha incontrato nella sua pratica quotidiana di psicoterapeuta. Il terzo è “Un viaggio chiamato Vincent” con Claudia Allodi, il quarto è “Quando gliel’ho detto” con Monica Bauco, il quinto è “La strada di Luís”. Alcune di quelle voci e corpi in video portano addosso la loro storia reale: transizione, rifiuto, violenza fisica o verbale, trasformazione. “In un momento storico in cui anche i diritti che sembravano acquisiti sono in pericolo e hanno bisogno di essere difesi e riaffermati, è necessario dire con fermezza che nessun diritto concesso priva chicchessia dei propri e della propria libertà, anzi rende migliore il mondo, un mondo di inclusione in cui chiunque sia libero di essere se stesso e amare chi vuole, e non sia costretto a nascondersi o scappare per la sua identità o il suo orientamento”. Cercateli, ne abbiamo bisogno.
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LUOGHI ABBANDONATI Foto e testo di Giulio Garosi
DINAMITIFICIO NOBEL Costruita nel 1913 nell’area tra Signa e Comeana, la fabbrica di esplosivi è rimasta attiva per tutta la durata delle due Grandi Guerre. L’intera zona vive nello stato di abbandono dal 1960.
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LO BELLO STILO NOCOST a cura di Firenze NoCost
Firenze NoCost che scrive di moda per Lungarno? Sì, la realtà surclassa la fantasia. Partendo da un capo di abbigliamento la guida (anti)turistica più pazza che ci sia ci racconta il passato e il presente di grandi uomini e lucenti donne che Firenze l’hanno resa unica e senza tempo. Perché lo (bello) stile è tutto. www.nocost.guide
La maschera di Pinocchio IERI
OGGI
di Marco Tangocci e Davide Di Fabrizio
di Teresa Vitartali
O
ggi vi parliamo di un altro personaggio storico fiorentino. Storico nel senso che ha fatto la Storia, nonostante non sia mai storicamente esistito. Non c’avete capito ‘na sega? Eppure la sega – chiaramente ci riferiamo a quella del Bricofer o dell’Obi o di una qualunque ferramenta del centro – è alla base di questa storia, visto che il personaggio di oggi è nato proprio grazie a un falegname, tale Geppetto, e a un ciocco di legno. Esattamente: parliamo di Pinocchio, il burattino più famoso e tradotto al mondo (con le sue 80 milioni di copie vendute) che viene proprio da Firenze e, in particolare, da Sesto Fiorentino. Quelli di Sesto erano infatti i luoghi i personaggi reali da cui Collodi trasse ispirazione e in cui lo stesso abitava ai tempi della stesura del capolavoro. Lo scrittore fiorentino soggiornava infatti presso la Villa “Il Bel Riposo” e qui gli venne in mente la nota “fatina dai capelli turchini”, ispirata da Giovanna Ragionieri, figlia di un giardiniere. Furono invece probabilmente i’ Didda e i’ Nappa, due artigiani di Castello, ad ispirare i personaggi di Geppetto e di Mastro Ciliegia. E poi c’è la scuola di Pinocchio in via della stazione (oggi via Giulio Bechi), e andando verso Peretola troviamo invece piazza Garibaldi – all’epoca unica piazza del luogo – dove si poteva assistere al teatro dei burattini del violento Mangiafoco. E il Paese dei Balocchi? Altro non era che lo stesso Sesto Fiorentino! Dove si teneva, allora come oggi, una fiera con giostre, bancarelle, dolciumi e tutto il resto. Insomma, a 140 anni dalla primissima edizione, godiamocelo ‘sto Pinocchio fiorentin… anzi: sestese!
LAVIGNETTA
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empo di Covid e vi parliamo di burattini e, ovviamente, di mascherine. Ma non di quelle che probabilmente avete ora indosso – a coprire diligentemente naso e bocca, bensì di quelle che si indossano solo una volta l’anno e che coprono l’altra parte del viso. Sì perché basta levare quel diminutivo “-ina” e subito la maschera ci porta lontano da qui, in un clima giocoso e carnevalesco. La maschera… ciò che nasconde e ci permette di diventare qualcun altro, di fare cose impensabili: facezie e amenità, frizzi e lazzi. La città in cui più si diffuse questo modo di festeggiare fu ovviamente Venezia, ma anche la nostra Firenze già si carnevalizzava in epoca medicea, nel Cinquecento. Maschere e travestimenti venivano utilizzati appena c’era occasione di far festa, e sempre in equilibrio tra sacro e profano. Ma la tradizione e il tema della maschera non poteva che approdare nella modernità: Pirandello ne ha fatto l’emblema della sua poetica, emblema dell’individuo che è (ness)uno e molteplice, emblema del gioco sociale che è tutta una festa, ma solo il tempo di un giro di valzer. E quindi le maschere oggi? Siete stufi delle mascher-ine? Proviamo a dimenticarci di questo periodo ed andiamo a cercare qualche divertente mascher-a, in attesa che il mondo rifiorisca di balli e di feste. Anche a Firenze infatti si possono trovare maschere da quelle più artigianali a quelle più moderne: ALICE’S MASKS STUDIO in via Faenza 72r, a Firenze NICLA MAKE-UP ARTIST CENTER in via Nazionale 67, a Firenze DESIN in via Donizzetti 55, a Scandicci ALVISE GIUSTINIAN in corso dei Tintori 19r, a Firenze
di Lafabbricadibraccia
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PERSONAGGI FIORENTINI di Tommaso Ciuffoletti illustrazione di Marcho
AMORAZZI
~ QUASI UNA POSTA DEL CUORE ~ a cura di Francesca Corpaci illustrazione di Costanza Ciattini
Call me by your name Isabella del Cactus Center
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e prendete via Senese andando verso il Galluzzo, prima del cimitero evangelico agli Allori (dove è sepolta anche Oriana Fallaci), troverete sul lato opposto il vivaio Cactus Center. Riprendo da quanto trovato in rete. “Nel 1985 due amici, appassionati collezionisti di Cactus, decisero di iniziare una attività di vendita. In quei giorni in Italia non c’era quasi nessuno specializzato in Piante Grasse. Trovato il terreno misero su una piccola serra a tunnel e incominciarono la loro attività [...] Pian piano si sono aggiunti altri soci e il Vivaio si è ingrandito fino a raggiungere i 900 metri quadrati coperti. [...] Adesso il Vivaio è condotto da una sola persona: Isabella, grande esperta e appassionata collezionista”. Di luoghi magici non se ne trovano più tanti. E per magici intendo realmente luoghi abitati dalla sensazione che lì dentro potrebbe esserci la sceneggiatura di un film o un libro di storie fantastiche. Un giallo, un romanzo d’amore, un horror, un musical, una puntata di Quark, una serie di Netflix, la tua storia d’amore o tutto questo insieme. O magari sei dentro uno dei libri che sta leggendo Isabella, perché di norma quando arrivi al Cactus Center, lei sta leggendo e se non hai l’uggia di distoglierla e ti fai un giro per le serre da persona civile, lei continua a leggere. E magari sta leggendo proprio la storia di te che entri nella sua serra e non lo sai, ma in quel momento potrebbe davvero succedere qualcosa. Cosa, non so. Ma l’unico modo che avete per scoprirlo è andare a trovarla al Cactus Center in via Senese.
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Nel giro di pochi mesi, mentre stavamo scopando, due tizi diversi mi hanno chiamata troia. Uno così tranquillo da farlo con quella preziosissima parte del suo corpo tra i miei incisivi. Abortiti subitaneamente gli amplessi e ringhiato con schiuma alla bocca, il primo risponde mortificato che ad alcune piace, l’altro minimizza dicendo che era solo una maialata. E pensare che ho sempre trovato divertente il dirty talking! Ora sono confusa. Sono io che ho un problema con questa parola? Perché un uomo dovrebbe trovare eccitante dare della troia a una donna? E perché ad alcune piace? Esiste un insulto al maschile (davvero) comparabile? Baby mi pare chiaro che il problema non sei tu, è la gente che non ce la può fare. Con un check sulla Treccani ho scoperto (ma forse ero l’unica a non saperlo?) che il primo significato della parola troia è: femmina del maiale destinata alla riproduzione. Il secondo: insulto sinonimo di puttana. Forse potrebbe essere il caso di fare un investimento, acquistare il dizionario completo in quattro volumi e recapitarlo a tizio n.2 per spiegargli che no, non è solo una maialata (sic!). Il dirty talking è un dono del cielo, di questo non dubitare mai. La questione è che il più delle volte viene praticato completamente a caso. In altre parole: il dilemma su cui concentrarti non è perché qualcuno abbia gusti diversi dai tuoi a letto, ma per quale motivo le persone trovino così difficile parlarne per tempo. Baby, la cosa più bella del dirty talking è che si può fare anche prima di scopare, quindi al prossimo incontro gioca d’anticipo e porta la conversazione su cosa vi piace o meno quando avete ancora i vestiti addosso. Potrai prevenire uscite raccapriccianti tipo quella di tizio n.1 e con buona probabilità saranno i preliminari migliori di sempre. Riguardo all’esistenza di un sinonimo al maschile temo proprio di doverti deludere (sì ok, ci sarebbe porco, ma senza secoli di denigranti layer patriarcali a condire), però ecco un’alternativa. Se qualcuno ti dà di nuovo della troia, ispirati all’amico Guadagnino: già che si sente in vena di insulti, suggeriscigli di chiamarti col suo nome
Affidate dubbi, dilemmi e inconfessabili segreti in forma 100% anonima a: tellonym.me/amorazzi. Ogni mese il vostro amichevole amorazzo di quartiere risponderà in questo spazio.
La posta di SIGISMONDO FRODDINI a cura di SpazioPosso
Testa o croce? Salve, mi chiamo Giorgia, ho 18 anni e sto finendo il liceo linguistico. A giugno avrò la maturità e devo capire cosa vorrò fare da grande e la cosa mi spaventa. Sono indecisa tra due corsi di laurea, entrambi hanno degli aspetti che mi piacciono e altri meno e sono tante le domande che mi faccio in continuazione: mi piacerà quel lavoro? Sarò portata più per l’altro? Ce la farò a dare quegli esami che mi sembrano così difficili? Grazie mille. Giorgia Cara Giorgia, la ringrazio per avermi scritto e sento un pò la responsabilità di essere di aiuto a una giovane studentessa come lei. Ogni decisione è difficile perchè una scelta implica una rinuncia e questo non è sempre facilmente tollerabile. ll momento della maturità porta con sé tanti significati, non è solo la fine di un ciclo di studi e l’inizio di un nuovo percorso. Rappresenta un momento di grandi cambiamenti: si passa dall’essere un giovane studente all’essere magari sempre uno studente, ma un pò più adulto e contemporaneamente proiettato anche verso il mondo del lavoro. Le richieste della società sono tante e a volte possono non sposarsi con le proprie certezze e incertezze che è comprensibile ci siano. È normale sentirsi insicuri prima di intraprendere un percorso, senza che nessuno possa davvero garantirci che sarà quello giusto per noi, che ci farà sentire appagati e realizzati e darà un senso alla nostra vita di adulti. Però... ebbene sì Giorgia c’è un però. Dietro ogni scelta, anche quella più ragionata, c’è un margine di incertezza e non c’è lista dei pro e contro che potrà farla sentire sicura al 100%. Per questo motivo, a costo di sembrarle vecchio e banale, le voglio suggerire un semplice esperimento: dopo aver fatto il bilancio dei pro e dei contro, dopo aver raccolto le informazioni sui piani di studi e sui possibili sbocchi lavorativi, aver valutato il luogo, i costi e tutti gli innumerevoli aspetti pratici, provi a ridurre la scelta alle due opzioni più probabili. Dopo aver lasciato libero sfogo alla sua parte razionale, prenda una monetina, stabilisca una scelta per ogni faccia e provi a lanciarla in aria. L’obiettivo non è far scegliere alla monetina, ma se ci farà attenzione, nell’attimo in cui sarà in alto sentirà una vocina che le dirà “speriamo esca…” quella sarà la sua preferenza, si fidi delle sue sensazioni. Ci sarà sempre chi dirà che non è stata la scelta giusta (lo dica a me che fare psicologia sembrava come fare l’astronauta) e forse anche lei si troverà molte volte di fronte a questo dubbio, però ciò che alla fine fà la differenza è quanto lei senta la scelta come sua. Ripensi sempre alla sua monetina e se quella sensazione buffa nello stomaco non la sentisse più, chi ha detto che non si possa cambiare rotta? In mezzo al mondo pronto a criticare, troverà sempre la mia porta aperta e sarò lì ad ascoltare i suoi dubbi, ma sempre rispettando le sue scelte, perché sono le sue. Al massimo mi troverà con in mano una nuova monetina, pronto ad accogliere e scoprire quale sarà la sua voce narrante di quel momento.
(È) TUTTO NEI TERMINI di Michele Baldini e Virginia Landi
Unboxing /ʌnˈbɒk.sɪŋ/ dall’inglese Unboxing: (disimballaggio, inscatolamento di prodotti) “TRISHH, TRISHH, STUMP, SDENG”. L’onomatopea, appositamente creata per questa descrizione, dovrebbe, senza troppo sforzo, evocare in ognuno di noi un’immagine quasi natalizia, fatta di scatole, scatoloni e fogli di carta di varie consistenze. L’Unboxing è difatti quell’attività di spacchettamento di un prodotto dalla propria scatola, il cui processo, affinato durante i mesi di lockdown, viene spesso filmato e postato su Internet. Recentemente il suono emesso da questa azione ha acquisito per qualcuno il significato di business, creando un vero e proprio esercito di influencer del disimballaggio artistico online, mentre per altri è divenuto sinonimo di gioia incontenibile, successiva all’arrivo della posta del corriere. Il problema si genera quando l’aspettativa viene tradita e, al posto del pacco aspettato, suonano al campanello per “consegna posta” ma ad arrivare è solo una maledetta busta verde. Campagna /kam-pa:-ɲa/ sostantivo femminile La vita di c. è tradizionalmente opposta alla vita di città, anche se – a seconda dei tempi – gli aggettivi dell’una o dell’altra si sono intercambiati. E se la c. si lega alla terra e la città all’innovazione, la società fluida propone smart working in casolari e orti urbani agli svincoli autostradali. E poi c’è quell’accezione riferita a un evento bellico o strategico: “campagna di Russia”, “campagna promozionale”, “CAMPAGNA VACCINALE”. Fatto sta che – vuoi per la voglia di evadere o per la costrizione a restare, la parola non perde la sua forza e il suo utilizzo.
Inviate le vostre domande, crisi e drammi esistenziali a spazioposso@gmail.com. Il dott. Sigismondo Froddini vi risponderà in questo spazio. Camilla Biondi, Arturo Mugnai, Federica Valeri 15
Da calzino a spugnetta lavapiatti testo e illustrazione di Marianna Piccini
A
vete presente quando sui calzini comprati da appena due settimane appare quella piccola macchiolina consumata, che si allarga ogni giorno di più? Quando quella macchiolina diventa poi un buchetto insopportabile tra le dita, mentre il resto del calzino è ancora perfetto? Beh, sappiate che in questi casi è davvero un peccato buttarli via. Per produrre un capo vestiario, che sia anche solo un calzino, servono tantissime quantità di acqua e, se non sono in cotone biologico, la quantità di pesticidi usati per coltivarlo può causare moltissimi danni all’ecosistema. È quindi importante usarli fino in fondo, ma come? Uno dei modi più semplici è trasformarlo in una spugnetta lavapiatti, in stile Tawashi. Per preparala vi serviranno un quadrato di legno compensato di 20 cm per 20 cm circa, 20 chiodini, un martello, un paio di forbici e due calzini lavati. Preparate il telaio disegnando sul compensato un quadrato di 14 cm per 14 cm e dividen-
dolo in una griglia di quadratini di 2 cm. Posizionate adesso i chiodini lungo i bordi sui punti della griglia, 5 per lato, lasciando liberi gli angoli. Nel frattempo tagliate ogni calzino in cinque striscioline per orizzontale, in modo da formare delle specie di elastici. Adesso iniziate a disporre cinque di questi elastici sul telaio tirandoli tutti da un lato. Gli altri cinque elastici dovranno essere disposti nella direzione opposta e tessuti con quelli già posizionati, ovvero passando prima sotto poi sopra agli elastici tirati. Una volta che avrete ottenuto una porzione di tessuto intrecciato vanno fissati i bordi. Partendo da un angolo prendete l’estremità di un elastico e apritela con le dita per farci passare attraverso l’estremità dell’elastico successivo che aprirete a sua volta per farci passare quello ancora dopo. Continuate così per tutti i lati fino a che non arriverete all’ultimo che rimarrà aperto, fungendo da gancino per poterlo appendere. Questa spugna realizzata con materiali di recupero non solo vi aiuterà a produrre meno rifiuti in cucina ma è anche perfetta per lavare il corpo sotto la doccia!
IL MIGNOLO VERDE: MAGHI, INCANTESIMI E FIORI illustrazione e testo di Walter Tripi
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iamo in maggio e non potrebbe esserci periodo migliore per un Mignolo autenticamente verde: fioriture che nascono, colori che straripano, braccia che tornano scoperte. Una vera Magia. E una Magia sembrano anche alcune delle piante a cui in questo periodo potremmo affidare le nostre cure, certi che ci ripagheranno in bellezza. Tra l’altro, a volerla dire proprio tutta, in qualche caso di magico non hanno soltanto l’aspetto ma pure il nome: pertanto, facciamoci un viaggio in questa Hogwarts della clorofilla. Non vi stupireste, infatti, a vedere un Harry Potter puntare contro qualcuno la propria bacchetta e urlare “Allium!”: non sarebbe un incantesimo, bensì una delle più belle fioriture di questo periodo, con le sue bulbose dalle tonalità sgargianti.
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Un po’ più da Voldemort sarebbe invece atterrire un malcapitato al suon di “Wisteria!”. Non fosse che, a dispetto della sua malvagità, in questo caso si limiterebbe a esclamare il vero nome del Glicine, con le sue straordinarie chiome viola. Che dolce, Voldemort. Accanto a un Wingardium Leviosa, poi, potrebbe tranquillamente fare la propria figura un “Viburnum Opulus”: non a caso chiamata anche “palla di maggio”, è una splendida pianta capace di regalare infiorescenze sferiche di un bianco meraviglioso, e non è necessario essere maghi per coltivarla, avendo esigenze piuttosto semplici. “Lithodora”, invece, è un termine che potrebbe rimandare al nome di qualche Fata dai poteri sovrannaturali,
ma riguarda più semplicemente una pianta perenne che in maggio dona strabilianti e riconoscibilissimi fiori blu. Concludiamo la carrellata con l’incantesimo “Centranthus ruber”: se già state immaginando prestidigitazioni o ardite stregonerie, vi sbagliate. Si tratta di una bella erbacea da cui sbocciano profumate teste di piccoli fiori. Adesso tocca a voi. Le temperature sono adatte, il sole vi accompagna: è il momento di prendere la bacchet... ehm, l’annaffiatoio.
Ripartire da lontano
arriva il Florence Korea Film Fest di Caterina Liverani
Q
up&down
uando si lavora a un evento in genere si tende a fantasticare, nei mesi che lo precedono, su come andrà. E quando ormai è trascorso qualche anno e si è iniziato a conoscerne meglio i meccanismi, a volte con le previsioni ci si azzecca, altre volte invece sorgono complicazioni e, altre ancora, gli intoppi possono divenire opportunità. Sono ormai 6 anni che collaboro con il FLORENCE KOREA FILM FEST e, se all’inizio mi sono accostata con timore a questo universo che mi coinvolgeva attivamente nella macchina organizzativa, con il tempo ho iniziato a trovarlo affascinante. Il cinema, il prestigio di ospiti arrivati da lontano, l’entusiasmo, gli spettatori e poi le feste, le interviste. È tutto molto divertente e stimolante. Quest’ultimo anno e mezzo le cose sono cambiate però e tra tutti gli elementi che compongono una manifestazione così articolata è rimasta una unica componente certa: il cinema. Il FLORENCE KOREA FILM FEST ci sarà. Dal 21 al 28 di maggio su Più Compagnia e, con un po’ di fortuna, in sala
a La Compagnia ovviamente. Le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria, se hanno reso impossibili quasi tutti gli eventi collaterali legati a questo tipo di eventi che prevedevano, per esempio, l’incontro tra gli ospiti e il pubblico, ha però innegabilmente creato nuove opportunità e così il FKFF è pronto a ripresentarsi al pubblico dopo aver forzatamente saltato l’appuntamento abituale di marzo. Alle ormai consolidate sezioni (il grande cinema di Orizzonti Coreani, le opere prime di Indipendent Korea, i cortometraggi e la Virtual Reality) si aggiunge quest’anno una retrospettiva sull’attrice Moon So-ri, una sezione nuova di zecca interamente dedicata al documentario e la selezione di film di New Korean Cinema composta dalle pellicole che hanno reso grande nel mondo il cinema coreano. A un programma così articolato si aggiunge anche un doveroso omaggio, con 7 dei suoi film, a Kim Ki-duk, il Maestro del Cinema scomparso prematuramente lo scorso dicembre a causa del Covid. Tra i film più attesi “The Woman Who Ran” di Hong Sang soo (vincitore dell’Orso d’Argento al 70esimo Festival di Berlino), “Steel Rain 2: Summit” sequel della
produzione Netflix “Steel Rain” e in esclusiva il primo film del regista premio Oscar per “Parasite” Bong Joon-ho “Barking Dogs Never Bite”. Abbiamo iniziato parlando di inevitabili cambiamenti che portano a nuovi percorsi e uno di questi è la creazione, da parte del Direttore del Festival Riccardo Gelli, di una piattaforma che, in collaborazione con Mymovies, sarà esclusivamente dedicata al cinema coreano: «Si chiamerà K-Vision, sarà pronta per l’autunno e il pubblico potrà accedervi tramite un abbonamento. Ci saranno film, cortometraggi e documentari disponibili per tutto l’anno. Un ideale prolungamento dell’archivio di schede e recensioni di film che abbiamo sul nostro sito, che è l’unico in lingua italiana. Lo streaming è esploso durante la pandemia e, anche se sicuramente tutti vorremo tornare a vivere eventi e proiezioni in presenza, è una modalità di fruizione che permarrà. Ci sentiamo un po’ dei pionieri in questo momento a essere i primi a ripartire dopo questo lungo inverno, ma siamo fiduciosi». Mai come in questo caso, ci vediamo in sala!
L’orizzonte di gloria
Il viale del tramonto
L’AMANTE «Sei triste perché abbiamo fatto l’amore nel pomeriggio, nell’ora più calda?» «No, sono io, sono sempre un po’ triste». Invidio profondamente chiunque non abbia ancora mai visto “L’Amante”, capolavoro di Jean-Jacques Annaud che, benché girato nel 1992, non è invecchiato di un giorno. Le strade di Saigon incendiate dal sole e “la stanza dello scapolo” dove il giovane e ricco cinese riceve la sua amante, una ragazza francese di soli 15 anni. Non è solo lussuria, è amore. È la vera storia della scrittrice Marguerite Duras e della sua relazione con il ricco giovane cinese Huynh Thuy Le.
365 GIORNI Quando Pornhub incontra “50 Sfumature di Grigio” in piena Pandemia: attori che non sanno letteralmente dove mettere le mani, guardano accidentalmente nella macchina da presa e pronunciano battute trucide. Non sto dicendo assolutamente di non guardare “365 giorni”, simpatico film polacco, perché in realtà è davvero divertente. Oltretutto il regista pare sia una donna; lo si può considerare il prodotto di una cinematografia emergente e ha dato popolarità internazionale a un giovane attore italiano. In fondo è un cult. 17
F R AST U O N I di Gabriele Giustini
TEENAGE FANCLUB “Endless Arcade”
IOSONOUNCANE “IRA”
PeMa
Numero 1/La Famosa Etichetta Trovarobato
Abbiamo bisogno di certezze, di un porto sicuro, di un qualcosa che riesca ad accoglierci sempre, senza giudicare o chiedere. In musica ciò si traduce in quei suoni che ci risultano familiari sin da subito. Ci sono due band, più di altre, che hanno queste caratteristiche: Dinosaur Jr. – ma ne scriveremo sul prossimo numero di Frastuoni – e Teenage Fanclub. Quest’ultimi, scozzesi, sono nella categoria degli amori che non tradiscono mai. È dal 1997 che fanno musica, dapprima con quello che era definito indie, power-pop, dal taglio adolescenziale. Via via, pur cambiando pochissimo – giustamente, perché quello che fanno, lo fanno meglio di tutti – hanno levigato appena il sound, aggiornandone ovviamente le composizioni, cresciute con l’età. Il nuovo album “Endless Arcade” è il nono della loro carriera, costellata da capolavori come “Bandwagonesque” e “Grand Prix”, ed è esattamente la quintessenza di ciò che sono i Teenage Fanclub: melodie in grado di scaldare il cuore o spaccarlo, intrecci vocali westcoastiani – nessuno mai mi convincerà del fatto che i TFC siano la versione europea e aggiornata dei The Beach Boys – tastiere soffuse e ritornelli talmente belli da sembrare sole dopo giorni di tempesta. L’album cammina su una linea in bilico tra il malinconico, l’edificante e le semplici verità della vita: l’importanza della casa, di una comunità, insicurezza, ansia e perdite. Quindi è il solito album dei Teenage Fanclub? Sì, e per questo è bello.
Cinque anni e gestazione lunghissima, allungata ulteriormente dalla pandemia, per “Ira”, il nuovo e atteso album di Iosonouncane, ovvero Jacopo Incani. Nel frattempo, dopo il precedente “Die”, la figura di Iosonouncane si è ritagliata un eremo lontano anni luce dalle attenzioni riservate alla ex-scena indie adesso mainstream italiana, forte di un pubblico già ampio e solidissimo pur con una proposta tutt’altro che semplice. E se già l’approccio non era proprio ortodosso, “Ira”, che esce in collaborazione tra Trovarobato e la rinata e storica Numero 1, butta giù un carico niente male, 17 brani per un’ora e cinquanta di musica. Un lavoro che richiede una certa attenzione, scommettendo forte quando ormai siamo abituati a consumare tutto (troppo) velocemente. “Ira” è una chiara evoluzione, stra-ampliata, di “Die”, dove Jacopo si è messo in gioco non più come semplice cantautore, ma anche e soprattutto come arrangiatore e compositore guidando un ensemble di musicisti sui quali ha modellato strutture, arrangiamenti, timbri, dinamiche e trame vocali. Proprio quest’ultime sono la novità più interessante, grazie a quella che può essere considerata una bozza di lingua che mischia inglese, arabo, francese, spagnolo, tedesco, italiano. Una lingua dell’errore incastrata su arrangiamenti monumentali e perfetti in un panorama sonoro sconfinato tra elettronica, psichedelia, echi del Maghreb, parti cinematiche morriconiane e reminiscenze jazz. Un disco importantissimo e necessario che richiede attenzione, sì, ma che regala un senso di libertà tutto suo. Brani consigliati: ‘Hiver’, ‘Soldiers’ e ‘Fleuve’.
FRASTUONI SU SPOTIFY
GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR “G_d’s Pee AT STATE’S END!” Constellation
Ho due bimbe, una di tre anni e l’altra di otto. Non so per quale motivo, forse per i disegni più che per le trame (complesse, soprattutto per la piccola), ma entrambe sono super fan di Miyazaki. Ho sfruttato quindi questa situazione per proporre alle due “Conan il ragazzo del futuro”, da poco disponibile su una di queste piattaforme di video streaming. Mentre riguardo gli episodi accompagnati dalla già ottima colonna sonora, mi viene in mente che, se realizzati oggi, solo un gruppo potrebbe creare delle musiche per quelle immagini claustrofobiche e post-apocalittiche, ovvero i Godspeed You! Black Emperor. “G_d’s Pee AT STATE’S END!” è il nuovo album della formazione canadese ed è diviso in due suite – nell’edizione in vinile, una in 10” e l’altra, quella più violenta, in 12” – che invitano l’ascoltatore, sempre con parti strumentali, ad aprire definitivamente gli occhi (in effetti i GY!BE scrivono questa cose da fine anni ’90) e a ribellarsi a forme di governo fallimentari, ponendo fine a guerre e forme di imperialismo per una tassazione dei ricchi affinché diventino poveri. Post-apocalittici, ma ahinoi, pre-utopistici, i GY!BE hanno comunque chiuso il cerchio delle loro premonizioni socio-politiche di inizio carriera con un lavoro prezioso estremamente contemporaneo e commovente, dove i soliti crescendo, seguiti da esplosioni quando non implosioni, si alternano a momenti jazzati, minimali, psych e rock, nel suo senso più cerebrale. Immensi.
La playlist di Frastuoni è su Spotify. Aggiornata settimanalmente, contiene una selezione dei migliori brani sia italiani che internazionali, in linea con i gusti della rubrica. In copertina Iosonouncane. Scansiona il QR code per accedere direttamente e segui la pagina Facebook di Lungarno per rimanere aggiornato. Per reclami, segnalazioni e pacche sulle spalle, scrivi a frastuoni@lungarnofirenze.it 18
BREVI CRONACHE LIBRARIE di Carlo Benedetti
Racconti fiorentini con la scusa di un libro
Ri-apriti Cinema di Caterina Liverani
foto di Danielle Abbon
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quindi riusciremo a rivedere i film sotto le stelle? Pare proprio di sì, perché con l’annuncio della ripresa delle iniziative proposte da L’Estate Fiorentina, è arrivata anche la conferma che, con la bella stagione 2021, riprenderanno le proiezioni di Apriti Cinema, l’arena estiva che porta il grande cinema nel piazzale degli Uffizi. La partenza, non ancora ufficiale, è prevista per il 28 di giugno e la manifestazione si protrarrà fino all’8 di agosto. Nel corso delle serate, che saranno tutte a ingresso libero, sono confermati gli appuntamenti con le pellicole selezionate dai Festival fiorentini (Festival dei Popoli, France Odeon, Middle East Now, Schermo dell’Arte, Florence Korea Film Fest, Queer, Cinema e Donne) oltre a una retrospettiva curata dal Gruppo Toscano del Sindacato Critici Cinematografici Italiani, inerente il vincitore del Premio Fiesole ai Maestri del Cinema 2021 e a un Focus dedicato alla cinematografia russa a cura del Premio Nice Città di Firenze. Nel programma previste anche delle proiezioni legate alle celebrazioni per il settecentenario dalla morte di Dante Alighieri e appuntamenti dedicati a produzioni realizzate su territorio toscano. Per ciò che riguarda il comparto tecnico, ovvero la garanzia di far accomodare gli spettatori in totale sicurezza (problematica che mai come nell’estate 2021 è il primo aspetto a essere attuato per ogni evento che finalmente possa coinvolgere del pubblico in presenza, come in questo caso, in spazi aperti) lo Staff del Cinema Alfieri, a cui anche quest’anno è stato affidato questo aspetto, sarà con tutta probabilità in grado di aprire l’ospitalità a circa 200 spettatori che potranno assistere alle proiezioni nel cinema allestito nel piazzale antistante la Galleria degli Uffizi. In attesa del ritorno di una delle maratone di cinema più amate dell’Estate Fiorentina e di conoscere nel dettaglio il programma, gli ospiti e le iniziative correlate a Apriti Cinema, non possiamo fare altro che incrociare le dita e tenere d’occhio tutti i social di La Compagnia, Spazio Alfieri e, naturalmente, Estate Fiorentina.
– Come hanno chiuso lo YAG? E dove si va? Lo YAG era in una di quelle vie intorno a Santa Croce, via Delle Conce, Borgo Allegri, via de’ Macci, ma non sapevi mai esattamente in quale e, vergognandoti a chiedere, andavi su e giù in silenzio, incazzato che era la trentesima volta. Entravi e sembrava di stare in autobus: un parallelepipedo scuro, pieno, tutta gente che si divertiva molto più di te e dopo dieci minuti mollavi ogni aspettativa sulla serata. Bevevi il tuo gin and tonic annacquato e non ci pensavi più. Era strano ora trovarsi lì fuori, tutti insieme davanti a un bandone chiuso (presto un magazzino di giubbotti in finta pelle). – Venite da me, abito qui dietro. Ci infilammo in un giardino in via delle Casine protetto da un muro di cinta di quattro metri e poi in un appartamento pieno di quadri, lungo e rettangolare, come un autobus. – Cazzo è uguale! Comparvero delle bottiglie, si accese uno stereo, rimasero solo le abat-jour: finalmente qualcuno si baciò. Alle quattro uscimmo fuori, cacciati tutti insieme dal padrone di casa, e ripassammo davanti allo YAG, per nostalgia, trovando due fascistelli che dipingevano una svastica sul bandone. Li menammo allegramente, ridendo, mettendoli in mezzo e solo con le mani, niente calci. Rimarcavamo la nostra superiorità. Ora li vedi spesso al Piccolo, innamorati, mano nella mano, felici come non mai. – Dovevate esserci allo YAG – dicevo ogni tanto e loro mi mandavano affanculo, ma con simpatia.
Jonathan Bazzi, Febbre Fandango Libri, 2019 – 18,50€
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CITTÀ IN MUSICA di Giulia Focardi
Intervista a Michele Manzotti
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asticella dell’attesa si alza ancora e aspettando di tornare di nuovo a parlare di live, continuiamo a scoprire i protagonisti della scena musicale fiorentina, come Michele Manzotti: giornalista, musicologo, storica firma de La Nazione, direttore responsabile de ilpopolodelblues.com. Una buona parte dello spettacolo dal vivo è ferma da oltre un anno: cosa è cambiato e cosa, a tuo avviso, cambierà nella fruizione della musica live? “Il settore purtroppo esce (anzi uscirà) con le ossa rotte, anche se ci sono realtà che hanno annunciato cartelloni importanti come Umbria Jazz. Tutto dipende da come il pubblico risponderà: l’accesso in un luogo da spettacolo potrà essere condizionato dal timore del contagio, ancora presente dopo la campagna vaccinale, o dalla minore disponibilità economica. Per quello che ho potuto vedere nelle iniziative dell’estate 2020, chi è interessato ha riempito i posti disponibili, anche quelli che
avevano un costo più elevato del solito. Sono convinto che alla base le motivazioni per recarsi a uno spettacolo esistano ancora e che gli interessati siano stanchi (così come i musicisti) di concerti in rete. Un’alternativa può essere anche il doppio canale, dal vivo e in streaming, come all’estero si farà al Barbican di Londra”. Com’era la scena musicale fiorentina pre-covid e quali spazi, secondo te, riuscivano a farne la differenza? “Invidiabile, senza dubbio, comprendendo anche i comuni limitrofi. Ogni genere era rappresentato, e spero lo sarà ancora, con buone possibilità sia di scelta sia di spesa. Sugli spazi mi piace ricordare la Sala Vanni di Piazza del Carmine la cui versatilità permette vari tipi di appuntamenti, dal jazz alla classica e alla musica di ispirazio-
Due parole con una delle firme di prestigio della cultura fiorentina ne popolare in genere. Per quelli più grandi cito il Teatro del Maggio che può ospitare più spettacoli diversificati”. Ci sono giovani gruppi o musicisti fiorentini su cui scommetteresti nel futuro? “Faccio due nomi: la cantautrice Chiara White, della quale è in uscita il secondo disco, ‘Pandora’. Ultimamente è andata a sciacquare i propri panni musicali nel mare di Genova e la città dei cantautori ha giovato alla sua maturazione musicale. Poi il chitarrista Lorenzo Polidori: l’anno scorso è stato premiato al concorso ‘L’artista che non c’era’ per la sezione strumentale. Dopo questa vittoria ha inciso un disco, Carousel, completamente strumentale di chitarra fingerstyle. Una bella sorpresa per un album originale”.
I grandi marchi e l’amore per il centro di Raffaella Galamini
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irenze non si arrende e nonostante i lunghi e duri mesi del Covid le nuove aperture non si sono mai fermate. Basti pensare che qualche mese fa all’interno del Mercato di San Lorenzo ha debuttato Sugarello, pescheria con cucina. Dietro il nome di questo pesce azzurro dall’ottimo sapore ci sono Raffaello Baldini e Luca Corretti che hanno deciso di proporre street food di qualità e… di mare. Sulla loro pagina Facebook tutte le proposte del giorno e le novità da provare dal martedì al sabato. In Oltrarno è arrivata la Formaggioteca Terroir: già un negozio, nell’attesa di poter riprendere con le degustazioni, dove comprare una accurata selezione di formaggi italiani e francesi da abbinare a una bella proposta di vini. Un cheese-shop che punta sui piccoli produttori e sui vitigni autoctoni con l’obiettivo di esaltare i territori e le loro eccellenze. Sempre in tema di etichette e cantine in via Arnolfo 13/A è cominciata l’avventura di Vineria Moderna, enoteca a Firenze con vendita anche on-line. Si tratta di un’iniziativa
di Riccardo Chiarini, già noto con PromoWine per l’organizzazione di eventi nel settore enogastronomico. “Non troverete mai vini banali da Vineria Moderna”: questa la promessa di Chiarini. I grandi marchi confermano il loro amore per il centro storico di Firenze nonostante le zone rosse degli ultimi mesi: in via Calzaiuoli ha aperto nelle ultime settimane il primo negozio fiorentino di Ray Ban, brand di occhiali del gruppo Luxottica, mentre in via della Vigna Nuova (Palazzo Berardi) è sbarcato Ralph Lauren con una boutique di 140 metri quadri e tre vetrine su strada dedicata alle collezioni Polo Ralph Lauren uomo e donna. Fuori città da segnalare una new entry dal nome curioso: Gustaritto. Si tratta di un piccolo locale a Sesto Fiorentino in via Gramsci dove poter gustare trippa, lampredotto, tortelli artigianali con vari ripieni (al ragù di cinta, di lampredotto con pesto di prezzemolo e con pere e pecorino). La sera pinsa romana.
Da "Sugarello" a "Formaggioteca Terroir" vince la fantasia
TRADIZIONI FIORENTINE di Riccardo Morandi
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Il Piazzale
arrivo della bella stagione a Firenze si tramuta in flussi di cittadini che si muovono, in parte casualmente, lungo alcune assi codificate della nostra città. Tralasciando il centro, oramai battuto e ribattuto, il fiorentino cerca nuove aperture, nuove visioni, nuove altitudini. Poco più di 150 anni fa un signore solitario pensò bene di donare ai fiorentini, oltre ai viali di circonvallazione e altre cose, una spianata su un colle: fu così che l’architetto Poggi inventò IL PIAZZALE. La definizione “Piazzale Michelangelo” è riduttiva, un po’ forviante, perché non esiste nessun concittadino che lo chiami così, nonostante il signor Poggi ci abbia voluto mettere, a caso, una replica del David (ovviamente di Michelangelo). Curioso, come vedere un murales de La Gioconda in fondo a Via Leonardo da Vinci. Ma l’architetto volle così. Cosa è il Piazzale per Firenze? Una meta con cui sentirsi fiorentini, un bellosguardo omaggiato anche da Carlo Verdone in “Viaggi di Nozze”, il luogo dove consumare, in queste serate, un gelato fragola e limone. Il posto dove portare la fidanzata dietro in moto, perché Firenze è abbastanza piatta e la moto ha bisogno di salite e curve, di voglia di sorpassi e velocità. Un luogo dove festeggiare le vittorie della Fiorentina, qualora ve ne siano. Milano non aveva il mare, e hanno inventato l’Idroscalo. Firenze non aveva la panoramica ed hanno inventato il PIAZZALE. #graziepoggi
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PALATI FINI testo e illustrazione di Marta Staulo
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Il Vitello Tonnato
insulsaggine umana - oltre a nomi di ortaggi - ruba spesso epiteti alla fauna marina. Si sprecano appellativi quali “baccalà” e “merluzzo” per sottolineare soprattutto la mancanza di carattere. “Fare il tonno” ha per esempio, nella lingua italiana corrente, il significato di “mostrarsi indifferente allo scopo di non compromettersi con una decisione chiara”. Tale terminologia affonda le radici nella letteratura classica greca, dove Luciano definiva “thunnodes” gli sciocchi, poiché i tonni, seppur così grossi, erano molto facili da irretire in gruppo. Ancora Eschilo, ne I Persiani, parlava degli esseri per antonomasia a cui era facile spezzare la spina dorsale. Non deve essere stato facile per un vitello che - a causa di un errore di un corriere Amazon - un giorno si ritrovò in un allevamento di tonni. Capì subito che in un mondo di pesci irretiti è difficile essere vitelli, destinati a diventare tori, a brillare in cielo tra l’Ariete ed i Gemelli, a essere indicati come simbolo di forza ed energia. Nascere tonno restava assicurazione di una vita grama e tranquilla e di una morte di mattanza, in cui non si muore per il coraggio di mostrare al mondo la propria natura, tutt’altro. Cielo! Amore! Libertà! erano minacce per i tonni, che imposero al vitello di emularli nella loro meschina vita. Così, dal sognare camei negli oroscopi di Simon and the Stars, comparse negli spot della Milka, ritratti dei Macchiaioli, gli toccò travestirsi da tonno, annientare la sua energia scalciante, pur di non soccombere alle angherie del branco, unica forza di questo pesce smidollato. Nacque così il vitello tonnato che, facendo forza sulla sua tenerezza in un piatto roseo e delicato, conquistò i banchetti piemontesi del ‘700 per giungere al culmine della fama nei menù affianco alle pennette al salmone, fino ad essere cantato da Elio e le Storie Tese. La decorazione di crema rosa e cappero - con la sua identità di imprecazione castrata ne trasformano l’indole impetuosa in remissiva pappetta color pastello, per la gioia di chi al sangue ha sempre preferito la maionese.
SPIRITO LIQUIDO di Andrea Bertelli
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La storia dell’amaro parla fiorentino
na delle categorie di superalcolici per cui l’Italia si è sempre distinta, sono sicuramente gli amari, una tradizione secolare che vanta un’infinità di etichette diverse per la grande varietà di miscele ed ingredienti con cui vengono prodotti. Molti ormai sono sciroppi alcolici per dolcezza e densità, ma nella storia l’amaro ha una tradizione secolare e parte delle sue radici nascono proprio qui a Firenze. I primi furono i monaci benedettini esperti erboristi, dediti ai loro elisir curativi, primi antenati dei moderni amari, per arrivare ai Medici, sotto il cui governo, le spezie che arrivavano dal nuovo mondo e dall’Asia furono subito usate per creare nuovi amari curativi, in particolare si usava la noce moscata, pianta fondamentale nella storia della medicina di quegli anni. Fu però soprattutto con Caterina de’ Medici, donna di carisma ed eccellente gastronoma, che la tradizione di famiglia vide internazionale splendore. Grazie al suo matrimonio, esportò la tradizione dell’amaro prima in Francia e poi in tutta Europa. Il Rinascimento aveva cambiato gli usi comuni, godersi la vita non era più peccato, vi era una nuova scoperta della conoscenza e del piacere. Grazie a questo gli infusi e i tonici cominciavano a essere assunti senza avere implicazioni mediche, per puro piacere, per gli amari fu la svolta produttiva, la rampa di lancio per l’Europa e per il successo. Una vera rivoluzione alcolica, ben prima di quella francese, travolse così tutte le corti di Europa. In alto i calici per questa sovrana illuminata a cui tanto deve la moderna gastronomia! Evviva! 22
OROSCOPO di Lulaida illustrazioni di Francesca Arfilli
ARIETE (21 marzo - 19 aprile) Con maggio vi risvegliate ed era ora ragazzi! Non vi offendete: siete stati fin troppo in letargo e lo sapete bene. Ora siete pronti per scalare montagne, spostare quel frigorifero, rifare il letto e cambiare la lampadina fulminata dallo scorso gennaio. Sorridete, siete bilanciati. Sport: Sci Alpino
BILANCIA (23 settembre - 22 ottobre) È un momento sereno e potete esserne felici, senza fare le corna scaramantiche sotto il tavolo. Non c’è niente di male a essere felici, felici veramente. Non dovete né sentirvi in colpa, né temere un brusco cambiamento: maggio sarà un vostro alleato e potrete seminare frutti che matureranno in autunno. Sport: Acquagym
TORO (20 aprile - 20 maggio) Vi piace ottenere risultati col minor sforzo. Beh, piacerebbe anche a me, ma sapete come si dice “no pain, no gain”. Ecco tenete presente che senza sforzo o fatica, le cose ottenute non sono eterne, sono botte di fortuna o sono merito del vostro intelletto. Prima o poi entrambe le cose finiscono, e allora arriva la tenacia e l’impegno. Allenatevi. Sport: Curling
SCORPIONE (23 ottobre - 21 novembre) Quanto siete difficili scorpioncini, in preda spesso a forme di autodistruzione che proprio non vi fanno bene. Ormai voi e l’ansia siete cosi intimi che vi date del tu. Per non cristallizzare tali appetiti caratteriali, vi inviterei in questo periodo a star lontano da film strappalacrime e musica triste. Una certezza: anche questo passerà. Sport: Arti Marziali
GEMELLI (21 maggio - 20 giugno) Maggio è il vostro tempo e dovete prenderlo con entrambi le mani. Non siate terrorizzati da voi stessi e dalle possibilità che avete, abbiate pazienza e usate la vostra testa che, si sa, è un vulcano di idee come sempre. Adesso uscite e godetevi questa giornata piena di sole, non è detto che domani ci sarà. Sport: Golf
SAGITTARIO (22 novembre - 21 dicembre) Questo mese molti segni dovrebbero prendere esempio da voi: avete diverse frecce al vostro arco, ma siete parsimoniosi e i vostri strali li centellinate solo a chi di dovere. Ben fatto: non siete vendicativi, ma solo giusti nei confronti di chi ha osato pestarvi i piedi. Maggio è il mese anche dell’amore, approfittatene senza timore. Sport: Atletica Leggera
CANCRO (21 giugno - 22 luglio) Mettete da parte il fastidio che vi danno i giudizi degli altri: ci saranno sempre. Siete troppo dipendenti dall’opinione altrui e vi plasmate in base a essa. Non vedete quanto valete, per voi stessi non siete mai abbastanza, è ora di metter un punto, invece. Maggio sarà il mese della svolta. Sport: Equitazione
CAPRICORNO (22 dicembre - 19 gennaio) È molto complesso tenervi testa: avete deciso di perseguire una certa strada difficile e niente e nessuno potrà mai farvi cambiare idea. Va bene, non sono certo io che lo farò: riflettete solo un attimo sulle vostre scelte per esserne realmente certi, perché maggio sarà implacabile. Dopo non lamentatevi, per favore. Sport: Pallacanestro
LEONE (23 luglio - 23 agosto) Il mese scorso avete dominato lo zodiaco, quindi adesso dovete fare un passo indietro. Tranquilli non iniziate ad agitarvi per carità: avete mille personalità e di certo tra queste troverete quella adatta a superare questo momento. Siate sereni e dormite sonni tranquilli che dopo maggio arriverà giugno! Sport: Bocce
ACQUARIO (20 gennaio - 19 febbraio) Quanto vi piacete in questo periodo dell’anno, siete proprio nel vostro mondo, circondati da fiorellini e uccellini che cantano. Va tutto bene, però ogni tanto imparate a difendervi, prima di ogni cosa da voi stessi, perché spesso non vi ascoltate abbastanza e mettete la testa sotto la sabbia. Sport: Pugilato
VERGINE (24 agosto - 22 settembre) Armatevi di pazienza, questo mese vi farà un po’ tribolare, ma state tranquilli perché alla fine tutto si sistemerà. Nel frattempo non abbiate paura di stare immobili per un po’ e mi permetto anche di esortarvi a essere meno permalosi: certe partite sono perse in partenza, ma ricordatevi che la rivincita è un diritto! Sport: Beach Volley
PESCI (20 febbraio - 20 marzo) Maggio lo detestate. Voi amate le cose che sono nette e definite, mentre adesso in questo mese di passaggio non vi ritrovate. Per voi è una fortuna che le “mezze stagioni non esistano più”. Beh, dovete imparare invece a convivere in un mondo che non è definito, poi forse cambierà, ma al momento vi conviene essere più flessibili. Sport: Hockey sul Ghiaccio
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FACOLTÀ DI CREARE FASHION & COMMUNICATION SCHOOL
Creatività, didattica laboratoriale, tecnologie innovative. Percorsi di Alta Formazione riconosciuti dal MIUR, con rilascio di Diplomi accademici di 1° livello - Laurea Breve.
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