Lungarno n. 23 - novembre 2014

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Novembre 2014

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L’AGENDA DI NOVEMBRE / 50 GIORNI DI CINEMA / RADICAL TOOLS / FIUMANI



SOMMARIO sipario

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AUTUNNO CALDO A TEATRO di tommaso chimenti arte

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RADICAL TOOLS di giovanni bartolozzi pellicole

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50 GIORNI DI CINEMA di caterina liverani emergenti

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UN PO’ DI ZENZERO di eleonora ceccarelli personaggi

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FEDERICO FIUMANI di riccardo morandi fenomeni

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RED ROCK

di roberto pecorale interazioni

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AEOLIAN RIDE di pietro principi take your time

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marmi tessuti di isabella tronconi omaggi

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sergio leone di marco fattori cose nuove

18

fortezza asd di riccardo sgamato

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l’agenda di NOVEMBRE boxini

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NOVEMBRE da non perdere i provinciali

point of view

24 Aut!

jacob aue sobol

di pratosfera

di gilberto benni

un sex symbol al mese

la zona d’ombra

di il moderatore

di michele baldini

26 gianluigi lentini la scena

28 jacopo prete

faccio cose, vedo gente just kids

immagine e privacy di davide morena

palati fini

palestra robur

di miriam lepore e giulia tibaldi

di leandro ferretti

29 non mordermi più

ponte alle grazie

EDITORIALE di matilde sereni

Uscita forzata. Chi ha un Mac sa di cosa parlo, per gli amanti del pc ricordo solo la sequenza: CTRL+ALT+CANC e magicamente (una volta su dieci) tutto finiva. Qualcuno sa dirmi dove si trova questa fantastica opzione nella nostra testa? * Restare impantanata nei doveri, nelle promesse fatte agli altri ma anche a sé stessi, nelle responsabilità, non avendo minimamente la capacità di sottrarsene a comando. Sotto certi punti di vista è certo lodevole, sotto altri è di sicuro una bega. Che poi sarebbe anche ganzo saper fare mille cose tutte bene, ma ahimé più spesso accade che ne fai troppe e alcune riescono zoppe, o magari dai la priorità a quelle sbagliate; in ogni caso l’Errore è sempre dietro l’angolo e il Senso di Colpa alza il ditino inquisitore. Ed è esattamente qui che ZAC, uscita forzata, ci si pensa domani. O anche mai. Tanto alla fine ci penserà qualcun altro. Che liberazione. Nein, non funziona così. O forse sì, per alcuni, ma dubito fortemente vivano in totale pace con sé stessi. È giusto fare quello che ci piace, ma è giusto farlo coscientemente. È sacrosanto saper dire di no, ma c’è l’onere di rispettare il lavoro degli altri. Non ho la verità in tasca, parlo secondo il mio punto di vista... e secondo ok, ho rotto le palle, va bene. Niente, Firenze è risorta, novembre è colmo di ottime scelte, i locali ingranano la seconda e tutto questo con un clima decisamente incongruente. Sarà stimolante vivere la città. Farlo con noi, ancora di più. Sono orgogliosa di Lungarno. Buona lettura. *per idee e suggerimenti scrivere a: matilde@lungarnofirenze.it

basta stare tranquilli

31 un meraviglioso caso di astigmatismo di simona santelli

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stelle

di faolo pox matite

35 stelle senza sinossi di ginevra ballati

37 PAROLE

di gabriele ametrano

Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 23 - Anno III - NOVEMBRE 2014 - Rivista Mensile - www.lungarnofirenze.it Editore: A ssociazione Culturale Lungarno Via dell’Orto, 20 - 50124 Firenze - P.I. 06286260481 Direttore Responsabile: Marco Mannucci Direttore Editoriale: Matilde Sereni Responsabile di redazione: Leonardo Cianfanelli

38 suoni

Stampa: Grafiche Martinelli - Firenze

di lespertone

Distribuzione: Ecopony Express - Firenze

in copertina: “Tepore d’autunno” di Isabella Ahmadzadeh

Isabella Ahmadzadeh, alias MZD, nasce a Livorno da padre persiano e madre livornese. Cresce in un bar a brioche ed estathè per poi innamorarsi del Graphic Design e dell’illustrazione. Studia Visual Communication allo IED di Firenze. Mission: portare un po’ di bellezza e un sorriso laddove regnano il brutto e il serioso. https://www.behance.net/imzd

Hanno collaborato: Tommaso Chimenti, Caterina Liverani, Riccardo Morandi, Pratosfera, Eleonora Ceccarelli, Gilberto Benni, Miriam Lepore, Giulia Tibaldi, Leandro Ferretti, il moderatore, Michele Baldini, Giovanni Bartolozzi, Faolo Pox, Aldo Giannotti, Lespertone, Gabriele Ametrano, Isabella Tronconi, Riccardo Sgamato, Simona Santelli, Pietro Principi, Roberto Pecorale, Ginevra Ballati, Marco Fattori, Isabella Ahmadzadeh, Cristina Verrienti, Davide Morena. Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dei proprietari. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Scopri dove trovare Lungarno su www.lungarnofirenze.it

Si ringrazia la Lira Srl e la famiglia Fattori per sostenere e credere in Lungarno.


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SIPARIO

di tommaso chimenti

AUTUNNO CALDO A TEATRO

N

el pieno delle stagioni. L’autunno sbatte le porte, di foglie secche appartenenti a qualche vecchia poesia, che fa ancora colpo, non se ne vedono più, il grigiore e lo smog insieme ai cieli neri invece abbondano. Vestirsi a cipolla non serve più. In alcune enclavi si continua a respirare, a salvarci dalle brutture là fuori. Come profetizzava Daniele Timpano nel suo “Zombitudine” forse fuori sono tutti morti e noi, dentro il teatro siamo gli ultimi sopravvissuti barricati tra parole millenarie, parole nuove e fresche, libri, racconti, storie da passarci, emozioni da condividere. Ed allora è scoppiettante l’inizio stagione fiorentino (poi i programmi andranno a scemare verso il già detto ed il già visto) ed incoraggiante, spumeggiante e corroborante. Ad esempio come non salutare l’arrivo di Alessandro Bergonzoni che torna al suo amato Teatro Puccini con il nuovo “Nessi” (7, 8) che, facile e scontata ironia, non è il mostro di Lockness ma le sinapsi sintattiche, associative e concettuali che collegano parole, frasi, idee le une alle altre. Praticamente quello che ha sempre fatto, gettare ponti, creare basi, molti voli pindarici e qualche tuffo carpiato letterario. Perché con le parole tutto diventa possibile, senza giocarsi, senza prestigiatori ma spremendole a fondo nei loro più profondi significati e recondite radici lessicali per estrapolarne il magma del

pensiero, sorridendo della nostra intelligenza troppo spesso messa a nanna troppo presto. Non è certo da meno il Teatro di Rifredi che nel mese autunnale per eccellenza spara le sue catucce migliori. Sarà una mitragliata di qualità con cinque proiettili ad impallinare la platea. Partendo dal linguaggio muto dell’inglese Nola Rae, una delle poche donne mimo al mondo in one (wo)man show, che con “Napoleone in fuga inseguito dai conigli” (1, 2) omaggia l’imperatore di bassa statura (no, non è il Signor B., da poco grande amico intimo di Luxuria) con la mano perennemente nel taschino. Soprattutto racconta, nell’anniversario dei duecento anni, il generale mignon sull’isola d’Elba (anche il regista Paolo Virzì ne fece una sua personale trasposizione in “Io e N.”) con il linguaggio universale del clown che trascina la tragedia nella risata, il dramma nel caos. Sempre nel teatro dei Pupi e Fresedde due piece a sfondo Lgbt, ma non solo, ovviamente. Si parla di diversità e di accettazione, di crescita e di confronto/scontro tra la propria visione del mondo, i propri desideri e la morale condivisa, benpensante e perbenista che attita, giudica, emargina, altre volte umilia o uccide: prima “Operetta burlesca” di Emma Dante (15, 16), subito a seguire “Io mai niente con nessuno avevo fatto” (18) dei giovani di Vucciria Teatro. Sicilia avanti tutta. Ed ancora risate e muto con “Far

West” degli spagnoli Yllana, anche loro scoperti da Mordini & Savelli nei loro giri internazionali alla ricerca di talenti visuali provenienti da mezzo mondo. Dopo il mondo marino, dopo i toreri sull’orlo di una crisi di nervi, dopo i neofiti Indiana Jones, eccoci nel pericoloso universo di polvere, whisky e pistoleri, di mandrie, tabacco da masticare e legge del più forte alla conquista dell’oro, della frontiera, degli indiani. Per chiudere la cinquina “Il malato immaginario” (dal 27 al 30), una certezza la firma di Ugo Chiti, da Moliere fino all’Arca Azzurra, che estrae dal genio francese la chiave di lettura più esistenziale vedendo nel “malato” ognuno di noi che, bulimici ed insoddisfatti di vita, medicamentosi ed ipocondriaci, abbiamo paura di quello che ci stuzzica, e ci innamoriamo di ciò che temiamo: la vita e la morte vanno sempre a braccetto. Boom anche al Teatro della Pergola con tre grandi interpreti: Gabriele Lavia, direttore artistico, o meglio consulente termine più trendy, con una nuova produzione tutta fiorentina, i “Sei personaggi in cerca d’autore” (fino al 2), a seguire torna (a grande richiesta?) “Servo per due” (dal 4 al 9) con Pierfrancesco Favino ed infine Umberto Orsini con “La leggenda del grande inquisitore” (dall’11 al 16). Un buon trittico per aprire una stagione non così demodé, come le ultime alle quali ci avevano abituato.


ARTE

È

di giovanni bartolozzi

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RADICAL TOOLS

in mostra a Base-Progetti per l’arte, una delle più significative rassegne sulle avanguardie radicali fiorentine degli anni Sessanta. Radical Tools ha scandito l’estate nostrana con sette mostre dedicate ai sette gruppi fiorentini che hanno segnato quella corrente passata alla storia come Architettura Radicale. Si tratta di un movimento artistico e culturale che ha avuto un riverbero su scala mondiale con numerosi esponenti come Peter Cook, Cedric Price, Hans Hollein o Gaetano Pesce, che nel clima culturale della Firenze di quegli anni ha prodotto una ricerca originale e riconoscibile a cavallo tra arte visiva, architettura e design, celebrando una nuova propensione verso il progetto. Archizoom, Buti, Pettena, Superstudio, Ufo, Zziggurat e 9999 sono i protagonisti di questa storia che inizia il suo corso nel 1966 con la mostra Superarchitettura a Pistoia, di Archizoom e Superstudio, a cui si sono affiancati altri gruppi nati in seno alla Facoltà di architettura di Firenze. Nel febbraio del 1969, il gruppo 9999 inaugura a Firenze lo Space Electronic, luogo sperimentale e ibrido nato come punto di incontro dei movimenti d’avanguardia, che durante la contestazione studentesca è stato il centro della nuova cultura pop. Lo Space Electronic era luogo delle arti, dei seminari, del teatro d’avanguardia, naturalmente della musica e del divertimento: di quella cultura del tempo libero che ha caratterizzato la Generazione della Contestazione.

Chi sono e cosa lasciano alle nuove generazioni questi protagonisti? Vediamolo sinteticamente. Archizoom sono gli autori della No Stop City, la città senza architettura, diffusa sul territorio e costruita sulla logica della accumulazione merceologica; tra gli oggetti realizzati in quegli anni per Poltronova, la Superonda è forse divenuta l’icona della cultura Pop. Remo Buti è un esponente silenzioso, grazie alla sua formazione di “archigiano” ha dato un contributo trasversale al progetto, con una produzione sempre volta all’essenza che spazia dall’allestimento all’architettura, dal disegno al design: basti ricordare i suoi “Piatti di architettura”. Gianni Pettena, autore del libro L’Anarchitetto, figura poliedrica, protagonista ma anche storico e studioso dell’architettura Radicale. Le prime occasioni di docenza negli Stati Uniti gli hanno consentito di realizzare opere significative come Wearable chair, Ice I e Ice II, Red Line. Superstudio è uno dei gruppi di punta che ha notevolmente contribuito alla diffusione del movimento fiorentino. Le loro conferenze all’A.A. di Londra hanno influenzato i più grandi architetti contemporanei. Nel 1969-70 con il celebre Monumento continuo sviluppano un progetto critico sull’architettura ipotizzando un modello di urbanizzazione totale. Ufo, sono autori di happening e performance nelle strade e nelle manifestazioni pubbliche volti a spettacolarizzare l’architettura e le sue icone, con uno sguardo dissacrante e provoca-

torio. Da queste premesse nascono lavori come gli Urboeffimeri, Boutique Mago di Oz, le Case Anas, Giro d’Italia. Zziggurat si caratterizza per un interesse rinnovato e mitico nei confronti dell’architettura. Palcoscenico delle loro visioni urbane pop è Firenze, come nella Città lineare per Santa Croce o nel progetto Florence too late to be saved? in cui la natura si riappropria dei monumenti della città. 9999 inaugura il proprio studio in una fattoria a Marignolle e, poco dopo, lo Space Electronic nel centro di Firenze. Campagna e citta quindi, tecnologia e natura sono al centro di una riflessione ancora oggi attuale, che ha animato i loro progetti, tra i quali ricordiamo l’happening con proiezioni su Ponte Vecchio. Dopo il successo delle sette esposizioni, la mostra finale di Radical Tools tiene insieme esperienze nate in un contesto culturale comune che ha prodotto opere e progetti caratterizzati da marcate diversità all’interno delle quali è possibile scorgere grandi tematiche di riferimento. Rimane e sarà visibile in mostra fino al 15 novembre una produzione eterogenea, che nel suo insieme ha indagato campi inconsueti e accattivanti della ricerca progettuale. Radical Tools è un progetto di Base-Progetti per l’arte con Pino Brugellis, Lorenzo Bruni, Giovanni Bartolozzi.


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PELLICOLE

di caterina liverani

50 GIORNI DI CINEMA PER TUTTI

I

nnovazione, donne, famiglia, giovani, generazione 2.0, grandi maestri e giovani promesse… All’ottava edizione della 50 Giorni di cinema internazionale di Firenze, dal 29 ottobre al 14 dicembre, la vita viene raccontata in tutte le sue sfumature attraverso dieci festival presentati al Cinema Odeon senza soluzione di continuità. France Odeon (30 ottobre-2 novembre) celebrerà il regista Alain Resnais scomparso la scorsa primavera a novantun anni, durante i quali ha firmato capolavori come Hiroshima Mon Amour e L’anno scorso a Marienbad. Sabine Azéma, moglie di Resnais, presenterà Aimer, boire et chanter, ultima opera del maestro, mentre Marc Fitoussi accompagnerà in anteprima italiana La Ritournelle con Isabelle Huppert. Il ritmo del fado, la voce di Mercedes Sosa e tantissime immagini e note per Immagini & Suoni del Mondo. Festival del Film Etnomusicale (3-5 novembre) che facendo conoscere e riscoprire musica e strumenti al pubblico fiorentino è giunto con successo alla sua settima edizione. Trentacinque sono invece gli anni del cinema al femminile del Festival Internazionale di Cinema e Donne (6-11 novembre) che quest’anno riflettendo sul tema “L’origine del mondo” proporrà un percorso alla scoperta della cinematografia al femminile di diversi peasi tra cui Svezia, Portogallo, Olanda e Canada, quest’ultimo rappresentato dalla regista Leone d’Argento nel 1984 Micheline Lanctôt. Media, globalizzazione, ma anche street art, natura e pittura classica nella selezione di do-

cumentari de Lo Schermo dell’Arte Film Festival (12-16 novembre) che nella sua settima edizione presenterà tra gli altri i documentari Naissance d’un musée sull’apertura del nuovo Louvre-Lens nella regione del Pas-de-Calais in Francia, Apicula Enigma curioso e affascinante viaggio che esplora la vita delle api, Cutie and the Boxer delizioso racconto della vita matrimoniale e dell’opera del neodadaista Ushio Shinohara, Tim’s Vermeer sulla poliedrica personalità dell’ingegnere americano Tim Jenison e la sua ossessione per Vermeer. Una realtà giovane che si va affermando con sempre maggior impegno quella del Balkan Florence Express (17-20 novembre), organizzata con Oxfam Italia, durante il quale sarà presentata, in collaborazione con il Festival dei popoli, l’opera collettiva I ponti di Sarajevo presentato all’ultimo Festival di Cannes, insieme a dei focus sulle nuove realtà cinematografiche di Serbia, Macedonia, Kosovo, Croazia, Bosnia e Slovenia. Il regista israeliano Eythan Fox (Yossi and Jagger, Camminando sull’acqua) con il suo ultimo film Cupcakes sarà l’ospite speciale della dodicesima edizione del Florence Queer Festival (21-27 novembre) brillante kermesse dedicata all’universo LGBTIQ. Tra i tanti titoli in programma Boy Meets Girl di Eric Schaeffer, Global Gay di Frédéric Martel et Rémi Lainé e Pierrot Lunaire dell’autore cult canadese Bruce LaBruce; spazio anche ai cortometraggi con i due concorsi Videoqueer e Se hai testa fai il test. Il grande cinema documentario sarà in scena

all’Odeon dal 28 novembre al 5 dicembre per il 55° Festival dei Popoli con il concorso ufficiale, la sezione Panorama con il meglio del documentario made in Italy, il laboratorio Doc at work in cui, tra workshop e incontri, progetti in fase di realizzazione vengono proposti a distributori, editori e buyers internazionali. La retrospettiva della cinquantacinquesima edizione sarà dedicata al documentarista olandese Jos de Putter. River to River, il festival fiorentino dedicato al cinema indiano (6-12 dicembre) nella sua quattordicesima edizione sceglie di puntare sulle nuove generazioni con le anteprime di Diary Of an Overly Reactive Middle Aged Teenager, Acceptance e Hank and Asha, storie di grandi aspirazioni, di social network e d’amore. Spazio anche ai documentari, alle retrospettive, ai corti e naturalmente alle suggestioni di Bollywood. Il cinema per tutta la famiglia viene dall’estremo nord con l’avvicinarsi del Natale e della sesta edizione di Una Finestra sul Nord. Rassegna di cinema finlandese, in cartellone il 13 e il 14 dicembre per arrivare alla conclusione della 50 Giorni come sempre affidata al Premio N.I.C.E. Città di Firenze che il 14 dicembre proporrà il film vincitore di N.I.C.E. USA 2014. Per le promozioni di Trenitalia, gli ingressi a prezzo ridotto, le app da scaricare e la collaborazione con MymoviesLive!, che proporrà un film al giorno nella sala virtuale, e tutte le news consultate la pagina web www.50giornidicinema.it, per gli approfondimenti sulle pellicole in programma veniteci a trovare sulla pagina facebook di Lungarno!


L’ESPERTO CONSIGLIA

IL CLASSICONE

Tre fratelli, tre diversi modi di affrontare una difficile identità comune legata alla Ndrangheta. Rocco pur essendo coinvolto nel riciclaggio di denaro vive a Milano facendo l’industriale, Luciano rifiuta la criminalità ed è rimasto a vivere in Aspromonte dove alleva bestiame, mentre Luigi il più giovane e irrequieto è coinvolto in un traffico di droga internazionale. Una bravata compiuta da Leo, figlio unico di Luciano, riaccende la guerra fra i clan facendo sgretolare gli equilibri della famiglia. Presentato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia Anime nere di Francesco Munzi è un’opera tanto cruda quanto coinvolgente che racconta magistralmente una storia di rancore, di onore e d’amore universali ambientata in Italia. Sposando con mestiere il cinema di impegno a una impeccabile messa in scena, Munzi, al suo terzo lungometraggio, dona nuova e potente linfa al complicato panorama cinematografico italiano, regalando allo spettatore la possibilità di una riflessione profonda e umana nella quale è impossibile non restare coinvolti.

Trelkovski un giovanotto mite e un po’ imbranato si trasferisce in un appartamento parigino lasciato libero dopo il tentato suicidio della precedente inquilina, la misteriosa Simone. Colpito dalla vicenda si reca all’ospedale in cui la poveretta giace in fin di vita e dove conosce Stella, un’amica di Simone dalla quale è immediatamente attratto. Il nuovo appartamento si rivela quanto mai inospitale per Trelkovski che si sente continuamente osservato dai bizzarri vicini e morbosamente incuriosito dagli oggetti e dalle abitudini della precedente ospite. Paranoia, tensione, erotismo e un pizzico di humor nero in questo superbo film diretto e interpretato da Roman Polanski che, rientrato in Europa dopo il successo di Chinatown e il tragico assassinio della moglie Sharon Tate, elabora le tematiche e le suggestioni di Rosemary’s Baby in una chiave più confidenziale, nella quale molti non hanno esitato a notare ammiccamenti di carattere biografico.

ANIME NERE

L’INQUILINO DEL TERZO PIANO (1976)

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EMERGENTI

di eleonora ceccarelli

UN PO’ DI ZENZERO

I

l biologico è di moda. Il biologico vero non esiste. Il biologico fa molto casual chic. E in questo periodo è anche una parola un po’ abusata e utilizzata impropriamente. Verissimo. Proviamo però a parlarne e a guardare oltre. Il biologico è anche tanto altro. Come sarebbe bello se qualcuno cucinasse per noi nel rispetto dell’ambiente, sostenendo la manodopera locale e rurale, preservando la qualità delle acque e dei terreni, facendo del bene a sé e a tutti gli altri, ma con un gusto migliore! Anche questo significa biologico eppure accade realmente. Un gruppo di ragazzi ha realizzato il proprio sogno buttandosi senza paura e con molta incoscienza, a detta loro, in un’avventura nuova e enorme. La cooperativa Zenzero nasce a metà del 2006 sulla base di valori e di principi etici che ancora ne sono le fondamenta. Nel 2008 concepisce il bio catering, ad oggi la principale attività, poi la distribuzione nelle mense degli asili nido, fino ad arrivare alla bio gastronomia. Tutto questo è stato possibile grazie ai finanziamenti concessi da MAG6 di Reggio Emilia, una cooperativa a sostegno di iniziative che promuovono l’imprenditoria finalizzata al sociale con un minor impatto ambientale. Una finanza alternativa che aiuta i giovani a inserirsi nel mer-

cato reale attraverso rate flessibili e un approccio diverso da ogni altro istituto. Ciò ha permesso la nascita di questa realtà unica sul territorio, realtà che sta crescendo e specializzandosi sempre più. Oltre al catering viene offerto anche un servizio di allestimento sempre nel rispetto dei principi base della cooperativa: le materie prime sono selezionate e certificate da fornitori locali e da piccole imprese. La sede è molto bella e accogliente, con tavolini dove potersi accomodare a gustare i prodotti take away della bio gastronomia. Nei nuovi bellissimi locali di via del Ponte Sospeso, dietro una vetrinetta deliziosa, sono esposte molte specialità: verdure, polpette, lasagne, schiacciatine e torte, ma anche prodotti confezionati che, se per ovvie ragioni non sono frutto del territorio, provengono comunque dal circuito equosolidale. Inoltre nella corte c’è anche un calcio balilla, icona di un Italia lontana che porta sempre dentro un sorriso. La cosa che maggiormente mi ha colpito della squadra è la totale mancanza di estremismo, aspetto che purtroppo spesso accompagna coloro che si muovono in questo ambiente. La cooperativa, infatti, rispetta ogni tipo di scelta alimentare affiancando alla cucina vegana e ve-

getariana carne e pesce, conditi con fantasia, creatività ed energia. Insomma diciamo che anche se George Clooney, contro ogni pronostico, si è affidato a un altro catering per il suo matrimonio, il sogno di estendere i confini fuori dalla Toscana rimane. Eppure l’ambizione maggiore della cooperativa resta quella di poter allestire il primo matrimonio tra coppie omosessuali in Italia. Coppie che si amano e dicono sì non per una convenzione, non perché l’abito bianco sia uno status sociale e non per colpa dell’orologio biologico che avanza. In merito molte iniziative sono già state realizzate da questi ragazzi, dimostrando un grande impegno nel cercare di portare avanti gli ideali che li animano. La loro fortuna? Avere la libertà di continuare a fare ciò in cui realmente credono, trovando un punto d’incontro con il cliente senza venire mai meno ai loro principi. Insomma se hai in mente di sposarti a dicembre e di avere dei bei pomodorini succosi per l’aperitivo, te li puoi scordare! Ma come è buono lo zenzero candito? Ottimo direi… http://zenzerocooperativa.it/


11 / 16 novembre UMBERTO ORSINI

LA LEGGEDENDA DEL GRANDE INQUISITORE da Fedor Dostoevskij regia Pietro Babina

18 / 20 novembre TEATRO GOLDONI

CRONACA DI UN AMORE RUBATO

4 / 9 novembre PIERFRANCESCO FAVINO

di Dacia Maraini uno spettacolo di e con Federica Di Martino

SERVO PER DUE

One Man, Two Guvnors di Richard Bean regia Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli

20 / 22 novembre

17 novembre EDOARDO SYLOS LABINI

NERONE

UBU AND THE TRUTH COMMISSION di William Kentridge e The Handspring Puppet Company

da Massimo Fini di Edoardo Sylos Labini Biglietteria Via della Pergola 24 Tel. 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com Lun > sab 9.30 > 18.30, domenica riposo

www.teatrodellapergola.com


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PERSONAGGI

di riccardo morandi

FEDERICO FIUMANI

S

e Genova ha avuto De André e la scuola dei cantautori genovesi negli anni Sessanta, a Firenze decine di anni dopo abbiamo avuto Diaframma, Litfiba, Neon e Moda. Il capitano della Firenze rock del decennio del Drive In è rimasto senza dubbio Federico Fiumani. I Diaframma sono la band che per prima ha incollato, usando la Coccoina, pezzi di manichini con le spalline, ciuffi wave imbiancati, chitarre consumate con lettere d’amore e sesso di amanti a tratti stanchi, regalando al panorama musicale nostrano un quadro nervoso e sentimentale che i più hanno giustamente definito “punk cantautoriale”. Incontriamo Federico Fiumani, in un caldo pomeriggio settembrino, prima di una partita della Fiorentina.

Hai appena finito di registrare un album personale di cover, cosa abbastanza singolare per te se si pensa al fatto che questi brani sono di cantautori italiani degli anni Settanta. Qual è stata la molla che ti ha portato a questo tipo di progetto? Da quanto ci pensavi? Era da qualche anno che ci riflettevo. In questo lavoro ho cercato di riprendere i miei ascolti precedenti al 1977, anno in cui ho scoperto il punk, genere che ha fatto da mio spartiacque personale. La cosa è stata molto piacevole, soprattutto perché ho avuto modo di lavorare con Alessandro Grazian, che di questo disco ha curato arrangiamenti ed esecuzioni. Sono i brani con cui sono cresciuto, brani di autori italiani come Conte e Guccini, che mi hanno accompagnato e mi accompagnano ancora.

Per l’uscita in vinile, e solo per quella, ti sei affidato al crowdfounding: una raccolta fondi via web. Come hai vissuto questa esperienza che solitamente è sfruttata dai “giovani” che si lanciano in questo mondo? Be’, il crowdfounding era stato già usato sia da Gianni Maroccolo per il progetto solista VDB23, che dai C.S.I., quindi in un certo senso mi sono sentito “legittimato”. Scherzi a parte, spesso mi era stato chiesto di fare questo esperimento allora mi sono convinto che poteva essere una buona scommessa. Non farò nemmeno un tour, anche se mi piacerebbe organizzare una data unica in un locale, magari proprio a Firenze. Puoi delineare un percorso della musica indipendente italiana? Tanti ne hai visti passare, toccare, scomparire. Su chi avresti scommesso e su chi vorresti scommettere? Ricordo con molto piacere i Karibean, una band di Osimo, mio paese natale: suonarono a Firenze qualche anno fa un ottimo rock psichedelico che francamente mi impressionò. Oggi spesso mi portano dei demo, che ascolto volentieri. Altri due nomi sono i Quanti e i Whiskey & Sodoma. Mi è piaciuto moltissimo Nicolò Carnesi: secondo me è già ad un ottimo livello nella scena indipendente e pronto per un ulteriore passo in avanti. Il tuo concerto apre da anni la stagione solare del rock a Firenze. Gennaio, alla Flog. Una sor-

ta di “ritrovo degli alpini” per gli ascoltatori. Il manifesto dei tuoi concerti è da sempre quello derivato da Boxe, ma che senso ha?
 Hai ragione: sono circa ventisette anni che suoniamo a gennaio alla Flog. Il manifesto è lo stesso dal 1989. È iconico, piace ai locali e alla gente, e forse anche per pigrizia abbiamo sempre lasciato questo pugno sul mio naso come simbolo. È come un marchio di fabbrica, anche se quest’anno abbiamo provato a cambiare, proponendo un nuovo manifesto con una foto della band. Hai iniziato nei Diaframma come chitarrista. Qual è stato il passaggio attraverso cui ti sei scoperto cantante? Hai mai avuto paura di non essere all’altezza di questo ruolo? Negli anni Ottanta le band new-wave, quali i Diaframma, avevano voci profonde e calde: io non volevo cantare, stavo bene in disparte a suonare la mia chitarra. Successivamente quando ci siamo sciolti, dopo Boxe (1988), decisi di trovarmi un lavoro normale e di chiudere con la musica, ma dopo tre mesi la voglia di ricominciare è tornata. Provai con una strana formazione a tre incidendo Gennaio, e le cose andarono bene. In sostanza il mio approdo alla voce è stato una cosa naturale, senza traumi. Un tentativo andato a buon fine. Il ritorno dei desideri, tuo lavoro datato 1994, ha come ultimo brano Come sarò fra vent’anni (una coda, peraltro, un po’ strana e nervosa). Come ti vedi, adesso, dopo vent’anni? Sono felice. Le cose vanno bene, incredibilmente bene: domani siamo a Pontassieve, dopodomani a Desio. Oserei dire che sono rimasto lo stesso, e che sono soddisfatto di come sono adesso.


Spesso in Confidenziale proponi dei live personali, senza band, andando sul palco stranamente accompagnato solo dalla tua Fender. Spiegaci perché non usi la chitarra acustica, come fanno tutti. La chitarra acustica è grossa, goffa: se sai suonare bene è perfetta, ma se devi “zappare” è meglio quell’elettrica. In ogni caso non ho avuto lamentele dagli ascoltatori. Del resto anche J Mascis propone un live voce/chitarra elettrica. Diciamo che siamo l’uno ispirazione per l’altro. (Ride). «Fiumani non si è mai svenduto, incarnando un ideale molto romantico in chi segue le cose del rock. Questo senza dubbio paga, anche se il rigore estremo può portare a degli errori, e farsi consigliare è comunque una buona strada». Sei d’accordo con questo giudizio di Nicola Vannini, primissima voce dei Diaframma? Ti saresti dato qualche consiglio in più in passato? Nicola parla dal punto di vista di un produttore: io faccio musica per divertirmi. Quindi le proposte di allargare il pubblico partecipando a Sanremo, con altro piglio artistico, non le ho accettate, nonostante a un certo punto fossero quasi un’imposizione. Ho sempre scelto la via per stare bene e avere l’essenziale per vivere. Mi fa sorridere il fatto che Nicola, a distanza di anni, non abbia accettato la mia amicizia su Facebook: forse ai tempi ci siamo lasciati un po’ male.

Firenze: dove porteresti un caro amico per regalare lui un pezzetto inedito e magico di questa città? In un negozio di dischi: li amo come luogo d’incontro, di scambio di percorsi artistici e musicali, di vita. La Firenze rock degli anni Ottanta si è formata nei negozi, anche se adesso le cose sono cambiate. Forse lo porterei anche in Piazza Dalmazia perché l’ho nominata in una mia canzone. Il resto di Firenze rimane una splendida cartolina da cui è impossibile prescindere. Bobo Rondelli, con il quale abbiamo fatto una chiacchierata tempo fa, sostiene che un vero artista deve essere malato, e che i lavoratori, i portatori di sani principi, non sono dei veri e propri geni. Che ne pensi? Forse Bobo aveva in mente Piero Ciampi! In ogni caso non credo che ci sia una regola precisa: anche se molti cantanti nel nostro mondo non sono esattamente “normali”, si incontrano dei geni come Paolo Conte, un avvocato rispettabile, oppure Francesco De Gregori, che provano il contrario. In sostanza non è necessario essere malato per scrivere, assolutamente. Che valutazione dai del mondo mainstream? Vorresti o avresti voluto farne parte? A me sarebbe piaciuto diventare ricco e famoso, e tutti, bene o male, vorrebbero esserlo. Del resto questo è un mestiere che puoi fare solo se hai suc-

cesso, piccolo o grande che sia. Io ho trovato una via soddisfacente, e non ho niente contro chi si arricchisce con le proprie produzioni. Può essere un bene o un male: guardate che fine ha fatto Vasco Rossi, rovinato proprio da questo mondo. Forse la mia strada è quella di suonare in posti più piccoli, ma va bene, mi accontento. Hai scritto un libro di poesie dal titolo Odio Springsteen e gli U2. Perché? È spiazzante ed estremo, ma li odi sul serio o la tua è una provocazione? No, io li odio nella misura in cui rappresentano il rock da stadio, retorico, magari con contorni politici come fanno gli U2. Ma Springsteen è genuino, è una sorta di “working class hero”. Sono americanate queste, sono cose che non mi piacciono. Retorica pura. A me piace più il punk, la musica suonata nelle cantine. Bene. Ti salutiamo chiedendoti ovviamente quali sono stati il primo e l’ultimo disco acquistati. Con i miei soldi il primo è stato Sheena Is a Punk Rocker dei Ramones, nel 1977. L’ultimo due giorni fa: Gira che ti rigira amore bello di Claudio Baglioni. Sarà fra poco in concerto a Firenze; sono curioso.


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FENOMENI

di roberto pecorale

RED ROCK

O

gni tanto succede che conoscenti e amici, ancora ignari del pippone che farò loro una volta terminata la domanda, mi chiedano se in Cina esista il rock. Non vi obbligherò a leggere tutto fino in fondo e rispondo subito di sì: esiste, gode di ottima salute e si chiama yaogun. La letteratura in materia sancisce l’ingresso del rock in Cina nel maggio del 1986, in occasione del concerto Let the world be filled with love allo Stadio dei Lavoratori di Pechino. Erano gli anni dei Band-Aid e USA for Africa con We are the world, e fu in questo clima che i produttori decisero che la risposta cinese dovesse essere più grande, più forte e semplicemente più degli altri, invitando 107 artisti sul palco e trasmettendo il festival in Cinavisione. Let the World era la chance per dimostrare al mondo che si stava operando su una scala internazionale, è che la loro scala era la più grande di tutte. Tra i numerosi artisti emerse il giovane cantante Cui Jian, che con la sua esibizione segnò indelebilmente il corso della musica in Cina intonando Yi wu suoyou, il suo brano più famoso, il cui significato può essere tradotto come “Non possiedo niente a nome mio”. Cui diede voce alle ansie, alle disillusioni e alle inquietudini di un’intera generazione di giovani che stava faticosamente cercando di uscire dal trentennio maoista. Per la prima volta in una canzone non si parlava più alla prima persona plurale, di noi, cioè del Popolo, bensì di una singola individualità.

Vale la pena contestualizzare brevemente la scena musicale cinese del tempo. Mentre negli anni Sessanta la musica popolare in America poneva le basi per una ben nota rivoluzione, i giovani cinesi ne stavano vivendo una molto diversa. Negli anni della Rivoluzione Culturale (1966-76) il mondo dell’Arte era subordinato alla politica e doveva servire il Popolo, gli artisti erano lavoratori culturali, essenziali nella loro Missione esattamente quanto lo erano i contadini nelle risaie. In quegli anni trovare qualsiasi forma di musica al di fuori delle canzoni popolari e inni rivoluzionari trasmessi in loop era semplicemente impossibile. In seguito le prime riforme economiche dei primi anni Ottanta favorirono lentamente l’ingresso di canzoni provenienti da Hong Kong e da Taiwan con Teresa Teng, che nonostante i divieti ufficiali riuscirono a raggiungere gli stereo e i karaoke cinesi. In quegli anni ci furono anche le prime esibizioni di artisti stranieri, tra i quali Jean Michel Jarre (per il suo show si narra abbiano dovuto togliere la corrente ad un’intera area di Pechino) e gli Wham!, piccoli segnali di apertura per milioni di giovani affamati di musica, in una realtà dove non era possibile decidere da quale disco dei Beatles iniziare, occorreva prima capire chi o cosa fossero i Beatles. Verso la fine degli anni Ottanta cominciò finalmente a giungere nel Regno di Mezzo un sacco di musica dall’estero, i cosiddetti dakou: cassette prima, cd poi, con una parte letteralmente segata, asportata, ma che consentivano comunque l’ascolto. Erano le eccedenze, gli scarti indeside-

rati del mercato discografico occidentale spediti nelle discariche cinesi, che contribuirono alla formazione musicale dei precursori dello yaogun in Cina. Tornando a Cui Jian, la sua carriera continuò tra alti e bassi (si ricorda una recente esibizione in Italia con Baccini al Premio Tenco), ma resta indiscutibilmente un’icona universalmente riconosciuta da ogni yaogunner cinese. La scena rock in Cina è quindi un fenomeno relativamente giovane, in cui è possibile trovare oggigiorno un numero sempre più grande di gruppi indipendenti che offrono mix eclettici di punk, noise, musica sperimentale, folk e rock, gruppi che cercano di farsi spazio e distanziarsi dall’immagine di un Paese spesso riconosciuto per la sua creatività conformista e dal pop cantonese zuccherato. Artisti che si collocano al di fuori dei canali media governativi, accomunati dalla crescente insoddisfazione verso gli insipidi modelli proposti. Tra questi non posso che segnalare il mio primo amore assoluto, ovvero i P.K.14, la band che ha dato vita alla musica alternativa in Cina: una combinazione di Fugazi e Television che non vi lascerà indifferenti. Qualora i P.K. avessero fatto breccia, provate anche i Carsick Cars, Xiao He, The Gar, Lonely China Day, e infine (per gli amanti del post-yaogun) gli Hualun e i Glow Curve. Godeteveli! in alto: gli Hedgehog

(Photo courtesy: Matthew Niederhauser, Sound Kapital, Beijing’s Music Underground, powerHouse Books, Brooklyn)



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INTERAZIONI

di pietro principi

AEOLIAN RIDE PORTATI DAL VENTO

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e un pomeriggio di qualche sabato fa, mentre stavate bighellonando tra San Niccolò e Sant’Ambrogio, vi è capitato di imbattervi in uno strano gruppo di bianchissime bolle in bicicletta che vi sono sfrecciate accanto procurandovi il classico effetto non so bene cosa stia succedendo, ma per sicurezza stasera niente alcool e a letto presto, state tranquilli: le avete viste davvero. Possiamo assicurarvi che quelle nuvole scampanellanti non erano il risultato del vostro venerdì sera un tantino troppo spavaldo, ma dell’Aeolian Ride, la performance partecipativa su due ruote ideata nel 2004 dall’artista e designer newyorchese Jessica Findley. Una pedalata pensata per trasformare le vie della città in uno spazio per l’arte pubblica e trasformare per un attimo il paesaggio urbano. Come? «Un giorno stavo andando in bici per le strade di Brooklyn con la mia giacca di nylon aperta» racconta Jessica Findley. «Era come se stessi volando, e ho pensato che sarebbe stato buffo creare dei costumi che si gonfiassero col vento per una grande pedalata collettiva. Ho messo l’idea da parte finché un amico non mi ha chiesto se avessi un suggerimento da portare al Burning Man. Gli ho spiegato il progetto dei costumi e

gli è piaciuto tantissimo, ma alla fine ha deciso di costruire una piovra gigante. Un anno dopo mi ha chiamata dicendo che stava ripensando alla mia idea e che dovevo a tutti i costi metterla in pratica. L’11 settembre era passato da poco e la mia vita era a un punto morto. Un interruttore mi è scattato in testa e un attimo dopo stavo progettando dei costumi gonfiabili il nylon anti strappo.» Conigli, gocce e bolle, creati in un tessuto talmente leggero da gonfiarsi con il minimo soffio di vento e dotati di led per illuminarsi durante la notte, come una parata di lucciole giganti. Da quel momento Aeolian Ride ha attraversato diciannove diverse città ed è arrivata a Firenze grazie al supporto di KLM e Holland (dove ci sono biciclette ci sono spesso degli olandesi di mezzo!) per festeggiare il suo decennale, ospite dei ragazzi di Ciclica che lo scorso anno portarono alla Leopolda un altro evento su due ruote made in N.Y., il Bicycle Film Festival. Strano scorrazzare per il mondo con decine di tute di nylon in valigia? Per Jessica, è il modo più bello di conoscere un posto nuovo e le persone che lo vivono. «A seconda dei contatti locali che organizzano l’evento, Aeolian Ride attrae persone diverse,

tutte unite dall’amore per la bicicletta. Artisti, bike messenger, appassionati o anche solo curiosi. Il risultato è sempre lo stesso: gente che si diverte, che ride, che torna bambina facendo qualcosa che nella vita di ogni giorno non farebbe mai.» Jessica è arrivata all’aeroporto in Italia con una valigia piena di costumi che si gonfiano pedalando e una tavola da surf sotto il braccio: un’altra delle sue passioni che ha sempre il vento come comune denominatore. In effetti, il nome all’Aeolian Ride deriva da un termine greco che significa proprio “portato dal vento”. Però come dice lei, «i costumi si gonfiano, ma niente paura, non verrai trasportato via, almeno non dal vento!».

http://www.aeolian-ride.info


TAKE YOUR TIME

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di isabella tronconi

MARMI TESSUTI

L’

Arte di Calimala fu una delle più illustri fra le Arti Maggiori fiorentine, deputata principalmente al commercio internazionale di tessuti. La sua nicchia, a Orsanmichele, campeggia in posizione d’onore su Via Calzaiuoli (angolo Via de’ Lamberti), un angolo nobilitato dalla presenza, all’interno della chiesa, dell’abbacinante tabernacolo dell’Orcagna, normalmente inondato di luce prima che le arcate del loggiato al primo piano venissero murate alla fine del ‘300. Agli inizi del ‘400 l’Arte era tanto ricca e potente da poter commissionare per la suddetta nicchia una colossale statua in bronzo del suo santo patrono, San Giovanni Battista, al Ghiberti, che nel 1412-’16 fuse così il primo grande bronzo a tutto tondo dall’antichità classica, dotandolo persino di cornee placcate d’argento (il magnifico originale si può ammirare -insieme a tutte le altre statue originali della chiesa- nel Museo di Orsanmichele, visitabile gratuitamente il Lunedì). Lo stemma dell’Arte era l’aquila che artiglia una “balla ammagliata” o un “torsello” di dodici/ tredici panni avvolti nel feltro, così confezionati per lo smercio. Questo stemma è ancora visibile all’esterno di almeno una trentina di edifici del centro sotto forma di “pietrino”, una pietra scolpita con l’emblema dell’istituzione che deteneva la proprietà dell’immobile: in Via delle Caldaie 30, in Via della Chiesa 19, in Piazza del Duomo 4, in Via Maggio 6, in Via Palazzuolo 124 e 186r, in Via del Prato d’Ognissanti 22, 24, 30, 36, 38, 52 e 54, in Piazza San Giovanni 6 e 8, in Via San Niccolò 24, in Via San Zanobi 49r, 51r, 53r, 55r e 57r, in Via de’ Servi 30, 32, 34 e 36, in Piazza della Signoria 1, in Via Toscanella 10, in Via Vacchereccia 3, in Via della Vigna Nuova 7. Tutti questi edifici dovettero essere, in passato, case di proprietà dell’Arte, alcune di esse persino identificate dai numeri di posizione nel registro delle possessioni, simili a numeri civici: la sede ufficiale dell’Arte si trovava dal 1359 nell’isolato compreso fra Via dei Calzaiuoli 1r5r, Via Calimaruzza 2, Piazza della Signoria 4a, via Porta Rossa 1r, con i locali della farmacia Molteni che dovettero un tempo ospitarne la sala dell’udienza. In Via Calimaruzza (già “Calimala Vecchia”, o “Calimala Francesca”) 2a, la presenza di un arco acuto con lo stemma su di un campo disseminato di gigli di Francia ci testimonia della presenza, qui, dell’ingresso alla sede dell’Arte, importatrice di panni di lana “franceschi” (francesi) dalle fiere della Champagne. Questi panni arrivavano grezzi a Firenze, e qui venivano rifiniti fino a diventare di qualità altissima: l’Arte della Lana, invece, si occupava della produzione di panni di lana a livello interamente e prettamente locale. Altre due aquile con il torsello svettano sul col-

mo di due degli edifici religiosi più importanti di Firenze, una sulla Porta Nord del Battistero, l’altra in cima alla facciata di San Miniato al Monte. L’Arte di Calimala aveva infatti il patronato di entrambi, a partire rispettivamente dal 1150 e dal 1180. Sempre all’Arte di Calimala si deve infatti la commissione delle tre porte del Battistero. È proprio all’interno di questi due edifici che si può forse vedere una meravigliosa eco di ciò che furono i materiali commerciati dall’Arte nel suo periodo più antico e sconosciuto, prima del 1220. Prima di quella data l’Arte doveva importare attraverso l’allora potentissima Pisa e l’Arno

le lane e le sete preziose dall’Egitto, dalla Siria, dal Maghreb, dal “Garbo” (forse la Penisola Iberica, da “Algarve”). È probabilmente a questi tessuti -spesso conservati solo a sparuti brandelli, in tutti i musei del mondo- che dovettero ispirarsi i marmorarii che realizzarono le splendide tarsìe tipiche del Romanico fiorentino e soprattutto dei pavimenti del Battistero e di San Miniato. Dal 1220, anno d’inizio delle guerre fra Pisa e Firenze, i rapporti commerciali fra i due comuni si interruppero: fu da allora che Calimala iniziò la sua attività con i panni “franceschi”, dall’Inghilterra e dalle Fiandre.


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OMAGGI

di marco fattori

SERGIO LEONE

S

ergio Leone, figura originale, è stato tra i cineasti italiani più significativi al mondo. Nei primi anni Sessanta il cinema italiano entrava in una fase di trasformazione, in bilico tra vitalità d’autore e crisi dei filoni popolari del decennio precedente. Nel tipico mix nostrano di astuzia, genialità e approssimazione cominciò a farsi strada l’idea di ricalcare il western, il genere americano per eccellenza, che andava perdendo rapidamente il suo fulgore. Tra vari registi, Leone ebbe l’intuizione di ribaltare le convenzioni tradizionali del genere e introdurne di nuove sebbene le sue opere all’inizio fossero considerate di scarso valore artistico. In seguito i critici cominciarono a cogliere gli aspetti innovativi del suo cinema, non di rado accostato a quello di Sam Peckinpah, subendo nel corso degli anni una notevole rivalutazione. Lo stile, la passione per i dettagli, il tempo dilatato e la tecnica innovativa dei suoi sette film hanno fatto sì che le pellicole entrassero a pieno diritto nella storia del cinema. Impregnate dei miti cinematografici americani (fatto comune a molti cineasti e cinefili italiani), risentono di quel senso di timore reverenziale che si prova di fronte alla grandezza di Hollywood. La Trilogia del dollaro, conosciuta anche come la Trilogia dell’uomo senza nome (senza nome sì, ma dal soprannome “il monco” o “il biondo” nel secondo e terzo episodio), comprende i tre primi spaghetti western diretti da Leone, aventi per protagonista un giovane Clint Eastwood che

recita e veste nella stessa maniera in tutte e tre le pellicole, con colonne sonore di Ennio Morricone divenute celebri e parte integrante dei film stessi. Sullo schermo si alternano Gian Maria Volonté (interpretando la parte del cattivo nei primi due), Lee van Cleef (prima buono nell’indimenticabile ruolo del Colonello, poi cattivo in Sentenza) e un grande Eli Wallach nella migliore interpretazione della sua carriera con il brutto e farsesco Tuco. Il regista avrebbe voluto ingaggiare Charles Bronson e Henry Fonda i quali, non conoscendo Leone, chiesero molti soldi pur di non fare i film. Quindi il regista si rivolse ad attori meno costosi quali James Coburn e Clint Eastwood, che la spuntò perché più a buon mercato. La differenza era, è il caso di dirlo, un pugno di dollari, o se vogliamo vederla dalla prospettiva di Coburn qualche dollaro in più. Sono film che mettono in scena un far west cinico, brutale, realistico, stravolto rispetto ai modelli di John Ford, di Henry Hawks o di Anthony Mann, ma nello stesso tempo tanto astratto da poter riacquistare l’aura fiabesca originaria. In tutti Leone porta alla luce il lato nascosto della leggenda della frontiera, sottolineandone la durezza fisica e liberandola dall’alone romantico e da qualsiasi giustificazione poetica; vi sono sequenze di una violenza così cruda che raramente si era vista. Per un pugno di dollari (1964), girato tra Roma e la Spagna in difficilissime condizioni, non solo

inaugurò la fruttuosa collaborazione creativa con Morricone, ma trasformò il western in un nuovo tipo di favola: brutale e realista in superficie, mitica nell’essenza. Il successo del primo mise Leone in una posizione di forza, che gli consentì una maggiore libertà di accentuare gli episodi collaterali e le divagazioni caricaturali o, addirittura, di sbizzarrirsi nelle tonalità surreali come accade in Per qualche dollaro in più (1965). Tra assalti e agguati, sparatorie e beffe, il Monco e il Colonnello inseguono il crudele Indio e una congrega priva di codici morali, degradata, dominata dall’avidità e squassata dall’istinto di morte, contrapponendo ironia e dramma, mito e storia. Il film ottenne un risultato ancora più cospicuo del precedente, finendo fatalmente con l’inasprire le polemiche dei recensori. Ci volle ancora del tempo perché si arrivasse a cogliere il senso di lotta esistenziale che non vuole celebrare il culto della violenza, ma vedere la cognizione del dolore e l’accettazione del destino. In Il buono, il brutto, il cattivo (1966), la cui la durata di ben tre ore ne rivela tutta l’ambizione facendone uno dei più famosi western di tutti i tempi, la cura scenografica, la ricostruzione dello sfondo storico della guerra di Secessione, affrontata con inedita disinvoltura nella sua crudezza e crudeltà, le notevoli scene di massa, soprattutto belliche, conferirono al film un tono epico molto più marcato di quelli precedenti. Questi tre film dallo strepitoso successo popo-


17 lare, tanto in Europa come negli Stati Uniti, furono il modello del genere negli anni Sessanta e Settanta. E dire che il primo era uscito nelle sale italiane come riempitivo fra la fine dell’estate e l’inizio della stagione vera e propria: erano gli anni in cui gli spettatori affollavano le sale, e dopo il tripudio delle arene estive si tornava al chiuso, anche se la stagione era ancora buona. Avrebbe dovuto resistere una settimana o due, invece andò avanti fino all’inverno. L’influenza di Leone fu tale che da allora in molti western prodotti negli USA si adottò un’impostazione di personaggi e situazioni che si fece via via più vicina a quella italiana di qualità, piuttosto che al western classico di John Ford. Nel ’68 il regista aggiunse il capolavoro monumentale C’era una volta il West, in cui recitarono, come aveva sognato, Henry Fonda e Charles Bronson, in un affresco nostalgico sull’epopea del West al tramonto i cui personaggi acquistano un maggiore spessore umano rispetto alla Triologia, e dove la magistrale abilità tecnica e narrativa del regista dà vita a un’elegia su quell’età dell’oro narrata in tante favole americane e irrimediabilmente distrutta dalla realtà storica. Il film, alla cui stesura collaborarono Bertolucci e Dario Argento, pur conservando e anzi, accentuando lo stile solenne ed epico delle opere precedenti, si avvicinava al western classico con maggior ambizione, rispetto, e con un rigore filologico ancora più minuzioso. Come Leone dichiarò, la pellicola metteva in scena tutti gli stereotipi del western (la prostituta re-

denta, il fuorilegge romantico e individualista, il pistolero cinico al servizio dell’uomo d’affari, il vendicatore solitario), nell’intento di rendere omaggio al filone americano per eccellenza attraverso numerosissime citazioni dei classici. Il senso del film, la sua poetica, la sua epica, più che nel complesso svolgimento, stanno nella lunghissima sequenza finale, mirabilmente accompagnata ancora una volta dalle melodie di Morricone, sequenza in cui il cavaliere silenzioso e solitario Armonica si allontana a cavallo dal fervido lavoro degli uomini della ferrovia (chiaro simbolo del nuovo mondo che avanza e scaccia senza volere quello vecchio), portando sull’altro ronzino il corpo del suo simile, lo splendido Cheyenne. Infine nel ’71 esce Giù la testa!, film sulla rivoluzione messicana (e irlandese). Influenzata dalla realtà e dai dibattiti politici italiani dell’epoca, quest’opera fu una tarda reazione agli idealismi con cui era stata presentata la rivoluzione messicana; il film non ottenne successo e lo stesso regista ne rimase vagamente deluso, benché la poetica anche di questa pellicola non sia certo inferiore alle precedenti. Infatti, omaggio al grande irlandese John Ford (The informer, 1935), presenta non pochi momenti di elevata qualità visiva e spettacolare, accanto ad altri di vivo coinvolgimento. I detrattori di Leone ebbero grande soddisfazione dalle numerose critiche che trovarono uniti gli esegeti neutrali con la sinistra, indignata per la maniera “ambigua e grossolana” con la quale sarebbero state trattate questioni come la dialettica tra le classi e la presa di coscienza politica. Da un’idea di Leone (che ne fu il produttore), il regista Tonino Valerii ricavò Il mio nome è nessuno del ’73, che ha come protagonisti Henry Fonda e Terence Hill (nel frattempo diventato

famoso insieme a Bud Spencer per il sequel Trinità). Si tratta di un confronto fra la tradizione americana, bisognosa di un rinnovamento radicale, e quella nuova italica, scoppiettante, ironica e autoironica. Troviamo una continuità nel personaggio di Fonda che già rappresentava la malinconica filosofia di un’epoca al tramonto, nelle vesti di spietato bandito. In questo caso, seppur enigmatico, è un eroe/pioniere dagli epici valori morali. Dall’altra parte l’opera si contraddistingue per quell’allegria scanzonata e quella ironia che sfociano in una più aperta comicità tipica del filone del western comico appena nato proprio con Trinità. La contrapposizione è la nota più originale del lavoro. Il nome di Peckinpah è inciso sulla lapide in un cimitero, omaggio di Leone al regista per il secco rifiuto di dirigere il film sulla rivoluzione messicana. Leone, talmente arrabbiato dai modi bruschi dell’americano non solo decise di realizzare personalmente il progetto, ma pensò anche di omaggiare il rivale. Il primo western all’italiana in assoluto fu prodotto nel ’59, infatti diversi altri precedettero quelli di Leone. Erano film prodotti con budget ridotti e povertà di mezzi, girati in luoghi che ricordavano il lontano West, ma più vicini e meno dispendiosi, come il sud della Spagna, il Lazio, la Sardegna o la Calabria, con attori, spesso di valore, agli albori della carriera. Nonostante un’iniziale diffidenza, il genere si andò affermando. Alcuni dei primi western italiani furono diretti da buoni registi quali Mario Amendola, Tonino Valerii, Fulci, Sollima, Corbucci, che inventarono, nell’indifferenza generale, il filone che poi Leone avrebbe portato a fama mondiale. I primi venticinque film furono scambiati per avanzi di magazzino americani. Sebbene la critica si limitò per lungo tempo a riconoscere in Sergio Leone il massimo esponente e maestro indiscusso del genere, dagli anni Ottanta si è avuta una riabilitazione di alcune pellicole precedenti, che hanno trovato la loro espressione più significativa in una retrospettiva alla Mostra di Venezia del 2007. Anche New York, nel 2012, ha celebrato lo spaghetti western da Leone in poi, ignorando i suoi predecessori. Si è tenuto per tre settimane un ciclo dedicato all’ “età d’oro dell’opera a cavallo italiana”, con ventisei pellicole chiuse dal paradosso di un western italiano fatto da un regista americano, Amore, piombo e furore. Il festival è stato voluto da Tarantino, da sempre appassionato del genere tanto da servirsi prima della famosa scena di Django, presa tale e quale, per un suo film Le jene, e da realizzare poi il suo Django unchained.


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COSE NUOVE

di riccardo sgamato

FORTEZZA ASD

L

a passione per lo skateboard e il longboard ha permesso a un gruppo di ragazzi di incontrarsi e conoscersi sulle strade fiorentine per poter praticare insieme tali sport. In poco tempo i ritrovi, il passaparola e gli appuntamenti sono cresciuti. Con l’aiuto dei social network hanno creano un gruppo, la Fortezza Crew, come strumento per promuovere aggregazione e comunicare i luoghi di ritrovo. In pochissimo tempo la Crew è diventata un punto di riferimento in tutta la Toscana che coinvolge i riders di ogni disciplina su tavola. Il 29 luglio 2014 dalla volontà di un ristretto e affiatato gruppo di amici nasce a Firenze Fortezza ASD. Per sapere di più riguardo all’attività di questa associazione sportiva dilettantistica abbiamo intervistato il suo presidente Simone Sassoli. Simone, cosa vi ha spinto a fondare la vostra associazione sportiva? Ciao e grazie. Innanzi tutto devo fare una premessa: il longboard viene praticato su strade in discesa e contrariamente allo skateboard non può essere confinato in uno skate park, in strutture appositamente costruite o improvvisate. Nel 99% dei casi dobbiamo praticarlo in strade aperte al traffico e anche se cerchiamo aree con

pochissimo movimento (zone industriali, dismesse o di cantiere…) un minimo di rischio c’è sempre. Inoltre, non avendo luci e freni, per il codice della strada siamo considerati illegali. Gli enti come i comuni si interfacciano meglio con associazioni riconosciute quindi creando questo gruppo speriamo di avere la possibilità di chiudere una strada per qualche ora e organizzare dei ritrovi, dei corsi per principianti o anche solo skatare legalmente senza correre troppi pericoli. Detto ciò, la spinta a prendere questa decisione, oltre alla passione per lo skate e al desiderio di vederlo crescere e condividerlo con nuovi amici, è senz’altro la voglia di poter praticarlo in sicurezza. Che tipo di supporto avete dalla Uisp territoriale? Al momento il rapporto è appena iniziato, ma abbiamo già la possibilità di garantire un’assicurazione per tutelare tutti i nostri rider e stiamo ultimando la didattica necessaria per la formazione degli istruttori/maestri di longboard. Infatti, mentre questa figura esiste già per lo skate, per il long (forse proprio a causa della mancanza di strutture e associazioni riconosciute), mancano istruttori/maestri che possano insegnare.

Quali sono i vostri obbiettivi futuri? Avete in programma un evento a breve? Ci stiamo muovendo tra i comuni limitrofi per poter organizzare il nostro primo contest. Inoltre essendo Fortezza ASD una polisportiva vorremmo portare il nostro entusiasmo anche in altri sport paralleli come lo snowboard, il surf e il kite. Sappiamo già che sarà difficile, ma ci piacerebbe poter chiudere una strada una volta alla settimana. Il nostro sogno sarebbe il viale Poggi, dove da tre anni viene organizzato, con una grande affluenza di riders e di pubblico, il Florence Open Skate. Quel viale non è normalmente molto trafficato e non ci sono abitazioni private, quindi sarebbe perfetto per organizzare i corsi per i principianti in tutta sicurezza e avere anche un ottimo spot per gli allenamenti. Un consiglio che dai a chi gira con te? Il casco. Sempre!



NOVEMBRE SABATO 1 G UANO PADANO Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera I L PAN DEL DIAVOLO Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP T HE FAUNS Tender Club (FI) ing. NP B ALOJI Auditorium Flog (FI) ing. 15/12 € F RESH YO GRABBER ANIMA Nof Club (FI) ing. libero U MBERTO TOZZI Teatro Verdi (FI) ing. 26/46 € F RANCESCO GARITO Plaz (FI) ing. libero I NCUBUS TRIBUTE Cycle (Calenzano) ing. libero con tessera I SANTI Exenzia Club (PO) ing. libero con tessera E SSERE O NON ESSERE AMLETO (1-9/11) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 €

DOMENICA 2 S UONI RIFLESSI (2-16/11) Sala Vanni (FI) 12/8 €

LUNEDÌ 3 N O SENSE | MASSIMILIANO SORRENTINI, GABRIO BALDACCI, STEFANO BARTOLINI Nof Club (FI) ing. libero D IVINO COMMEDIA (3-24/11) Spazio Alfieri (FI) ing. 5 € Z OOM FESTIVAL (3-11/11) Teatro Studio (Scandicci) ing. NP

MARTEDÌ 4 I MPROVISTI Nof Club (FI) ing. libero S ERVO PER DUE (4-9/11) Teatro della Pergola (FI) ing. 32/16 € A NTONETTE GOROCH-OLIVIA MANCINI Max Pub (FI) ing. libero

MERCOLEDÌ 5 C IRQUE DU SOLEIL Nelson Mandela Forum (FI) ing. 40/80 € R OCK CONTENST Tender Club (FI) ing. Libero L E NUITS DU MANOUCHES Nof Club (FI) ing. libero O MAGGIO A MARGUERITE DURAS (5-6/11) Istituto Francese (FI) ing. libero L ANZILLOTTA-LUPO Teatro Verdi (FI) ing. 20/16 € L A VITA COME AVVENTURA Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. libero

GIOVEDÌ 6 R OCK CONTEST Tender Club (FI) ing. NP

THE GREASY BEARS

Plaz (FI) ing. libero MAZZAOKE Exenzia Club (PO) ing. libero con tessera GIUSTO LA FINE DEL MONDO (6-7/11) Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 €

VENERDÌ 7 F LORENCE TATTOO CONVENTION + WALL SKIN (7-9/11) Fortezza da Basso (FI) ing. 16 € P IERPAOLO CAPOVILLA Viper Theatre (FI) ing. 10 € M +A Tender Club (FI) ing. NP A FREE MAMA Nof Club (FI) ing. libero F RED WESLEY & THE NEW JB’S Auditorium Flog (FI) ing. 10 € R ATIONAL EMOTIVE THERAPY Max Pub (FI) ing. libero G IVDA Controsenso (PO) ing. libero con tessera G RANPROGETTO Plaz (FI) ing. libero V ALERIAN SWING Cycle (Calenzano) ing. libero con tessera S YNTHETHIC MEN Exenzia Club (PO) ing. 10 € A RISTOFANE#UTOPIA (7-8/11) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € N ESSI (7-8/11) Teatro Puccini (FI) ing. 20/25 € U N PO’ DI ME Teatro Verdi (FI) ing. NP S UPERHERO (7-9/11) Teatro di Cestello (FI) 15/13 € N O - I GIORNI DELL’ARCOBALENO Istituto Stensen (FI) ing. 6/4,50 € C HERUBINO GAMBARDELLA Spazio A (FI) ing. libero

SABATO 8 C ALIBRO 35 Auditorium Flog (FI) ing. 10 € D RINK TO ME Tender Club (FI) ing. NP N OISY-ENCA-VARROSI-DJ ABOOM Viper Theatre (FI) ing. 20 € G LUE IN SWING - II EDITION Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera Z YDECO Nof Club (FI) ing. libero F RANCESCO RENGA Teatro Verdi (FI) ing. 23/51 € O NDE ROCK Plaz (FI) ing. libero S ANDBLUSTING Cycle (Calenzano) ing. 4 € con tessera M ANOUCHE PARTY Pinocchio Jazz (FI) ing. 10 €

A BA SHANTI Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP B ACK TO THE 90’S BOYS Exenzia Club (PO) ing. 5 € L E MILLE E UNA NOTTE (8-9/11) Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € L A DANZA UNISCE LE CULTURE Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 12/10 € L E SORELLE MATERASSI (8-9/11) Teatro Reims (FI) ing. NP

DOMENICA 9 N OVONADA Max Pub (FI) ing. libero

LUNEDÌ 10 J ACK D’AMICO w/ MATTEO BORDONE, FEDERICO SCETTRI Nof Club (FI) ing. libero F LORENCE YOUTH & HERITAGE FESTIVAL (10-13/11) ICLAB (FI) ing. NP

MARTEDÌ 11 F ATOUMATA DIAWARA Auditorium Flog (FI) ing. 15/12 € L EAVE THE PLANET Max Pub (FI) ing. libero A NUNNAKI Teatro Verdi (FI) ing. 7 € T IC NOF Nof Club (FI) ing. libero L A LEGGENDA DEL GRANDE INQUISITORE (11-16/11) Teatro della Pergola (FI) ing. 32/16 € L A GUERRA PER IMMAGINI (11-12/11) Istituto Francese (FI) ing. libero V ISIO Villa Romana (FI) ing. NP

MERCOLEDÌ 12 B LUES BAND Nof Club (FI) ing. Libero L O SCHERMO DELL’ARTE (12-16/11) Cinema Odeon + Varie Location (FI) ing. NP

GIOVEDÌ 13 R OCK CONTEST Tender Club (FI) ing. libero S CANDALOSOBRIO | QUEER FESTIVAL Nof Club (FI) ing. Libero D IO GRONE NIGHT Max Pub (FI) ing. libero M AZZAOKE Exenzia Club (PO) ing. libero con tessera A LAIN FLEISCHER Istituto Francese (FI) ing. libero

VENERDÌ 14 M ARIO VENUTI Viper Theatre (FI) ing. 20 €

F AST ANIMALS AND SLOW KIDS Tender Club (FI) ing. NP N OTHING FOR BREAKFAST Nof Club (FI) ing. libero N ECESSARIAMENTE Auditorium Flog (FI) ing. 10/5 € S I NON SEDES IS Max Pub (FI) ing. libero E MANUELE PARRINI SOLO/HOBBY HORSE Sala Vanni (FI) ing. 15/10 € V ERTIGINE & PAOLINO Plaz (FI) ing. libero L UCERTULAS Controsenso (PO) ing. libero con tessera R UGGERO DEI TIMIDI Exenzia Club (PO) ing. 5 € S AVING MR. BANKS Istituto Stensen (FI) ing. 6/4,50 € I L MIO GESU Teatro ObiHall (FI) ing. NP V ALJEAN IL MUSICAL Teatro Puccini (FI) ing. 20/25 € I N-ERME (14-15/11) Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € A LL’ALBA PERDERÒ (14-16/11) Teatro di Cestello (FI) 15/13 € D ELITTO PER DELITTO (14-23/11) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 € F RANCO PURINI Spazio A (FI) ing. libero I L PASSATO NEL PRESENTE Istituto Francese (FI) ing. libero

SABATO 15 F UZZ ORCHESTRA Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera M ARTA SUI TUBI Auditorium Flog (FI) ing. 12/10 € T HE PROPER Tender Club (FI) ing. NP N EDO & THE BELLOS Nof Club (FI) ing. libero F ELIX KROCHER Viper Theatre (FI) ing. NP C ONTUSION Plaz (FI) ing. libero S KIP & DIE + CLAP! CLAP! Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP B ARBARA CASINA & BANDA SUL Pinocchio Jazz (FI) ing. 10 € B LAZE BAYLEY Exenzia Club (PO) ing. 12 € O PERETTA BURLESCA (15-16/11) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € C AVEMAN - L’UOMO DELLE CAVERNE Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 € S OGNI E BISOGNI (15-16/11) Teatro Politeama (PO) ing. 22/18 € S OLO SE TU LO VUOI (15-16/11) Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 12/10 € L A FINESTRA SUI CORTILI (15-16/11) Teatro Verdi (FI) ing. NP

Domenica 9 novembre ore 10.00/11.00/12.00

IN SUA MOVENZA È FERMO Visita spettacolo al Teatro della Pergola In collaborazione con Compagnia delle Seggiole

www.teatrodellapergola.com


MUSICA TEATRO ARTE CINEMA EVENTI PERCHÉ A FIRENZE NON C’È MAI NIENTE DA FARE... DOMENICA 16

LUNEDÌ 17 S LASH Nelson Madela Forum (FI) ing. 40/50 € M ANNARINO Teatro Obihall (FI) ing. 40/24 € N EKO w/ FRANCESCO DIODATI, FRANCESCO PONTICELLI, ERMANNO BARON, CARLO CONTI Nof Club (FI) ing. libero

MARTEDÌ 18 E MMA MARRONE Nelson Madela Forum (FI) ing. 29/57 € T IC NOF Nof Club (FI) ing. libero I O MAI NIENTE CON NESSUNO AVEVO FATTO Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € I NTERVISTA AL CERVELLO SHOW Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. NP

MERCOLEDÌ 19 T RANS UPPER EGYPT Max Pub (FI) ing. libero C ESARE CREMONINI Nelson Madela Forum (FI) ing. 31/48 € G IOACCHINO TURU E VANESSA V Nof Club (FI) ing. libero T HE MUSICAL BOX Teatro ObiHall (FI) ing. 40/24 € O RCHESTRA SINFONICA DI GUANAJUATO Teatro Verdi (FI) ing. 20/16 € L ’AVARO Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 24/10 €

GIOVEDÌ 20 R OCK CONTEST Tender Club (FI) ing. libero S URGICAL BEAT BROS Max Pub (FI) ing. Libero B LUE POPSICLE Nof Club (FI) ing. libero G LI UOMINI DI OKINAWA Plaz (FI) ing. libero M AZZAOKE Exenzia Club (PO) ing. libero con tessera U BU AND THE TRUTH COMMISSION (20-22/11) Teatro della Pergola (FI) ing. 32/16 € C ARCARLO PRAVETTONI (20-22/11) Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 € I NFERNO PURGATORIO E PARADISO Teatro ObiHall (FI) ing. 22/16 € S CRITTI PACIFISTI (20-21/11) Istituto Francese (FI) ing. libero

VENERDÌ 21 S OVIET SOVIET Tender Club (FI) ing. NP B ALKANIC PARTY Auditorium Flog (FI) ing. 12/10 € F LAMINGOES Nof Club (FI) ing. libero T HEGIORNALISTI Controsenso (PO) ing. libero con tessera L OUIS MOHOLO-MOHOLO/ALEXANDER HAWKINS DUO Sala Vanni (FI) ing. 15/10 € G OLD 5 Plaz (FI) ing. libero S SSR-CCCP TRIBUTE Cycle (Calenzano) ing. libero con tessera J 27 Exenzia Club (PO) ing. 5 € F LORENCE QUEER FESTIVAL (21-27/11) Cinema Odeon (FI) ing. 7/5 € P IETRO CARLO PELLEGRINI Spazio A (FI) ing. libero A SPETTANDO IL NATALE (21-23/11) Teatro ObiHall (FI) ing. 5 € F AR WEST (21-23/11) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € B USTRIC (21-23/11) Spazio Alfieri (FI) ing. 12 € U NA FAMIGLIA QUASI PERFETTA (21-23/11) Teatro Verdi (FI) ing. NP M ARINAI Teatro di Cestello (FI) 15/13 € T UTTO SUA MADRE Istituto Stensen (FI) ing. 6/4,50 €

SABATO 22 J OHNNY MOX + GAZEBO PENGUINS Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera A TOYS ORCHESTRA Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP P USSYWARMERS + TIGER FOREST CAT Tender Club (FI) ing. NP C OCAINOMADI Nof Club (FI) ing. libero G EORGE EZRA Viper Theatre (FI) ing. 20 € M ARLENE KUNTZ Auditorium Flog (FI) ing. 15 € T HE LIARS + RITUAL CHUD Max Pub (FI) ing. libero S URFER JOE Plaz (FI) ing. libero R ITA MARCOTULLI & LUCIANO BIONDINI DUO Pinocchio Jazz (FI) ing. 10 € N EON Exenzia Club (PO) ing. 5 € A LTISSIMA POVERTÀ (22-23/11) Cango (FI) ing. NP E ROTICANZONI Teatro Politeama (PO) ing. 10 €

SOGNO 2.0

Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 12/10 € GRAND PRIX GINNASTICA Nelson Madela Forum (FI) ing. 16/26 €

DOMENICA 23 STABAT MATER

Chiesa di San Firenze (FI) ing. libero L’ABETE Teatro Puccini (FI) ing. 8 €

LUNEDÌ 24 JAZZ | OMIT FIVE

Nof Club (FI) ing. libero ROBERTO BOLLE Nelson Madela Forum (FI) ing. 42/100 € IL SOLE D’INVERNO | CINQUANTA! (2528/11) Teatro di Caldine (Fiesole) ing. 15/12 € GREAT QUEEN RATS Teatro ObiHall (FI) ing. 15/20 €

MARTEDÌ 25 FISH

Viper Theatre (FI) ing. 20 € BIAGIO ANTONACCI Nelson Madela Forum (FI) ing. 34/75 € TIC NOF Nof Club (FI) ing. libero ADECH Spazio Alfieri (FI) ing. 7.5 €

MERCOLEDÌ 26 A PIPPO NON PIACE LA PIZZICA

Nof Club (FI) ing. libero IL CAPPELLO DI PAGLIA DI FIRENZE (2627/11) Teatro di Cestello (FI) 15/13 €

GIOVEDÌ 27 ROCKCONTEST

Tender Club (FI) ing. libero CONTRO LE MAFIE Auditorium Flog (FI) ing. libero KUBRICK Max Pub (FI) ing. libero MAZZAOKE Exenzia Club (PO) ing. libero con tessera IL MALATO IMMAGINARIO (27-30/11) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € NEMICO PUBBLICO Teatro Puccini (FI) ing. 16/20 € DON GIOVANNI (27-30/11) Teatro Verdi (FI) ing. NP WAR REQUIEM Istituto Francese (FI) ing. libero

VENERDÌ 28 SUBSONICA

Nelson Madela Forum (FI) ing. 28 € NAOMI BERRILL Sala Vanni (FI) ing. 13/10 €

A VEC SANS Tender Club (FI) ing. NP N ORGE LED ZEPPELIN TRIBUTE BAND Teatro ObiHall (FI) ing. 12/20 € T HE REAL MOTHER FUNKERS Nof Club (FI) ing. libero C ALIBRO 35 Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP C ALAFOSCOPA Auditorium Flog (FI) ing. 5 € T HE RUST AND THE FURY Controsenso (PO) ing. libero con tessera L AST TRAIN TRIO Plaz (FI) ing. libero Y ABANCI Exenzia Club (PO) ing. 5 € O OOOOOO Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € M ARATONA DI NEW YORK (28-29/11) Teatro Puccini (FI) ing. 18/22 € P RENDILA COSÌ (28-30/11) Teatro di Cestello (FI) 15/13 € M ASSIMO DEI Spazio A (FI) ing. libero

SABATO 29 W U MING CONTINGENT Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera R INO GAETANO BAND Auditorium Flog (FI) ing. 8 € G ENERAL STRATOCUSTER & THE MARSHALL Nof Club (FI) ing. libero H ANG-ON Tender Club (FI) ing. NP H EYMOONSHAKER Viper Theatre (FI) ing. 10 € 9 9 POSSE Sonar (Colle Val d’Elsa) ing. NP P FM Teatro ObiHall (FI) ing. 40/24 € B LUESTASTICS DUO Plaz (FI) ing. libero U FOMAMMUT Cycle (Calenzano) ing. 18 € con tessera P IERO BITTOLO BON Pinocchio Jazz (FI) ing. 10 € S IXTH JUNE Exenzia Club (PO) ing. 5 € I L MALATO IMMAGINARIO (29-30/11) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 € A SCOLTANDO GABER Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 12/10 €

DOMENICA 30 I L DIAVOLO E L’ACQUA SANTA Teatro Dante (Campi Bisenzio) ing. 12/10 € C AVALLERIA RUSTICANA Teatro Politeama (PO) ing. 28/14 €


NOVEMBRE da non perdere SABATO 1 UMBERTO TOZZI Teatro Verdi (FI) ing. 26/46 € Poche volte so essere serio come quando parlo di Umberto Tozzi. E non so se é merito del video di “Stella Stai” dove é una vera rockstar, o forse grazie a quello di “E muoio di te” gran pezzo vincitore pure del Festivalbar... qui solca le strade americane con una mustang cabrio. È che io adoro le sue interpretazioni e i suoi contributi determinanti. Come in “Si può dare di più” dove il suo “rubandoiminuti di un’eternitàaaaaAAAA” é senza dubbio il picco della canzone.

MARTEDÌ 18 EMMA MARRONE Nelson Madela Forum (FI) ing. 29/57 € Mai dimenticherò il manifesto modificato da un allegro toscano in EMMAiala.

VENERDÌ 7 GRANPROGETTO Plaz (FI) ing. libero Quando c’avevamo visto giusto c’avevamo visto giusto. Continua la saga del “sostegno incondizionato ai gruppi che hanno partecipato a Mars Attacks 2013”. Conferma il nome questa Band di ottimi musicisti in grado di essere normalmente speciali. Poche pretese, grande professionalità, ottima produzione musicale... cosa desiderare di più?

SABATO 8 FRANCESCO RENGA Teatro Verdi (FI) ing. 23/51 € Intanto lui è il compagno di Ambra il che significa che ogni sera si infila sotto le lenzuola di una donna ganza, bella, intelligente, brava e pure con quel gusto teen anni 90 che chi ha 38 anni come me capisce al volo. Ecco, per me resta l’unica cosa buona che ha fatto dopo aver registrato “per volareeeeEEEEEEE.... SENZA TEMPOOOOOO” con i Timoria.

GIOVEDÌ 13 SCANDALOSOBRIO Nof Club (FI) ing. libero BANCOMAT BANCOMAT. Cara Scandalo SoBrio, lo so che sei amica su facebook di uno di Lungarno ma vorrei che tu avessi occhi solo per me. Io non farò mai lo stronzo con il cuore degli altri, io sarei la tua vasca da bagno, la schiuma che ti fa bruciare gli occhi, sarei la tua scala, i tuoi stivali. Io ti amo e il 13 novembre te lo dimostrerò.

LUNEDÌ 17 SLASH Nelson Madela Forum (FI) ing. 40/50 € Chi di noi non ha mai fatto l’intro di Sweet child of mine con una scopa in mano o facendo il cretino in macchina? Chi non ha mai pensato di essere nel parcheggio della chiesa in mezzo al deserto suonando sotto un cazzo di elicottero che alza la polvere e soprattutto facendo un baccano tutto senza jack attaccato all’amplifcatore? mai mettere in discussione il Gighen della chitarra elettrica, mai.

SABATO 22 JOHNNY MOX + GAZEBO PENGUINS Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera Esiste un calore che contraddistingue diverse persone del nord. Mi piace pensare che sia un calore che assimilano ai focolari, nei rifugi nelle nevi, dentro ai cappotti mentre il vento batte forte. Il Reverendo Mox ha questo calore, lo diffonde dalla stretta di mano sino a quando predica da sopra una cassa rendendoci tutti apostoli o, chi lo sa, tutti profeti. Da non perdere.

VENERDÌ 28 SUBSONICA Nelson Madela Forum (FI) ing. 28 € NAOMI BERRILL Sala Vanni (FI) ing. 13/10 € Ecco un doppio col botto. Serate come questa sono rivelatrici del fermento fiorentino. Hai 20 anni e vuoi sapere come ci siamo divertiti noi a 30? Hai 30 e vuoi divertirti come quando ne avevi 20? Hai 40 anni e hai la sera libera e “dai bimbe andiamo a vedere quel Figo di Samuel?”. Allora vai a vedere i Subsonica. Hai 20 e vuoi fare colpo su colui/colei che ti piace che magari appezza l’ottima musica Homemade e vuoi creare un ottimo ambiente romantico? Hai 30 anni e ti piace la musica che culla e stuzzica magari anche con un violoncello di mezzo che anche se non ti piace comunque viene bene a raccontarlo? Hai 40 e cerchi quella cosa comoda che ti porti fuori di casa ti faccia sentire bene senza strafare e magari mercoledì poi vai pure al cinema? Allora Sala Vanni, Naomi Berrill e magari ti compri anche il cd


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I PROVINCIALI

N

on c’è tregua a Prato e ne siamo parecchio contenti. Perché come ci insegnano da Firenze, alla fine anche quaggiù in Provincia ci sono sempre più cose da fare. Stiamo parlando di nuovi spazi culturali che nascono come funghi qua e là, sempre espressione di giovani e gruppi di giovani che si rimboccano le maniche e provano a fare quello che più gli piace. Specialmente in centro storico. Ne segnaliamo due, da cui Pratosfera si aspetta grandi cose. Il primo è nuovo di zecca e porta il nome di “Aut!”. E’ un’associazione culturale spuntata in via Filippino, una delle strade degradate del centro storico, e che oltre all’attività culturale fatta di mostre fotografiche, teatro, laboratori per bambini e musica, si ripromette di offrire servizi ai giovani e meno giovani: dai servizi di Caf all’assistenza per la redazione del curriculum fino ad arrivare al supporto nelle pratiche legate al soggiorno all’estero con il programma Erasmus. Insomma, ci sono un sacco di cose in ponte in via Filippino. Il programma vero e proprio partirà dai primi di novembre ma quello di “Aut!” e del “Left Lab” che ci sta dietro è sicuramente una delle realtà da tenere d’occhio questo inverno. L’altra segnalazione è una vecchia conoscenza del panorama culturale pratese ma non per questo merita meno attenzione, anzi. Fonderia

POINT OF VIEW

di pratosfera

Aut! e Fonderia Cultart Cultart ha inaugurato da poco la sua nuova sede nell’ex Chiesino di San Giovanni in piazza delle Carceri, mettendo in piedi un programma di concerti, incontri, degustazioni, presentazioni per pochi intimi che ha tutte le intenzioni di diventare un cult dell’inverno pratese. Un po’ di appuntamenti? Il 7 novembre i “The Talkings

Bugs”; dall’8 al 30 novembre, “Uforoblog”, mostra fotografica di Francesco Vieri; il 15 novembre arriva il “Jep Gambardella Acoustic Trio”; il 22 sarà invece la volta di “Art & Kids”, sperimentazioni artistiche rivolte ai più piccoli . Fino ad arrivare al 28 e al concerto di “Giuradei”.

di gilberto benni

Jacob Aue Sobol Diversamente dalle altre volte ho lasciato che fossero le sensazioni del fotografo a parlare e l’invito è quello di addentrarsi insieme a lui nel viaggio attraverso lande sconosciute alla ricerca di nuovi orizzonti perché come diceva Eliot: «Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta». Distanze enormi a passo lento «In questo viaggio visiterò tre città in cui non sono mai stato: Mosca, Ulan Bator e Pechino. Il treno mi porterà dalle foreste russe al deserto della Mongolia, e alla fine attraverso le montagne fino a Pechino. Il treno sarà il fil rouge che collega queste tre capitali. Dal finestrino seguirò i cambiamenti del paesaggio e dell’atmosfera. È un viaggio che ho sempre voluto fare; il leggendario viaggio lungo la ferrovia transiberiana. Così tanta storia ha avuto luogo lungo questi binari, così tanti occhi hanno visto quello che vedrò. Voglio scoprire se viaggiare in treno mi permetterà di vedere le cose da un’altra prospettiva. In Danimarca puoi attraversare il paese in treno in cinque ore, ma in Russia le distanze sono enormi. Mi domando se il collegamento tra le persone e i luoghi mi sembrerà diverso sapendo che passerò per ogni albero, ogni casa e

ogni villaggio lungo la mia strada per Pechino.» Ogni cosa è nuova «Russia, Mongolia e Cina mi sono del tutto sconosciute, tutto è nuovo, ma la mia ambizione rimane la stessa. Utilizzerò la macchina fotografica come strumento per creare contatto, vicinanza e intimità. Voglio incontrare gente, legarmi alle città, fare miei quei luoghi, anche se per poco tempo.» Bianco e nero «Scattare in bianco e nero è sempre stato per me il modo più diretto per raggiungere questioni esistenziali. Sento che in bianco e nero le mie immagini non sono legate a un tempo o a un luogo preciso, ma creano viceversa un proprio universo. Mi piace pensare che riguardino qualcosa di diverso e di più grande rispetto a ciò che mostrano. O almeno questa è la mia ambizione; focalizzarmi sulle emozioni con uno

stato d’animo che non è definito dall’apparenza o dalla provenienza, ma dalle cose che ci legano e ci rendono dipendenti l’uno dall’altro.» Il suo bianco e nero, intensamente personale ed espressivo, ha permesso a Jacob Aue Sobol di guadagnarsi la reputazione di una delle stelle nascenti della fotografia, fino a farlo diventare nel 2010 membro di Magnum Photos. Ha ricevuto il prestigioso Leica European Publishers’ Award nel 2008 per il suo lavoro I, Tokyo, ed è a lui che Leica si è rivolta per testare la Leica M Monochrom.



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UN SEX SYMBOL AL MESE

di il moderatore

una non precisata (ma di certo illuminata) mente alle prese con la vera essenza della bellezza

GIANLUIGI LENTINI

O

ggi si entra nella storia. Nella storia di un prescelto, nato in quella provincia torinese di manzoniane reminiscenze, arrivato in vetta al mondo del calcio e da lì velocemente sprofondato, ma nei secoli dei secoli impresso nei ricordi. Quei fortunati che se la sono vissuta in diretta, avranno sempre in testa la sua cavalcata impetuosa da ala vecchio stile, la progressione imprendibile da rugbista, nonché il suo leggendario inizio di carriera; pulcino nel glorioso Toro, lanciato da un altro romantico immortale, Emiliano Mondonico, demiurgo di quella squadra dei primi anni Novanta che fu capace di arrivare al terzo posto in campionato e di lasciare un fiume di lacrime sui legni di quella maledetta porta ad Amsterdam. L’escalation di Lentini in quel periodo sembra inarrestabile: è il trascinatore del Toro, la curva Maratona lo adora come un figlio, i critici cominciano a tirare fuori impegnativi paragoni con la “farfalla granata” Meroni; anche perché Lentini non sfugge alla tentazione del personaggio, con l’orecchino alla Maradona e con il caschetto sempre arruffato dal moto perpetuo delle sue

lunghe leve, che fanno di lui un Gullit sabaudo e che lo trascinano nelle grinfie di Berlusca. Dopo una trattativa estenuante, il Milan se lo aggiudica nel ’92 per una cifra vicina ai venti miliardi, la più alta mai registrata fino a quel momento nel calciomercato italiano. I quotidiani gridano allo scandalo, la Torino granata si ribella e i tifosi mettono a ferro e fuoco le strade cittadine come era successo due anni prima a Firenze per la cessione di Roberto Baggio alla Juve. Nell’invincibile Milan di Capello Lentini non è più il solista idolatrato, ma comincia bene la sua avventura al top del pianeta pallone, finché quella leggendaria sventura che perseguita i torinesi “made in Toro” si abbatte su di lui nell’estate successiva al suo primo campionato in rossonero. Al ritorno da Torino, si lancia in autostrada a 200 km/h con la sua Porsche gialla, dimenticandosi del ruotino di scorta appena montato al

LA ZONA D’OMBRA

posto della gomma forata. Perde il controllo dell’auto e si salva per miracolo, ma si stronca tutto. Torna a giocare dopo un anno intero, però non è più Lentini: è un giocatore normale. Il Milan lo scarica eppure lui continua. Mette il cuore davanti alle gambe spezzate che non gli consentono più di fare la differenza, va a ricercare Mondonico all’Atalanta, torna al Torino riportandolo in serie A. Continua a vagare lontano dal calcio che conta, fino a pochi mesi fa, quando a casa sua nel Carmagnola (campionato promozione piemontese), rifiuta l’offerta televisiva dell’Isola dei Famosi, perché Gigi Lentini è una leggenda.

di michele baldini

antagonismi gratuiti

FACCIO COSE, VEDO GENTE. COMBATTO.

A

h com’è bello partire, conoscere nuove persone, vedere posti nuovi, imparare nuove lingue. Insomma muoversi, lasciare la provincia, un paese in declino, esplorare mondi sconosciuti per sentirsi ripetere al ritorno, momentaneo o definitivo, «beato te!». Bisogna dire una cosa: la vita è una guerra. In molti la considerano giusta, ma è pur sempre una guerra. Il valore dell’esperienza, la propria crescita personale, la propria realizzazione, come si quantificano? La vita di tutti è una guerra, la si può vivere lanciando bombe da un aeroplano o facendone una trincea. La prima si dichiara subito vinta. Ce l’hanno insegnato gli americani o no? Ci accontentiamo di eliminare certi bersagli, ci diamo un tempo massimo e degli obiettivi, sorvoliamo paesi, confini, barriere architettoniche, vediamo il panorama dall’alto, spesso non curanti di chi sotto, pancia a terra, vorrebbe continuare a vivere la propria esistenza nel modo in cui l’ha sempre conosciuta. Si abbatte

uno status quo preesistente. Si perde la carica, l’energia, l’irrefrenabile istinto di uccidere, di conquistare a vantaggio della lucidità, di una implicita dichiarazione di potenza e di superiorità. Finito l’ingaggio, finita la guerra. Poco importa se il paese che si abbatte non lo lasciamo come l’abbiamo trovato, se ciò che distruggiamo non lo ricostruiamo mattone per mattone. L’altro tipo di guerra, quella che preferisco, è condotta all’arma bianca: ci si nasconde dietro le macerie, si accende un focolaio e se ne spegne

un altro. Spesso è difficile capire chi sia il nemico e perché lo si affronti. Lo guardi negli occhi, ti sembra di vivere ogni giorno dentro Niente di nuovo sul fronte occidentale. Nulla resta uguale e nulla si risolve. La tua vita, giorno dopo giorno, rimane appesa a un filo. Vivi di abitudini instabili, di equilibri discontinui, fatti da alti e bassi spesso poco bilanciati. Mia mamma che dice sempre «ama il mare, ma attaccati alla terra» mi fa sempre tanta simpatia…



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LA SCENA piccole incursioni nel sottobosco locale

jacopo prete

non solo, è una piazza poco incline ai nuovi movimenti. Infatti, a differenza di quanto avvenuto al tempo dei grandi poeti stilnovisti che portarono una ventata di autentica innovazione in campo letterario, ad esclusione di quello che si è espresso nel corso degli anni Ottanta, quando Firenze era considerata la capitale della new wave, oggi non si è capaci di mantenere tale avanguardia; anzi come si suol dire “si arriva dopo i fochi”. Il risultato? Apparire irrilevanti rispetto ad altre realtà nazionali.

Identificati in qualche modo. Jacopo Prete, per i confidenti più stretti “Sonic”. Fiorentino di nascita, fonico di professione. “Operaio della musica”, una descrizione che potrebbe inquadrare meglio questo ruolo all’interno di una piramide lavorativa dove, troppo spesso, si perde il senso dei rispettivi incarichi. Cos’è per te La Scena? Ad oggi non esiste alcuna Scena o meglio forse esiste solo in una realtà da salotto, dove pochi iniziati, mossi da enorme passione, tentano di lanciare idee nuove senza avere a disposizione molti mezzi. Firenze purtroppo di recente, e

JUST KIDS

Perché credere ne La Scena? Be’, altrimenti non saprei chi chiamare per andare a vedere la partita della Fiorentina. Può essere un buon inizio. (Sorride). [N.d.R.]

di davide morena

IMMAGINE E PRIVACY: DIRITTO E (MAN)ROVESCIO

I

n questo pazzo paese che è l’Italia, l’agenda delle questioni cruciali della comunità non nasce da esigenze condivise, ma è dettata da una nebulosa società segreta composta da politici, giornalisti, alieni e vicini impiccioni. Questa setta occulta, tra le tante nefandezze, è responsabile anche della grande preoccupazione di un numero crescente di genitori per il diritto alla privacy dei loro figli. Preoccupazione che diventa paranoia se al saggio di danza di Enrichetta, tra il mixer luci e le scale, ci capita di scorgere qualcuno che sta riprendendo l’evento. Ma può fare le riprese? Ma non dovrebbe chiederci di firmare una liberatoria? Spulciando la giurisprudenza a riguardo possiamo capire se e quando sia lecito che facciano foto o riprese video ai nostri figli senza il nostro consenso. E magari evitarci una brutta figura. Il diritto che ci sembra messo in pericolo è quello della tutela della nostra immagine, regolamentato dal Regio Decreto n. 633 del 1941, secondo cui per utilizzare l’immagine di Enrichetta è necessario che l’operatore abbiano avuto il consenso del genitore. Ma lo stesso articolo prevede una serie di eccezioni. In particolare, non è dovuto alcun consenso per riprendere persone, anche se minorenni, mentre partecipano a eventi che si svolgono in pubblico o nel corso di manifestazioni sportive e artistiche.

Il fatto stesso che si partecipi ad un saggio, che è un evento pubblico al quale si può partecipare pagando un biglietto, stabilisce implicitamente che ciò che accade durante il saggio non appartiene alla sfera privata. Di contro, se l’operatore volesse intervistare Enrichetta la norma e l’etica gli impongono di chiedere il permesso al genitore. Ma anche in questo caso non c’è bisogno di firmare nulla: il fatto stesso che Enrichetta parli davanti alla telecamera senza forzature implica la sua disponibilità a farsi riprendere, previo accordo con il genitore. Il problema semmai può dipendere dall’uso che farà di queste immagini. Se il video del saggio è destinato a realizzare un DVD ricordo o a essere inviato ai telegiornali a scopo redazionale, è tutto regolare. Ma il video non può essere usato per

montare lo spot di una ditta di abbigliamento per la danza senza il consenso o un eventuale accordo economico con il genitore. In questi casi, seppure non è facile ottenere un risarcimento, è però possibile ottenere la rimozione delle immagini, rivolgendosi direttamente all’interessato ed eventualmente al giudice. La linea di principio quindi è molto semplice: si possono riprendere o fotografare persone anche minorenni per strada, in luoghi ed eventi pubblici, e farne un uso informativo, didattico o culturale, purché questo non leda in alcun modo la persona ripresa. Certo, l’idea di “lesione dell’immagine” è relativa e sempre più spesso i genitori si arroccano su posizioni intransigenti; vedono rischi e abusi dove non ce ne sono affatto. La giurisprudenza in questo senso ha già ripetutamente espresso la propria posizione: quando il diritto all’immagine si scontra con il diritto di cronaca, entrambi garantiti dalla Costituzione, a prevalere è il secondo, purché non provochi un effettivo danno all’interessato. Perciò la prossima volta che al saggio di Enrichetta ci venisse la tentazione di fare la scenata della mano davanti all’obiettivo e del perentorio “spegni quella telecamera!”, chiediamoci se quell’operatore ci stia effettivamente danneggiando, o se invece rischiamo di essere noi a danneggiare lui.


PALATI FINI

di miriam lepore e giulia tibaldi

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NON MORDERMI PIÙ

«O

ra passa tutto, reagisci, datti una svegliata.» No, no aspettate, ho la perla: «Il tempo guarisce ogni ferita». No, no aspettate ne ho una migliore: «La vita va presa a morsi». Sono stata spalla bagnata da copiose lacrime e a mia volta ho sporcato di mascara le magliette di amici, parenti e anche di qualche malcapitato sconosciuto. Potrei stilare un decalogo delle cose che si dicono agli amici per tirarli su di morale (le liste vanno molto di moda, acchiappano clic, ma qui siamo su carta e posso pure evitarle). Eppure non ci sono frasi più fastidiose da sentire quando sei dalla parte del mascara colato e al contempo più facili da dire se sei dalla parte della maglietta da sfregare con lo smacchiatore. Perché in realtà non sono altro che vere. Di fatto quel dolore che ti schiaccia lo stomaco e ti fa re-

spirare a fatica resterà con te, ma cambierà lentamente forma. Diventerà un brutto ricordo. Non ti farà più saltare un battito o abbassare gli occhi. «Eh ma questa volta è diverso.» «No, non lo è.» Ma se per il tempo che passa, e tutte quelle cose lì, posso anche prendere le parti del buon senso comune, per la vita che va mozzicata no. «Ma chi sei? Uno del reality di Briatore? Un live fast die young? Un non sei tu sono io che ho bisogno di fare esperienze nel mondo?» Ecco, ciao. Io dico che la vita va inzuppata, magari nel vin santo. Che secondo me ci rende più felici e basta ed evita difficili smacchiamenti di magliette bianche.

CANTUCCI ALLE MANDORLE Ingredienti 500 gr di farina 4 uova intere 1/2 bustina di lievito per dolci 350 gr di zucchero 1 cucchiaio di miele di castagno 250 gr di mandorle la scorza grattugiata di un arancio

Preriscaldiamo il forno a 200°. Setacciamo la farina su una spianatoia insieme a zucchero e lievito. A parte sbattiamo le uova con la scorza d’arancio, il miele e una punta di sale e uniamo al composto di farina. Cominciamo a lavorare e dopo poco aggiungiamo anche le mandorle. L’impasto deve risultare appiccicoso, se non lo è possiamo aggiungere un goccio di vin santo. Formiamo dei panetti stretti e lunghi e inforniamo per circa mezz’ora, o comunque fino a quando la superficie non sia ben dorata. Lasciamo raffreddare per qualche minuto, poi tagliamo i panetti ricavando cantucci di circa due centrimetri di larghezza.

PALESTRA ROBUR

di leandro ferretti

lezioni di ginnastica culturale per fiorentini

PONTE ALLE GRAZIE

N

ell’essere vecchio è solo di poco più giovane del più vecchio. Ponte alle Grazie è il secondo attraversamento dell’Arno costruito in città dopo il Ponte Vecchio, per l’appunto. Oggi saluta il fiume che entra nell’agglomerato storico, esattamente come ha fatto ogni giorno dal 1237 quando la sua costruzione fu terminata sotto l’egida del Podestà Rubaconte da Mandello che gli dette il primo nome, da cui l’osservazione dantesca «la chiesa che soggioga la ben guidata sopra Rubaconte» riferita a San Miniato. Ponte alle Grazie ha il sapore di un breve confine, che separa due modi di intendere Firenze: quella ancora un po’ periferica prima, e quella totalmente immersa nei suoi fasti dopo. È stato sempre un ponte vissuto a livello popolaresco, usato come si usava il fiume una volta, uno spazio urbano simile a tanti altri. Si chiedevano le grazie a una immagine devozionale della Madonna che stava in un tabernacolo dalla parte di via dei Benci; vi si lavorava alacremente, i renaioli da una parte e i legnaioli dall’altra, questi ultimi intenti a parcheggiare i tronchi nella zona oggi occupata dai canottieri, per poi issarli servendosi di un terrapieno che tuttora si intuisce; e ci si divertiva, unendo alle ragioni igieniche

quelle ludiche e un po’ di onnipresente malizia. Per lungo tempo si trovò nei pressi del ponte, infatti, un bagno pubblico dalla parte di Piazza dei Mozzi: si scendeva tramite una scala sulla riva del fiume e lì ci si immergeva. I tempi erano tali per cui non solo vigeva la promiscuità, ma

anche uno scarso pudore. Proverbiale divenne allora il fatto che in quelle acque nuotassero pesci non scevri di rischio per le donne costumate. Fischiaio veniva chiamato quel bagno, e mai fu scelta forse denominazione più adatta per qualcosa.


probably the best Pub in Via Orti Oricellari 11 spine di Birre Artigianali a rotazione • Grande selezione di bottiglie da tutto il mondo • Live Music e Sports Room • Aperto tutte le sere dalle 17.00 alle 2.00

Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito 4 nov Antonette Goroch (Alt-folk / country blues) + Olivia Mancini (Folk-rock / USA) 7 nov Rational Emotive Therapy (New Wave / Old carne, Firenze) 9 nov Novonada

(Indipendent Rock, Londra, Firenze chiamata)

11 nov Lasciare il pianeta (Post-Rock / Alternative Pop, Londra) 13 nov Dio Drone notte (Performance Sperimentali da Ravenna e Firenze) 14 nov Si Non Sedes Is (post / hardcore-metal Dalle fauci della Capitale) 19 nov Trans Alto Egitto (Fuzzy Psych Rock, Roma) 20 nov Surgical Bros beat (Sperimentale elettronico Pop-Noise impresa Mombu & Neo) 22 nov The Liars (Garage / Surf, Pisa) + Rituale Chud (punk-rock / eroi del rock’n’roll, Firenze) 27 nov Kubrick (Emotional duo Post / Rock, Firenze)

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BASTA STARE TRANQUILLI

di simona santelli

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Un meraviglioso caso di astigmatismo

L

a giornata comincia alla grandissima con i miei fidi Wayfarer spaccati in due, proprio là dove si infila la nappa. Divento aggressiva tipo Veruca Salt in La fabbrica di Cioccolato e comincio a inveire, soprattutto nei confronti della Chiesa Cattolica. Ma pesantemente, aggiungendo particolari high-tech, tipo gente che si ritrova incinta di un mouse. Poi mi dicono di star tranquilla che mi viene il reflusso gastroesofageo. No, cioè. «Sarai un po’ stressata» mi dice con grandi occhioni spalancati la naturopata fricchettona con i fili d’argento fra i capelli. Ma farsi un po’ di henné, amica? «Mmm… sì, certo… chi non lo è?» «Non ti piace proprio il tuo lavoro vero?» Rughette d’espressione tutte concentrate in una nota di disapprovazione. «No, a me il mio lavoro piace, in realtà.» «Eh, ma bisogna tu ti dia una calmata, rischia di diventare cronico questo tuo problema… sei sicura, nessun attrito, ansia… ?» «Nessuna ansia.» Chiaro che preferirei star qui a rifilare pinoli di San Rossore a settantanove euro al chilo alle pittrici di borgo della Stella, proprietarie di mansarde che si affacciano sul Giardino degli Antinori, o a dissertare sulla mooncup con persone che ormai hanno fraternizzato con il mezzo – ergo la mooncup non è solo un flute su per la figa, ma anzi, salverà il mondo. Chiaro. Invece mi ritrovo a parlare con gli uffici di Google, e non so se ci avete provato, eh, buona fortuna. Loggati e sloggati almeno trecento quarantasei volte in un giorno da più account. Hai presente? Username, password, la password digitata non è quella cor-

retta, hai dimenticato la tua password? Digita la tua email, ti rimanderemo la password. Non le rispondo così, chiaramente, ma poco dopo me ne pento. Perché questo suo negozio Yogi Tea e farine di ’sto cazzo è pieno di bohémiennes trentenni che comprano le verdurine per cena, gli snack di semi di girasole e lo yogurt fatto con il latte di capra e ci stanno sentendo. «Hai problemi di stipsi? Forse non proprio totale, ma una cosa chiamata “feci a molla”, ne fai un pezzettino e risale su, pezzettino e risale su, eh?» Mi guardo intorno come se fossi l’emoticon di Skype con i denti in fuori che osserva a destra e a sinistra. Sono disposta a tutto, pur di uscirne viva. La odio. Manco hanno i prezzi su tutti i prodotti. Lo sapete che non è legale, eh? Mi porta addirittura davanti allo scaffale dove una volta giacevano le prugne umeboshi. «Quelle sarebbero state perfette per il tuo disturbo, ma adesso, sai com’è, potrebbero essere radioattive. E giustamente non possiamo mica riempirci la bocca di bio di qua, bio di là e poi ci prendiamo le prugne “giappe” all’uranio.» Ah, Marie Curie, certo che no. Per dovere di cronaca finisce che spendo trenta euro in silicea gastrointestinale e magnesio a mille milioni di euro al grammo. Secondo me la prendono dal solito fornitore dei pinoli di San Rossore a settantanove malloppazzi al chilo. Ma le difficoltà, oltre che di praticità quotidiana, nel vivere una vita non menomata ed economicamente accettabile non finiscono qui. Dicevo, infatti, la mattina parte con i miei Rayban preferiti divisi a metà: senza non posso stare. Donc, pausa pranzo, occhialaio. Uno

di quelli storici con i cartelloni oculistici e un vecchio dentro, che pensi ora do un colpo secco assestato bene a ’sto vecchio, e gli rubo tutto. E i cassettini in metallo con le targhettine. Potresti essere qui o da un tipografo, chi se ne frega, l’importante è avere la casa quanto più simile possibile a quelle di blog very cool. Di occhiali, infatti, neanche l’ombra. Ma di cosa vive questo? «Buongiorno signorina, è qui per una visita oculistica?» Lo osservo meglio: è tutto rugoso, ha un alito che non riesco a capire cosa si sia mangiato, forse fa colazione con la soluzione salina. Intorno agli occhi ha delle strane escrescenze gialle. Sembra una tartaruga. Ha gli occhi acquosi, ma si vede che ha il pensiero lucido. Che non se sta a rincoglioni’, insomma. Non lo ammazzo con una vecchia Leica fra capo e collo come nei miei piani, perché potrebbe sorprendermi con un’insospettata agilità. Presa alla sprovvista, riemergo velocemente dai miei piani abissali e chiedo se sviluppano rullini. «Sì, certo, sviluppiamo i rullini… ma la visita oculistica?» «Mmm, no, non ne ho bisogno, vedo bene.» Ho la “cacca a molla”, può bastare?! «Se vede bene lo decido io.» Sfiatellata al tartufo e Vetril. «Signorina lei ha degli occhi bellissimi… un meraviglioso caso di astigmatismo. Palese. Sì, sì, lo vedo a occhio nudo. Mmm, chissà com’è fortunato il ragazzo che la mattina si sveglia e può ammirare questi begli occhi asimmetrici. Ce l’ha il fidanzato?»


New Album

ven

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novembre

Sala Vanni Piazza del Carmine, 14 Firenze

Biglietti: Prevendita 10 euro + d.p. | Alla biglietteria 13 euro. | Prevendite: Box Office | www.boxol.it Info: Musicus Concentus | tel. 055 287347 | musicus@dada.it www.musicusconcentus.it | www.naomiberrill.org


STELLE

di faolo pox - disegni di aldo giannotti

per quadri astrali o astri quadrali scrivi a oroscopo@lungarnofirenze.it e sarai rimborsato.

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Mi sbagli i fondamentali specialmente nell’approccio all’altro sesso, alla famiglia e al lavoro. Quindi mi sentirei di dirti che sbagli il metodo, e anche un po’ la prima impressione che offri. Leggerezza Ariete, leggerezza non è frivolezza, leggerezza è un sorriso alla panettiera, una mancia al venditore di rose, uno sguardo complice all’estetista, una letta a quest’oroscopo mentre sei sul cesso. Perché se la gente pensa che sei troppo serio altro non è che la maniera più gentile di dirti che sei pesante. Piuma

Toro Toro, pensi a come tagliare i rami secchi o a come gestire i nuovi germogli? Pensi sia meglio dire al giardiniere di tornare con la sega e l’apino o con una camionata di concime e delle fascette? Pensi sia meglio che l’autunno marcisca le ultime sterpaglie o che forse tutto quell’humus delle foglie sarà un toccasana per il tuo nuovo innesto? Perché non hai un giardino abbastanza grande per fare entrambi e soprattutto le energie sono sempre le stesse. Ma decidi altrimenti i rami saranno pesi penzolanti e i germogli appassiranno sul nascere. Pollice Verde

Dedicarsi. Cosa significa dedicarsi realmente? Fare qualcosa per qualcun altro perché è la cosa giusta da fare o farlo perché ce la si sente sul serio? Perché la prima presuppone una manifestazione di riconoscenza da parte del beneficiario, la seconda no, la seconda la soddisfi tu, anzi, sei tu a dover ringraziare per la possibilità. Dividi ciò che hai fatto in questo semplice schema e vedi dove vuoi intervenire (forse a casa) e dove potresti (tipo in amore). E poi agisci con tutto il cuore, come sai fare tu. Ma mai recriminare, mai. Autostrada

Cancro mi sembri Giuseppe Rossi con in mano il telefonino a giugno 2014 che vorrebbe scrivere “Caro Prandelli vattelo a pigliar nel c**o” e invece scrive da mezzo rosicone e mezzo dispiaciuto e pure mezzo solidale con i compagni. Ecco tu nel rapporto di coppia che stai vivendo sei più o meno così. Ma sbagli, o scrivi tutto oppure non scrivere niente. Perché è l’unica soluzione che ti tiene sano e connesso. Parlare chiaro, sempre, senza pensare che “caspita l’avrà capito, no?”. Invece tentenni, usi i puntini, rileggi quello che stai per scrivere, smussi. Non ci siamo, devi importi e imprimere la tua opinione per bene. Pressione

Non vorrei mai, mai, mai usare questa espressione, ma devo. Saturno contro. Pare passato, ma ti piace dare la colpa a ’sto Saturno, se vede. Ma adesso dai, mettici del tuo, buttati, cercatela questa intimità, coltivala, allarga l’orizzonte delle tue aspettative, ma senza sconfinare nella solita utopia che tanto Angelina Jolie non busserà alla tua porta, Brad Pitt non ti noterà tra le sconosciute, ma non per questo la tua vita non sarà folgorante come un lampo e fresca come una fonte. Parapendio

Fluttui. Mo lo finisco così ’sto oroscopo. Fluttui. Così poi numme dici che i miei parerei sono privi di fondamento e soprattutto non mi attacchi un pippone sul fatto che se fosse stato vero quello che avevo detto allora… Siete tanti voi della vergine e io vincerò sempre contro di te perché calcolerò i secondi i minuti e i gradi di dove sei nato, leggerò le tue stelle e ti dimostrerò che per te non andava bene, ma per l’altra vergine calzava a pennello. Io vinco. Perché continuare a sfidarmi? Ma soprattutto perché continuare nelle cause perse. Si chiamano perse. Sforbiciata

Se adesso davvero dovessi in qualche modo lamentarti saresti un’ingrata Bilancia, saresti un’ingrata che non sa viversi le cose belle della vita e dà sempre la colpa agli altri. Ma è tua, la colpa. Devi solo fare un passo più netto. La vuoi dare? Dàlla. Ma perché scrivermi sms alle tre di notte dicendomi “mi porta a casa, lo faccio salire?” CHE CAZZO NE SO? Ma poi se lo fai salire non dirgli che ti piacciono gli incensi e dare la colpa a lui che non era interessante. E tu Bilancia che sei il lui, quando lei ti dice che le piacciono gli incensi perché invece di pensare “che palle, com’è noiosa questa” non rispondi “ma mi hai fatto salire per parlare di incensi? Allora portami da Tiger la prossima volta, così salgo da te con le orecchie fluorescenti e vaffanculo.” Serenità e pochi dubbi, questa è la ricetta. Rodeo

SCORPIO WINS! Citando un videogame che andava molto di moda quando ero bambino. Novembre è il tuo mese. Affabuli, coinvolgi, traini, affascini, attrai, governi e decidi senza il minimo ripensamento: vedi tu se non è rivoluzionario tutto questo. Perché non ti decidi a viverti questa condizione senza pensare che non può essere così. Lo è. Lo è già e tu stai solo perdendo tempo caro mio, perdendo tempo prezioso. Fidati di me, levati la vestaglia, sali sul ring e inizia a picchiare duro. Guantoni

Conosci il gioco di carte “merda”? Praticamente metti quattro o cinque idioti, te compreso, intorno a un tavolo, dai quattro carte a testa e a turno ogni giocatore passa una carta a quello alla sua destra. Il primo che ha tutte le carte uguali di ogni seme sbatte la mano sul tavolo e dice “merda”. L’ultimo a mettere la mano ha perso. Ok, tu sei esattamente in una situazione come questa. Quindi attenzione alle carte che tieni, pensa bene a quello scarti, potrebbe servirti o ancora peggio potrebbe servire a un altro giocatore. E poi, se uno vince, vedi di non prenderti tu tutta la merda del caso. Allerta

Sempre la solita questione che attanaglia tantissimi soggetti nel mondo: la pizza è meglio mangiarla sempre dalla stessa pizzeria, oppure fa bene cambiare, provare nuovi posti e vedere cosa accade con il rischio di passare qualche serata a masticare gomma al pomodoro? Eh, Capricorno, tu rappresenti la solita pizzeria, ma a volte metti un po’ di pepe nella ricetta altrimenti i clienti saranno colti dalla monotonia e proveranno altri impasti. Ricette

Chi lascia strada vecchia per quella nuova… è un coglione. Così recitava una scritta sul muro della mia scuola. Non è il tuo caso Acquario perché tu non sei colui che sceglie, bensì potresti essere a breve – e con tuo grande stupore – una delle due strade, o forse entrambe allo stesso tempo, ma per viaggiatori diversi. Pare infatti che dalle costellazioni parta un occhio di bue fisso sulla tua testolina piena zeppa di pensieri. E sarai al centro dell’attenzione, come piace a te, ma questa volta dovrai pensare agli altri e non a te stesso. Roulette

Caro Pesci, direi che sei più una trota di montagna, un salmone scozzese e non un branzino, un’orata o una ricciola. Stai al freddo, ma in acqua dolce, prediligi le altitudini considerevoli e non ti vanno a genio le vallate o le pianure. Bene, restaci, coccolati tra sassolini e ruscelli, stattene tra le montagne e nessuno ti verrà a fare alla griglia. Ma se per caso ti venisse in mente di nuotare a valle occhio, gli spiedi sono appuntiti e le posate tentennano sui piatti. Squame


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stelle senza sinossi di ginevra ballati



PAROLE

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di gabriele ametrano

GIOVANI, ARTISTI E DISOCCUPATI di Cyrille Martinez Edizioni Clichy - pp. 138

Fondamentalmente siamo degli sfigati. Viviamo dei nostri miseri successi, di libri pubblicati con case editrici che non saranno mai in vetrina, di creazioni artistiche che non sono altro che copia della copia di qualche idea passata. Ci abbandoniamo alle sicurezze dei social network, di qualche “like” che gli amici ci regalano, dei contatti fatti in qualche incontro notturno al bar sotto casa mentre blateravamo concetti esistenziali che nessuno ascoltava. Ci diamo un tono perché pensiamo di avere uno stile, facciamo cose e vediamo gente. Ma per essere qualcuno ci vuole ben altro. Fossimo nati agli inizi degli anni Sessanta, magari a New York, forse (ma dico forse) saremmo diventati come Andy Warhol e John Giorno. Già, perché loro hanno avuto la fortuna di vivere quegli anni lì: momenti in cui bastava un poco di genialità per passare dall’essere un grafico ad un guru della pop art o da ubriacone spiantato ad essere considerato un poeta beat. E Giovani, artisti e disoccupati di Cyrille Martinez (Edizioni Clichy) ce lo racconta con ironia. Con tratti più o meno veritieri, l’autore ci narra le peripezie, le orge e le follie dei giovanissimi Warhol e Giorno. Vernissage, feste underground, sbronze e droga all’insegna di quel mondo che nei propri cenni biografici non dimenticavano mai di menzionare “abita e lavora a New York New York”. Perché New York è un luogo ma “New York New York” era uno stato mentale. In quegli anni hanno inventato, disfatto e modificato il senso dell’arte, tutti concentrati in un quartiere talmente snob che hanno finito per credersi degli artisti e ci sono riusciti. Che poi lo siano diventati per genialità o semplicemente perché si sono trovati nel posto giusto al momento giusto, be’, questo è proprio il dilemma di queste pagine. Noi possiamo leccarci le ferite, capire se siamo degli sfigati qui e oggi. Ma una cosa è certa: possiamo essere felici di noi stessi anche senza essere a New York New York. Basta ridurre il nostro ego e nutrirci di sana realtà.

NESSUNA CAREZZA di Alberto Schiavone Baldini & Castoldi - pp. 176

Cosa c’è di male a uccidere una persona se si pensa che quello sia il gesto risolutivo ai problemi? Per qualcuno la risposta è: niente. Veronica e Mauro sono una giovane coppia in attesa di un figlio. Vivono i nostri giorni e come tanti agognano la certezza del lavoro. I due capiscono che solo ammazzando un collega di Mauro riusciranno a mettere al sicuro un contratto a tempo indeterminato. Mettono su un piano, s’informano su internet e senza nessuna consapevolezza si dedicano alla sua attuazione. Il destino prevarrà sulla stupidità, fortunatamente, ma non sarà così clemente da regalare un po’ di coscienza a questi protagonisti. Alberto Schiavone è un ottimo narratore: uno di quelli che saprebbe incantarvi davanti il focolare. E Nessuna carezza (Baldini&Castoldi) è la perfetta rappresentazione della nostra attualità, in cui solitudine, apparenza e incertezza martellano le vite di ognuno. Le soluzioni a queste problematiche ci sono ma, statene certi, nessuna di queste ammette la morte.

Letture digitali IL BELLO DELLA VITA

IL TELEFONO SENZA FILI

di Dan Rhodes

di Marco Malvaldi

Newton Compton Editori

Sellerio

Tradotto in venti paesi e ovunque con un successo clamoroso, questo romanzo è adatto a chi crede nelle coincidenze. Aurélie è una studentessa di Belle Arti che si dedicherà a un progetto strampalato del suo professore. Cosa producono volontà e casualità combinate insieme? Basta un gesto e la vita della giovane francese cambierà radicalmente, immergendola in baldorie notturne, incontri eccezionali e gioie improvvise. Se ne siete capaci, lasciatevi andare anche voi al bello della vita. Il resto verrà.

Alla fine Malvaldi piace e in tanti lo leggono (e io ancora devo farmene una ragione!). Questo suo ultimo romanzo rimette in gioco le dentiere dei vecchietti del BarLume. Un nuovo caso, la stessa commissaria Alice Martelli e lo stesso paese. L’ironia spicciola dell’autore fa sorridere: non è un grande comico, ma alla fine sa scrivere con semplicità e riesce sempre a far numeri di vendita. Io ve lo segnalo, ma non ve lo consiglio. Di libri da leggere ce n’è talmente tanti che Malvaldi può anche rimanere in fondo alla lista.

ESERCIZI DI STILE / gabrieleametrano.com


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SUONI

di lespertone

THE BUDOS BAND Burnt Offering Daptone Records

Vi abbiam parlato spesso della Daptone su queste pagine. Giuro che nessuno di loro ci dà un euro e che, anzi, per ascoltarsi le loro cose (ma anche le altre) ci arrangiamo con qualche anteprima streaming qua e là, con qualche amicizia discografica o con gli ormai noti servizi di streaming on demand, se non arriviamo troppo lunghi fra data di pubblicazione del disco in questione e quella di Lungarno. Quindi magari assocerete l’etichetta in questione a Charles Bradley ed a Sharon Jones, visto che in passato abbiamo dato ad entrambi lo spazio che meritavano. Ovviamente in Daptone non campano solo di questi due, ma anche di tante altre cose e artisti, diciamo ‘minori’, termine orrendo ma che può rendere bene l’idea quando si parla di progetti che hanno un’esposizione limitata a causa di un’infinità di motivi. In questa categoria rientrano i The Budos Band, super band strumentale (super anche nel senso che sono tanti) di Staten Island composta da un minimo di nove elementi a cui spesso si aggiungono altri musicisti che han voglia di suonare qualcosa, qualsiasi cosa. I The Budos Band sono tutt’altro che dei pivelli, visto che questo “Burnt Offering” è il loro quarto album ed il primo, ma questo non c’entra nulla sull’esser dei pivelli o meno, ad avere un titolo perlomeno tradizionale – gli altri erano fantasiosamente una roba zeppeliana tipo I, II, III, con la variante EP tra II e III. Perché ci piacciono? Perché raramente ci è capitato di ascoltare un gruppo che racchiuda una simile quantità di influenze incanalandole poi con una tale forza ritmica e melodica da avere tutte le carte in regola per raggiungere un pubblico decisamente più ampio. Loro si definiscono una band instrumental afro-soul. Ma sono stati umili e si sono autolimitati. Non che solitamente impazzisca per i buglioni di generi, ma quando questi son ben fatti, equilibrati, con i giusti ingredienti e dosaggi, sì, eccome se impazzisco. Si sono autolimitati perché c’è molto di più di un semplice instrumental afro-soul. C’è del metal, del rock, del funk, della blaxploitation, del cinematico. Ed un groove nero, però loro sono bianchissimi, che ne basterebbe la metà. Come possiamo non amare un gruppo che ci sentiamo di consigliare tanto al fan di Mulatu Astatke e Sun Ra, quanto a quello dei Black Sabbath? O a quello di Carpenter. O degli stessi Charles Bradley e Sharon Jones. Sino ai recenti Goat e, per rimanere in casa, Calibro 35. Ecco perché ai loro concerti ci trovi di tutto di più, anche l’hipster che se ne sta lì con la birretta analcolica. Sin dalla sua copertina – una via di mezzo tra un approccio fantasy ed un altro decisamente lisergico – “Burnt Offering” si svela come uno dei dischi più complessi e riusciti di questo 2014. 10 brani - su tutti la doppietta composta dalla splendida e mistica apertura di disco ‘Into the Fog’ seguita da ‘The Sticks – retti da un uso dei fiati spettacolare, acido e straniante ed accompagnati costantemente dall’hammond. Tutta roba a noi cara, ovviamente. Basterebbe questo per stenderci, ma “Burnt Offering” è tutto ed il contrario di tutto e riserva molte altre sorprese. Come se a un certo punto il detective Shaft mettesse su i Melvins. Tipo.

FLYING LOTUS You’re Dead Warp

Quinto album per Steven Ellison, Flying Lotus quando incide dischi, alle prese tra cenni prog (realmente, cenni, altrimenti mi procurerebbe fastidio), elettronica, hip hop, raffinata drum’n’bass, r’n’b e jazz, tanto jazz (e non potrebbe essere altrimenti vista la parentela con i Coltrane, pronipote della pianista Alice e di suo marito John). “You’re dead”, composto da 19 brani senza alcuna pausa per una durata complessiva di 38 minuti, è sperimentale e fumoso il giusto necessario. Ed è anche bellissimo. CARIBOU Our Love City Slang

Se eravate attenti ricorderete Caribou in apertura dei Radiohead, qui a Firenze, nel 2012. Se eravate attentissimi, lo ricorderete addirittura in Sala Vanni con gli affreschi a rischio, causa doppia batteria. Nel mentre Dan Snaith (ex Manitoba) ha avuto una bimba, “Our Love”, ed ha intrapreso con decisione (e classe) un nuovo percorso tra dance, IDM e soulful house, anticipato anche dall’alias Daphni. Ci sono anche Four Tet (e moglie), Jessy Lanza (alla voce) e Owen Pallett a dargli mano. A suo modo, pop. LIQUIDO DI MORTE Liquido di Morte Autoprodotto

Come avrete notato da alcuni riferimenti messi qua e là a mo’ di indizi, da queste parti amiamo anche un certo tipo di metal. Soprattutto quando riusciamo a beccare quei riferimenti che stanno fra doom, psych, stoner e post rock. Bravissimi in tal senso sono i Liquido di Morte, band attiva nel milanese da circa una decina d’anni, finalmente al debutto con questo eponimo lavoro composto da tre tracce assai dilatate e concepite tipo jam session. Se anche uno soltanto dei generi sopra menzionati vi dice qualcosa, fateli vostri, i Liquido di Morte s’intende.

CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METAL Antemasque “ANTEMASQUE” (Caroline) C’è una cosa che ci piace: cambiare idea. D’altronde quando uno dice una cazzata è rinfrescante fermare tutto e dire: «Amici, ho detto una cazzata. Scusate. Ora sistemo». Il disco degli Antemasque è la messa in musica di questa sensazione, più o meno. Cedric Bixler Zavala e Omar Rodríguez-López, ex At The Drive-In, probabilmente non lo ammetteranno mai esplicitamente, ma con i Mars Volta l’avevano fatta proprio fuori dal vaso. Non tanto per la fusione di psichedelia, post-punk, jazz elettrico davisiano e latinismi hardcore: la ricetta funzionava e dal vivo si volava. Ma i dischi sono diventati in fretta troppi, sempre meno curati, meno importanti. Se bruci in fretta ti spegni in fretta. Antemasque è una reazione tagliente, concisa: i pezzi durano tre minuti e mezzo di media, la produzione è cruda, il suono quasi non masterizzato, forte ma non violento. Ci son aperture quasi doorsiane (Drown All Your Witches), e l’unico paragone sensato che ci viene in mente è un ibrido tutto californiano fra X, Germs e Jane’s Addiction. Attitudinale prima che musicale. Ma che bomba. http://solomacello.blogspot.it/



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