Lungarno n. 26 - febbraio 2015

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Febbraio 2015

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L’AGENDA DI FEBBRAIO / UMBERTO MARIA GIARDINI / BLUES BARBER SHOP / NEUF



SOMMARIO sipario

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GIù LA MASCHERA di tommaso chimenti arte

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TRANSFORMATIVE LIMITS di elena magini pellicole

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IL CINEMA SECONDO PAUL T. ANDERSON di caterina liverani domande

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ABITARE SOSTENIBILE di eleonora ceccarelli luoghi

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BLUES BARBER SHOP di riccardo morandi decori

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MISE EN FLEUR di alba parrini personaggi

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UMBERTO MARIA GIARDINI di emanuele giaconi i provinciali

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TANTI AUGURI A ME di pratosfera

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l’agenda di FEBBRAIO boxini

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FEBBRAIO da non perdere un sex symbol al mese

la zona d’ombra

di il moderatore

di michele baldini

20 Sébastien chabal

VIVA LA VIDA LOCA

caro cuore non buttarti giù

palestra robur

di carol & giuki

di leandro ferretti

21 DA GRANDE

I LITFIBA AL TENAX

a quel paese

22 Pole pole in Kenya... di alba parrini la scena

23 GIULIANO BILLI

point of view

EVERYBODY STREET di gilberto benni

basta stare tranquilli

26 GONZO PITTI - 2a EDIZIONE di simona santelli

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EDITORIALE di matilde sereni Questo non è un editoriale. Questo è l’ultimo spasmo di un mese in cui Lungarno è stato costantemente al centro dei miei pensieri. Un mese di rivoluzioni e cambiamenti, come è naturale che sia dopo due anni e mezzo di gioie e dolori. Un mese di abbandoni ed aiuti, di perdite e nuove scoperte, di pesanti rinunce e grandi proposte. Chi mi sta accanto sa quanto sangue ho sputato per portare a casa il numero 26, l’ho ripetuto fino alla nausea a tutti a costo di essere presa a sberle. Ma da sola non ce l’avrei mai fatta e non ho la minima intenzione di proclamarmi salvatrice della patria quando in realtà ci ho solo creduto un po’ di più. Devo, voglio, devo, ringraziare Tommaso e Samuele per non aver mollato quando tutto sembrava andare in quella direzione. Riccardo, per l’aiuto fondamentale che da subito si è prodigato a darmi. Arianna e Bianca, sempre al mio fianco. Cristina, Alba, Gianluca, Ilaria, Lorenzo e Alessandro di Pratosfera, Michelle e Marco Mannucci per aver assistito con pazienza ai miei deliri e avermi dimostrato la massima, immediata disponibilità nel darci una mano. Leonardo e Gabriele, per aver dato il possibile finché hanno potuto. E poi, ultimo ma per niente (proprio per niente) ultimo, tutto il resto della redazione per il costante contributo che ognuno continua a dare con professionalità e (spero) passione. Si apre una nuova era per Lungarno; lo sguardo all’orizzonte non è dei più nitidi ma pare ci sia tanto da fare e soprattutto tantissimi stimoli per crescere come da tempo ci meriteremmo. Intanto godetevi questo succulento febbraio, ne vedrete delle belle tra compleanni, festival, bei concerti e grandi iniziative. E dopo tenetevi forte, che si ricomincia. Buona lettura

stelle

di faolo pox matite

28 anyway the wind blows di virgola

Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Firenze n. 5892 del 21/09/2012 N. 26 - Anno III - FEBBRAIO 2015 - Rivista Mensile - www.lungarnofirenze.it Editore: A ssociazione Culturale Lungarno Via dell’Orto, 20 - 50124 Firenze - P.I. 06286260481

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di gabriele ametrano

Direttore Responsabile: Marco Mannucci Direttore Editoriale: Matilde Sereni

30 suoni

Responsabili di redazione: Matilde Sereni, Riccardo Morandi

di gianluca danti

Editor: Cristina Verrienti Stampa: Grafiche Martinelli - Firenze Distribuzione: Ecopony Express - Firenze

in copertina: “Total Black n. 3” di Giuseppe Di Carlo

Giuseppe giovane designer e illustratore che esprime le sue idee con un pennarello in mano. Riferendosi al disegnare come a un atto innato, naturale, compone forme estremamente contemporanee, ponendo in spazi squadrati figure morbide o spigolose, nere o colorate, organiche o inorganiche. Creando in uno spazio illusoriamente confuso un ordine equilibrato degli elementi, G. racconta il falso disordine della creatività, con parole, figure frutto della contemporaneità di pensiero dei nostri giorni, interpretando pensieri, paure, ideali. Un’interpretazione grafica della vita metropolitana. www.giuseppedicarlo.com

Hanno collaborato: Tommaso Chimenti, Caterina Liverani, Riccardo Morandi, Pratosfera, Eleonora Ceccarelli, Gilberto Benni, Alba Parrini, Leandro Ferretti, il moderatore, Michele Baldini, Elena Magini, Carol & Giuki, Faolo Pox, Aldo Giannotti, Gianluca Danti, Gabriele Ametrano, Simona Santelli, Virgola, Giuseppe Di Carlo, Emanuele Giaconi. Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta senza l’autorizzazione scritta dei proprietari. La direzione non si assume alcuna responsabilità per marchi, foto e slogan usati dagli inserzionisti, né per cambiamenti di date, luoghi e orari degli eventi segnalati. Scopri dove trovare Lungarno su www.lungarnofirenze.it

Si ringrazia la Lira Srl e la famiglia Fattori per sostenere e credere in Lungarno.


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SIPARIO

di tommaso chimenti

GIÙ LA MASCHERA FEBBRAIO A TEATRO

M

ese caldo febbraio. Con lo scoglio San Valentino a metà strada da superare rilanciando cioccolatini e cuori, petali e promesse. Sconfiggere la melassa dei sentimentalismi, abbattere la mellifluità da spot, perché in definitiva i Baci Perugina sono buoni, ma «un diamante è per sempre». Se le citazioni dentro la carta argentata, come minacce da biscotto della fortuna cinese, hanno stufato, e se le pietre preziose ancora non ce le possiamo permettere, il teatro è il miglior modo per pensare, volare, prendere vita a grandi boccate. Imperdibile, per chi ancora non ha avuto la fortuna di imbattersi in questo straordinario artista, autore e attore, il trittico che il Cantiere Florida dedica alle produzioni che hanno segnato gli ultimi anni di Mario Perrotta. Se il 12 ritorna in vita il suo primo monologo Italiani cincali, da vedere, rivedere e vedere ancora, sulla condizione degli italiani nel dopoguerra emigrati in Belgio, se il 13 con La Turnata il cuore si stringe nuovamente attorno ai nostri connazionali, questa volta vilipesi e sfruttati nella vicina e pulitissima Svizzera, il 14 con Un bes, il primo della nuova trilogia, si entra dentro il mondo visionario e agreste, immaginifico, drammatico e rurale del pitur mat Antonio Ligabue. Perrotta è sempre una scoperta, mentre racconta nel suo incedere misto salentino tra le pieghe amare delle esistenze. Da un Premio Ubu a un altro. Al Teatro Manzoni di Calenzano Stefano Massini (ha debuttato

per la regia di Luca Ronconi il suo tomo-capolavoro-maratona di oltre cinque ore Lehman Trilogy al Piccolo di Milano qualche giorno fa e rimane in cartellone fino al 15 marzo) mette le mani nell’universo di De Amicis con Amore e ginnastica (il 7) con in scena la sempre emozionale Silvia Frasson. Altra attrice, sul versante brillante, da tenere in considerazione è Antonella Questa, che sbarca al Teatro di Rifredi con Svergognata (dal 26 al 28), con il suo personale affresco delle donne di oggi tra le illusioni dell’amore, i fallimenti matrimoniali, una nuova ricerca di sé e la riscoperta dei valori familiari. Ancora comicità con Zona torrida del Guascone Andrea Kaemmerle al Teatro Puccini (il 6), ritratto claustrofobico delle giornate depresse trascorse a Roma, nullafacenti e disoccupati, di Carlo Monni e Roberto Benigni nelle parole dello scomparso Donato Sannini. A fianco del direttore dei teatri di Bientina e Casciana, Riccardo Goretti sempre più spalla ideale per una comicità fresca, arguta, seducente quanto tagliente, senza sconti. Si parla di Monni e viene alla mente il Teatrodante Carlo Monni di Campi Bisenzio dove una produzione illumina questo febbraio: il 12 con E Johnny prese il fucile con Marco Baliani si mette in moto un’operazione alta e colta, ma che allo stesso tempo ci riporta a un ascolto intimo del teatro e della parola che diventa immersione totale in una storia raccontata come davanti al focolare, come quelle dei vecchi saggi, come un libro aperto letto con passi cadenzati dal nonno. Un progetto acustico, ma fruibile, dove

la vista dei tre corpi ai microfoni (compresa “la testa” che permette di avere una reazione uditiva sbalorditiva e unica) è compensata dalle voci, dai rumori, dai suoni, anche quelli minimi, che arrivano in cuffia: un’esperienza più che uno spettacolo, anche per la tematica antibellica che porta con sé. Qualità anche nei grandi teatri fiorentini, il Teatro Verdi che propone un trittico che va dalla “maraviglia” delle evoluzioni fisiche e acrobatiche dei Momix (3 e 4) in Alchemy, alla dialettica sopraffina di Emmanuel Schmitt nelle sue Variazioni enigmatiche (7 e 8 al Relais Santa Croce), finendo con il ritorno d’eccezione dei berlinesi Familie Floz (il 28) con le loro straordinarie maschere silenziose, ma eloquenti in uno dei cavalli di battaglia che li ha resi celebri nel mondo, Hotel Paradiso; omicidi in alta montagna a suon di risate, qui pro quo, rincorse. Al Teatro della Pergola (che diventerà uno dei pochi Teatri Nazionali, con la “fusione” artistica con il Teatro Era di Pontedera) altri tre titoli che fanno di febbraio un mese pieno e vivo: un altro Tennessee Williams (dopo la Gatta sul tetto che scotta di gennaio) stavolta messo in scena dai tipi dell’Elfo milanese, Improvvisamente l’estate scorsa (dal 3 all’8), Father and Son (17-22) con Claudio Bisio che si veste delle parole di Michele Serra, per chiudere con Il visitatore (dal 24 fino a fine mese) con un duo per palati fini: Alessandro Haber e Alessio Boni. Il Carnevale può attendere. photo: Luigi Burroni


ARTE

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di elena magini

TRANSFORMATIVE LIMITS

Klas Eriksson – Be Andr a cura di Lorenzo Bruni

L

a doppia personale Transformative limits ospitata dalla galleria Eduardo Secci Contemporary propone i lavori del norvegese Ba Andr e dello svedese Klas Eriksson, due artisti scandinavi per la prima volta esposti in Italia. La mostra, curata da Lorenzo Bruni, si pone sulla scia dell’attività di ricerca promossa dalla galleria fiorentina, interessata a proporre giovani artisti internazionali perlopiù poco conosciuti al pubblico italiano. Dislocata negli spazi di via Maggio 51/r, Transformative limits concretizza l’incontro tra due personalità molto diverse per ricerche e per linguaggi impiegati, che vanno dalla creazione di grandi quadri astratti connessi ad azioni performative, espressione delle tensioni e dei conflitti che popolano il tessuto urbano (Eriksson), alla riflessione sullo statuto pubblico del linguaggio, sviluppata mediante sculture e istallazioni su superfici specchianti (Andr). I due artisti, accomunati dalla provenienza scandinava, condividono per il curatore della mostra anche il medesimo obbiettivo, rendere cioè lo spettatore consapevole “del luogo che attraversa e abita, ma anche delle informazioni che condivide e accetta”. Consapevolmente Eriksson e Andr si riconnettono alla tradizione artistica occidentale – la problematizzazione del linguaggio condotta dal concettualismo americano nel caso di Andr, la rilettura del paesaggio romantico in Eriksson – attualizzandolo, secondo uno sguardo proprio della generazione contemporanea. La mostra fiorentina si articola in più spazi: una prima stanza dove i lavori di Eriksson e Andr sono messi in dialogo l’uno con l’altro, e due sale per-

17 gennaio – 21 marzo 2015

sonali, dove la ricerca del singolo va a declinarsi in modo più estensivo, fornendo uno spaccato dell’opera complessiva dei due. Nei lavori di Be Andr (Oslo, 1978; vive e lavora a Londra), il linguaggio è sempre materia prima; esso istituisce una relazione con lo spazio che abita e allo stesso tempo origina una riflessione sulla comunicazione e sui modi della sua percezione. È un esempio di questo atteggiamento l’installazione Road (2014), esposta nella prima sala della galleria. Costituita da grandi lettere in compensato e cartone, la scultura traspone fisicamente la materialità associata alla lingua; la sua presenza all’interno dello spazio dà luogo a un contrappunto concettuale che si sviluppa nel contrasto tra i due materiali impiegati e il piano semantico delle due congiunzioni sovrapposte (il significato disgiuntivo di or e quello associativo di and). Le opere linguistiche di Be Andr divengono oggetti portatori di contraddizioni, tra la presenza fisica e la qualità immateriale del linguaggio, e i possibili significati dicotomici a questo associati. Nelle superfici specchianti con i testi in vinile collocati nel piano inferiore della galleria si assiste al medesimo dispositivo rappresentativo: lo spettatore è introiettato all’interno dell’opera di cui diventa “punto focale”; le frasi sono frammentate e scomposte, tuttavia il significato attribuibile alla parola viene amplificato dal nuovo rapporto che essa instaura con l’architettura e con le persone che la vivono. La ricerca di Klas Eriksson (Stoccolma 1976; vive e lavora a Gothenburg) si focalizza sul contesto naturale e sullo spazio urbano attraverso azioni performative nelle quali l’artista impiega

Eduardo Secci Contemporary Via Maggio 51/r

i fumogeni colorati, generalmente usati allo stadio, per dare vita a sculture temporanee. Queste azioni, immortalate in video o in fotografie, danno origine a una nuova visualizzazione dello spazio, in cui forme e architetture risultano mutate e allo stesso tempo permettono un inedito momento aggregativo per il pubblico coinvolto. Nelle grandi tele, simili a pitture astratte, realizzate anch’esse con i fumogeni, Eriksson suggerisce una rappresentazione non convenzionale del paesaggio ottenuta attraverso l’uso di un medium significante: se a prima vista questi lavori non si distinguono da altri dipinti eseguiti con tecniche tradizionali, la stessa natura del mezzo li riconnette al piano sociale della “cultura da stadio”, mentre il metodo esecutivo ripercorre lo stesso approccio brutale e fisico delle performance. La rete antisommossa con gli aereoplanini di carta impigliati nelle maglie, collocata da Eriksson nella vetrina d’ingresso della galleria, introduce la decontestualizzazione, ironica e allo stesso tempo violenta, che l’artista svedese persegue nelle sue opere: un divisorio che rimanda a un ambito altro, ma che contestualmente circoscrive lo spazio della galleria, simbolizzando la nuova dimensione a cui oggetti, immagini e linguaggio incorrono nella rappresentazione data da i due artisti scandinavi. www.eduardosecci.com


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PELLICOLE

di caterina liverani

IL CINEMA SECONDO PAUL THOMAS ANDERSON

F

amiglia, religione, vizio, denaro, rabbia, sesso, debolezza. L’umanità in tutte le sue declinazioni è sempre stata al centro del cinema di Paul Thomas Anderson che con opere come Magnolia, Il Petroliere e The Master si è imposto, a quasi venti anni dall’esordio, come uno dei cineasti più dotati della sua generazione. Quarantacinque anni il prossimo giugno, Anderson sarà nelle sale cinematografiche a fine mese con Vizio di forma dal romanzo di Thomas Pynchon, già in corsa agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e i migliori costumi; con un ensemble cast guidato da Joaquin Phoenix, monumentale protagonista insieme al compiantissimo Philip Seymour Hoffman di The Master, che vede coinvolti anche Josh Brolin, Owen Wilson, Reese Witherspoon e Benicio Del Toro, Vizio di forma è insieme un allontanamento dalle scelte intellettuali e filosofiche degli ultimi anni, e un ritorno alle atmosfere californiane sofisticate e psichedeliche di Boogie Night e Ubriaco d’amore. Il cinema di Paul Thomas Anderson non è un’esperienza che lascia lo spettatore in nessun caso indifferente, prevedendo sempre un percorso introspettivo forte, talvolta anche disturbante e doloroso, che rende viva e vibrante la storia sullo schermo. Merito senza dubbio di quella tecnica di regia, diventata marchio di fabbrica, specialmente nei primi lavori, fatta di lunghissimi piani sequenza che inseguono i personaggi attraverso grandi spazi o corridoi, marcati stretti

nei loro movimenti e incontri, e di inquadrature ampie, strutturate e ricche di dettagli. Impossibile non rimanere colpiti dalle vicende degli umanissimi personaggi carichi di contraddizioni e di debolezze, anche – soprattutto – quando fortemente carismatici. Giovani uomini insicuri sovrastati da ingombranti figure patriarcali e da donne fragili e affascinanti, accomunati in tutti i film di Anderson da pericolose dipendenze da droghe, alcool, sesso e ambizione. Un rumore di sottofondo è come un basso continuo la musica, che nei primi film era affidata a Jon Brion (Se mi lasci ti cancello) e Michael Penn e che dopo la svolta de Il Petroliere e The Master è passata nelle mani di Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead, decisamente incline alla sperimentazione. Le canzoni sono invece spesso usate in modo catartico e funzionale a ristabilire un ordine: Good Only Knows dei The Beach Boys arriva come un balsamo nelle ultime sequenze di Boogie Night dopo una serie di momenti drammatici accompagnati da suoni discordanti e, in Magnolia, Save me di Aimee Mann aiuta lo spettatore a immaginare un futuro diverso per i protagonisti. Un regista specializzato in una direzione corale nella quale ogni attore ha la possibilità di lasciarsi andare e di correre rischi, un regista capace di isolare interpretazioni sensazionali. Accanto ai collaboratori di sempre come John C Reilly, Julianne Moore, William H. Macy, e Joaquin Phoenix più recentemente, ci sono gli interpreti cui ha dato la possibilità di una isolata

performance capace di condizionare il resto di una carriera come per Mark Wahlberg pornodivo cocainomane in Boogie Night, Tom Cruise improbabile guru del sesso di Magnolia, Adam Sandler, protagonista di blockbuster demenziali di cui Anderson è grande estimatore, trasformato in timido e insicuro commerciante incline a incontenibili scatti d’ira in Ubriaco d’amore e il monumento all’avidità incarnato da Daniel Day Lewis ne Il Petroliere. Un lungo sodalizio fatto di entusiasmo, cameratismo e amicizia quello con Philip Seymour Hoffman che ha segnato un’importante evoluzione artistica per l’attore prematuramente scomparso lo scorso anno. Dalla prima apparizione nel ruolo di uno scommettitore in cerca di grane in Sydney, commedia nera dal sapore tarantiniano con cui Paul Thomas Anderson esordì nel 1996, passando dal fonico omosessuale e tossicomane di Boogie Night, per arrivare a Phil, l’infermiere di Jason Robards in Magnolia, sicuramente uno dei personaggi più limpidi e generosi mai raccontati dal regista. Una Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia e una nomination agli Oscar per la stupefacente interpretazione del leader delle “causa” Lancaster Dodd in The Master che ha fatto riflettere tutti gli amanti del cinema, all’indomani dalla sua scomparsa, su quanto Philip Seymour Hoffman avrebbe potuto ancora donare. Vizio di forma sarà nelle sale il 26 febbraio e in Original Sound in esclusiva all’Odeon a metà marzo.


L’ESPERTO CONSIGLIA

IL CLASSICONE

MOMMY

Mimì metallurgico ferito nell’onore

X

avier Dolan, regista e sceneggiatore di questo strepitoso film canadese, ha solo venticinque anni. Definirlo un enfant prodige, con sei film girati in pochi anni e uno in lavorazione con protagonista Jessica Chastain, viste la sensibilità nel dirigere i suoi interpreti, la magia di un montaggio emozionante e l’abilità nel giocare con il formato sullo schermo, danzando letteralmente da un 1:1, che restringe l’immagine come fosse girata con uno smartphone, al tradizionale 4:3, è assolutamente riduttivo. Xavier Dolan è un Autore. Mommy racconta la storia vera di una madre sola alle prese con un figlio affetto da un grave disturbo mentale che lo rende tanto traboccante d’amore quanto di rabbia e di violenza. Madre che non si arrende, mettendo sempre al primo posto quel rapporto imperfetto e autentico vivendolo fino in fondo. Assolutamente imperdibile Mommy, per la straordinaria performance degli attori, la freschezza della regia e l’emozionante colonna sonora pop (Dido, Counting Crows, Oasis, Celine Dion, Lana Del Rey, Eiffel 65 e Andera Bocelli). Bellissimo.

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F

iore: «Io all’amore ci credo, per me l’è ’na roba seria!». Mimì: «E io ti sembro allegro? Serissimo sono». Non ci si può stancare mai di rivedere questa commedia che Lina Wertmuller ha diretto nel ’72: ogni scena un cult, ogni battuta una pietra miliare. L’Italia, il nord, il sud, l’amore, il sesso e la politica nella sgangherata storia di Mardocheo Carmelo – Mimì per gli amici – immigrato catanese a Torino, innamorato dell’amante al nord, ma fatto cornuto dalla moglie al sud. Giancarlo Giannini, sedotto e seduttore in uno dei suoi migliori ruoli, e Mariangela Melato, splendida e battagliera fervente comunista, danno un assaggio della grande alchimia che li ha legati sullo schermo e che raggiunse il suo apice due anni più tardi in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. Lo spirito del film in una scena: Mimì sopraffatto dalla gioia dopo che Fiore (Melato) ha finalmente deciso di concederglisi per la prima volta, la guarda tra le lacrime e le dice singhiozzando: «Appena mi passa ti massacro!».

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3 / 8 febbraio 10 / 15 febbraio LUCA BARBARESCHI

CERCANDO SEGNALI D’AMORE NELL’UNIVERSO

IMPROVVISAMENTE L’ESTATE SCORSA di Tennessee Williams regia Elio De Capitani

di Luca Barbareschi regia Chiara Noschese

24 febbraio / 1 marzo ALESSANDRO HABER ALESSIO BONI

17 / 22 febbraio CLAUDIO BISIO

FATHER AND SON da Michele Serra regia Giorgio Gallione

Biglietteria Via della Pergola 24 Tel. 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com Lun > sab 9.30 > 18.30, domenica riposo

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IL VISITATORE di Eric-Emmanuel Schmitt regia Valerio Binasco


DOMANDE

I

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di eleonora ceccarelli

l progetto Abitare Solidale, promosso dall’Auser Territoriale Firenze, in collaborazione con Auser Nazionale, nasce in risposta ai nuovi bisogni abitativi della comunità. Abitare, quindi, come esigenza fondamentale della nostra vita, al pari della salute, degli affetti e del lavoro. Ma non parliamo semplicemente di nuovi metodi abitativi e di coabitazioni intenzionali per soggetti che, in un periodo di riduzione drastica del welfare, accettano forme di coabitazione per risparmiare. Questa volta c’è un ingrediente che fa la differenza: le persone. Ci sono degli anziani autosufficienti a cui occorre un piccolo aiuto domestico e di un po’ di compagnia per non cadere in una nera solitudine. Ci sono anche persone che hanno bisogno di una casa perché in difficoltà economiche o donne che hanno subito violenza e necessitano di un reinserimento sociale e un punto fermo da cui ripartire. Parlando con Gabriele Danesi, responsabile del progetto, ed Ester, operatrice attivissima, sembra che esista una risposta semplice a tutto questo. Mettere in contatto gli individui che vivono una situazione di momentanea difficoltà. Realtà che si incontrano trasformando ciò che le pubbliche amministrazioni considerano una spesa, in una risorsa. Un rapporto di solidarietà e di reciproco aiuto. Abitare Solidale nasce nel 2009 come espressione di un approccio innovativo ai temi della domiciliarità degli anziani, per poi trasformarsi dopo due anni di sperimentazione in un progetto sempre più solido, degno di riconoscimenti

ABITARE SOLIDALE

anche a livello europeo. Come funziona tutto ciò? La selezione delle persone, come possiamo immaginarci, è l’attività principale dei nove ragazzi che rendono possibile il progetto. Nella prima fase, vengono fatte riempire delle schede ospite/ospitante per elaborare un profilo personale. Con cautela viene svolta un’attività di ricerca di compatibilità e di affinità tra i soggetti interessati che termina in un incontro conoscitivo alla presenza dei volontari. Se il percorso procede, arriva un periodo di prova, chiamato “patto abitativo”, stipulato in base alle esigenze di ognuno, e attraverso cui ha inizio la coabitazione. Passati trenta giorni, se da entrambe le parti si riscontra il desiderio di continuare, viene stipulato un “comodato d’uso gratuito dell’immobile precario”. Una garanzia per entrambi. Oltre a questo, l’associazione offre un monitoraggio costante della situazione, perché il progetto ha senso solo, e soltanto, se le condizioni del patto sono rispettate. Ad oggi parliamo di centosei coabitazioni attive sparse su un territorio sempre più vasto e in continua espansione. Ester e Gabriele sottolineano che non esistono regole fisse e tutto è molto variabile e plasmabile in base alle esigenze individuali, per questo è così difficile fare un identikit delle persone che si rivolgono a loro. Parliamo di anziani, di famiglie che non riescono a gestire la casa e gli affetti per colpa dei ritmi di lavoro, di donne sole con figli, ma anche professionisti, disponibili a offrire uno spazio abitativo, nonché coppie o single in dif-

ficoltà economica, studenti o donne vittime di abusi che non hanno più un luogo dove vivere, uomini divorziati, soggetti a rischio di povertà e di marginalità. Come sempre quando parlo di tematiche sociali mi emoziono facilmente e trovo meravigliosa la rivoluzione culturale che sta alla base di questo concetto, ossia la casa considerata come un’occasione sociale per creare sia rapporti tra individui sconosciuti che una sussidiarietà differente, nell’ottica di una realtà in cui tutti sono utili e necessari. Alla società occorre rigenerarsi, e la trama di relazioni, che sta al suo interno, ha bisogno di intensificarsi per poter rinascere ed emergere da questo periodo cupo. Il progetto di Abitare Solidare è così lineare da farci riflettere sul perché non sia mai stato realizzato prima. A questo non possiamo rispondere, ma già semplicemente meditare sul fatto che tipologie di coabitazioni basate sulle relazioni e il reciproco aiuto esistono, ci può aprire nuove prospettive mentali. Dopo questo piacevole incontro una frase continua a ronzarmi in testa, una frase che un anziana partecipante al progetto ha dichiarato: «Quando sono sola, faccio cose brutte come mangiare in piedi». L’importanza di ritrovare il piacere di aspettare qualcuno con cui sedersi a mangiare ha un immenso valore. Abitare Solidale, un nuovo tipo di welfare e di resilienza, una semplice idea che porta con sé dei frutti buonissimi e delle nuove relazioni. www.abitaresolidaleauser.it


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LUOGHI

di riccardo morandi

BLUES BARBER SHOP DOVE LA MODA LASCIA SPAZIO ALLO STILE

U

n classico gioco degli implumi ragazzini è quello di farsi la barba. Guardare il proprio padre e cercare di diventare uomo anche con un gesto mimato: quello di radersi. Poi si cresce, ed il mimare non è solo un gioco, bisogna passare all’azione. Rasoio in mano. E di scegliere anche che pettinatura portare, compito arduo che va di pari passo con la moda e le amicizie. Spesso non diamo molta importanza al nostro look in quanto tale, ma spesso è il contrario. A Firenze ha aperto da pochi mesi una barberia, uno dei quei posti dove anni fa qualcuno sognava di andare, e dove ora può: il Blues Barber Shop di Valerio Imperiale, una finestra sullo stile. Complice il fatto che oramai i rappresentanti del sesso maschile hanno molti peli sul volto, complice il fatto che abbiniamo agli abiti che portiamo la nostra pettinatura, in definitiva questo posto ha catalizzato coloro che volevano mettersi in riga tralasciando i rasoi elettrici venduti nei centri commerciali. Incontriamo Valerio, in una sera piovosa dopo il lavoro. Come hai cominciato, da dove ti è nata l’idea di creare una barberia di questo tipo a Firenze? Sono figlio di barbiere, nipote di barbiere. In famiglia mia tutti fanno questo mestiere: da ragazzo, dopo essermi trasferito da Marsala a Firenze, ho iniziato subito a lavorare al salone dei miei

genitori, salone dove mio padre lavorò da ragazzo e che poi ha rilevato. Piano piano ho avuto a che fare con tante realtà, di sottoculture e di gusti, ed ho visto viaggiando che in tanti posti d’Europa venivano ricreati delle barberie sullo stile di quelli nordamericane degli anni ’30 ed ho pensato che sarebbe stata una buona idea quello di aprirla anche a Firenze. Il Blues Barber Shop quindi non è solo un semplice salone da taglio di barba e capelli? Beh ovvio che lo è, ma qua cerchiamo di dare quello che per tanto tempo non si è dato. Una spiegazione al taglio di capelli, una contestualizzazione del nostro lavoro sulla barba e sui tagli. Abbinare e spiegare che tutto quello che è “moda” o pare tale, in realtà non è creato adesso, ma ha un retaggio storico ben definito. Questo non vuole dire essere spocchiosi o snob, vuole dire, anzi, ridare l’importanza della strada, della cultura della strada ad un mestiere rimasto solo imprigionato in stereotipi spesso borghesi ma che invece non sono assolutamente nella natura di questo lavoro. Che tipo di clienti avete?Siete i primi a Firenze ad avere affrontato questo percorso, questo in sostanza vi premia. Guarda, abbiamo un sacco di ragazzi, di ogni tipo. Chi vuole curare il proprio stile (non dico

look, ma stile) ci fa visita. Musicisti, tatuatori, persone di Firenze e non solo. Pensa che c’è chi ci fa visita anche da Bologna e da Rimini. Siamo orgogliosi, perché a noi non interessa la moda in quanto tale, noi andiamo dritti a parlare di stile. Selezioniamo anche i nostri prodotti, italiani e fiorentini per quanto riguarda la barberia: del resto noi italiani siamo apprezzati moltissimo all’estero per questo tipo di lavoro, molto meno che nel nostro paese. Per i capelli e le pettinature ci impegniamo molto, usando anche prodotti americani importati, a rendere omaggio ai tagli che eseguiamo. Il Blues Barber Shop si consolida in sostanza a Firenze come salone da barba e capelli non conforme, dove ci si rilassa, si ascolta buona musica e si esce con un po’ di peli in meno. Vecchie o nuove tendenze, qua si parla di stile e non di moda. Se avete dei peli in eccesso in testa, provatelo.

http://www.bluesbarbershop.it/


DECORI

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di alba parrini

MISE EN FLEUR

il FAI DA TE visto da un’organizzatrice di eventi

D

IY, ovvero do it yourself. Alzi la mano chi non ha mai cercato un tutorial per creare qualcosa, che fosse una scatola in scrapbooking o una chitarra self-made. Allegra Giudici è una professionista, ma soprattutto una ragazza entusiasta e appassionata, che ha capito che il “fatto in casa” è la vera novità. Allegra ha riunito un team di artigiani e ha deciso di mettere la sapienza di questo gruppo a disposizione di tutti, affinché chiunque possa avere la soddisfazione di vedere realizzata un’idea con le proprie mani, in poco tempo. Per questo ha ideato i workshop di allestimenti Mise En Fleur, che coinvolgono flower stylist, esperti di galateo, di riciclo creativo e di vintage. Allegra, raccontaci qualcosa di te. Il mio percorso nasce come organizzatrice di eventi. Mi diverto da sempre a scoprire fornitori che ancora riescono a offrire un approccio personalizzato a piccoli eventi con un budget. Mi piace inserire una parte esperienziale nelle iniziative, perché credo che chi partecipa si porti a casa delle emozioni e delle sensazioni molto diverse rispetto, a un evento tradizionale. Per questo motivo amo rompere gli schemi: ad esempio, per una cena, un cuoco a domicilio che insegni ai partecipanti a preparare un piatto, per

consumarlo poi tutti insieme a tavola. Come nasce l’idea di questi workshop? Per anni ho seguito l’attività di famiglia nel settore delle costruzioni, ma poi ho capito che avevo bisogno di assecondare la mia parte creativa e relazionale. Ho pensato, quindi, che molte persone avessero le mie stesse necessità, e che in quest’epoca in cui tutto è pronto e veloce, ci fosse spazio per il recupero della manualità. In cosa consistono i tuoi workshop? Mise En Fleur nasce dalla collaborazione con diverse persone che hanno in comune la volontà di curare al massimo la qualità e il rapporto con il cliente; artigiani tradizionali che credono nell’unicità del prodotto. Chi viene da noi si diverte e vede un approccio totalmente diverso alla creatività, mette le “mani in pasta” e riesce a produrre qualcosa di innovativo e di bello anche con poco: ad esempio un centro tavola floreale con una tazza da consommè, oppure un’apparecchiatura importante realizzata con i piatti della nonna che magari erano rimasti in soffitta. Le prossime edizioni saranno previste a Carnevale, con sorprese per i bambini, e a Pasqua, per l’allestimento della tavola del pranzo in famiglia.


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SIPARIO di tommaso chimenti PERSONAGGI di emanuele giaconi

UMBERTO MARIA GIARDINI

U

mberto Maria Giardini ha scelto di affrontare l’inizio del 2015 di petto, senza lasciar scorrere invano nemmeno un momento, riempiendo i giorni dei primi mesi dell’anno di novità e d’impegni, tutto nel segno della sua musica. Il 13 gennaio è uscito un nuovo singolo, il 3 febbraio (probabilmente mentre stavate per entrare in possesso di questo nuovo numero di Lungarno), l’ultimo album intitolato Protestantesima. L’attività live si fa già fitta e gli amici fiorentini (e non solo) saranno felici di sapere che il 28 febbraio Umberto Maria Giardini porterà il suo nuovo album al Glue, locale che già nel 2013 vide il musicista marchigiano richiamare un pubblico numerosissimo. La prima domanda, Umberto, non può non riguardare l’uscita del nuovo disco: che clima respiri? Affronti questa nuova partenza con serena rilassatezza o consideri questo tuo terzo lavoro, dopo la rinomata esperienza Moltheni e la parentesi Pineda, un banco di prova particolarmente sentito? Assolutamente nulla di tutto questo. Affronto il lavoro e il rispettivo tour con grande serenità, soprattutto, e anche, al di là di quella che sarà la sua reale portata. Con un progetto come il mio, in cui i contenuti sono sopra la media di ciò che si ascolta e si vede in giro, è difficile fare i così detti numeri. L’ascoltatore medio, anche nella

scena indie o alternativa, oggi è molto più svogliato e disattento rispetto ad anni fa; quindi il riscontro che verrà da questo nuovo album mi tocca relativamente. Ho e abbiamo la coscienza a posto, nel senso che abbiamo realizzato un album assolutamente valido, in tutto, per cui ciò che accadrà ci lascerà comunque soddisfatti e appunto sereni, in tutto. Andiamo un attimo indietro per poter spiegare meglio l’oggi: La dieta dell’imperatrice – poi seguito dall’EP Ognuno di noi è un po’ Anticristo – segnò, nel 2012, il tuo ritorno sulla scena da solista, dopo che l’anno precedente avevi considerato l’esperienza Moltheni definitivamente conclusa. In quel periodo di stacco, cosa ti ha aiutato a ricaricare le pile in senso nuovo e a capire che, se Moltheni era il passato, il musicista che gli aveva dato vita poteva comunque stare ancora sopra un palco e registrare musica spogliandosi di qualunque moniker usando il proprio nome e cognome? Questi due, e non uno, anni di stacco sono stati fondamentali per me, sia come uomo che come musicista. Nel secondo presupposto ho lavorato con Pineda, e tornare a sedermi dietro a una batteria mi ha fatto molto bene, ha portato a disintossicarmi da tutto ciò che aveva caratterizzato gli ultimi tempi del progetto Moltheni. Vedere materializzarsi gli squali attorno a un

progetto in crescita mi aveva davvero deluso e schifato. Avevo un’immagine parecchio distorta della realtà indipendente e dei suoi meccanismi velati; con UMG è come se fossi rinato, cercando di allontanarmi da tutto ciò che di ipocrita c’era e c’è tuttora attorno e dentro questo mondo all’apparenza cool. Di certo l’esperienza acquisita con lo studio e l’osservazione di Anna Calvi ha contribuito notevolmente a ciò che sarei diventato con il nuovo ciclo, ma le pile in fondo in fondo si sono ricaricate da sole, insieme alla voglia di lavorare in una certa maniera. Ho rammentato i Pineda; un attimo prima di ripartire da solista, infatti, ti sei seduto nuovamente dietro le pelli, come facevi verso i vent’anni, per lasciar sfogare appieno la tua vena post-rock dalle tinte psych/prog; momento coronato dall’uscita di un album in cui nessuno canta, mai. Quanto questa esperienza strettamente strumentale ti ha arricchito sul lato della scrittura musicale e quanto allo stesso tempo ti ha fatto sentire di nuovo il bisogno di buttar giù dei testi? Forse nulla di tutto questo. Mi ha fatto semplicemente svoltare l’angolo senza guardarmi indietro, ma con la consapevolezza di aver registrato un disco assolutamente eccezionale, ovviamente non notato quasi da nessuno.


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Umberto Maria Giardini 28 febbraio 2015 Glue - Alternative Concept Space, Viale Manfredo Fanti, 20 - Firenze

Nel singolo che prende, dà il nome al nuovo disco, Protestantesima, parli del passato dicendo che «quella malinconia di burro davvero non mi manca». Facendo un collegamento, se guardi indietro non senti la mancanza della lunga esperienza che è stata Moltheni? Guardi a quella odierna con fare critico? Oppure maturare come cantautore, e come uomo, vuol dire saper accettare con tranquillità ciò che non si è più? Sono strafelice di non essere più ciò che ero, anche perché se così non fosse non avrei interrotto il progetto. Inoltre sono una persona abbastanza sicura di me che non piange voltandosi a guardare il passato. Sono tante in realtà le cose che rimpiango

di ieri, ma non di certo quelle legate agli anni Novanta e alla decade successiva, soprattutto da un punto di vista artistico. Provo molta malinconia al pensiero di come si viveva trenta anni fa, dei miei genitori, di quella serenità dei gesti e di quella autenticità della gente che oggi è svanita. Io non devo accettare ciò che non sono più, io devo solamente rallegrarmi di ciò che sono. La tua musica – densa, profonda e ottimamente arrangiata – e le tue parole – decadenti e romantiche, sentite quasi da poterle talvolta toccare – ti disegnano, volente o nolente, come un cantautore intellettuale; figura che nel panorama attuale italiano oscilla tra l’esser bollata come snob e il poter assurgere alla veste di guida. Avverti in te un qualche ruolo nella battaglia tra il cantautorato intellettualmente impegnato e quella certa nuova ondata musicale superficiale capace tuttavia di mobilitare i giovani? No, io non ho ruoli, non mi sento né capostipite di una generazione indie degli anni passati né

cantautore intellettuale. La così detta mobilitazione dei giovani che seguono i loro idoli rock non mi ha mai toccato, nemmeno quando ero all’apice della carriera con Moltheni. Anzi ammetto e riconosco, a mio discapito, una certa antipatia per le nuove generazioni, dalle quali mi sento totalmente distaccato, sia per la loro evidentissima superficialità (basti guardare le loro facce ai concerti che ben sapete), sia perché appartengo a un’altra epoca, quella dei meno giovani, che pensa ad altre cose molto lontane e forse anche più banali. Se chiudessi gli occhi e in un attimo tu potessi riaprirli tra dieci anni, cosa vorresti avere intorno a te? Potrebbe bastare una chitarra accordata bene? Vorrei avere la mia famiglia. Grazie di tutto Umberto, ci vediamo il 28 febbraio al Glue. Un abbraccio. photo: Riccardo Bandiera


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I PROVINCIALI

di pratosfera

TANTI AUGURI A ME P

ratosfera compie due anni e siamo ancora qui a raccontare la nostra città nel modo in cui ci piace farlo. Allora per festeggiare, perché amiamo molto festeggiare, abbiamo pensato di fare una cosa antica, ma che non cade mai in disuso come una bella festa di compleanno. Un compleanno particolare, che dura una settimana intera e abbraccia le arti che più ci piacciono,

dalla fotografia al rock’n roll, fino al teatro e alla poesia. Quindi ecco la frase di rito: siamo felicissimi di invitarvi al Neuf – Non è un Festival. Vi porteremo in giro per Prato tutte le sere, dal 9 al 14 febbraio, e vi presenteremo quarantacinque diversi artisti e dieci fotografi pratesi. Se ci fosse ancora qualcuno che non ha capito cosa si

sta muovendo negli ultimi tempi a Prato, potrà scoprirlo tutto insieme partecipando alla festa di compleanno di Pratosfera. Siate curiosi e instancabili insomma, che accontentarsi di vedere Sanremo, diretto da Carlo Conti proprio in quei giorni, potrebbe essere davvero un grande errore. www.pratosfera.com

LUNEDÌ 9 FEDERICO FIUMANI INCONTRA GIANNI MAROCCOLO Camarillo, ore 21.30

Iniziamo la settimana con due colonne portanti della storia del rock italiano, per poterci confrontare insieme a loro, senza troppa nostalgia, su come siano cambiati i tempi o meglio su come si siano evoluti. Si parla dei Diaframma e del “Consorzio”, di aneddoti, di produzioni, di musica dal vivo. Due artigiani della musica che hanno visto cambiare anche i posti dove abitiamo: Firenze in primis, Prato di sponda (ma non sempre). MARTEDÌ 10 Vero Su Bianco Una Performance in divenire Ex Chiesa di San Giovanni, ore 21.30

Edoardo Nardin e Riccardo Goretti fanno lo stesso mestiere, il più antico del mondo dopo la prostituta e lo sciamano: sono due cantastorie. Ma le loro storie le cantano con due registri diversi. Edoardo disegna. Riccardo racconta. Il loro nuovo lavoro tenta di unire nel più sincero dei modi questi due mondi. Riccardo parla, e racconta. Edoardo disegna su tutto, con tutto, per tutti, in silenzio. Il pubblico ascolta o guarda. L’importante è che sia tutto lì, tutto vero. Nero su bianco. MERCOLEDÌ 11 Guido Catalano in Ti amo ma posso spiegarti live Officina Giovani, ore 21.30

Poesie d’amore sincero, nude e crude. Senza prendersi troppo sul serio, ma che arrivano dritte al nocciolo. Poesie come non ne avete mai sentite se non le avete mai sentite, mentre se le avete già sentite è meglio che veniate a risentirle perché vi fanno bene al cuore. Il reading in solitaria di Guido Catalano, poeta dalla barba tosta, torinese classe 1971, è un viaggio nel meglio e nel peggio della sua produzione. La serata è organizzata in collaborazione con lo staff di Officina Giovani all’interno della loro programmazione teatrale.

GIOVEDÌ 12 Son trentanne che sto a Prade mostra fotografica Spazio AUT, ore 19.30

Pratosfera è anche fotografia. Un occhio sulla nostra città, raccontata molto spesso attraverso le immagini. E per rendere omaggio a tutti i giovani fotografi che in questi due anni ci hanno dato una mano per mostrare un punto di vista diverso di Prato abbiamo deciso di organizzare una mostra collettiva di fotografie inedite. Ad accompagnare la serata gli showcase minimal di progetti pratesi “da salotto”: Matteo Bonechi, VilRouge e Werner. VENERDÌ 13 e SABATO 14 Ocean Bells, Solki, Granprogetto, Band del Brasiliano ... Controsenso Club

Il compleanno di Pratosfera si conclude con una due giorni di musica live. Una mini rassegna in collaborazione col Controsenso che vedrà alternarsi sul prato tanti nomi della zona, uno spaccato della tanto agognata “scena toscana”. Le serate iniziano presto rispetto al solito dato il numero di band che si dovranno esibire, verso 21.30-22 (quindi da Firenze si prega di partire presto, tanto fuori dal locale ci sarà la possibilità di mangiare). Venerdì tre band: Ocean Bells, Solki (due tra le band più apprezzate nel panorama toscano del 2014) e da Venezia i Father Murphy. Sabato, per chi ancora non ne avesse abbastanza, altre quattro gruppi di alto livello: i giovanissimi e casinari Fantastic Bra, il power trio GranProgetto, un po’ di sano trash con Puce e a chiudere balliamo assieme la Band del Brasiliano. L’ingresso alle serate è libero con la tessera Acsi.



FEBBRAIO DOMENICA 1 L ’ULTIMO HAREM (29/01-15/02) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € L A PROFESSIONE DELLA SIGNORA WARREN Teatro della Pergola (FI) ing. 16/32 €

GIOVEDÌ 5 UNNY BUTT B Rex (FI) ing. libero VENERDÌ 6

IL GRANDE FLEBOWSKY Teatro Lumière (FI) ing. 15/13 €

VANT-GARD + LAST MOVEMENT A Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI

PIEDI NUDI NEL PARCO A Teatro Everest (FI) ing. 10/12 €

ING KHAN & THE SHRINES K Tender Club (FI) ing. 10 €

I L PANE E LA MORTE NEXT EMERSON (FI) ing. libero

E NSI Viper Theatre (FI) ing. 12 € + dp

USICA E POTERE M Lyceum Internazionale Firenze (FI) ing. libero su prenotazione

ECESSARIAMENTE N Auditorium Flog (FI) ing. 10/8 €

LUNEDÌ 2 L A TRAMA DEGLI ALBERI (2/02-02/03) Ristorante India (Fiesole) ing. libero L A MIA CLASSE Cinema Cabiria (Scandicci) ing. 3 € I NDIA UNA POTENZA UNICA E VIRALE (2/02-23/03) Circolo Vie Nuove (FI) ing. 30/15 € MARTEDÌ 3

Z ONA TORRIDA Teatro Puccini (FI) ing. 18 € NOTHER EARTH A Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera AO YUAN G (6/02-6/03) Fondazione Studio Marangoni (FI) ing. libero SABATO 7 F AST ANIMALS AND SLOWKIDS Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera L ITTLE VICTOR & THE JACKNIVES Tender Club (FI) ing. 5 €

IOLETTA LIVE V (3-4/02) Nelson Mandela Forum (FI) ing. 45 €

C ARMEN (7-8/02) Teatro Verdi (FI) ing. 8/5 €

I MPROVVISAMENTE, L’ESTATE SCORSA (3-8/2) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/32 €

T RICKY + THE VENKMANS Auditorium Flog (FI) ing. 18 €

OMIX – ALCHEMY M (3-4/02) Teatro Verdi (FI) ing. 50/25 €

F LORENCE BLACK MASS FESTIVAL Viper Theatre (FI) ing. 25 € + dp

E DUCAZIONE AFFETTIVA (3-5/02) Spazio Alfieri (FI) ing. 6 € MERCOLEDÌ 4 AF R Teatro Obihall (FI) ing. 26/46 € LLA STESSA ORA IL PROSSIMO A ANNO (4-5/02) Teatro Puccini (FI) ing. 22/18 €

ICHAEL REIS QUARTET M Pinocchio Jazz (FI) ing. 7/10 €

IDEO DIVA + MALANIMA V CPA (FI) ing. libero I TALIA DI METALLO FESTIVAL Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI ANILO REA + LEONARDO DIANA D Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € l L MAGO DI OZ (7-8/02) Teatro Puccini (FI) ing. 15 €

NA GIORNATA PARTICOLARE U (7-8/02) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 € EADING BIANCO SHOCKING R Libreria BlackSpring (FI) ing. libero S CRITTURE DI LUCE – DIEGO MORMORIO Libreria Brac (FI) ing. libero DOMENICA 8 E MERGENZA Viper Theatre (FI) ing. 15/8 € I N SUA MOVENZA È FERMO Teatro della Pergola (FI) ing. NP OBIN HOOD R Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € I L LIBRO DELLA VITA - LUIGI LOMBARDI VALLAURI PRESENTA I CENTOMILA CANTI Nuovo Auditorium di Scandicci (FI) ing. libero LUNEDÌ 9 C RAIG TABORN Teatro Metastasio (PO) ing. 18/7 € P IETÀ Cinema Cabiria (Scandicci) ing. 3 € MARTEDÌ 10 E LUVEITIE Viper Theatre (FI) ing. 30/25 € C ERCANDO SEGNALI D’AMORE NELL’UNIVERSO (10-15/2) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/31 € MERCOLEDÌ 11 P OETA SARAI TE! (11-18-25/02 - 4/03) Spazio Alfieri (FI) ing. ad offerta libera € GIOVEDÌ 12 P AOLO CONTE Opera di Firenze (FI) ing. 86/15 €

I TALIANI CINCALI! Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € UUM D (12-13/02) Teatro Puccini (FI) ing. 23/27 € VENERDÌ 13 P LASTIC MAN Tender Club (FI) ing. 5 € T HE FAME OF LADY GAGA Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI SIAN DUB FOUNDATION SOUND A SYSTEM Auditorium Flog (FI) ing. 12/10 € F ISH Viper Theatre (FI) ing. 25/20 € F ATHER MURPHY LIVE Controsenso (PO) ing. libero con tessera ACSI ARIAZIONI ENIGMATICHE V (13-15/02) Teatro Verdi (FI) ing. 26,50 € L A TURNATA Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € ACANZE TURCHE V Teatro Lumière (FI) ing. 15/13 € I BAMBINI DI COLD ROCK Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera ALDARNO JAZZ WINTER FESTIVAL V (13/03/7-03) Varie Location ing. 10/7 € SABATO 14 LUE IN SWING III EDITION G Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera J EFF MILLS Viper Club (FI) ing. TBA ANGON NIGHT H Tender Club (FI) ing. libero OB MAZUREK CHICAGO R UNDERGROUND DU Pinocchio Jazz (FI) ing. 13/10 € UGGERO DE I TIMIDI R Auditorium Flog (FI) ing. 10/8 €

ICHAEL FEUERSTACK M Rex (FI) ing. libero

ST + FRONT O Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI

ACHETE BANGZ M Tender Club (FI) ing. libero

RAN BOLLITO G Libreria BlackSpring (FI) ing. libero

Domenica 8 febbraio ore 10.00/11.00/12.00

IN SUA MOVENZA È FERMO Visita spettacolo al Teatro della Pergola In collaborazione con La Compagnia delle Seggiole

www.teatrodellapergola.com


MUSICA TEATRO ARTE CINEMA EVENTI PERCHÉ A FIRENZE NON C’È MAI NIENTE DA FARE... UN BES – ANTONIO LIGABUE Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € INX CLUB W Teatro Verdi (FI) ing. 25/37 € S OGNO Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 € S CRITTURE DI LUCE - ALESSANDRA MAURO Libreria Brac (FI) ing. libero DOMENICA 15 S PAIN Sala Vanni (FI) ing. 15 € F IGLI DELLE STELLE NEXT EMERSON (FI) ing. libero L UCCA FILM FESTIVAL (15/02-3/05) Lucca (LU) ing. NP LUNEDÌ 16 L A NOSTRA TERRA Cinema Cabiria (Scandicci) ing. 3 € E VERYDAY REBELLION Cinema Cabiria (Scandicci) ing. 3 € MARTEDÌ 17 C ONCERTO DI CARNEVALE Teatro Verdi (FI) ing. 17/20 € T HE SECURITY PROJECT PLAYS PETER GABRIEL Viper Theatre (FI) ing. 18/13 € F ATHER AND SON (17-22/2) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/31 € MERCOLEDÌ 18 EVOLUTION THE SHOW – THE BEST R BEATLES EXPERIENCE Teatro Obihall (FI) ing. 20/34 € GIOVEDÌ 19 P EPPE VOLTARELLI – LA FESTA NO! Spazio Alfieri (FI) ing. 13 € MOSUMO O Controsenso (PO) ing. libero con tessera ACSI CONCERTO IRLANDESE NEXT EMERSON (FI) ing. libero

L A SCENA (19-22/02) Teatro Verdi (FI) ing. 19/31 € I L TESTIMONE Teatro Puccini (FI) ing. 18 € VENERDÌ 20 ENTO AND THE VOODOO BROTHERS K Tender Club (FI) ing. libero S TONER KEBAB + NAUSEA Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI C ALAFOSCOPA PARTY Auditorium Flog (FI) ing. 5 € ICCO DAY N Teatro Obihall (FI) ing. 12 € E RA LA NOSTRA CASA (20-21/02) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € S OPRA DI ME IL DILUVIO Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € YE BYE SUITE B (20-21/02) Teatro Puccini (FI) ing. 18 € L A STRANA COPPIA (20-22/02 28/02-01/03) Teatro Le Laudi (FI) ing. 18/16 € I L FUOCO DELLA VENDETTA Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera SABATO 21 T IE ME TIGHT #2 Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera L ’ORSO (OPENING SCANDALOSOBRIO) Tender Club (FI) ing. 5 € PRES LA CLASSE A Auditorium Flog (FI) ing. 10/8 € L ’IMPROVVISAZIONE NON SI IMPROVVISA Pinocchio Jazz (FI) ing. 7/10 € ETALLICA + GUNS ’N ROSES M TRIBUTE BAND Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI UB REGGAE D NEXT EMERSON (FI) ing. libero S OPRA DI ME IL DILUVIO Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 €

AGIC FLORENCE M Teatro Puccini (FI) ing. 25/18 € S CRITTURE DI LUCE – DARIO COLETTI Libreria Brac (FI) ing. libero DOMENICA 22 I L LIBRO DELLA VITA - FRANCO CARDINI PRESENTA IL MAESTRO E MARGHERITA Nuovo Auditorium di Scandicci (FI) ing. libero LUNEDÌ 23 C OME IL VENTO Cinema Cabiria (Scandicci) ing. 3 € MARTEDÌ 24 I L VISITATORE (24-28/2) Teatro della Pergola (FI) ing. 16/31 € MERCOLEDÌ 25 J ACK SAVORETTI + ZIBBA Viper Theatre (FI) ing.15 € + dp GIOVEDÌ 26 TTO & JOHN HOLYS DJSET O Rex (FI) ing. libero S VERGOGNATA (26-28/02) Teatro di Rifredi (FI) ing. 14/12 € VENERDÌ 27 L AST KILLERS Tender Club (FI) ing. libero EMITAIZ & MADMAN G Viper Theatre (FI) ing. 15 € + dp L ITHOPEDION Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI L ITTLE BIG Auditorium Flog (FI) ing. 7/5 € T RIBUTE NIGHT Teatro Obihall (FI) ing. 10 € FTERHOURS A Teatro Verdi (FI) ing. 30/40 €

ELLA TEMPESTA N (27-28/02) Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € GGI STO DA DIO O (27/28-02) Teatro Puccini (FI) ing. 22/18 € L A BELLA DI NULLA Teatro di Cestello (FI) ing. 15/18 € S NOWPIERCER Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera E NCERRADOS DI VALERIO BISPURI Libreria Brac (FI) ing. libero SABATO 28 MBERTO MARIA GIARDINI U Glue Firenze (FI) ing. libero con tessera S IMIAN GHOST Tender Club (FI) ing. 5 € EAR IN NOW H Pinocchio Jazz (FI) ing. 7/10 € ENTLEMAN’S DUB CLUB G Auditorium Flog (FI) ing. 10 € C ECCO E CIPO Viper Theatre (FI) ing. 10 € + dp C RISTINA feat BANANA SPLIT Exenzia (PO) ing. libero con tessera ACSI F AMILIE FLOZ Teatro Verdi (FI) ing. 19/31 € MORE E GINNASTICA A Teatro di Cestello (FI) ing. 15/18 € ATTOBARDOFESTIVAL G (28/02-31/03) Teatro Nuovo Sentieri (FI) ing. libero/8 €


FEBBRAIO da non perdere MERCOLEDÌ 4 RAF Teatro Obihall (FI) ing. 26/46 €

Per me potete dire tutto quello che volete, infamarmi fino alla morte e pensare che quello che state per leggere sia la più grande cazzata della terra dopo i tweet di Gasparri ma “Cosa resterà di questi anni 80” rimane una delle pietre miliari della musica italiana. È un progetto che covo da tempo quello di rifare le hit di RAF in chiave acustica insieme a un mio amico chitarrista, e il clou dello spettacolo dovrebbe essere proprio questo brano splendido e malinconico. Non so se la frase che mi affascina di più sia “sempre pronti io e te a nuove geometrie” che richiama di sicuro giochi erotici già citati in altri successi italiani; oppure “e i sentimenti che senti tu. se ne andranno come spray” che ammicca al mito del buco nell’ozono, grande spauracchio di quando ero piccolo. Altri brani dello spettacolo “Siamo soli nell’immenso vuoto che c’è” e senza dubbio “Gente di Mare” dove lì sarò combattuto se fare la parte di Raf e del mio vero mito intramontabile, Umberto Tozzi. SABATO 7 TRICKY + THE VENKMANS Auditorium Flog (FI) ing. 18 €

Erano gli anni di Glory Box dei Portishead, dei Massive Attack (Protection, No Protection, Mezzanine) e tutti parlano di Tricky come un essere alieno, una sorta di demone che si muoveva nel sottobosco dei bassi e dei piatti, che se ne stava a casa a fumare erba e pensare ai panorami industriali dell’Inghilterra siderurgica. Io pensavo a Tricky e Bjork che si svegliavano insieme nella loro casa di non-so-dove, lei che per dire “fai il caffè” strideva acuti da pterodattilo, lui che 2 su 3 si dimenticava la polvere o l’acqua, poi litigavano volteggiano lei con le mani intorno alla testa e lui saltellando con la testa piegata come se avesse delle cuffie e die piatti. Poi sbroccavano in modo creativo e mettevano su una roba tipo Bob Marley e Tricky si faceva un altro cannone di erba e insieme leggevano gli articoli e le recensioni dei loro dischi dove tutti li mitizzavano e loro nel frattempo facevano la conta per chi dovesse andare a prendere le sigarette. Sempre questa impressione, il padre del Trip-pop - che nelle feste universitarie il dj che lo metteva si guardava sempre un po’ intorno pensando “senti cosa conosco, plebaglia” - che faceva il caffè sereno, poi si metteva il vestito da imparanoiato e andava in studio. GIOVEDÌ 12 PAOLO CONTE Opera di Firenze (FI) ing. 86/15 €

Sempre perché questa rubrica è una rubrica spontanea e senza pressioni, ci teniamo a dirvi che facciamo il boxino su Paolo Conte perché Tommaso Rosa di Lungarno è un fan e ci ha detto “ganzo il concerto di Paolo Conte, no?” che non significa “fate un boxino, stronzi!” e non significa neanche che l’ufficio stampa del concerto è un suo amico. No no. Significa che facciamo questo boxino perché ci piace fare un regalo a Tommaso due giorni dopo il suo compleanno. Detto questo, ci genuflettiamo di fronte al maestro Conte, ci prostriamo di fronte al suo Kazoo, ci zerbiniamo sotto i pedali del suo pianoforte e ci lasciamo graffiare dai suoi gemiti e dalle sue parole cavernose e roche come solo un vero jazzman di provincia e d’altri tempi sa fare.

GIOVEDÌ 12 ITALIANI CINCALI! Teatro Cantiere Florida (FI) ing. 15/12 € Avete idea di quante volte mi hanno detto “andiamo a teatro stasera? c’è una roba bella, teatro di narrazione” e già lì il pollice fremeva alla ricerca del telecomando e piedi rifiutavano ogni cuoio agognando la stoffa delle pantofole. Una sera però, l’unica mia ex che rimpiango accidenti a lei quando l’ho conoscuta, mi dice che avevo un debito per una serata estiva che l’avevo portata al torneo di Risiko, allora mi armo di pazienza e cronometro e vado in un teatro vicino Bologna a vedere ‘sto Perrotta che mi stava già sul cazzo perchè mi ricordava un centrocampista sottovalutato della Roma. Meraviglioso. Non ho altre parole. una dalla cose più intense che io abbia mai visto e ancora adesso poche volte ho provato un simile coinvolgimento. Bello, vero, semplice, che arriva alle budella passando dal cervello e dalla gola. Assolutamente da non perdere.

VENERDÌ 13 ASIAN DUB FOUNDATION SOUND SYSTEM Auditorium Flog (FI) ing. 12/10 €

Un giorno all’università un mio amico che aveva perso la testa per tale Giovanna, trentina dagli occhi da Husky e cosce da levriero, mi suonò al campanello mentre studiavo sociologia della comunicazione e mi disse che se ero veramente un amico avrei dovuto accompagnarlo a Ferrara a sentire gli Asian Dub Foundation e avrei pure dovuto sperare per lui che Giovanna gli dicesse di andare poi a dormire da lei dopo quindi avrei dovuto organizzarmi per dormire dentro una Seat ibiza oppure cercare la buona sorte a fine concerto. Arrivammo a Ferrara, luglio infrasettimanale anno 2002. Giovanna non c’era. Era partita con Luigi detto Gigi, salentino con il sacchetto di stoffa attaccato alla cintura, collezionista di Kefie e barbetta curata da incolta. Menomale ci furono gli Asian Dub Foundation e menomale che il concerto fu così straordinario che il mio amico si dimenticò di Giovanna e finì a casa di Matilde (non Sereni) con il quale adesso ha pure fatto due figli. Io rimasi nella Seat Ibiza. VENERDÌ 27 AFTERHOURS Teatro Verdi (FI) ing. 30/40 €

MANUEL AGNELLI HA LASCIATO GLI AFTERHOURS! No, si scherza, solo che manca solo lui. Suonano spesso dalle nostre parti, pure troppo, però hanno un buon seguito e i concerti, se Agnelli è in vena, sono gradevoli e fanno ridere anche le tipe odiose che non ridono mai. Comunque il Verdi potrebbe essere un’ottima soluzione rispetto ad altri posti più rock ma meno comodi. Perché gli Afterhours hanno fatto un passaggio, non sono più il gruppo da sentire marciti ma sono da poltrona, velluto e sorseggiamento di vino, da vestaglia e dondolo, ma non perché siano vecchi, ma perché hanno virato dal Tora Tora Festival a una roba più da salotto e io, che sono vecchio, lo apprezzo molto.



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UN SEX SYMBOL AL MESE

di il moderatore

una non precisata (ma di certo illuminata) mente alle prese con la vera essenza della bellezza

Sébastien chabal

T

engo a precisare innanzitutto che non sono stato colpito dalla dilagante fascinazione per il rugby che pare si stia diffondendo ultimamente, nonostante il calcio rimanga sport sovrano (nei secoli dei secoli), ma certo non potevo rimanere indifferente nei confronti di questo bizzarro colosso, ex-pilastro della nazionale francese di palla ovale. Probabilmente non si lava troppo spesso e gira voce che al posto dello spazzolino usi uno scatizzolamerde, ma direi che sono dettagli sui quali si può tranquillamente soprassedere quando si ha a che fare con la primordiale esuberanza del suo fisico. Certo, direte voi, rimane comunque un francese, e si sa che l’idioma transalpino non è sempre sinonimo di virilità, ma figuratevi se questo tizio, mentre parla, sì, con la erre moscia, ma con il suo tono cavernoso (due ottave sotto il rutto, per la precisione), non vi condisce i discorsi con un paio di scaracchi sul marciapiede! E poi come non abbandonarsi alla lasciva fantasia di passare le mani fra i suoi capelli unti, di accarezzare la barba intrisa di sudore e Gatorade, mentre vi stritola in un mortale amplesso tutto muscoli ed escargot…

LA ZONA D’OMBRA

di michele baldini

antagonismi gratuiti

VIVA LA VIDA LOCA

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olte persone amano distrarsi. Amano distrarsi perché, sento dire, vogliono allontanarsi dalla noia e dai problemi della vita. Molte persone amano ridere, inoltre. Anch’io amo ridere, in fondo. La solitudine che circonda questa società di individui alla ricerca di un’essenza per la propria vita (adattabile o conformabile a un contesto sociale dato e non autogovernato), non ci permette, tuttavia, di limitarci a usare la risata come pura forma apotropaica di allontanamento delle energie e delle vibrazioni negative, ma al contrario ci fa spesso (sor)ridere dei problemi stessi che la causano. Non importa ricorrere ai classici del pensiero novecentesco per capire che la svolta relazionale degli ultimi duecento anni è stata la scoperta dell’umorismo, inteso come sentimento del contrario. Penso anzi che il vero problema di fondo in tutto questo – o almeno il problema maggiore che avverto io, che rappresento un’esigua minoranza – stia nel non accorgersi che la distrazione è la causa principale di incidenti in tutto il mondo, in casa, in macchina o al lavoro, ma soprattutto nella comunicazione inter pares. La distrazione è quindi un pericolo, un attentato continuo alla nostra vita, mi viene da aggiungere. La concentrazione, al contrario, sistema in ordine logico l’esperienza in maniera tale da poter

essere dispiegata e incasellata, permettendo così di gestire al meglio il nostro privato user journey, ossia la mappa concettuale della nostra esistenza: il chi e il che cosa ci fa vivere meglio, cioè ci rende, più o meno, felici e sereni. Il punto è che concentrarsi richiede un certo sforzo mentale a cui molti preferiscono rinunciare; rinuncia che con il tempo porta a una vera e propria repulsione verso tutto ciò che appare ponderato, ragionato, mediato e di conseguenza inautentico. Preferiamo affidarci alle emozioni, all’ilarità, a una strana forma di lucida ebbrezza. Le persone così si scontrano come le macchine elettriche al luna park, con contraccolpi indicibili a lungo termine per quanto riguarda la cervicale, anche se sul momento fanno sembrare tutto più divertente. Si fa più alla svelta senza pensare, eppure allo stesso tempo riflettere si converte in un passatempo. Un cervello non allenato alla concentrazione si atrofizza, e ancora una volta non importa chiamare in causa luminari della pedagogia. Un cervello che non si allena a mettere a fuoco i fatti della vita causa malesseri avvertibili, ma non sensibili. Un cervello che si distrae continuamente non fa né ridere né sorridere. Un cervello che si distrae produce serial killer. La morale del prete: per queste feste fate a “modino”.


CARO CUORE NON BUTTARTI GIÙ

di carol & giuki

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DA GRANDE VOGLIO FARE LA PRINCIPESSA

P

ossono due single non convinte – o se preferite “singole” come amiamo definirci – dare consigli di cuore? Sì. Secondario è il fatto che noi stesse non li seguiamo per prime. Fatto sta che tutti i nostri più cari amici, anche gli irriducibili – senza far nomi – hanno trovato l’anima gemella. Non siamo qui per dirvi quanto tempo ci vorrà per superare la fine di un amore, né come si faccia; non siamo qui per spiegarvi come riconoscere l’uomo giusto o trovare una donna che sappia cucinare. Siamo qui per darvi tutte quelle risposte scomode che le vostre amiche del cuore non sono in grado di darvi. Perché la verità non è che non gli piaci abbastanza, non gli piaci proprio. Si sa, aprirsi con uno sconosciuto è sempre più semplice. Ma chi siamo? Giulia e l’amore fiabesco: fra tutte le principesse la mia preferita è Aurora, la bella addormentata nel bosco. Ma ormai a trentun anni sto seriamente pensando che a essersi addormentato sia il mio principe Filippo. Eppure non è nemme-

no da dire che non ami buttarmi nel letto abbandonandomi a lunghi sonni! Ma a svegliarmi non sono le labbra di un giovane virgulto, quanto “aggiornamento”, la suoneria del mio cellulare, anche se l’unica cosa che aggiorni è il mio nervosismo. Mi sono bucata le dita con spilli, aghi e quant’altro, e tutto ciò non ha migliorato la situazione del mio cuore. Aspetto ancora un po’, poi vado a comprarmi un arcolaio, non

per disfare la mia matassa di lana, ma la mia vita sentimentale. Chissà che in coda non incontri il mio Filippo… Carolina, sono una rockstar con la vita di una sfigata. Non so cucinare e non ho intenzione di imparare a quasi ventinove anni, tifo per la sopravvivenza ai fornelli. La mia principessa preferita è Belle, con una piccola differenza: tante bestie, ma nessuna che si sia mai trasformata in un principe. Nonostante ciò, per dirla con una strofa dei Marta sui Tubi: credo fermamente nell’amore; è l’amore che non crede più in me. Quindi, orsù, non siate timidi! Se come noi vi sentite un po’ sfigati, delusi e disillusi, scriveteci, apritevi, raccontateci la vostra storia e i vostri stati d’animo. Poneteci domande, chiedeteci consigli, andate davanti allo specchio e ripetete: «Caro cuore non buttarti giù». carocuorenonbuttartigiu@gmail.com photo: Adriana Desiderio

PALESTRA ROBUR

di leandro ferretti

lezioni di ginnastica culturale per fiorentini

I Litfiba al Tenax nell’87

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a primavera era quasi cominciata. Era una vera primavera a quei tempi, che rendeva le sere di maggio già abbastanza calde, ma non troppo. Via Pratese brulicava di avventori che si infilavano rapidi nel tunnel in discesa del Tenax. L’anno non era ancora a metà e già erano stati tanti i concerti (Robyn Hitchcock, That Petrol Emotion, ma anche gli U2 in trasferta a Modena); eppure quella notte si respirava il clima delle grandissime occasioni per il ritorno in città dei Litfiba, reduci dal tour di 17 Re. Circolava per le vie adiacenti al Tenax l’elettricità dei momenti in cui si è alla vigilia di qualcosa che non si capisce bene cosa sia. Il locale strapieno, le sparute telecamere di Videomusic pronte a riprendere il concerto. Le luci spente e la musica che parte. Il giro di basso ossessivo di Come un Dio, sapientemente agghindato di un

chorus rotondo. E finalmente Pelù in calzoni di foggia turca che aggredisce il microfono, che provoca gli spettatori, che insulta la telecamera. Desaparecido e 17 Re sono eseguiti quasi per intero, oltre un’ora e mezza di musica che termina di nuovo con Come un Dio, in una lunga versione strumentale chiusa dalla batteria che vola giù dalla pedana. La gente che sciama fuori, il locale zuppo di sudori che si svuota. Nulla dopo quella sera sarebbe più stato come prima, e non solo perché Maroccolo e De Palma nel giro di un paio d’anni avrebbero abbandonato il gruppo (e Ringo anche la vita). Quella sera terminarono gli anni Ottanta a Firenze, per come storicamente li abbiamo conosciuti, e cominciò un’altra storia, non necessariamente peggiore ma un’altra storia. Aprite i vostri occhi, dodici maggio millenovecento ottantasette.


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A QUEL PAESE

di alba parrini

Pole pole in Kenya tra zebre e pesci tropicali

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urista fai da te? No Alpitour? Ahi! Ahi! Ahi! Il Kenya si potrebbe sintetizzare così: una nazione bellissima, sebbene piena di contrasti con l’occidente, dove purtroppo ad oggi non è possibile andare senza un minimo di organizzazione alle spalle. E lo dice una turista no frills che di solito prende e parte senza farsi troppi problemi. Ma purtroppo tant’è. La speculazione edilizia sulla costa keniota a opera dei vari Briatore, Totti e compagnia, è stata pesante per l’economia locale tanto da creare delle nuove dinamiche sociali che hanno provocato un amore e odio verso i turisti soprattutto se italiani. Chi si è veramente arricchito con il turismo sono i tour operator occidentali che nella migliore delle ipotesi impiegano manodopera locale per i lavori più umili. C’è poi il fenomeno dei beach boys: ragazzi del posto che avvicinano gli stranieri sulla spiaggia (non avendo altre occasioni di incontro), e offrono gli stessi tour e le medesime escursioni che vengono vendute dentro il villaggio turistico a prezzi decisamente inferiori. Ovviamente gli hotel ci tengono a fare del terrorismo psicologico e raccomandano caldamente di evitare i locali, come se potessero in qualche modo rivendere i turisti come ostaggi o non si sa bene cosa. Chiaramente faccio amicizia con Giuseppe (Yousuf) e decido di ignorare l’avvertimento del capo animatore (già scrivere capo animatore mi provoca i brividi!). Questi ragazzi sono dipendenti di agenzie turistiche legalmente riconosciute dal governo, che si trovano sulla strada principale di fronte a tutti i resort. La cosa più difficile per i beach boys è proprio far superare i preconcetti così ben inculcati dagli hotel nei loro ospiti. Sono infatti più che disponibili a fornire tutte le garanzie del caso: licenze, qualifiche, addirittura numeri di telefono del Ministero per il turismo keniota dove verificare la loro posizione. Oltre ai vari tour, Giuseppe ci accompagna nel suo villaggio che si trova attaccato al nostro re-

sort. Ci avviamo sulla spiaggia e subito ci rendiamo conto di come la realtà di chi abita qui sia ben diversa dai balli di gruppo e dal buffet internazionale. La popolazione vive in capanne di legno e di terra cruda (architettura tipica di diverse parti dell’Africa), in condizioni di indigenza. Per curarsi utilizzano le conoscenze popolari tant’è che Giuseppe ci mostra l’albero dalle cui foglie ha guarito da solo il tifo. Siamo gli unici bianchi a essersi avventurati nel villaggio da anni, abbiamo con noi riso e altri piccoli regali, che consegniamo al capo villaggio. All’inizio la sensazione che percepiamo è di ostilità, ma via via che Giuseppe spiega il perché della nostra presenza la gente diventa curiosa. Solo qualcuno insiste a urlare che siamo sfruttatori italiani e che abbiamo rovinato le loro coste incontaminate; ma in effetti noi stessi non riusciamo a dargli torto. Il Kenya è una terra meravigliosa. È impossibile andare via senza aver trascorso almeno tre giorni di safari in uno dei parchi nazionali, fra tutti lo Tzavo e l’Amboseli. Esperienza indimenticabile

è stato trovarsi nella savana di notte, in una tenda al buio e sentire i rumori della natura (non senza un briciolo di ansia), svegliarsi la mattina all’alba e vedere di fronte a sé un branco di gazzelle che fanno il bagno. Impossibile da dimenticare l’elefante che abbatte un albero secolare con le corna. Ancora più incredibile l’immagine di un giaguaro a caccia e della leonessa che protegge i suoi cuccioli. E poi giraffe, zebre, antilopi, scimmie, tutti così vicini da poterne vedere l’espressione. Immancabile anche il safari blu al parco marino di Watamu. Oltre allo snorkeling sulla barriera corallina, questo parco offre la vista di atolli che emergono solo in determinate condizioni di marea. Ovunque oceano indiano e colori così intensi da non riuscire a descriverli: il blu del mare, il bianco delle strisce di sabbia e i caicchi gialli e rossi che ondeggiano ormeggiati nella bassa marea. Adesso le preoccupazioni e lo stress sono molto lontane. Mi sdraio su una striscia di arena color borotalco e faccio mio il motto di tutti i kenioti: pole pole, piano piano.


LA SCENA

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piccole incursioni nel sottobosco locale

GIULIANO BILLI Identificati in qualche modo. Giuliano Billi, suono la chitarra e canto da troppo tempo in troppi gruppi. Permettetemi di definirmi un “veterano” della Scena. Elencare le band nelle quali ho militato mi porterebbe soltanto a terminare lo spazio gentilmente concessomi. Al momento mi barcameno tra Mutzhi Mambo, Fangs of the Molossus, Cronaca e Preghiera e We Melt Chocolate. Sono stato per anni, insieme a mia sorella, la voce de I Ganzi e ho avuto la grande fortuna di essere il chitarrista degli “Heavy” Skiantos e quindi di stare accanto al Maestro Freak Antoni nei suoi ultimi giorni. A trentasei anni, l’unica cosa che m’interessa è stare bene continuando a fare il rocker militante e il coglione fino a tarda notte. Ovviamente questo mi porta a vivere con le pezze al culo, ma non tornerei indietro per niente al mondo. Cos’è per te la Scena? La Scena per me è un incontro di persone, di anime e di idee, che rendono viva una Firenze troppo morta negli ultimi tempi per sembrare vera. Tanti pesci piccoli spesso mangiano il pescione grande. Un’unione spassionata e spoglia

grande classico. Ci sentiamo pistoleri velocissimi, dimenticando che in tutto il west ci sarà sicuramente qualcuno più veloce che ti farà la festa.

dell’ego che ognuno si porta dietro come un fardello per riuscire a sentirsi un minimo a proprio agio in questa società contraffatta. La situazione non è proprio questa, perché la comunione d’intenti si scontra spesso con la voglia di emergere come singoli; nel mondo musicale, questo è un

Perché credere nella Scena? Mi piace l’idea di credere in qualcosa e non di doverla sostenere. Si sente spesso dire «sostenete la causa, la scena, ecc…». Io diffido del verbo “sostenere” nell’accezione del “portare avanti”, perché se una proposta non riesce a sostenersi da sola, dubito della sua stessa validità. Credere è un altro paio di maniche e ti fa provare quella voglia di impegnarsi in qualcosa. Ci sono nella Scena fiorentina realtà che sfiorano l’eccellenza e che non hanno niente da invidiare a quella estera, di cui troppo spesso subiamo la sudditanza (escludo le mie band perché sarebbe conflitto d’interessi). Quindi avanti tutta e per chi non ha idea di cosa stia parlando: deponete la vanga, smollate lo smartphone tanto non ne avete bisogno, cercate di ricordarvi l’ultima volta in cui avete avuto curiosità per qualcosa e di come questo vi ha fatto sentire e venite a farvela prender bene con noi. Saluti a tout le monde!

POINT OF VIEW

di gilberto benni

EVERYBODY STREET

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uesto mese mi sono domandato se parlare sempre di autori o di strumenti fosse più o meno utile per far appassionare voi lettori alla fotografia. La risposta che mi sono dato è che la grande fotografia ci fa innamorare di questa magnifica arte senza spronarci a crescere e quindi, in controtendenza, oggi vi parlerò di cinema! Ovviamente non intendo iniziare a scrivere delle recensione cinematografiche, voglio semplicemente portare alla vostra attenzione uno dei migliori docufilm mai prodotti sulla fotografia; cioè Everybody Street. Diretto da Cheryl Dunn, il film racconta la vita e il lavoro dei più iconici fotografi di strada di New York – tra cui Bruce Davidson, Mary Ellen Mark, Elliott Erwitt, Ricky Powell e Jamel Shabazz – e l’incredibile, quanto incomparabile, città che li ha ispirati per decenni, New York. Il documentario girato dal celebre fotografo Cheryl Dunn, su pellicola 16mm in bianco e nero, oltre all’ormai tradizionale colore HD, rende omaggio allo spirito della fotografia di strada,

che attraverso un’esplorazione cinematografica della Mela ribadisce la corsa viscerale, la singolare perseveranza e la consuetudine di questi artisti nel trovarsi in situazioni pericolose solo per il piacere di catturare un’immagine. Questa pellicola sopprime rapidamente il concetto secondo cui esiste un solo tipo di approccio o di sensibilità a definire la fotografia di strada. Che si tratti dei ritratti di Jamell Shabazz, dell’opera documentaria di Bruce Davidson o del lavoro di foto e video di Clayton Patterson, il film rivela come la città, in qualità di soggetto, possa essere rappresentata in una miriade di modi, alcuni dei quali spesso contraddittori, sebbene sempre coinvolgenti. Insomma, questa volta, mi sono permesso di parlarvi di cinema, perché credo che la fotografia non sia solo il risultato della visione di un autore, bensì anche frutto dell’ambiente che ci circonda come spiega questa splendida pellicola. http://everybodystreet.com




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BASTA STARE TRANQUILLI

di simona santelli

GONZO PITTI - 2a EDIZIONE

L’

anno scorso ho avuto il piacere di essere l’inviata di Lungarno a Pitti Immagine Uomo, la kermesse che rende frizzantino l’inizio della anno a Firenze e ci fa sentire tutti un po’ fashionisti e milanesi, tassisti inclusi. Quest’anno ho fatto il bis. Il 2014 è stato a livello geopolitico molto complicato. Non c’ho capito granché, ma a quanto pare anche nel settore del lusso ci sono stati forti scossoni e più o meno inaspettati segni di cedimento, soprattutto perché i papponi russi e le loro sempre sobrie concubine hanno avuto giusto qualche piccolo problemino in casa, e si sa, ritrovarsi nuovamente a vodka e zuppe di barbabietola e matrioske è un attimo. In compenso siamo stati sommersi dall’arrivo di bloggers e web influencers dal lontano Oriente ormai totalmente occidentalizzati; li si poteva facilmente riconoscere dal muso di cantero immortalato sull’Instagram di qualche fotografo in pantaloni della tuta rosa Peppa. Ma passiamo alle cose che più mi hanno colpito. La boule de neige delle oche di Moncler Per mettere fine a tutte lo polemiche generate qualche mese fa dallo scottantissimo servizio realizzato dal programma Report, Moncler ci ha

regalato un’installazione senza precedenti posizionata nel cortile Medici. Una gigantesca boule de neige capace di contenere oltre mille oche, proprio quelle maltrattate in Ungheria che abbiamo visto in tv, stavolta libere e felici. Le oche sono apparse in gran forma, con le penne quasi totalmente ricresciute: merito del mangime bio raccolto a mano dai volontari di Greenpeace licenziati dopo lo scempio di Nazca (quelli che hanno deturpato l’area del geroglifico del colibrì lo scorso dicembre). Ogni mezz’ora delle speciali correnti di aria a 24° all’interno della bolla facevano muovere tutte le piume naturalmente cadute dalla pelle degli animali, creando appunto l’effetto boule de neige. Un’installazione che ha avuto il suo climax mercoledì scorso, quando il cielo sopra Firenze è stato illuminato dal gigantesco ologramma di Allevi che ha eseguito il ballo del qua qua in cinque diverse versioni. Commovente.

erano instancabili quanto sorridenti. Un team di cinquanta social media manager si è occupato di postare, instagrammare, rebloggare, twittare tutto ciò che accadeva, minuto per minuto, attraverso l’hashtag #LongLiveBertelli. Un po’ noioso se devo essere onesta, oltre a non aver digerito molto bene le tartellette al curry offerte all’aperitivo inaugurale.

Il caveau di Prada Molto social l’azione di Prada, altro marchio duramente colpito dalle polemiche nella stessa puntata del programma Report. Nel caveu dell’Hotel Baglioni è stata completamente ricreata una fabbrica di Sri Jayawardenapura Kotte. I cinquanta cingalesi fatti arrivare per l’occasione

Da Pitti è tutto. E se ve lo domandano, rispondete in ogni caso: ci vuole l’invito.

Corso di street style per la terza età Occhio analogico, gusto senza tempo e un cyber ego da far invidia alle modelle di Victoria’s Secret: queste le caratteristiche per partecipare all’esclusivissimo workshop in collaborazione con Vogue Brooklyn. Dieci ricchi rincoglioniti da tutto il mondo hanno appreso avanzatissime tecniche di selfie per anziani, bon ton di stalkeraggio, come sorridere lo stesso senza dentiera nel momento dello scatto. Il motto? I vecchi sono il futuro!!!

photo: Francesca Poli


STELLE

di faolo pox - disegni di aldo giannotti

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Sarai come un ragazzino in terza media, smanioso di finire la scuola e andare a giocare al parco sotto casa. Soprattutto sarà difficile richiamarti per tornare a casa a fare i compiti! Ginocchia del toni bucate, fango e scarpe nuove tutte rovinate, sempre a correre dietro un pallone. Così sarà il tuo febbraio, Ariete. Goditi la tua vitalità e anche i pensieri più annodati si scioglieranno. Oggetto per febbraio: game boy

Lo sai che devi avere pazienza. Dovresti trovare un camino, una sedia a dondolo e un classico della letteratura russa da leggere appollaiato sotto un plaid di lana. Questo sarebbe un buon modo per evitare di metterti a questionare su incomprensioni o malumori che busseranno alla tua porta. Pazienza e sguardo dall’alto su tutto. La prossima mossa sarà determinate. Oggetto per febbraio: scacchi

Ce l’hai in mente un minestrone di verdura? Ecco il tuo quadro per febbraio. Legumi, verdure, tuberi, tutto in un bel pentolone con un po’ di cipolla (che fa piangere), del peperoncino (che pizzica) e del pepe (che insaporisce). Ora prendi un bel mixer e fai un passato di verdura perché è l’unica soluzione che hai per rendere fluido il tuo mese e digerirlo meglio. Oggetto per febbraio: minipimer

Hai iniziato la preparazione? Mmm... Sicuro? Secondo me no. Primo passo: qualcosa che ti aiuti a programmare meglio le tue giornate, un sistema infallibile che ti ricordi gli impegni e le scadenze, magari senza batteria altrimenti avresti sempre il pensiero che potrebbe scaricarsi e devi ridurre i pensieri, come quelli che rivolgi troppo al passato. Guardare avanti. Oggetto per febbraio: un calendario

Corro il rischio di dirti una cosa che potrebbe scatenare tutte le tue ire. “Stai calmo leone!” (9 Leoni su 10 è scientificamente provato che rispondono “non mi dire di stare calmo”). Ma devi, perché così capiresti che i fastidi che hai sono solo temporanei e passeggeri, che i punti fermi sono fermi davvero e che le nuvole stanno passando. Oggetto per febbraio: bottiglia di Tignanello

Iniziamo con il primo problema del 2015: c’è qualcuno o qualcosa che ti esaspera, che non sai più come affrontare, che hai perso la speranza di risolvere. Ecco, buttala via sta speranza e passa alle decisioni drastiche che sono sempre quelle che ti piacciono di più. Però poi accollati anche le tensioni che ne deriveranno e il clima non proprio sereno che caratterizzerà il tuo mese. Oggetto per febbraio: guantoni da boxe

Vorrei tanto essere Bilancia per tutte le cose che continuano a saltar fuori dai quadri. Incredibile, tutto liscio, prospettive, cose che cambiano, tutto in divenire, stimoli ovunque e dappertutto (soprattutto fisicamente...). Insomma Bilancia buttati, continua a buttarti e goditi quelle micro delusioni (forse affettive) che ti serviranno come pausa tra un divertimento e l’altro. Oggetto per febbraio: biglietto di un concerto

Ti consiglierei di recarti in qualche istituto internazionale e fare un corso accelerato in diplomazia. Capiresti che è un’arte oltre a un’indole, e che è più utile e meno furba di quanto tu abbia mai pensato. Questo perché ti ci vorrà un po’ di diplomazia a febbraio, dovrai contare più volte fino a 10 e pensare che il litigio non può essere quotidiano come lavarsi i denti. Oggetto per febbraio: un cronometro

Svagarsi il più possibile e continuare a farlo sarà la ricetta del 2015 e soprattutto di febbraio. A gennaio eri ancora incredulo, a febbraio sarai possibilista, a marzo sarai allegro con brio e poi ci sarà l’esplosione. Cerca nuova musica, abbandonati senza sentire troppo i rumori esterni, goditi le tue malinconie ma tienile bene a bada. E la sorpresa, intorno al 20, arriverà. Oggetto per febbraio: cuffie nuove

Dopo il mio oroscopo di gennaio mi avete scritto in diversi. “Vorrei fare un figlio” mi ha detto qualcuno. “Forse dovrebbe sposarmi quello smidollato” mi ha detto un’altra. Ecco, mettiamoci un piccolo intermezzo tra i bilanci e la pianificazione estrema. Piccoli passi, tieni a bada l’ansia del futuro e spostala sull’asse della speranza. Tu puoi a differenza di altri segni. Allora goditela. Oggetto per febbraio: biglietto aereo

Sarà che festeggerai il tuo compleanno o quasi, sarà che ne hai bisogno, sarà che te lo meriti, ma il mese di febbraio è il tuo mese. Pochi rapporti affettivi, pochi stress, pochi pensieri (giuro, lo ridico, pochi pensieri), febbraio sarà il mese del “possibile”, del vivace, delle idee. Non a tutti farà piacere avere accanto un vulcano ma tu erutta e fregatene. Pochi soldi ma si sa, non sono quelli che fanno la tua felicità. Oggetto per febbraio: bicicletta

Caro Pesci, che ne dici di provare a essere amici? Potrei mettere il primo piede giusto dicendoti che febbraio sarà positivo, vedrai cambiamenti o prospettive, ti sentirai in fermentazione. Devi ricordarti di esprimere il tuo vero lato, anche quello emotivo. Altrimenti ci saranno delle diffidenze da parte di chi ti vede un po’ artefatto. Sii autentico, non sbaglierai. Oggetto per febbraio: un timbro


anyway the wind blows di virgola


PAROLE

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di gabriele ametrano

Sputerò sulle vostre tombe di Boris Vian Marcos y Marcos - pp. 190

Il mio presupposto è che se un libro merita d’essere letto, non importa se profuma di stampa o ha diciassette anni: un libro è un libro, qualsiasi età abbia. E oggi torniamo indietro di parecchi decenni, a una scommessa letteraria, a un genio d’oltralpe, a un romanzo che diventò un caso nazionale. Sputerò sulle vostre tombe è uno di quei lavori editoriali che non potete relegare al passato mentre il suo autore, Boris Vian, non potete non conoscerlo. Era il 1946 quando l’editore Jean D’Halluin cercava un romanzo americano da pubblicare in Francia. Ai tempi la letteratura americana veniva letta avidamente e l’occasione di vendita era allettante. Boris Vian contattò l’editore e gli disse che lo avrebbe scritto lui, in quindici giorni con il nome di Vernon Sullivan, inventando che questo fosse un autore statunitense negro mai stato pubblicato nel suo paese per ragioni razziste. Nacque così J’irai cracher sur vos tombes (titolo originale). Il successo fu incredibile quanto le critiche e le accuse rivolte a Boris Vian dopo che si scoprì l’artefatto. Il libro venne censurato e Vian fu condannato per offesa alla morale. Colpa della trama troppo spinta per l’epoca: sesso, alcool, corse in auto, violenza; tutto condito da un sentimento profondo di vendetta. Siamo negli anni Cinquanta, il momento dei “belli e dannati” alla James Dean. Il protagonista di questo romanzo è Lee Andersen, un bianco con sangue nero. Lui vuole vendicare l’assassinio del fratello, ucciso dai bianchi solo perché aveva corteggiato la figlia di uno di loro. Lee trova un’occupazione come libraio in una piccola città, fa nuove amicizie e ben presto ha l’opportunità di vendicare l’offesa. Boris Vian in sole due settimane di lavoro è stato capace di creare un piccolo capolavoro di crudeltà, dosando esattamente gli elementi che la letteratura americana stava esportando in Europa. Poi, se dopo la lettura, volete anche conoscere qualcosa di più su Vian, sappiate che vi inoltrerete nella breve vita di un genio, che dai concerti come trombettista con Duke Ellington e Miles Davis è passato a scrivere per il teatro, poi al palcoscenico come cantautore, seguendo sempre la sua vena creativa letteraria. La postfazione all’edizione di Sputerò sulle vostre tombe di Marcos y Marcos vi aiuterà sicuramente (anche se non è proprio scritta con estrema attenzione).

Ricordi, sogni, riflessioni di Carl Gustav Jung Rizzoli - pp. 510

Alzi la mano chi non è mai stato in analisi. Pochi. E adesso alzi la mano, invece, chi va in analisi da più di un anno. Molti. Da più di due. Parecchi. Da una vita. Diversi. Siamo un popolo di persone alla ricerca di risposte. Ci facciamo domande e troviamo uno psicologo ad accoglierci perché come ci spiegava Quelo, “la risposta è dentro di te epperò è sbagliata”. Questo libro non vi aiuterà a scavare nelle vostre coscienze (o “incoscienze” che siano), ma a percorrere gli anni di vita di uno dei baluardi della psicologia, Carl Gustav Jung. Un’autobiografia nata come biografia (è stata scritta da una sua assistente che raccoglieva il materiale di lunghissime conversazioni). Ci sono voluti più di cinque anni per pubblicarla e solo per avere l’autorizzazione quasi un anno. In vecchiaia era diventato un uomo scrupolosissimo, ma in altre epoche era stato un uomo come gli altri, semplicemente molto attento alle esperienze dell’anima. Insomma, sapere di cosa si parla quando parliamo di Jung è il primo passo verso alcune risposte. E dopo questa, cari pazienti, sono settanta euro.

Letture digitali Mare d’inverno di Grazia Verasani

Una cosa divertente che non farò mai più

Giunti - ebook

di David Foster Wallace

L’amicizia, le risate, una piccola vacanza per ristabilire il sorriso e guardare avanti con un po’ più di fiducia. Un romanzo tutto al femminile questo di Grazia Verasani che, sulle note della celeberrima canzone di Ruggeri, trova i toni intimi della riunione tra vecchie amiche. Agnese, Vera e Carmen sono vicine ai cinquanta, donne navigate, ma anche con un presente che a volte s’increspa nella solitudine. I pochi giorni passati insieme saranno un felice momento per guardarsi allo specchio e constatare che il tempo dell’amicizia batte con ritmi sinceri.

MinimumFax - ebook

Da uno dei migliori autori del nostro secolo non possiamo che aspettarci il meglio. Doveva essere un articolo per la rivista Harper’s, ma divenne uno dei più spassosi e ironici racconti di Wallace. Salite su una crociera extralusso ai Caraibi, stipatela di statunitensi dediti al cibo, all’alcool, all’opulenza di qualsiasi tipo e tra questi metteteci il nostro autore: l’esperienza è irripetibile, come le pagine di questo libro. La società americana viene messa a nudo e ridicolizzata, guardata con l’occhio di chi sa che dopo questa avventura nulla potrà essere più come prima. ESERCIZI DI STILE / gabrieleametrano.com


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SUONI

di gianluca danti

Peter Kernel Thrill Addict On the Camper Records

Peter Kernel è un duo di stanza nella Svizzera Italiana. Thrill Addict è la loro terza fatica. Li avevamo lasciati nel 2011, con l’uscita di White Death & Black Heart seguito da un tour lunghissimo in cui la band ha avuto la possibilità di condividere il palco con Blonde Redhead, Cat Power, Wolf Parade, Mogwai e tanti altri. Proprio in quel periodo, tra un sound-check e l’altro, viaggi in furgone e notti in hotel, ha preso vita questo nuovo progetto. Thrill Addict, benché introduca alcune novità rispetto ai due lavori precedenti, tiene fede al sound tipico dei Peter Kernel: un art-punk con continua alternanza tra le due voci, basso incessante e una chitarra che predilige riff puliti e mai banali. La novità più rilevante sta nella proposta di ritmi dilatati, di episodi cupi e introspettivi, che abbandonano, seppur temporaneamente, le distorsioni. Keep it slow è forse il brano che maggiormente segna questa trasformazione artistica, personalmente molto gradita. 
Dall’armonia di It’s Gonna Be Great, all’ansia e al nervosismo di Your Party Sucks, emergono emozioni contrastanti abilmente trasposte in video da Barbara Lehnhoff (aka Camilla Sparksss) che, oltre a suonare il basso, dirige e cura molti dei loro videoclip in una sinergia continua tra suono e immagine.
Con Thrill Addict la band trova forse la definitiva consacrazione, dimostrando di saper proporre qualcosa di nuovo in un ambiente dove si rischia facilmente di cadere nel “già sentito”

Panda Bear Panda Bear Meets the Grim Reaper Domino

Sono sempre rimasto affascinato dalla musica degli Animal Collective, una band che, nel corso degli anni, è stata capace di stupire mescolando psichedelia, avant-folk ed elettronica, abbandonando quasi totalmente la classica forma canzone. Uno dei fondatori di questa magnifica band di Baltimora si chiama Noah Benjamin Lennox, conosciuto artisticamente come Panda Bear. 
Panda Bear Meets the Grim Reaper è il suo quinto album in studio, registrato e mixato tra il Texas e le Isole Baleari da Peter Kember (Spacemen 3). Il continuo rinnovamento e la necessità di sperimentare degli Animal Collective si respirano profondamente anche in questo progetto solista, come spiega Lennox in una recente intervista: «Dopo l’ultimo album degli Animal Collective, utilizzando sempre gli stessi sampler, mi sentivo come se fossi sul punto di ripetere la stessa cosa più volte. In un primo momento mi piaceva perché era diventata un’abitudine, successivamente però sentivo che non stavo facendo niente di particolarmente emozionante». 
Sono due le perle che mi sento di citare: Mr. Noah, per le sue melodie ovattate e oscillanti e Tropic of Cancer, omaggio al padre scomparso prematuramente, per le atmosfere commoventi e rassegnate (You can’t get back, you won’t come back, you can’t come back to it). Un lavoro che può non entusiasmare al primo ascolto, ma che merita una leggera perseveranza, affinché possa essere apprezzato nella sua complessa dinamicità.

Mourn Mourn Captured Tracks

Dalla città del Primavera Sound giungono i Mourn. Tre ragazze e un ragazzo, giovanissimi e talmente bravi che la celebre Captured Tracks si è accorta di loro e ha deciso di pubblicare l’omonimo album d’esordio, uscito qualche mese fa per la spagnola Sones. Nella tracklist spicca il singolo Otitis, perfetto biglietto da visita di un album che suona fresco e spontaneo, pur mostrando ancora inevitabili imperfezioni date dalla giovane età. Chitarre ruvide e melodie palesemente Nineties, che seguono però l’onda indie-rock di altri gruppi attuali e altrettanto chiacchierati come Speedy Ortiz, White Lung, Bleached. Ghost Culture Ghost Culture
 Phantasy Sound

Ha iniziato a comporre musica nella sua camera da letto londinese utilizzando un sintetizzatore, un sequencer e un paio di effetti. James Greenwood, in arte Ghost Culture, ha sfornato uno degli album più attesi dai siti e dalle riviste specializzate in UK. Se vi piacciono Caribou, Four Tet, LCD Soundsystem questo è il disco che fa per voi. I dieci brani sono un condensato di raffinata elettronica, arricchiti da un timbro di voce tanto inquieto quanto coinvolgente. Sin dal primo ascolto si notano le capacità di Greenwood nello sperimentare e fondere diverse sonorità electro, dando origine a un sound completo, eterogeneo e molto credibile Welcome Back Sailors Tourismo La BarberiaRecords

I Welcome Back Sailors, assieme a Drink To Me, Casa del Mirto, Yakamoto Kotzuga, sono l’eccellente testimonianza di quanto la scena electro-pop italiana sia ormai una realtà consolidata. Tourismo, secondo lavoro del duo emiliano, è un disco synth-pop contemporaneo con incursioni dance e dream pop. Da segnalare l’uscita del singolo Best Friend in anteprima streaming sul blog scozzese GoldFlakePaint e la collaborazione con la label americana Crash Symbols; un ottimo e insperato segnale d’interesse dal colosso d’oltreconfine per quanto riguarda il nostro panorama musicale indipendente.

Classique c’est chic Naomi Berrill “From The Ground” (Musicamorfosi) From the Ground, album di debutto della violoncellista irlandese, ma fiorentina di adozione Naomi Berrill, è un armonioso viaggio musicale senza confini che incrocia e reinterpreta il fascino disarmante di Nick Drake, la purezza di Pete Seeger fino al barocco di Henry Purcell. Quella di From the Ground è una musica profondamente universale, concepita tra Firenze, Roma, Milano, Scozia e Irlanda. Le sonorità proposte da Naomi svelano nuove vie di sperimentazione, riuscendo a far coesistere musiche apparentemente lontane tra loro eppure unite dalla voce e dal suono del violoncello che fanno da leitmotiv all’intero album. Un grande e inarrestabile viaggio che come tutti i grandi viaggi merita di essere vissuto nella sua globalità. g.d.


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