La dolcezza che affascina e il piacere che uccide

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Oggetto: “ Il piacere che uccide” ovvero l’erotismo nella pittura e letteratura della secessione austriaca. Durata: Mesi Tre o Quattro Luogo espositivo: location da individuare

Premessa La dolcezza che affascina e il piacere che uccide” così Baudelaire chiude in un verso il gorgo di uno sguardo di donna catturato e subito perduto tra la folla metropolitana, e, annodando eros e thanatos, già circoscrive quell’oscuro oggetto del desiderio che, agli inizi del novecento, ossessionerà le fantasie pubbliche e private dell’intellighenzia europea, le pagine dei romanzi, i libretti d’opera, le immagini della pittura e della scultura. E’ l’erotismo femminile sublimato, come non mai, che si manifesta follement, soprattutto, nella mitteleuropa in un adieu sospeso Arte. Esotica, bruna e beffarda come il suo prototipo letterario, l’irriducibile Carmen di Mérinée, o fiammata nei capelli ma pallida esangue come una vampira di Poe o come le nordiche immote sfinge di Khnoppf, l’immagine femminile addensa malia e maleficio, apporta sventura, e mentre seduce, annienta. Molti sono i nomi di tal seduttrice o “femme fatale”, molte le sue storie: Gerda porta con lucida indifferenza alla morte il piccolo signor Friedemann nel racconto di Thomas Mann; ogni giglio reciso della funerea Principessa dei gigli rossi di Lorrain rappresenta la morte di un amante; il compassato professor Unrat, nel racconto di Heinrich Mann, perde ogni rispettibilità diventando un misero clown schiavo delle grazie negate della cabarettista dell’angelo azzurro. Nelle arti figurative è inesauribile: se Auguste Rodin celebra nella donna un meraviglioso idolo del desiderio davanti a cui l’uomo è incatenato, Franz von Stuck nelle tante variazioni di Il Peccato crea l’icona della carnalità satanica, mentre Edvard Munch svela la coincidenza tra ginolatria e ginofobia, dipingendo immagini drammatiche dove la donna è l’incubo a cui l’uomo soggiace senza scampo, un tema che si ripropone nelle trappole erotiche di Kubin e di cui Rops disegna, a sua volta, una versione derisoria e licenziosa. La “bella senza pietà” che attira i cavalieri nella foresta senza ritorno o la fosca maliarda nei dipinti di Waterhouse ( Le belle dame sans merci e Circe che avvelena le acque), diventa La voce del diavolo in un’opera di de Feure, o prende il nome di La sposa fedele in un dipinto di Gotsch, dove incede in un campo di papaveri, simboli di un sonno senza risveglio. “Antica fantasia” e “idea moderna”in questa singolare allenza consiste il segreto della “femme fatale” e del suo volto che annuncia il destino. Un imagine che viene da lontano, che prima della storia è stata Pandora, Lilith, Medusa, Circe, Elena, Medea, e che nell’era dell’industria e delle metropoli, della velocità e della trasformazioni, diventa un cliché come la danza assassina e tentatrice di Salomè nei quadri di Moreau, nella linea sinuosa dei disegni di Beardsly, nelle pagine di Huysmans, nella musica di Richard Strauss; e via via, l’elenco sarebbe fin troppo lungo. Ma anche il “doppio” che porta l’uomo impaurito e in valido del proprio cuore alla misoginia pura e folle, magnificata, peraltro, nell’arte figurativa come nella Sfinge o Le carezze di Fernand Khnopff, nella Giuditta1 , nella Vergine – l’hortus conclusus del piacere femminile – o nella Tragedia di Gustave Klimt, così come nel dipinto manifesto di Gustave Moreau Ragazza tracia con la testa di Orfeo o, più ancora, nelle linee serpentinate e lubriche delle fanciulle, in fiore?, ossessioni fatali di Schiele.


E’ l’eloquenzia della pittura si trasferisce nelle pa gine scientifiche di Lombroso e Bachofen per poi approdare, infine, nella rarità rarefatta del pensiero di Sigmud Freud o nelle fiammate pagine dei racconti di von Sacher-Masoch, Wilde, Kafka, etc.

Opere prime letterarie di:


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