Lo squilibrio finanziario degli enti locali
Marzo 2013
di Giancarlo Verde SOMMARIO: 1. Il problema degli squilibri dei bilanci degli enti locali. - 1.1. La recente evoluzione. - 1.2. Gli enti locali strutturalmente deficitari. – 2. Il riequilibrio pluriennale - 2.1. Presupposti del ricorso al riequilibrio. -2.2. Modalità del ricorso alla procedura e contenuti del piano. -2.3. Facoltà e deroghe nel corso della procedura. -2.3.1. Il fondo di rotazione. -2.4. Le fasi del procedimento. -2.5. Funzionamento del Fondo di rotazione. - 3. La procedura di dissesto finanziario. - 3.1. L’istituto del dissesto - 3.2. Presupposti per la deliberazione del dissesto finanziario – 3.3. Conseguenze della dichiarazione di dissesto. - 3.4. L’organo straordinario di liquidazione - 3.5. Compiti dell’organo straordinario di liquidazione - 3.6. L’attività di liquidazione – 3.7. Attività dell’ente per il risanamento finanziario. L’obiettivo della gestione stabilmente riequilibrata.
1. Il problema degli squilibri dei bilanci degli enti locali 1.1. La recente evoluzione Alla fine degli anni ottanta, emerse con prepotenza il diffondersi del problema riguardante gli squilibri dei bilanci degli enti locali, contraddistinti da una consistente massa di debiti fuori bilancio che comuni e province, oramai non riuscivano più a gestire con gli ordinari strumenti di bilancio. Detta situazione rifletteva il venir meno del sostegno statale per il ripiano dei bilanci, (che forse proprio in relazione a quest’aiuto venivano chiusi di solito in disavanzo), a causa del superamento della teoria del deficit spending, applicata con convinzione fino alla svolta introdotta dai decreti legge ”Stammati”. L’operazione di ristabilimento degli equilibri finanziari generali, alquanto difficile da digerire per molti enti, naturalmente, fu sviluppata e diluita nel tempo, in modo abbastanza attenuato, in modo da poter risultare assorbibile senza contraccolpi. Tale manovra fu accompagnata da una specifica normativa che offriva agli enti locali i necessari strumenti operativi e gestionali che garantissero costantemente una gestione in pieno equilibrio. Il primo intervento legislativo si deve all’articolo 1-bis del decreto legge 1 luglio 1986, n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488, mediante il quale si consentiva agli enti locali di riconoscere i debiti fuori bilancio e di finanziarli, anche attraverso il riparto in tre anni, con le risorse proprie del bilancio. Questa nuova opportunità si rivelò insufficiente, poiché agiva esclusivamente sulle conseguenze di certe situazioni e comportamenti, senza incidere, piuttosto, sulle cause strutturali che determinavano il deficit. Conseguentemente risultava impraticabile il raggiungimento, di un reale e rapido ripiano dei disavanzi e per nulla garantito il non riproporsi del fenomeno. Si rese, quindi, necessario, un secondo e risolutivo intervento legislativo, attraverso il decreto legge 2 marzo 1989 n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, (in particolare gli articoli 23, 24 e 25) che introduce nell’ordinamento degli enti locali l'istituto del dissesto finanziario, destinato a quelle situazioni non rimediabili con strumenti ordinari. Esso affronta sistematicamente il problema, individuando un articolato percorso di risanamento. Nello stesso tempo, per impedire il riformarsi dell’indebitamento, e le connesse situazioni di difficoltà, ripete, rafforzandolo, il complesso sistema organizzatorio che sostiene la regolarità dell’effettuazione delle spese, limitando le possibilità d’azione per quegli enti che, dai documenti ufficiali, dimostrino di non avere autonomia finanziaria complessiva e disciplinando, con particolari