Mamma! Numero 4

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MAM ! MA

40 pagine, 8 in più!

Congo

Itagliani

bonaccorso scalia rizzo

senigalliesi

cemak

la satira

flaviano gubi

costantini

Ponte

Di Vittorio

Intervista

boscarol

zurum

Iraq

4

Anno II. Numero 4. Febbraio 2010 stampato in proprio a cura di

Mamma!

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GRANDI OPERE: ABBATTONO IL NUMERO DEI DISOCCUPATI E FANNO PAESAGGIO

NEL PAGINONE CENTRALE GRAFINCHIESTA DA STACCARE E CONSERVARE!

Mister B

MATITE: cemak staino vincino biani makkox kanjano allegra fabbri greco bertolotti de pirro maramotti pinna (...) PENNE: orioles - gubitosa - nazzaro - frau - acquaviva - discepolipuliafito - vicari- flyfra - fraus. FOTO: senigalliesi.


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A memoria

dell’Opera Granda. Mauro Biani

Magari ci schiantiamo, ma non abbiamo paura T

re ore fa mi hanno licenziato. Una magnifica lettera in burocratese in cui si notifica la data di scadenza del contratto, e ti si danno tre mesi di tempo per far rientrare il tuo cervello dalla fuga all’estero e cambiare casa, lavoro, città, nazione e continente. Mentre leggo gli auguri di “buona fortuna per la ricerca di un nuovo lavoro”, la mano sinistra si lancia sull’inguine di sua spontanea iniziativa per gesti scaramantici volgari e sessisti. E come nei migliori racconti zen, l’illuminazione ti raggiunge in queste situazioni surreali e improbabili: ho capito perchè la gente applaude quando le ruote dell’aereo toccano terra. La fisica insegna che il momento più pericoloso è proprio quello, quando tonnellate di

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carne e acciaio si avventano al suolo lanciate a 300 chilometri all’ora, e sarebbe meglio applaudire da fermi per non apparire fessi o ignoranti. Ma di fronte alle infinite possibilità aperte con il mio divorzio dal posto fisso, ho capito che la gente non applaude perchè è in salvo. Lo fa perchè non ha più paura. Torno a casa dopo la notizia shock, e festeggio con mia moglie e un mazzo di rose rosse la nuova avventura che ci attende.“Così finalmente avrai più tempo per dedicarti alla rivista, no?” Che donna eccezionale. E così adesso mi ritrovo lanciato a tutta velocità verso l’incertezza e il precariato, col rischio di schiantarmi da un secondo all’altro su questa maledetta crisi. Ma anche al culmine del pericolo, applaudo felice

perchè non ho più paura: davanti a me ho il sogno di far decollare questa rivista libera, un sogno che diventa realtà ad ogni nuovo numero che mettiamo in cantiere, un sogno condiviso da autori magnifici e oggi anche da più di 100 abbonati che hanno voluto scommettere 20 euri su tre copie della nostra folle ma onesta avventura editoriale. Potrei scrivere ancora a lungo per presentare le meraviglie che state per leggere: inchieste grafiche, giornalismo a fumetti, foto d’autore, vignette croccanti e tanta passione per il mestiere di raccontare. Ma devo andare ad aggiornare il curriculum per tuffarmi sui siti di ricerca lavoro, e quindi vi auguro in fretta buona lettura e buona vita. Carlo Gubitosa


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INCIUCI

Riccardo Orioles

A

volte gli inciuci servono (l’ha detto anche il grande D’Alema) e a me questo qua, per esempio, ha fatto guadagnare cinquemila lire. Quale? Ma questo alla regione siciliana, naturalmente, fra il capo dei leghisti siculi Lombardo (uno che si fa le campagne elettorali coi pacchi di pasta) e il partito democratico siciliano. Alla giunta Lombardo, fumante di coltellate fra peones dei vari boss, è arrivato l’appoggio esterno, sotto forma di astensione, del Pd. Questo significa che il Pd prende un suo uomo, lo mette – proclamando di non conoscerlo: “E’ solo un tecnico” – nella giunta e va avanti tranquillamente verso il suo destino. Va bene, non è un argomento molto interessante, e non è d’altra parte che io ne sia particolarmente esperto. Ma chi è il nostro uomo presso Lombardo? Il professor Mario Centorrino. E chi è Centorrino? Ecco, adesso vengo alla storia – per me importante – delle cinquemila lire.

Una ventina d’anni fa Centorrino – come d’altronde adesso – insegnava all’Università di Messina. Fra i suoi laureandi c’era un ragazzo un po’ anomalo, che si chiamava Antonello Mangano. L’anomalia consisteva nel fatto che Antonello (allora a Messina capitava di vedere studenti che facevano l’esame con la pistola sul tavolo e roba del genere) non aveva nessuna voglia di chiudere occhi e orecchi sul mondo (accademico) circostante ma voleva renderne conto, scriverne, e addirittura dedicargli la sua tesi di laurea: “Il grado di coesione / Borghesi e mafiosi nell’ateneo messinese”. La cosa destò scalpore. Quando Centorrino ne venne a conoscenza, ritirò senz’altro la firma dalla tesi di Antonello, che da un momento all’altro si trovò esposto e senza copertura in un momento in cui i guai piovevano da tutte le parti e l’Università di Messina era un posto un po’ meno sicuro di Abilene. Basta, la cosa finì bene perché: 1) Antonello rimase vivo; 2) Gli Editori Riuniti gli pubblicarono

la tesi in un libro, che ebbe persino un discreto successo. Nel frattempo la situazione a Messina si aggravò ulteriormente, con professori sparati per le strade e mafiosi che imperversavano dentro e fuori l’università, e questo era tutta pubblicità per il libro di Antonello. Che poi diventò giornalista, fece un ottimo sito (terrelibere.org) pieno di inchieste, restò disoccupato quanto a stipendio ma non come lavoro utile per la città... Ma questo è un altro discorso. E le cinquemila lire? Ecco, quando ho saputo di questa faccenda della firma ritirata, tanto m’imbestialii (volevo bene a Antonello) che cominciai a blaterare frasi prive di senso: “Ma è modo di fare questo! Ma così ci si comporta con gli studenti! Ma dov’è il senso di responsabilità? Ma questo prima o poi finisce a fare il fascista!”. E qui qualcuno m’interruppe: “Fascista, dai! Centorrino è un democratico, un compagno... Come vuoi che finisca nei fasci uno così!” “Vedrai che ci finisce, vedrai! Non ci credi! E scommettiamo! Scommettiamo... scommetto cinquemila

(continua a pag. 4)

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lire! Che questo prima o poi me lo vedo in stivali e camicia nera!” La scommessa fu accettata e passarono gli anni e Centorrino, lungi dall’adempiere alla mia lugubre profezia, continuò la tranquilla routine dell’intellettuale progressista. Che in Sicilia comprende editoriali per i giornali forcaioli e di destra (la Gazzetta di Messina), articolesse sui giornali degli imprenditori collusi (La Sicilia di Catania), ecc. ecc. E scusa, per chi bisogna scrivere? Mica per quei pazzi dell’antimafia, che fra l’altro nemmeno pagano i pezzi. E poi le consulenze (per Cuffaro e per gli altri), che fanno pure brodo per il lesso. Ma adesso, finalmente, posso dire – magari forzando un po’ – di avere vinto la scom-

messa. Che Lombardo sia di destra non c’è il minimo dubbio. Una destra particolarmente odiosa, fra Achille Lauro (i pacchi di pasta) e Calderoli (l’alleanza di ferro con la Lega). Mettigli una camicia nera qualunque – che poi il nero è di moda – e che ottieni? Un fascista. Pino, voglio i miei soldi. Cinquemila lire. Che fa due euri e cinquanta anzi (se dal cambio per ricchi passiamo al cambio vero, quello per pensionati e operai) fa cinque begli euri tondi tondi. “Va bene, ma a me lettore che cavolo me ne frega delle scommesse tue?” Eh, bello mio. Qua si parla d’inciucio, di un solo inciucio, inciucio siciliano. Ma che dici, nell’anno nuovo altri inciuci non ne faranno? E quanti Centorrini si stanno preparando, in questo momento, a sacrificarsi nobilmente per la governabilità e tutto il resto? Riccardo Orioles

Mamma! numero 4

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CUORE DI TENEBRA

In Congo tra guerriglieri, moto cinesi e cercatori d’oro Foto e testi di Livio Senigalliesi

v

olare sulla regione dei Grandi Laghi, nel cuore dell’Africa, è uno spettacolo impagabile. E’ la stagione delle piogge e il piccolo Cessna si tiene basso per evitare di penetrare nei minacciosi ammassi nuvolosi. Un’occasione per ammirare un paesaggio che sembra appena uscito dalla creazione: sotto la carlinga del piccolo velivolo scivolano uno dopo l’altro i grandi laghi incastonati nella spaccatura geologica del Rift: l’immenso Lago Vittoria, il Lago Alberto, il Lago Edoardo, il Kivu e infine a sud il Tanganica. Le loro acque di

un blu intenso sono sovrastate dall’imponente massiccio del Ruwenzori e dalla catena vulcanica dei Virunga. Una regione mitica percorsa due secoli fa da temerari missionari e avventurosi esploratori alla ricerca delle sorgenti del Nilo. La formidabile bellezza geografica di questa regione è però inversamente proporzionale alla drammaticità dei problemi che la agitano e non si tarda a scoprirlo. Quando il velivolo aggiusta la rotta, scende di quota e punta il muso sul piccolo aeroporto di Bunia, capitale della regione nord orientale congolese dell’Ituri, compaiono piccoli villaggi che sembrano abbandonati sulle pendici delle colline. Poi appare la pista e dopo pochi minuti siamo a terra. Il minuscolo aeroporto, base logistica della Missione Onu, è presidiato dai soldati congolesi. Qui può capitare di tutto. “Benvenuti nel cuore di tenebra!” grida Andrea, capo progetto dell’Ong Coopi, venendoci incontro. Seguono infiniti controlli, perchè qui i giornalisti non sono graditi. Poi eccoci in città in mezzo al solito caos, donne con

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derrate alimentari appoggiate sulla testa e bambini legati sulla schiena, soldati ad ogni angolo e ragazzotti che scorrazzano a bordo di moto cinesi. Si, moto cinesi, avete capito bene, perchè i cinesi sono arrivati anche qui nella foresta pluviale per vendere ogni cosa utile, prendere materie prime o partecipare a progetti umanitari. Ed infatti queste moto “Senke”, che attirano la mia attenzione, sono utili alla pace. Moto in cambio di fucili. I giovani guerriglieri che consegnano le armi hanno in cambio una moto nuova fiammante e la possibilità di un lavoro come “moto-taxi”, un’occupazione molto apprezzata dalla gente del posto costretta a lunghi tragitti a piedi. Muoversi da queste parti è una vera avventura. L’abbiamo provato sulla nostra pelle

quando abbiamo deciso di raggiungere con un fuoristrada un remoto villaggio ai confini con la realtà... Ore ed ore di pista nella foresta saltando a causa delle buche come sulla groppa di un toro da rodeo... poi sul più bello, quando siamo “a sole 5 ore” da Zengo, la meta del nostro viaggio, si scatena un tremendo nubifragio. Niente di speciale, visto che è la stagione delle piogge, ma la pista si trasforma presto in un torrente in piena e la nostra 4x4 affonda letteralmente nel fango fino a metà fiancata. Bloccati dalla pioggia, il tempo passa inesorabile e si avvicina la notte. Non possiamo più aspettare. Zaino in spalla, con l’aiuto della guida decidiamo di raggiungere a piedi il villaggio. Ci sono volute ore per percorrere gli ultimi 11 dannati chilometri ma alla fine siamo arrivati a Zengo. E’ buio, beviamo un tè e stramazziamo sul letto. Mi sveglio alle prime luci dell’alba e mi muovo alla ricerca di persone e situazioni da fotografare. La gente del villaggio è già in piena attività e sono tutti stupiti di vedere un “muzungu” (un bianco) con la macchina fotografica al collo. Accompagnato dal responsabile locale dei progetti di Coopi, l’Ong italiana impegnata da anni per lo sviluppo del Congo, mi avvicino ad una piccola struttura in muratura che ospita l’infermeria e il reparto maternità. Con gioia mi viene incontro l’ostetrica e mi mostra un piccino appena nato avvolto in una coperta!!! La stanchezza e la preoccupazione per un viaggio così tormentato svaniscono e scatto le foto tanto attese. Penso al mio piccolo Dario che mi aspetta a casa e mi commuovo. Fotografo sì, ma prima di tutto uomo tra gli uomini. Cammino tra le capanne del villaggio, la gente sorride e mi saluta. Tutt’intorno è foresta. Di un verde smagliante. Le uniche attività economiche che si scorgono sono la piccola agricoltura di sussistenza – pochi metri quadrati intorno alle capanne dei villaggi coltivate a manioca –, e l’estrazione dell’oro in pozze alluvionali a cielo aperto. Un’attività, quest’ultima, che è diffusissima. Anse dei fiumi, paludi, rientranze spesso si rivelano giacimenti

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alluvionali di oro che richiamano frotte di cercatori artigianali che con rudimentali setacci isolano dal fango pagliuzze di metallo prezioso – che qui non è poi così prezioso dato che non si mangia. I cercatori artigianali che si affollano in queste pozze sono in gran parte giovani ex-guerriglieri che non hanno alternative. Chombè avrà poco più di vent’anni, indossa un paio di laceri jeans tagliati e una maglietta color kaki. Racconta la sua storia con le gambe immerse fino alle cosce nell’acqua fangosa: “Qui lavoriamo in gruppo – dice – io sono il più grande e sono il capo. A fine giornata mi viene consegnato tutto l’oro trovato. Io so a chi venderlo. Poi ci dividiamo il denaro che è sempre poco. La speranza è di trovare una grossa pepita e fare la nostra fortuna. E’ come giocare a poker... si vince raramente”. Chombè con i suoi compagni lavorano dall’alba al tramonto e quasi sempre guadagnano appena il necessario per mangiare due volte al giorno. “No – dice ancora – non è un buon lavoro, ma l’alternativa è tornare a fare ciò che facevo prima. La guerra è brutta ma con un’arma in pugno si mangia sempre e quando arrivi in un villaggio la gente ha paura.

Hai manioca e donne senza fare fatica, ma devi vivere nella foresta e se l’esercito ti trova ti ammazzano”. Le parole di Chombè sono la migliore spiegazione di ciò che accade in queste regioni del Congo, remote ma ricchissime. C’è di tutto: cobalto, uranio, coltan, oro. Forse il petrolio. Queste materie prime potrebbero essere una benedizione per questa gente, invece sono una maledizione. La guerra, l’instabilità politica e le formazioni armate che infestano la foresta sono il frutto dell’avidità di Stati, élite politiche, multinazionali, faccendieri e lobby economiche che si contendono il controllo di questi territori e delle ricchezze che contengono. Dai tempi di “Cuore di tenebra” poco è cambiato. Un saluto da Bunia.

Livio Senigalliesi, 53 anni, milanese, è un fotografo di razza che ha raccontato le lotte operaie e studentesche, l’immigrazione, l’emarginazione, i problemi del sud, la lotta alla mafia. Dalla fine degli anni ‘80 la sua attenzione si rivolge al mondo e alle vittime civili dei conflitti, con straordinari reportage da Medio Oriente, Kurdistan, Balcani, Russia, Cecenia, Africa e Sud-Est asiatico. Collabora con il Photo-desk dell’UNHCR, l’Ufficio della Cooperazione Italiana e numerose Ong italiane e straniere.

Info: www.liviosenigalliesi.com

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TERAPIA DI GRUPPO Mi risvegliai in una vasca da bagno piena di ghiaccio. Avevano appena asportato il mio berlusconismo.

ESSERE BERLUSCONI /1 M

i risvegliai in una vasca da bagno piena di ghiaccio. Avevano appena asportato il mio berlusconismo. Ricordavo poco o nulla degli ultimi quindici anni. Grigi funzionari di Stato mi spiegarono che con la fine di Berlusconi, i magistrati avevano disposto un’ asportazione chirurgica del berlusconismo per tutti gli italiani. Il mio individualismo, il mio qualunquismo, il mio scarso amore per le regole erano svaniti. Fino a quel momento avevo appaltato i miei sensi di colpa per l’indifferenza civile ad un filippino. La comunità internazionale ci venne in soccorso inviando milioni di chirurghi specializzati. Alcuni di loro avevano ottenuto brillanti risultati nell’asportazione del fondamentalismo in Afghanistan e del razzismo negli USA. Milioni di germi del berlusconismo vennero asportati. Avevano un aspetto spaventoso, come dei feti con le fattezze di Berlusconi. Le autorità imbastirono uno show grandioso con ingresso a pagamento, trasmesso in prima serata da Europa7. I feti del berlusconismo vennero impiccati a testa in giù a Milano 2. La moltitudine, ormai incontrollabile, in un apice di depravazione cominciò ad urinare e defecare sui feti, il tutto presentato da Cesare Cadeo. Sondaggisti, avvocati e commercialisti si pentirono, rinunciarono a tutti i loro beni e sacrificarono i primogeniti. Gli italiani erano stati liberati. Nel frattempo si venne a sapere di un santino di Berlusconi che lacrimava sangue e cerone. Gli ultimi inossidabili berlusconiani scesero in processione in contemplazione del vecchio leader. Le nubi si squarciarono, grandinarono schede del digitale terrestre ed editoriali di Scalfari, veline parlarono in aramaico, il cratere di Capaci eruttò migliaia di agende rosse, il sole venne oscurato per “colpa dei pretori” e le strade furono inondate da docce fredde, molti persero la voce. Alcuni aiutarono chi in difficoltà, io no. Trovai un posto tranquillo e ci rimasi. Pensai che il mio berlusconismo fosse davvero difficile da sradicare. Tabagista

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Flaviano

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Cattolicesimo 2.0 MEGLIO UN PRETE PEDOFILO O UN PRETE SCOMODO?

La Chiesa non ha dubbi su chi va immediatamente rimosso

C

orre voce a Firenze che a Giuseppe Betori al momento d’insediarsi come arcivescovo, nell’ottobre 2008, abbiano spiegato che la diocesi è alle prese con tre casi scottanti: Enzo Mazzi, Alessandro Santoro, Lelio Cantini. Ohibò, che accostamento! Il prete “ribelle”

dell’Isolotto, messo alla porta nel ‘69; il prete di strada delle Piagge; un sacerdote ultraottantenne “spretato” un anno fa da Papa Ratzinger per plagio e abusi sessuali su alcuni parrocchiani (anche minorenni) fra il 1973 e il 1987. La ferita dovuta a don Cantini è indubbiamente ancora aperta, ma che c’entrano gli altri due? Il primo, Mazzi, è ormai un ex prete, però ha mantenuto grande autorità morale e continua a sognare una Chiesa spogliata dei suoi averi, e forse è questo il problema. Il secondo, Santoro, sulla scia di don Milani si è schierato dalla parte degli ultimi, in un percorso ricco di esperienze: doposcuola, cooperative di lavoro, fondo etico, gruppo d’acquisto, bottega delle economie solidali. Che sia troppo in linea col Vangelo? Nonostante le apparenze,“vox populi” non sbaglia, visto che Betori ha rimosso don Alessandro, per lo “scandalo e la confusione” suscitati – secondo lui – dal matrimonio di Sandra e Fortunato celebrato alle Piagge. Il problema è che Sandra è “una donna nata uomo”, come scrivono i giornali. Le nozze risalgono al 25 ottobre; la rimozione di don Santoro alla mattina del 26. Molto più tempo c’è voluto per “condannare” don Cantini, denunciato nel 2004 da un gruppo di ex parrocchiani. C’è chi accusa il vescovo vicario, Claudio Maniago, cresciuto nella parrocchia di don Cantini, di avere tentato di smorzare lo scandalo (la Curia solo nel

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2007 vietò al sacerdote di dire messa in pubblico per 5 anni, misura così lieve da spingere il Papa a riaprire il caso). Lo stesso Maniago si è trovato suo malgrado sulle pagine dei giornali, per un altro presunto scandalo sessuale (senza minori coinvolti). Ma questa è un’altra storia, che la Curia ha già dimenticato. Nel limbo c’è don Santoro, che ha obbedito all’ingiunzione di lasciare la sua comunità e salire in Casentino “a meditare”. Limitiamoci a chiamarli paradossi, per carità... di Chiesa. Ricciotti Ricciotti


Boscarol

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Flaviano e Gubi

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Grandi Opere politiche e mediatiche

Prima di essere indagato, Guido Bertolaso era il terzo piu’ amato dagli italiani (dopo Obama e Napolitano, ma prima del papa) e parlava di se’ in terza persona. Lo ha fatto anche il 17 dicembre, annunciando ufficialmente la nascita di

PROTEZIONE CIVILE

SpA

M

entre Guido Bertolaso parlava di sé in terza persona alla Conferenza Stampa del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2009, aveva ben presente la forza della sua ascesa: l’uomo del fare, l’uomo dalla tutina blu bipartisan, che attira consensi a destra e a manca, l’uomo che – pur profumatamente pagato – accetta di buon grado ringraziamenti e onoreficenze come se fosse un volontario qualsiasi. Il personaggio Guido Bertolaso (terzo più amato dagli italiani, dopo Barak Obama e Giorgio Napolitano e prima del Papa) è il risultato di una Grande Opera agiografica, che inizia con il Giubileo e trova il suo apice all’Aquila, con l’Italia tutta – che, si sa, ha la memoria corta – dimentica dei recenti episodi riguardanti l’emergenza rifiuti in Campania. E proprio in quel 17 dicembre, quando Bertolaso Guido parlava di sé in terza persona, nasceva ufficialmente Protezione Civile SpA, una società di amministrazione pubblica ma di diritto privato, un abominevole general contractor dell’emergenza che sull’emergenza potrebbe fare lucro, con poteri straordinari e facoltà di avviare costruzione di infrastrutture. E magari,

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perché no, costruzione di Grandi Opere. Come si possa muovere, nell’emergenza, questa Protezione Civile, lo sappiamo bene osservando quel che è stato fatto all’Aquila. Disgregato il territorio, allontanata metà della popolazione dalla città e dintorni, controllata adeguatamente l’informazione a colpi di eventi grandi e piccoli e di comunicati stampa rassicuranti, si è provveduto – in perfetta logica da shock economy – a costruire ex novo, anziché a mantenere la popolazione in prossimità delle abitazioni perdute con soluzioni abitative a medio termine, con l’obiettivo di ripristinare, in sicurezza, l’esistente. Si è costruito ex novo. Diciannove new town. Come vorreste chiamarle, se non Grande Opera? Si sa, l’emergenza fa girare l’economia. Ma c’è anche un’altra conseguenza, di questa scelta: le case nuove si possono far vedere in televisione. E la ricostruzione all’Aquila

diventa, per tutta Italia, un fatto. Se nessuno obietta quando Berlusconi Silvio annuncia al telefono che all’Aquila è stata costruita da zero una città per 30mila persone, c’è poco da fare, per raccontare la verità. Ci si può solo provare, ma per farlo è necessario smantellare la Grande Opera della ricostruzione mediatica, che viene data per fatto assodato e riconosciuto a destra e a manca. Forse gioverà ricordare, al lettore più attento – che mai avrà parlato di se stesso in terza persona, ne sono certo – che a fine dicembre sono entrate nelle case nuove non più di 9mila persone (67.500 era il numero di sfollati a inizio emergenza), che più di 15mila vivono ancora in case fuori dall’Aquila, alberghi, caserme, come dei veri e propri sfollati. Che di almeno 15mila persone non si hanno notizie ufficiali e verosimilmente sono andate via dalla città o vivono in camper, roulotte, case di legno autocostruite, o ancora, sono rientrate abusivamente nelle loro vecchie case. Che il lavoro è un problema enorme e che il trattamento relativamente a tasse, tributi e contributi non sarà per nulla equiparato a quello che ricevettero i terremotati di Umbria, Marche e Molise. Già, perché all’Aquila hanno fatto le case nuove, cosa si pretende? Proprio le case nuove, invece, hanno non po-


chi problemi (interni in cui piove, tubi che si ghiacciano, intonaco che si stacca..); costano, a seconda delle stime, 2500-2800 euro a mq; sono permanenti a livello di consumo del territorio ma in comodato d’uso per chi le abita, in attesa della vera ricostruzione – che avverrà chissà quando; sono totalmente spersonalizzanti (fin dalla toponomastica e dai nomi delle nuove vie); sono una soluzione abitativa ben poco accettabile in molti casi. Nei subappalti, infine, agevolati dalla quantità di norme aggirabili in deroga alle leggi vigenti secondo la logica emergenziale, si sono infiltrate realtà mafiose. Il quadro è desolante. Guido Bertolaso, un personaggio–grande–opera. Protezione Civile SpA, una grande opera politica. Le new town dell’Aquila, una grande opera edilizia. La ricostruzione mediatica, una grande opera di comunicazione. Del resto, che esistesse un forte legame fra questa protezione civile e le Grandi Opere, era già evidente: l’Onorevole Zamberletti, che la Protezione Civile l’ha ispirata, è Presidente della Commissione Grandi Rischi ma anche presidente dell’Istituto Grandi Infrastrutture. Nonché Presidente del CdA di Stretto di Messina S.p.A. Questo naturale legame, con la creazione di una SpA dell’emergenza che di fatto favorirà la cessione a privati della gestione di eventi calamitosi, si formalizza aprendo la strada a scenari inquietanti che delineano già il futuro postberlusconiano. La strada appare delineata. E all’orizzonte, secondo la stessa logica, sta arrivando anche Difesa Civile SpA. Fortemente voluta, questa, da La Russa. Chi si stupirebbe, se Bertolaso, con consenso bipartisan, diventasse ben presto qualcosa di più di un sottosegretario e di un uomo in

tuta blu? Chi si stupirebbe se la Protezione Civile diventasse qualcosa di più, una sorta di nuovo corpo di Forze dell’Ordine, paramilitare, potente in quanto dotato del potere di ordinanza e privo del controllo della Corte dei Conti, benvoluto in quanto volto di chi protegge e aiuta in caso di disastri? Sarebbe la Grande Opera suprema.

Alberto Puliafito

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TERAPIA DI GRUPPO Gli italiani erano stati liberati. Nel frattempo si venne a sapere di un santino di Berlusconi che lacrimava sangue e cerone.

ESSERE BERLUSCONI /2

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DERUBRICATE

Dopo il Ponte sullo Stretto

Le prossime grandi opere di Marco Vicari

Pensavi che avessero finito le idee strambe? Ottimista! Base della N.A.S.A.N.: Ovvero National Aeronautics Space Administration Of Noantri; la prima agenzia spaziale italiana. Un asteroide minaccia di colpire la terra nel 2020. Ma l’Italia manderà sull’asteroide uno shuttle con gli amministratori Trenitalia. L’asteroide ci colpirà lo stesso ma con 30 anni di ritardo. Piscina Olimpica del Mediterraneo: Il Mediterraneo è così sporco che la Sirenetta vorrebbe venire sulla terra non per incontrare il principe ma per buttare l’immondizia. L’idea è piastrellarlo, desalinizzarlo e trasformarlo in una piscina. Gli immigrati partiranno per l’Italia con la tavoletta. A “Studio Aperto” non sentiremo più: “Strage di clandestini” ma “In acqua per 30 giorni: esagerano con l’AcquaGym”.

Biblioteca del sapere contemporaneo: Divisa per zone tematiche. Nella zona letteratura, saranno consultabili capolavori come “Scusa se ti chiamo amore”, “Scusa se ti voglio sposare” e la lettera di Moccia ai suoi lettori: “Scusa, non pensavo sapessi leggere”. Nella zona scienza, l’opera in 12 volumi di Claudio Brachino sull’evoluzionismo: “Darwin e i suoi calzini eccentrici”. Nella zona storia, curata da Bruno Vespa, consultabili documenti che svelano la verità sui misteri d’Italia. (Ustica? Il pilota era ubriaco. Bologna? Sono esplose le palle dei pendolari. Il papello? Non era indirizzato ai politici. I mafiosi volevano partecipare a “Il treno dei desideri” con Antonella Clerici).

La Scuola Unica: Dopo il maestro unico, la scuola unica. Sarà un’elementare, una media e un liceo. Della durata di un anno. Con un unico insegnante e un unico studente, vincitore della prestigiosa borsa di studio “Oliver Twist”. In classe non ci sarà la croce. Il maestro unico dovrà portarsela da casa, a piedi, mentre i bidelli lo frustano.

Segnalazioni gratuite di siti amici. Nessuna pubblicità a pagamento è presente nella rivista

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Bonaccorso e Rizzo

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Le più grandi “ 360 1 milioni miliardo Megainceneritore del gerbido grugliasco (torino) 421.000 tonnellate di rifiuti/anno bruciati, camino alto 120 metri

Megainceneritore acerra (napoli) 600.000 tonnellate di rifiuti/anno bruciati, tre camini alti oltre 100 metri

costi

costi

Costo previsto: 360 milioni di euro di cui 40 milioni sotto forma di compensazioni ai comuni interessati dalla ricaduta dei veleni. teMpi Data ufficiale inizio lavori: dicembre 2008 (ma fino al febbraio 2010 hanno bruciato solo sterpaglie senza allestire un cantiere vero e proprio). Data prevista fine lavori: 2013 presunti benefici per la collettività Smaltimento d’ingenti quantità di rifiuti e produzione energetica derivante dall’incenerimento. principali obiezioni sollevate

Costo totale: 104 miliardi di euro (almeno) Dati aggiornati al luglio 2009 ed elaborati da Marco Cedolin, Economista, studioso di decrescita e autore del libro “Grandi Opere le infrastrutture dell’assurdo” (Arianna editrice 2008) 1991

1992

1993

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1995

1996

0,5 mld (euro) 1 mld 1,5 mld 2 mld 2,5 mld 3 mld 3,5 mld

Le grafinchieste di

4 mld 4,5 mld 5 mld

www.mamma.am

5,5 mld 6 mld

20* n.4/febbraio 2010

1997

1998

Gravi pericoli per la salute dei cittadini che vivono nei territori circostanti, a causa dei veleni emessi dal forno inceneritore. Annientamento della raccolta differenziata in città, dal momento che un inceneritore sovradimensionato (quale quello del Gerbido) abbisogna di enormi quantitativi di plastica, carta e cartone per funzionare. Dissipazione di oltre 1.800.000 m3 di acqua/anno per il raffreddamento dell’impianto. Produzione di energia in maniera antiecologica, con emissioni in atmosfera di quantitativi di CO2 per KW doppi rispetto ad una centrale a gas naturale. 1999

2000

2001

2002

Costo: appaltato per 200 milioni di euro (il costo definitivo potrebbe superare il miliardo di euro) teMpi Data inizio lavori: agosto 2004. Inaugurazione ufficiale: marzo 2009. (Dopo l’inaugurazione l’impianto è stato fermato in diverse occasioni per problemi tecnici) presunti benefici per la collettività Risoluzione del problema rifiuti in Campania, smaltimento d’ingenti quantità di rifiuti e produzione energetica derivante dall’incenerimento. principali obiezioni sollevate Enorme sperpero di denaro pubblico nella costruzione dell’impianto, oggetto di un vero e proprio scandalo ancora oggetto delle attenzioni della magistratura nel quale è coinvolta la multinazionale Impregilo. Gravi pericoli per la salute dei cittadini che vivono nei territori circostanti a causa dei veleni emessi dal forno inceneritore. Annientamento della raccolta differenziata. Produzione di energia in maniera antiecologica.

2003

2004

2005

2006

2007


“grandi opere”

, , , 2 5 4 5 6 1 90 miliardi miliardi miliardi miliardi rigassificatore rovigo

Mose venezia

Impianto di rigassificazione off shore, costruito ad Algesiras in Spagna e trainato per mezzo di rimorchiatori fino al mare Adriatico dove è stato posizionato circa 15 km al largo di Rovigo. Capacità di trattamento 8 miliardi di metri cubi/ anno di gas (circa il 10% del fabbisogno italiano). Consistente in una struttura di calcestruzzo pesante 290 mila tonnellate lunga 180 metri ed alta 47, con annessi circa 100 km di metanodotto necessari per il trasferimento del gas.

Sistema di dighe mobili alloggiate all’interno di cassoni di calcestruzzo ancorati sul fondale della laguna, con annesse opere irreversibili di modificazione del territorio e costruzione di un’isola artificiale. costi Costo previsto: 4,5 miliardi di euro cui andranno a sommarsi 60 milioni di euro/anno per gli interventi di manutenzione ordinaria

costi

teMpi

Costo: 2,5 miliardi di euro teMpi

presunti benefici per la collettività Aumento della capacità energetica del paese, attraverso la possibilità d’importare gas allo stato liquido per mezzo di navi provenienti dal Qatar. principali obiezioni sollevate Impatti ambientali di una certa rilevanza all’interno di un ecosistema estremamente delicato come quello del delta del PO. Potenziale pericolo in caso di esplosione. Assoluta mancanza di ricadute positive per i cittadini: l’impianto è funzionale solo alle speculazioni commerciali delle multinazionali dell’energia, Edison in testa. 2009

2010

2011

2012

presunti benefici per la collettività Riduzione del fenomeno dell’acqua alta nella città di Venezia. principali obiezioni sollevate Scarsa efficacia di un progetto tecnologicamente datato (nato negli anni ‘80). Entrata in funzione delle dighe solamente a fronte delle alte maree superiori ai 110 cm, mentre il problema rimarrà inalterato nei casi di acqua alta inferiori ai 110 cm che rappresentano oltre il 90% degli eventi. Enormi impatti ambientali derivanti da un’opera estremamente invasiva, il cui carattere di assoluta irreversibilità è in aperto contrasto con le disposizioni della “legge speciale per Venezia” del 1973. 2013

2014

treni alta velocità torino – Milano – roMa – napoli

costi Costo previsto: 6,1 miliardi di euro (è già costato fino ad oggi 160 milioni di euro, sotto forma di consulenze e stipendi dispensati nel corso degli ultimi 40 anni) teMpi Data inizio lavori: fine 2009. Data presunta fine lavori: 2020 presunti benefici per la collettività

Data inizio lavori: 14 maggio 2003. Data prevista fine lavori: 2014

Data inizio lavori: maggio 2005. Data fine lavori: inaugurato il 20 settembre 2008, operativo dal 2009

2008

ponte sullo stretto di Messina

2015

2016

Collegamento stradale e ferroviario fra Reggio Calabria e Messina. principali obiezioni sollevate Si tratterebbe di una vera e propria “cattedrale nel deserto”, oltretutto dai costi faraonici, dal momento che entrambe le regioni (Sicilia e Calabria) non posseggono infrastrutture viarie adeguate. La concentrazione di tutte le risorse finanziarie per consentire la costruzione del Ponte, rischierà inoltre di prolungare a tempo indefinito questo gap infrastrutturale. Il Ponte dovrebbe sorgere su un’area ad elevatissimo rischio sismico, scarsamente adatta ad ospitare un’infrastruttura di questo genere.

2017

2018

2019

2020

Infrastruttura per l’alta velocità ferroviaria, nominalmente destinata al trasporto sia di passeggeri che di merci (caso unico nel mondo), della lunghezza di circa 1020 km. costi Costo previsto nel 1991: 26.180 miliardi di lire Costo ipotetico finale: a fronte di incrementi medi superiori al 300% sulle tratte già realizzate, comprendendo gli interessi passivi si può ipotizzare una cifra vicina ai 90 miliardi di euro. teMpi Data inizio lavori: 1991. Data fine lavori: 2015 (e oltre, non essendo ad oggi ancora iniziati i lavori per il sottoattraversamento di Firenze, la cui durata è stimata in almeno 7 anni) presunti benefici per la collettività Riduzione dei tempi di percorrenza per i convogli viaggiatori, creazione di un servizio merci veloce (TAC) che consenta di trasferire sul treno parte del traffico che attualmente viene movimentato per mezzo dei TIR. principali obiezioni sollevate Costo esorbitante di un progetto privo di qualsiasi prospettiva di ritorno economico, mancando sia i viaggiatori, sia le merci da destinare al servizio. Impatti ambientali catastrofici, culminati con il disastro conseguente allo scavo di oltre 70 km di Gallerie nel Mugello (prive del tunnel parallelo di soccorso) che ha prodotto danni stimati in 750 milioni di euro, conseguenti al disseccamento o impoverimento di 81 corsi d’acqua, 37 sorgenti, una trentina di pozzi e 5 acquedotti, comportando la perdita di 100 miliardi di litri d’acqua, oltre all’inquinamento di vaste parti di territorio a causa del deposito delle terre di scavo contaminate dagli idrocarburi. Impossibilità di coesistenza sulla stessa infrastruttura (come invece promesso) dei veloci treni passeggeri TAV e dei pesantissimi treni merci TAC, dal momento che dopo ogni passaggio dei merci occorrerebbe una profonda (e costosa) opera di manutenzione dei binari per consentire il passaggio in sicurezza di un convoglio che viaggia a 300km/h. Risparmio di tempo sulle linee già in esercizio assolutamente risibile e non proporzionato all’investimento effettuato, 4 ore da Milano a Roma, che scendono a 3 ore e mezza solamente non facendo fermate intermedie e riducendo di conseguenza la flessibilità del servizio.

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Interviste

“Fratelli di Tav”:

un documentario da 90 miliardi Intervista ai videomakers che hanno indagato sulla grande opera piu’ costosa

I

n Italia si rischia una denuncia anche a fare i conti: ne sanno qualcosa gli autori di “Fratelli di Tav”, il documentario che si è guadagnato una diffida dagli avvocati di Trenitalia per aver detto che l’alta velocità costerà quasi 90 miliardi di euro e non 43 come affermano le ferrovie. I dati contestati erano già stati pubblicati altrove, ma solo dopo essere apparsi in video sono stati contestati dai signori della Tav. Il potere delle immagini fa più paura dei libri? Ne parliamo con Claudio Metallo, uno degli autori del film. - Perché tra tutti gli obbrobri e gli sprechi italiani avete scelto di raccontare proprio la TAV? Fratelli di TAV è figlio dell’indignazione per lo sgombero violento da parte di polizia e carabinieri del presidio No TAV di Venaus la notte tra il 5 ed il 6 dicembre 2005. Chi stava lì ci ha raccontato di veri e propri pestaggi indiscriminati in stile G8 di Genova. Abbiamo deciso di andare alla manifestazione dell’8 dicembre con le telecamere e raccogliere delle testimonianze come abbiamo fatto in tante occasioni. I Valsusini ci hanno aiutato a capire le loro rivendicazioni. Poi abbiamo incontrato il giudice Ferdinando Imposimato, che ci ha fatto capire come la questione TAV non riguardava un pezzo di territorio al confine tra Italia e Francia, ma tutta l’Italia. Dopo quella intervista abbiamo deciso di tracciare una mappatura del passaggio del TAV e dei suoi effetti collaterali sul versante ambientale, sociale ed economico. Ne abbiamo scoperte delle belle!

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- Dove avete trovato i soldi? Il film è stato completamente autoprodotto! Abbiamo investito tutto di tasca nostra! Va detto che se non fosse stato per varie strutture di movimento non avremmo mai potuto realizzare questo lavoro. In ogni città o paese dove siamo andati siamo stati ospitati da compagni, attivisti che magari ci avevano conosciuto solo per telefono, o nei centri sociali. - Qual è il dato sulla TAV che ogni cittadino italiano dovrebbe conoscere, o avrebbe dovuto conoscere dall’informazione “ufficiale”? Ad esempio i risultati del processo contro la CAVET (Consorzio Alta Velocità Emilia Toscana) che ha visto le condanne in primo grado dei suoi vertici e l’assegnazione di un risarcimento agli enti locali per furto di acqua. Oppure il funzionamento dei “General Contractors”. Ci sono in tutto il mondo, ma funzionano così: lo Stato gli commissiona un’opera che non può costruire: uno stadio, dei binari o altro che darà in gestione al privato che così recupererà le spese sostenute. La gestione inizia dalla posa della prima pietra. Il GC realizza l’opera con i suoi soldi e recupera la spesa dalla sua gestione, quindi ha interesse a finire velocemente ed a costruire bene, così non dovrà spendere in ma-

nutenzione. In Italia lo Stato dà i soldi pubblici ai GC per supervisionare e costruire l’opera di cui, però non avranno la gestione. Quindi cade l’interesse a costruire bene e velocemente. Come dice l’ing. Cicconi nel nostro film “è una forma contrattuale che stimola a delinquere.” intervista di Ulisse Acquaviva

Info: fratelliditav.noblogs.org


TERAPIA DI GRUPPO

GRANDI OPERETTE

Orgoglio italico Il ponte sullo stretto sarà la nostra Torre Eiffel. Avete presente quando arrivi in aereo a Parigi, vedi le luci della torre e esclami: “Ah! Siamo in Francia!”? Presto, quando sorvoleremo la Sicilia, vedremo le luci di un treno, deragliare dentro al mare e diremo: “Ah! Siamo in Italia!” (mv)

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Costantini

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Scalia

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NARRAZIONI

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NARRAZIONI

RACCONTI DI

PESHAWAR Racconto e foto di Enea Discepoli Illustrazione di Kanjano

I

n memoria di Shahiduun Hussain, eminente archeologo Pakistano e grande amico mio da trent’anni, morto il 28 ottobre a Peshawar nell’attentato al Meena Bazar. Dobbiamo a lui molte scoperte di siti Gandhara (dal 4o al 2o secolo A.C.) Hussain sostituiva la moglie nel negozietto di stoffe che avevano aperto qualche anno fa. Lo stipendio di professore universitario in Pakistan è di 600 euro...

dell’”uscita” dell’esercito Russo dall’Afghanistan. Il bordo è in stile tradizionale Tajico, il disegno della carta geografica dell’Afghanistan, i mezzi corazzati che lasciano il paese e carcasse di elicotteri indicano la sconfitta dei nemici. Chissà se un giorno potremo vedere nuovi tappeti che celebrano l’uscita dal paese di un altro esercito.

P

C

ompetente, ospitale, unico, mi mancheranno le sue lunghe telefonate ma mi rimarranno nel ricordo le tre campagne di scavo che facemmo insieme nella valle dello Swat. Che Allah ti accolga in paradiso.

A

spettando notizie sulla sua tragica fine, mi ritorna in mente come era Peshawar prima di diventare la carcassa di città che è ora. In persiano il suo nome significa “città delle frontiere”, sarebbe piaciuta a Italo Calvino.

Q

uesto tappeto che vi mostro (lo presi assieme a molti altri accompagnato dall’amico Hussain) è commemorativo. Ci racconta

er gli afghani mangiare è la più alta manifestazione di amicizia e intimità. Si mangia con le mani rispettando un etichetta precisa. Si lavano le mani aiutati da un giovane, a volte ti lavano anche i piedi. Solo la mano destra si usa per mangiare, anzi si usano solo tre dita, e non si sporca il palmo della mano... si è seduti sul tallone sinistro e la gamba destra è premuta sullo stomaco (per non mangiare troppo). Il piatto è comune perciò occorre mangiare solo di fronte a sé, a volte il padrone di casa ti porge un boccone direttamente imboccandoti. Questi sono i terribili Pashtun, dall’aspetto truce ma con un cuore da bambini.

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Finalmente il sito del Partito Democratico, nella sezione -Proposte-, ha delle proposte

H

o aspettato diverse settimane, ma ne è valsa la pena. Finalmente il sito del Partito Democratico, nella sezione “Proposte”, ha delle proposte. Sembra che con il cambio di Segretario cambi anche la politica del partito, al punto che fino a pochi giorni fa la sezione propositiva del sito web del partito era una pagina bianca. All’inizio pensavo si trattasse di una strategia: immaginavo i grandi markettari del PDL che la mattina aprivano la pagina del PD in cerca di qualche idea da rubare, se queste sono coerenti con le idee dell’uomo basso (e spesso lo sono). La strategia del PD era quindi di non avere proposte in modo da spiazzare l’avversario. La politica del partito sembra cambiata con Bersani: finalmente esiste la “Posizione PD” sui temi più scottanti del momento. Tra i (pochi) punti ne è saltato all’occhio qualcuno interessante che spiega chiaramente perchè questo partito non può essere di sinistra: 1. “L’acqua non è una merce: entro due anni tutto il comparto idrico pubblico sarà venduto a privati. Il Pd propone una politica pubblica per tutelare la qualità dell’acqua e programmarne usi e gestione”. Cosa vuol dire? Aumentare i controlli sull’acqua? Razionare l’acqua in caso di siccità? Perchè il partito non si esprime chiaramente contro le privatizzazioni? troppo di sinistra? Perchè il Pd ha paura di opporsi alla privatizzazione delle risorse naturali? Il Repubblicano Texas gestisce il sistema idrico in modo pubblico. L’Ontario (Canada) e lo stesso Texas hanno espropriato i terreni ricchi di petrolio per poi venderne l’uso alle società estrattive. In cambio i cittadini del Texas non pagano tasse e i cittadini dell’Ontario ogni tanto ricevono un assegno a casa da parte dello Stato che li ringrazia. Per il PD forse la

La“posizione del Pd”: quella della Mucca nel Kamasutra.

gestione delle public utilities significa spreco, o forse profitti (come sicuramente l’uomo basso pensa). 2. “Il Pd propone di investire sull’innovazione e sui programmi per l’apprendimento di lingue straniere e nuove tecnologie”. Su questa gli ex dirigenti di Forza Italia forse potrebbero rivendicare il copyright (ricordate le famose tre “I” del 2001?). 3. “Un aiuto alle famiglie: il Pd propone di fornire un aiuto sostanziale alle famiglie per l’acquisto

dei libri di testo”. Giusto un aiutino, perchè i libri gratuiti o i libri economici sono roba da socialismo Cinese. Sulla scuola il Pd riesce a farsi sorpassare a sinistra con una facilità estrema dal “Fondo opportunità” di Italia Futura (la fondazione di Montezemolo) attraverso il quale si vuole dare “un sostegno economico per gli studi, attivato alla nascita, con versamenti periodici dallo Stato”. E’ così difficile pensare che puntare sull’istruzione della persona possa avere ripercussioni positive sulla crescita del Paese? Non è una novità questa, né tanto meno un pensiero sovversivo: c’è un modellino economico che sicuramente gli economisti del Pd hanno studiato nel loro primo esame di Macroeconomia (sempre che frequentassero le lezioni all’università, a differenza di Brunetta e Tremonti). Infine mi stupisce l’assenza della parola Università sul sito: possibile che la distruzione della Ricerca in atto in Italia non sia un tema da affrontare? Credo di aver capito cosa intende il Partito Democratico quando parla di “posizione del Pd”: è quella della Mucca nel Kamasutra.

Flyfra Università di Austin, Texas

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TERAPIA DI GRUPPO Presto in alcune multisale verra’ proiettato il futuro. Sara cosi’ schifoso che la gente preferira’ la sala accanto, dove proiettano il film dei Vanzina.

Se questo è un d’uomo

(Vicari)

L’offerta del mese Se presenti la tua Tremonti Card da Blockbuster per soli 5 euro avrai un film neorealista, una corda e una seggiola. (mv)

La Buona Novella

Ottimismo nel Governo sull’occupazione. Madonna ha detto che verrà in Italia, visiterà un call center e adotterà 3 precari. (mv)

Segnalazioni gratuite di siti amici. Nessuna pubblicità a pagamento è presente nella rivista

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Zurum

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www.brusselstribunal.org/SouadAlAzzawi_Numbers.htm

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DERUBRICATE L’alba di un giorno nuovo e giunto cari compari, e questa la vera colonia. Tv Al Fess’ continua a seguire gli umori e gli odori della nazione schiava, ma anche le sue erezioni.

I

l vostro corrispondente libico di Scampia vi dà la buonasera sotto il sole di Posillipo con la benedizione della mezzaluna.

Al Magdi Ikitammuort’, embedded libico a Scampia

Un informatore dei puffi ha consegnato presso nostra redazione coloniale un video in cui vostro presidente e nostro fantoccio preferito combatte la mafia: non accettiamo, come vostri padroni libici, questa provocazione. Video falso è chiaro. Riassumiamo. Trans, zoccole, mafiosi, dittatori, evasori. L’alba di un giorno nuovo è giunto cari compari, e questa la vera colonia. Tv Al Fess’ segue gli umori e gli odori della nazione schiava, ma anche le sue erezioni.

Il Papa è stato castigato a visione forzata di Uomini e Donne, Torni e Licenziamenti. Così impara che gente meglio scopare che parlare. Chi predica male, se gusta la visione. Abbiamo assunto Gasparri alla propaganda sulle dune del A’mmammeta (non è pubblicità occulta!) Se guardando le pecore, queste non lo sputano in faccia, beh allora vi ridiamo anche la parte mancante della mezzaluna importata con i datteri a forma di supposta. Il nostro colon(nello) portafoto si alza la mattina, si rivolge al vostro stivalico governo pronunciando: “Ma pecchè, chi me lo ha fatto fare a prendermi gli italiani sulle palle, io so

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strunz’ ma questi mica scherzano, ho indottrinato anche le loro donne, ma sanno ingoiare bene, succhiare no. E’ tutta una presa diretta, senza il mezzo busto, un controcampo, e poco lato B, o forse si, me lo diceva mia mamma da piccolo, fai stragi che è più onorevole di educare gli italiani”.

Ma momento di sconforto del nostro lider non comporta lassismo nella colonia. Nuovi ordini di servizio. Cosentino presidenza della regione. Cutolo manda messaggi dalla suite ultralusso: “scusate il ritardo”. Cicchitto trasferito a coltivare pomodori in Siberia, se crescono gli ridiamo la possibilità di mettersi le dita nel naso e di usare la carta igienica. Avete sentito Bossi? No, neanche noi, il barcone che lo portava in Liberia è andato capovolto, l’associazione squali del mediterraneo ha fatto petizione a Greenpeace: ritrovato cibo avariato che biascica e cola bava, altamente inquinante, sembra meningite! Amici napoletan-libici, lasciate ordunque questa antica corruzione alle spalle, andiamo avanti per un radioattivo futuro, fatto di sodomia allegra e arabesca, non te par amegu meu? Scusate, mi dicono che nel video pare si dice che un certo compaesano amico degli amici abbia appena proferito con tono stentoreo e deciso, con aulico incedere: “Non capite un cazzo”. Io domandare a miei ascoltatori: non è che ha ragione? Qui Tv Al Fess’, buona notte e buona fortuna. Al Magdi Ikitammuort’ (Sergio Nazzaro)


DERUBRICATE BerSani: slogan per il consumo moderato di Lambrusco. MIlva: cantante coi capelli colorati come il cielo di Taranto.

SENSI vietati The Saurus

Conflitto di interessi: lotta senza quartiere fra finanziarie dedite allo strozzinaggio. ApiCella: fastidiosi insetti che ronzano nelle orecchie di avanzi di galera. Ideologia: modo in cui persone senza ideali definiscono gli ideali.

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Interviste

Le “visioni” di satira di LEONARDO CEMAK

“A

vete sbagliato persona. Non posso commentare io lo stato attuale della satira. Sono stato allontanato da tutti i giornali, già da almeno 15 anni, e se la misura della satira è quella della presenza stessa nella satira, stasera me ne potevo andare a vedere A Serious Man dei Fratelli Coen… del resto l’uomo serio è il protagonista assoluto della mia satira!”

A parlare è Leonardo Cemak, classe 1949, nato a Senigallia (Ancona), il cognome che deve alla madre Maria, suo angelo custode, nata in quella parte d’Europa che si trovava nell’impero austro-ungarico, l’attuale Ucraina, scomparsa pochi anni fa, il padre morto invece quando aveva 12 anni. Lo incontriamo al Centro Sociale Saline a Senigallia, invitato per riflettere sulla salute della satira. A presentarlo Valentina Conti, Assessore alla cultura di Rifondazione Comunista del Comune di Jesi (Ancona), sua musa ispiratrice per la Biancaneve che attraversa “Le stanze del bosco”, mostra allestita proprio a Jesi, aggiungendosi alle immagini della sua iconografia personale. “Io sono in quel territorio che è tra la laicità e la religiosità, dove sta la spiritualità”, dice l’uomo Cemak, lo sguardo che osserva, pieno di malinconia, da sempre indagatore.

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Ia satira dovrebbe essere prima di tutto seminatrice di dubbi, come tutte le arti, che non sono fatte per dare risposte. E invece ora lo dici gia’, il colpevole, a cui assegnare tutte le colpe dei tuoi disagi. Oggi e’ questo signore che governa l’Italia. E se lo fa, non e’ perche’ e’ un’anomalia del tessuto culturale politico sociale italiano. Casomai ne e’ l’esagerazione, perche’ e’ il piu’ potente, il piu’ ricco, l’esagerazione degli altri uomini politici, anche quelli di sinistra.

Su internet ci sono poche informazioni su di te… sei una persona molto riservata… E quelle cose non le ho messe io! Eppure hai segnato la satira lavorando tantissimo tra gli anni ottanta e novanta. Pensa che nel 1988 il Time fece un articolo che diceva tra l’altro che c’è in Italia questo autore originalissimo, Cemak… non mi ci far pensare ché mi viene la tristezza! Disegni e vignette satiriche per Epoca, Europeo, Linus, Rinascita, Comix, L’Unità, La Repubblica e Satyricon. Molti giornali, che hanno chiuso, e quando riaprivano non mi richiamavano. C’è un fatto molto interessante sull’Unità. Ero tra i vignettisti del giornale. E viene un giorno il direttore del giornale e dice: “Ma cosa vuole questo Cemak?!? Se non lo capisco io che sono laureato, come lo possono capire gli operai?” E questa la dice lunga su come siamo andati a finire con la sinistra… Lo stato della satira attuale… È fatta con poca qualità. La satira è fatta di testo e di disegno, e tutt’e due vanno curati. La mia satira non parlava direttamente di politica, ma era più esistenziale, culturale. Oggi si parla troppo e a sproposito di sesso e politica. Ma la gente si diverte così, ed è sintomo della


cultura attuale. Io non ho mai ritratto nessun uomo politico. Non ho mai messo nella satira una parolaccia che fosse una. Io mi occupavo della mentalità, del costume, della società che produce una cosa o l’altra. Ma stiamo parlando di ricordi. Io penso che tutta la satira dovrebbe essere prima di tutto seminatrice di dubbi, come tutte le arti, che non sono fatte per dare risposte. E invece ora lo dici già, il colpevole, a cui assegnare tutte le colpe dei tuoi disagi. Oggi è questo signore che governa l’Italia. E se lo fa, non è perché è un’anomalia del tessuto culturale politico sociale italiano. Casomai ne è l’esagerazione, perché è il più potente, il più ricco, l’esagerazione degli altri uomini politici, anche quelli di sinistra. La satira attuale è consolatoria, dicendo per noi quello che vorremmo dire e sentire. Ma va bene anche questa, se uno ne ha bisogno, si utilizza anche il prozac… La mia non era funzionale a niente, a nessun discorso di schieramento. Non a caso non lavoro. Ma è capace di perdurare, perché il mio approccio non era di tipo polemico, provocatorio, propagandistico, perché fa parte dell’arte, e l’arte lo può fare.

Le “visioni” di satira di LEONARDO CEMAK

Parli di schieramenti... Posso citare un episodio. Nel 1988 fui premiato come miglior autore satirico a Forte Dei Marmi, in una serata in cui tra i vari premiati c’era anche l’onorevole Andreotti, come soggetto più colpito dalla satira.

Un paradosso. Tutti gli autori prima di me non ritirarono il loro premio, perché era presente lui. Arrivato il mio momento, io dissi che lo accettavo volentieri, perché se lui era lì non era certo grazie a me: non l’avevo mai nominato nel mio lavoro! Educatamente, ho detto che era lì perché soggetto di critica di altri. Questo episodio è costato sicuramente alla mia carriera. In un sistema profondamente protezionistico, giornalistico culturale redazionale, non ci si può scherzare, perché c’è un certo tipo di mafia culturale in Italia che ti può emarginare… Andreotti scrisse poi su quella serata: molto carino quel Cemak, molto elegante. Mi ha difeso, pensate, non ho nessuno che mi difende, ne’ i servizi segreti ne’ la mafia… m’ha dovuto difendere Cemak! Ma la satira può esistere senza la politica? Il politico per esistere non necessita del satirico, che al contrario ne ha bisogno. La satira è conseguenza diretta della politica, che segue, ma non condiziona. E c’è una contraddizione evidente in questo. La satira più lavora e più guadagna se più forte e manifesto è il suo referente politico. E il satirico può ottenere al massimo, rispetto al politico che ha il potere nel senso vero, la notorietà. Paradossalmente, gli autori satirici dovrebbero ringraziare colui che sta al potere, perché esiste. Dovrebbero telefonargli e dirgli grazie per darci lavoro. La satira sta alla politica come la pubblicità sta al prodotto. Intervista di Giacomo D’Alelio

n’est pas?

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Flaviano e Gubi

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DERUBRICATE

La posta del mal di fegato

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Risponde Pia Fraus Cara Pia, ogni giorno che passa tocchiamo con mano quanto siamo caduti in basso. Non parlo solo della crisi e della disoccupazione, ma del nostro livello culturale. Prendi la geografia, per esempio. Via anche quella. Sarà più facile poi da adulti trovare scuse per confondere Haiti con Tahiti, Tokyo con Kyoto. Senza parlare dell’Italia... Che schifo! Manuela (via mail) Cara Manuela, già oggi – se ti è capitato di vedere alcuni orrendi provini del grande fratello o altri video giovanili su youtube – i nostri baldi giovini pensano che Londra si scriva L’Onthra. Non tutti, certo, ma temo che coloro che la indichino come capitale della Gran Bretagna diminuiscano a vista di registro scolastico. A questo punto si sarà detto Beata Ignoranza, facciamogliela imparare, la geografia, per vie traverse. Per esempio facciamola filtrare attraverso l’italiano. E così parlando dell’apostrofo si insegnerà che per scrivere Londra non serve, o parlando delle “aspirate” che nella nostra lingua non esistono, almeno su carta, si dirà che Haiti si dice proprio Aiti e Tahiti proprio Taiti. Per il resto, questo è il paese dell’abusivismo edilizio, vivaddio. La geografia, il territorio sono veramente cartine virtuali da google map. Quando ti condonano la tua bella casetta costruita abusivamente sul costone della costa amalfitana, cosa vuoi che importi sapere se Pechino è una capitale del mondo o solo la città in cui abbondano i pechinesi (nel senso di cagnolini). Quando arrivano le ruspe l’italiano singhiozza e strepita e urla perché non ha colpe, non perché non ha fatto geografia fisica all’istituto tecnico. Cara Manuela, per me l’abusivismo edilizio, dopo l’omicidio, e a pari demerito con la violenza sessuale, è uno dei crimini verso l’umanità. Tu mi dirai, sì va bene, ma che c’entra con la geografia. In un certo senso con la geografia c’entra tutto, secondo me. È un po’ come quei personaggi, nei romanzi o nei film, che stanno sempre in secondo piano, sullo sfondo, direbbe il mio amato psicoterapeuta. Poi, improvvisamente , scopri che muove tutto e che tutto passa attraverso di lui: è lui ad accompagnarti nel labirinto della storia, è lui a farti scoprire le ricchezze che fanno gola al protagonista, è ancora lui a metterti in guardia sugli eventi che potrebbero accadere. Vista da un’altra angolazione la geografia è la vecchia saggia amica rompipalle che solamente quando non ci sarà più ti accorgerai di quanto tu avessi bisogno di lei. Sigh! Una prece. scrivi a posta@mamma.am

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n.4/febbraio 2010*39



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