I Sapori del Giallo Si apre la VI edizione de I sapori del giallo, la manifestazione parmigianolanghiranese celebra, quest’anno, con giusta enfasi, l’America di Ed Mc Bain e Joe Petrosino: il moloch della letteratura gialla e l’eroe (p. 4-).
Sulla memoria. la rassegna langhiranese insiste con l’ampio spazio dedicato al romanzo storico: dal Rinascimento della della Debicke van der Noot e Battistelli. ...Al ‘700 della Comastri Montanari e Bartozzi. E poi la Seconda Guerra Mondiale tra Europa e Resistenza italiana, fanno da sfondo alle indagini raccontate da Ben Pastor, Loriano Macchiavelli, Piero Soria, Paolo Codognola e Valerio Varesi (p.6). Vi è una memoria tuttavia che cambia ogni giorno con l’emergere di nuovi risultati investigativi. A questa è dedicata l’Anteprima dei Sapori del Giallo, che quest’anno amplia la manifestazione di una giornata. L’Anteprima è dedicata a Giorgio Ambrosoli; al libro del figlio Umberto che ricostruisce l’avventura umana pubblica e privata dell’uomo che ha pagato con la vita l’aver accettato di liquidare la banca di Sindona. Nella medesima serata, il saggio dedicato alla strage di Piazza Fontana da Mimmo Franzinelli:
una piece teatrale per rientrare su quel tema non solo con la mente ma anche con il cuore (p. 2). I Sapori del Giallo non hanno sempre il retrogusto amaro del passato, prendono l’acredine dell’attualità con i temi sociali nella mattinata dedicata al Premio Nozza in una occasione resa particolarmente significativa dalla ricorrenza del decennale della morte del Pistarolo. Ecco le inchieste sociali di De Filippo sull’immigrazione, di Orsatti sulla mafia, di Sardo sulla camorra (p. 7)
Infine un messaggio diretto al futuro: l’opera cyber metalinguistica di Marchisio; l’ombra lunga di una profezia che riguarda insieme gli Stati Uniti e la Cina emergente. Meta Stanza ha una nuova edizione arricchita dalle tavole di Roberto Merella. Il romanzo tornato d’attualità con l’ascesa alla presidenza americana di un leader innovatore e democratico, si configura anche come il lascito culturale dell’intellettuale bolognese spentosi prematuramente quest’anno, a ridosso della manifestazione.
n.I - 3 Settembre 2009 Supplemento del mensile Golasecca edito da Mamma Editori CCIAA PR238095 Direttore responsabile: dr. Monica Montanari Reg.Trib. Lodi n.301 del 19/03/99 Redazione presso Mamma editori Casa Bonaparte 43024 Neviano A. (PR) t./f. 0521.84.63.25 Progettazione Grafica e stampa MAMMA EDITORI
Altra sperimentazione espressiva di profumo yankee Disumanità di P.G Kien (Semplicissimus). In forma solo dialogata, quasi un testo teatrale, si dipana la pericolosa indagine FBI dell’agente Michelle Munisteri: lo sbarco UFO degli anni ‘40 e uno dei segreti più torbidi della nazione americana. La sperimentalità caratterizza la proposta anche nella forma libro. L’edizione è solo digitale o in artigianato d’arte su ordinazione. Il robusto piatto della rassegna prevede infine la schiera degli scrittori parmigiani (Giallo Parma p. 3) e dei poliziotti che scrivono (Dalla realtà all’immaginario p. 5).
Non mancano gli outsider come la Bucciarelli (p.8). Come sempre all’assaggio piatti tratti dalla letteratura poliziesca e un ciclo di proiezioni a corredo dei temi trattati. Musica, ospitalità emiliana e il work in progress organizzativo di Luigi Notari. Il piatto è una promessa e va consumato caldo.
Confluiscono nell’organizzazione, realizzazione e nel sostegno della manifestazione il corpo insegnante e gli studenti dell’I.T.S.O.S., i volontari dell’associazione Per loro come noi, l’Accademia degli incogniti, il saggio contributo di Libero Bonati e l’esperienza di Cristina Ligori che porta a Langhirano i sapori del Salento e del Mediterraneo. Citiamo infine i poliziotti del SIULP tanto ispirati da aver prescelto la migliore tra le associazioni sindacali di Polizia.
Soprasilenzio p. 2 n. 1 3 settembre 2009
L’assassinio di Giorgio Ambrosoli
La strage di Piazza Fontana
L’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Krovatin
Questa è la storia di Giorgio Ambrosoli, per cinque anni commissario liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona, ucciso a Milano da un killer la notte tra l’11 e il 12 luglio 1979. La racconta a trent’anni di distanza il figlio Umberto, che ai tempi era bambino, sulla base di ricordi personali, familiari, di amici e collaboratori e attraverso le agende del padre, le carte processuali e alcuni filmati dell’archivio RAl. Sullo sfondo, la storia d’Italia in quel drammatico periodo. Nell’indagare gli snodi di un sistema politico-finanziario corrotto e letale, Ambrosoli agiva in una situazione di isolamento, difficoltà e rischio di cui era ben consapevole. Aveva scritto alla moglie: “Pagherò a caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il Paese [...] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo”. Il racconto illumina il carattere esemplare delle scelte di Giorgio Ambrosoli, la sua coerenza agli ideali di libertà e responsabilità e, insieme, sottolinea il valore positivo di una storia ancora straordinariamente attuale. Con la prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. L’autore, Umberto Ambrosoli, classe 1971, è avvocato penalista a Milano. È il più giovane dei tre figli di Giorgio Ambrosoli. Da anni è impegnato a valorizzare e attualizzare la storia del padre, partecipando a incontri nelle scuole di tutta Italia, a convegni e a iniziative pubbliche ed editoriali.
Milano, 12 dicembre 1969: nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura esplode una bomba che uccide 17 persone e ne ferisce 88. Brescia, 28 maggio 1974: durante una manifestazione antifascista in Piazza della Loggia lo scoppio di una bomba uccide otto persone e ne ferisce un centinaio. La strage è un tassello fondamentale della strategia della tensione, perché ebbe un preciso obiettivo politico (la città lombarda che, con Milano e Torino, era il laboratorio dell’unità sindacale) e perché fu uno degli episodi della svolta che avrebbe precipitato l’Italia negli anni bui del terrorismo. Franzinelli parte dalle inquietudini alla vigilia del Sessantotto per raccontare con un taglio originale - e documenti inediti o poco noti - l’eversione nera dell’Italia dei primi anni Settanta, i suoi protagonisti, i suoi drammi e i suoi scontri, di cui sono parte integrante i depistaggi e il duro lavoro investigativo che hanno segnato la vicenda giudiziaria fino a oggi. L’autore, Mimmo Franzinelli, si è laureato in Scienze Politiche (indirizzo storico) a Padova nel 1979, ha insegnato per diversi anni nella scuola media, per poi dedicarsi alla ricerca storica e alla pubblicazione di diversi libri (dal 2000, quasi uno all’anno). Residente a Cedegolo, in Valle Camonica, è da molti considerato tra i massimi esperti del periodo fascista. Il 5 dicembre 2002 gli viene conferito l’11° Premio internazionale “Ignazio Silone” per l’opera Il riarmo dello spirito.
L’omicidio dei due giornalisti della televisione italiana, avvenuto quindici anni fa in Somalia, è ancora uno dei grandi misteri nazionali. Gli sforzi per svelare i nomi dei mandanti e degli esecutori delineano un intreccio di politica, economia, istituzioni, poteri pubblici e privati che cercano di nascondere le vere ragioni del delitto. Le parole dei testimoni, gli atti di magistratura e parlamento, le ammissioni e le omissioni, le mezze verità e le bugie palesi: un’inchiesta a più voci per continuare a cercare la verità dei fatti, per ricordare Ilaria Alpi applicando al lavoro del giornalista l’etica che la distingueva. I contributi dei giornalisti che negli ultimi quindici anni si sono occupati a fondo delle inchieste sull’omicidio dei due giornalisti - da Francesco Cavalli ad Alessandro Rocca, da Luciano Scalettari a Mariangela Gritta Grainer - coordinati da Roberto Scardova, sono arricchiti da un’intervista ai genitori di Ilaria Alpi. (Prefazione di Gianni Minà). Roberto Scardova, vicecaporedattore e inviato del Tg3 ha coordinato il lavoro di indagine di Francesco Cavalli, Alessandro Rocca, Luciano Scalettari e l’analisi di Mariangela Gritta Granier. Giornalista di cronaca e dello sport per la RAI Emilia Romagna, sempre presente durante i vari gradi ai processi sulla strage di Bologna del 2 Agosto 1980, ha seguito il Parma AC negli anni di Nevio Scala.
Presentazione: Trentennale dell’assassino di Giorgio Ambrosoli – Giovedì, 3 Settembre, ore 19,00. Ne parlerà con l’autore Giuseppe La Pietra Referente di Libera Parma. Presiede: Gianni Riccò Cultore di storia locale.
Anteprima de “I sapori del giallo”, Giovedì, 3 Settembre, ore 19,00 (dopo la presentazione del volume dedicato all’assassinio di Giorgio Ambrosoli). La presentazione si avvale di una piece per immagini, voce narrante, musica e letture sceniche con: Mimmo Franzinelli (voce narrante), Mauro Slaviero (sassofono e flauto), Federico Bianchi (flauto). Ne parlerà con l’autore Giuseppe La Pietra referente di Libera Parma. Presiede: Gianni Riccò Cultore di storia locale.
Qualunque cosa succeda di Umberto Ambrosoli (Sironi)
Sprazzi di verità sui misteri italiani difficilmente riescono a rompere il silenzio che, anno dopo anno, si deposita su temi dolorosi e irrisolti, proprio perché, dolorosi e irrisolti. La rimozione generalizzata ostacola la diffusione della conoscenza che via via, matura su pezzi della nostra storia. Le scoperte agiscono sulla percezione del Paese, per chi ascolti il racconto dell’assassinio Ambrosoli, della strage di Piazza Fontana, dell’esecuzione di Ilaria Alpi e Miran Krovatin, dalle labbra di chi, sopra e al di là del silenzio, queste vicende ha continuato a seguire nelle sempre nuove emergenze di origine giudiziaria. Ascoltare Ambrosoli, Franzinelli e Scardova ridisegna la mappatura non solo del passato ma anche del nostro presente.
In foto, un’immagine del film Un eroe borghese di Michele Placido in proiezione a ciclo continuo presso il Cinema Aurora, sede della manifestazione.
La sottile linea nera di Mimmo Franzinelli (Rizzoli)
Carte false di Roberto Scardova (Edizioni Ambiente)
Presentazione: Premio giornalismo d’inchiesta Marco Nozza III edizione: dall’immaginario alla realtà – Domenica, 6 Settembre, ore 11,30. Ne parleranno con l’autore Antonino Tuccari Pres. Camera penale di Parma, Salvatore Scino Consigliere Comunale Firenze, Felice Romano Segr. Gen. Siulp, Stefano Bovis Sindaco di Langhirano, Alessia Frangipane Referente Libera Parma, Leonardo Grassi Magistrato, Francesca Di Concetto Consul. in progettazione comunitaria. Presiede: Roberto Morione Giornalista. In foto: Miran Krovatin e Ilaria Alpi
di Davide Barilli (Mursia)
La casa del comandante di Valerio Varesi (Frassinelli)
Gli esordienti
Soprani, Bassi, Codognola
Nel paesaggio di acqua e nebbie della Bassa, il commissario Soneri si trova a suo agio. Insieme con gli anziani del posto è tra i pochi a conoscere quel tratto del Po, a sapersi muovere tra gli argini, le golene, i casolari sparsi in una terra che ormai sembra abitata da fantasmi. E dove invece le cose stanno cambiando: slavi che pescano il pesce siluro e forse trafficano con le armi; speculatori che rubano la sabbia dal letto del fiume; ragazzi sbandati senza un futuro; una banda che rapina i bancomat con l’esplosivo... Stavolta però succede anche di peggio: nel giro di un giorno spuntano due cadaveri. Il primo, come presto viene appurato, è di un giovane ungherese. Rinvenuto nel fango con un foro di proiettile in testa. Il secondo è dell’ex comandante partigiano Libero Manotti, morto di vecchiaia, di solitudine, di abbandono nella sua casa isolata in mezzo ai pioppi. Due storie diverse, eppure legate da un filo: Soneri ci mette un po’ a trovarlo, avviando un’indagine che lo porta a scavare nel rivolo ambiguo del nuovo terrorismo rosso, ma anche nel passato, al tempo dell’occupazione tedesca. Valerio Varesi è nato a Torino l’otto agosto 1959 da genitori parmensi. Si è laureato in filosofia all’università di Bologna. Nell’85 ha iniziato a scrivere su giornali (La Stampa, La Gazzetta di Parma e La Repubblica) pubblicando anche racconti in raccolte collettive. Tra le tante opere di Varesi citiamo Il cineclub del mistero edito da Passigli nel 2002, le storie del commissario Soneri (editi da Frassinelli). Al di fuori della “serie” legata all’ispettore Soneri, nel 2007 è uscito il bellissimo, profondo e veramente perfetto a dispetto del titolo: Le Imperfezioni (Frassinelli).
L’ultima estate che giocammo ai pirati di Alessandro Soprani (Mondadori): romanzo storico, d’avventura, di formazione. Tre ragazzi non rimarranno bambini ancora a lungo, forse è la loro ultima estate innocente. E infatti un giorno è proprio Luca a scoprire, con il cranio sfondato, il cadavere di Delmo… Soprani è nato nel 1969. I bambini guardano i treni di Paolo Codognola (Il Filo). «Sergio intuì nell’aria una sorta di elettricità, un campanello d’allarme che lo fece quasi tremare. Di lì a poco sarebbe successo qualcosa d’importante o forse, molto più semplicemente, sarebbe piovuto». Il romanzo rievoca temi resistenziali e come quello di Varesi integra il novero dei libri in rassegna che a vario titolo riprendono gli anni della lotta al nazifascismo (p. 6). Paolo Codognola è nato nel 1979. Acquafragile di Nicola Bassi (Il Filo). Arriva sempre un momento nel quale una serie di coincidenze irrompono nella vita delle persone, segnandone la fine o l’inizio. Così capita al maresciallo dei carabinieri Enore Piani al comando di una piccola caserma di montagna, che si trova a indagare sulla morte di un ragazzo del paese, la cui vita sembra essersi consumata nella completa solitudine. Nicola Bassi, nato a Parma, è poco più che trentenne.
n. 1 3 settembre 2009
Le cere di Baracoa
Novembre 1944. Durante una rappresaglia scoppia un incendio in una cereria della Bassa Padana. Muoiono due ragazzi: i fratelli Gabbi. Per oltre mezzo secolo Celso, il fratello maggiore emigrato in Centro America, cova la vendetta che, al suo ritorno, sfocia in un omicidio. Risucchiato dalle leggende di un uomo dal sangue zingaro e incuriosito da una vecchia cartolina in bianco e nero, un misterioso narratore ripercorre la vita dell’assassino per inseguire un delitto privo di enigmi investigativi, ma ricco di misteri. Dai nebbiosi argini del Po comincia un avvincente viaggio in una Cuba inedita, lontana dai luoghi comuni del turismo di massa, un peregrinare durante il quale il protagonista incontra le ombre, spesso appena accennate, di personaggi realmente esistiti: dal campione di scacchi cubano Capablanca a un inedito e immaginario Italo Calvino bambino, da Errol Flynn a Magdalena Rovieskuya, la cantante lirica russa che scappò dalla rivoluzione dei bolscevichi per gestire un hotel nell’antica città di Baracoa; ma anche Gino Donè Paro, l’ex partigiano veneto che sbarcò sull’isola con Fidel Castro per liberarla dalla dittatura di Batista. E poi il bicicletero Barroso, il tapizero Orlando e tanti altri anomali personaggi che affollano le assolate strade cubane. Davide Barilli, scrittore parmigiano, redattore della Gazzetta di Parma, nel 1989 ha pubblicato il suo primo romanzo La fascia del turco, recensito con interesse, tra gli altri, da Giacinto Spagnoletti, Giovanni Giudici e Giorgio Cusatelli. Con i suoi racconti, ha confermato il suo talento, costruendo storie raffinate e originali. Oltre a La fascia del turco ha pubblicato il romanzo Musica per lo zar e alcuni libri di racconti, Poltrona per acqua, La casa sul torrente e Piombo e argento.
Di ambientazione extraurbana la gran parte delle indagini e degli enigmi insoluti narrati degli scrittori parmigiani. Come se raccontare la città fosse diventato troppo difficile o poco affascinante il suo habitat per fare da sfondo a vicende letterarie. O forse ancora la natura continua a ispirare misteri più grandi. Fatto è che i giallisti parmigiani ambientano le loro storie chi in pianura, …chi sulle pendici appenniniche. I pioppi di Barilli allungano la propria ombra fino ai Caraibi, mentre quelli di Varesi mantengono ben salde le radici nell’Emilia dei trascorsi resistenziali. Outsider Paolo Codognola al suo esordio.
p. 3 Country Thriller Parmigiani
VENERDì 4 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30. Giallo Parma: autori parmensi. Ne parlano con gli autori: Mario Rinaldi, Lara Albanese, Michele Perlini, Beppe De Simone. Presiede: Andrea Ferrari
America di Valerio Calzolaio
È morto quattro anni fa il più grande giallista americano dell’ultimo cinquantennio. L’identificazione è un problema. Quando nacque, a Manhattan il 15 ottobre 1926 si chiamava Salvatore Lombino, originario della profonda lucania, figlio di un postino, tre nonni italiani su quattro. Mai parlato italiano per la contrarietà della madre. Terminati il biennio militare e gli studi universitari artistici, dopo decine di racconti firmati rifiutati, nel 1953 cambiò nome all’anagrafe. Divenne Evan Hunter. Il nome coincideva con lo pseudonimo adottato per le prime quattro “prove” pulp e noir. Dopo il 1960 il nome Evan Hunter, restò riservato all’identità privata e alla sempre più rarefatta produzione di letteratura “alta”. Adottò altri pseudonimi per i libri di genere giallo che lo resero ricco e famoso, soprattutto quello di Ed McBain legato alla serie celeberrima dell’ottantasettesimo distretto. Per molti decenni i lettori di Hunter e McBain si sono ignorati, sia in patria che all’estero. Risalgono allo scorso anno le due ultime uscite italiane relative a questo autore nelle
sue molteplici identità. Per cominciare la nuova edizione del capolavoro “serio”, il più bello e importante di Hunter, Il seme della violenza (The Blackboard Jungle) Elliot; traduzione nuova e integrale di Michele Bruni. In estate è uscito l’ultimo e postumo mystery della serie (police procedural), che trovate solo chiedendo di McBain, Traditori (Fiddlers) Mondadori, (traduzione di Nicoletta Lamberti). Non perdeteli!
Il seme della violenza di Evan Hunter (Elliot)
Giunse in Italia dapprima come film. Era stato selezionato per il concorso della XVI Mostra di Venezia del 1955, senza avere ancora un titolo italiano, veniva identificato con la traduzione letterale del titolo americano (“Giungla della scuola” o “Giungla della lavagna”) ed era ispirato a fatti realmente accaduti! All’ultimo momento l’invito fu ritirato. L’ambasciatrice americana in Italia Claire Booth Luce era intervenuta per evitare un’immagine traviata ed autoritaria della società statunitense.
I traditori di Ed McBain (Mondadori)
Il 16 sera un commesso calvo (malato di cancro al pancreas), un Charles Charlie Chuck Carlie Chaz qualsiasi, uccide il violinista ebreo cieco di 59 anni Max Sobolov (già eroe di guerra) nel territorio dell’87° distretto.
I Sapori del Giallo n. 1 3 settembre 2009
p. 4
Se Hunter è diventato McBain lo si deve proprio al grande riscontro ottenuto nel 1954: gli editori chiesero all’autore una serie basata su un eroe fisso. Del 1956 sono i primi tre romanzi dell’eroico distretto. L’intera serie vedrà la luce a ritmi frenetici: più di uno l’anno, tuttavia assommando alcuni capolavori e mantenendo sempre un ottimo livello di fattura. I romanzi dell’ottantasettesimo iniziano con un assassinio e si sviluppano con trame ingegnose e originali imperniate su procedure realistiche di polizia e sul contesto metropolitano: Manhattan e New York trasformate in Isola e La Città. L’ultimo romanzo uscito è davvero interamente ascrivibile a McBain. “Traditori” è doc. Isola, La Città. Giugno 2004.
Oltre Mc Bain/Evan Hunter e Petrosino (retrospettiva video), sono riconducibili al tema America in rassegna i titoli Disumanità di P.G.Kien (Semplicissimus) e Meta Stanza di Oscar Marchisio (Socialmente).
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DOMENICA 6 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30 Joe Petrosino 1909-2009: cento anni di memoria Ne parlano con gli autori: Piero Ragazzini, Lia Volpatti, Valerio Calzolaio, Claudio Rinaldi, Cleo Chiodaroli, Nino Melito, Cristiano Casalini, Annamaria Fassio. Presiede: Seba Pezzani
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SABATO 5 SETTEMBRE 2009 Ore 11,30 Dalla realtà all’immaginario: poliziotti che scrivono Ne parlano con gli autori: Sabrina Polito, Luciano Proietti, Rita Parisi, Primo Sardi, Giulio Mauri, Marco Ricchetti, Antonio Vicini. Presiede: Maurizio Matrone
Sette fine
di Andrea Ribezzi (Ibiskos)
Un romanzo poliziesco. Inizia sull’altopiano carsico, a pochi chilometri da Trieste, in un piccolo commissariato di pubblica sicurezza. La vicenda si dipana presto ben oltre le quattro mura dell’ufficio di polizia, scende in città, percorre le sue vie, valica i confini e guarda infine il mare, l’Adriatico, che lega diverse culture ed etnie. La storia si svolge a metà anni ‘90, in un periodo immediatamente successivo alle prime guerre balcaniche, momento in cui Trieste inizia ad accelerare la propria vocazione di città di frontiera. La caratteristica principale del romanzo sta nella circostanza che la professione dell’autore è la stessa del protagonista: ispettore di polizia. Andrea Ribezzi ha 50 anni; vive e lavora a Trieste come sostituto commissario della Polizia di Stato. Ha appena esordito con il romanzo “Sette fine - La prima indagine dell’ispettore Ravera” a cui seguirà
presto una continuazione.
L’ultima indagine di Alessandro Maurizi (Il Filo)
Trasferito in un commissariato della Capitale - si legge nella presentazione - Marco Alfieri, il protagonista, o meglio, uno dei protagonisti, assistente della Polizia di Stato, è accolto da una città affascinante, maestosa, contraddittoria. L’ultima indagine è un giallo appassionante che scava nei segreti dei delitti irrisolti: guerra, terrorismo, gelosia. Ma anche un doppio gioco, sporco e pericoloso: il male non si annida in una bandiera o divisa ma è negli uomini stessi, e il più delle volte separarlo non è semplice e la verità ha spesso più facce. Grazie al suo punto di vista privilegiato, Alessandro Maurizi ricostruisce le indagini della sua storia secondo la prospettiva degli “sbirri” e mostra il volto umano di un’istituzione in un momento “caldo” per il nostro Paese, nel quale il tema della sicurezza è all’ordine del giorno. Nato a Tuscania nel 1965, Maurizi è sovrintendente della Polizia di Stato presso la Questura di Viterbo. Il suo libro d’esordio prende spunto dalla sua professione e dai risvolti umani, sociali e culturali che questa comporta .
Il commissario incantato di Maurizio Matrone (Marcos y Marcos)
Ed ecco a voi un commissario davvero speciale. Colto, brillante, e molto, molto amico di una libraia. Una libraia che, dopo aver tanto fatto per promuovere la letteratura gialla, a Bologna,
ora non è più di questo mondo. Il commissario si rivolge a lei come a una vera e propria musa, e le racconta come vanno le cose, ora, sulla Terra. Che si tratti di un’indagine bizzarra, che ha origine nella gelosia rovinosa di una cara amica, che trova cinque capelli rossi fra i vestiti del marito; che si cantino le peripezie di un gruppo di rock religioso, i “Christian Life”, alle prese con un produttore fregone da cui mai si otterrà il becco di un quattrino; o di un mordace, quasi macabro scherzo a una tabaccaia, Matrone ci offre un romanzo a episodi che scivolano l’uno nell’altro. Nato a Verona nel 1966, Maurizio Matrone è considerato tra le voci più interessanti e originali della nuova narrativa italiana. È tra gli animatori per il SIULP (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori di Polizia) del Police Film Festival ed è stato consulente per varie serie televisive di fiction poliziesca, tra le quali Distretto di Polizia e La squadra.
p. 5 n. 1 del 3 settebre 2009
Dalla realtà all’immaginario per tornare ancora una volta alla realtà. Se a scrivere sono i lavoratori di polizia ne emergono pagine che riconducono inevitabilmente alla problematicità del reale: dalla Trieste frontaliera delle guerre balcaniche in Ribezzi, al terrorismo di Alessandro Maurizi, all’Emilia di Martone e D’Ippolito fino a Lorenzi che scompone la forma stessa del romanzo per assimilarlo ad un collage documentale di realtà. Cinque storie, cinque scrittori che evocano ed esorcizzano un mondo di irriducibile complessità.
Ne cives ad arma ruant di Gianni D’Ippolito (Zona)
Un poliziesco tutto italiano, che strizza l’occhio alle ambientazioni emiliane di Lucarelli e alle sfumature esistenziali e a tratti umoristiche di Camilleri, immergendosi completamente nel contesto sociale che definisce e caratterizza la nostra inquietante attualità. (Antonio Piras) “Ne cives ad arma ruant” è un motto della Polizia di Stato: “affinché i cittadini non ricorrano alle armi”... In tempi di ronde, vale forse la pena ricordarlo. Commissario di Polizia, di origine molisana, Gianni D’Ippolito nella sua carriera, ha rivestito diversi incarichi. Attualmente è Primo Dirigente della Divisione Anticrimine alla Questura di Forlì.
A modo mio di Maurizio Lorenzi (Il Molo)
Un uomo che viene definito un po’ strano, “sui generis”, raccoglie ovunque gli capiti fogli, appunti e pezzi di carta gettati al vento da chi li ha scritti. Assemblati e poi rilegati proprio come un libro, li trasforma in un testo che sfugge a qualunque tipo di classificazione. A modo mio è un collage di storie diverse che possiedono un’anima sola, al punto che, leggendole, sorge spontaneo il dubbio se sia stata una sola mano ad averle generate oppure appartengano ognuna a menti diverse. Immergersi nella lettura di questo
collage per scoprirlo, è come salire sopra una giostra capace di far girare la testa, avvolti in un carnevale di luci e caroselli festanti che riesce nell’impresa di far riflettere. Maurizio Lorenzi, bergamasco, appartenente alla Polizia di Stato dal 1993. Nel contempo, coltiva in parallelo la passione per la scrittura, attraverso la quale cerca di fotografare e dipingere la vita, affettiva e lavorativa, offrendo uno spaccato che esula dall’immaginario collettivo. In foto: Poliziotti della Squadra Mobile di Cuneo, in azione e in un momento di relax (anni ’60 – ’70).
Dalla realtà all’immaginario: poliziotti che scrivono
n. 1 3 settembre 2009
Giallo storico p. 6
SABATO 5 SETTEMBRE 2009 Ore 19,30 Giallo storico Ne parlano con gli autori: Paolo Galloni, Danilo Barbi, Roberto Greci, Alessio Romei, Roberta Cotti. Presiede: Mario Catani
Non c’è epoca che possa sottrarsi al poliziesco. Il tardo Rinascimento innanzitutto, con Debicke van der Noot che tratteggia un intrigo diplomatico; poi con Bertozzi che prende in parola Kracauer “Poe non era forse un mistico? L'indagine poliziesca corrisponde, nel campo secolare, alla speculazione teologica". Bertozzi inverte il percorso e svolge un’indagine mitografica su affreschi e templi astrali con la lente melanconica di uno Sherlock Holmes. La Comastri Montanari e Battistelli indagano invece nel secolo diciottesimo. Prima (Battistelli), nella Roma dei papi. Poi (Comastri), nella vicina Parigi del Terrore, in un intreccio di interessi privati e ideali rivoluzionari. Risalendo le epoche su su, fino a noi, arriviamo agli anni e ai luoghi della Resistenza con Ben Pastor, Macchiavelli, Soria e Varesi.
Marco Bertozzi Il detective melanconico e altri saggi filosofici (Feltrinelli). Il titolo non tragga in inganno: questo è un libro serissimo, erudito e colto. Ma con un atteggiamento di fondo, esplicitato, raccontato e motivato: quello del detective che un po' per caso un po' per noia segue tracce e scopre indizi. Solo che qui tracce e indizi sono sparsi in opere d'arte o di letteratura o di filosofia: dalla "Melencolia I" di Dürer al trattato sul romanzo poliziesco di Siegfried Kracauer, alle alchimie nascoste negli affreschi di Palazzo Schifanoia o agli enigmi del Tempio Malatestiano. Il dedalo dei riferimenti, delle citazioni, delle assonanze si snoda di pari passo al rigore del filologo e alla leggerezza del narratore, alla tenacia dell'epistemologo e alla complicità dell'appassionato. Marco Bertozzi insegna Filosofia teoretica presso l'Università di Ferrara. Patrizia Debicke van der Noot La gemma del cardinale (Corbaccio). Don Giovanni de' Medici, figlio naturale legittimato del granduca Cosimo I, fa ritorno a Firenze alla morte improvvisa e assai sospetta del fratello maggiore Francesco I e della moglie Bianca Capello.I nemici incalzano. Don Giovanni, parte dunque come ambasciatore, ma nel corso dei suoi viaggi dovrà battersi contro una setta religiosa e fanatica che ha la Spagna come mandante. Patrizia Vanni Debicke Van Der Noot italo lussemburghese originaria di Firenze, bilingue che scrive in italiano e in francese. Ha pubblicato il primo romanzo nel 2003. Il Ministero della Cultura del Lussemburgo le ha accordato due premi per la pubblicazione, rispettivamente, de L’oro dei Medici e La tigre di Giada.
Il tardo Rinascimento di Debicke e Bertozzi
Danila Comastri Montanari Terrore (Mondadori). Francia, settembre 1793. La rivoluzione si dibatte in gravi difficoltà, stretta tra nemici interni ed esterni. Un misterioso giustiziere vendica le vittime della rivoluzione con una serie di delitti efferati ed evocativi. A indagare con discrezione e prudenza su quei delitti che rianimano le speranze dei controrivoluzionari, viene chiamato un avvocato di sicura fede repubblicana, Etienne Verneuil, la cui abilità nelle investigazioni criminali è nota ai capi giacobini. Danila Comastri Montanari. Nata a Bologna nel 1948, membro dell' Associazione Scrittori di Bologna, dell' AIEP e del Mensa Italia, è l'autrice della saga di Publio Aurelio, senatore-detective dell'antica Roma, tradotta in una decina di lingue. Vive e lavora a Bologna. Fabrizio Battistelli Il Conclave (Einaudi). Intorno al lungo conclave del 1740, alla morte di Clemente XII, fazioni politiche e personaggi di Curia si scontrano con mezzi leciti e non. Riziero di Pietracuta, giovane gentiluomo di provincia, abile di spada e pronto di intelletto, si trova a dover fare i conti con una misteriosa catena di delitti, e anche a evitare di ingrossare la catena con la propria persona. A complicare le cose contribuiscono monsignori intriganti, pericolosi avventurieri, segrete riunioni massoniche, duelli sanguinosi e amori in cui si gioca all'intelligence. Fabrizio Battistelli è nato a Roma, dove insegna e scrive di sociologia. Dagli anni settanta, uno dei maggiori studiosi italiani di apparati di sicurezza e militari, coniugandoli come sociologo al rapporto con la società.
Il diciottesimo secolo di Battistelli e Comastri
Ben Pastor La morte, il diavolo e Martin Bora (Hobby & Work). Ucraina, 1941. Tutto inizia con l'Operazione Barbarossa, l'attacco nazista all'Unione Sovietica. Martin Bora, il detective che ha reso celebre Ben Pastor trova il cadavere mutilato di una contadina. Questa "sinfonia in giallo" si trasforma in un autentico viaggio di conoscenza all'interno della storia europea (e dei suoi misfatti più vergognosi). Ben Pastor è nata nel 1950 a Roma. Tra le sue tante opere citiamo Lumen e Luna bugiarda, fortunatissimi thriller sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Loriano Macchiavelli Delitti di gente qualunque (Mondadori). Due libri conducono Duescatti e Talpone, rispettivamente fotografo e ricercatore universitario a scoprire un furto di radium commesso dai nazisti nel ’44 ai danni dell’Ospedale S.Orsola. Una scoperta che Duescatti pagherà cara: morirà con modalità che definire enigmatiche è poco. Il sergente Sarti Antonio non può non chiedersi come sia possibile che la vittima giaccia, come fosse stata schiacciata, sul pavimento e la sua immagine speculare sembri stampata sul soffitto. Loriano Macchiavelli nato a Vergato (Bologna) nel 1934. Dal 1974 ha pubblicato numerosi romanzi divenendo uno degli autori italiani più conosciuti e letti. Dai suoi romanzi sono stati tratti romanzi televisivi e film. Piero Soria A proposito di Ute (Mondadori). Modica, il collega-avversario del commissario Lupo, è in coma. Ha un proiettile in testa. Brutta matassa: Lupo comincia a svolgerla a partire da Viola Camicia, ex maitresse di un vecchio bordello dove a suo tempo partorì Ute, un’adolescente con la sindrome di Tourette. Che ne è stato del bambino? Il mondo contadino delle Langhe tra amore, rancore e Resistenza. Piero Soria, torinese classe 1944, è al suo undicesimo romanzo, diventa famoso con Colpo di coda, 1989. Sempre alla Resistenza sono dedicati i due libri in rassegna di Valerio Varesi (La casa del comandante) e Paolo Codognola (I bambini guardano i treni), ma ad una Resistenza che riaffiora nelle implicazioni del presente. Varesi e Codognola vengono trattati nella sezione Giallo Parma. Soria presenta il suo libro nella serata di Domenica ore 19,30.
Tra guerra e resistenza
Con Pastor, Macchiavelli, Soria, Varesi e Codognola
L’Inchiesta Sociale nel decennale della morte di Marco Nozza p. 7 n. 1 3 settembre 2009
Quasi uguali
A schiena dritta di Pietro Orsatti (Socialmente)
di Raffaele Sardo (Melampo)
«Le storie presenti in questo libro sono tutte vere. Non c'è gran merito nell'averle trovate, basta saper guardare nelle nostre città, nei nostri sgabuzzini, nelle nostre stesse case. L'immigrazione non è un fenomeno transitorio, è strutturale. Molti italiani non si accorgono di parlarne storcendo un po' il naso, come davanti alla scena di un film che ci infastidisce, pensando che basti uscire dal cinema per non guardarla più. Ma questo fenomeno non diminuisce, anzi, aumenterà.» Un giornalista ha raccolto le testimonianze di tanti stranieri giunti nel nostro paese: vicende molto differenti le une dalle altre, uomini e donne di diversa provenienza etnica, geografica, sociale, culturale, diverso destino, diversi valori. Ciò che ne emerge è l'istantanea di un panorama in continuo mutamento, nel quale molti vivono in condizioni di miseria e degrado, fantasmi invisibili nella nostra società, ai margini; alcuni sopravvivono più o meno dignitosamente; ma ci sono anche quelli che possono dire di avercela fatta, di essere riusciti a raggiungere un tenore di vita decente, di essersi integrati. Francesco De Filippo è nato a Napoli nel 1960. Giornalista all'ANSA, vive a Roma. Ha lavorato a Il Sole 24 Ore, è stato redattore capo di una rivista nazionale di cultura (Arte & Carte) e presidente di una cooperativa che si occupava di informazione e comunicazione (Informedia). È stato inviato speciale del Festivaletteratura di Mantova ed. 2001 per Nonleggere.it. Ha esordito come narratore nel 2001 con Una storia anche d’amore (Rizzoli).
Un anno di reportage e inchieste sulla riorganizzazione di Cosa nostra dopo i clamorosi arresti di Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Partendo dai clan “periferici” della mafia rurale di Partinico, ai massimi sistemi e alle inquietanti connessioni con pezzi dello Stato. Un viaggio in una Sicilia che tenta di reagire e di modificare un percorso di emarginazione sia dal punto di vista sociale che sul piano della legalità. Un’inchiesta che punta anche all’emersione e all’analisi di figure criminali considerate erroneamente marginali e che, alla luce di una vera e propria guerra di mafia in atto in questo periodo, si rivelano come ai vertici del sodalizio criminale. Pietro Orsatti regista, autore teatrale, video e documentari, ha lavorato presso il gruppo parlamentare verde e in associazioni ambientaliste come Legambiente e Friends of the Earth. Ha realizzato progetti web e campagne per ActionAid, ANCI, Un ponte per..., Ricerca e Cooperazione. Impegnato per anni come collaboratore e redattore di numerose testate giornalistiche occupandosi di ambiente, società e esteri. Ha pubblicato, fra gli altri, per: Diario, Il Manifesto, Ag. Dire, L’Unità, Editoriale la Repubblica, Carta, La Nuova Ecologia, Arancia Blu, Modus, Liberazione. Ha collaborato con la Rai, Telesur e RadioPop. Collabora con Liberazione, PeaceReporter, Avvenimenti, Altern@tivamente, PeaceLink e Arcoiris.tv. Oggi e redattore di Left. Ha recentemente fondato, con altri, il Network Lo strillone www.strillone.info. Collabora con Agoravox.it
Macina profitti, devasta città e campagne, corrompe i poteri. Lasciando dietro di sé una striscia di sangue che non si asciuga mai. Il libro consegna un ritratto sconvolgente della violenza della camorra, delle impunità e anche delle complicità quotidiane. E offre al tempo stesso un affresco denso di pietas del mondo delle vittime, nomi e cognomi ingiustamente dimenticati. Uomini uccisi per punire, per intimidire o semplicemente per sbaglio. Don Peppe Diana, sacerdote. Salvatore Nuvoletta, carabiniere. Federico Del Prete, sindacalista. Franco Imposimato, impiegato. Attilio Romanò, informatico. Alberto Varone, commerciante. Domenico Noviello, imprenditore. Sono questi i nomi simbolici a partire dai quali l’autore racconta la camorra dell’ultimo quarto di secolo, la crescita del “Sistema” o più propriamente della “Bestia”. Un ritratto sconvolgente ma non rassegnato. Perché anche nella Gomorra assatanata di soldi e di potere arriva una sentenza giusta emessa “in nome del popolo italiano”; c’è qualcuno, un insegnante, un giornalista, una studentessa, un prete, che difende a testa alta i valori dell’Italia civile. Con una Prefazione di Roberto Saviano. Raffaele Sardo, giornalista, laureato in scienze della comunicazione, vive e lavora in provincia di Caserta. Attualmente collabora con il quotidiano la Repubblica. Ha pubblicato Nogaro. Un vescovo di frontiera per Alfredo Guida Editore (1997) ed È marzo, la primavera sta per arrivare. Don Peppino Diana ucciso per amore del suo popolo per Edizioni Università per la legalità e lo sviluppo di Casal di Principe (2004).
di Francesco De Filippo (Mondadori)
La bestia
Domenica 6 Settembre 2009 Ore 11,30 Premio giornalismo d’inchiesta Marco Nozza III edizione: dall’immaginario alla realtà. Faro puntato sull’oggi nelle inchieste di De Filippo, Orsatti, Sardo: immigrazione, mafia, camorra. Due giornalisti e un regista per un’istantanea su vittime e carnefici che celebra il ricordo del giornalista investigativo Marco Nozza, il grande Pistarolo, nel decennale della morte. Si spense nel ‘99 l’uomo che scopri l’alibi di ferro di Pinelli, l’uomo che credette all’innocenza di Valpreda; anche quest’anno in suo nome, la rassegna conferisce un premio al giornalismo d’inchiesta. Partecipa “Carte False” di Roberto Scardova (p. 2). Intervengono: Antonino Tuccari, Salvatore Scino, Felice Romano, Stefano Bovis, Alessia Frangipane, Leonardo Grassi, Francesca Di Concetto. Presiede: Roberto Morione.
C’è il “nonno” criminale della Lunga estate calda (2007) che usa parole obsolete, anzi muffe, come gagà, pederasta, interdetto, relitti di un passato che lui sogna di far tornare in vita. C’è chi fa cadere dall’alto qualche espressione latina, come modus operandi o modus vivendi, per marcare le distanze e dire: lei forse non sa con chi ha l’onore di parlare. Ci sono gli immigrati che mescolano, con una sintassi traballante, poche parole greche e qualche voce inglese: è una lingua ai margini, come il loro ruolo nella società. E, infine, ci sono le parole della politica come democrazia e comunismo, declinate dai vari personaggi in accezioni che sembrano non avere un denominatore comune: per il vecchio Zisis, oppositore dei colonnelli, comunismo ha un senso lontano anni luce da quello che gli attribuiscono i nuovi rappresentanti della sinistra al caviale.Accompagnati da questo intrecciarsi di voci e parole, percorriamo con Charìtos le strade di Atene.
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I tajarin del commissario
Nel cuore e nel piatto del commissario Lupo di Piero Soria, ci sono sempre i Tajarin, tagliolini al ragu di fegatini che riportiamo a rappresentare i menu dei pranzi allestiti nella rassegna ...piatti tratti dall’appetito di commissari e ispettori che popolano la letteratura gialla.
DOMENICA 6 SETTEMBRE 2009 19,30 Ne parlano con gli autori: Piero Ragazzini, Lia Volpatti, Valerio Calzolaio, Claudio Rinaldi, Cleo Chiodaroli, Nino Melito, Cristiano Casalini, Annamaria Fassio. Presiede: Seba Pezzani.
Ingredienti per la sfoglia (dosi per 6 persone): 8 etti di farina di grano tenero 00; 1 uovo intero: 7 tuorli; 1 pizzico di sale; 1 pugno di farina di mais. Preparazione: Su una spianatoia di legno fare un mucchietto con la farina, scavare un buco al centro, mettere un pizzico di sale e i tuorli d'uovo. Lavorare l'impasto a lungo con forza. Tirare una sfoglia sottilissima con il matterello. Sul grande foglio stendere un po' di farina di mais, poi arrotolarlo e con un coltello ben affilato tagliare, sottilissimi, i tajarin. Staccarli gli uni dagli altri alzandoli con le mani e lasciandoli ricadere leggermente. Per la cottura occorre moltissima acqua salata e pochissimo tempo: un minuto Il ragu: fate stufare la cipolla in una padella con l’olio e un cucchiaio di brodo per 10 minuti, unite 5 fegatini di pollo tritati e sfumateli con un cucchiaio di marsala. Aggiungete 4 o 5 pomodori tritati, salate e insaporite con la noce moscate, dopo mezz’ora di cottura, togliete il sugo dal fuoco e aggiungete dei tocchetti di burro. I tajarin vanno cotti per 1 minuto in acqua salata, scolateli e unite al ragù con una spolverata di Parmigiano.
di Elisabetta Bucciarelli (Kowalski) Risate, voci allegre ai confini di un bosco in montagna: cercano castagne. Un cagnolino scodinzola vicino alla piccola Arianna. Lei lo insegue nel labirinto degli alberi in una corsa malferma fino all'abbraccio di qualcuno. Scomparsa. A indagare sarà l'ispettore Maria Dolores Vergani, richiamata nel paesino della Val d'Aosta dal sacerdote che la conosce fin da quando era bambina. Ma ci sono cose che il prete non vuole o non può dire: una leggenda antica, una richiesta di perdono, un senso di colpa che non trova pace. Intanto a Milano in un'area industriale dismessa vengono rinvenuti i resti di una donna. Nel percorso tortuoso delle indagini, Maria Dolores avrà dalla sua il sensibile aiutante Funi e avrà contro le proprie emozioni: l’amore e il ricordo. Elisabetta Bucciarelli vive a Milano. Ha studiato drammaturgia e scrittura con Giorgio Strehler e a San Marino con Tonino Guerra. Giornalista e autrice di noir e gialli.
Lavorare insieme
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di Paola Villani «La nostra lingua la si può considerare come una vecchia città: un labirinto di viuzze e di piazze, di case vecchie e nuove, con aggiunte di epoche diverse; intorno, la cintura dei nuovi quartieri periferici con le strade rettilinee e regolari e i caseggiati tutti uguali.» Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche. Charitos è una curiosa specie di commissario, ama i dizionari. In Ultime della notte, il primo romanzo giallo di Petros Markaris, il commissario Costas Charitos descrive così la propria biblioteca: «La chiamiamo biblioteca per conferire un tono a ciò che è soltanto uno scaffale con quattro ripiani. Su quello in alto ci sono i dizionari: il grande dizionario della lingua greca di LiddellScott, il dizionario Dimitrakos di greco moderno, il dizionario analogico del greco moderno di Vostanzoglu, il dizionario etimologico di greco moderno di Andriotis e per finire il dizionario di greco moderno di Tegòlos-Fyrtaki. La mia unica passione, i dizionari. Niente partite di calcio, bricolage, niente. Se qualcuno lanciasse uno sguardo alla mia biblioteca, si farebbe quattro risate. Perché, sul ripiano più alto, i dizionari fanno la loro bella figura. Ma su quello in basso troneggiano Viper, Nora, Bel, Harlequin e Bianca. Mi sono riservato la prima mensola e ad Adriana ho lasciato le altre tre. Sopra, il trionfo della cultura; sotto, la decadenza. La Grecia in quattro mensole.» (Ultime della notte, Bompiani, 2002, p. 23) Quali parole cerca il nostro commissario nei dizionari (che sono la sua unica lettura)? In particolare nell’amato Dimitràkos, Charìtos non cerca parole inconsuete o rare, ma voci che usiamo, e ascoltiamo, molto di frequente, come vedere e controllo, come terrorismo e violenza, come beffato e bastardo, inizio e continuazione. Se cerchiamo le corrispondenti parole italiane nel Gradit (Grande dizionario italiano dell’uso di Tullio de Mauro), noteremo che si tratta di parole di alto uso o addirittura fondamentali, quelle, per intenderci, di cui è intessuto il 96 per cento delle nostre produzioni verbali. E, come ha scritto il grande storico della lingua italiana Bruno Migliorini (Che cos’è un vocabolario?, Le Monnier Firenze, 1961) «le parole più difficili a definire sono proprio le più comuni e familiari: è più facile definire la metempsicosi o l’ipotiposi che il cane, la rosa o, peggio ancora, le grandi categorie mentali, il concetto di spazio e
tempo, di bene e male», a meno di non fare come la vecchia Crusca che diceva del cane “animal noto”. Fra le diverse accezioni in cui si articola il significato di una voce, Charitos cerca di capire qual è quella che meglio si attaglia a una situazione o a uno stato d’animo; tenta di stabilire - come lui stesso ci dice - l’«ordinamento lessicografico della [sua] situazione personale» (Si è suicidato il Che, 2004, p. 262). Da che cosa deriva questa passione di Charitos per i dizionari? Forse dalle analogie che esistono fra il lavoro dell’investigatore e quello del lessicografo, lavoro che Migliorini così descriveva: «S’immagini un foglio di carta con una grossa macchia nera in mezzo, la quale vada lentamente sfumando fino ai margini perfettamente bianchi, e si provi a dire quale zona si possa chiamare nerastra e quale grigio-perla: queste sono le condizioni in cui si trova quasi sempre il lessicografo.» (Che cos’è cit., p. 30). Ma queste sono anche le condizioni in cui si trova chi svolge un’indagine: da un insieme di fatti occorre sceglierne alcuni, interpretarli, dar loro un senso, senza trascurare i dettagli che possono sembrare ovvi, e raccoglierli intorno a un principio ordinatore, che è il movente di un reato. Charitos non si limita a consultare i dizionari; nel suo stile ironico e pungente, caratterizza linguisticamente i personaggi che via via incontra nel corso delle indagini. C’è la «generazione del ’50», chiamata così perché il suo vocabolario non oltrepassa le cinquanta parole: «Se togliamo “fanculo”, “cazzo”, “stronzo”, restano appena quarantasette parole contate e dichiarate sulla certificazione dei redditi. Ricordo il 1971, i fatti del Politecnico, i cortei studenteschi, le occupazioni universitarie, gli slogan “Pane, istruzione e libertà”. E noi, mandati a controllare le manifestazioni e, talvolta, a disperdere i manifestanti. Scontri frontali, barricate nelle strade, teste spaccate; loro che ci insultavano e noi che li mandavamo al diavolo. Come avremmo potuto immaginare che tutto quel casino ci avrebbe portato alle cinquanta parole di oggi?» (Ultime della notte, pp. 27-28). C’è chi ama ricorrere agli esotismi (soprattutto anglicismi), fenomeno che Charìtos vive con il fastidio del nostalgico più che del purista. Che bisogno c’è di dire profile se esiste già biografia? Perché fregiare gli attori televisivi dell’aggettivo glamorous, come fa sua moglie Adriana? E come mai le mogli dei pensionati delle forze armate e della polizia capiscano meglio un’insegna come “Annie’s Art” invece di “Parrucchiera Anna” resta per Charìtos un mistero.
n. 1 del 3 settebre 2009
Dedicato a Petros Markaris
Per la prima volta l’organizzazione si è avvalsa della sinergia organizzativa e della partecipazione del corpo insegnante e degli studenti dell’ I.T.S.O.S di Langhirano. L’istituto tecnico intitolato a Carlo Emilio Gadda da più di 40 anni forma generazioni di giovani langhiranesi. Ex studenti dell’I.T.S.O.S. sono anche Cinzia Magnani e Andrea Ferrari che con i predecessori Luca Venturi e il fratello Daniele hanno fondato e animato la storica libreria langhiranese Liberamente.
Io ti perdono
Dall’alto: Valerio Varesi con Oscar Marchisio; Cristina Ligori Curatrice della rassegna gastronomica con Valerio Varesi; Petros Markaris con Gianni Mura; Petros Markaris con Roversi e Galloni; Petros Markaris con Cinzia Magnani e con Andrea Ferrari della libreria Liberamente.