Moonlight Rainbow di Violet Folgorata

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Violet Folgorata

Moonlight Rainbow Perché, …scommettere sull’amore… non può essere questione di vita o di morte

2009 n.1

Mammaeditori


ISBN 978-88-87303-37-7 1° edizione settembre 2009 Copyright © 2009 Mamma Editori Casa Bonaparte 43024 Neviano degli Arduini - Parma telefono 0521.84.63.25 mamma@mammaeditori.it www.mammaeditori.it Vai alla collana “A cena col Vampiro” http://www.mammaeditori.it/pages/ACenaColVampiro.htm Chatta con l’autrice http://edwardandbella.forumcommunity.net/?t=28909437 Vai nel sito Bloody Roses Secret Society http://www.myspace.com/bloodysocietyofficial

FINITO DI STAMPARE e rilegato NEL MESE DI settembre 2009 presso MAMMA EDITORI


Collana

In fatto di vampiri, la magia dell’epica sembra più che mai rinnovarsi. Nella koinè letteraria, migliaia di fans di ogni paese, continuano a immaginarne e a leggerne le avventure. Per questi tipi, la collana A cena col vampiro intende dar conto del fenomeno, con l’avvertenza, che non tutte le storie mantengono il profilo adolescenziale e romantico, alcune autrici hanno voluto narrare in modo più crudo le passioni, altre più attratte dal titanismo dei signori della notte, ne hanno descritto dettagliatamente la violenza. Altre ancora tornano in puro stile Brontiano, al momento magico in cui sboccia l’amore impossibile.


Lock Ness (Inverness) 11 Giugno 2006 A Somerset Blake* Carissimo Somerset, la battaglia è appena terminata. Alla fin fine è l’antico incubo di Lenith ad aver generato tutto questo. In molti sono scomparsi per la sua ossessione. Il mondo non dimenticherà presto, ne son certo, lo scontro di Loch Ness che, per la prima volta da millenni, ha visto Lenith sconfitta. Nei secoli a venire ancora e ancora se ne parlerà. . .Della scomposta follia di Lenith, della serena e fredda determinazione dei Rochester e della loro alleanza. Ora Lenith e i Quirites sono rintanati nell’ipogeo romano a leccarsi le ferite ma sono certo che la battaglia finale è stata solamente rimandata. Come finirà? Tu mi chiedi un oracolo Caldeo e io te lo concedo. Non è tuttavia nei moti perpetui dei pianeti e delle costellazioni che ho vaticinato ma sulla scorta di un’antica profezia. La medesima che redassero i miei avi nel momento in cui Lenith sottrasse loro l’antica supremazia, la medesima che Lenith teme e finirà col realizzare mercè la propria stessa paura. La figlia di Zoroastro, la sposa vampiro dagli occhi pregni di Olio di Media, sottrarrà i vampiri al regno degli inferi e il suo sposo distruggerà il trono della regina. In memoria del tuo creatore Cronelius, ti riverisco Somerset degli Erranti Cosmo dei Caldei


* Nella pagina precedente: testo autografo del secolo XXI, redatto all’indomani dell’epica battaglia di Loch Ness (11 giugno 2006), tra esseri mitici e immortali: i Quirites, vampiri romani, contro i Rochester, vampiri scozzesi e i loro alleati. L’esito ha sfavorito i romani ma nel testo si riportano le preoccupazioni di un essere sovrannaturale in ordine alla possibilità che gli sconfitti non si arrendano. L’autore confida in una antica profezia, secondo la quale una donna mitologica con gli occhi color petrolio (la nominata “figlia di Zoroastro”) avrebbe mutato in futuro la natura demoniaca dei vampiri e il suo sposo avrebbe distrutto definitivamente il regno dei romani e di Lenith (nome etrusco della antica Lilith mesopotamica). La profezia avrebbe origine dagli antichi Caldei, soppiantati al governo dei misteri in epoca arcaica, proprio da Lenith (allora Lilith). L’autore della missiva, erede degli antichi Caldei, ricorda ora questa profezia degli avi e pronostica a Lenith che la battaglia finale le sarà fatale.



Un anno dopo, a Littlemill nelle Highlands scozzesi...

Capitolo 1

Il sapore del sangue Chissà se capitava anche ad altri… Chissà se altri potevano capire... Era come volere, a tutti i costi, una cosa che sembrava meravigliosa e irraggiungibile e poi, ottenutala finalmente, ...scoprire che quella cosa non fa per noi. Era come se il desiderio più grande, una volta realizzato, fosse diventato un vestito stretto. Era come scoprire di non essere all’altezza dei propri sogni. Scoprire di essersi prefissi delle mete che davvero sono troppo alte, e non perché siano di per sé irraggiungibili, ma perché semplicemente non c’è abbastanza coraggio per viverle… «Ecco!», il tallone batté forte sul suolo erboso poi, Elisabeth, con i suoi vent’anni apparenti, anzi di meno... con la sua pelle diafana e i suoi riccioli castani, si diresse decisa al maniero. Osservandola, nessuno avrebbe potuto sospettare qualcosa di strano o inquietante. Invece, lei per prima, non avrebbe esitato a definirsi esattamente a quel modo: “molto” anormale e “molto” inquietante. La passeggiata nella foresta non le aveva chiarito le idee, nè aveva contribuito a rasserenarla: solamente in quel punto il bosco si diradava un po’. Elisabeth si guardò intorno, la vegetazione non era mai parsa più scura. Abeti e pini come guardiani centenari. Come punte di lancia infilzate nel cielo, tutto intorno. Neppure il tramonto riusciva ad accendere colori vividi. Il sole e la luna se ne stavano lontani dalla Cairngorm Forest, dai suoi laghi, dai suoi fiumi, dai muschi verdi e… da quel maniero bianco dal tetto 7


aguzzo… Circondato di conifere, con gli abitanti pallidi ed eterni come vampiri… Un sospiro le uscì dal cuore immobile. Il fatto era …che il buio era dentro il petto. Era come se una parte dell’anima fosse divenuta nera… Ogni giorno, ne scivolava nelle tenebre un pezzo più grande. Ogni giorno gli ampi confini della foresta si stringevano attorno a Rochester Manor. Elisabeth raggiunse il maniero. I passi la condussero fino all’imponente portale di castagno ma, prima di entrare, raccolse i pensieri ancora una volta. Ethan! Se non fosse stato per il ciuffo dei capelli lisci e neri, per quegli occhi blu a lama di coltello… che diventavano viola quando la fissavano nei suoi, banalissimi, color petrolio... O ancora, …viola come quando le mani di Ethan le affondavano tra i riccioli castani… quando le attiravano il viso verso le labbra carnose. Ebbene, …se non fosse stato per quel modo unico di essere “Ethan”… Se non fosse stato così irreprensibile negli affetti… Così totale nell’amore… Ora lei non si sarebbe trovata ad essere in condizioni tanto strane e inquietanti. Il cuore si ridusse a un nocciolo di pietra. La mano spinse sul battente. Il portone si schiuse sull’atrio deserto. Inutile chiamare Ethan, meglio lasciargli tempo per riflettere bene sul piano assurdo di avvicinare di nuovo i peggiori nemici. Una testa aristocratica e brizzolata, si affacciò in quell’istante sulla porta dello studio. Il professor Zachary Rochester, sorrideva sopra il pizzetto grigio: «È andato nel torrione a cercare un vecchio CD di Erik Kamen.» Poi, le sopracciglia ad ala di corvo si aggrottarono: «C’è il sangue per Christabel, entra.» Zachary le richiuse la porta alle spalle: «È il mio piccolo viaggio in Italia con Ethan che ti preoccupa?» «Sì…» Liz trasalì. «È deciso allora?» Il pensiero della partenza imminente divenne improvvisamente concreto. Perché Ethan non capiva che il risultato sarebbe stato solamente altro dolore? Era così ostinato. D’altronde… A incatenarle l’anima non era stato il potere degli occhi viola ma, fin dall’inizio, quel8


la ostinazione… lo spirito di sacrificio: la solitudine eterna di Ethan, il suo bisogno disperato di essere amato, la qualità profonda dell’amore che le dava. Ed era stato inevitabile amarlo fino al punto di non ritorno. Tutti i Rochester avrebbero ammesso di condividere una condizione di vita del tutto particolare. Zachary, Tristan, Pamela... E perfino Matthew... Tutti loro erano doppiamente speciali. L’unica era la piccola Christabel: lei no, per il momento era speciale in un modo del tutto diverso. A differenziarla era la malattia. La malattia per la quale era stata adottata da Pamela e Tristan e per via della quale, presto sarebbe diventata anche lei come tutti loro. “Ok, Come dirlo?” Era inutile tergiversare, doveva sforzarsi di ripeterlo a se stessa. Prima o poi Christabel sarebbe diventata un vampiro. Vampiri… Questo erano tutti i Rochester anche se di una specie specialissima che si rifiutava di uccidere gli esseri umani. Vampiri. La parola riecheggiò nella mente e un’altra crepa serpeggiò sulla superficie del cuore di Elisabeth. Si scosse, Zachary era ancora in attesa che lei parlasse. «Spero ancora che cambiate idea sul viaggio in Italia» disse con voce flebile. «Un cataclisma mondiale ci vorrebbe» il suocero roteò gli occhi color whisky in modo eloquente. Liz annuì. Zachary aveva ragione. Si morse un labbro. «Se almeno Pamela potesse restarne fuori...» obbiettò. «Perché mai?» replicò Zachary fissandola con occhi profondi e massaggiandosi il pizzo brizzolato sul mento. «Perché Pamela lo incoraggerà» rispose Liz ansimando. Fingersi allegra e serena non sarebbe bastato a nascondere i tormenti. Chissà in che modo Ethan aveva intuito ciò che lei covava nell’anima? L’oculomanzia di Ethan non poteva nulla su di lei… Tutto era accaduto a Loch Ness l’anno prima, cercando di comprendere che cosa avessero di tanto speciale gli occhi color petrolio di Elisabeth. Solo allora si era reso conto di quel miscuglio di giallo e marrone nelle iridi. Gli occhi degli altri erano 9


tanto diversi da quelli della sua meravigliosa ragazza, erano più trasparenti. Negli occhi delle altre persone, a Loch Ness, Ethan, aveva scoperto di vedere delle immagini. E poi aveva riscontrato che quelle immagini corrispondevano a quelle che in quel momento passavano nelle menti. Insomma, aveva scoperto di essere un “oculomante” e che ciò era il suo dono oscuro: poter leggere gli occhi di tutti tranne quelli di Elisabeth. Liz tirò mentalmente le conclusioni. Poteva essere stato Tristan, a rivelargli qualcosa con la sua abilità di saper interpretare i segni presenti nell’aria che preannunciavano cambiamenti… Tristan era un aeromante e poteva aver capito qualche cosa del turbamento e averlo rivelato a Ethan. La voce di Zachary richiamò Elisabeth alla realtà. «E perché rivelare a Pamela lo scopo del viaggio? – aveva ripreso a dire il suocero – Un piccolo viaggio mio e di Ethan per una volta da soli… Che c’è di strano?» «Non vado neanche fino al distributore di benzina senza di lui…» Sorrise Elisabeth. Effettivamente la prima area di servizio disponibile non era certo vicina. Rochester Manor albergava nel cuore della foresta di Littlemill, Higlands Scozzesi: la Moray Coast a Nord e la Cairngorm Forest a Sud. «Pensi che Pamela non si chieda quale motivo possa essere così grave da indurre Ethan ad allontanarsi senza di me?» «Magari Pamela a Kaway ha preso un colpo di sole.» Zachary sorrise ondeggiando un bicchiere di AB positivo. «È per il “complechissà” di Christabel» disse. Il liquido rosso profumava in modo irresistibile. Liz rise. Christabel avrebbe fatto salti di gioia, andava molto orgogliosa dei suoi “complechissà”. Nessuno nell’orfanotrofio Rumeno aveva saputo indicare il giorno e il mese esatto della nascita della bambina. «Ne convengo… – ammise Liz rassegnata – Vedersela con Pamela sarà inevitabile.» Zachary corrugò la bella fronte fissando un punto lontano oltre la finestra. Il pomeriggio stava finendo e la vegetazione che 10


circondava il maniero dei Rochester pareva più fitta. «Non posso semplicemente rispondere ad Ethan che non credo alla sua teoria… Ha combattuto e sofferto con coraggio per tutti noi… Ma capisco. Un po’ di tregua, per te, ci vorrebbe, immagino.» «Non è di me che si tratta.» Zachary la fissò con intensa dolcezza: «Il trauma non deve essere stato piccolo.» «Ma sono felice» lo interruppe Liz nuovamente ansimando. Dove voleva andare a parare Zachary, con quei discorsi? «Lasciami finire» chiese Zachary con gentilezza. «L’angoscia di Ethan forse, nasce anche dal tuo silenzio. Ci siamo passati tutti Liz. Le iridi bianche nello specchio, un volto pallido e freddo come la pietra…» Liz tacque nascondendo un brivido. Zachary Rochester, biologo al Museo di Storia Naturale di Aberdeen, stava parlando con la precisione di uno scienziato. La massa di riccioli scuri di Liz si scosse vigorosamente. Non voleva parlare di se stessa. Zachary continuò: «…Lasciare i propri affetti… Non è facile da un giorno all’altro.» «Sono passati quasi due anni…» un sorriso tentò, senza riuscirvi, di affacciarsi sulle labbra di Liz. «…Il dolore della trasformazione e l’abbandono degli affetti: non sono cose facili da dimenticare.» «Ma ho avuto la gioia del matrimonio…» «E le relative responsabilità, Elisabeth. E l’istinto di uccidere soprattutto: doverci convivere …» Liz si nascose dietro una nube di capelli ricci. Zachary non doveva ricordarle gli occhi ancora leggermente opalescenti. Una morsa le serrò la gola. Emise un bisbiglio a ultrasuoni udibile solamente a un vampiro: «Tempo… mi ci vuole.» Zachary la aggirò per vederle il viso: «Lui legge lo sguardo di chiunque, tranne il tuo, e il tuo silenzio lo taglia completamente fuori. È escluso da chi più ama. E allora lui immagina e immagina… ciò che tu non gli dici. Ecco i fantasmi… I sensi di colpa.» Il patriarca riprese a rimescolare l’anticoagulante nel calice de11


stinato alla sacca di Christabel. «Ethan ha bisogno di sentire la mia fiducia e non gliela posso negare.» Le labbra di Liz si tesero. «Tra persone che si amano il riserbo non dovrebbe esserci…» rincarò Zachary e sollevò il mento in uno sguardo dolce di rimprovero: «Hai mai pensato che Ethan abbia bisogno di sentirsi perdonato?» «Certo che l’ho pensato. Ne sono sicura anzi…» osservò Liz quasi parlando a sé stessa. «Eppure io non ho nulla da perdonargli…» Ethan aveva fatto di tutto per evitare di trasformarla in vampiro. L’aveva licenziata perfino. La mente di Elisabeth tornò all’ultimo tentativo disperato di Ethan di salvarle la vita. Era accaduto alla Therisoft, l’azienda informatica dei Rochester. Liz a quei tempi vi lavorava da poco. Per quell’impiego lei e la madre Endora si erano trasferite a Forres da Gibilterra. Zachary le allungò una carezza timida sulla massa riccioluta: «I sensi di colpa di Ethan riguardano anche altre cose. Essere un dannato non aiuta…» Zachary decise di riporre il sangue per Christabel nel piccolo frigobar dello studio: «Qualcuno di assolutamente sopra le parti, dovrebbe rassicurarlo e dirgli: “No, Ethan qualsiasi sia la tua forma di vita… No. Tu non sei malvagio…”. Non bastiamo forse né tu, né io…» «Ha bisogno del perdono di Dio insomma…» disse Liz semplicemente. Le belle labbra di Zachary si schiusero. Le palpebre sbatterono. «Un vampiro non lo direbbe mai a sé stesso…» disse con voce flebile. La osservò come se fosse appena atterrata da Marte. «Il concetto stesso di Dio è interdetto alla nostra natura.» Un silenzio perfetto cadde nella stanza ormai velata dalle ombre del crepuscolo finché qualche istante dopo, giunse dall’atrio uno scampanellio seguito da passi inconfondibili sulla scala: Ethan stava scendendo. La conversazione con Zachary non era approdata a nulla. Liz sorrise e scivolò via… Zachary ricambiò e le chiuse la porta alle spalle. 12


I volti di Pamela e Tristan sorridevano, indossavano enormi cappelli di paglia e occhiali da sole. Fasciata in abito bianco mozzafiato, Pamela irruppe nell’atrio e veleggiò verso il centro della sala. Chiedeva campo libero e Liz arretrò un poco. Un mobile di casa sarebbe stato degnato di maggior attenzione. Ebbe il tempo per fare mentalmente un obbiettivo confronto tra sé e la cognata. Lo sguardo di Liz andò insoddisfatto alle proprie gambe agili ma dalle curve rotonde. Possibile che diventare ciò che era non fosse valso a renderla una creatura eterea? Ok, Ethan, dall’altro della sua perfezione, le assicurava di essere appetitosa e tenera come un pasticcino ma sembrava che le guance paffute non se ne volessero andare. …che il naso a patatina non ne volesse sapere di essere aristocratico come quello di Pamela, la creatura più elegante del pianeta che per massima disdetta era anche sua cognata. La comparsa di Ethan interruppe il ragionamento. Il corpo atletico e gli occhi magnetici apparvero nell’atrio. Come sempre, per qualche istante la mente di Elisabeth si annebbiò. Un battito d’ali e la regina della festa ne approfittò per abbarbicarsi al fratello del marito. Ethan riservò a Pamela un buffetto e la oltrepassò in direzione di Tristan. Il sensitivo di casa Rochester stava entrando stracarico di valige e pacchetti. «Vedo che la vacanza alle Haway non è stata indolore» rise Ethan. Pamela dietro di lui lo apostrofò ridendo: «Ehi Ethan, non penserai di cavartela così?» Tristan sorridendo riversò tra le braccia di Ethan un misterioso grande pacco morbido: «Questo va di sopra.» Pamela intanto protese la mano affusolata verso il torace di Liz: «Che pizzo delicato… Liz è… stupendo anche il colore» Gli occhi erano ipnotizzati dalla camicia blu orlata di valencien13


nes: «Non ho mai visto niente del genere…» Poi finalmente rivolse alla cognata un sorriso. Gli ordini di Tristan avevano spedito Ethan al piano superiore. Liz si sedette sull’ampio Chesterfield. Raccolse le gambe sotto di sé. Ciò che bolliva in pentola era ancora un mistero per Pamela probabilmente. …A meno che Tristan non l’avesse già informata. Non potevano esserci segreti impenetrabili per l’aeromante ma Tristan era cauto. Difficilmente avrebbe avuto l’avventatezza di parlare prematuramente. Gli occhi Liz osservarono Pamela acutamente. Le grinze del viaggio sul lino dell’abito sembravano l’unico pensiero. Le idee folli di Ethan parevano lontane mille miglia dalla setosa testa color miele. Pamela doveva essere del tutto all’oscuro di cose come la “controtrasformazione”. Una boule di cognac comparve tra le dita affusolate della sirena di casa Rochester. Era un vezzo dei bei tempi andati, per gingillarsi con il bicchiere. Le labbra non lo avrebbero neppure lambito. Il viaggio alle Haway? Sì, era stato bellissimo. Ovviamente… E l’ammiccamento felino era inequivocabile. Quanto si esaltasse Tristan, a contatto con la natura, del resto non era un mistero. Liz si stiracchiò guardandosi intorno. Le avevano portato via il suo Ethan e ancora nessuno si vedeva all’orizzonte. Christabel era fuori con Matthew, non c’era nemmeno lei a salutare i genitori. Le peripezie Hawaiane erano ancora al centro del resoconto. Ma un solo orecchio di Liz prestava ascolto, come potevano aver fatto tutte quelle cose alle Haway! Era scettica: «E con la luce del sole come avete risolto? E le orde oceaniche di turisti?» «Attenzione Liz! Il bello è questo! L’Isola di Kaway è il posto più piovoso del mondo… Sai quell’isola a nord delle Hawai… Le montagne vulcaniche sono piovosissime.» Pamela mollò sul tavolino il bicchiere: «Le foreste e le paludi di Alakai… Lo sono in special modo.» «Niente casinò e abiti da sera?» 14


«Di notte… Oh ma certo cara… Ma Kaway è eccitante soprattutto di giorno. Soprattutto le caverne lungo la Napali Cost: laghetti d’acqua oceanica e cascate di acqua dolce e termale… Bagni lunghi e voluttuosi, nell’acqua salata, nell’acqua calda, e dolce, o nel vapore. Io e Tristan…» «Vi siete rilassati, insomma» tagliò corto Liz. «Avresti dovuto esserci assolutamente…» «Mai e poi mai» rise Liz. «Sciocca. – si accigliò Pamela –Nuvole di vapore emesse dalle acque termali…» Pamela fece una pausa misticheggiante: «… Ed enormi smaglianti arcobaleni sulla superficie dell’acqua blu dell’oceano quando un raggio di sole entrava nella grotta…» Liz ascoltava rapita proprio malgrado. «Colpiti dal sole nell’oscurità, Tristan ed io…» Sorpresa di non essere stata fermata Pamela continuò: «Avresti dovuto vederci. L’effetto luminoso si notava anche dall’esterno, ci scommetto!» «Che bello» bisbigliò Liz. «Il rumore delle barche l’abbiamo udito più di una volta. I turisti si avvicinavano… I lampi rossi della nostra pelle: una luminescenza moltiplicata dall’acqua… Giocavamo proprio in mezzo all’acqua viola… Completamente nudi…» La bocca di Liz si era aperta e non accennava a richiudersi… «Hai scioccato mia moglie, Pamela?» Apparso dal nulla. Ethan si avvicinò incuriosito. A occhi sbarrati, Liz fissava un punto lontano e non si era minimamente accorta del suo arrivo. Il corpo rosso e brillante di Ethan, avvolto da una nuvola di vapore iridescente... L’imbarazzo iniziale sul volto Liz si era trasformato in estasi. Quattro anni prima, al torrente, la visione era stata se possibile ancora più potente. Ethan le si era rivelato alla luce del sole per la prima volta: il suo datore di lavoro, il ragazzo meraviglioso che la sfuggiva e che lei riteneva essere l’unico ragazzo al mondo, rifulgeva come un rubino nel segreto edenico della Cairngorm Forest. «Liz, – Ethan la scosse delicatamente toccandole una spalla – Liz» ripetè. 15


Come se lo vedesse per la prima volta, Liz si voltò e gli sorrise. «Che intensità nello sguardo! A chi o a che cosa devo rendere merito?» Liz gli passò un braccio attorno alle ginocchia e vi appoggiò il capo: «Pensavo… Proprio un bel viaggio quello di Pamela e Tristan.» Gli occhi di Liz si socchiusero. «Non credo alle mie orecchie! La mia dolce Liz ha espresso un desiderio?» Il sorriso felice di Ethan sembrava autentico. «Oh bene, si prospetta un’altra partenza» constatò Pamela. E sogghignò: «Qualcosa di grave dev’essere capitato in nostra assenza. Niente questioni di vita o di morte?» Pamela spiò il rapido scambio di sguardi tra Ethan e Liz: «Una vera vacanza al solo scopo di godertela può mai interessarti Ethan?» Qualcosa di molto pesante si posizionò sullo stomaco di Liz. I progetti di Ethan riguardo ai Quirites ritornavano al centro della scena. Liz si irrigidì e sulla spalla, la mano di Ethan si strinse a pugno. Gli occhi divennero due lame carminio e la bocca si fece impercettibilmente tirata. Pamela oscillò lo sguardo dal volto dell’una e dell’altro e poi gracidò: «Che cosa ho detto di male ora?» La reazione di Ethan non si fece attendere. Contrasse la mascella e scattò verso l’atrio dove scomparve diretto all’esterno. Liz lo seguì. La corsa di Ethan si fermò poco distante nel prato. Le braccia tese appoggiate a un grosso tronco. La testa bassa. Elisabeth si fermò un istante a guardarlo. Il corpo perfetto, i muscoli contratti sotto la camicia… gli scivolò lentamente a fianco. Un braccio di Ethan si staccò dall’albero e si protese all’indietro. Le dita tiepide le strinsero forte la mano in un tremito. Gli occhi di Liz cercarono i lineamenti bianchi e scolpiti. Tanto familiari eppure tanto misteriosi… Come poteva quel cielo livido riflettersi tanto perfettamente in un incarnato? Fino a confondercisi! 16


Il viso bianco, attraversato dalle labbra carnose, le si voltò dolcemente. «Non vuoi che ti racconti che sapore aveva il tuo sangue?» la voce vibrò come un soffio caldo. «Non so…» esitò Liz. «…di ferro» rispose piano distogliendo lo sguardo. Gli occhi vagarono incerti e un’ombra le passò sulla fronte. Le labbra di predatore sfiorarono quelle di Liz. Gli occhi socchiusi erano ora due lame viola: «Non vuoi saperlo?» La voce di Ethan si spezzò e la mente volò al passato. Assaggiare il suo sangue era stato come… sentire fluire… Quel miele caldo tornò a scendere nella gola, ora come allora. Era stato travolgente, inebriante… L’energia diffusa ad ogni estremità del corpo… Ed era lei Liz, l’essenza stessa della vita... Le fiamme lo divorarono ancora una volta. Liz scosse il capo. Gli occhi tristi di Ethan erano ora grandi e viola come il crepuscolo. Strinse i pugni. Non voleva vederlo così. Gli scostò il ciuffo nero dalla fronte e sorrise: «Non ti tormentare…» «La seconda volta che ho assaggiato il tuo sangue…» l’espressione di Ethan si ammorbidì. «È stato poco dopo le nozze, quando …non ho resistito.» Ethan tornò con la mente al tepore del corpo tornito e ancora quasi infantile… che gli scivolava tra le braccia per la prima volta… Le emozioni della unione con Liz erano state le più intense dell’intera non vita. Le accarezzò dolcemente la massa di riccioli castani. Lei gli aveva dato ogni cosa. Un’onda di gratitudine lo pervase. Prima il sangue, poi il corpo… Mentre il dono riservato a lei era stato la morte. Una morsa gli serrò lo stomaco... Un senso di ribellione formicolò nel corpo di Liz al ritorno dei vecchi fantasmi. Ancora quella notte! I denti si strinsero con forza, lo sguardo volò al cielo, il vento della foresta portava l’odore del mare. «Fa sempre piacere sapere di essere… “buoni”» bisbigliò. «Sei veramente buona. Liz….» la voce di Ethan risuonò lugubre. Alla fine non ce l’aveva fatta a salvarla. Un tremito alle 17


mani: «Come si può … amare qualcuno che vuole ucciderti?» mormorò Ethan. Liz si massaggiò la fronte. Aveva sempre evitato quella domanda con se stessa. Il grido di un’aquila echeggiò nella foschia della sera, un brivido si arrampicò tra le scapole. I sensi di colpa di Ethan avrebbero preso presto il sopravvento. «Non sai quanto avrei voluto morderti…» disse Ethan nascondendole lo sguardo. Liz strinse i pugni: «Tu non hai mai ceduto, Ethan. Ho scelto io di morire.» «Tesoro mio…» un profondo sospiro emerse dal petto del suo sposo. Ethan si impose di essere razionale. Sarebbe stato meraviglioso poter credere a quelle proteste di Elisabeth, sarebbe stato meraviglioso se Liz fosse stata autenticamente felice. E invece tutto quel dolore, le notti sempre più frequenti in cui Liz cadeva in trance… Ethan allargò un braccio e la strinse al fianco. Gli occhi di Liz si appuntarono nel rigoglio oscuro della foresta di giugno. L’aquila distese le grandi ali e riprese il volo. Lentamente lei e Ethan scivolarono sulla destra… verso il bianco maniero dei Rochester che si trovava a non più di cinquanta yarde. Liz chiuse gli occhi per un istante raccogliendo le energie. Il clan era al gran completo per quella ricorrenza… Ethan non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione. Era passato un anno esatto dalla vittoria di Loch Ness contro i Quirites. Erano tredici anni esatti dall’arrivo di Christabel. Elisabeth cercò di rassegnarsi. Ethan avrebbe parlato… una ruga profonda comparve al centro della fronte. Ogni tranquillità se ne sarebbe andata. Chiuse gli occhi e strinse i pugni. «Ethan?» supplicò Liz. Lui sollevò il viso. Gli occhi erano addolorati. «Non pensi che dovremmo evitarlo?» una nota d’angoscia vibrò nella voce. «Voglio sapere la verità… Te l’ho già spiegato» rispose Ethan a denti stretti. 18


Liz si irrigidì. Non c’era modo di farlo ragionare. Lui contrasse la mascella come quando doveva rifiutarle qualche cosa: «Ci deve essere una speranza… ne sono sicuro. Almeno per chi è innocente come te.» «Non più di te» rispose Liz con rabbia. Ma Ethan la bloccò subito: «Non hai ucciso né mai lo farai, hai sfidato la morte per me e per tutti noi...» Il viso canoviano di Liz assunse l’espressione ostinata, tipica della ragazzina normale che era stata. Perché lui non capiva? «Ritornare umana. Io sola?» Le labbra di Liz tremarono per frenare il pianto senza lacrime. Una trasformazione, un matrimonio… tutto inutile? «Abbracciarti per un attimo e poi scappare? – singhiozzò sotto una nube di riccioli – E la paura dei tuoi denti affilati o di un fiotto di veleno?» L’abbraccio di Ethan la interruppe. Forte come l’acciaio, come a volerla fondere con il proprio corpo. La stretta si prolungò. «I miei denti affilati, la bocca piena di veleno…» Nel petto vibrò la voce più profonda che Liz gli avesse mai udito: «…Non avevi mai detto che ti facessero paura.» Le mani di Liz si allacciarono dietro la schiena di Ethan. Avrebbe potuto restare così per secoli… Lui riusciva sempre a piegarla con l’amore… Ma la voce di Ethan risuonò di nuovo con durezza: «Devo sapere se possiamo tornare umani. E i Quirites possono rispondermi…» La rabbia e la paura di Liz si fusero in un sibilo: «Ti uccideranno se solo ti avvicinerai.» Si svincolò bruscamente dall’abbraccio. Che odio quell’ostinazione. «E poi perché?» sbottò. «Perché questa salvezza non dovrebbe essere anche per te?» Accostò le mani ai lati del viso di Ethan e scrutò gli occhi color pervinca in profondità.

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