Risveglio Pentecostale - Anno LXV - numero 4 - Periodico Mensile - Poste Italiane spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2, DCB Vicenza
Risveglio aprile 2011
“La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero” (Salmo 119:105)
P E N T E C O S T A L E Organo ufficiale delle Chiese Cristiane Evangeliche Assemblee di Dio in Italia
e si stancano; o an tic fa af si i an ov gi I « ma quelli i più forti vacillano e cadono;qu tano che sperano nel Signore ac ise aquile, m nuove forze, si alzano a volo comminano corrono e non si stancano, ca :30-31) e non si affaticano» (Isaia 40
Risveglio P E N T E C O S T A L E
Organo ufficiale delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Ente Morale di Culto D.P.R. 5.12.1959 n.1349 Legge 22.11.1988 n.517 Pubblicato dal Consiglio Generale delle Chiese Presidente: Felice A. Loria Vice Presidente: Vincenzo Specchi Segretario: Davide Di Iorio Tesoriere: Giuseppe Tilenni Consiglieri: Eliseo Cardarelli, Salvatore Cusumano, Paolo Lombardo, Gaetano Montante, Vito Nuzzo Presidente emerito: Francesco Toppi Consigliere onorario: Francesco Rauti Direzione, Redazione e Amministrazione: Via Altichieri da Zevio, 1 - 35132 Padova Tel. 049.605127 - fax 049.612565 e mail: adi.veneto@tin.it www.assembleedidio.org Versamenti in Posta su c/c postale n.12710323 intestato a: Risveglio Pentecostale V. Altichieri da Zevio 1, 35132 Padova Versamenti tramite canale bancario Poste: codice IBAN IT16 N076 0112 1000 0001 2710 323 codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXX intestato a: Risveglio Pentecostale V. Altichieri da Zevio 1, 35132 Padova Banca: codice IBAN IT31 C061 7512 1550 0000 0051 080 codice BIC CRGEITGG782 intestato a: Chiesa Crist. ADI Risveglio Pentecostale V. Altichieri da Zevio 1, 35132 Padova Registrazione n.1688 del 1.3.2000 Trib. di Padova La pubblicazione è distribuita a membri e simpatizzanti delle Chiese Cristiane Evangeliche A.D.I. ed è sostenuta da offerte volontarie. In conformità alla Leg ge 675/96 e successive modifiche sulla tutela dei dati personali, la Redazione di Risveglio Pentecostale garantisce l’assoluta riservatezza di quelli di cui è in possesso. Inoltre assicura i lettori che i loro dati personali sono custoditi in un archivio elettronico presso la sede del giornale e verranno utilizzati soltanto per inviare la corrispondenza relativa al mensile Risveglio Pentecostale. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente i loro autori. I manoscritti non pubblicati non si restituiscono. Direttore Responsabile: Vincenzo Specchi Comitato di Redazione Risveglio Pentecostale - Cristiani Oggi: Vincenzo Specchi (sostituto del presidente ex officio), Salvatore Esposito, Lorenzo Framarin, Domenico Modugno, Elio Varricchione 2
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La Scuola Domenicale un'istituzione in declino? L’età certificata si aggira intorno ai 250 anni e, come tutte le cose di una certa età, dovrebbe risentire un po’ del tempo trascorso. Per qualcuno potrebbe apparire come una reliquia del passato; nella migliore delle ipotesi, un pezzo d’antiquariato. Eppure non sembra affatto così! L’interesse che suscita tra le nostre comunità questa istituzione centenaria è ancora vivo e più che mai palpitante. La diffusione di un sempre maggior numero di manuali, la richiesta di materiale per altre classi (quella dei giovani, per esempio), le varie iniziative locali e nazionali che raccolgono sempre più monitori e pastori intorno alla Parola di Dio, grazie ai Seminari e ai Convegni che si organizzano, certificano questa importante verità: la Scuola Domenicale è più attiva che mai e non risente per niente degli anni che ha! La Scuola Domenicale "spina dorsale" Di fatto, essa costituisce la “spina dorsale” di ogni comunità che fa della Scrittura il proprio punto di riferimento imprescindibile. In molte comunità, in realtà, la Scuola Domenicale coinvolge sempre più credenti rispetto a qualsiasi altra attività locale. Ciò nonostante si rischia di perdere la corretta visione di tale servizio dai lineamenti decisamente spirituali. Talvolta, infatti, viene ridotta ad una sorta di “parcheggio” per bambini indisciplinati o, per non essere del tutto disfattisti, ad una sezione della chiesa locale che sviluppa un programma d’insegnamento biblico attraverso degli incontri settimanali. Ma questo sa davvero di muffa! Allo stesso tempo è necessario precisare - per non essere fraintesi - che la Scuola Domenicale non è neppure il ritrovo di un gruppo particolare di credenti che la pensano allo stesso modo e che stanno insieme per sentire il monitore che dice loro qualcosa sulla Bibbia.
Cattedraticismo inutile! Sicuramente, Scuola Domenicale vuol dire anche questo, magari letto in chiave genuinamente didattica. Sappiamo, infatti, quanto sia importante sviluppare sempre meglio il processo d’insegnamento e di apprendimento, oltre che quello di un’opportuna comunione fraterna volta alla cura spirituale del singolo credente. Riteniamo doveroso, però, fare una necessaria ed importante precisazione: rivolgersi, come nella maggior parte dei casi avviene, esclusivamente verso quanti sono già credenti rischia di far perdere – in un certo senso – la visione missionaria ed evangelistica per cui è stata fondata la Scuola Domenicale, in ottemperanza del grande mandato affidatoci da Gesù: andare, annunciare, ammaestrare (cfr. Matteo 28:18-20). Questo è, in effetti, l’elemento originario e peculiare per cui le Scuole della Domenica - almeno secondo la visione di John Wesley che sublimava quella già nobile e filantropica di Robert Raikes – continuano ad essere una vibrante realtà spirituale nell’ambito delle nostre chiese. La Scuola Domenicale nella prospettiva del Regno Alla luce dell’imperativo divino, che è quello di “cercare prima il Regno e la giustizia di Dio”, ogni monitore riveste il ruolo primario di annunciatore dell’Evangelo: potenza di Dio per ogni credente. Talvolta, l’approccio di chi insegna è piuttosto blando nel merito, e sminuisce l’elemento basilare dell’insegnamento cristiano stesso che è quello
in questo numero
di annunciare la Grazia del Signore. Ricordiamo che la priorità è quella di annunciare la salvezza in Cristo Gesù, il ravvedimento e la conversione. Altre volte si specula sull’età dei fanciulli presenti nelle nostre classi, sui metodi da adottare, sul tipo di messaggio, etc. e, inconsapevolmente, dimentichiamo che lo Spirito Santo è all’opera per toccare e trasformare i cuori dei fanciulli (che riteniamo troppo piccoli per essere salvati), degli adolescenti (che consideriamo troppo volubili e preda di facili ripensamenti), dei giovani (che vivono distratti da Facebook) e così via. Porgiamo loro il pane della Parola: “Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo” (Matteo 6:33), e lo Spirito Santo farà il resto.
nel modo giusto e ispirata da motivi giusti. Le implicazioni nel merito sono diverse perché il vero “sapere” si deve coniugare con il “sàpere” che i classici interpretavano in chiave di “sapore”. Infatti, la conoscenza che non si appaia con la coerenza e la testimonianza di vera spiritualità è arido cerebralismo, mentre il vero sapere significa “dare sapore” e ciò attiene, più che alle parole, alla testimonianza di una vita trasformata dalla grazia di Dio e forgiata dall’esperienza cristiana di chi sa arrendersi nelle mani del Sommo Vasaio ed essere saggiato nel crogiolo del Signore (cfr. Proverbi 17:3) che prova le reni e forma i cuori.
All’evangelizzazione segue imprescindibilmente la formazione Questo è il senso del “fare discepoli”, i quali più che i concetti imparano l’arte e il carattere del proprio mentore. La Scuola Domenicale, se non vogliamo che vada a male a causa del tempo che passa, deve mantenere vive - tra le altre - queste due priorità, perché si fa portavoce del messaggio intramontabile dell’EvangeLa Scuola Domenicale quale fuci- lo e strumento utile a veicolare na di spiritualità quell’insegnamento biblico che All’evangelizzazione segue la non serve a incantare le menti ma formazione, più che l’informazio- a trasformare le vite. La vera sane. Oggi c’è una sorta di fissazio- pienza che caratterizza tale insene diffusa per quanto riguarda la gnamento è quella che incide, che conoscenza, la cultura, l’intelletlascia una traccia dentro e forma tualismo: siamo inondati di infor- gli individui. mazioni di ogni genere. Il web ci Questo processo non avviene rovescia addosso una mole di dati nel trasmettere ciò che si sa o che impressionanti su ogni disciplina, si crede di sapere, ma soltanto inargomento, soggetto o genere di segnando quello che si è. E se siamateria. È un delirio generalizza- mo discepoli noi stessi del Signoto: tutti sanno tutto e sanno pure allora avremo tutte le carte in re come farlo! Il problema è se ciò regola. che sanno sia la cosa giusta, fatta Giorgio Botturi
aprile 2011 LA SCUOLA DOMENICALE UN'ISTITUZIONE IN DECLINO?
Giorgio Botturi . .................................................................pag.2-3
GIAPPONE: PREGHIAMO PER I SOPRAVVISSUTI .........................................pag.4 "ESSERE" GENITORI
Luigi Borelli . .......................................................................... pag.5
SAPER SCEGLIERE
Cesare Turco ......................................................................pag.6-9
CONSOLAZIONE .............................................. pag.10-11 QUASI INCIAMPARONO I MIEI PIEDI
Angelo Gargano .......................................................... pag.12-15
SIATE SEMPRE GIOIOSI
Guerino Perugini .......................................................... pag.16-19
POTENZA DI DIO PERFETTA NELLA DEBOLEZZA
Gennaro Chiocca ........................................................ pag.20-21
OTTO PER MILLE ................................................... pag.22 NOTIZIE DALLE NOSTRE COMUNITÀ................................................................... pag.23 APPUNTAMENTI . ................................................... pag.24 Per notizie aggiornate consultate il sito www.assembleedidio.org Questo numero di Risveglio Pentecostale è disponibile in edizione per non vedenti. Gli articoli, salvati in formato leggibile mediante computer con un programma screen reader, vengono inviati ai non vedenti che ne fanno richiesta all’indirizzo adi.veneto@tin.it (i file sono disponibili nei formati .rtf .txt .doc .epub).
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Uniamoci in preghiera per intercedere per la popolazione del Giappone duramente colpita dal disastroso tsunami abbattutosi lo scorso venerdì 11 marzo successivamente a un fortissimo terremoto affinché, nel Signore, possa trovare rifugio e ristoro per la anima
: E N O P P A I G O M A I H G PRE PER I I T I T S R E P SU
Le cronache hanno annunciato che oltre mezzo milione di persone è senza un luogo dove abitare, mentre la conta dei morti cresce di ora in ora oltrepassando anche la cupa previsioni iniziale di 10.000 unità. Il quadro di grave difficoltà si aggrava anche a motivo della minaccia di radiazioni nucleari, ma vogliamo prenderci l’impegno di pregare per quanti superstiti sono nel dolore e nella mancanza totale di risorse. Sappiamo che le Assemblee di Dio in Giappone con altre chiese consorelle dall’estero stanno cercando di offrire aiuti a tutti e, in particolare, alla fratellanza della dozzina di chiese situate nell'area di impatto del terremoto e dello tsunami. È ancora estremamente difficile raggiungere chiunque con rifornimenti, anche se le prime aperture di vie di comunicazione stanno permettendo di dirigersi verso le città più colpite come, Sendai, e verso Fukushima, zona in cui vi sono le centrali nucleari che hanno subito danni ai reattori. Russ Turney, referente per l’area Asia e Pacifico delle Missioni Internazionali delle Assemblee di Dio negli Stati Uniti, ha riferito che i pastori che risiedevano nella zona con le loro famiglie sono al sicuro. Resta la grave situazione e l’enormità del bisogno in tutta la regione giapponese. Preghiamo e intercediamo presso il trono della grazia per queste persone per le quali tutto è cambiato in pochi minuti (molti hanno perso non solo i propri averi, ma anche i loro cari), affinché il nostro Signore Gesù possa intervenire rivelandosi e trasformando profondamente, per l’eternità, le loro vite con la Sua grazia da informazioni ricevute dal fratello David Mortelliti
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“essere” genitori
“Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà” “La follia è legata al cuore del bambino, ma la verga della correzione l'allontanerà da lui” “La verga e la riprensione danno saggezza; ma il ragazzo lasciato a se stesso, fa vergogna a sua madre” (Proverbi 22:6,15; 29:15) Essere genitori è difficile, ma possibile con l’impegno, il sacrificio e, soprattutto, con l’aiuto del Signore e la guida della Sua Parola. Alla luce di questi versetti, dei sessanta anni appena compiuti e di alcune recenti esperienze, ho maturato queste riflessioni, che desidero trasmettere da cuore a cuore. Io e Franca abbiamo due figli: Sara di trentatrè e Gionathan di trentun anni. Spesso, quando rivisitiamo il nostro passato familiare, ci chiediamo: “Ma dove abbiamo sbagliato con i nostri figli?” Certamente abbiamo mancato in qualche cosa, ma su una cosa siamo sempre stati concordi: non abbiamo evitato loro le difficoltà. Oggi la vera preoccupazione di tanti genitori è che i figli possano avere dei problemi. Sembra che lo sforzo di molti si concentri nell’evitare ai figli questa eventualità. I figli, però, non hanno diritto a una vita “perfetta” che, ho scoperto, in qualità di genitori non siamo in grado di garantire loro. Quando i nostri figli si trovano di fronte alle difficoltà spesso, come genitori, due sono essenzialmente gli atteggiamenti che assumiamo: caricarci del loro
problema, cercando di risolverlo, oppure lasciare che affrontino le difficoltà, aiutandoli a superarle con le loro forze. Il tempo dell’adolescenza è spesso questo: il tempo propizio della responsabilizzazione. Come genitori dobbiamo imparare a non spaventarci per il dolore del figlio e ad aiutarlo, dandogli la forza e la guida per affrontare le difficoltà. Senza “star male” come lui e a volte più di lui. Non si deve “rubargli” i problemi, ma lasciarglieli, aiutandolo a superarli. Senza lasciarlo solo, ma senza sostituirsi a lui. Proprio la parte della fatica, spesso invisibile, che il genitore vorrebbe evitargli, è la più preziosa per la sua maturazione. Genitori si diventa alla nascita del primo figlio, ma lo si impara durante tutta la loro vita. La Parola di Dio offre ai genitori cristiani dei meravigliosi principi a cui fare riferimento per imparare ad essere sempre più genitori a Lui graditi. Un anziano fratello mi diceva che, quando lui era “piccolo”, erano i “grandi” a comandare; ora che lui è “grande” sono i “piccoli” a comandare. Purtroppo nella società attuale ciò è sempre più vero. Facciamo in modo che questi “purtroppo” diminuiscano e non aumentino. Genitori, coraggio! Il Signore è con noi e per noi! Luigi Borelli R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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Saper Non c’è anima rigenerata che non venga incoraggiata a perseverare nel percorso spirituale intrapreso, senza vacillare. La rigenerazione va vissuta in un profondo e continuo cambiamento; è la pianificazione di Dio nella nostra vita, così che "se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito" (Gal.5:25). È opportuno richiamare alcuni principi guida per gli atteggiamenti e le scelte, secondo quanto la Sacra Parola ci invita a fare nel nostro cammino cristiano. Saper proporci I cristiani non sono una conventicola di anacoreti che con il passar del tempo genera nel cuore sentimenti di puro anarchismo. Essi sono stati mandati nel mondo pur non essendo del mondo, tuttavia niente e nessuno deve impedire loro di conservare nel proprio cuore i valori divini ricevuti per mezzo della nuova nascita. Il popolo di Dio è un popolo santo, che emana la carità in tutte le sue espressioni, è un popolo che sa riconoscere la grazia che Dio gli ha concessa, senza perdere la consapevolezza della propria fragilità e dei propri limiti. Per questo siamo invitati a non trascurare la composizione delle nostre comunità: "Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti" (1 Cor.1:26-27).
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La consapevolezza di tale "vocazione", piccoli tra piccoli, deboli tra deboli, ci porta a vivere con semplicità nel popolo di Dio, come promotori abili sotto l’unzione dello Spirito Santo, resi capaci di esercitare pazienza, misericordia, di servire più che di essere serviti. Siamo un popolo eletto da Dio per essere "benedetti e benedicenti", anime ripiene di stima e di fiducia per tutti i fratelli, in cui il "vincolo perfetto" della carità "soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa" (1 Cor.13:7), per questo dobbiamo permettere allo Spirito Santo di collegare la Sua santità con la nostra umanità, di evidenziare la Sua potenza nella nostra visibile debolezza. Se riscontriamo di non godere pienamente il frutto della presenza dello Spirito Santo in noi, non scoraggiamoci, anzi: questo è il momento di impegnarsi ancora di più, con generosità di cuore. "Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche: Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? " (Isa.43:18-19). La totale padronanza dello Spirito Santo nel nostro cuore, ci porta a sgombrare il campo da ogni divisione, da ogni rancore personale e collettivo, da ogni sospetto e dubbio che erodono la fiducia e la spontaneità. Prevalga, invece, sempre il frutto “della riconciliazione” con Dio e con i fratelli. Egli stesso ci chiama a spandere nel Suo campo il seme di "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo" (Gal 5:22). Che non ri-
scegliere suoni in mezzo al popolo di Dio l'inquietante monito dell’apostolo: "Dato che ci sono tra di voi gelosie e contese, non siete forse carnali e non vi comportate come qualsiasi uomo?" (1 Cor.3:3). Non viviamo da uomini carnali, che celano dietro regole rigide e soffocanti i propri personali interessi, ma da uomini spirituali, che sanno dare vita anche alla legge "data per la durezza del nostro cuore" (Mat.19:8; Marco 10:5). È per questo che "non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha donate; e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali. Ma l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente" (1 Cor.2:12-14). È cosa gradita a Dio una vita vissuta nello spirito del perdono reciproco e della stima vicendevole per essere stimati quali "pastori secondo il Suo cuore", che guidino il Suo gregge con "conoscenza e intelligenza" (Ger.3:15). Sapersi preparare "Ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso" (Fil.2:3). "Ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio" (Rom.12:3). Non dimentichiamoci che gli impegni comunitari presuppongono sempre una "scelta" (chiamata), un'unzione da parte del Signore, che non si può né si
deve sottovalutare, anzi: questi, vanno sempre riconosciuta e posti nella giusta considerazione comunitaria, affinché non vengano sottovalutati i doni specifici concessi dallo Spirito Santo a ciascun membro della comunità. Solo la chiarezza di un cuore leale ci consente di individuare dove l'unzione del Signore si sta posando. Il Signore ha sempre benedetto il Suo popolo per mezzo di carismi e talenti che ha elargito ai singoli credenti, infatti, "a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune" (1 Cor.12:7). Osserviamo i doni degli altri fratelli, stimiamo il bene che Dio ha riposto nel loro cuore, consideriamo "il corpo" di cui siamo parte nella sua interezza, senza limitarci a visioni troppo anguste, ad angolazioni eccessivamente personali, ma allargando lo sguardo, come la forza e la luce dello Spirito Santo impongono. Pertanto, nessuno che ha per grazia disponibilità di tempo, maturità umana e amore per i fratelli si tiri indietro. Paolo scrive: "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo" (2 Tim.1:6-7). Evitiamo amorevolmente pregiudizi e preconcetti, non esprimiamo"giudizi prima del tempo", ognuno offra a Dio e ai fratelli la propria disponibilità al servizio per glorificare Cristo. Certamente servono carità e verità per guidare i fratelli a condursi con il giusto discernimento: "Chi fra voi è saggio e intelligente? Mostri con la buona
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condotta le sue opere compiute con mansuetudine e saggezza. Ma se avete nel vostro cuore amara gelosia e spirito di contesa, non vi vantate e non mentite contro la verità" (Giac.3:13-14). Allora "facciamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci all’amore e alle buone opere" (Ebr.10, 24). Ogni "incarico" ammette anche una buona consapevolezza del "compito" ricevuto. Per questo quanti intendono donare la propria disponibilità, sanno che la chiamata a servire è nella logica dell'amore in pura gratuità e non "del comando o del potere". Vogliamo servire il Signore non secondo la mentalità del mondo, ma investiti del "pensiero di Gesù". "Voi sapete che quelli che son reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti" (Marco 10:42-44). "Fra voi però non è così": Gesù esprime questa certezza perché "cinge" del grembiule dell'amore, della Sua stessa carità pastorale, ogni discepolo chiamato a servire la Sua Chiesa. "Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Giov.13:15). Saper dedicarci "È parso bene allo Spirito Santo e a noi" (Atti 15:28) "Pieni di spirito di saggezza" (Atti 6:3). Senza dubbio è molto delicato per una comunità individuare quanti potrebbero essere adatti per assumere alcuni incarichi specifici. Preghiera e condivisione fraterna, supportati dall'immancabile ricorso alla Parola di Dio, sono le condizioni indispensabili perché una comunità si apra, nella vera "libertà dello Spirito", alla volontà di Dio che si manifesta nel "discernimento comunita-
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rio". Nessuna metodologia o pedagogia unicamente umane, anche se sostenute dal rispetto formale di regole, possono sostituirsi a prassi come la preghiera nell'umile e attento ascolto della voce dello Spirito Santo. È su questo difficilissimo terreno che la nostra responsabilità si fa grande "siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà" (Rom.12:2). In quali rischi possiamo incorrere? Il primo è quello dell'entusiasmo e dell'orgoglio che generano supponenza e presunzione, che ci portano ad auto-compiacerci. Non sentiamoci un popolo di arrivati! Non cadiamo nella trappola dei Corinzi che si "gloriavano dei carismi", come fossero loro esclusivo appannaggio; non diamo per scontato il possesso di ciò che ci occorre, dimenticando che i doni sono di Dio e che se anche lo Spirito Santo ce ne affida l’utilizzo (per grazia quando vuole e come vuole, sotto l’esame della Parola), possiamo scadere in qualsiasi momento. La vigilanza su se stessi è indispensabile per non cadere nell'inganno di sapere già come comportarci, di che cosa dire e che cosa fare, per cui non vale la pena di impegnarsi più di tanto. Tutto questo svigorisce la nostra possibilità di impiego e la gaiezza di dipendere dal Signore, con il risultato di non ritenere "mai" altri fratelli pronti ad assumersi una responsabilità in seno al popolo di Dio. L'altro pericolo è la mancanza di una continua unzione dello Spirito Santo. Questa blocca e arresta affetti, emozioni e volontà, anzi, toglie l'amore per le cose di Dio. L’Apostolo definisce stoltezza questo pericolo: "Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo
ARTICOLI DI FEDE Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne? Avete sofferto tante cose invano? Se pure è proprio invano" (Gal.3:3-4). La sapienza è un dono di Dio e va richiesta con fede. "Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore, perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie" (Giac.1:5-7). Non cessiamo mai di abbeveraci alla fonte della sapienza, origine di ogni discernimento, cioè alla Persona dello Spirito Santo! È sotto l’unzione dello Spirito Santo che possiamo pregare e chiedere quello che ci necessita. "Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili" (Rom.8:26). Solo così saremo capaci di affermare, senza errore, che lo Spirito Santo prima, e noi, dopo abbiamo deciso, con il vigore della Sua sapienza. È per mezzo dello Spirito Santo che dobbiamo investirci necessariamente della luce divina per fare le nostre scelte. Sforziamoci di vivere il tempo che ci rimane con entusiasmo ritrovato e rinnovata fiducia nel Signore, ma soprattutto con la certezza che lo Spirito Santo e quindi la Sua sapienza, ha reso sapienti gli intrepidi santi che ci hanno preceduti. Cesare Turco
diante la preghiera, l’unzione dell’olio e l’imposizione delle mani (Isa.53:4-5; Matt.8:16-17; I Pie.2:24; Mar.16:17-18; Giac.5:14-16). Crediamo al battesimo nello Spirito Santo, come esperienza susseguente a quella della nuova nascita, che si manifesta, secondo le Scritture, con il segno del parlare in altre lingue e, praticamente, con una vita di progressiva santificazione, nell’ubCrediamo nell’unico vero Dio, Eter bidienza a tutta la verità delle Sacre no, Onnipotente, Creatore e Signo Scritture, nella potenza dell’annun re di tutte le cose e che nella Sua u cio di “Tutto l’Evangelo” al mondo nità vi sono tre distinte Persone: Pa (Atti 2:4; 2:42-46, 8:12-17; 10:44-46; dre, Figlio e Spirito Santo (Efe.4:6; 11:14-16; 15: 7-9; 19:2-6; Mar. 16:20; Matt.28:19; Luca 3: 21-22, I Giov.5:7). Giov.16:13; Matt.28:19-20). Crediamo e accettiamo l’intera Bib bia come la ispirata Parola di Dio, unica, infallibile e autorevole regola della nostra fede e della nostra condotta (II Tim.3: 15 -17; II Pie.1:21; Rom.1:16; I Tess.2:13).
Crediamo che il Signore Gesù Cri sto fu concepito dallo Spirito Santo e assunse la natura umana in seno di Maria vergine. Vero Dio e vero uomo (Giov.1:1,2, 14; Luca 1:34,35; Matt.1:23).
Crediamo ai carismi e alle grazie dello Spirito Santo nella vita dei cristiani che, nell’esercizio del sacerdozio universale dei credenti, si manifestano per l’edificazione, l’esortazione e la consolazione della comunità cristiana e, conseguentemente, della soCrediamo nella Sua vita senza pecca- cietà umana (I Cor.12:4-11; Gal.5:22; to, nei Suoi miracoli, nella Sua morte Ebr.13:15; Rom.12:1). vicaria, come “prezzo di riscatto per tutti” gli uomini, nella Sua resurre- Crediamo ai ministeri del Signore zione, nella Sua ascensione alla de- glorificato, quali strumenti autorestra del Padre, quale unico mediato- voli di guida, d’insegnamento, di e re, nel Suo personale e imminente dificazione e di servizio nella comuritorno per i redenti e poi sulla terra nità cristiana, rifuggendo da qualsiasi in potenza e gloria per stabilire il Suo forma gerarchica (Efe.1:22-23; 4:11regno (I Pie.2:22; II Cor.5:21; Atti 2:22; 13; 5:23; Col.1:18). I Pie.3:18; Rom.1:4; 2:24; I Cor.15:4; Atti 1:9-11, Giov.14:1-3; I Cor.15:25; I Crediamo all’attualità e alla validità delle deliberazioni del Concilio di Ge Tim.2:5). rusalemme, riportate in Atti 15:28Crediamo all’esistenza degli angeli 29; 16:4. creati tutti puri e che una parte di Crediamo alla resurrezione dei morquesti, caduti in una corruzione e ti, alla condanna dei reprobi e alla perdizione irreparabili, per diretta azione di Satana, angelo ribelle, sa- glorificazione dei redenti, i quali hanno perseverato nella fede fino alla firanno con lui eternamente puniti ne (Atti 24:15; Matt.25:46; 24:12,13). (Matt.25:41; Efe.6:11-12). Celebriamo il battesimo in acqua Crediamo che soltanto il ravvedimento e la fede nel prezioso sangue per immersione, nel nome del Pa di Cristo, unico Sommo Sacerdote, dre e del Figliolo e dello Spirito San siano indispensabili per la purifica- to, per coloro che fanno professione zione dal peccato di chiunque Lo ac della propria fede nel Signore Gesù Cristo come personale Salvatore cetta come personale Salvatore e (Matt.28:18-19; Atti 2:38; 8:12). Signore (Rom.3:22-25; Atti 2:38; I Pie.1:18,19; Efe.2:8). Celebriamo la cena del Signore o Crediamo che la rigenerazione (nuo Santa Cena, sotto le due specie del pane e del vino, rammemorando così va nascita) per opera dello Spirito la morte del Signore e annunziandoSanto è assolutamente essenziale per la salvezza (Giov.3:3; I Pie.1:23; ne il ritorno, amministrata a chiun que sia stato battezzato secondo le Tito 3:5). regole dell’Evangelo e vive una vita degna e santa davanti a Dio e alla soCrediamo alla guarigione divina, secondo le Sacre Scritture me- cietà (I Cor.11:23-29; Luca 22:19-20). R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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Consolazione “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio” (Isaia 40:1) Se ci guardiamo intorno non ci verrà difficile comprendere che c’è un urgente bisogno di consolazione. La violenza, l’irriverenza, il malcostume, la situazione internazionale e altro ancora destano preoccupazioni, lasciando il mondo con un enorme interrogativo: come sarà il futuro? E i cristiani possono smarrire la consolazione della fede? Gli antichi profeti in Israele venivano continuamente chiamati da Dio a riprendere un popolo dal collo duro, dal cuore insensibile e volubile. Lo stesso Isaia, antevedendo la catastrofe futura dei giudei a causa dell’invasione babilonese (Isaia 39:6,7), lanciò un appello a quanti erano disposti a consolare il popolo del Signore. Parlò la bocca del profeta, ma il messaggio giunse direttamente da Dio: “Consolate, consolate…”. Questo imperativo esprime un comando e soprattutto un desiderio di Dio: che il Suo popolo sia consolato. La storia biblica di Israele ci insegna che l’etica del popolo di Dio corre il rischio di corrompersi a causa della cattiva tendenza
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ad emulare “le nazioni”: “Non adotterete i costumi delle nazioni che io sto per cacciare davanti a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose, perciò le ho avute in abominio” (Levitico 20:23). L’apostolo Paolo dovette esortare i corinzi a non fare compromessi con il peccato, ricordando l’esempio di Israele nel deserto, il quale, essendo bramoso di cose cattive, fu in gran parte abbattuto perché di esso Dio non si compiacque (1 Corinzi 10:1-13). La Bibbia, pertanto, ci dice che anche i credenti, che dovrebbero essere esempi di moralità e di fede in un mondo oscurato dall’immoralità e dal pessimismo, a volte si lasciano condizionare dal contesto sociale in cui vivono, offuscando la propria identità cristiana. La conseguenza di un cristianesimo superficiale che lascia spazio alla vanità e alla disubbidienza della Parola di Dio è inevitabile: sconforto, delusione, insoddisfazione. Dio desidera consolare un popolo che è stato mandato in cattività a motivo della propria ribellione, vedendone lo smarrimento e il pentimento.
È ciò che accadde a Israele il giorno in cui terminò il suo periodo di permanenza in terra straniera e fu ricondotto in Palestina. Isaia profeticamente parlò di quell’evento con queste parole: “Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato, che essa ha ricevuto dal Signore il doppio per tutti i suoi peccati” (Isaia 40:2). Ciò ci ricorda l’opera che ha compiuto Cristo alla croce a beneficio di quanti credono, un’opera che ha prodotto libertà dalla schiavitù del peccato, perché tutto il debito con la giustizia divina è stato pienamente pagato dal Suo sacrificio. Il Calvario è e sarà sempre il punto di incontro tra l’uomo e Dio, l’unico luogo in cui avviene la riconciliazione tra la creatura e il Creatore. Su quel colle fatal il sangue sparso da Cristo una volta sola e per sempre ci purifica da ogni peccato (1 Giovanni 1:510; 2:1,2). A volte il vuoto del cuore è determinato dal peccato in cui si vive. Per questo Isaia esortava Israele a pre-
pararsi per incontrare il futuro Messia, allontanando tutti gli ostacoli che avrebbero impedito tale evento. “Preparate”, “appianate”, “colmate”, “abbassate”, “livellate” sono termini che ci incoraggiano a prendere coscienza della situazione spirituale in cui ci troviamo e, se ci sono abitudini sbagliate, dobbiamo rinunciarvi con decisione perché allora, dice il Signore, vedremo la gloria di Dio (Isaia 40:3-5). La Sua potente consolazione potrà prendere possesso di ogni cuore solo quando si abbandona il peccato e ci si affida nelle braccia del nostro potente Dio, il Quale è ancora disposto a raccoglierci e portarci vicino al Suo petto, un’immagine che ci insegna l’amore profondo ed immutabile di Cristo (Isaia 40:10-11). Il peccato ci allontana dalla consolazione della fede, ma ritornando al Consolatore le cose possono cambiare. Dio desidera consolarti, non rimanere nel peccato, se questa è la tua condizione; torna a Lui e lo Spirito Santo potrà essere ancora la tua guida e il tuo difensore. *
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Quasi inciamparono i miei piedi S A L MO 73 Spesso incontriamo credenti che attraversano momenti molto difficili, periodi di prova dolorosa e si chiedono: "Perché mi sta succedendo tutto questo? Che cosa ho fatto di male?" Qualche tempo fa lessi di un pastore degli Stati Uniti d’America che, a causa di vicende dolorosissime che coinvolsero la figlia, abbandonò il Signore, il ministerio e la chiesa. Considerando questi avvenimenti ed altri ancora, ci rendiamo conto che i credenti, anche quelli più consacrati, corrono un grave pericolo in quanto c’è in agguato un grave peccato che sta mietendo molte vittime. Non mi sto riferendo a un peccato della carne come può essere l’adulterio, la concupiscenza, il furto, la fornicazione o altro ancora. Non sto indicando peccati come l’orgoglio, la superbia, la maldicenza, la mancanza di perdono o la rabbia. Il peccato a cui mi sto riferendo è ancora più dannoso e devastante e può colpire semplici credenti e servi del Signore. Questo peccato si chiama incredulità. Il peccato di incredulità è il più grave di tutti, perché è quello che genera gli altri peccati. L’apostolo Giuda ricorda ciò che accadde a quelli del popolo d’Israele che non credettero quando uscirono dall’Egitto: “Dopo aver tratto in salvo il popolo dal paese d’Egitto, fece in seguito perire quelli che non credettero” (v.5). Non è l’incredulità dei peccatori incalliti, degli agnostici, degli atei che rattrista il cuore di Dio, bensì l’incredulità di coloro che dichiarano di essere Suoi figlioli, che dichiarano d’appartenerGli. L’incredulità è devastante. Fa diventare ostinati e insensibili; fa sprofondare nelle preoccupazioni, nello stress e nei problemi familiari; distrugge la vita spirituale. L’incredulità non porta più la morte fisica, ma qualcosa nell’incredulo muore comunque. Muore la convinzione. Muore la coscienza. Muore l’amore. Muore la speranza. Muore la pace. Tutte quelle cose che rendono dolce il nostro cammino con Gesù muoiono a causa dell’incredulità. Molti vivono con il solo scopo di piacere al Signore eppure devono affrontare prova su prova, difficoltà su difficoltà, dolore su dolore. La domanda che si eleva è: “Perché? Per12 R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
ché c’è tanto dolore nella mia vita? Perché il mio lavoro sta andando male? Perché i miei figli si comportano così? Perché…?” Questo è il travaglio del salmista Asaf, scrittore del salmo 73, quando afferma: “Ma quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non scivolassero” (v.2). Un atteggiamento distruttivo Asaf era una persona impegnata nel servizio al Signore. Era un maestro cantore, un levita che serviva nel tempio. Eppure, a dispetto della sua grande chiamata e delle benedizioni ricevute, Asaf affermò: “Ma quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non scivolassero” (v.2). Eppure Asaf era un uomo consacrato, credeva in Dio e lo riteneva un Dio buono e giusto. Inizia il salmo dicendo: “Certo, Dio è buono verso Israele, verso quelli che son puri di cuore” (v.1). Eppure subito dopo quest’uomo dal cuore puro dichiara: “Ma quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non scivolassero”. Perché Asaf fa questa dichiarazione? Che cosa era successo? Asaf si trovava sull’orlo del precipizio, perché incolpava Dio di trascurarlo e di essere ingiusto nei suoi confronti. L’atteggiamento di Asaf ci ricorda molto quello del popolo d’Israele, quando affermava: “È inutile servire Dio; che vantaggio c’è a osservare i suoi precetti?” (Malachia 3:14). A quel tempo il popolo d’Israele stava vivendo un periodo di sviamento e il suo atteggiamento nei confronti di Dio e nei confronti degli altri era totalmente distruttivo: brontolava quando si trattava di offrire al Signore la giusta adorazione; brontolava quando il Signore chiedeva quello che Gli spettava; brontolava, perché i vicini lo molestavano; brontolava contro Dio perché i malvagi prosperavano e le brave persone, invece, soffrivano; brontolava contro l’istituto del matrimonio e si riteneva autorizzato a stravolgere la volontà di Dio, ricorrendo al divorzio e ai matrimoni misti. La vita di quel popolo era un continuo brontolare, come la vita di tanti oggi. Questo modo di pensare mette in evidenza che si cerca solo il proprio interesse. Di conseguenza non si conosce la gioia della salvezza né la gioia di vivere per gli altri. Una prova dolorosa Asaf stava attraversando una prova dolorosa, si trovava nelle fiamme roventi dell’afflizione, stava affrontando grandi problemi: “Poiché son colpito ogni giorno e il mio tormento si rinnova ogni mattina” (v.14). La prova che stava vivendo era ancora resa più dolorosa dal fatto che si guardava intorno e tutto quello che vedeva era gente malvagia con grandi beni, che apparentemente viR i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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veva senza difficoltà: “Poiché per loro non vi sono dolori, il loro corpo è sano e ben nutrito. Non sono tribolati come gli altri mortali, né sono colpiti come gli altri uomini” (v.4-5). Questo ragionamento apparentemente innocuo e comprensibile lo stava portando a un peccato distruttivo, al peccato di incredulità, cioè a credere che Dio sia ingiusto, infedele e che non si cura dei Suoi figli. In altre parole stava dichiarando che Dio non vede quello che succede, non si rende conto della disparità tra i suoi figli sofferenti e giusti e i malvagi: “Com'è possibile che Dio sappia ogni cosa, che vi sia conoscenza nell'Altissimo?” (v.11). Molti si arrabbiano perché vedono altri che hanno tutto e loro invece niente. Molti pensano che, se si crede in Cristo e si fa la Sua volontà, non dovrebbero esserci problemi e nulla dovrebbe mettersi lungo il loro cammino. Le cose non stanno così. Noi non amiamo Dio per quello che dà. Noi Lo amiamo per quello che Egli è. La cosa certa è che le prove non possono essere comprese con ragionamenti umani, bisogna guardarle con gli occhi di Dio. Asaf credeva di avere una corsia preferenziale, ma rimase deluso ed affermò: “Invano dunque ho purificato il mio cuore e ho lavato le mie mani nell'innocenza!” (v.13). Asaf era così confuso, così addolorato che era pronto ad accusare Dio di averlo abbandonato, di non curarsi di lui. Quest’uomo ha pensato che era stato inutile essere stato fedele, aver servito il Signore. Quando la prova giunge, quando il dolore riempie il cuore, allora è necessario fare attenzione a non scivolare. Questo modo di pensare può suonare innocente, ma fa scivolare sulla via dell’incredulità. Un atteggiamento corretto Proprio quando Asaf si sentiva così, proprio quando non riusciva a comprendere e molte domande affollavano la sua mente e poco mancò che non scivolasse, prese la giusta decisione, fece la giusta scelta: “Ho voluto riflettere per comprendere questo, ma la cosa mi è parsa molto ardua, finché non sono entrato nel santuario di Dio, e non ho considerato la fine di costoro” (v.16-17). La casa del Signore è sempre il luogo giusto dove recarsi quando si è confusi, quando si è in preda al dubbio, quando si è nella prova e nel dolore. Lì nella casa del Signore, nella presenza di Dio Asaf ricevette le sue risposte: “Certo, tu li metti in luoghi sdrucciolevoli, tu li fai cadere in rovina. Come sono distrutti in un momento, portati via, consumati in circostanze orribili!” (v.1819). 14 R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
In altre parole lo Spirito Santo gli stava dicendo che le cose non erano come apparivano. L’apparente prosperità dei malvagi sarebbe finita in una eterna e imminente distruzione. Lo Spirito Santo stava dicendo ad Asaf che si era fermato a guardare alle apparenze esteriori mentre non riusciva a scorgere il terrore e l’infelicità che c’era nei loro cuori. Dio stava mostrando ad Asaf che l’apparente felicità dei malvagi, l’apparente loro prosperità era tutto “fumo” e se avesse potuto guardare dentro di loro se ne sarebbe reso conto. Improvvisamente Asaf cominciò a sentire dolore per quelle persone malvagie che sembravano benedette: “Io mi sentivo trafitto internamente, ero insensato e senza intelligenza” (v.21-22). In poche parole: “Come ho potuto essere stato invidioso di loro! Vivranno solo pochi anni nel loro mondo di sogni, con l’amarezza nel cuore, ma io vivrò per tutta l’eternità con te nella gloria del cielo!” Un giorno i malvagi si sentiranno dire: “Gettateli nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 25:30). Mentre i fedeli udranno le parole: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:21). Asaf, alla fine, cominciò a vedere il quadro completo e si rallegrò: “Dio è la ròcca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno” (v.26). “Vero è che sto affrontando una prova dolorosa, ma ho un Padre amorevole in cielo che veglia su di me”. Fu allora che Asaf entrò nel riposo. Era quasi scivolato, ma si trattenne e chiuse il suo salmo con questa nota di vittoria: “Ma quanto a me, il mio bene è stare unito a Dio; io ho fatto del Signore, di Dio, il mio rifugio, per raccontare, o Dio, tutte le opere tue” (v.28). Non credere alle menzogne di Satana che vuole farti vedere che gli empi prosperano, mentre i figli di Dio sono dimenticati. Le cose non stanno affatto così. Se stai iniziando a dubitare di Dio, allora stai iniziando a scivolare. Grida dalla tua prova, dal tuo dolore, dalla tua sofferenza. Smetti di guardare alle persone e fissa il tuo sguardo sul Signore e sulla Sua forza. Che anche tu oggi possa dire come Asaf: “Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te. La mia carne e il mio cuore possono venir meno, ma Dio è la rocca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno” (v. 25-26). Angelo Gargano R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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SIATE SEMPRE GIOIOSI I T essa lonicesi 5:16 -2 8 Quando le persone sentono parlare delle cose di Dio o dell’Evangelo, sembra a volte che abbiano dei pregiudizi, specialmente a riguardo la gioia e la felicità. Credono che la fede contrasti l’essere allegri. Tale è la loro convinzione da rifiutare di accostarsi al Signore mentre cercano altrove di soddisfare la sete di gioia. Spesso, se sono onesti, debbono confessare di non aver trovato un’acqua che li abbia dissetati e li soddisfatti davvero. Purtroppo vi sono dei credenti, i quali sono convinti che, per rimanere fedeli al Signore e vivere santamente, bisogna reprimere ogni emozione. Affermano che hanno la gioia, però è interiore e, dunque, il rallegrarsi, l’esternare felicità e gioia, è per loro sinonimo di poca serietà, quasi una condizione di sviamento e mondanità. C’è perfino qualcuno che arriverebbe a rimprovera16 R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
re gli angeli di Dio perché esagerano nel fare festa nel cielo per un solo peccatore che si ravvede. Questi tipi di credenti creano nella mente delle persone dei pregiudizi. La serietà cristiana non annulla le espressioni di gioia, né il sentirsi felici, basta solo essere equilibrati. C’è un’altra categoria di credenti che si lasciano sommergere facilmente da qualsiasi problema, si abbandono alla disperazione e cercano la commiserazione o non tanto il conforto dei fratelli. Tutto è pesante, tutto è lugubre, non si rallegrano mai. Alcuni, con quest’atteggiamento, vogliono mostrare di essere gli unici a soffrire davvero per la causa di Cristo. Anche costoro dicono di possedere la gioia del Signore, dentro di sé, però. Paolo e Sila, mentre soffrivano, avevano gioia dentro, ma manifestavano an-
che la loro allegrezza cantando, dalla parte più interna del carcere, inni di Lode al Signore. L’esortazione della Parola è: “Siate sempre gioiosi”. Ai filippesi Paolo dà quest’imperativo: “Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi!” Non: “Lamentatevi nel Signore. Ripeto lamentatevi!” Gesù è venuto affinché la nostra gioia sia completa; al Padre è piaciuto darci il regno che è nei nostri cuori: “Perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14:17). Sulle labbra di chi è stato giustificato per fede ci sono espressioni di lode: “Esultate, o giusti, nel Signore; la lode s’addice agli uomini retti. Celebrate il Signore con la cetra; salmeggiate a lui con il saltèrio a dieci corde. Cantategli un cantico nuovo, sonate bene e con gioia” (Salmo 33:1-3).
Un sacrifico di lode “Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome” (Ebrei 13:15). La pienezza dello Spirito Santo si manifesta con chiare espressioni di esultanza e di ringraziamento: “Siate ricolmi di Spirito, parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore; ringraziando continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo” (Efesini 5:18-19). Vogliamo comprendere meglio degli aspetti della gioia del Signore. LA GIOIA DEL SIGNORE DÀ EQUILIBRIO ALLA VITA DEL CREDENTE, non permette alle sofferenze di sopraffarci. Gesù è un esempio di questo equilibrio: viene definito da R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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Isaia “uomo di dolore e familiare con le sofferenze”; Egli è anche “unto con l’olio di letizia”. Nella vita degli apostoli si può notare un rapporto sobrio tra sofferenze e gioia: “come afflitti, eppure sempre allegri” (2 Corinzi 6:10). La gioia del Signore ci dà una giusta prospettiva sulla vita; anche il lutto assume un aspetto nobile, dignitoso libero dalla disperazione; ecco ciò che ci rende diversi dai pagani, dagli altri. “Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza” (I Tessalonicesi 4:13).
Sentirsi tristi non significa disubbidire, ma scegliere di vivere così lo è. Quando permettiamo alle nostre emozioni di ostacolare il nostro rallegrarci nel Signore e di rubarci la Sua gioia, quell’atteggiamento non è più una mancanza o debolezza spirituale, ma diventa una condizione di peccato che va confessata e abbandonata.
DOBBIAMO SALVAGUARDARE LA GIOIA DEL SIGNORE La gioia è nello Spirito Santo, è frutto di una vita che cammina, non adempiendo le opere della carne, ma seguendo gli impulsi della grazia. Se diamo spazio al peccato e al diavolo nei nostri pensieri e sentimenti, creiamo un impedimento allo sviluppo, alla maturazione RALLEGRARSI È UN DOVERE CRISTIANO, “SIATE SEMPRE e al mantenimento del frutto della gioia. Davide scopre di avere perso la gioia GIOIOSI”. È dovere personale, presente della salvezza a motivo del suo cuore e permanente. Non rallegrarsi è disubbidire al preciso commando del Signo- impuro. Collega la presenza dello Spire, è commettere un peccato di omissio- rito Santo alla realizzazione di questa gioia e chiede di essere perdonato e pune. rificato, rivisitato dal Signore e non alQualcuno può obbiettare e affermare: “Ma io non scelgo di sentirmi triste, lontanato dal Suo cospetto. Egli chiede ancora il sostegno di uno spirito ben voè un’emozione che avverto di fronte a delle situazioni avverse, spiacevoli”. Hai lenteroso al posto di un sentimento priva d’iniziativa. “Purificami con issopo, e ragione, noi tutti sperimentiamo tristezza, scoraggiamento e abbattimento, sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve. Fammi di nuovo udire canti di gioè più che normale. Però, se è vero che non scegliamo di sentirci tristi, è altresì ia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate. Distogli lo sguardo dai miei vero che possiamo scegliere di rimanere così o meno. Si può lasciarsi andare o peccati, e cancella tutte le mie colpe. O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova reagire, lasciarsi sopraffare e arrenderci dentro di me uno spirito ben saldo. Non o prendere le giuste contro misure. respingermi dalla tua presenza e non toPaolo ai Filippesi scrive: “Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate co- gliermi il tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito vonoscere le vostre richieste a Dio in prelenteroso mi sostenga” (Salmo 51:7-12). ghiera e suppliche con ringraziamenti”. Davide ha compreso in un momen“RALLEGRATEVI NEL SIGNOto della sua vita di particolare sconforto che c’era bisogna di reagire, è lui che RE” O IN COMUNIONE COL SIGNORE “La nostra comunione è con si autoesorta: “Perché ti abbatti anima mia? Perché ti agiti in me? Spera in Dio, il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo perché la nostra perché lo celebrerò ancora” (Sal.42:11). gioia sia completa” (I Giovanni 1:3-4). Le migliori esortazioni sono quelle Un rapporto distaccato e superficiache facciamo a noi stessi.
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le con Dio escluderebbe la possibilità di realizzare una gioia completa e stabile. Sono le promesse eterne del Signore che nutrono l’anima, dando salute e robustezza spirituale, e la fedeltà della Scrittura che alimenta la nostra gioia “Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate, le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore” (Geremia 15:16). Fede in ciò che è scritto e non fiducia nelle proprie sensazioni; è con la fede in Dio che riempiamo il cuore di gioia. “Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede” (Romani 15:13). Quando insieme al Signore ci si rallegra quando tutto intorno ci crolla! “Infatti il fico non fiorirà, non ci sarà più frutto nelle vigne; il prodotto dell’ulivo verrà meno, i campi non daranno più cibo, le greggi verranno a mancare negli ovili, e non ci saranno più buoi nelle stalle; ma io mi rallegrerò nel Signore, esulterò nel Dio della mia salvezza. Dio, il Signore, è la mia forza; egli renderà i miei piedi come quelli delle cerve e mi farà camminare sulle alture” (Abacuc 3:17,18).
Dio. Dopo la confessione c’è pure il Suo perdono, la festa inizia e i riscattati giubilano per la grazia ricevuta. Quando siamo gioiosi e ci rallegriamo, stiamo dando testimonianza e dimostrazione di avere la certezza del perdono di Dio e la consapevolezza della Sua presenza. Siamo dunque forti perché crediamo che, se Dio è, con noi chi sarà contro di noi? A volte, guardando l’espressione del viso di alcuni credenti e il loro stile di vita, mi chiedo che cosa realmente abbiano realizzato, se abbiano afferrato ciò che è stato dato loro in Gesù, se abbiano realmente realizzato il perdono, la grazia e la presenza di Dio. Dio ci faccia rispecchiare nelle nostre case, nei nostri culti, dovunque siamo che facciamo parte dell’assemblea festante dei primogeniti. “Prorompi in grida di gioia, o figlia di Sion! Alza grida d’esultanza, o Israele! Rallègrati ed esulta con tutto il cuore, o figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato le sue condanne contro di te, ha scacciato il tuo nemico. Il Re d’Israele, il Signore, è in mezzo a te, non dovrai più temere alcun male” (Sofonia 3:14-15).
IL VALORE DELLA GIOIA DEL SIGNORE Un uomo scrisse della gioia del Signore: “La gioia è per l’anima ciò che le ali sono per un uccello; ci aiuta a sorvolare le situazioni difficili della vita”. Nehemia disse: “La gioia del Signore è la vostra forza”. In seguito alla confessione del popolo d’Israele e il tempo di cordoglio per i passati peccati commessi, essi celebrano la festa delle capanne. Nehemia esortava loro a non essere più tristi, ma a celebrare con gioia quest’occasione, che lui stesso definì un giorno consacrato al Signore. Fratelli, l’esperienza cristiana include momenti di umiliazione e tristezza per i peccati commessi. È necessario che con lacrime amare invochiamo il perdono di
Cari, se vi rendete conto che non siete sempre gioiosi, anzi sono più le volte che indossate uno spirito abbattuto piuttosto del mantello della lode, avete bisogno di mettere ordine nella vostra spirituale! Non avete bisogno di essere semplicemente incoraggiati, dovete tornare a Dio con tutto il vostro cuore! In mezzo a noi c’è un fiume, i cui ruscelli rallegrano la città di Dio. Non diciamo: non c’è nessuno per aiutarci quando le acque si agitano; ma alziamoci, prendiamo il nostro lettuccio e andiamo a bere dell’acqua della vita. Avviciniamoci al Signore, viviamo nel Signore, e in Lui saremo sempre gioiosi. Guerino Perugini
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Ehud: potenza di Dio, p La storia di Ehud è narrata nel bellissimo Libro dei Giudici (3:12-30), una sezione della Bibbia che racconta avvenimenti riguardanti un periodo di oltre 350 anni che intercorrono tra le grandi conquiste di Giosuè e l’istituzione della monarchia. Quest’epoca è caratterizzata da “cicli” di disubbidienza, oppressione, pentimento e liberazione. Dio mostra la Sua infinita misericordia, rispondendo alla supplica del Suo popolo, suscitando per lui un giudice (il cui significato letterale dalla lingua originale è “Liberatore, Salvatore”). Quest’ultimo, per volere di Dio, avrebbe guidato il popolo in battaglia, conducendolo così, dopo la vittoria, ad un periodo di pace. Ma puntualmente la situazione ritornava ad essere la stessa del periodo precedente. Ehud è il secondo giudice, ed è colui che gode dell’arco di tempo senza guerre più lungo dopo la sua vittoria: dopo 18 anni di sudditanza turbolenta, gli abitanti vissero ben 80 anni di pace e di libertà. In quale contesto questo personaggio compare sulla scena della storia del popolo prescelto dal Signore? Dopo il periodo di pace realizzato con Othniel, Israele ritorna a fare il male e dimentica di nuovo l’Eterno. Dio, che aveva fortificato Othniel contro il nemico, rinvigorisce ora Eglon, re di Moab, per esercitare il suo giudizio contro Israele. Quest’ultimo insieme con i suoi alleati si impadronisce della “città delle palme”, ossia di Gerico (1:16; Deuteronomio 34:3), considerata qui non più come un luogo maledetto, ma come canale di benedizione per Israele. Il popolo, che versa in uno stato di profonda decadenza morale, si serve proprio di Ehud, lo strumento liberatore che Dio avrebbe adoperato, per recapitare un regalo ad Eglon con lo scopo di ingraziarselo, suggellando in tal modo il suo assoggettamento al male.
LA RISORSA DI EHUD
Ehud non si lascia vincere dallo scoraggiamento: decide innanzitutto di forgiarsi una spada a due tagli, che diventa poi 20 R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
l’unica sua risorsa. Lo stesso intento deve caratterizzare il cristiano: la spada a due tagli, la sola arma offensiva da impugnare, è la Parola di Dio (Ebrei 4:12; Apocalisse 1:16; 19:15; Efesini 6:17). Questa spada è lunga solo un cubito; sì è corta, ma adatta al suo compito (penetrare nelle viscere del nemico e darlo alla morte). È interessante notare che prima di adoperare l’arma, Ehud la cinge “sotto la veste al fianco destro” e la porta fino al momento di servirsene, senza metterla in vista. Quante volte si “indossa” la Parola solo esteriormente, la si cita in chissà quante occasioni, ma senza utilizzarla veramente e averla fatta propria nel profondo! Quanto divario tra forma e sostanza! Eppure non dimentichiamo che la Parola ha sempre uno scopo per la nostra vita!
LA DIVERSITÀ DI EHUD
Ehud è mancino: adatta la spada alla sua diversità portandola dal lato destro. Se l'indossasse come gli altri, non gli sarebbe utile. La sua arma deve rispondere come prima esigenza al suo bisogno personale. Non possiamo servirci di strumenti “copiati” dagli altri, come Davide non poteva adattare a sé l’armatura di Saul. A Davide occorrevano la fionda e il sasso, oggetti che gli erano familiari in quanto pastore. Dopo aver offerto il regalo ad Eglon, Ehud se ne torna alla cava di pietre, presso Ghilgal, recando una “parola segreta” per il re, “una parola da parte di Dio” (3:20). Egli non riporta una vittoria pubblica come tanti altri; qui c’è una battaglia segreta tra il liberatore e il nemico, un combattimento individuale, i cui effetti pubblici non tarderanno a manifestarsi. Tutto avviene nel silenzio, senza grande movimento e senza grida: la potenza che assoggetta Israele è annientata da una vittoria senza rumore e senza proclami, dovuta alla spada di un uomo mancino. La nostra arma è spirituale e divina, ed è ciò che costituisce tutta la nostra forza. Come sarà per Gedeone, la spada di Ehud è la spada dell’Eterno. Il re è morto, ma l’arma non gli è tolta dal ventre, in maniera tale che i suoi servitori abbiano sotto gli occhi il semplice strumento della vittoria che Dio ha concesso. In seguito Ehud raccoglie i frutti del trionfo: suona la tromba sul monte di Efraim e raduna i suoi, che sottraggono ai Moabiti i guadi
perfetta nella debolezza del Giordano, non lasciando passare neppure uno solo di loro. Il popolo rivendica il territorio usurpato, interrompendo in maniera risoluta ogni tipo di comunicazione con l’avversario, grazie alla vigilanza dei figliuoli di Israele. L’invasore è cacciato e distrutto. Tale deve essere il risultato della lotta ai nostri giorni: se la battaglia non ha l'obiettivo di farci troncare apertamente con il mondo, rimane sterile e inefficace. Più questa separazione è completa, più la pace è durevole. In questo modo il paese depone le armi per ottanta anni.
LA DEBOLEZZA DI EHUD
Esaminando con attenzione il testo biblico di riferimento, è possibile delineare alcuni tratti caratteristici di questa figura. Innanzitutto, il versetto 15 del terzo capitolo del Libro dei Giudici: “Ehud, figlio di Ghera, beniaminita, che era mancino” ci presenta un uomo mancino: sembra lo siano stati in molti in quella tribù (Giudici 20:16). Si ricorda che il nome Beniamino significhi “figlio della destra”, eppure la maggior parte del suo popolo era mancina (si noti che non sempre la natura dell’uomo corrisponde al suo vero nome). La versione dei Settanta dice che era ambidestro, ossia che poteva usare indistintamente entrambe le mani, supponendo che questo costituisse un vantaggio per il compito al quale era stato chiamato. L’espressione ebraica significa letteralmente “legato nella mano destra”, volendo indicare che, o per malattia o per disuso, la sua mano destra era la meno adatta alla guerra, perché bisognava poter maneggiare la spada in maniera efficace e non goffa. Tuttavia Dio scelse questo personaggio mancino per essere l’uomo della sua destra, perché lui l’avrebbe reso forte per Sé (Salmo 80:17). Fu dunque la Destra di Dio a far ottenere la vittoria a Israele (Salmo 44:3).
LA RICCHEZZA DELLA DIVERSITÀ
Un altro aspetto degno di nota è che Ehud seppe accettare con umiltà e con fiducia la sua diversità, che alla fine si rivelò addirittura non solo una risorsa, ma anche una potenzialità vincente. È importante per noi credenti accettare noi stessi senza omologazione. Sappiamo tutti molto bene che il nostro modello spirituale è Cristo Gesù e che anche gli esempi proposti dalla Bibbia tendono al Modello perfetto; ma purtroppo esiste il pericolo
dell’omologazione che porta alla simulazione. Invece ciò che dobbiamo ricercare è l’utilità dell’emulazione, che conduce alla formazione di una propria personalità che sarà di esempio ad altri. Nella Bibbia troviamo un gran numero di uomini e donne che hanno visto una loro peculiarità diventare uno strumento alla gloria di Dio. Lasciamo che il Signore ci usi per quello che siamo!
LA POTENZA DELLA DEBOLEZZA
Al versetto 16 si apprende che “Ehud si fece una spada a due tagli, lunga un cubito; e la cinse sotto la sua veste, al fianco destro”. Ehud era stato in grado di “fabbricarsela da solo” ed era anche addestrato ad usarla come un’arma “segreta”. Quella formazione, appresa per chissà quale motivo e in quale periodo della sua vita, risultò utile al piano di Dio. È Lui che ci prepara per un “compito particolare”, per adempiere una chiamata personale. Nonostante le circostanze dimostrino il contrario, la nostra fede può spesso condizionare ciò che ci circonda. Basta osservare alcuni esempi nella Bibbia come Raab, la ragazza rapita e schiava di Naaman, Daniele a Babilonia con i suoi tre amici. È Dio che ha il controllo della nostra vita e in ogni situazione si può nascondere un’occasione di servizio (Romani 8:28). Un ultimo ma fondamentale aspetto di questo personaggio, desunto dal versetto 28 “Disse loro: Seguitemi, perché il Signore vi ha dato nelle mani i Moabiti, vostri nemici”, è il suo desiderio di dare a Dio tutta la gloria del successo ottenuto. Anche se uccise il re di Moab con la sua spada, con la sua capacità di intuizione e con il suo coraggio, si rese conto che era stato Dio a volere quella liberazione (Romani 9:16). Quanto a noi credenti, dalla storia di questa figura si può chiaramente evincere che siamo stati salvati per essere utili al servizio del Signore, per adempiere il Suo piano. Impegniamoci a lavorare nel Suo campo (1 Corinzi 3:9), come farà Pietro pasturando il Suo gregge, perché la Chiesa è Sua! Solo così potremo essere dei vasi (uno diverso dall’altro), ciascuno con le sue peculiarità, atti ad onorare il Padrone di casa. Gennaro Chiocca
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CON IL TUO
OTTO PER MILLE
FACCIAMO DEL BENE A TUTTI
C’è l’opportunità di fare del bene a poveri, bambini delle zone disastrate dalla guerra, profughi, anziani, emarginati, tossicodipendenti e a quanti di qualsiasi razza, nazione o religione, hanno bisogno di assistenza. Le Assemblee di Dio in Italia, per mezzo del S.E.A.S., il Servizio Evangelico di Assistenza Sociale, raggiungono molti nel bisogno con i fondi derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF. L’OPERA DI AIUTO UMANITARIO SVOLTA DALLE ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA Il S.E.A.S. promuove e sostiene programmi di aiuto in vari Paesi del mondo con progetti nei settori alimentare, medico, sociale e scolastico per le popolazioni dell’Asia e dell’Africa e nelle situazioni di emergenza umanitaria. In Italia il S.E.A.S. interviene per l’Istituto Evangelico Betania-Emmaus attivo nell’assistenza a infanzia e anziani; per l’Istituto Evangelico Betesda per anziani; per il Centro Kades, comunità terapeutica per il recupero e la riabilitazione per quanti hanno dipendenza da droghe, alcool e medicinali. COME ASSEGNARE IL PROPRIO OTTO PER MILLE ALLE ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA A quanti ricevono i modelli C.U.D. (ex 101, 201, certificati di pensione...) e non sono tenuti a presentarli, suggeriamo di: 1 Firmare il modello nella casella: ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA; 2 Firmare in fondo alla copia del modello dove è scritto: FIRMA; 3 Inserire la copia in una busta dove va scritto: SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF, oppure munirsi di busta prestampata reperibile presso tabaccai; 4 Sulla busta utilizzata scrivere il proprio codice fiscale, cognome, nome e indirizzo; 5 Consegnare la busta chiusa allo sportello di una banca o di un ufficio postale dopo averla debitamente firmata in corrispondenza dei lembi di chiusura. Nel caso che venga presentato il Modello 730 o Unico (ex 740), compilare l’apposito modulo che si troverà all’interno dello stesso e inserirlo nella busta di cui sopra. Ricorda che se non firmi o non consegni i Modelli, la tua quota sarà comunque amministrata da altri. Se, invece, credi che questa sia una possibilità per fare del bene direttamente a quanti hanno bisogno, attraverso i nostri programmi di aiuto umanitari, allora firma ed invita altri a firmare. Le scelte non determinano un aumento delle imposte da pagare.
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Notizie dalle nostre Comunità BATTESIMI E SANTA CENA A SIRIGNANO (AV) Siamo grati al Signore per la bontà che ci ha usato nel concederci di veder scendere nelle acque battesimali due fratelli e una sorella diciottenni il 30 gennaio. Per l'occasione la Parola del Signore ci ha consolato con il passo di Atti 8:26-40 in cui l'eunuco di Candace ha creduto e fatto la medesima esperienza del battesimo, dopo aver creduto. Grazie a Dio per le diverse persone presenti per la prima volta, che hanno potuto gustare la presenza del Signore. La domenica successiva, 6 febbraio, abbiamo avuto un servizio di Santa Cena, nel quale abbiamo ricordato la risurrezione di Gesù Cristo. Gradito ospite per l'occasione è stato il fratello Andrea Palamara, pastore a Africo Nuovo (RC). Saverio Mercogliano
INCONTRO PROVINCIALE PRESSO LA CHIESA DI LUCERA (FG) Il 5 febbraio abbiamo avuto un incontro provinciale presso la Possiamo affermare ancora una volta che Dio è stato con noi. Vanni Bondesan chiesa di Lucera, e per l’occassione è stato fra noi quale gradito ospite il fratello Mario Cataldo, pastore a Lecce, il quale ha presentato uno studio biblico dal tema: Che cosa vuol dire far parte di una comunità. Nella predicazione del culto, dalla Parola tratta da Giovanni 19:38-40, il fratello Cataldo ha portato i presenti a considerare quanto sia importante e fondamentale esporsi per Gesù. Il Signore ha veramente fatto sentire la Sua presenza attraverso lo strumento che ha presentato con molta semplicità, ma ripieno dello Spirito Santo, quanto Dio voleva farci sapere. Abbiamo avuto anche il piacere di presentare a tutti i fratelli della provincia convenuti, i pastori giunti nella nostra zona e cioè il fratello Puopolo ora responsabile della chiesa di Foggia via Tito Serra, San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis, ed il fratello Arnese responsabile delle chiese di Troia, Carapelle e Stornarella.
EVANGELIZZAZIONI A LUCERA E TORREMAGGIORE (FG) Cari fratelli in Cristo, siamo lieti di informarvi del lavoro evangelistico che stiamo svolgendo alla gloria di Dio. Abbiamo acquistato 3.000 manifesti 100x70 con un messaggio molto chiaro "Gesù ti ama tanto, lascia che intervenga nelle vicende della tua vita" e li stiamo affiggendo in sette cittadine della nostra provincia. A Dio piacendo, dal mese di Maggio, inizieremo un lavoro di evangelizzazione in tre paesi molto vicini fra loro, dove non c’è alcuna testimonianza dell’Evangelo. Abbiamo intrapreso a evangelizzare con i fratelli delle comu-
nità di Foggia, Lucera, Torremaggiore e San Severo queste stesse città. Inoltre i giovani di queste comunità stano collaborando attivamente alla realizzazione di un sito internet divulgativo con interviste, testimonianze e brevi articoli. In tutto questo lavoro, stiamo praticando la nostra fede e la preghiera affinché Dio benedica quanto facciamo. Chiediamo a tutti i fratelli che leggono questo articolo di intercedere per noi. Vanni Bondesan R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
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appuntamenti INCONTRO PASTORALE PROVINCIALE BARI Sabato 2 aprile 2011, presso la Sala Comunale di Locorotondo (BA), si terrà l'Incontro Pastorale Provinciale delle chiese della provincia di Bari. Ospite il pastore Gennaro Chiocca.
RADUNO INTERPROVINCIALE MATERA - POTENZA Sabato 16 aprile 2011, a Tito (PZ), si terrà un Raduno interprovinciale delle chiese delle province di Matera e Potenza. Ospite predicatore il pastore Salvatore Pirrera.
GIORNATA EVANGELISTICA NORD-OVEST Sabato 16 aprile 2011 ci sarà la Giornata Evangelistica della zona Italia Nord Ovest.
Basilicata. Ospite il pastore Gennaro Chiocca.
INCONTRO GIOVANILE ITALIA NORD EST Da sabato 23 a lunedì 25 aprile 2011, INCONTRO FRATERNO CALABRIA presso l’Hotel Punta Nord a Torre Da sabato 23 a lunedì 25 aprile 2011, Pedrera (Rimini), si terrà l'Incontro si terrà il VI Incontro Fraterno delle Giovanile delle chiese della zona INCONTRO PROVINCIALE FOGGIA chiese della zona Calabria. Ospite il Italia Nord Est. Ospite il pastore Luca Marino. pastore Antonino Mancuso. CONVEGNO NAZIONALE SCUOLE Sabato 16 aprile 2011 si terrà un incontro provinciale delle DOMENICALI RADUNO GIOVANILE SICILIA INCONTRO ZONA PUGLIA E BAchiese della provincia di Foggia a Da giovedì 7 a sabato 9 aprile 2011, Da sabato 23 a lunedì 25 aprile 2011 SILICATA Ortanova (FG). a Capaccio Scalo/Paestum (SA), Da sabato 23 a lunedì 25 aprile 2011, si terrà il Raduno Giovanile delle presso la sala del Centro Congressi Predicatore il pastore Pasquale a Monopoli (BA), si terrà l'Incontro chiese della zona Sicilia. Ospite il Puopolo. Hotel Ariston, si terrà il Convegno pastore Felice Leveque. delle chiese della zona Puglia e Nazionale delle Scuole Domenicali.
XLIV Assemblea Generale 4-7 maggio 2011
appuntamento a
Paestum2011
XVI Convegno Nazionale delle Scuole Domenicali
Da giovedì 7 a sabato 9 aprile 2011, a Cap Paestum (SA), presso la sala del Centro Con accio Scalo/ Ariston, si terrà il Convegno Nazionale dellgressi Hotel Domenicali. Il Convegno, riservato a past e Scuole ori, monitori e assistenti delle Scuole Domenicali, ha lo scop o di esprimere a Dio sincera gratitudine per la Sua fede mare l’impegno di tutti i monitori delle Scuo ltà e riaffercali delle Assemblee di Dio in Italia nel cont le Domeniil Signore con nuovo zelo e consacrazione.inuare a servire confidare nelle benedizioni divine, chiediamCerti di poter pregare il Signore affinché guidi ogni cosa o a tutti di e per l’edificazione e formazione dei Suoi alla Sua gloria Per informazioni e prenotazioni contattareservitori. Pubblicazioni delle Assemblee di Dio in Italia il Servizio telefonici 06.2251825, 06. 2284970, fax 06.2, ai numeri 251432 e mail adi@adi-media.it
Risveglio P E N T E C O S T A L E
Organo ufficiale delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Ente Morale di Culto D.P.R.5.12.1959 n.1349 Legge 22.11.1988 n.517 Mensile a carattere religioso pubblicato dal Consiglio Generale delle Chiese Cristiane Evangeliche “Assemblee di Dio in Italia” Direzione, Redazione e Amministrazione: Via Altichieri da Zevio, 1 - 35132 Padova Tel. 049.605127 - fax 049.612565 e mail: adi.veneto@tin.it “Risveglio Pentecostale” è la pubblicazione delle Assemblee di Dio in Italia che fin dal 1946 ha lo scopo di essere strumento di edificazione per la Chiesa del Signore, sostenendosi esclusivamente con libere offerte. 24 R i s v e g l i o P e n t e c o s t a l e - A pr i l e 2 0 1 1
È in programma dal 4 al 7 maggio 2011 la convocazione della XLIV Assemblea Generale , presso l’Hotel Ariston a Capaccio Scalo/Paestum (SA). Il tema “Possa la nostra comunione di fede manifestarsi in tutta la sua efficacia…” (Filemone 6) esprime il sentimento del Consiglio Generale delle Chiese: insistere, nonostante gli inevitabili ostacoli e incomprensioni, nel realizzare quotidianamente le insondabili ricchezze della comunione fraterna. Il risveglio spirituale, personale e comunitario è da ricercare nella trasparenza e lealtà dei nostri rapporti fraterni, caratteristiche essenziali per non incorrere in terrificanti naufragi spirituali quanto alla fede. Predicatore ai culti serali sarà il fratello pastore Warren D. Bullock, già impegnato nel ministero pastorale da oltre trent’anni e membro dell’Esecutivo delle Assemblies of God (le Assemblee di Dio statunitensi) che il Signore userà per l’edificazione degli intervenuti. Chiediamo che vengano elevate preghiere al Signore, affinché ogni decisione possa risultare alla Sua gloria e per il progresso dell’Evangelo.
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