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ingredienti per una cattedrale poco amata dai Mantovani

La cattedrale di Mantova, meglio conosciuta come il Duomo, è un cocktail architettonico ovvero un insieme di ingredienti provenienti da epoche diverse che lo trasformano in un vero e proprio palinsesto. Basta guardarlo dall’ingresso di piazza Pallone per rendersene conto: la facciata tardo-barocca, il fianco gotico e il campanile romanico-gotico. Come le pergamene che venivano riutilizzate raschiandone il testo ma ne conservavano il ricordo (i palinsesti appunto) così il duomo di Mantova conserva le tracce di tutta la sua storia più che millenaria. Sono consapevole del fatto che i mantovani preferiscano la concattedrale di Sant’Andrea al duomo ma per me la cattedrale di san Pietro è la chiesa che meglio racconta Mantova e la sua storia. Ecco perché ho pensato di raccontarvi i 5 ingredienti di questo cocktail architettonico che è il Duomo di Mantova.

Il Campanile romanico-gotico

E’ una torre campanaria molto massiccia e che quindi sembra più bassa di quello che è (non ci crederete ma non sono riuscito a trovare il dato preciso sulla sua altezza). E’ la parte più antica del duomo e risale alla sua prima forma romanica. La tradizione vorrebbe che la base della torre campanaria sia quella di e una torre romana e che addirittura abbia fondamenta etrusche. Una curiosità che forse non tutti conoscono è che c’è una testolina romana (l’originale è al Museo Diocesano) tra le due file di bifore e trifore che coronano il campanile. La decorazione marcapiano a denti di sega la ritroviamo anche in altri campanili cittadini come quello di Santa Caterina e di San Leonardo.

LA CATTEDRALE DI MANTOVA

È DEDICATA A SAN PIETRO

E RAPPRESENTA GLI OLTRE

1200 ANNI DALLA FONDAZIONE DELLA DIOCESI

La fiancata gotica dei Dalle Masegne E’ forse l’ingrediente più suggestivo del duomo. Questo fianco gotico in mattoni a vista ricorda le chiese veneziane ed infatti la trasformazione gotica della cattedrale la si fa risalire ai fratelli veneziani Jacobello e Pietro Paolo Dalle Masegne su commissione del capitano del popolo Francesco I Gonzaga (siamo alla fine del 1300).

Questi pinnacoli e rosoncini gotici, circondati da decorazioni in terracotta mi ricordano i merletti della laguna e rendono ancora più difficile digerire la demolizione della facciata originale effettuata alla metà del 1700. La possiamo per fortuna ancora vedere nel quadro di Domenico Morone che rappresenta La Cacciata dei Bonacolsi e che è conservato a Palazzo Ducale.

Santa Maria dei Voti di Luca Fancelli

E’ un’operazione di crowdfunding quella che consente al marchese Federico I Gonzaga di far costruire il Santuario della Madonna dei voti (siamo nella seconda metà del quattrocento).

Secondo molti studiosi è Luca Fancelli l’architetto incaricato del progetto e i fondi sono raccolti grazie all’organizzazione di una disputa pubblica sull’Immacolata Concezione di Maria che si tiene in piazza Sordello (allora piazza San Pietro) contrapponendo un domenicano e un francescano.

Una curiosità è che la chiesa doveva essere orientata diversamente rispetto ad ora: la navata unica di oggi doveva essere il braccio corto della croce formata con l’attuale sagrestia, decorata infatti con scene della vita della Vergine di scuola mantegnesca.

Le sette navate interne di Giulio Romano L’interno della cattedrale risale all’intervento di Giulio Romano (è l’ultimo suo progetto e cantiere prima della morte che lo coglierà nel 1546). E’ il cardinale Ercole Gonzaga a chiedergli di rinnovare l’assetto interno del duomo ispirandosi alla struttura delle antiche basiliche romane. Mentre a Roma si rinnova il san Pietro di Costantino a Mantova si ritorna al passato. E’ un modo di interpretare il vento della Controriforma: la cattedrale così vicina alle basiliche paleocristiane e così piena di immagini dovrebbe provocare un vero e proprio shock in un luterano. Se qualcuno pensa che abbia sbagliato a contare le navate del Duomo che sono cinque gli dico che ho aggiunto le cappelle laterali che sono chiuse da una cancellata ma sono intercomunicanti e potrebbero essere considerate navatelle.

La facciata tardo-barocca di Nicolò Baschiera

E’ l’ultima modifica che viene fatta al duomo. E’ una facciata che ricorda le chiese romane e viene realizzata nel 1756 demolendo la facciata gotica che era considerata fatiscente. E’ opera di Niccolò Baschiera, un ingegnere militare, che vince il concorso per questo bando sotto il vescovo Antonio Guidi di Bagno, il cui stemma svetta proprio al centro del timpano centrale. La facciata è coronata da 8 statue di santi legati alla cattedrale o alla chiesa mantovana: da sinistra Santa Speciosa, San Luigi Gonzaga, San Celestino I Papa, San Paolo, San Pietro, Sant’Anselmo, Beato Giovanni Bono, Beata Osanna Andreasi. Questa facciata settecentesca non è mai piaciuta ai mantovani ed era vista come un pugno nell’occhio in questa piazza medievale. C’è voluta la mitica domus romana a farla rivalutare immediatamente.

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