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S A T Y A

S A M A N T H A

K E R R Y

V I N C E N Z O

NADELLA

CRISTOFORETTI

KENNEDY

BALZANI

APPENA RIUSCIREMO A VOLARE DA UN PIANETA ALL’ALTRO IN POCO TEMPO, È INEVITABILE, IMMAGINEREMO E COSTRUIREMO IL NOSTRO MONDO IN MODI RADICALMENTE DIVERSI DA QUELLI ATTUALI. PAO LO N E S P O LI








PREFAZIONE

W I R E D

—

I N V E R N O

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FEDERICO FERRAZZA DIRETTORE DI WIRED

e elezioni presidenziali negli Stati Uniti, vinte da Donald Trump, hanno generato un dibattito attorno alle domande: «I social network ci fanno vivere in bolle mediatiche frequentate solo da chi ha idee simili alle nostre?» e «Queste bolle alterano la nostra percezione della realtà?». I due quesiti hanno aperto una discussione sull’attuale scarsa capacità predittiva degli eventi, manifestata – nel caso della vittoria di Trump – dai sondaggi e dalla maggior parte degli articoli dei giornali, che pronosticavano un’affermazione (quasi) certa della candidata democratica Hillary Clinton. In realtà la questione è molto più ampia. E riguarda non solo i social media, ma l’intero sistema che contribuisce alla comprensione e alla lettura del mondo da parte dei cittadini. Paul Dolan, professore di Scienze comportamentali alla London School of Economics and Political Science, ha studiato la questione, concludendo che l’umore e la fiducia nel futuro delle persone sono condizionati da singoli eventi che, seppur di grande impatto mediatico, si devono considerare effimeri rispetto a trend molto più grandi. Se infatti dicessimo che «il mondo sta meglio rispetto a vent’anni fa», solo una minoranza crederebbe a questa affermazione. Eppure le cose stanno proprio così. Lo dicono i numeri su scala mondiale. Prendiamo quelli sull’indigenza. Nel 1970 il 60% delle persone viveva sotto la soglia di povertà, nel 2015 il dato è sceso al 9,6%. In numeri assoluti siamo passati da 2,2 miliardi a 700 milioni. Altri trend positivi sono quelli sulla salute. L’aspettativa di vita nel 1950 era di 48 anni, mentre oggi è di oltre 71; nel 1960 ogni mille bambini nati, 181 morivano prima dei cinque anni, nel 2015 siamo intorno a 45. Anche per la scolarizzazione si è registrato un miglioramento: 65 anni fa gli analfabeti erano il 64%, oggi non superano il 15%. Di dati simili se ne possono citare molti: da una decrescita, dal 1960 in poi, del numero di omicidi e di attentati terroristici (sì, anche quelli sono di meno: negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso furono più frequenti e uccisero più persone degli ultimi 20 anni), fino a un incremento della tutela dei diritti umani. Nonostante questo, la percezione (sbagliata) che si ha dell’epoca che stiamo vivendo è quella di un periodo di declino. Si spiegano così fenomeni come la Brexit o l’elezione di Trump: in entrambi i casi le persone hanno mostrato un disagio e una forte richiesta di cambiamento. Ma allora perché, anche se il mondo va meglio, ci sembra che vada peggio? Le spiegazioni sono due. Una è nella natura dei cambiamenti. Quelli positivi sono caratterizzati da trend lenti e costanti, non correlati a fatti eclatanti (attentati terroristici, tsunami e così via). Difficilmente quindi trovano spazio nella discussione pubblica, sia essa sui giornali, sui social media, in famiglia o al bar tra amici. La seconda spiegazione è di Martin Seligman, professore di Psicologia all’università della Pennsylvania. Seligman mette in relazione la fiducia nel presente e nel futuro con il controllo. In altre parole, è probabile che si sia positivi sulla nostra vita (non ci ammaleremo di cancro anche se fumiamo, non moriremo in auto anche superando i limiti di velocità) ma meno sul destino della società, perché fuori dal nostro controllo individuale. E i tempi che stiamo vivendo non sono certo controllabili. Le forti spinte che arrivano dall’innovazione (robotica, intelligenza artificiale, genetica, medicina, energie pulite, stampa 3D) stanno cambiando i paradigmi della nostra società che – anche se in condizioni migliori rispetto a qualche decennio fa – ci sembra fuori controllo e dunque in declino. Ma non è così. Per questo abbiamo voluto dedicare Wired di dicembre alle “buone notizie” e ai loro ambasciatori; li abbiamo chiamati eroi, persone che con l’innovazione ci ricordano ogni giorno che il mondo è migliore di ieri. È il caso di Beatrice Vio, detta Bebe, la campionessa di scherma, protagonista della nostra copertina. A 11 anni è stata colpita da una malattia che uccide nel 97% dei casi. L’avrebbe potuta evitare con una vaccinazione in più. Ovvero grazie alla ricerca scientifica. Oggi Vio – per merito della tecnologia ma soprattutto della sua forza interiore – è diventata campionessa paralimpica. Le storie che troverete in questo numero non rappresentano un atto di stupido ottimismo, ma un altro racconto del mondo. Quello fatto di tante persone, più o meno famose, che ci permettono di vivere su un pianeta migliore. Anche se a volte non ce ne rendiamo conto.

L

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I N V E R N O

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PER NESPRESSO

SOSTENIBILE E DI QUALITÀ: L’INNOVAZIONE IN UNA TAZZINA *VZH ]\VS KPYL ILYL \U JHMMu KP JH[LNVYPH (((& *OL P JOPJJOP WYV]LUNVUV KH JVS[P]HaPVUP ZVZ[LUPIPSP L JOL [\[[V PS WYVJLZZV WYVK\[[P]V u LMÄJPLU[L 7LY YHNNP\UNLYL X\LZ[V VIPL[[P]V 5LZWYLZZV OH YLHSPaaH[V PS WYVNYHTTH ;OL 7VZP[P]L *\W

100% DEL CAFFÈ OTTENUTO DA COLTIVAZIONI SOSTENIBILI

ATTIVITÀ 100% EFFICIENTI IN TERMINI DI EMISSIONI DI CARBONIO ALLUMINIO TRATTATO IN MANIERA SOSTENIBILE

+ QUALITÀ

delle varietà coltivate e della vita dei coltivatori

+ SOSTENIBILITÀ

diminuisce l’impronta ecologica grazie a una NLZ[PVUL ZVZ[LUPIPSL S\UNV [\[[H SH ÄSPLYH WYVK\[[P]H

+ VALORE CONDIVISO

IL RICICLO DELLE CAPSULE IN ITALIA

88 punti di raccolta

separazione alluminio e caffè

riciclo alluminio

caffè trasformato in compost biologico per le risaie

formazione e investimenti diretti ai coltivatori

riso donato a Banco Alimentare della Lombardia



INDEX

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I N V E R N O

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I N D I C E

PREFAZIONE

0

005

PROLOGO

A R T: FELIX PETRUŠK A

BARACK OBAMA

Disegnat ore e illust r at ore, vive a Milano ed è appassionat o

COME DI

FARE MO PIÙ

E

A

0 17

4 4° president e degli St ati Uniti

di ani m azione e c art oon

1

VIVERE

MEGLIO?

Nat o a Pordenone nel 1987, già

BEBE VIO

T E S T O R A C C O LT O D A:

assist ent e di David LaChapelle,

C am pionessa par ali m pic a

GABRIELE LIPPI

lavor a fr a Milano e Venezia

di fi orett o

F O T O : MAT TIA BAL SAMINI

F O T O : ALE XEY K ASHPERSK Y

ILARIA CAPUA

Ucr aino, 30 anni, è aut ore di com put er gr aphics

Vi rologa ed ex deput at a

e scult ore 3D

RICCARDO SABATINI Scienziat o e i m prendit ore

030

T E S T O : SILVIA BENCIVELLI

Giornalist a scientifi c a, aut rice tv e condutt rice

036

r adiofonic a

T E S T O R A C C O LT O D A:

MARCO COSENZ A

KERRY KENNEDY

042

048

Scritt rice e attivist a

COME LE

AC C E L E R AT O R E D I PA R T I C E L L E C O N T R O I L C A N C R O

050

SHOCK AND KILL

T E R A P I A AVA N Z ATA C O N T R O L’A I D S

051

ZAL MOXIS

“ G E N E S U I C I DA” C O N T R O L E U C E M I A E T U M O R I

052

JU STMILK

T E T TA R E L L A P E R L A S O M M I N I S T R A Z I O N E D I M E D I C I N A L I

053

SOFT EXOSUIT

T U TA E S O S C H E L E T R O P E R C H I H A P R O B L E M I M O T O R I

054

N A N O P AT C H

C E R O T T O P E R VAC C I N A Z I O N E A N T I P O L I O M I E L I T E

055

2

LIBERARE

ENERGIE

NUOVE

A DROTE R APIA

DELLE

GENERAZIONI?

F O T O : MARIA JOSE GOVE A

Deejay e fot ogr afa canadese, è aut rice del progett o artistico e music ale TheSuper M aniak

A R T: T YLER SPANGLER

Illust r at ore e visual artist c aliforniano, crea opere surreali part endo da vecchie fot o

BJÖRK Musicist a islandese

SHERYL SANDBERG Numero due di Facebook

T E S T O R A C C O LT O D A:

MICHELE PRIMI

062

068


A R T: DA AN BOTLEK

072

T E S T O R A C C O LT O D A:

MICHELE PRIMI

GIORGIO CHIELLINI

A rtist a di st r ada e illust r at ore

C alciat ore della Juvent us

per le fi gure mur ali ispi r at e

di Rott erdam, è celebre a Keit h Haring

T E S T O : MEL ANIA ROSSI

076

Scritt rice e cur at rice

JAN FABRE

d'art e cont em por anea

A rtist a visivo e coreogr afo

F O T O : PL ATON

082

Londinese, classe '68,

SATYA NADELLA

è uno dei rit r attisti più

Ceo di Microsoft

quot ati al mondo

084

AN IMA ZI O N E TRID IM E N S I O NALE PE R G I O C AT TO LI

KODAMA

085

ETI CH ET TE B I O R E AT TIVE PE R L A S C AD E NZ A D E I CIB I

BUMP MARK

086

TAN I C A D I S EG NAL A ZI O N E PE R M IN E ANTI U O M O

BIBAK

087

RIFU G I O P O RTATILE E PIEG H E VO LE PE R S E NZ ATET TO

S AT E L L I T E S H E LT E R

088

PRO D UZI O N E D I ACQ UA P OTAB ILE , E N E RG IA , INTE R N ET

W AT LY

089

S TRU M E NTI AVANZ ATI PE R CIECH I E IP OVE D E NTI

T E L E TAT T O E A LT R I

3 094

104

T E S T O : SCOT T DADICH

Di rett ore di Wi red Us

T E S T O R A C C O LT O D A:

ROSA MAIUCC ARO

PERCHÉ CI

TECNOLOGIA MIGLIORI?

B A R A C K O B A M A / J O¯ I I T O¯

Fot ogiornalist a c aliforniano,

F O T O : DAN WINTERS

Colloquio fr a l’ex president e

è celebre per i rit r atti

degli Usa e il di rett ore del Mit

di g r andi personalit à

VITTORIO STORARO

È lo pseudoni mo sott o cui si

Di rett ore della fot ogr a fi a,

nasconde un artist a di M adrid

vincit ore di t re prem i Osc ar

specializzat o in collage

A R T: EL SEÑOR GARCIA

ELON MUSK

110

LA

RENDERÀ

F O T O:

DAN WINTERS

Fondat ore di Tesla Mot ors e SpaceX

MARK ZUCKERBERG

116

Ceo di Facebook

118

EVOLUZIONE DEI DRONI

D E L FA C O P T E R E A LT R I

119

COMPOSTO SINTETICO PER OSSA IPEREL ASTICHE

HYPERELASTIC BONE

120

DISPOSITIVO DI GESTIONE DELLE I. A .

ME M RISTORE

121

RIVOLUZIONE TECNOLOGIC A NEL PORTO DI LIVORNO

I N N O VAT I O N S E R V I C E C E N T E R

4

RIUSCIREMO

A

UN

PIÙ

PIANETA

VIVERE

Giornalist a di Wi red Us

AL GORE

F O T O:

espert a di politic a

E x vice president e Usa

DAN WINTERS

e affari int erni

e Nobel per la pace

T E S T O : ISSIE L APOWSK Y

126

SU

PULITO?


F O T O : REUBEN WU

VINCENZO BALZANI

Inglese, 41 anni, fot ogr afo, violinist a classico e membro

132

Accadem ico dei Lincei

della band Ladyt ron

ANDRÉ BORSCHBERG

T E S T O R A C C O LT O D A:

FEDERICO BONA

Pilot a di Solar Impulse

DOVE UN

OZONOSFERA

NEL 2050 IL BUCO NELL’OZONO SI SAR À CHIUSO

144

A N E M O T E C H T H E B R E AT H

TENDE IN TESSUTO MULTISTR ATO ANTINQUINAMENTO

146

W AT E R G E N

IMPIANTO DI ESTR A ZIONE DELL’ACQUA DALL’ARIA

1 47

GREEN4ALL

SERRE ECOLOGICHE PENSILI

148

GROBOMAC

MACCHINE AGRICOLE 3D PER PAESI IN VIA DI SVILUPPO

1 49

MUSKIN

FUNGO PAR ASSITA CHE DIVENTA ECOPELLE

150

G R E E N W AV E

COLTIVA ZIONE OCE ANIC A DI ALGHE E MOLLUSCHI

151

P.E. F O O T P R I N T

CERTIFIC A ZIONE AMBIENTALE DEL MADE IN ITALY

152

5

COSTRUIREMO

NUOVO

140

MONDO?

F O T O : BENEDIC T REDGROVE

Inglese, ex g r aphic designer, a 47 anni lavor a a un gr ande progett o iconogr a fi co con la Nasa che fi ni r à nel 2018

PAOLO NESPOLI

C A P I T O L O A C U R A D I : EMILIO COZZI

Ast ronaut a e m aggiore

di spazio, videogame

dell’Esercit o (riserva)

e cult ur a pop

Giornalist a espert o

FRANCO MALERBA

160

17 0

Ast ronaut a e uf fi ciale di M arina

LUCA PARMITANO Ast ronaut a e t enent e colonnello

17 8

pilot a dell'Aeronautic a

A R T: MAGDA ANTONIUK

Illust r at rice di moda

SAMANTHA CRISTOFORETTI

e pubblicit à, print designer e art di rect or polacc a

186

Ast ronaut a e pilot a m ilit are

MAURIZIO CHELI

187

Ast ronaut a e i m prendit ore

UMBERTO GUIDONI

188

Ast ronaut a e ast ro fi sico

ROBERTO VITTORI 189

Ast ronaut a e gener ale di Brigat a aerea

La realizzazione del c apit olo 5 è st at a

sono 22, fr a cui l'It alia, uno dei t re

possibile gr azie alla collabor azione

m aggiori cont ribuenti in t er m ini econom ici.

dell'Agenzia spaziale europea (Esa).

I progetti dell'Agenzia sono concepiti

La sua m issione consist e nello sviluppo

per scopri re quant o più possibile sulla

delle c apacit à spaziali europee e nella

Terr a, l'ambient e spaziale ci rcost ant e,

gar anzia che gli investi menti effett uati

il sist em a solare e l'universo in gener ale,

per la conquist a dello spazio continuino

m a punt ano anche allo sviluppo di t ecnologie

a produrre ric adut e positive per t utti

e servizi sat ellit ari e alla promozione

i citt adini. Gli St ati membri dell'Esa

delle indust rie europee.


INVERN O 16/17 - N ° 79 - AN N O 8 Q U A L I T Y

I S

O U R

B U S I N E S S

P L A N

Ci accontentiamo semplicemente del meglio e creiamo i migliori prodotti editoriali. Per questo abbiamo Wired, il brand divenuto ormai sinonimo di innovazione e futuro, L’Uomo Vogue, il mensile più autorevole a livello internazionale, e GQ, il mensile maschile più letto. Per questo siamo l’editore italiano più seguito sui social. Per questo ogni mese oltre 6 milioni di uomini scelgono i nostri siti. Tradotto in una parola, Qualità. In due parole, Condé Nast. Direttore Responsabile FEDERICO FERRAZZA Art Director MASSIMO PITIS (Pitis e Associati) Caporedattore Centrale OMAR SCHILLACI Redazione GAIA BERRUTO (vicecaposervizio), ANDREA GENTILE (caposervizio), ALBERTO GRANDI, MAURIZIO PESCE (caposervizio), STEFANO PRIOLO (caposervizio) Photo Editor FRANCESCA MOROSINI Ufficio Grafico PITIS E ASSOCIATI Segreteria di Redazione e Produzione PAOLA BONVINI (responsabile) Hanno collaborato a questo numero: NICHOLAS DAVID ALTEA, EMILIANO AUDISIO, VINCENZO BALZANI, DIEGO BARBERA, ROSY BATTAGLIA, SILVIA BENCIVELLI, BJÖRK, FEDERICO BONA, ANDRÉ BORSCHBERG, ILARIA CAPUA, MAURIZIO CHELI, GIORGIO CHIELLINI, MARCO COSENZA, EMILIO COZZI, SAMANTHA CRISTOFORETTI, ANDREA CURIAT, SCOTT DADICH, GIACOMO DESTRO, DARIO FALCINI, CLAUDIO FABBRO, JAN FABRE, AL GORE, UMBERTO GUIDONI, JOI ITO, KERRY KENNEDY, ALESSIO LANA, ISSIE LAPOWSKY, GABRIELE LIPPI, ROSA MAIUCCARO, FRANCO MALERBA, FEDERICA MARZIALE IADEVAIA, ELON MUSK, SATYA NADELLA, PAOLO NESPOLI, BARACK OBAMA, LUCA PARMITANO, SILVIA POETA, MICHELE PRIMI, MELANIA ROSSI, RICCARDO SABATINI, SHERYL SANDBERG, VITTORIO STORARO, BEBE VIO, VITTORIO VITERBO, ROBERTO VITTORI, SANDOR VON MALLASZ, LUCA ZORLONI, MARK ZUCKERBERG Creative Consultant DAVID MORETTI Fotografi MATTIA BALSAMINI, CHRIS CRISMAN, MARIA JOSE GOVEA, PLATON, BENEDICT REDGROVE, DAN WINTERS, REUBEN WU Agenzie CONTRASTO, GETTY IMAGES Illustratori MARTA ANTONIUK, DAAN BOTLEK, SEÑOR GARCIA, FELIX PETRUŠKA, TYLER SPANGLER Traduzioni MICHELE PRIMI, STEFANO VIVIANI

wwDirettore Editoriale FRANCA SOZZANI Divisione WIRED, GQ, L’UOMO VOGUE, AD, TRAVELLER Direttore STEFANIA VISMARA Advertising Manager NICOLÒ CAMILLO VANNUCCINI, EMMELINE ELIANTONIO Marketing Manager ANNALISA PROCOPIO Special Projects Manager MARCO BERNARDINI Digital Advertising Manager MASSIMO MARELLI Direttore Vendite GIANCARLO ROPA Digital Advertising: CARLO CARRETTONI Responsabile Centri Media. Moda e Oggetti Personali: MATTIA MONDANI Direttore. Beauty: MARCO RAVASI Direttore. Grandi Mercati: MARCO TOSETTI Responsabile. Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta: MATTIA MONDANI Area Manager. Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche: LORIS VARO Area Manager. Toscana, Umbria, Lazio e Sud Italia: ANTONELLA BASILE Area Manager. Uffici Pubblicità Estero - Parigi/Londra: ANGELA NEUMANN. New York: ALESSANDRO CREMONA. Barcellona: SILVIA FAURÒ. Monaco: FILIPPO LAMI. Digital Marketing: MANUELA MUZZA. Social Media: ROBERTA CIANETTI

EDIZIONI CONDÉ NAST S.p.A. Presidente e Amministratore Delegato GIANPAOLO GRANDI Direttore Generale FEDELE USAI Vicedirettore Generale DOMENICO NOCCO Vice Presidente GIUSEPPE MONDANI, Direttore Digital MARCO FORMENTO Direttore Centrale Consumer Marketing & Audience Development MASSIMO MONZIO COMPAGNONI Direttore Business Development ROBERTA LA SELVA, Direttore Comunicazione LAURA PIVA, Direttore Circulation ALBERTO CAVARA Direttore di Produzione BRUNO MORONA, Direttore Risorse Umane CRISTINA LIPPI, Direttore Amministrativo ORNELLA PAINI, Controller LUCA ROLDI, Direttore Prodotti Digitali BARBARA CORTI Direttore Creativo CN Studio CRISTINA BACCELLI, Direttore Branded Content RAFFAELLA BUDA Sede: 20121 Milano, piazza Castello 27 - tel. 0285611 - telegr. NASTIT - fax 028055716. Padova, via degli Zabarella 113, tel. 0498455777 - fax 0498455700. Bologna, via Carlo Farini 13, Palazzo Zambeccari, tel. 0512750147 - fax 051222099 - Firenze, via Jacopo Nardi 6, tel. 0552638789 - fax 0552009540. Roma, via C. Monteverdi 20, tel. 0684046415 - fax 068079249. Parigi/Londra, 4 place du Palais Bourbon 75007 Paris - tel. 0033144117885 fax 0033145569213. New York, 125 Park avenue suite 2511 - New York NY 10017 - tel. 2123808236 - fax 2127867572. Barcellona, Passeig de Gràcia 8/10, 3° 1a - 08007 Barcelona - tel. 0034932160161 - fax 0034933427041. Monaco di Baviera, Eierwiese 5b - 82031 Grünwald - Deutschland - tel. 00498921578970 fax 00498921578973. Istanbul, Yenimahalle Tayyareci Fethi Sok. 28/7 Bakırkoy - 34142 Istanbul - Turkey - Cell: 0090-532-2614343 - email: arin@condenast.it Redazione: 20121 MILANO - Piazza Castello 21 - tel. 0285611 - 0285612377




P R O L O G O

TE STO:

BARACK OBAMA

È IL MIGLIOR MOMENTO DELLA STORIA PER ESSERE VIVI A R T:

FELIX PETRUŠKA

W I R E D

I N V E R N O

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uando Wired mi ha chiesto di scrivere un editoriale non ho avuto alcuna esitazione. Le mie giornate sono piuttosto impegnate, ma davanti alla prospettiva di immergermi in un viaggio interplanetario o di prendere parte a una conversazione approfondita sull’intelligenza artificiale, ho deciso di dire sì. Amo questa materia. Come sempre. Ecco perché il mio film preferito dell’anno scorso è stato Sopravvissuto - The Martian. Ovviamente, sono portato ad amare qualunque film in cui gli americani sfidano le circostanze avverse e ispirano il mondo. Ma ciò che mi ha catturato veramente di questo film è che mostra come noi esseri umani − con la nostra ingenuità, la nostra propensione alla realtà e alla ragione, e infine la nostra fiducia negli altri − ci affidiamo alla scienza per risolvere quasi ogni problema. Sono cresciuto guardando Star Trek, e mentirei se dicessi che quella serie non ha influenzato in alcun modo la mia visione del mondo. Quello che mi piaceva era il suo ottimismo, la sostanziale fiducia nel fatto che il popolo di questo pianeta, pur con le sue differenze di contesti ed esperienze, potesse unirsi per costruire un domani migliore. Io credo che sia ancora così. Sono convinto che possiamo lavorare insieme per fare grandi cose, migliorare il destino della gente qui a casa nostra e in ogni angolo del mondo. E, anche se viaggiando più veloci della luce abbiamo lasciato indietro qualcosa ancora da fare, continuo a credere che scienza e tecnologia siano il motore a curvatura che accelera quel genere di cambiamento per tutti. E poi ho anche un’altra convinzione: siamo molto meglio equipaggiati ad affrontare le sfide di quanto non lo siamo stati mai. So che può apparire in contraddizione con quanto vediamo e sentiamo di questi tempi nella cacofonia delle notizie via cavo e dei social media. Ma la prossima volta che verrete bombardati da affermazioni esagerate sul destino tragico del paese o sul mondo che va in pezzi, ignorate i cinici e i catastrofisti. Perché la verità è che, se doveste scegliere un’epoca della storia umana nella quale vivere, scegliereste questa. Proprio qui, adesso.

Q

18

ominciamo dal quadro generale. Secondo la maggior parte degli indici, questo paese è migliore, e il mondo è migliore, di quanto non fosse cinquant’anni fa, trent’anni fa, o anche solo otto anni fa. Lasciamo perdere i toni seppia degli anni Cinquanta, un’epoca nella quale le donne, le minoranze e le persone con disabilità erano escluse da grandi settori della vita americana. A partire dal 1983, l’anno del mio diploma al college, cose come i tassi di criminalità, di gravidanze tra le adolescenti e di povertà sono tutti scesi. L’aspettativa di vita è cresciuta. Anche la percentuale di americani con studi universitari è cresciuta. Dieci milioni di americani di recente hanno acquisito il diritto all’assicurazione sanitaria. Neri e latinos hanno compiuto notevoli passi avanti nella scala sociale fino a guidare le nostre imprese e le nostre comunità. È aumentata la percentuale di donne all’interno della forza lavoro ed è aumentata la loro remunerazione media. Fabbriche ormai silenti hanno ripreso vita, con linee di assemblaggio che sfornano le componenti di un’età dell’energia pulita. E come è migliorata l’America, è migliorato il mondo. Più paesi hanno conosciuto la democrazia. Sono aumentati i tassi di alfabetizzazione. Una percentuale minore di esseri umani patisce la fame cronica o vive in estrema povertà. In una ventina di paesi − compresi gli Stati Uniti − la gente ha oggi la libertà di sposare chiunque ami. E l’anno scorso le nazioni del mondo si sono ritrovate insieme per definire un accordo sui cambiamenti climatici che è il più avanzato nella storia dell’umanità. Questo tipo di progresso non si è realizzato da solo. Si è realizzato perché la gente si è organizzata e ha votato per il perseguimento di prospettive migliori; perché i leader hanno attuato politiche intelligenti e lungimiranti; perché le speranze della gente si sono aperte, e con esse, anche le società.

C

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I N V E R N O

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PER

LA

MARTINA

L’ E V O L U Z I O N E D E L R E TA I L ? È T E C H N O, S M A R T E G L O B A L È questa la sfida per le giovani company: esserci sempre, e poter offrire tutta la gamma dei prodotti disponibili, annullando le distanze grazie alla tecnologia. Lo affermano i maggiori esperti del retail riuniti a Milano il 29 e il 30 novembre per il Global Retail Summit ideato da La Martina, brand leader a livello internazionale nel mondo del polo.

L A N U O VA F I L O S O F I A

I NUOVI UTENTI

Il consumatore è al centro. Dovunque si trovi, da Buenos Aires a Milano, passando per Singapore, avrà sempre a disposizione quello che cerca. A portata di mano, o di click.

Sono sempre più “fluidi, riflessivi, itineranti, onnipresenti e social media narcissist” (cit. Gianni Cagnoli, CEO di Bain & Company Italia). Per questo è importante essere immediati e flessibili. E offrire esperienze.

I NUOVI STRUMENTI Le tecnologie devono essere usate in modo intelligente, per realizzare servizi digitali che siano realmente innovativi e utili. Come il Magazzino Infinito di La Martina, grazie al quale tutti i prodotti sono sempre disponibili ovunque.

N U O VA S T R AT E G I A , S T E S S O D NA

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Diventare sempre più globali, ma allo stesso tempo mantenere la qualità di una piccola azienda a gestione familiare, fortemente concentrata sui valori alla base del polo e caratterizzata dal continuo sviluppo di prodotti lifestyle d’avanguardia.



Ma questo progresso si è verificato anche perché abbiamo affrontato le nostre sfide con tutta la scienza di cui siamo capaci. Scienza è il modo in cui riusciamo a combattere le piogge acide e l’epidemia dell’Aids. Tecnologia è ciò che ci permette di comunicare attraverso gli oceani e di identificarci l’uno con l’altro quando crolla un muro a Berlino o una personalità della televisione dichiara pubblicamente la propria omosessualità. Senza il grano di Norman Borlaug, non potremmo nutrire gli affamati del mondo. Senza il codice di Grace Hopper, staremmo ancora analizzando i dati con carta e penna. Questa è una delle ragioni per le quali sono così ottimista riguardo al futuro: il lavorio costante del progresso scientifico. Pensate ai cambiamenti a cui abbiamo assistito durante la mia presidenza. Quando sono entrato in carica, ho esplorato nuovi mondi digitando su un BlackBerry. Oggi leggo i miei appunti su un iPad ed esploro i parchi nazionali attraverso un visore di realtà virtuale. Chissà che tipo di cambiamenti aspettano il prossimo presidente e quelli che verranno dopo di lui! Per questo motivo mi piace l’idea delle frontiere: storie e idee su che cosa c’è oltre l’orizzonte visibile, su che cosa si trova al di là delle barriere che non abbiamo ancora infranto. Vorrei esplorare i percorsi che ci hanno condotto qui dove siamo oggi per costruire un mondo che sia ancora migliore per tutti noi: come individui, come comunità, come paese e come pianeta. Perché la verità è che, pur avendo realizzato grandi progressi, le sfide da affrontare sono ancora molte: cambiamento climatico, diseguaglianze economiche, cybersecurity, terrorismo e violenza armata, tumore, Alzheimer e superbatteri resistenti agli antibiotici. Proprio come in passato, per superare questi ostacoli avremo bisogno dell’impegno di tutti: politici e leader di comunità, insegnanti e lavoratori, attivisti di base, presidenti ed ex presidenti. E per accelerare questo cambiamento, abbiamo bisogno della scienza. Abbiamo bisogno di ricercatori, accademici e ingegneri; programmatori, chirurghi e botanici. E soprattutto abbiamo bisogno non solo della gente del Mit o dell’università di Stanford, ma anche della mamma della West Virginia che pasticcia con una stampante 3D, della ragazza di Chicago che impara a programmare, del sognatore di San Francisco che cerca investitori per la sua nuova app, del papà del North Dakota che acquisisce nuove competenze per potere dare il suo contributo alla rivoluzione verde. È così che supereremo le sfide che abbiamo davanti: dando libero sfogo alla forza di tutti noi per tutti noi. Non solo per quelli di noi che sono fortunati, ma per tutti. Questo significa inventare non solo un modo più rapido per consegnare cibi d’asporto, ma anche un sistema che distribuisca i prodotti in eccesso alle comunità dove troppi ragazzini vanno a letto affamati. Non solo inventare un sistema che faccia risparmiare carburante alla tua auto, ma anche creare auto che non abbiano più bisogno di carburanti fossili. Non solo rendere i nostri social network più divertenti per condividere meme, ma anche utilizzare la loro forza per contrastare le ideologie terroristiche e l’incitazione all’odio. l punto è che oggi abbiamo bisogno che i grandi pensatori pensino in grande. Pensino come facevate voi quando guardavate Star Trek o Star Wars o L’ispettore Gadget. Pensare come i ragazzini che incontro ogni anno alla White House Science Fair. Abbiamo avviato questo evento nel 2010 con una semplice premessa: abbiamo bisogno d’insegnare ai nostri ragazzi che non è solo il vincitore del Super Bowl che merita di essere celebrato, ma anche quello della fiera della scienza. Da allora, ho incontrato giovani che s’impegnano su ogni fronte, dalla distruzione delle cellule tumorali all’utilizzo delle alghe per produrre energia pulita, fino alla distribuzione di vaccini nelle aree più sperdute del mondo, prima ancora che la maggior parte di loro possa persino votare.

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E mentre incontro queste giovani persone non posso fare a meno di domandarmi che cosa potrà succedere in futuro tra, cinque, venti o cinquant’anni. Immagino uno studente che “coltiva” un pancreas artificiale davanti al presidente: un’idea che finalmente elimina le liste d’attesa per gli organi salvavita. Immagino le ragazze che scoprono un nuovo carburante basato esclusivamente su luce solare, acqua e diossido di carbonio; l’adolescente che rende il voto e l’attivismo civico una forma di dipendenza al pari dello scorrimento dei vostri feed di Twitter; il ragazzo dell’Idaho che coltiva patate da un lotto di terra che abbiamo portato dalla nostra colonia su Marte. E immagino un futuro presidente che passeggia nel giardino della Casa Bianca insieme a una studentessa che ha inventato un nuovo tipo di telescopio. Mentre il presidente guarda attraverso le lenti, la ragazza punta il telescopio verso un pianeta che ha appena scoperto, orbitante intorno a una stella lontana ai confini estremi della nostra galassia. Poi lei dice che sta lavorando sodo a un’altra invenzione… che un giorno ci porterà fino a laggiù. Momenti come questi sono più vicini di quanto pensiate. La mia speranza è che questi ragazzi − magari alcuni saranno vostri figli o nipoti − siano ancora più curiosi, creativi e fiduciosi di quanto non siamo noi oggi. Ma questo dipende da noi. Noi dobbiamo continuare ad alimentare la nostra curiosità di bambini. Dobbiamo continuare a finanziare la ricerca scientifica, tecnologica e medica. E soprattutto dobbiamo abbracciare quell’impulso a correre verso nuove frontiere e a spingere più in là i confini di ciò che è possibile. Se lo faremo, io spero che i cittadini di domani sapranno guardare indietro a ciò che noi abbiamo fatto − le malattie che abbiamo debellato, i problemi sociali che abbiamo risolto, il pianeta che abbiamo salvaguardato per loro − e capire chiaramente che il loro è il momento migliore della storia per essere vivi. E poi prenderanno una pagina dal nostro libro e scriveranno il successivo grande capitolo, incoraggiati a continuare ad andare dove nessuno è mai stato prima.

barack hussein obama è nato a Honolulu, isole Hawaii, nel 1961. È stato il 44° presidente degli Stati Uniti, in carica dal gennaio 2009 al gennaio 2017. Si è laureato in Scienze politiche alla Columbia University e ha conseguito una seconda laurea in Giurisprudenza ad Harvard. Nel 1989 ha conosciuto l’attuale mo-

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glie Michelle Robinson. Nel 1996 è eletto nel senato dell’Illinois e quindi nel 2004 in quello federale. Ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2009, pochi mesi dopo essere diventato il primo leader afroamericano degli Usa. Questo testo è apparso sul numero di novembre di Wired Us, di cui Obama è stato guest editor.

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COME FAREMO A VIVERE DI PIÙ E MEGLIO?


RIS P O N D O N O:

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L Lo sport unisce, crea ponti e abbatte muri. È un’avanguardia della società, anticipa e detta le tendenze. A ottobre sono stata alla Casa Bianca, scelta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per rappresentare l’eccellenza italiana nello sport. Tutto lo sport, non solo quello paralimpico. Era il secondo sogno che si realizzava nel giro di un mese. Il primo è diventato realtà a Rio 2016. Quando fai scherma, come me, da subito hai un obiettivo che si chiama Olimpiade. Ho iniziato a crederci solo due anni fa, quando è partito il percorso di qualifica, ma avevo 5 anni le prime volte che ci ho pensato. Ho iniziato piccolissima a far scherma, piccolissima e per caso. Ero al mio primo allenamento di pallavolo, mi annoiavo a palleggiare contro il muro. Io penso che le cose si debbano fare solo se ci piacciono; se non fanno per noi, meglio lasciar perdere. Così sono scappata e ho cercato l’uscita. Solo che ho sbagliato porta e mi sono trovata nella sala d’armi della mia città, Mogliano Veneto in provincia di Treviso, davanti a tutti quei bellissimi Zorro bianchi. Amore a prima vista. Ho iniziato a sognare le Olimpiadi, la medaglia d’oro, l’inno di Mameli che suonava per me; non potevo sapere che tutto ciò, 14 anni dopo, sarebbe arrivato. Ancora meno che sarebbe arrivato a una Paralimpiade, tirando in carrozzina, la prima al mondo a farlo senza mano armata. A 11 anni mi sono ammalata. Ho preso il meningococco, un batterio che uccide nel 97% dei casi. Si può evitare, basta fare i vaccini per il tipo B e il tipo C, e il tetravalente che copre i sierotipi A, C, W135 e Y. Non è obbligatorio, ma è importantissimo che tutti lo facciano senza lasciarsi sviare dalle campagne contro i vaccini. I bambini soprattutto, ma anche gli adulti, perché è più raro ma può succedere anche a 30-40 anni. Io avevo fatto la profilassi per il tipo A, poi la Asl aveva detto a papà e mamma che non era necessario proseguire anche con quella per il tipo C, proprio quello che m’ha colpito. Mi sono salvata. Ho fatto 104 giorni di ospedale, m’hanno amputato le gambe sotto le ginocchia e le braccia sotto i gomiti. Dico sempre che sto bene così, che è tutto bello, che mi diverto un sacco. È vero, sono contenta della mia vita, ma il percorso non è stato semplice per me, per la famiglia, i miei amici, tutta Mogliano: è stato uno choc condiviso. Per questo ho posato senza protesi per la campagna pro vaccini contro la meningite della fotografa australiana Anne Geddes. Prima della malattia la mia vita era costituita da quelle che chiamo “le tre S”, scherma, scout e scuola; uscita dall’ospedale ho voluto riprendermele tutte e tre. Ho iniziato con la scuola, interrogata al primo giorno, poi gli scout. Con la scherma è stato più difficile: mi serviva una protesi che nessuno aveva creato. Ci hanno pensato mio papà, un ingegnere mancato, e i tecnici dell’Arte Ortopedica di Budrio, vicino a Bologna, uno dei massimi centri di ortopedia in Italia. Ho ricominciato con un fioretto di plastica attaccato con lo scotch alla protesi di tutti i giorni; ora tiro infilandomi sul moncone una guaina morbida in silicone della multinazionale tedesca Össur con un perno alla fine. A questo si attacca l’invaso in carbonio a cui, con altri due perni, si incastra il fioretto. È strano, ma le protesi sono un mondo sconosciuto anche in ambiente paralimpico. Spesso sorgono polemiche tra atleti con disabilità diverse, convinti che l’avversario sia agevolato dalla sua. Io però ho meno allungo delle avversarie, non ho il polso e devo lavorare di spalla e addominali. L’ultimo modello che abbiamo elaborato è ottimo ma non mi agevola; a volte, se mi ferisco e sanguino, si stacca.

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Capita, ho la pelle delicata. Ecco perché lavoriamo per avere protesi sempre migliori, che mi facciano meno male, siano più comode, ma allo stesso tempo non mi facciano perdere sensibilità nell’arma. La tecnologia migliora la vita. Quella dell’atleta e quella della ragazza Bebe che, con i “pezzi” giusti, può fare tutto: prendere in mano un bicchierino di caffè, salire le scale, persino andare a ballare coi tacchi. Le protesi che ho alle braccia sono mioelettriche: rispondendo agli impulsi che il cervello manda ai muscoli del braccio, mi permettono di aprire e chiudere le dita. La sensazione di avere ancora la mano, che in gergo viene chiamata “arto fantasma” mi ha anche aiutato. Anche grazie alle mie protesi, ho preso la maturità in Arti grafiche e comunicazione, mangio, scrivo e disegno. Ma vorrei provarne altre, più evolute. C’è una mano nuova della Touch Bionics, un’azienda recentemente acquistata dalla Össur, che funziona con lo schermo del cellulare. Mi piacerebbe, ora per usare lo smartphone devo togliermi la protesi e digitare col moncone. Inoltre ha un’app che permette di registrare determinati impulsi muscolari e abbinarli alla risposta della protesi, aumentando la gamma di movimenti eseguibili con la mano, come alzare il mignolo o fare le corna. o anche quattro paia di gambe: da passeggio, da corsa, da bagno e coi tacchi, che ho portato alla Casa Bianca. Ora mia mamma si è inventata le gambe-ciabatte, comodissime, cui non va aggiunta alcuna guaina. Da poco ho cambiato il piede, ne ho messo uno nuovo della Össur. L’ho tenuto la mattina per fare la protesi; poi a pranzo, per due ore, ho rimesso il piede vecchio e m’è venuto il mal di schiena. Eppure l’avevo usato per cinque anni senza problemi: per dire quanta differenza può esserci fra una protesi e un’altra. Sto per cambiare anche le gambe coi tacchi per un paio con il piede regolabile, in modo da poter scegliere scarpe con tacchi diversi senza dover rifare ogni volta la protesi. Non credo nel destino ma la disabilità, per me, è stata anche un’opportunità. All’inizio non sapevo nemmeno dell’esistenza della scherma in carrozzina. Dicevo: «Datemi un paio di gambe e vedrete». Quando l’ho scoperta, in un primo momento, non mi piaceva. Ero molto piccola, pensavo che fosse roba per vecchi; neanche avevo idea di cosa fossero le protesi se non per quella volta che le avevo viste in tv, all’aeroporto di Monaco, alle gambe di Oscar Pistorius. Poi mi sono seduta, ho iniziato a tirare e non mi sono rialzata più. Ho scoperto che quel modo di tirare, così veloce, è ancora più adatto di quello in piedi alla mia scherma istintiva. E ho vinto un Mondiale e un’Olimpiade. Lo dico spesso e ci credo: sono stata fortunata. Abbiamo creato un sacco di cose belle come art4sport Onlus, l’associazione con cui aiutiamo i bambini amputati a fare sport: raccogliamo donazioni che servono a comprar loro le protesi sportive, quelle che il Servizio sanitario nazionale non garantisce ai più piccoli che non hanno copertura assicurativa o risultati agonistici sufficienti a ottenere gli aiuti dell’Inail. Siamo partiti così, poi abbiamo scoperto che c’era molta ignoranza sullo sport paralimpico, che bisognava lavorare sulla cultura e la mentalità di genitori iperprotettivi che tendono a tenere i propri figli disabili sotto una campana di vetro.

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bbiamo un gruppo molto forte. Siamo 18 e diventeremo 20, tre di noi sono stati alle Paralimpiadi di Rio 2016, altri quattro o cinque potrebbero aggiungersi per Tokyo 2020. Tutto è nato dalla mia esperienza, dalla voglia di tornare a vivere attraverso la scherma, dalla volontà dei miei genitori di far sì che altri bambini potessero avere la stessa opportunità. Perché lo sport è integrazione e inclusione, aiuta a recuperare più in fretta e rende meno faticoso il processo di riabilitazione. Art4sport mi ha abituata al senso di appartenenza alla squadra, che per me è fondamentale. Sono tornata da Rio con due medaglie, un oro individuale e un bronzo con le mie compagne Andreea Mogos e Loredana Trigilia. Quale delle due sento di più? Quella del metallo meno pregiato. Perché l’abbiamo conquistata insieme e perché – se in una finale per il primo e secondo sai già che comunque salirai sul podio a prescindere dal risultato – quando perdi una semifinale, l’assalto seguente è decisivo per portare a casa una medaglia. Così è ancora più bello vincere. Mi sarebbe piaciuto provare tutte queste emozioni in Italia, magari tra otto anni con Roma 2024. Anche per dare un ulteriore slancio nel nostro Paese allo sport paralimpico, che ha avuto una grande crescita di popolarità con le ultime due edizioni dei Giochi. Il no del sindaco Raggi mi rammarica moltissimo. Io sono stata a Londra, nel 2012, per portare la fiaccola olimpica. Ho visto una città più accessibile, migliorata anche grazie alle Paralimpiadi; ci sono tornata dopo e l’ho trovata ancora in crescita sotto questo profilo. A Rio, forse, non è stato così. Nel Villaggio Olimpico era tutto a misura di disabile, fuori no. Quello che però mancava a livello di attrezzature, i brasiliani sono stati capaci di fornirlo col calore umano. Non potevamo uscire per strada senza che decine di persone ci chiedessero se avevamo bisogno d’aiuto. Ecco, credo che Roma avrebbe potuto fare un doppio salto in avanti sotto il profilo sia delle strutture che della cultura, sportiva e no. È la grande opportunità che abbiamo perso dicendo no a Olimpiadi e Paralimpiadi. È un discorso di integrazione. Vengo dall’ambiente della scherma, in cui il settore olimpico e paralimpico sono sotto la stessa federazione; alla guida del secondo ci sono straordinari ex atleti normodotati come il nostro ct Simone Vanni, che è stato campione del mondo e olimpico di fioretto, o il vicepresidente federale Giampiero Pastore, ex sciabolatore medagliato ai Giochi e ai Mondiali. Ma non tutti gli sport, non tutti gli aspetti della vita quotidiana sono altrettanto fortunati. Tanta strada resta ancora da fare ma tanta già è stata fatta. La mia mi ha portato fino alla Casa Bianca.

beatrice “bebe” maria vio è nata a Venezia il 4 marzo 1997. Bambina vivace e sportiva, a 11 anni è stata colpita da una forma di meningite non coperta dal vaccino. Dopo l’amputazione di gambe e braccia, nel 2010 è tornata a tirare di scherma in carrozzina. Ai Giochi paralimpici di Rio ha vinto l’oro

nel fioretto individuale e il bronzo a squadre. Nel suo palmares anche: Europei e Coppa del Mondo nel 2014, Mondiali e Coppa del Mondo nel 2015 ed Europei e Coppa del Mondo nel 2016. Ha scritto il libro Mi hanno regalato un sogno; il titolo della home page del suo sito è: «La vita è una figata!».

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astava dire di no e lei, dieci anni fa, l’ha detto. A un funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che le chiedeva di depositare il frutto del suo lavoro in un database ad accesso limitato, come si usava allora. Ha risposto con un “no” deciso. Ilaria Capua aveva appena scoperto la sequenza genetica del ceppo africano del virus H5N1, l’influenza aviaria che aveva sterminato 150 milioni di volatili in tutto il mondo e iniziava a colpire e uccidere anche gli umani. Nasconderla significava ritardare il lavoro degli altri scienziati a fronte di un’emergenza globale. Per questo ha rifiutato; per questo il “suo” virus venne messo a disposizione di tutti. Era il 2006. Quel “no” rappresentava una rivoluzione che, in poco tempo, è diventata la norma. Da allora, infatti, sono nati diversi database ad accesso aperto riservati ai dati sulle malattie infettive. Già nel 2009, quando è emerso il virus dell’influenza suina, il sistema ha consentito di accelerare la realizzazione dei vaccini; all’inizio di quest’anno, in piena emergenza Zika, è stata l’Oms stessa a promuovere l’uso degli open data, inaugurando sul proprio sito una sezione Zika Open in cui pubblica le ultime ricerche, dopo un controllo di attendibilità reso il più rapido possibile. Per chi fronteggia le emergenze sanitarie e cerca di battere in velocità le patologie che si diffondono sul pianeta, gli open data sono ormai uno strumento acquisito. È proprio da lì, dai dati, che dovrà partire il prossimo grande passo in avanti per debellarle.

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Ilaria Capua, cosa sta cambiando nella lotta alle epidemie? «Il mutamento ha luogo nella stessa direzione in cui avviene per molte altre discipline scientifiche. La destinazione è un nuovo modo di fare scienza, che vedremo presto; il motore è proprio l’enorme mole di dati che stiamo accumulando. Ogni settore, cioè, ne produce ormai una quantità di gran lunga superiore a quella che in realtà riesce ad analizzare. Si pensi alle sonde per lo studio del clima, che vengono utilizzate in acqua, in aria oppure nel ghiaccio: con una sola di esse, oggi è possibile misurare moltissimi parametri e accumulare informazioni nuove. Questi dati, una volta resi pubblici, possono in seguito essere usati in ambiti diversi». Un nuovo modo di fare scienza, dunque. «Sì. Il futuro è non solo nell’iperspecializzazione ma anche nella costruzione di strategie e visioni a cavallo tra discipline diverse. Di conseguenza presto non avrà più senso costruire tanti laboratori simili l’uno all’altro: le barriere fisiche non esistono più, possiamo già scambiarci informazioni a

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distanza e in tempo reale. Una politica della scienza lungimirante e coraggiosa, al contrario, creerà grandi centri interdisciplinari, come sarà il Crick Institute di Londra. Cercherà di mettere insieme risorse e idee di provenienza diversa, sul modello del Cern di Ginevra». Avverrà anche per le scienze della salute, nonostante la grande mole di denaro che muovono e le rivalità che esistono? «Per forza. Ogni anno c’è una nuova emergenza infettiva... e visto che molte derivano da serbatoi animali o lì hanno l’ambito di mantenimento dell’infezione, continueranno ad arrivare. Questo dobbiamo assolutamente aspettarcelo. Accanto a chi studia virologia e batteriologia, a chi si cura della messa a punto dei vaccini, quindi, dovrà esserci qualcuno che si occupa dell’analisi di dati di provenienza varia. La struttura della ricerca anche nel mio campo, insomma, cambierà secondo direttrici nuove che presto ci inventeremo». Quel suo “no” del 2006, perciò, nel 2026 sarà preistoria? «In un certo senso lo è già. Il mondo è cambiato tanto, da allora. Nel 2006 avevo qualcosa, una sequenza genica virale, che nessun altro possedeva. Nel 2026 di sequenze virali ne avremo così tante che avranno valore solo per il modo in cui verranno analizzate. Non basta: anche le istituzioni ci chiedono di cambiare. I progetti relativi all’emergenza Zika, finanziati dalla Commissione Europea, erano per esempio accompagnati da un’esplicita richiesta che ci scambiassimo informazioni ed evitassimo le duplicazioni. Non è un caso, visto che ci sono sempre meno soldi per la ricerca; la necessità di razionalizzare le attività degli scienziati, oggetto di un lungo, spinoso negoziato, ci ha obbligato a pensare a una piattaforma di risultati e risorse in condivisione tra noi. Questo è il futuro ma, per fortuna, è già anche un po’ il presente». Sarà difficile combattere le epidemie grazie a una nuova gestione dell’informazione? «No. Anche perché le nuove generazioni possiedono già una mentalità della condivisione. Noi a scuola mettevamo il braccio sul compito per non farcelo copiare: loro lo postano su internet a disposizione di tutti. Hanno proprio una diversa impostazione collettiva. Per loro è assolutamente normale utilizzare i social media, per cui la rivalità che c’era – e che ancora esiste – fra gruppi di ricerca concorrenti verrà attenuata. Riusciranno a cambiare le cose». Già, ma come la mettiamo con le aziende farmaceutiche? «Al 90% e forse anche di più, oggi i vaccini sono realizzati con tecniche consolidate. Alla vecchia maniera, insomma. Gli antibiotici sono sempre quelli, da anni non ne salta fuori una nuova classe. Ciò significa che sarà necessario un pensiero creativo pure per chi produce farmaci. Credo che anche qui si sia ormai vicini a una rivoluzione e che anche qui sarà multidisciplinare. Pensateci bene. Per

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esempio, protesi come quelle che si usano adesso – non solo quelle d’arto, anche quelle vascolari o i cristallini artificiali – fino a qualche decennio fa erano pura fantascienza. Poi, a cavallo tra medicina e ingegneria, è via via nata la bioingegneria e i miglioramenti nel campo della sanità sono stati sempre più straordinari». Tornando alle epidemie: la condivisione dell’informazione sarà sufficiente a debellarle? «No, ovviamente. Tanti sono i fattori che rendono la materia complessa; per fare un altro esempio, quelli legati alla globalizzazione. Me l’ha fatto capire la politica, ragion per cui dico di essere un “organismo politicamente modificato”. Perché dopo anni a occuparmi del superdettaglio di organismi davvero minuscoli, sono stata costretta ad adottare una visione più ampia delle cose. Proprio questa è l’esperienza che mi sono portata in America». Lei adesso dirige il centro di eccellenza dell’Università della Florida dedicato alla One Health: continuerà a farlo? Supererà in modo definitivo l’approccio tradizionale della virologia attraverso la contaminazione con altre discipline? «Sì. Mi hanno dato carta bianca e ho proprio l’obiettivo di generare nuovi ambiti scientifici interdisciplinari. Sono qua da tre mesi e già lavoro su diverse idee, tra cui mettere insieme un gruppo che studi gli effetti del cambiamento climatico sulla salute di flora e fauna, cucendo insieme filoni diversi. Il caldo, la siccità, le alluvioni stressano le piante che utilizziamo a scopi agroalimentari; ma questo stress è difficile da identificare e quantificare, anche perché a sua volta si somma ad altri eventi. Poi possono arrivare le infezioni... Qui in Florida proprio adesso la fitopatia, detta anche malattia del dragone giallo, ha infettato il 100% degli agrumeti e, se non si interviene, un’industria da 11 miliardi di dollari all’anno andrà a gambe all’aria. Ma il batterio, a sua volta, è stato trasmesso da un vettore, cioè un insetto la cui popolazione cambia a seconda delle condizioni di umidità, temperatura e così via. Quindi batterio, vettore, pianta, clima: ci vuole una lente tridimensionale. Perciò anche la nostra mentalità deve farsi open». Nel frattempo? Siamo pronti, oggi, ad affrontare la prossima epidemia? «Sì e no. Dipende da quale sarà, ma non solo. In generale sono stati fatti passi avanti nella rapidità della risposta alla minaccia epidemica. Però tanto resta ancora da sistemare. Basta vedere il caso Ebola: l’Organizzazione mondiale della sanità è stata molto criticata per essersi accorta tardi del problema e a ragione, visto che aveva ignorato gli allarmi sia di Medici senza Frontiere che di altre associazioni. Ma in generale le cose, per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, sono migliorate. Anche dal punto di vista scientifico, ovvio. Ci sono stati progressi importanti nella ricerca e gli open data rappresentano una parte significativa di questa evoluzione».

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Ma non basta, ovviamente... «No, non è sufficiente. Occorre fra l’altro curare anche la gestione mediatica delle epidemie. Se la gente va nel panico quando non serve, o al contrario sottovaluta la questione e non fa quel che dovrebbe quando serve, i rischi per forza si amplificano. Poi, in prospettiva, sarà necessario imparare ad affrontare il problema non soltanto durante l’emergenza, quindi a preparare azioni a lungo termine. Al di là dei virus, per esempio, bisogna fare i conti in fretta con l’emergere di batteri resistenti agli antibiotici, soprattutto in ambiente ospedaliero: un problema che certo non è nuovo... Occorre imparare a fare prevenzione contro la diffusione delle malattie virali nella piena consapevolezza che con i vaccini, le nostre armi principali, non possiamo impedire la comparsa di virus nuovi. Dobbiamo anche imparare a non pensare che Ebola, in fondo, sta in Africa e Mers in Arabia: anche gli agenti infettivi, come noi, possono prendere un aereo e viaggiare». Quale futuro ci aspetta? «In conclusione, è impossibile dire che la prossima pandemia non farà il giro del mondo, che non brucerà anni di vita, né che sarà l’ultima. Però ogni volta che ne affrontiamo una impariamo qualcosa e facciamo passi avanti. Siamo sempre più preparati. Secondo me, la ricetta per il futuro consiste nell’investire nella ricerca d’eccellenza e, soprattutto, in un vero gioco di squadra».

ilaria capua è la virologa romana celebre per le ricerche su virus influenzali e aviaria. Dopo la laurea cum laude in Veterinaria, ha diretto il dipartimento di Scienze biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Nel 2000 ha sviluppato la prima vaccinazione contro l’avia-

ria. Nel 2013 è entrata alla Camera nelle file di Scelta Civica; nel 2014 è indagata per una supposta cessione di stipiti virali ad aziende farmaceutiche. Prosciolta da ogni accusa, si è dimessa da deputata e a 50 anni dirige il Centro di eccellenza dell’Università della Florida dedicato alla One Health.

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mmagina un’orchestra: da una parte ci sono i fiati, dall’altra gli archi, dall’altra ancora le percussioni. Ecco, mappare il genoma umano, il codice della vita, significa individuare i nostri strumenti, le nostre proteine. Ora il prossimo obiettivo è ascoltare la musica, cercare di capire come tutti gli strumenti si coordinano tra di loro. Il mio obiettivo invece è quello di diventare il direttore d’orchestra, di comprendere la dinamica con cui il genoma interagisce con il resto del mondo, la chimica organica e inorganica, accettando la sfida che nei prossimi cinque o dieci anni cambierà per sempre non solo il modo in cui faremo farmaci, ma anche in cui ci cureremo e vivremo. Oggi, se non stai bene, il medico ti manda in farmacia a prendere una determinata molecola, una soluzione unica che dovrebbe funzionare per qualsiasi sottogruppo: bambini, donne, uomini, afroamericani, caucasici, asiatici, tutti. Questo assunto è il migliore che avevamo a disposizione ma è superato. Il futuro si chiama farmacogenomica ed è fatto di 7 miliardi di molecole, ognuna prodotta per una persona specifica. Un futuro in cui il vero business sarà nei dati, non nella chimica: nell’incrocio fra te e che cosa ti serve, fra il singolo corpo e la specifica terapia. Inizieremo dunque a vedere farmaci ottimizzati per profili genetici. Il più immediato è l’etnia, poi, passo dopo passo, si arriverà a quello su misura. Si tratta di un obiettivo a lungo termine; ciò non toglie che nei prossimi decenni le nuove generazioni possano sorridere pensando che ci curavamo in modo così generico. Si metteranno a ridere come noi ridiamo di chi praticava i salassi: non era stupidità, era semplicemente il migliore livello di conoscenza disponibile in quel momento. Potremo da una parte curarci meglio, dall’altra avvicinarci a rimedi per malattie ora incurabili. Avremo la medicina delle quattro “P”: personalizzata, preventiva, predittiva e partecipativa. Faremo analisi del fiato o biopsie liquide con frequenza settimanale, se non giornaliera; le useremo per monitorare, per esempio, marker di crescita tumorali all’interno della saliva e per effettuare così diagnosi precoci e precise. Di ciò esattamente abbiamo parlato il 13 ottobre, quando sono stato invitato dal presidente Obama alla Casa Bianca in occasione dell’incontro sulle nuove frontiere della scienza: grandi database genomici, che offrano previsioni più attendibili e precise. I dati però non bastano, serve un salto culturale. Quanti hanno il genoma sequenziato? Pochissimi. Eppure si può ordinare online un sequenziamento del proprio esoma a 490 dollari… tutti ne abbiamo spesi altrettanti in cose molto meno importanti. Le persone devono impossessarsi della loro salute quando ce l’hanno, non quando l’hanno persa. La medicina del futuro non sarà quella che ci curerà, sarà quella che non ci farà ammalare. Quel futuro comincia a essere possibile solamente perché abbiamo iniziato a digitalizzare la vita. Io sono un fisico teorico, ho lavorato su nanotecnologie, mercati finanziari e ora sul genoma solo perché sono stati tutti trasformati in numeri. Se dovessi andare in un laboratorio con le pipette sarei una schiappa clamorosa; adesso invece posso lavorarci dal mio laptop e, come me, altre menti più brave a maneggiare cifre che alambicchi.

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i sono appassionato a questo campo perché sono ipocondriaco. Ricordo ancora che, quando da bambino andavo dal dottore, domandavo sempre a mia mamma: «Ma lui come fa a saperlo?». Ero scettico: perché collegava un sintomo a una causa invece che a un’altra? Mi massacravo cercando di capire. Per questo uno dei regali che mi hanno fatto intorno ai 14/15 anni è stato il Manuale Merck, quell’enorme tomo con le pagine quasi trasparenti che tanti medici tengono sulla scrivania. A un certo punto ho iniziato a farmi la diagnosi differenziale dei sintomi e lì ho scoperto che la medicina è stata per molto tempo una scienza non quantitativa, perché non c’era modo di vedere dentro l’uomo. Più siamo in grado di progredire nelle misurazioni, tuttavia, più il problema diventa non dell’essere umano ma di una macchina. Ci sono migliaia di patologie: il livello di conoscenza ormai ha surclassato, e di molto, le capacità del nostro cervello. In occasione del TED a cui ho preso parte, mi sono chiesto come dare un’idea concreta e visiva della scala del problema. Così ho stampato il genoma di Craig Venter, che fu tra i primi a digitalizzare il genoma umano. Senza di lui non sarei qui a occuparmene, oggi. Il codice è composto da sole quattro lettere: A, T, C, G. Per costruire un essere umano però ne servono 3 miliardi, che hanno occupato quasi 200 volumi e oltre 262mila pagine. Oggi ne conosciamo solo 4 tomi, il 2% circa, ma impareremo. Il salto successivo consisterà nel comprendere come il genoma si accoppi con le molecole. Non tanto allo scopo di cambiarne dei pezzi, quanto piuttosto per trovare una maniera naturale, non invasiva, di usare quelli che abbiamo a disposizione nel nostro corredo per insegnare al corpo come evitare una certa patologia. Non sogniamo di non morire, semplicemente di vivere meglio. Il fatto che ci sia ancora gente che fuma, per esempio, è incredibile, visto che dal punto di vista scientifico è provato che fa male. È un problema non genomico ma comportamentale e le abitudini sono la cosa più difficile da sradicare. Se fossimo automi programmati unicamente per la sopravvivenza, saremmo tutti più longevi. Anche un pochino più tristi, forse. C’è un equilibrio da trovare. Un equilibrio in cui le tecnologie devono umanizzarsi per convincere le persone. È per questo che la scienza dev’essere accoppiata all’impresa privata. Perché la seconda ha il bisogno di essere accettata dal mercato mentre la prima può rimanerne fuori. Ci sono un sacco di ricerche valide mai uscite dalle porte delle accademie, perché nessuno le ha impacchettate in prodotti che la gente voleva. Senza marketing ci sono solo le comunicazioni governative, che non funzionano. Neanche quando sono scientificamente fondate. Penso quindi che i prossimi capitoli della storia li scriveranno società in grado di perseguire allo stesso tempo il benessere sociale e i guadagni economici. Cioè di fare miliardi di dollari salvando miliardi di vite. Rappresentano un ottimo modello in questo senso le “B-Corp”, le società benefit che incorporano nel proprio dna l’impatto sociale. Sono presenti in Italia come negli Stati Uniti, dove vivo e lavoro. Non datemi del cervello in fuga, però, perché non scappo da niente: vado, semmai, dove ci sono cose da scoprire e gli strumenti migliori per farlo. La nostra generazione – ho 35 anni – deve eliminare il

M

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concetto di confine geografico; le nazioni invece non devono preoccuparsi dei talenti in uscita, devono attrarre quelli in entrata. Il brain drain (la fuga dei cervelli) non ha alcuna importanza, è il brain gain (l’afflusso dei cervelli) che conta davvero. Dobbiamo mettere le menti migliori, da ovunque esse provengano, in condizione di esprimersi: questa è la sfida, perché se fai qualcosa in maniera eccellente la gente verrà a farla da te. Bisogna diffondere la conoscenza.

pesso mi chiedono se vedo il rischio di un futuro distopico, alla Black Mirror per intenderci. Mi viene in mente un episodio, dedicato alla riprogrammazione neurale per l’ideazione di videogame che rappresentano le paure dei giocatori. Conosco personalmente alcuni creatori di videogiochi di riprogrammazione comportamentale: loro sperimentano sistemi di realtà virtuale per riuscire ad aiutare bambini affetti da depressione e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) con effetti migliori di quelli offerti da molti farmaci presenti sul mercato. La distopia vende libri e film ma non fa progredire l’uomo. La realtà la supera, lo sta già facendo. Inoltre credo che in un’era digitalizzata come quella odierna, costruire scenari incompatibili con l’etica sociale sia sempre più difficile. Ci stiamo spostando verso sistemi sempre più trasparenti, responsabilizzanti e focalizzati sul rispetto dell’umanità e sulla riduzione delle differenze. Internet e la democratizzazione dell’informazione stanno costruendo una realtà in cui essere il “supercattivo” dei film è difficilissimo e ogni misfatto lascia tracce indelebili. La privacy non è una questione secondaria; al contrario, dobbiamo capire come gestire al meglio i dati genomici. Ma è proprio grazie allo studio e all’evoluzione del settore che gli Stati Uniti, una delle nazioni più avanzate in questa materia, ha dato vita al Gina, acronimo di Genetic Information Nondiscrimination Act: una norma cioè che vieta alle compagnie di assicurazione, come ai datori di lavoro, di discriminare le persone sulla base del genoma. La reazione è stata immediata. Perché la questione è delicata, esattamente come delicato è il tema dell’eugenetica. Siamo in ogni caso molto lontani dalla facoltà di selezionare tratti somatici specifici o di creare esseri dotati di superpoteri come i personaggi della Marvel; ma se anche dovessimo diventare capaci di farlo, penso che la società sarebbe in grado di definire e regolare queste possibilità. Il social vetting, il vaglio e l’esame dal punto di vista sociale, è più stringente di quanto si creda: tutti devono venire a patti con l’opinione pubblica perché attorno a ciò che accade nel mondo ci sono crescenti consapevolezza e responsabilità. C’è dell’altro. Mettere al bando una tecnologia che potrebbe essere d’aiuto a famiglie con storie dolorose e drammatiche, per la paura di potenziali e ipotetiche derive, è insensato. Le ragioni terapeutiche superano quelle estetiche: a molti genitori, ancora oggi, non interessa sapere il sesso del nascituro; quello che tutti desiderano, invece, è che sia sano.

S

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redo che le tendenze distruttive difficilmente prenderanno il sopravvento, perché siamo costruiti per sopravvivere con tutte le nostre forze. Sono quattro miliardi di anni che la biologia evolve su questo pianeta: la spinta alla vita è il nostro impulso fondamentale, è scritto nel genoma. A volte sbagliamo clamorosamente, certo, penso al global warming. Ma siamo una popolazione giovane, globalizzata da pochissimo. Una volta compreso l’errore, ci siamo messi al lavoro per trovare una soluzione e, anche se non ci siamo ancora riusciti, le migliori menti del mondo ci stanno lavorando. Il solare sta diventando sexy, Elon Musk ha creato tegole fotovoltaiche e vende macchine elettriche: sta succedendo. In tanti campi, dalle energie rinnovabili alla robotica. Si tratta di business a crescita esponenziale, un concetto che su un grafico è semplice da vedere. Ogni anno che passa i costi sono esponenzialmente più bassi di quello precedente e il mercato è esponenzialmente più grande. I nuovi player godono sempre di un vantaggio competitivo nell’entrarvi: hanno infatti la possibilità di rifare tutto quello che hanno fatto i loro predecessori con la metà del tempo e dei capitali, in modo da essere subito competitivi. È proprio il motivo per cui oggi piccole startup possono fornire servizi globali, mentre ieri Ibm era l’unica a riuscirci. Per l’Italia i business esponenziali sono la risposta alla crisi, la principale scommessa su cui dobbiamo davvero impegnarci. La genomica è un esempio, l’intelligenza artificiale un altro. E no, i robot non ruberanno il lavoro all’uomo: credo, anzi, che ogni tecnologia generi nuovi posti e forme di impiego, spesso molto interessanti. Disegnare proteine al computer, dieci anni fa, non era una professione; adesso potremmo assumere dozzine di persone. I nuovi business aprono le porte a nuove realtà. Serve programmare, non solo sullo schermo del computer. I dati ci dicono che sforniamo ogni anno migliaia di laureati in settori professionali deboli e mal retribuiti. L’Italia può fare meglio di così. Oggi c’è il trend esponenziale del coding (la programmazione informatica, ndr): non possiamo più stupirci, chi studia si deve chiedere ora quale sarà il lavoro che potrà avere fra cinque o dieci anni. Non significa che tutti debbano per forza sapere scrivere righe di codice, ma che dovranno essere sicuramente in grado di interagire con le macchine. Prendiamo due persone: una sa usare il navigatore satellitare e internet, l’altra no. Organizziamo una caccia al tesoro: chi vince? Il coding è relativo, dobbiamo interagire con le macchine ogni giorno e fidarci di esse più di quanto stiamo facendo adesso. Non c’è epoca migliore per essere al mondo.

C

riccardo sabatini è stato l’unico italiano, nel 2016, a parlare alla conferenza TED e a essere invitato alla The White House Frontiers Conference, evento organizzato da Barack Obama per ragionare sul futuro della medicina. Nato a Cremona nel 1981, dopo la laurea ha conseguito un master

summa cum laude in Fisica teorica a Trieste. Lavora in Silicon Valley con Craig Venter, che nel 2000 ha sequenziato il codice genetico; è inoltre cofondatore della Quantum Espresso Foundation, organizzazione non profit che assiste giovani ricercatori in tutto il mondo.

C A P I T O L O

1

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alcuni tra i muri più possenti di oppressione.

L A R AB B IA N ON BA STA

L’antropologa Margaret Mead aveva detto: «Non

L’ E D U C A Z I O N E

sottostimate la capacità

AL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

di cambiare il mondo di un

È LA NOSTRA SPERANZA

piccolo gruppo di persone determinate». Mio padre, Robert F. Kennedy, amava ripetere una frase trovata

di Kerry Kennedy SCRITTRICE

E

fra i graffiti della Grande

ATTIVISTA

Piramide a Giza, costruita dagli schiavi: «Nessuno fu abbastanza arrabbiato da alzare la voce». Ecco, noi dobbiamo esserlo quando vediamo un’ingiustizia. Dovremmo esserlo quando tre milioni di persone, ogni anno, muoiono per malattie curabili e quando l’80% della popolazione mondiale vive con meno

minaccia la nostra stessa esistenza e molti politici ne negano l’evidenza esserlo abbastanza quando una donna su tre viene violentata almeno una volta nella vita. E dovremmo esserlo quando immigrati che scappano da guerra e povertà non trovano un luogo dove tornare a vivere. Sì, dovremmo essere abbastanza arrabbiati da alzare la voce perché la rabbia, se controllata, Più di trent’anni fa, quando

David che, con il cuore come

è solamente un ricordo.

può diventare la

ho iniziato a lavorare per

fionda, combattevano un

Questi cambiamenti non

forza necessaria a un

i diritti umani, mi venne

mondo intero di Golia.

sono avvenuti perché li

cambiamento rivoluzionario;

chiesto di documentare

Sembra che quegli angeli

hanno voluti i governi, i

ma, da sola, non può

gli abusi perpetrati da

abbiano prevalso. Le

militari o le multinazionali

realizzare le nostre più

funzionari dell’immigrazione

dittature militari hanno a

ma perché tante persone,

grandi ambizioni. Abbiamo

degli Stati Uniti contro i

lungo governato l’intero

magari dotate di pochissime

bisogno di qualcosa di

rifugiati da El Salvador;

Sud America ma oggi nel

risorse, hanno combattuto

più: di amore. Ha detto

poi mi sono interessata

continente sono scomparsi

per i diritti umani. Hanno

mio padre: «Il coraggio

ai refusnik, cui non era

i dittatori di destra; il

creato il mutamento. Hanno

morale è un bene più raro

consentito emigrare

comunismo ha dominato

accolto il sogno della libertà

del coraggio sul campo di

dall’Urss, e ai leader anti-

l’Europa orientale ma

e l’hanno reso possibile. E

battaglia o di una grande

apartheid in Sudafrica. La

non rimane alcun leader

hanno prodotto un effetto

intelligenza. Tuttavia è il

causa era avvincente, il

comunista; il Sudafrica ha

a catena, incoraggiando

bene essenziale, una qualità

nemico potente, pericoloso;

sofferto a lungo l’agonia

altri individui e costruendo

fondamentale per chi vuole

ma avevo attorno tanti

dell’apartheid, che oggi però

un’onda che ha spazzato via

cambiare il mondo».

©UNGANO

&

scientifica. Dovremmo

/

il riscaldamento globale

AGRIODIMAS

Dovremmo esserlo quando

GETTY

di dieci dollari al giorno.


Per portare avanti il lavoro

incluso il presidente del

tutto è stato pubblicato

Memoriale dell’Olocausto

incompiuto e il messaggio

Parlamento Martin Schulz.

su un giornale locale e il

ha sottolineato l’urgenza

di coraggio morale di mio

In Italia lo spettacolo

sindaco si è attivato per

di cambiare il paradigma

padre, nel 1968 gli amici

è stato interpretato da

riportare la normalità.

educativo globale: «Nel

e la famiglia hanno creato

artisti importanti: Ornella

Speak Truth to Power è

1942, fra coloro che hanno

la Fondazione Robert F.

Vanoni, Piera Degli Esposti,

entrato anche nelle carceri

pianificato la Shoah otto

Kennedy Human Rights,

Enrico Lo Verso, Niccolò

di Milano e di Firenze; grazie

persone su 15 avevano

poco dopo la sua morte. Da

Fabi, Fiorella Mannoia,

a lezioni di italiano e alla

un dottorato. Avevano,

quasi cinquant’anni siamo

Silvio Orlando, Donatella

rappresentazione dello

insomma, una brillante

impegnati a proteggere i

Finocchiaro, Beppe Fiorello.

spettacolo teatrale, il target

carriera accademica, ma

diritti delle persone in tutto

Ogni giorno donne e uomini

era composto soprattutto

neanche il minimo straccio

il mondo, ad aiutare chi è in

coraggiosi cercano di

dai detenuti immigrati.

di etica e di comprensione».

prima linea nella battaglia

combattere le ingiustizie.

Dal 2011 è stato lanciato

Con la fine del 2016, in tutto

per la giustizia, a portare

Alzano la voce quando

anche a Hong Kong e

il mondo tante famiglie si

nelle scuole l’educazione al

gli altri tacciono, spesso

in Cambogia, quindi in

sono lasciate alle spalle un

rispetto dei diritti umani, a

mettendo in pericolo la

Ruanda, Svezia, Francia,

vero annus horribilis. Da

incalzare la finanza globale

loro reputazione o la vita.

Ghana, Grecia, Haiti, Nepal,

Orlando a Dallas, da Nizza

perché introduca quei

Speak Truth to Power è uno

Nicaragua, Romania,

a Istanbul, dalla Siria al Sud

diritti nelle strategie di

strumento educativo per

Spagna, Sudafrica e Regno

Sudan: queste tragedie

investimento: la Fondazione

studenti di tutte le classi, ai

Unito. I risultati sono

fanno temere, a ragione, che

lavora con e attraverso

quali mostra che anche loro

tangibili: per gli insegnanti,

il mondo sia in un momento

gli individui per creare un

possono fare la differenza.

il bullismo è diminuito e gli

particolarmente caotico.

mondo più giusto e pacifico.

Il programma è diviso

studenti si sono dimostrati

Senza dimenticare che gli

in tre parti: la prima è

più aperti alla diversità.

Stati Uniti hanno assistito

L A FONDA ZIONE

una prospettiva sulla

Dato il successo riscontrato

a una delle campagne

Via via ha creato un vasto

storia dei diritti umani e i

con gli studenti delle

presidenziali più violente e

network in più di cento

trattati internazionali che

superiori, la Fondazione

tossiche della storia; senza

paesi. Da questa esperienza

li sostengono; la seconda

ha deciso, dal 2013, di

dimenticare che ondate di

è nata un’iniziativa, Speak

presenta le storie di eroi di

concentrarsi anche sui più

xenofobia e razzismo ormai

Truth to Power («Dì la

ogni parte del mondo, per

piccoli. I bambini di tutto

attraversano l’Europa.

verità al potere», ndr),

dare ai giovani gli strumenti

il mondo continuano a

Le storie studiate attraverso

creata per aumentare la

per diventare difensori dei

essere al centro di violenze,

Speak Truth to Power

consapevolezza generale

diritti dell’uomo; la terza

abusi, gang criminali,

mostrano agli studenti

sui diritti umani e dare

infine mette in scena la

bullismo e crimini di odio.

quanto resistenza e

agli individui gli strumenti

pièce Voci contro il potere.

Fame, razzismo, schiavitù,

perseveranza creino il

povertà e discriminazione:

cambiamento e quanto

per realizzare la propria capacità di cambiamento.

IN ITALIA E NEL M OND O

questi attacchi alla dignità

ognuno di noi, non importa

Nasce sull’onda di un mio

Dal 2008 la Fondazione

di ogni persona devono

se potente o meno, possa

libro, Voci contro il potere,

Robert F. Kennedy Human

essere affrontati attraverso

fare la differenza. Per

pubblicato in sette lingue:

Rights Europe, che ha sede

l’educazione e l’esempio.

questo sono certa che, al

è un’antologia di interviste

a Firenze, ha portato il

Speak Truth to Power è

di là delle crisi immediate,

ai grandi difensori dei

programma in 530 scuole

basato sulla convinzione

ci sia ancora motivo di

diritti umani che ha avuto

superiori di 110 provincie

che l’educazione debba

sperare e che, come spesso

il supporto di alcuni premi

di tutte le regioni italiane,

essere basata sul pieno

succede, la speranza risieda

Nobel, come Nelson

con l’alto patrocinio del

sviluppo della persona

nei bambini.

Mandela e Aung San Suu

presidente della Repubblica

come essere umano. Quindi

Kyi. Da essa è stata tratta

e del ministero della Cultura.

l’insegnamento dei diritti più

una mostra fotografica

A Catanzaro, per esempio,

elementari non dev’essere

con le opere del premio

gli studenti del liceo P.

inteso come un’attività

Pulitzer Eddie Adams; da

Galluppi si sono concentrati

extra, bensì entrare nel

essa lo sceneggiatore cileno

sulla difesa dell’ambiente

tessuto didattico comune a

Ariel Dorfman ha creato

e dei diritti delle donne.

tutti i corsi.

una versione teatrale cui

Ispirati dalla storia del

hanno partecipato Martin

premio Nobel Wangari

C AMB IARE SI PUÒ

Sheen, Sean Penn, Meryl

Maathai, si sono attivati

Occorre dunque, a livello

Streep, Alec Baldwin e

sul business dei rifiuti

globale, un’evoluzione

Vanessa Redgrave. Nel

gestito dalla ’ndrangheta,

della formazione. Zeid bin

febbraio 2014 il testo è

che impediva ogni forma

Ra’ad, l’Alto Commissario

stato recitato anche da

di riciclo. Hanno raccolto

per i diritti umani delle

alcuni parlamentari europei,

evidenze e fotografie, poi,

Nazioni Unite, davanti al


L’ A C C E L E R A T O R E D I PA R TI C E LLE CONTRO IL CANCRO

quando è esposto nel modo

recente; poi perché l’intera

NOME

corretto – con un flusso di

struttura va costruita

Adroterapia

particelle subatomiche, gli

attorno a un vero e proprio

adroni, più precise degli

acceleratore di particelle

elettroni usati in altre

progettato ad hoc, analogo

tecniche di radioterapia.

a quello del Cern di Ginevra.

Solo cinque strutture al

Solo così è possibile

DOVE

mondo, per ora, sono in

scomporre gli atomi di

Pavia, Italia

grado di effettuare questa

idrogeno e di anidride

terapia usando sia protoni

carbonica in protoni e

che ioni carbonio, più

ioni carbonio, per poi

efficaci nel danneggiare i

raggrupparli in fasci

legami chimici del dna delle

composti da miliardi di

cellule tumorali, in modo da

particelle da indirizzare

ucciderle. Tra queste c’è il

sulle cellule tumorali per

CHE

COSA

Nuova tecnologia per curare alcuni tumori specifici

FATTORE

GOOD

NEWS

****

Ci sono tumori che finora

della radioterapia che tra

Cnao (Centro nazionale di

distruggerle. L’acceleratore

erano considerati troppo

le qualità più importanti

adroterapia oncologica) di

del Cnao, per esempio,

vicini a organi vitali o delicati

ha quella di colpire

Pavia, fondazione privata

è un anello di 25 metri

– come occhi, nervi, cervello

solo le cellule tumorali,

senza scopo di lucro istituita

di diametro e 80 di

o intestino – per essere

preservando i tessuti sani.

dal ministero della Salute

circonferenza, isolato dal

operati, e che la comune

A permetterlo è un sistema

nel 2001 ed entrata in

resto della struttura con

radioterapia non riusciva

computerizzato in grado

attività nel settembre 2011.

schermature in cemento

ad aggredire. Oggi, per tutti

di tracciare i movimenti

Simili centri sono per ora

armato fino a 6 metri di

questi casi, c’è una speranza

del tumore, per esempio a

molto rari, prima di tutto

spessore e sistemi di

di guarigione concreta:

causa della respirazione del

perché questo genere di

gestione computerizzata

l’adroterapia, un’evoluzione

paziente, e di colpirlo – solo

terapia è relativamente

che annullano il pericolo di


radiazioni per i frequentatori del centro. Dopo aver percorso nell’anello circa

È L A V O LTA B U O N A

30mila chilometri in mezzo

C H E B A T T I A M O L' A I D S

secondo, il fascio di adroni è indirizzato contro il tumore che viene letteralmente “tagliato a fette”: vengono irradiate una dopo l’altra,

NOME

in modo che i contorni

Shock and Kill

vengano seguiti ad alta precisione (200 micrometri,

COSA

due decimi di millimetro).

Ricerca avanzata nella lotta contro l’Hiv

Il risultato è una terapia non dolorosa e dagli scarsi

DOVE

effetti collaterali. Al Cnao

Londra, Regno Unito

viene oggi applicata a 23 tipi di tumore privi di altra

FATTORE

possibilità terapeutica.

****

GOOD

NEWS

I dati? Decisamente incoraggianti, anche se va tenuto conto che il periodo

Nel mondo 37 milioni di

due anni di analisi negative.

di osservazione è molto

persone convivono con il

Pur nell’incertezza, la notizia

breve e diversi pazienti

virus dell’Hiv oggi; più di un

potrebbe essere storica:

effettuano ancora visite di

milione muore ogni anno

sembra confermare che i

controllo periodiche per

a causa della sindrome

ricercatori sono sulla giusta

monitorare le condizioni

dell’Aids. Ricercatori e

strada per “stanare” il virus.

di salute: le percentuali di

medici lottano da quasi

Trovare una cura per l’Hiv è

successo variano dal 70

trent’anni anni contro la

difficile perché il retrovirus

al 90% a seconda delle

malattia, facendo registrare

integra il materiale virale

tipologie di tumore trattate.

progressi importanti ma

nei linfociti T dell’organismo

I risultati sono in linea con

lenti e costosi. Ecco perché,

infettato e li converte in

quelli ottenuti dal National

se si parla di una presunta

incubatrici per moltiplicarsi.

Institute of Radiological

“cura” dell’Hiv, è bene

Alcuni farmaci possono

Sciences di Chiba in

vagliarla cum grano salis.

colpire queste “fabbriche”,

Giappone – attivo da più

Ebbene, un pool di

ma non distinguono i

tempo – dove i pazienti

università britanniche

linfociti T infetti e dormienti

curati sono già ottomila.

coordinate dal National

da quelli sani. Le terapie

FEDERICO

Institute for Health

“Shock and Kill” constano

Research, a ottobre, ha

invece di due componenti:

annunciato un potenziale

la prima inferisce un

passo importante: un

trauma ai linfociti infetti

paziente di 44 anni,

dormienti che si svegliano;

sottoposto a un’innovativa

la seconda stimola le difese

strategia di cure

immunitarie a combatterli.

BONA

sperimentali detta “Shock

«È uno dei primi seri

and Kill”, sembra guarito.

tentativi di cura completa

Per la precisione, nel suo

dell’Hiv. Certo, si tratta

sangue non appaiono più

di una sfida enorme ed

tracce di virus rilevabili

è ancora presto, ma

con i metodi attuali.

il progresso è stato

La cautela è d’obbligo,

notevole», ha dichiarato

visto che potrebbe

Mark Samuels, direttore

essere solo dormiente:

del Nihr, l’organismo

è già successo a una

finanziato dal Dipartimento

bambina del Mississippi,

della salute di Londra per

apparentemente guarita nel

coordinare le ricerche

2012 grazie a una terapia

traslazionali in nome del

antivirale, che ha poi di

National Health Service.

nuovo sviluppato l’Hiv dopo

ANDREA

CURIAT


scientifico dell’ospedale

anticipata, concessa

San Raffaele di Milano, ha

a medicinali «con una

ottenuto l’autorizzazione

valutazione positiva

a portare sul mercato una

del rapporto rischio/

terapia cellulare che aggira

beneficio, in grado di

l’ostacolo del rigetto. Come?

risolvere significativi

Spegnendo sul nascere i

bisogni terapeutici, e la cui

linfociti che lo causano.

disponibilità si tradurrebbe

Con Zalmoxis, è questo

in un beneficio rilevante

L’ I M P O R T A N Z A

il nome della terapia, «i

per la salute pubblica»,

D E L “ G E N E S U I CIDA”

linfociti T del donatore

evidenzia MolMed.

vengono ingegnerizzati

La terapia applicata ai

inserendo un gene suicida»,

tumori del sangue è, per

spiega l’amministratore

la società milanese di

delegato di MolMed,

biotecnologie, un primo

Riccardo Palmisano. «Se

passo verso il futuro.

i linfociti del donatore,

«Stiamo lavorando anche al

dopo essere stati infusi

CAR-CD44v6, un progetto

nel paziente, dovessero

di Immuno-gene therapy

attivarsi dando inizio a

che prevede l’utilizzo

un effetto di graft versus

del sistema immunitario

host disease (malattia del

del paziente, modificato

trapianto verso l’ospite,

geneticamente per poter

NOME

ndr), grazie al gene suicida

così essere indirizzato in

Zalmoxis

è sufficiente somministrare

modo specifico contro le

un semplice antivirale, il

cellule tumorali», spiega

ganciclovir, che spegne

Palmisano. «Il progetto

queste cellule e previene

potrebbe avere un

una reazione più grave».

importante effetto anche

COSA

La “rivoluzione Zalmoxis” ha

su diversi tumori solidi, non

Milano, Italia

due ricadute immediate.

solo su quelli del sangue.

La prima consiste nella

Il nostro CAR-CD44v6 ci

riduzione del rischio

colloca all’avanguardia nel

quando non si trova un

campo dell’immunoterapia

donatore pienamente

dei tumori, uno dei settori

compatibile e bisogna

più rivoluzionari e in forte

procedere a un trapianto

crescita tra le terapie

CHE

COSA

Terapia contro leucemie e tumori

FATTORE

GOOD

NEWS

*****

In Europa sono circa 1300 i

del rischio di rigetto che, nel

aploidentico; la seconda

innovative del cancro.

malati di leucemia, o di altri

caso di persone affette da

consente un allargamento

Oggi esistono già farmaci

tumori del sangue ad alto

tumori del sangue, consiste

della platea dei pazienti che

più tradizionali, come

rischio, che si sottopongono

in un attacco dei linfociti del

potrebbero sottoporsi a

per esempio le proteine

ogni anno a un trapianto

donatore verso l’ospite.

un trapianto per eradicare

ricombinanti, che in alcuni

aploidentico di cellule

Per questo si interviene

un tumore del sangue.

tumori funzionano, ma la

staminali emopoietiche

con gli immunosoppressori,

Secondo le stime della

nuova frontiera consiste in

(ossia un trapianto di

farmaci che devono

European society for blood

un maggiore sfruttamento

midollo osseo che utilizza

interrompere o attenuare

and marrow transplation

del sistema immunitario».

cellule corrispondenti solo

le difese immunitarie del

(Società europea per i

LUCA

per metà al profilo genetico

corpo; ma lo scotto che si

trapianti di sangue e midollo

del paziente). La difficoltà

paga in tali casi è alto, visto

osseo, ndr), quelli che

di trovare in banca dati

che il paziente è esposto a

potrebbero ricorrere a un

donatori compatibili al

infezioni che nel 30% dei

trapianto allogenico, ma non

100% ha così accelerato il

casi diventano croniche e

dispongono di un donatore

ricorso al trapianto detto

possono persino culminare

totalmente compatibile,

aploidentico, da donatore

nella morte del trapiantato.

sono quasi undicimila.

cioè compatibile al 50%.

Alla MolMed di Milano

Il 18 agosto 2016 la

Questa strategia aumenta

hanno trovato una

Commissione europea ha

sì il numero di pazienti che

soluzione. La società di

acceso il semaforo verde

possono essere avviati

biotecnologie, specializzata

all’immissione in commercio

al trapianto, ma ha come

in terapie geniche e cellulari

condizionata di Zalmoxis.

conseguenza una crescita

e nata all’interno del parco

Si tratta di un’autorizzazione

ZORLONI


nella classifica Disrupte 100, stilata da un gruppo di importanti imprenditori, uomini d’affari, investitori. Al momento sono in via di

MANGIA CHE

sviluppo diversi prototipi;

TI PA S S A

il dispositivo non è ancora a disposizione ma i test clinici di questo progetto, così potenzialmente salvifico, dovrebbero iniziare nel prossimo futuro. I punti forti di JustMilk sono il costo di produzione molto basso, la facilità d’uso e la possibilità di unire il nutrimento alla cura o alla prevenzione di determinate patologie: il bambino potrà facilmente assumere un latte potenziato che gli consentirà una crescita più regolare e il superamento di malattie pericolose ma curabili. Non è infine da sottovalutare l’aspetto la maggior parte di queste

educativo dell’operazione:

NOME

problematiche, sta proprio

oltre alla diffusione

JustMilk

nell’assunzione di specifici

del dispositivo si sta

medicinali e nutrienti:

organizzando anche un

non a caso, antibiotici,

affiancamento alle madri

antimalarici, antiretrovirali,

per aiutarle a prendersi cura

vitamine e probiotici sono

nel migliore dei modi

DOVE

fra le sostanze che in fase

del neonato.

Cambridge, Regno Unito

di allattamento vengono più

DIEGO

CHE

COSA

Tettarella per somministrare medicinali in allattamento

facilmente somministrate FATTORE

GOOD

grazie all’uso di JustMilk.

NEWS

L’idea del dispositivo è stata

***

sviluppata dal Department of Chemical Engineering and Biotechnology Se il latte materno è il primo,

in tal modo, il bimbo può

dell’università di

potente nutrimento che il

contemporaneamente

Cambridge nel 2008. Ha

nostro organismo impara

assumere eventuali

ottenuto riconoscimenti

ad assumere, l’allattamento

medicinali o nutrienti resi di

internazionali e importanti

costruisce e consolida

facile assimilazione grazie

finanziamenti grazie

il rapporto tra la madre

all’uso di tavolette solubili.

all’instancabile lavoro delle

e il neonato. Il progetto

Allo stesso tempo, JustMilk

due co-fondatrici Rebekah

JustMilk vuole estenderne

aumenta il livello di igiene,

Scheuerle e Theresa

i benefici grazie a uno

che durante l’allattamento è

Maier: hanno guidato tutte

strumento economico,

spesso assente o precaria in

le fasi dell’operazione,

leggero e di facile utilizzo.

molti paesi in via di sviluppo

dalla progettazione alla

Sembra una “tettarella”

(dove è una delle principali

realizzazione tecnica fino

e in effetti si posiziona

cause di decessi neonatali):

alla raccolta dei fondi.

sul seno, cui si adatta

sono infatti 2.9 i milioni di

A inizio 2016, JustMilk

comodamente grazie

bambini che muoiono entro

si è aggiudicata il

alla struttura in silicone.

trenta giorni dal parto.

settantacinquesimo posto

Quando il bambino succhia,

Le prime ore e i primi

(su oltre un milione di

il latte passa attraverso la

giorni sono sempre i più

progetti) della lista delle

membrana del dispositivo:

delicati; una soluzione per

startup più dirompenti,

BARBERA


R I A L Z AT I E C A M M I N A (GRAZIE ALLA T U TA R O B O T I Z Z ATA )

L’hanno definito “exosuit”

materiale tessile, permette

NOME

perché il suo segreto

alle articolazioni, ai tendini,

Soft Exosuit

rispetto agli exoskeleton –

ai muscoli e ai nervi

gli esoscheletri robotizzati

danneggiati da un evento

fatti di strutture rigide che

traumatico come un ictus

si applicano sopra al corpo

o una lesione midollare,

per aumentarne la forza –

oppure da patologie come

DOVE

consiste nel “vestire” chi lo

la sclerosi a placche e

Harvard, Stati Uniti

indossa come un abito.

la distrofia muscolare,

Anzi, meglio, come una

di ritrovare la propria

tuta elastica da indossare

funzionalità in modo più

sotto gli indumenti: leggera

rapido e facile di quanto

e aderente, realizzata in

avvenga oggi tramite una

CHE

COSA

Esoscheletro per vittime di ictus e problemi motori

FATTORE

****

GOOD

NEWS


rieducazione. La tuta, infatti, è in grado di riconoscere immediatamente i gesti di

BASTERÀ UN CEROTTO

chi la indossa e di assisterne

PE R VACCI NA RS I

i movimenti incoraggiando un’andatura naturale, grazie a un complesso sistema di minuscoli, potentissimi motori, cavi, sensori di

CAPITOLO

3

Nanopatch

movimento, pulegge e software intelligenti vari. A progettarla, ispirandosi

CHE

COSA

Vaccino antipolio

proprio agli esoscheletri ma con la chiara idea di cambiarne forma e funzioni,

DOVE

Queensland, Australia

è stato il team dell’Harvard Biodesign Lab, creato nel 2012 da Conor Walsh:

FATTORE

GOOD

NEWS

***

ingegnere irlandese appena trentacinquenne, ha lasciato il suo Paese proprio per sviluppare quest’idea al Mit

Pakistan e Afghanistan

Vaxxas, grazie al più grande

di Boston, per poi cambiare

sono gli unici stati in cui

investimento nella storia

ateneo ma non città. Il suo

la poliomielite è ancora

delle startup australiane:

exosuit nel 2016 ha vinto

endemica. Per combatterla

oltre 15 milioni di dollari.

uno dei “Rolex Awards for

si utilizzano metodi vecchi

Ora il progetto, che ha

Enterprise”: grazie a questo

di 160 anni, costosi, non

ottenuto eccellenti risultati

riconoscimento, che da

particolarmente efficaci:

nei test sugli animali,

quarant’anni esatti premia

vaccinazioni con ago e

è pronto ai primi trial

i progetti più ambiziosi

siringa per inoculare il virus

clinici umani: potrebbe

mirati al miglioramento della

inattivo oppure medicinali

essere davvero questo

nostra vita o alla protezione

da assumere per via orale.

il rivoluzionario sistema

dell’ambiente, e a una serie

Ora cambia tutto, perché

antipolio tanto atteso

di partnership dovrebbe

il bioingegnere australiano

dall’Oms, l’Organizzazione

essere commercializzato

Mark Kendall ha ideato

mondiale della sanità, visti

nel giro di tre anni.

“Nanopatch”, un sistema

i primi test già effettuati in

Intanto ha superato la

più rapido, indolore nonché

Papua Nuova Guinea.

fase di sperimentazione

a bassissimo costo. Sembra

Nello stato dell’Oceania

e i primi test, su quindici

un cerotto quadrato di

la polio è diffusa e viene

pazienti, hanno dimostrato

silicone di 1 centimetro

combattuta a fatica a causa

quanto sia efficace nel

di lato, che si applica alla

della scarsa reperibilità

migliorare l’andatura delle

pelle. Grazie a minuscole

di vaccini e di personale

persone colpite da ictus

spine coperte da vaccino (si

medico qualificato. Con

e nel ridurne gli sforzi

usa solo un quarantesimo

Nanopatch tutto si risolve

durante la riabilitazione.

della dose tradizionale),

in modo semplice e veloce,

Con un ulteriore, grande

agisce direttamente a un

visto che chiunque può

vantaggio: visto l’alto

livello di profondità ideale

autovaccinarsi. Per questo

livello di portabilità, può

per la somministrazione,

Mark Kendall crede

essere usato anche lontano

evitando le risposte

sia possibile iniziare la

dall’ospedale perché

immunitarie importanti

produzione di Nanopatch

è possibile controllare

che le iniezioni in muscolo

nel 2020, anche se in

a distanza i parametri

possono generare. L’idea è

genere il lasso di tempo

e adeguarli online alle

nata nel 2003 all’università

intercorrente fra l’idea e la

necessità dei pazienti, in

di Oxford, quindi è stata

commercializzazione di un

continua evoluzione.

sviluppata all’Australian

simile strumento medico è

F.B.

Institute for Bioengineering

di 15-20 anni.

and Nanotechnology

D.B.

dell’università del Queensland. Kendall ha poi co-fondato la società


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CAPITOLO

W I R E D

—

I N V E R N O

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COME LIBERARE LE ENERGIE DELLE NUOVE GENERAZIONI?


RIS P O N D O N O:

BJÖRK SHERYL SANDBERG GIORGIO CHIELLINI JAN FABRE S AT YA N A D E L L A


RIS P ON DE:

BJÖRK

UTOPIE L' E C L E T T I C A I

PROPRI

STRUMENTO PER MA

M U SICISTA

SOGNI

NON

DI

ISLANDESE

USANDO

LA

LIBERAZIONE

R AC CONTARE

IMMAGINARE

MONDI

E

SOLO

IL

LONTANI

MARIA JOSE GOVEA

I N V E R N O

COME

IS PIR A ZIO NE.

FOTO:

W I R E D

REALIZZA

TECNOLOGIA

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RE ALE, E

DIVERSI


COURTESY

OF

RED

BULL

CONTENT

POOL


H 64 65

Ho sempre pensato che, nella creazione artistica, l’intuizione debba prevalere sulla pianificazione. È un principio che applico anche mentre faccio i miei dj-set con il volto nascosto da una maschera, circondata dalle piante che ricoprono la console. Ho cominciato a mettere dischi a New York, nel bookstore dell’associazione no-profit Housing Works. Lo facevo di giorno, mentre i miei bambini giocavano e la gente beveva il caffè. Però trovo che sia bello fare festa insieme ai propri figli. È salutare. A volte penso che i miei siano i dj-set più noiosi del mondo. «Per quanto tempo posso andare avanti a suonare musica così strana e cavarmela?», mi domando. Il mio forte è una conoscenza musicale da vera nerd; il tecnico del suono sostiene che ho la libreria di iTunes più grande che abbia mai visto. Ho le registrazioni dei canti degli uccelli dell’Amazzonia fatte da David Toop negli anni ’70, flauti, suoni di ogni tipo. Scambio musica in continuazione con Aphex Twin, Leila Arab, Andy dei Plaid, Alex Ross che mi ha fatto scoprire il minimalismo, Steve Reich; e Jürg Frey, un compositore svizzero degli anni ’50. Mi piace creare un percorso ripido: dal silenzio fino alla musica più irrequieta possibile. È una dinamica che mi appartiene, alla quale sono molto affezionata. È la mia forma di dedizione alla resistenza, un’idea che ho preso dall’artista islandese Ragnar Kjartansson e dalle sue performance basate sulla ripetizione e sulla durata. Amo anche costruire i dj-set come viaggi inaspettati da un luogo all’altro. È una rappresentazione in musica del concetto di utopia. Non ha senso per un artista raccontare solo il reale, è importante invece che sappia immaginare e creare mondi lontani e diversi. Sono nata in Islanda, un luogo in cui molte cose sembrano realizzare l’utopia. Non abbiamo l’esercito. Abbiamo l’aria più pulita del mondo. Reykjavík, la capitale, ha meno di 150mila abitanti, ci conosciamo tutti; non c’è possibilità di farsi dimenticare dagli altri, se fai qualcosa di male. La mia idea di utopia è un viaggio in fuoristrada tra le montagne del mio Paese, ascoltando musica lenta per pianoforte. Anche se l’Islanda è un’isola praticamente vuota – ci sono pochi animali e zero alberi – la terra urla in continuazione. Il mio rapporto con la natura non è romantico, per niente hippie. Io credo nell’utopia. Credo anche nell’utopia ambientale: se siamo riusciti a creare un iPhone 7, siamo certamente in grado di eliminare i carboni fossili dal nostro pianeta, e dobbiamo farlo subito, ora! Così come credo nell’utopia sociale: anche perché sono cresciuta in una comune con mia madre, Rúna Hauksdóttir, che è un’importante attivista politica e femminista. Nel 1975, quando avevo nove anni, ho partecipato

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alla prima manifestazione per la parità di salario tra uomini e donne in Islanda. Nell’ottobre del 2016, le lavoratrici del mio Paese sono ancora scese in piazza: abbiamo la differenza di salario più bassa del mondo ma loro vogliono eliminarla del tutto. a musica per me è stata un’altra utopia. Frequentavo il Reykjavík College of Music, in una recita ho cantato la hit di Tina Charles I Love to Love e il mio insegnante ha mandato il nastro alla RUV Radio Station, a quei tempi l’unica emittente dell’isola. L’etichetta Fálkinn mi ha chiamato e nel 1977 ho registrato il primo album; poi ho scoperto il punk e ho formato una band di sole donne chiamata Spit and Snot (Sputo e moccio, ndr). L’utopia per me significa credere fortemente in quello che si vuole ed essere determinati. Vuol dire confrontarsi con la realtà senza mai smettere, non cercare una via di fuga. È essere realistici nei confronti dei propri sogni, al contrario, e provare a raggiungerli. Tutti ne abbiamo un gran bisogno. Sono molto curiosa riguardo ai miei sogni, voglio continuare a celebrare l’irrealtà. La tecnologia serve esattamente a questo, a rendere più facile la creazione del proprio sogno. Ho avuto il mio primo laptop nel 1999 e mi ha liberato completamente. L’idea di tecnologia come strumento di liberazione mi ha portato a sperimentare con la realtà virtuale. È nata così l’installazione Björk Digital, presentata alla Fondation pour l’Art Contemporain di Montreal in occasione della Red Bull Music Academy: cinque video in virtual reality – creati da Andrew Thomas Huang, Jesse Kanda e da Dentsu Lab Tokyo – tratti da Vulnicura, il mio ultimo album. Che è invece il primo in cui ho immaginato e scritto le canzoni in ordine cronologico: solo dopo averlo completato mi sono resa conto di aver costruito una narrazione simile a una tragedia greca. La realtà virtuale è un elemento di continuità naturale rispetto al videoclip, ma crea teatralità; dunque è uno strumento ideale per far avvicinare il pubblico al percorso emotivo raccontato nelle canzoni. Il viaggio comincia con Black Lake, commissionato dal MoMA di New York e ambientato in una spiaggia in Islanda; termina con Family, un’esperienza interattiva che racconta la trasformazione di una donna con il cuore spezzato. Il viaggio dal dolore alla guarigione, dalla disperazione a una nuova legittimazione di se stessa. Cura le ferite coltivando il potere della propria voce. Ho cercato di mettere insieme la musica, le immagini e le emozioni. È un tentativo. Ma la maggior parte delle mie canzoni è nata da un tentativo, appunto. All Is Full of Love l’ho scritta e registrata in due ore, ma

L

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2


per arrivare a quel momento mi ero preparata per due lunghi anni. Fare arte oggi vuol dire anche commettere errori. Come se non bastasse, la realtà virtuale è un mondo totalmente sperimentale: l’installazione Björk Digital è stata una delle cose più complicate che abbia mai fatto. Però credo che sia questo il dovere di ogni artista, usare gli strumenti che tutti usano. Il telefono, le email, Skype, la virtual reality, qualsiasi cosa. Le orchestre sinfoniche erano la realtà virtuale del XVI e del XVII secolo: creavano dei mondi con gli strumenti che avevano a disposizione. ietro a ogni mio album c’è un’emozione. Quando riesco a realizzarlo nel modo giusto vuol dire che sono riuscita a unirla alla tecnica: se riesci a lasciare fuori l’ego ed eviti di raccontare una storia troppo autoreferenziale, diventa universale. Il punk, per me, era una musica che parlava del momento presente, scritta da ragazze. Homogenic era il tentativo di avvicinarmi alla musica della mia isola e di creare un ritmo islandese moderno, una techno vulcanica e distorta. Poi l’Islanda ha cominciato a diventare famosa grazie a un’infinità di spot di automobili e ho deciso di farla vedere da un altro punto di vista. Volta era la mia dichiarazione di ribellione. Biophilia parlava dell’universo, Vulnicura di una sola persona e del suo cuore spezzato. Ci sono volute solo cinque ore per scrivere le canzoni, mesi di lavoro per fare gli arrangiamenti di archi. In Islanda non siamo soliti lavorare in studio. Ci ritroviamo a casa di qualcuno, stiamo insieme, cuciniamo, mangiamo e suoniamo: per me è l’unico modo per realizzare qualcosa che deve avere comunque senso quando viene ascoltata in ogni casa del mondo. Un album non può essere significativo solo nello studio in cui lo hai registrato. Non solo, è anche molto importante avere una musica che ti accompagni mentre prepari un sandwich in cucina. Di solito ascolto cantanti R&B islandesi, oppure Chaka Khan o Kelela. L’R&B unisce la famiglia, è il tipo di musica che piace a tutti. Non so come sarà il mio prossimo album. È ancora in una bolla. Non riesco ancora a vederlo da fuori. Di solito scrivo canzoni, poi creo un personaggio e un’immagine intorno, come se unissi i puntini di un quadro. Cerco un archetipo per visualizzare: di che colore è questo disco? È verde o blu? Mi piace avere delle radici nella storia dell’arte del mio tempo. Ogni tanto penso alla musica che compongo come a una specie di folk del Ventunesimo secolo: parlo della vita di tutti i giorni e la trasformo in una canzone pop aggiungendo un ritmo e un po’ di poesia. Il mio strumento, dal punto

D

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66 67

di vista artistico, è la voce, e la mia ha le sue radici nella natura umana stessa. Ho cantato in una punk band, ho fatto la solista, ho usato l’elettronica, gli archi e gli arrangiamenti orchestrali. Ho fatto overdose di archi. Ora voglio prendermi il rischio di far parte di questo momento e di commettere degli errori. È importante sentire la pressione. L’artista deve accettare di andare nella direzione più scomoda, più difficile, e avere fin dall’inizio il quadro chiaro. Devi lavorare duro per risolvere quel mistero che è la tua psiche e arrivare a essere la stessa persona, dentro e fuori. L’arroganza della gioventù è importante. È bello odiare qualcosa. Non sopportate alcuni generi musicali? Bene! Io non tollero Bach e Beethoven, sono due vecchi tedeschi. Il punto principale è capire quello che volete, strappare le erbacce intorno alla vostra identità artistica. Gli artisti che sono sicuri della propria creatività possono duplicare o triplicare il significato delle loro opere. È l’utopia: cercare di far coincidere il tuo mondo interno con quello esterno. In fondo la musica che ascoltiamo non finirà mai ed è proprio questo che la rende così interessante.

björk guðmundsdóttir in arte Björk, è la stella della musica e dell’arte d’Islanda: cantante, compositrice, attrice, attivista e produttrice, è nata a Reykjavík il 21 novembre 1965. Celebre per la versatilità, l’eclettismo nel mischiare generi musicali e l’eccentrico abbigliamento di scena (ma non solo),

ha venduto oltre 40 milioni di dischi. Ha inoltre vinto 4 Brit Awards, 4 MTV Video Music Awards e ha ricevito 13 nomination al Grammy, una all’Oscar e due al Golden Globe. Questo testo è tratto dalla lectio magistralis che l’artista ha tenuto lo scorso ottobre alla Red Bull Music Academy di Montreal.

C A P I T O L O

2



SHERYL SANDBERG

RIS P ON DE:

FATEVI AVANTI LE E

PROMOZIONI

COME

OGGI

I

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C H I E D O N O ".

LA

AZIENDE

FACEBOOK

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SEMPRE DI

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069 —

I N V E R N O

16 / 17

SFIDANDO

"LORO DI

NON

GENERE

NUMERO

POSIZIONI

TYLER S PA N G LE R

W I R E D

AUMENTI

M A S C H I, CUI

DISCRIMINAZIONE

DONNE

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TR ATTANO

COLLEGHI

L' O P I N I O N E

NELLE DI

LAVORATRICI

DI

AVERE

DIRITTI

DUE COMANDO

TIMORE


na regista cinematografica freelance racconta la sua trattativa. Era preparatissima, prontissima, armata di statistiche e di un discorso impeccabile. Invece di lanciarsi sulle ragioni per cui meritava l’assegnazione di quel progetto e i soldi che avrebbe fatto guadagnare all’azienda, ha però cominciato con queste parole: «Sarò sincera: voglio dirle che intendo assolutamente negoziare, anche se le statistiche dimostrano che lei finirà per apprezzarmi assai meno». Già immaginava come ruotassero gli ingranaggi nella testa dei colleghi e aveva ragione: quando le donne chiedono ciò che meritano, spesso si trovano a fare i conti con arretratezze e resistenze sociali. Passano per “prepotenti” o “aggressive”, solo perché si permettono di chiedere. Così aveva trovato quella soluzione: affrontare la discriminazione prima che emergesse. Ha funzionato. La diffusione di quel giudizio negativo, “troppo aggressiva”, è una delle scoperte fatte da Women in the Workplace 2016, uno studio di LeanIn.Org e McKinsey & Co. reso pubblico qualche mese fa. Basato su un’indagine promossa fra 132 imprese per un totale di oltre 4,6 milioni di dipendenti, è probabilmente la più esaustiva analisi annuale sulle donne nell’industria americana. La ricerca del 2015 concludeva: «Siamo distanti un secolo dall’uguaglianza di genere nelle “C-suite”», come vengono definiti in gergo i vertici aziendali. A distanza di un anno la situazione non sembra granché migliorata; questo stato di cose fa male alle nostre aziende e all’intera economia, oltre che alle donne. Le quali continuano a essere sottorappresentate a ogni livello aziendale e detengono meno del 30% delle posizioni di senior management. Come se non bastasse, raggiungono ben presto il glass ceiling, il soffitto di vetro: cioè l’invisibile limite oltre il quale una carriera non può procedere. Hanno molte meno probabilità degli uomini di essere promosse da un livello più basso a manager e, in relazione agli anni di lavoro, continuano a perdere terreno in modo incrementale. Né il gap di leadership femminile è dovuto al logoramento, visto che in realtà donne e uomini abbandonano le aziende in misura pressoché identica. Com’è assolutamente prevedibile, queste sfide risultano ancora più impegnative per le donne di colore, che compongono il gruppo in assoluto più sottorappresentato negli organigrammi aziendali; sono sempre loro a sperimentare il calo più evidente di presenze nel management intermedio e alto, anche se sono forse le più disposte a dichiarare la propria volontà di diventare top executive.

U

70 71

ualche notizia incoraggiante, tuttavia, non manca. Le donne adesso trattano aumenti e promozioni con la stessa frequenza dei pari grado maschi, sfidando così l’opinione diffusa secondo cui «loro non chiedono». Forse non sorprende che quelle che sollecitano un avanzamento abbiano molte più probabilità di ottenerlo di quelle che non lo fanno. Comunque sia, ancora non se la cavano bene come gli uomini e, in media, hanno meno probabilità di essere promosse. La sfida consiste naturalmente nell’abbattere gli stereotipi che contribuiscono a rendere “sgradevole” una dipendente quando presenta una richiesta. Se osano intavolare una trattativa hanno il 67% in più probabilità di venire criticate perché il loro stile personale sarebbe “intimidatorio”, “aggressivo” o addirittura “prepotente”. E sono alte le probabilità che questo genere di osservazioni provenga dagli uomini coinvolti nella negoziazione. La ragione di tanta resistenza sta nei numerosi luoghi comuni più o meno inconsci che tutti nutriamo riguardo alle donne e agli uomini. Ci aspettiamo che i secondi siano assertivi, che se la cavino da soli e spingano per avere di più, così quando lo fanno il “disturbo” è minimo. Le prime, invece, devono essere comunitarie e collaborative, devono saper coltivare e dare, devono restare sempre concentrate sulla squadra invece che su se stesse, anche per scongiurare il rischio che qualcuno le

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consideri troppo prese dalle cosiddette problematiche femminili. Naturalmente, quando perorano la propria causa vengono spesso considerate in modo negativo. Il problema non sta solo nel chiedere, bensì nel fatto che le donne affrontano sin dall’inizio una battaglia in salita. Benché siano informate e preparate quanto i colleghi maschi, ricevono comunque riscontri meno frequenti sulle loro prestazioni e hanno pochi sponsor ai livelli superiori. Quelle coinvolte nella nostra indagine sostengono di non ricevere incarichi impegnativi e di dover sempre lottare per vedere riconosciuti i propri contributi e le proprie idee. Di conseguenza non sorprende che, in percentuale quasi tripla rispetto agli uomini, pensino che per loro sarà più difficile ottenere un aumento, una promozione, la possibilità di andare avanti. Queste distorsioni del sistema sono rilevanti per tutti noi, non solo per le donne: la ricerca dimostra che l’uguaglianza di genere fa bene sia alle imprese sia ai singoli individui. Team e aziende con composizione diversificata producono risultati migliori, oltre che maggiori entrate e profitti; il che si traduce in più opportunità per tutti, a prescindere dal sesso. Siamo convinti che i leader vogliano fare ciò che è giusto ed è stato incoraggiante vedere quante imprese abbiano scelto di partecipare alla nostra indagine – il 78% dichiara che combattere la differenza di genere è una delle dieci priorità dei propri amministratori delegati. I quali, però, stanno ancora cercando di tradurre in pratica il loro impegno: solo la metà afferma di sapere cosa occorra fare per migliorare il gender gap; appena un quarto dei dipendenti, inoltre, dichiara che i loro dirigenti si oppongono a linguaggi o comportamenti discriminatori nei confronti delle colleghe. Anche se il 93% delle aziende, infine, dichiara di utilizzare criteri trasparenti per assunzioni e promozioni, soltanto il 57% dei dipendenti conferma che ciò è vero anche nella pratica. o studio che abbiamo promosso è un promemoria – l’ennesimo – di quanto ancora ci sia da fare. Ci sono passi che le imprese possono compiere subito, cominciando a misurare i progressi. Anche se in gran parte esse tengono un resoconto dettagliato delle differenze di genere nelle assunzioni e promozioni, meno del 35% si fissa degli obiettivi: è più difficile fare progressi senza porsi dei traguardi chiari da raggiungere. Le aziende devono impegnarsi di più sulla differenza di genere, devono spiegare perché è importante e come il suo superamento comporti benefici per tutti. Possono investire in formazione sulla discriminazione di genere – mirata soprattutto ai manager, i quali prendono le decisioni che influenzano l’esperienza di lavoro quotidiana delle donne e la loro carriera. Le imprese possono anche incoraggiare tutti, dai dipendenti del primo livello ai massimi dirigenti, a parlare apertamente di stereotipi e gender gap, per dare alle donne maggiori opportunità di leadership, accesso agli sponsor e riconoscimento dei meriti. Ma tutti noi possiamo incoraggiarle a trattare, fino al giorno in cui sarà considerato normale, o persino previsto, che chiedano di più. Sempre più donne si fanno avanti e tutti faremo più strada quando sui luoghi di lavoro saranno eliminate le differenze di genere.

L

Reprinted by permission of Wall Street Journal, Copyright © 2016 Dow Jones & Company, Inc. All Rights Reserved Worldwide

sheryl kara sandberg è chief operating officer di Facebook. Nata nel 1969 a Washington, ha fondato l’organizzazione no profit Leanin.org (380mila associate in 131 paesi), creata per offrire alle donne ispirazione e supporto. Laureata summa cum laude in Economia ad Harvard, è stata vicepresiden-

te di Google e, prima ancora, capo del personale di Lawrence Summers, segretario del Tesoro di Bill Clinton. Inserita da Time Magazine fra le 100 persone più influenti del mondo nel 2012, ha scritto il libro Facciamoci avanti - Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire.

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GIORGIO CHIELLINI

RIS P ON DE:

RESPONSABILITÀ SOCIAL(E) FACEBOOK, DI

T W IT TE R,

INSTAG R A M

COMUNICAZIONE

STRAORDINARI

VEICOLI

E

PER

D E L L' I N T E G R A Z I O N E , IL

DIFENSORE LA

VERA

DI

JUVE

SONO

VISIBILITÀ

E

INNOVAZIONE

SOSTENERE ALMENO

LA

DAAN BOTLEK

072 —

I N V E R N O

C U LT U R A

PER

CUI

SOLIDARIETÀ

A R T:

W I R E D

ANCHE

LA

SECONDO

NAZIONALE, È

STRUMENTI

MA

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iventare un calciatore professionista e giocare ad alto livello vuol dire non avere mai tempo, vivere costantemente al centro dell’attenzione e vedere amplificati ogni parola, commento o attività sui propri social network. È una responsabilità ma anche un’opportunità, da usare per fare qualcosa di buono. Sono un vero maniaco della tecnologia, leggo sempre Wired, so che le innovazioni tecnologiche che hanno cambiato la nostra vita possono anche realizzare una vera rivoluzione, culturale e sociale. Basta usarle bene, trovare un punto di equilibrio. Perché è vero: le parole di un calciatore, e in generale di uno sportivo, per i giovani spesso valgono più di quelle di chiunque altro. Mi capita di fare incontri nelle scuole e parlare con i ragazzi delle medie o del liceo: cerco di trasmettere loro dei messaggi e mi rendo conto che la stessa cosa, detta da me, viene più ascoltata di quando la propone qualsiasi maestro, professore e genitore. Sei una cassa di risonanza di contenuti e di qualsiasi tipo di comunicazione positiva. Ecco perché credo sia fondamentale, per noi sportivi, imparare a usare bene quelle parole, a utilizzare i social network per comunicare messaggi importanti; altrimenti diventano semplici moltiplicatori di cose inutili. Io provo a creare una cultura dell’integrazione attraverso lo sport. Penso all’importanza della maglia di un calciatore, per esempio: è un simbolo dal grande significato educativo, un segno di appartenenza che non deve dividere ma integrare. È anche uno strumento per creare innovazione sociale. Ogni volta che la indosso, prima di una partita importante, so che se gioco bene e magari insieme ai miei compagni vinco, acquisterà valore. Quando entri in campo, la maglia pesa già di suo ma è bello pensare che grazie al tuo impegno possa aiutare gli altri. Ricordo quando ho iniziato a mettere all’asta su eBay le mie prime maglie della Juventus, nel 2005. Le appendevo al muro del mio appartamento a Torino, scattavo le foto e le caricavo. Adesso sono cambiati gli strumenti, è tutto più semplice e fai tutto con un solo gesto ma allora non c’erano gli smartphone, ci voleva più tempo. Tanta gente non ci credeva, pensava che fosse una fregatura. Invece ero proprio io. Per me è nata così: ero un ragazzo che voleva aiutare altri ragazzi. Da lì è cominciato tutto, la maglia indossata nella partita contro il Chelsea in Champions League, che ha superato i mille euro di donazioni, e tutto il resto. Oggi consegno tutte quelle che indosso, o che ricevo in cambio da un avversario, a una mia struttura che lavora su questo a tempo pieno. Le associazioni da aiutare sarebbero migliaia, per cui ho cominciato da quelle che conosco personalmente. Una è la scuola calcio per ragazzi disabili Insuperabili, di cui sono anche capitano onorario, creata a Torino dai miei amici Davide Leonardi e Attila Malfatti. Alle prime cene in cui si parlava del progetto eravamo in tre; nel 2011 abbiamo cominciato con quattro iscritti; ora abbiamo dieci Academy sparse in tutta Italia. Trecento ragazzi, 15 squadre e l’obiettivo di diventare un vivaio da cui la Federazione attinga per creare una nazionale di calcio disabili e partecipare alle Paralimpiadi del 2020. Gli Insuperabili hanno bisogno di risorse e visibilità. Quando posso vado a trovarli al centro di allenamento a Grugliasco, e ogni volta è un’esperienza incredibile. La cosa più bella è il sorriso dei bambini quando ti vedono: c’è tantissima felicità in quegli occhi, sapere che per loro sei un idolo è impressionante. Ti fa pensare ancora di più alla responsabilità che hai, che si aggiunge a quella che hanno tutti sul lavoro e nei confronti della famiglia. È un onore ma anche un peso che ti porti dietro. L’affetto e l’emozione che provano questi ragazzi, solo perché passano un’ora insieme a me, è un’esperienza veramente toccante. Sono persone incredibili, mi emoziona pensare agli sforzi e ai sacrifici che devono affrontare per allenarsi o per una partita. È chiaro, il fatto che io sia diventato un giocatore importante li ha aiutati a livello mediatico e di comunicazione, ma a me dà fastidio apparire più di loro che sono i protagonisti e si meritano tutta

D

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l’attenzione. Gli Insuperabili insegnano a questi ragazzi a giocare a calcio, a diventare atleti veri. Non si limitano a farli divertire: trasmettono il senso della vittoria, i valori di squadra, lo spirito agonistico. Indossare quella maglia li fa sentire parte di un progetto, li carica di una grande responsabilità e, soprattutto, li fa sentire tutti uguali. La promozione dello sport per disabili può e dev’essere l’inizio di una nuova cultura dell’integrazione. Penso all’effetto positivo delle Paralimpiadi, soprattutto da Londra in poi; penso alle imprese di atleti eccezionali come Bebe Vio e Alex Zanardi, che hanno trasformato una grave malattia e un terribile incidente in una seconda vita. L’idea di superare i limiti, di rendere accessibile lo sport a tutti, anche alle persone con disabilità, mi affascina. a seconda associazione che sostengo è l’Haccompagnami Onlus, che dieci anni fa a Livorno, la mia città natale, ha creato una compagnia teatrale per ragazzi disabili chiamata Mayor Von Frinzius. Il regista, Lamberto Giannini, era un professore del liceo che frequentavo: con lui, da ragazzi, mio fratello e io facevamo i campi estivi. È una figura importantissima della mia vita, una persona che m’ha insegnato tanto. L’impegno di tutti i ragazzi portatori di handicap che partecipano a questo progetto è straordinario: provano due volte alla settimana, da settembre a maggio, a volte anche per cinque ore consecutive. Arrivano davvero a forzare i propri limiti pur di andare in scena e riuscire a esibirsi in un teatro molto spesso pieno. Sì, perché alle prime dei loro spettacoli ci sono centinaia di spettatori: in un certo senso, è un impegno simile a quello di un calciatore professionista. Devono imparare a improvvisare, a sviluppare un rapporto con il pubblico. Il teatro è terapeutico per tutti ma per loro ha una valenza diversa: si sentono fondamentali perché sono i protagonisti e senza di loro lo spettacolo non andrebbe in scena. Ogni giovedì recitano al Teatro Goldoni di Livorno. Io purtroppo non ci posso andare ma mia mamma sì, spesso.

L

li Insuperabili e Mayor Von Frinzius sono cresciute tantissimo negli ultimi anni, hanno superato le mie aspettative e questo mi rende molto felice. Non posso che augurar loro il meglio. Per quanto riguarda me, l’unica cosa che vorrei è avere un po’ più di tempo, in modo da poterli seguire e stare con loro. Comunque so che ogni semplice gesto, come twittare una foto o magari pubblicare sui miei social le informazioni sulle loro attività, può fare una grande differenza. Grazie anche alla tecnologia, le generazioni future vivranno forse in un mondo migliore: ma dovranno imparare a gestirla bene, a utilizzarla in modo corretto. Perché è uno strumento prezioso per creare una maggiore consapevolezza delle diversità e, magari, migliorare tutta la nostra società. È il mio impegno di uomo, padre e calciatore. La vera innovazione, in fondo, è la solidarietà.

G

giorgio chiellini è nato il 14 agosto 1984 a Pisa. È cresciuto a Livorno, dove ha esordito come calciatore professionista. Da allora sempre alla Juventus, a parte un anno con la Fiorentina. Con la maglia bianconera, nel ruolo di difensore, ha conquistato 5 scudetti consecutivi, 2 Coppe Italia,

3 Supercoppe di Lega. Con la nazionale italiana: 7 reti in 90 presenze. Nel 2010 si è laureato in Economia e commercio all’università di Torino con una tesi sul bilancio di una società sportiva. Da sempre impegnato in progetti solidali, è un grande appassionato di tecnologia e serie tv.

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RIS PON DE:

JAN FAB RE

IL GUERRIERO DELLA BELLEZZA

77 W I R E D

—

I N V E R N O

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A L L’ H E R M I T A G E IL

METTE PER

IN

CHE

L' A R T E

COSÌ

È

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SAN

PIE T R O B U R G O,

ARTISTA

MOSTRA

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PAS SIONE, SOLO

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LE

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ANARCHIA

DI

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PROPRIE NUOVE

L' A M O R E : E

POSSIBILE

CI

NESSUNA ESSERE

TE STO:

MELANIA ROSSI

OPERE

GENERAZIONI VUOLE RE G O L A.

INNOVATIVI



80 81

A

cosa serve l’arte contemporanea? «A guardare con occhi diversi le opere classiche e a trovarvi nuovi significati», risponde Dmitry Ozerkov, curatore dell’Hermitage di San Pietroburgo. E qual è il ruolo di un artista contemporaneo? «Io ho “ricevuto il fuoco” dai miei maestri Bosch, Dürer, Rubens, Van Dyck. Voglio passare la fiamma alle nuove generazioni perché l’arte è come l’amore: passione, anarchia, nessuna regola», afferma Jan Fabre. Nato ad Anversa nel 1958, dopo gli studi all’Istituto di Arti decorative e all’Accademia reale di Belle arti, è anche commediografo, direttore di scena, coreografo e designer. Questo fa un vero maestro: insegna a sentirsi liberi, appassionati e curiosi al punto da misurarsi con anarchica devozione e ironica umiltà con i grandi del passato. Chi meglio di lui, visto che è stato il primo artista vivente ad avere una personale al Louvre di Parigi; visto che una sua tartaruga di bronzo è apparsa in piazza della Signoria a Firenze, accanto al David di Michelangelo; e che l’ultimo suo spettacolo, lungo ben 24 ore, è in tour mondiale. Passa dal disegno alla scultura, dalla performance al teatro, dalla scrittura al video con estrema coerenza concettuale; per lui artista «è colui che fallisce continuamente» e si definisce «cavaliere della disperazione e guerriero della bellezza». Il suo ultimo progetto è proprio Knight of Despair/Warrior of Beauty. La mostra, curata da Dmitry Ozerkov, è in corso fino al 30 aprile 2017 al museo Hermitage (più di tre milioni di opere), in quel che fu il palazzo imperiale degli zar. Lo storico direttore Mikhail Piotrovsky lo definisce un «organismo vivente che non smette di stupire». Cosa può aggiungere un artista contemporaneo a tali quantità e qualità? L’idea inizia con la performance Love is the Power Supreme: Fabre gira per le sale in armatura e bacia preziosi dipinti, oggetti e sculture; un gesto di libera riverenza e amore carnale per la bellezza. Ha scelto di allestire le sue opere nelle stanze della grande pittura fiamminga e olandese, quelle dei suoi maestri. Alcuni lavori degli anni Settanta, oltre a più di cento nuove creazioni, fanno da commento alla storia dell’arte, quasi creando brillanti note a margine. Il visitatore, già colpito dalla sensualità moderna del Cristo di Rubens, alza lo sguardo e trova quella vagamente ironica del performer Cédric Charron, ritratto da Fabre su inchiostro blu. All’occhio umano quelle strane figure blu appaiono e scompaiono a seconda dell’angolo visivo, ma emergono subito se osservate attraverso uno smartphone. «All’arte non ci abitueremo mai», ha scritto nel 1991. «Sono un nano nato in una terra di giganti», sorride davanti a una grande tela di Rubens, quasi dimenticata per oltre ottant’anni nei depositi. Ha voluto che fosse restaurata ed esposta nella sua installazione Umbraculum: letteralmente luogo nell’ombra, rifugio, riparo dalle fatiche di tutti i giorni. «Un’installazione che parla del mio museo», dice Piotrovsky, «perché tra gli avanti e indietro della politica e la schiavitù della tecnologia, diamo la possibilità alle persone di vedere cose reali». All’inaugurazione sono accorse seimila persone; altrettante non sono entrate per ragioni di sicurezza. Fabre ha dimostrato che con umiltà e passione si possono superare le inibizioni intellettuali, che un artista può pensare di continuare la leggendaria tradizione da cui proviene senza esserne sopraffatto. In questo senso l’arte contemporanea può influenzare le nuove generazioni e l’insegnamento di un grande, che si definisce con ironia «genio senza talento», ne è la prova.

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©PLATON

/

TRUNKARCHIVE.COM


Stati sono considerati burocratici e letargici: oggi, tuttavia, si assiste a un cambiamento. I governi cominciano a operare come una qualunque grande azienda che abbia bisogno di innovare. Certo, il settore pubblico ha standard di sicurezza e privacy diversi; ma questi enti stanno creando spazio per la sperimentazione e

GRAZIE ALLE

la rapida evoluzione che,

I N F R A S T R U T T U R E D I G I TA L I AV R E M O I S TITUZ I O N I PI Ù TR A S PA R E NTI , V E LO C I E I N T E R AT T I V E

una volta testate, potranno essere portate all’interno delle funzioni chiave della pubblica amministrazione. Un giorno non tanto lontano, quando gli sviluppatori prenderanno coscienza di queste

di Satya Nadella CEO

DI

MICROSOFT

possibilità e i governi sapranno sostenerne lo sforzo, ci troveremo in condizione di interagire con i nostri enti locali, statali o federali con le stesse semplicità e trasparenza che viviamo in altri servizi ai consumatori. Di conseguenza, ci libereremo di larga parte dei costi di transazione

Nel corso degli ultimi

negli Stati Uniti – e ho

Nello Stato indiano di Tamil

che tutti noi sopportiamo

decenni, le aziende si sono

notato un cambiamento

Nadu, una piattaforma

affinché le cose vengano

progressivamente abituate

fondamentale in atto: i

Microsoft di cloud-

fatte: sia che ci si trovi in

a operare in ambienti ricchi

funzionari anche lì iniziano

computing ha permesso

coda alla motorizzazione,

di dati e a utilizzare sistemi

a ricercare quelle stesse

di monitorare in diretta

sia che si debba presentare

che le aiutino a trarre il

capacità, attingendo allo

video quanto accadeva

la dichiarazione dei redditi

massimo vantaggio da

stesso genere di “poteri”

nelle cabine elettorali,

o accedere ad agevolazioni.

questa mole immensa di

analitici e predittivi di cui

contribuendo in questo

Tutto diventerà più

informazioni. Sappiamo

usufruiscono le aziende, in

modo allo svolgimento

immediato e semplice:

quando i clienti vengono

modo da svolgere al meglio

libero e regolare delle

grazie all’aumento della

a visitare i nostri siti web,

le proprie funzioni.

elezioni.

fiducia e alla riduzione dei

quando interagiscono sulle

Ovunque nel mondo

Città degli Stati Uniti

costi di transazione, si

app, quando chiamano il

vediamo i governi locali

come San Jose, Seattle,

realizzerà una crescita

reparto vendite. Abbiamo

servirsi dei dati per vincere

New Orleans e New York,

reale del Pil.

una visione a 360 gradi

le sfide che le loro comunità

infine, stanno utilizzando

Non è solo tecnologia per

di chi essi siano, di cosa

devono affrontare. A

raccolte di dati pubblici

la tecnologia. L’economia

abbiano fatto e di quello che

Tacoma, Washington, il

per individuare i rischi nella

cresce quando investiamo

probabilmente servirà loro

Dipartimento dell’istruzione

sicurezza stradale e il modo

in infrastrutture e questa

in futuro.

è in grado di prevedere i

migliore di ridurli.

è un’infrastruttura: solo

Di solito la gente non

tassi di abbandono delle

Per gli sviluppatori, ciò

di un genere diverso e

si aspetta che i governi

scuole superiori e di usare

rappresenta una grande

straordinario.

abbiano lo stesso genere di

quell’informazione per

opportunità. In genere

capacità. Ho lavorato molto

erogare le sue scarse

si pensa che l’industria

con il settore pubblico –

risorse in modo da

tecnologica innovi

anche all’estero, non solo

contrastare il fenomeno.

rapidamente, mentre gli


Q U A N D O I G I O C AT T O L I P R E N D O N O V I TA

NOME

Kodama

CHE

COSA

Animazione 3D per bambini

DOVE

Londra, Regno Unito

FATTORE

GOOD

NEWS

***

precedenti esperienze nel

concezioni.

mondo dei videogiochi

Reale e virtuale in Kodama

e degli effetti visivi»,

si incontrano e diventano

spiega Charles Leclercq,

l’uno lo specchio dell’altro,

ventottenne con un

senza per questo eliminare

passato in Ubisoft e

la componente fisica e

cofondatore della società

tattile del gioco come

con base a Londra

forma fondamentale

insieme al progettista

di apprendimento e

Antoni Pakowski. «Volevo

socializzazione.

creare uno strumento

La condivisione può

intuitivo, che permettesse

diventare così un modo

a tutti di realizzare

per avvicinare bambini

animazioni in tempo reale,

e genitori, spingendoli

concentrandosi appieno

a creare insieme nuove

Quando i bambini

tridimensionale sullo

sul racconto anziché su

storie. O un modo per gli

giocano con pupazzi,

schermo di un tablet, pronto

complicate interfacce».

animatori professionisti

bambole e robot, è come

a riportare fedelmente ogni

Dopo 6 mesi di prototipi

di sperimentare metodi di

se questi si animassero

spostamento. Questo è

e test è arrivato il

lavoro alternativi, e magari

davanti ai loro occhi.

possibile grazie a una serie

prodotto finito, che vedrà

permetterci di vedere

Ma cosa succederebbe

di magnetometri incorporati

il mercato nel 2017. «È

qualcosa di diverso dai soliti

se accadesse davvero?

nella base, che rispondono

stata una vera e propria

blockbuster. «Lo scopo è

Kodama, che nella cultura

ai magneti inseriti nelle

sfida: personalmente ho

democratizzare il processo

giapponese è il nome

miniature e ne tracciano i

imparato a scrivere linee

creativo, stimolando la

degli spiriti silvani, è una

movimenti in modo analogo

di codice realizzando

varietà. Siamo un po’

piattaforma che permette

al gps. Ruotando una

qualche app nel tempo

stanchi dei grandi titoli che

di creare film animati in 3D

piccola telecamera esterna

libero ma non mi ero mai

arrivano sempre dagli stessi

semplicemente muovendo i

a forma di cubo si modifica

cimentato nel tracciamento

studi: vogliamo innescare

giocattoli con le mani.

poi l’inquadratura, e a

tridimensionale, cosa che

qualcosa di nuovo».

Posizionando un oggetto

quel punto basta premere

probabilmente si è rivelata

Hollywood non è mai stata

su un apposito tappetino,

“record” per diventare

un vantaggio», sgombrando

così a portata di mano.

si vedrà apparire il

registi.

il campo da preconcetti e

MARCO

suo corrispondente

«L’idea nasce dalle mie

aprendo le porte a nuove

COSENZA


CI B O DAV V E RO SCADUTO? TE LO DICE L A L I N G U E T TA

NOME

Bump Mark

CHE

COSA

Etichette bioreattive per la freschezza del cibo

DOVE

Londra, Regno Unito

FATTORE

GOOD

NEWS

***

un piccolo dispositivo da

e innocuo per la salute

applicare alla confezione

umana. Se nei paesi in

del prodotto. La linguetta

via di sviluppo lo spreco

contiene al suo interno un

alimentare è all’inizio della

gel proteico che degrada

catena di produzione,

con gli stessi tempi del

ovvero al momento della

contenuto della confezione

raccolta e del trasporto,

stessa. Quando le proteine

nei paesi più ricchi si

contenute nel gel vanno

colloca invece alla fine della

a male, creano delle

catena stessa: siamo noi

protuberanze (“bump” in

consumatori a buttare via

inglese): basterà quindi

cibo in realtà ancora buono.

sfiorare la linguetta

La commestibilità di

per capire se il cibo è

un prodotto dipende

ancora buono o scaduto,

da molti fattori, tra cui

«All’università, durante il

potrebbe dare un contributo

indipendentemente

principalmente il modo in cui

tirocinio, stavo lavorando

significativo alla nostra

dalla data segnalata

è conservato e trasportato.

a un progetto con alcune

salute e alla lotta allo spreco

sull’etichetta.

Tuttavia conservanti,

persone cieche. Indagando

alimentare. Pakštaitė,

Bump Mark verrà

coloranti e cere spesso

sulla loro vita quotidiana, tra

vincitrice con la sua Design

inizialmente venduto

celano all’occhio inesperto

le tante cose, ho imparato

By Sol nel 2014 del premio

nel Regno Unito già dal

alcuni segni che il cibo

che per loro è molto difficile

come migliore startup

prossimo anno. E la realtà

sia già andato a male.

capire dalle etichette se

britannica, sta completando

cui vuol dare una risposta è

Le etichette, poi, sono

il cibo che compravano

le procedure per

molto seria e complessa. Più

da anni al centro di una

stava scadendo». Da

industrializzare Bump Mark.

di un miliardo di tonnellate

battaglia tra consumatori

questa constatazione,

Si tratta di un’etichetta

di cibo viene sprecato ogni

(che vorrebbero molte più

la designer britannica

bioreattiva che permette di

anno, circa un terzo di tutto

informazioni) e produttori,

Solveiga Pakštaitė ha avuto

comprendere in tempo reale

quello che viene prodotto,

che, per tutelarsi, devono

un’intuizione: «Tornata

la qualità e la freschezza

per un valore che sfiora i

solo indicare quando il

all’università, ho iniziato

dei cibi contenuti all’interno

mille miliardi di dollari. Se

cibo va “preferibilmente”

a sviluppare un progetto.

delle confezioni sigillate. Il

fosse uno Stato, lo spreco

consumato. Strumenti

Quasi subito ho realizzato

principio alla base è molto

di cibo rappresenterebbe il

come Bump Mark danno

che i ciechi non erano i

semplice. Le etichette

terzo produttore mondiale

sicuramente informazioni

soli a non riuscire ad avere

stampate non possono

di CO2, dopo Stati Uniti e

aggiuntive al consumatore,

informazioni corrette dalle

essere aggiornate sulla

Cina. Ogni europeo butta

affinché faccia acquisti più

etichette».

reale qualità del cibo in

via ogni anno 115 chili di

responsabili per sé e per

Così è nata Bump Mark,

termini di conservazione.

cibo, gran parte del quale

l’ambiente.

che nei prossimi anni

Pakštaitė ha quindi creato

è ancora commestibile

GIACOMO

DESTRO


Il fulcro del progetto Bibak

Singularity University,

(“senza paura”, in persiano)

ospitata dal centro ricerche

è quella che viene definita

Nasa di Moffett Field (a

Canny, ossia una tanica

Mountain View, non lontano

multifunzione che potrebbe

dalla sede di Google) nella

salvare milioni di vite. Le

Silicon Valley. Il progetto,

CON UN OMBRELLONE TROVEREMO

LA NOSTRA GEMELLA statistiche delle Nazioni

L A TA N I C A T U T T O FA R E CHE VUOLE SMINARE IL MONDO

è stato poi sviluppato

milioni di mine antiuomo

con l'australiana Lorenn

ancora sepolte in 70 paesi

Ruster e la peruviana

con 1,5 miliardi di persone

Shirley Andrade ed è stato

coinvolte: un vero pericolo

presentato presso il Museo

quotidiano, che sta in

della Storia del Computer di

inquietante attesa e che

Palo Alto.

causa ogni anno 20mila tra

Le Canny possono essere

morti e mutilati gravi, con il

assemblate in loco con

47% di bambini.

materiali economici e

Canny è una possibile

di facile reperibilità e,

soluzione: al proprio interno

una volta completato lo

include sensori come un

sminamento di un'area,

metal detector, un radar che

non vengono gettate via

sonda il terreno (Ground

ma possono risultare

Penetrating Radar – Gpr)

ancora assai utili: è infatti

e un rilevatore di vapori ed

possibile riconvertirle,

esplosivi.

trasformandole in parte in

Grazie a questi componenti

un generatore per l’energia

può scovare la presenza di

o in un sistema per regolare

metallo, plastica e anche di

il flusso di acqua per irrigare

ordigni di legno (che sono

le coltivazioni. Così, da un

i più difficili da trovare).

luogo off-limits e portatore

Non solo, al proprio interno

di morte improvvisa, i

mette a disposizione una

campi e i terreni possono

cartuccia che marca il

letteralmente rifiorire,

terreno con le mine e un kit

aprendo alle coltivazioni,

di primo soccorso. In più,

all'accesso all'acqua, al

trasporta acqua, perché

gioco spensierato dei

la disidratazione è uno

bambini e portare, così,

dei pericoli ai quali vanno

vita e futuro.

incontro gli sminatori, che

DIEGO

in paesi come Sri Lanka o Angola guadagnano appena 250 dollari al mese pur rischiando la vita ogni giorno. La struttura facilmente trasportabile di Canny le permette di essere fissata a diversi supporti come bastoni, attrezzi di lavoro come vanghe o

NOME

rastrelli, a macchinari come i

Bibak

trattori o persino ai droni. CHE

L'idea di Bibak è venuta

COSA

Sistema di identificazione mine antiuomo

a una 33enne italiana, Selene Biffi, che con questo progetto si è aggiudicata

DOVE

Eindhoven, Olanda

una borsa di studio messa in palio dal Global Impact

FATTORE

*****

GOOD

NEWS

che ha sede in Olanda,

Unite raccontano di 110

Challenge che le ha consentito di frequentare per 10 settimane la

BARBERA


UNA CASA PER CHI È SENZA CASA

accoglienza tradizionali e

proteggere l’occupante

dà la possibilità di trovare

da freddo e pioggia. La

rifugio anche a chi non

struttura è leggera e

può o non vuole accedere

supportata da piccole ruote,

alle strutture. «Satellite

per essere trasportata in

Shelter è un progetto

ogni luogo.

compiuto, pronto a entrare

Ideato da un gruppo di

in produzione. Ciò che

studenti della Carnegie

manca in questo momento

Mellon University di

è un donatore, un ente

NOME

Pittsburgh in Pennsylvania,

pubblico o una compagnia

Satellite Shelter

Satellite Shelter non è al

privata che voglia portarlo

momento in commercio ma

sul mercato». O sulla strada,

si è aggiudicato il secondo

dove può fare davvero

posto all’“impact-a-thon”,

la differenza.

l’hackathon che l’università

M.C.

©CARNEGIE

MELLON

UNIVERSITY

sacco a pelo e in grado di

CHE

COSA

Rifugio portatile per senzatetto DOVE

americana destina ogni

Pittsburgh, Stati Uniti

anno alla risoluzione di problemi socialmente

FATTORE

GOOD

rilevanti. «I quattro membri

NEWS

della squadra l'hanno

****

ideato in cinque giorni di intenso lavoro creativo, Più di 50mila in Italia,

di un rifugio portatile e

poi hanno impiegato dieci

500mila negli Stati Uniti

pieghevole, realizzato con

mesi per rifinire il concetto

e 5 milioni in Russia: ma

un mix di materiali classici

di partenza e renderlo

sono oltre 100 milioni nel

e innovativi. Le imbottiture

non solo funzionale ma

mondo le persone senza

sono in lana mentre il

anche economicamente

fissa dimora, spesso

rivestimento è in Mylar

sostenibile», spiega

costrette a passare la notte

(polietilene tereftalato), una

Jonathan Cagan,

fuori da rifugi e strutture

fibra riflettente usata sia

direttore dell'Integrated

attrezzate, soprattutto in

nelle serre che nelle missioni

Design Innovation Group

inverno esposti a pericoli

spaziali o di salvataggio.

dell'ateneo di Pittsburgh.

e intemperie. Satellite

Chiuso, assomiglia a un

È una soluzione

Shelter potrebbe essere la

comune materassino; una

temporanea, quindi

soluzione per sentirsi più

volta aperto diventa una

non influisce sui costi

caldi e al sicuro. Si tratta

tenda isolante, dotata di

di gestione dei centri di


IL SUPER COMPUTER CHE OFFRE DA BERE (E NON SOLO)

a una quarantina di metri,

basandosi né su filtri né

NOME

coperta da pannelli solari

su membrane né su agenti

Watly

che ne garantiscono il

chimici, non richiede alcuna

funzionamento e al cui

specializzazione per farlo

interno avvengono tutte le

funzionare e riduce la

trasformazioni necessarie

necessità di manutenzione

a fornire, all'esterno,

al minimo, per un ciclo di

DOVE

acqua potabile, energia o

vita medio di una quindicina

Bari, Italia

connessione wi-fi.

d'anni, che può arrivare

Il tutto, senza bisogno

anche a venti con un po' di

di collegarsi a una rete

cura. Oggi, Watly è in grado

elettrica. Se l'energia

di purificare fino a 3 milioni

la mette, chiaramente,

di litri d’acqua all’anno, utili

il sole, l'acqua da dove

a servire una comunità

arriva? Semplicemente dai

di circa 3mila persone,

CHE

COSA

Impianto per depurare l'acqua

FATTORE

GOOD

NEWS

*****

Acqua potabile, elettricità,

dalla Primiceri, azienda

mari, dopo un processo

anche per quanto riguarda

internet: sono tre risorse,

specializzata da oltre 30

di desalinizzazione, o da

le esigenze di energia e

ciascuna a suo modo,

anni nella produzione

fiumi e laghi inquinati o

connettività, e diventa così

vitali, e tutte e tre scarse

di sistemi di controllo e

persino dalle fogne. Già,

uno strumento ideale per

in troppe parti del mondo.

gestione dell’energia,

perché il cuore di Watly è

gran parte del continente

L'idea di uno strumento

dovrebbe essere pronto per

un depuratore che agisce

africano, dove questi

capace di fornirle tutte

la fine del 2016.

attraverso la distillazione a

problemi sono più urgenti.

contemporaneamente è

Di che cosa si tratta? I suoi

termocompressione ovvero,

Per fabbisogni maggiori,

venuta 3 anni fa a Marco

ideatori lo hanno battezzato

semplificando, portando

come le grandi città, può

Attisani, 44 anni, un

il primo computer

l'acqua a temperature

essere messo in rete con

passato nel settore delle

termodinamico al mondo e

che la purificano da ogni

altri Watly.

energie rinnovabili. Il primo

in pratica è una costruzione

forma di contaminazione,

FEDERICO

prototipo funzionante di

bassa, con quattro braccia

sia essa chimica, fisica

Watly, assemblato a Bari

che ne portano l'estensione

o batteriologica. Non

BONA


Blitab è una tavoletta il

digitalizzazione dell’alfabeto

cui schermo è composto

Malossi (tattile e

non da pixel ma da tixels

intuitivo). Gli utenti possono

(tactile pixels), una serie

ricevere messaggi in forma

di puntini tattili intelligenti

di stimolazione tattile,

che si sollevano in rilievo

come se qualcuno stesse

sulla superficie del display

scrivendo direttamente

per permettere la lettura.

sul loro palmo della mano:

In fase di sviluppo presso

così riescono a decifrare le

la Vienna University of

parole con un rapido tocco

Technology, conta su 14

dei polpastrelli.

CI VEDO

linee di testo animate da un

Ma è ancora possibile

MA NON CI VEDO

particolare liquido in grado

inventare nuovi sistemi.

di ricreare anche grafici e

“Note tra le dita” è il

mappe complesse.

progetto che +Lab, il

Dall’italiana Lumi Industries

FabLab del Politecnico di

arriva invece il programma

Milano, ha pensato per la

che converte testi

lettura dei pentagrammi

dall’alfabeto comune al

attraverso l’ideazione di un

braille e li imprime su una

linguaggio che semplifica

targhetta solida grazie alla

il braille musicale (unico

stampante 3D portatile

strumento disponibile fino

Lumipocket, per avere

a ora).

con sé in ogni istante un

L’udito, per chi non può

interprete in tasca.

contare sulla vista, diventa

Per portarselo in punta di

uno dei principali strumenti

naso ci sono poi diversi

di comprensione della realtà

tipi di "smart glasses".

circostante e per questo va

I Glassense dell’Iit di

allenato adeguatamente.

Genova sono in grado di

SoundSight Training è

attutire il volume dei suoni

la palestra virtuale con

indesiderati che circondano

cui imparare a usare

l’utente senza però alterare

l’ecolocalizzazione (la

le sorgenti sonore che

stessa tecnica utilizzata dai

si trovano di fronte a lui,

pipistrelli per orientarsi) che

aumentando così la sua

può essere adottata anche

capacità di comprensione

da chi ha problemi di vista.

della voce.

Ascoltando l’eco del proprio

Discorso simile vale per le

schiocco di lingua, infatti,

NOMI

Teletatto, Blitab, Lumi Industries, Glassense... CHE

COSA

Soluzioni tecnologiche per ciechi e ipovedenti DOVE

FATTORE

GOOD

NEWS

****

L’innovazione nasce

coppia di mouse e pad per

“lenti acustiche” OrCam

una persona può dare

spesso dalla visione di

trasformare le immagini in

MyEye. Basta puntare il

una descrizione completa

chi la crea. Un concetto

stimoli tattili. Sviluppato

dito su un cartello o un

dell’ambiente in cui si trova

che viene elevato al

dall'Istituto italiano di

foglio perché la telecamera

e individuare gli ostacoli

quadrato nel caso di tutti

tecnologia con il sostegno

incorporata nella montatura

in esso presenti. Questo

quei dispositivi in grado

di Fondazione Vodafone

inquadri le parole e le

specifico ambiente di realtà

di restituire non ancora la

Italia, il sistema traduce

scandisca all'orecchio

virtuale simula diversi

vista, ma sicuramente una

le immagini in sensazioni

tramite un apparecchio

scenari per insegnare la

prospettiva diversa ai 285

fisiche per veicolare

sonoro: un modo immediato,

tecnica corretta, attraverso

milioni di ciechi e ipovedenti

concetti spiccatamente

poco invasivo di dare

un percorso a livelli di

del mondo. Grazie alla

corporei, come per

indipendenza e sicurezza

difficoltà crescenti che

tecnologia, oggi sono molte

esempio quelli geometrici e

anche in contesti in cui è

unisce gamification e

le soluzioni utili a eliminare

scientifici, spiegati spesso

impossibile contare solo sul

apprendimento. Non serve

le barriere che questo tipo

solo a livello visivo in ambito

linguaggio tattile.

essere supereroi per

di patologie rappresentano

scolastico.

Il bello dei dispositivi

riuscirci, serve solo trovare

per la comunicazione e

Se ormai l’istruzione integra

indossabili è che possono

il Daredevil nascosto in

l’apprendimento.

con sempre maggiore

assumere forme diverse.

ognuno di noi.

A partire da Teletatto,

frequenza l’uso di pc e

dbGlove per esempio, è un

M.C.

un software low cost

tablet, ecco che anche le

guanto che aiuta a sfruttare

per non vedenti che si

soluzioni per chi è colpito

tutte le funzionalità degli

avvale di una particolare

da disabilità si adattano.

smartphone attraverso la



CAPITOLO

W I R E D

—

I N V E R N O

16 / 17


PERCHÉ LA TECNOLOGIA CI RENDERÀ MIGLIORI?


RIS P O N D O N O:

BARACK OBAMA JOI ITO VITTORIO STORARO ELON MUSK MARK ZUCKERBERG



RIS P O N D O N O:

BARACK OBAMA E JOI ITŌ

YES. WE STILL CAN FOTO:

TE STO:

DAN WINTERS

95

SCOTT DADICH

IL DEL DI

PRESIDENTE MEDIA WIRED

CAMBIANDO C'È

UN

LAB US

SU

IL

FUTURO

USCENTE

DEGLI

DEL

A

MIT

COME

NOSTRO PIENO

STATI

COLLOQUIO

L' I N T E L L I G E N Z A M O N D O: DI

W I R E D

PERCHÉ

SPERANZA

I N V E R N O

16 / 17

E

UNITI CON

IL

E

IL

DIRETTORE

DIRETTORE

ARTIFICIALE AD

STIA

ATTENDERCI

IMMAGINAZIONE


96 97

Difficile pensare a una tecnologia che, più dell’intelligenza artificiale, nei prossimi cinquant’anni potrebbe cambiare il mondo. Grazie all’apprendimento automatico, che permette ai computer di insegnare a se stessi, emergono una miniera di sviluppi, dalla diagnostica medica alle auto senza guidatore, e tante preoccupazioni: chi controlla il processo? È pericolosa? I robot prenderanno il nostro posto al lavoro? Il presidente uscente Barack Obama ha accettato di affrontare questi temi con Joi Itō, imprenditore e direttore del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology. Così insieme a loro, alla Casa Bianca (l'intervista si è svolta lo scorso settembre, quando Obama era ancora in carica, ndr), ho passato in rassegna le speranze, il battage pubblicitario e le paure che ruotano intorno all’IA. Oltre a una veloce opinione su Star Trek.

W I R E D

I N V E R N O

16 / 17



S.D. Intanto, grazie a entrambi per

a costituire il nucleo della scienza

che non avrebbero mai acquistato

la disponibilità. Com’è stata la sua

informatica intorno all’IA. Molti si

quell’auto...». [Ride.]

giornata finora, signor presidente?

sentono più a loro agio comunicando

S.D. Parlando di temi etici, qual è

B.O. «Impegnata. Produttiva. Un

con i computer che con gli umani:

il ruolo di chi governa?

paio di crisi internazionali qua e là».

ritengono che, se potessero

B.O. «Credo che, quando nasce

S.D. Parliamo di intelligenza

occuparsi solo di intelligenza

una tecnologia, possano sbocciare

artificiale, ieri fantascienza, oggi

artificiale generica, non dovremmo

migliaia di fiori. Il governo dovrebbe

fattore di cambiamento della

più perdere tempo con robe confuse

usare un tocco relativamente

nostra esistenza. Quando si è reso

tipo la politica e la società».

leggero, investendo in modo

conto che ormai era una realtà?

B.O. «Vero».

pesante in ricerca e garantendo

B.O. «È penetrata nelle nostre vite

J.I. «Sottovalutano le difficoltà.

un dialogo tra quella di base e

in ogni modo possibile, e nemmeno

Questo è l’anno in cui l’IA può

quella applicata. Poi, via via che le

ce ne siamo accorti. In parte per

diventare molto più di un semplice

tecnologie crescono e maturano,

il modo in cui la pensiamo, che è

problema di scienza informatica.

capire come incorporarle nelle

influenzato dalla cultura popolare.

Al Media Lab usiamo il termine

strutture normative esistenti diventa

Esiste una distinzione, nota certo

“intelligenza estesa” perché la

un tema serio e lo Stato dev’essere

a tanti dei vostri lettori, tra IA

questione è: come costruiamo valori

più coinvolto. Non si tratta sempre di

generica e IA specializzata. Nella

sociali all’interno dell’IA?».

costringerle nella cornice esistente,

fantascienza, quella di cui si parla è

B.O. «Quando abbiamo pranzato

bensì di garantire che le norme

la prima, giusto? I computer iniziano

insieme, tempo fa, Joi ha usato

riflettano un’ampia base di valori

a diventare più intelligenti di noi,

l’esempio delle auto senza

o potrebbero danneggiare alcune

alla fine ci rendono inutili e, poi,

guidatore. La tecnologia ce

persone o alcuni gruppi».

o ci narcotizzano mantenendoci

l'abbiamo, più o meno. Abbiamo

J.I. «Conoscete il movimento

grassi e felici o ci ritroviamo a vivere

vetture in grado di prendere

della neurodiversità (i sostenitori

in una realtà tipo Matrix. La mia

decisioni rapide, che in modo

ritengono che l’autismo e altre

impressione, basata sui colloqui con

drastico potrebbero ridurre le morti

disfunzioni cerebrali come dislessia

i consiglieri scientifici della Casa

per incidenti stradali, migliorare

e sindrome da deficit di attenzione

Bianca, è che siamo ancora lontani

l’efficienza della rete di trasporti,

non vadano trattate come piaghe

da ciò, ma vale la pena rifletterci

contribuire a risolvere problemi

da sradicare ma come differenze

perché stimola l’immaginazione e

come le emissioni di carbonio, causa

da capire e accettare, ndr)? La

ci porta a ragionare su temi quali

del surriscaldamento del pianeta.

professoressa Temple Grandin della

scelta e libero arbitrio. I quali

Poi Joi si è posto quella domanda:

Colorado State University, affetta

hanno rilevanti implicazioni con

quali valori introdurremo nelle auto?

dalla sindrome di Asperger, dice

l’IA specializzata, che usa algoritmi

Se sarà la vettura a guidare, sterzerà

che oggi Mozart, Einstein e Tesla

e computer per rispondere a

per evitare un pedone anche se poi

sarebbero considerati autistici».

sfide sempre più complesse:

andrà a sbattere contro un muro e

B.O. «La loro diagnosi sarebbe

sta permeando ogni aspetto

causerà la tua morte? La decisione è

“disturbo dello spettro autistico”».

della nostra vita, dalla medicina

morale: chi la prenderà?».

J.I. «Sì. Se potessimo debellarlo

ai trasporti, alla distribuzione

J.I. « Quando abbiamo proposto il

e rendere tutti neuronormali,

dell’energia elettrica, e promette di

“Dilemma del carrello ferroviario”

scommetto che un sacco di

creare un’economia più produttiva,

in versione automobilistica (è uno

ragazzi del Mit non sarebbero

più efficiente. Impostata in modo

studio del Mit Media Lab del 2016:

quello che sono... Che si parli di

corretto, può generare prosperità e

chi rispondeva doveva valutare

autismo o di diversità in genere,

opportunità; ma ci sono lati negativi

alcune situazioni lose-lose su cui

quando permettiamo che sia il

da affrontare per scongiurare

avrebbe deciso una vettura senza

mercato a decidere è un problema.

la perdita di posti di lavoro, la

guidatore – salvare i passeggeri

Forse Einstein come figlio non lo

crescita delle disuguaglianze,

o fare morire i pedoni? –, ndr),

desidereresti, ma dire “Okay, voglio

l’abbassamento dei salari».

abbiamo scoperto che alla maggior

solo ragazzi normali” non garantirà

J.I. «So di contrariare alcuni miei

parte delle persone piaceva

un gran beneficio sociale».

studenti al Mit, però mi preoccupa

l’idea che autista e passeggeri

B.O. «Eccoci alla questione

che siano perlopiù bande di

venissero sacrificati per salvare

chiave che ci troviamo sempre ad

ragazzini, in maggioranza bianchi,

tante vite. Poi hanno anche detto

affrontare quando c’è di mezzo l’IA.

W I R E D

I N V E R N O

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«L’IA NON È UN SEMPLICE PROBLEMA DI INFORMATICA MA DI "INTELLIGENZA ESTESA": COME COSTRUIAMO I VALORI SOCIALI CHE LA REGOLANO?» JOI ITŌ

C A P I T O L O

3

98 99


100 101

Sono anche le stramberie a renderci

andare perdute. O non essere

impadronirsi del mondo, ma della

umani, così come le mutazioni, le

discusse in modo appropriato».

capacità di elementi non governativi

anomalie, i difetti creano l’arte o

S.D. La differenza tra l’innovazione

od ostili di penetrare i sistemi. È lo

le invenzioni... un sistema perfetto

prodotta ai margini e quella

stesso approccio che adottiamo

sarebbe statico. Parte di ciò che ci

inserita in programmi tipo

per il massiccio lavoro sulla cyber

rende quel che siamo, che ci rende

quello spaziale è un tema molto

security. Ma va migliorato, perché

vivi, è che siamo dinamici e capaci

dibattuto: come garantire che

chi in futuro userà questi sistemi lo

di sorprendere. Ecco, quand’è

tutte queste idee si trasmettano?

farà sempre meglio».

opportuno che le cose funzionino

B.O. «Il solo fatto che lo Stato

J.I. «Sono d’accordo. Con una

come previsto, senza sorprese?».

finanzi e contribuisca alla raccolta di

precisazione: pochi, oggi, credono

S.D. Parliamo dell’intelligenza

dati, non significa che li accumuli o

probabile l’affermazione di un’IA

estesa che si applica al governo,

che l’esercito ne possa disporre. Un

generica nei prossimi dieci anni.

all’industria privata e al mondo

esempio? Il progetto sulla medicina

Perché ciò accada, credo che

accademico: dove dovrebbe

di precisione prevede di realizzare

servano una ventina di scoperte

trovarsi il centro di quella ricerca,

un grande database di genomi

fondamentali: perciò si può

ammesso che un centro esista?

umani di un gruppo sufficientemente

monitorare la situazione».

J.I. «Il Mit risponderebbe: al Mit...

diversificato di americani. Invece di

B.O. «Tieni sempre qualcuno vicino

[Ride] Una volta probabilmente

dar soldi a Stanford o Harvard, ora

al cavo della corrente! [Ride] Se vedi

si sarebbe trattato di un gruppo

possediamo un database genetico,

che sta per succedere, stacca la

di accademici supportato da un

cui tutti possono accedere.

presa dal muro, amico mio».

governo; ma oggi in ballo ci sono

Disporre di un insieme di valori

J.I. «L’importante è individuare chi

laboratori da miliardi di dollari».

condivisi, di un’architettura comune,

– comunità oppure leader – vuole

B.O. «I finanziatori li conosciamo.

garantisce che la ricerca non venga

servirsi dell’IA a fin di bene e trovare

Se parli con Larry Page e gli altri,

monetizzata da un unico gruppo».

il modo di aiutarlo».

l’atteggiamento è: “Non vogliamo

S.D. Ma i rischi esistono. Elon

B.O. «Quando ragioniamo sulla

burocrati che ci rallentino mentre

Musk, ceo di Tesla, e il filosofo

sicurezza, per tradizione pensiamo

diamo la caccia agli unicorni

svedese Nick Bostrom temono

a una blindatura o a muri; sempre

(le startup che hanno un valore

che il potenziale dell’IA possa

più spesso, invece, mi ritrovo a

superiore al miliardo di euro, ndr)”.

superare la nostra capacità di

guardare alla medicina e a pensare

Il problema è che il nostro impegno

comprenderla. Come proteggere

ai virus, agli anticorpi. Se garantire

per la ricerca di base è calato,

noi stessi e l’intera umanità?

la cyber security continua a essere

la fiducia nell’azione collettiva è

B.O. «Parto dall’apprensione più

difficile, è anche perché la minaccia

stata intaccata anche da ideologia

immediata, un problema risolvibile in

non è costituita da una squadra di

e retorica. Davanti a una grande

questa categoria di IA specializzata.

carri armati ma da un insieme di

conquista tecnologica, come

Se tu hai un computer su cui puoi

sistemi potenzialmente vulnerabili e

analogia usiamo ancora il lancio

fare girare Go, un complicato

aggredibili da un virus informatico.

sulla Luna ma, cinquant’anni fa, il

gioco dalle infinite varianti, forse

Quindi dobbiamo cambiare il modo

programma spaziale rappresentava

sei in grado di sviluppare anche un

di pensare alla sicurezza e fare

mezzo punto percentuale del

algoritmo che massimizzi i profitti

investimenti diversi. A preoccuparmi

Pil. Equivale a circa 80 miliardi di

alla Borsa di New York. Altri, però,

più di tutto sono minacce tipo le

dollari, che oggi dovremmo investire

potrebbero far crollare lo Stock

pandemie. Non servono muri per

sull’intelligenza artificiale... e invece

Exchange o minare l’integrità

impedire che una letale influenza

forse non si arriva al miliardo.

dei mercati finanziari. Così come

aviotrasportata arrivi sulle

Un’accelerazione ci sarà ma, se

un algoritmo potrebbe ordinare:

nostre coste: occorre la capacità

vogliamo che i valori di una comunità

“Decifra i codici nucleari e scopri

di realizzare sistemi di sanità

multiculturale siano rappresentati

come lanciare i missili”. Se lavora

pubblica ovunque nel mondo, di

in queste tecnologie avanzate, il

solo su questo, se autoapprende e

attivare meccanismi che ci avvisino

finanziamento statale dovrà fare la

se è davvero efficace, ecco, allora

dell’insorgere del fenomeno, che

sua parte. Se invece Washington

abbiamo un problema. La mia

garantiscano l’applicazione rapida di

non parteciperà, le tematiche che

indicazione al team della Sicurezza

protocolli che rendano i vaccini più

Joi ha sollevato riguardo ai valori

Nazionale è: non preoccupatevi più

“intelligenti”! Sì, un nuovo modello

in queste tecnologie potrebbero

di tanto di macchine che potrebbero

di sanità pubblica potrebbe rivelarsi

W I R E D

I N V E R N O

16 / 17


utile per rispondere anche alle

B.O. «Joi ha centrato il punto, la

meno costosi. Ma ci sono attività

minacce dell’IA».

ragione per cui stiamo organizzando

di alto livello, come l’avvocato o il

J.I. «A questo proposito, sarebbe

incontri con tutti gli interessati.

revisore contabile, che potrebbero

interessante guardare al microbioma

Ripeto, dobbiamo pensare alle

scomparire mentre altre, nel

(l'insieme del patrimonio genetico

implicazioni economiche, perché

campo dei servizi, delle arti e delle

e delle interazioni ambientali della

la gente non sta lì a riflettere ma si

professioni non saranno rimpiazzate

totalità dei microrganismi di un

domanda preoccupata: “Il mio lavoro

perché i computer non possono

ambiente definito, ndr). Introdurre

verrà sostituito da una macchina?”.

sostituirle. Mentre le intelligenze

batteri buoni per combattere quelli

Io tendo a vedere il bicchiere

artificiali iniziano a prendere il posto

cattivi – evitando la sterilizzazione

mezzo pieno. Nel tempo abbiamo

di alcune persone, si fa strada la

– è una strategia possibile».

assorbito nuove tecnologie, la gente

possibilità di altri modelli, come

B.O. «Certo... non mi lascio leccare

ha scoperto nuovi lavori; magari

l’accademia e le arti, dove la gente

da Sunny e Bo (i cani di famiglia,

emigrano ma in genere i nostri

ha obiettivi non direttamente legati

ndr), perché quando li porto a

standard di vita sono migliorati.

al denaro. Per me uno dei problemi

passeggio nel prato vedo quello che

Però siamo entrati in una fase un

è questa “ideologia”: se non hai

masticano: roba con cui non voglio

po’ diversa, semplicemente a causa

soldi, non sei intelligente. Nel mondo

avere a che fare!». [Ride]

dell’applicabilità pervasiva dell’IA

accademico vedo un sacco di

J.I. «Dobbiamo ripensare a ciò

e di altre tecnologie. In sistemi

persone in gamba senza denaro...».

che significa “pulito”, sia in termini

di questo tipo i più qualificati se

B.O. «Sono d’accordo. A questo mi

di cyber security che di sicurezza

la passano bene, fanno leva sui

riferisco quando dico che bisogna

nazionale. L’idea che sia possibile

propri talenti, si interfacciano

riprogettare il patto sociale. Ora,

eliminare ogni eventuale agente

con le macchine per ampliare il

che il salario di base universale sia

patogeno è poco credibile».

raggio d’azione, migliorare salari,

il modello giusto oppure no, è una

S.D. Ciò potrebbe creare un nuovo

prodotti e servizi. Le persone

discussione che ci trascineremo per

tipo di corsa agli armamenti?

pagate poco e dalle competenze

i prossimi dieci o vent’anni. È anche

B.O. «Oggi lo sviluppo di norme

limitate diventano sempre più

vero che i lavori rimpiazzati dall’IA

internazionali e meccanismi

superflue; le loro mansioni magari

non saranno solo servizi a bassa

di verifica su cyber security in

non vengono sostituite, ma le

qualifica ma anche occupazioni

generale, e IA in particolare, è

retribuzioni risultano compresse.

ad alta specializzazione e alta

in fase iniziale: una parte del

Per gestire la transizione, dobbiamo

ripetitività, che i computer possono

problema è la linea tra difesa e

sviluppare un dibattito che coinvolga

svolgere. Però è indiscutibile: via

offesa, che è piuttosto confusa in un

l’intera società. Come garantire

via che l’IA viene incorporata e la

periodo in cui, attorno al governo,

che l’economia sia inclusiva se, in

società diventa potenzialmente

si percepisce sfiducia. Se molti

realtà, produciamo più che mai ma

più ricca, il legame tra produzione

considerano l’America la cyber

una quota crescente di ricchezza

e distribuzione, fra quanto lavori

potenza dominante, vuol dire che

finisce a un gruppo ristretto? Come

e quanto produci, si attenua

per noi è il momento di dire: “Siamo

garantiamo un reddito adeguato

sempre più, visto che buona parte

pronti a limitarci se siete disposti

alla gente? Cosa significa ciò in

di quel lavoro la fanno i computer.

a fare altrettanto”. Ma alcuni fra i

termini di sostegno a settori come

Quindi ci toccano decisioni difficili:

protagonisti della scena – Russia,

le arti e la cultura, e di garanzia che

sottopaghiamo gli insegnanti,

Cina, Iran – non sempre incarnano

i nostri veterani ricevano le cure

per esempio, anche se il loro è un

i valori e le norme in cui noi ci

necessarie? Il patto sociale e i nostri

incarico pesante che difficilmente

riconosciamo. La questione va posta

modelli economici devono adattarsi

può essere affidato a una macchina.

a livello internazionale».

alle nuove tecnologie».

Così dovremmo avviare un riesame

J.I. «La gente vuole comunicare

J.I. «Difficile intuire oggi quali lavori

di ciò cui diamo valore, di quanto

in questo periodo. Se sapremo

verranno soppiantati. Se avessimo

come collettività siamo disposti

garantire che finanziamenti ed

un computer che “capisce” il sistema

a pagare figure per noi di grande

energie sosterranno la condivisione

sanitario, che se la cava bene con

valore ma ai gradini più bassi dei

delle conoscenze, otterremo grandi

diagnosi e simili, scommetto che

livelli salariali , come insegnanti,

vantaggi. Dal vuoto non ricavi

a essere rimpiazzato sarebbe

infermieri, badanti, madri o padri che

nulla di buono ma una comunità

più probabilmente il medico che

restano a casa, artisti».

internazionale esiste ancora».

l’infermiera o il farmacista, che sono

S.D. Signor presidente, a quale

C A P I T O L O

3


«LA GENTE NON STA LÌ A RIFLETTERE SULLA TEORIA, SI LIMITA A CHIEDERSI: “UNA MACCHINA MI PORTERÀ VIA IL LAVORO”?» BARACK OBAMA

W I R E D

I N V E R N O

16 / 17


tecnologia occorre guardare per

vite sia limitato e non si trasformi

Mostrava un gruppo di individui

rispondere alle sfide che il governo

in strumento di oppressione: ci

impegnati a risolvere un problema

americano deve affrontare?

stiamo lavorando. In parte si tratta

con creatività, coraggio, impegno

B.O. «C’è tanto da fare per renderlo

di un problema tecnologico, di

e la certezza che, se una soluzione

più amico dei cittadini, perché

cui il criptaggio è un esempio. Ho

esisteva, l’avrebbero trovata.

pagare le imposte sia facile come

incontrato più volte i difensori

Quanto cioè amo di più dell’America

ordinare una pizza o acquistare

dei diritti civili e i funzionari della

e la ragione per cui il nostro paese

un biglietto aereo. Che si tratti di

Sicurezza Nazionale: nessuno è in

continua ad attirare gente da tutto il

incoraggiare la partecipazione

grado di darmi una risposta valida,

mondo. E quanto più apprezzo nella

al voto oppure di sbloccare i big

che concili queste tematiche.

scienza: insomma, proviamo questo,

data in modo che la gente li possa

Un’ultima cosa: sono un figlio

se non funziona cerchiamo di capire

usare più facilmente o riesca a far

dell’era spaziale, so che i fondi

perché e tentiamo con qualcos’altro.

elaborare i propri moduli online

che forniamo alla ricerca per la

Ma gioendo dei nostri errori, perché

con maggiore semplicità: c’è una

prossima generazione di viaggi nel

alla fine c’insegneranno a decifrare il

montagna da scalare per portare

cosmo sono inadeguati. Il settore

codice del problema che cerchiamo

nel XXI secolo sia il governo

privato invece, trasferendo sempre

di risolvere. Se mai smarrissimo

federale che quelli statali e locali.

più finanziamenti statali su idee

quello spirito, perderemmo

Il gap di talento fra il primo e il

folli, ha lavorato bene. Pensando

l’essenziale dell’America e

settore privato non è ampio, per la

allo spazio, proviamo le stesse

dell’essere umano».

verità; quello tecnologico invece è

emozioni dei tempi della missione

J.I. «Sono d’accordo, mi piace

considerevole. La prima volta che

Apollo. Cinquant’anni dopo sarebbe

l’ottimismo di Star Trek. Ma penso

sono entrato qui, pensavo che la

plausibile attendersi – lassù ci

anche che la Federazione, come

Situation Room fosse una cosa

sono i cristalli di dilitio (il minerale

l’equipaggio, sia assai variegata e

super, mi identificavo nel Tom Cruise

immaginario utilizzato nell'universo

che i cattivi non siano i soliti cattivi,

di Minority Report che spostava le

di Star Trek come fonte di energia,

ma solo indotti all’errore».

cose con un gesto. La realtà è molto

ndr)? – dei progressi...».

B.O. «Come ogni buona storia, Star

diversa. [Ride] Se c’è da catturare un

S.D. Lei è un appassionato di

Trek dice che siamo tutti complicati,

terrorista dall’altra parte del globo,

Star Trek, che si ispirava a una

che siamo un po’ Spock, un po’

i film mostrano un’onniscienza che

concezione utopistica della

Kirk [Ride] e un po’ Scott. Forse

non c’è, perché è stata finanziata

tecnologia: ha influenzato la sua

con qualcosa dei Klingon. Giusto?

in modo inadeguato e progettata

visione del futuro?

Ecco cosa intendo quando parlo di

senza cura... So che se gestiremo

B.O. «Da ragazzo ne andavo

trovare soluzioni. Parte della ricerca

bene il cambiamento climatico,

matto. La longevità della serie è

consiste nel saper lavorare insieme

se riusciremo a chiudere le falle

dovuta al fatto che era basata non

superando barriere e differenze. C’è

e a scongiurare l’innalzamento

sulla tecnologia ma sui valori e le

la fede nella razionalità, temperata

degli oceani, l’umanità troverà una

relazioni: per questo, che gli effetti

da un po’ di umiltà: le ritroviamo

soluzione. Sono piuttosto ottimista.

speciali fossero brutti e improbabili,

nell’arte migliore e nella scienza

Abbiamo fatto tanto buon lavoro;

che atterrassero su pianeti di

migliore. Abbiamo la sensazione

ma la strada è ancora lunga. Come

cartapesta, non aveva importanza.

di possedere menti incredibili che

regolare la connettività in modo

[Ride] In realtà parlava di un

dovremmo usare a fondo e di aver

che internet sia responsabile,

concetto di umanità comunitaria e

appena grattato in superficie. Ma

trasparente e sicuro, così da

della fiducia nella nostra capacità

dovremmo evitare anche di essere

permetterci di perseguire i cattivi

di risolvere i problemi. Un film

troppo presuntuosi, ricordare

garantendo al tempo stesso che

recente ha catturato lo stesso

sempre a noi stessi che sono tante

il potere del governo sulle nostre

spirito: Sopravvissuto - The Martian.

le cose che non conosciamo».

jŌichi “joi” itŌ è nato a Kyoto il 19 giugno 1966. Quattro anni dopo la famiglia si trasferisce in Michigan, poi nell’84 torna in Giappone. Dopo infelici esperienze accademiche alla Tufts di Boston (Informatica) e a Chicago (Fisica), si iscrive alla scuola di specializzazione di Strategie aziendali internazionali dell’u-

niversità Hitotsubashi di Tokyo: oggi è attivista (voce dell’economia della condivisione), imprenditore (ha creato PSINet e Infoseek Japan), venture capitalist (ha fondato Neoteny Co.), dirigente (è nel cda di Icann, Sony, New York Times Company) e direttore del Media Lab del Mit di Boston.

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3

102 103



RIS P ON DE:

VITTORIO STORARO

EVOLUZIONE DIGITALE IL

TRE

V O LT E

FOTOGRAFIA E

LE

S C E LT E

PREMIO

CHE

HANNO

IN C O NFO N DIBILE. PER

L' U S O DI

NON

D E L L' A L T A

LA

RESO

PER

LA

U LT I M A,

A

V O LT E

C RE ATIVITÀ

E

SUA

LA E

105

I N V E R N O

U N 'A R T E

BATTAGLIA LA

RICERCA

IN A S PE T TATA,

EL SEÑOR GARCIA

MIGLIOR

CARRIERA

TECNOLOGIA

A R T:

W I R E D

LA

SUA

DEFINIZIONE

U N 'A R M O N I A , TRA

OSCAR

RIPERCORRE

16 / 17


106 107

immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo». Mi ha sempre colpito che a pronunciare queste parole fosse un fisico come Albert Einstein. A lungo, nel corso della mia carriera, ho lavorato d’istinto senza una reale consapevolezza degli strumenti che avevo a disposizione. Per questo motivo, come molti sanno, divido il mio percorso professionale in un pre e un post Apocalypse Now, un punto di arrivo e, allo stesso tempo, di partenza. La principale ispirazione per quel film fu l’Ultima cena di Leonardo da Vinci. La prima volta che vidi quel dipinto rimasi scioccato dalla meraviglia e dall’incredibile composizione intorno all’essere umano posto al centro del mondo. Da quel momento in poi, cominciai a esplorare le possibilità che avevo in rapporto alla luce e allo studio dei colori. Fu sempre Francis Ford Coppola, grande appassionato di tecnica e innovazione, a instillare in me l’interesse per il digitale nel 1980. Memore delle difficoltà riscontrate sul set di Apocalypse, dove tutto veniva deciso giorno per giorno, Francis voleva realizzare Un sogno lungo un giorno con un metodo che gli consentisse di avere tutto sotto controllo e pensò che quello elettronico fosse il giusto compromesso. Aveva ragione. Poco dopo apprezzai l’esperimento di Michelangelo Antonioni con Il mistero di Oberwald, un film per la televisione bellissimo che, rivisto poi al New York Film Festival riprodotto in pellicola con le tecniche dell’epoca, mi deluse tanto. Chiaramente, i tempi non erano maturi perché un’opera del genere potesse fare il giro del mondo sul grande schermo. Consigliai a Francis di usare le tecniche elettroniche solo per la preproduzione (ovvero lo studio, la ricerca, le prove) e per la postproduzione, mantenendo la matrice più importante, la pellicola, durante la produzione. Lui mi ascoltò, promettendomi che nel giro di qualche anno avrei convenuto sulla sua posizione avanguardista. Gli dissi che ne ero sicuro ma che ancora la tecnica non era pronta per la sua visione, che era troppo avanti. PRIME PROVE DI ALTA DEFINIZIONE

Qualche anno più tardi, nel 1983, la Rai, che in quel periodo aveva grande volontà innovativa, mi chiamò perché la Sony voleva farle sperimentare l’alta definizione. Si avvalsero della competenza di chi, come me, si occupava dell’immagine cinematografica. Lo scopo consisteva nell’indurre un coinvolgimento più completo nello spettatore, costretto dai minuscoli televisori di allora a una sorta di fissità dello sguardo che costituiva una causa primaria di assopimento. Perché il corpo partecipasse, come avveniva al cinema, volevano ingrandire la definizione. Ne conseguì Arlecchino, un esperimento molto interessante che feci con Giuliano Montaldo per capirne i limiti e le potenzialità. Scrissi una

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APOCALYPSE

NOW

©SCREENPROD

/

ALAMY

«L'


ALAMY / LTD PRESS ©PICTORIAL IMPERATORE L'ULTIMO

lunga lettera alla Sony in cui suggerivo le modifiche da apportare: accolti i miei consigli e quelli di altri colleghi autorevoli, crearono la prima telecamera elettronica che arrivò in Italia l’anno successivo. Fui felice di appurare che erano stati presi in considerazione tutti i miei accorgimenti. Subito dopo convocarono Montaldo e me per lavorare a Giulia e Giulia, film che nasceva con l’intento di mostrare la meraviglia dell’alta definizione. La ritenni un’ambizione troppo precoce e, convinto che ciò che promuovevano fosse un prototipo piuttosto che un traguardo, dissi no. Mentre Montaldo, Antonioni e io continuammo a tenere dei seminari sullo studio del digitale, il mercato si fermò: le compagnie televisive non si mostravano così ansiose di cambiare il sistema perché probabilmente sarebbe costato troppo. L’interesse era più cinematografico. IL SALTO IN AVANTI DELL’INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA

Negli anni Novanta fu ideata la CineAlta ma, contrariamente a quanto pubblicizzato, il livello del filmato non era lontanamente paragonabile a quello della pellicola. Cominciai a sperimentarla, come professore all’Accademia dell’Immagine dell’Aquila, facendo delle monografie con gli studenti. In quegli anni acquistai un certo tipo di conoscenza che cominciò a essermi utile solo a partire dal 2009, quando il regista Carlos Saura mi chiese di realizzare in studio una seconda parte di Flamenco per la tv e il mercato dell’home video. Il filmato veniva registrato su un sensore che, passato su una pellicola positiva, riacquistava un altro tipo di guadagno. Per quel progetto erano le condizioni giuste, ma continuai a lavorare in pellicola ancora per diversi anni perché mi sembrava in grado di fornire più informazioni, sia a livello di definizione che di colori. Di fatto le macchine da presa avevano una solidità maggiore. Solo dopo aver ultimato Muhammad, il film su Maometto, nel 2012, mi sembrò che l’industria avesse fatto un grande salto in avanti. Trovo che le nuove videocamere abbiano ormai quasi raggiunto il livello della pellicola, in particolare la Sony F65. Nessun’altra è a 16 bit, le altre sono ferme a 10, massimo 12, il che equivale a milioni di colori in meno. L’AVVENTURA CON WOODY ALLEN

La chiamata di Woody Allen è stata provvidenziale. Nonostante i miei collaboratori mi prendessero in giro per non avergli detto subito sì, gli chiesi di leggere la sceneggiatura. A prescindere dal livello dei registi con cui lavoro, mi piace essere sempre sicuro di avere un reale contributo da poter apportare al loro progetto: se non c’è uno scambio di conoscenze, per me l’esperienza non ha senso. Credo di aver trovato proprio nel digitale quel motivo in più. Allen mi inviò persino una lettera in cui simpa-

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CONTRO LA SEPARAZIONE FRA COLORE E BIANCO E NERO

Purtroppo lo spettatore generico, a meno che non abbia una sensibilità o una competenza che gli consentano di apprezzare i dettagli, accetta passivamente ciò che gli viene proposto. Questo vale per l’utente di Netflix tanto quanto per lo spettatore in una sala cinematografica.

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ALAMY / ARCHIVE ©AF BUDDHA PICCOLO

ticamente mi scrisse: «Vittorio non ti preoccupare se non ne hai voglia, siamo abbastanza giovani da aver tempo per fare un altro film insieme». Dopo aver letto il bellissimo script di Café Society, non avevo dubbi ma tentai di convincerlo a realizzare il nostro primo film in digitale insieme. Credo fortemente nel progresso e sono convinto che non si possa fermare, solo rallentare o accelerare. Provai a fargli capire che sarebbe stato inutile correre dietro a qualcosa che sta scomparendo, come la pellicola. Non la posi come condizione, anzi, ero pronto alle due versioni, ma ne feci una questione di logica. Fortunatamente Allen ha scelto di assecondarmi. Sin dal primo giorno di riprese fui in grado di mostrargli come sarebbe apparsa l’immagine sul grande schermo. Siamo entrambi soddisfatti del risultato. In procinto di girare il nostro secondo film insieme (che uscirà nel 2017, ndr), posso dirmi molto ottimista sul futuro del digitale, ormai in prossimità del livello della pellicola. La barriera più difficile da abbattere rimane l’abitudine. L’ho potuto constatare con l’Univision 2:1, il formato comune che mio figlio Fabrizio e io proponemmo a metà degli anni ’90 affinché si rispettasse la composizione iniziale del film. Io l’ho adottato per tutti i miei lavori successivi, e dopo essere stato inizialmente accantonato, di recente è stato utilizzato per Jurassic World e per alcune serie tv Amazon e Netflix. Un segnale incoraggiante. Spero che pian piano possano arrivare tutti a comprendere l’utilità della mia proposta. Detesto l’approssimazione che ci sta conducendo alla mediocrità. Non tutto può essere aggiustato in postproduzione: sono il regista e il direttore della fotografia i veri responsabili della qualità. Il film è come un quadro e il cinema è un’espressione di immagine. Se si altera l’immagine, nata per evocare delle emozioni, anche il film ne subisce le conseguenze. Perché dovremmo tradire la composizione originale? La mancanza di rispetto alla volontà di espressione dell’autore ne provoca un’altra: quella nei confronti dello spettatore, cui viene reso impossibile vedere e sentire come inizialmente progettato. L’arte della composizione nasce dall’intenzione di ascrivere una certa immagine in uno specifico spazio. Ecco perché ho sempre ritenuto che il cinema verità non esistesse: perché il cinema è tutta interpretazione. Concordo con Vittorio Sgarbi, secondo il quale l’arte non ha contenuto assoluto ma è un’espressione specifica dell’anima che cambia a seconda della personalità individuale dell’artista.


108

CAFÉ

SOCIETY

©ATLASPIX

/

ALAMY

109

La crescita della società, lo sviluppo del nostro potenziale dipendono essenzialmente da chi dirige, da chi suggerisce, da chi propone il nuovo. È questa la lezione che ho imparato dai momenti di rinnovamento a cui ho avuto la fortuna di partecipare. Come negli anni ’70 quando, con Il conformista di Bernardo Bertolucci, andammo contro le convenzioni messe a punto dai cosiddetti tecnici del colore, che interferivano costantemente con le scelte del regista. Per un certo periodo il cinema, specie quello americano degli anni ’50, si divideva in due categorie: quello in bianco e nero (drammatico) e quello a colori (per i western, le commedie e i musical). Avevano addirittura istituito due premi diversi della fotografia. L’omologazione dell’immagine dipendeva dalla falsa credenza che il colore non venisse bene nell’ombra e che, quindi, ci volesse un certo tipo di luminosità affinché venisse registrato. Sono felice di aver dimostrato, insieme a Billy Williams e ad altri validi direttori della fotografia, che quelli della nostra generazione stavano commettendo un terribile errore e che era possibile un altro modo di intendere l’immagine cinematografica, lontana da quella stereotipata a cui ci stavano abituando: per cambiare sono necessarie accuratezza e una certa dose di buona volontà. In questa fase della mia carriera sono sempre più affascinato dalla scoperta dell’armonia che si può creare tra elementi fra loro opposti. La creatività e la tecnologia fanno parte di essi, poiché fondamentali l’una per l’altra, come l’uomo e la donna, come l’ombra e la luce, da cui, come diceva Leonardo da Vinci, nascono i loro figli: i colori.

vittorio storaro ha vinto 3 premi Oscar per la fotografia: Apocalypse Now nel 1980, Reds nell’82 e L’ultimo imperatore nel 1988. Fra gli italiani, solo Fellini e De Sica hanno vinto più statuette di lui. Romano, 76 anni, figlio di un proiezionista della Lux Film, ha studiato al Centro Sperimentale di

Cinematografia della capitale (preferisce definirsi “cinefotografo” che direttore della fotografia): in carriera ha lavorato a 47 film con, fra gli altri, Bernardo Bertolucci (tutti dal 1970 a oggi), Francis Ford Coppola, Woody Allen, Dario Argento, Giuseppe Patroni Griffi.

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ELON MUSK

RIS PONDE:

IL MIO SOGNO ELETTRICO 111

PARTIRE

DA

UNA

FORMA

DI

SULLE

PROPRIE

S T R A D A L I.

VETTURA

TRASPORTO

NON

RIVOLUZIONARIO

SU

FONTI È

SOLO

S P O RTIVA S T R A D A.

DI

E N E R GI A.

UNA

IN N OVATO RE

E

MA

E SISTA

FOTO:

DAN WINTERS

W I R E D

I N V E R N O

AL

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SOSTENIBILE

CIT TA DIN O

ELIMINARE

VISIO N E, CHE

RENDERE

DARE

IL

GLI

AL

OGNI

CONTROLLO

INCIDENTI

PROGETTO

OGGI

IL

DEL

MONDO

PIÙ


D 112 113

Dieci anni fa avevo scritto un piano strategico per la mia azienda, che ora è nella fase finale di realizzazione. Non era complicato, per nulla. In pratica aveva questi obiettivi: 1) produrre un’auto a tiratura limitata, un modello che fosse di nicchia e, di conseguenza, necessariamente costoso; 2) usare il ricavato per produrre un’altra vettura e venderla a prezzo inferiore; 3) usare questo ricavo per sviluppare un terzo modello, però di largo consumo economico in modo che fosse alla portata di tutti e... 4) fornire energia solare. Perché ho iniziato dal primo punto? Perché era l’unica cosa che mi potessi permettere con i soldi di PayPal (dalla cessione a eBay nel 2002, stimata un miliardo, Musk ha intascato 114 milioni in azioni, ndr). Non volevo rischiare il denaro altrui, temevo che le nostre probabilità di successo fossero davvero basse. Solo il mio, dunque. In campo automobilistico, la lista delle novità di successo è piuttosto corta. A tutto il 2016, solo due case hanno sempre evitato la bancarotta: Ford e Tesla. Diciamolo, aprirne un’altra è un’idiozia; di vetture elettriche poi, un’idiozia al cubo. Come se non bastasse, realizzare un modello di nicchia richiede una struttura piccola, lineare: molte parti vengono fatte a mano senza economie di scala, per cui ognuna è per forza costosa, che si tratti di una berlina o di una sportiva. Il problema è che, se tanti sono pronti a pagare molto per una delle seconde, nessuno vuole investire 100mila dollari per un’Honda Civic, per quanto bella da vedere. Uno dei motivi per cui avevo scritto il primo master plan era proprio questo: difendermi dalle inevitabili accuse di voler costruire solo macchine per ricchi e di essere l’unico convinto che davvero servisse un ennesimo produttore di auto sportive. Critiche che, comunque, sono arrivate. Ma il vero motivo era un altro e consisteva nello spiegare a tutti che le nostre azioni non sono casuali ma, al contrario, rientrano in un disegno più ampio. Quale? Accelerare la transizione verso l’energia sostenibile, in modo da immaginare un futuro in cui tutti riescano a vivere bene. Cioè il vero significato della parola “sostenibile”, che non è una stupidata da hippy. Ormai lo sappiamo: a un certo punto dovremo per forza passare a un sistema economico basato sulle energie pulite. Altrimenti, con l'inevitabile esaurimento dei carboni fossili, la nostra civiltà finirà per collassare. Dato che dovremo comunque farne a meno, dato che tutti gli scienziati concordano nel dire che continuare a innalzare i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e negli oceani è assolutamente folle, più in fretta raggiungiamo la sostenibilità, meglio è. Ecco quindi che cosa vogliamo fare per anticipare il più possibile i tempi. 1. INTEGRARE PRODUZIONE E STOCCAGGIO DELL’ENERGIA

Questo significa creare un sistema integrato di pannelli solari e batterie di accumulo che sia bello da vedere e fornisca a ogni cittadino il controllo delle proprie fonti di energia. Trasformi cioè ogni impianto in un’unità indipendente. Poi, diffondere questo modello nel mondo. Un solo ordine, una

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sola installazione, un solo servizio di assistenza, una sola app. Un obiettivo impossibile se Tesla e SolarCity (società fondata da Musk per la produzione di pannelli innovativi, ndr) continuano a essere due società separate. Ora che la prima è in grado di aumentare la produzione della batteria domestica Powerwall e la seconda è pronta a fornire un’offerta molto differenziata di pannelli solari per ogni tipo di utilizzo, è arrivato il momento di unirle. 2. ESPANDERE IL SISTEMA A TUTTE LE FORME DI TRASPORTO SU STRADA

A tutt’oggi invece Tesla copre due segmenti relativamente ridotti del settore automobilistico, cioè i crossover e le berline premium. Con la Model 3, con un suv compatto che lanceremo presto e un nuovo tipo di pick-up da carico entreremo in quasi tutto il mercato. Per accelerare l’arrivo del futuro sostenibile, l’importante è aumentare la produzione il più velocemente possibile. Ecco perché Tesla ha effettuato una transizione fondamentale: non progettiamo le macchine, progettiamo le macchine che fanno le macchine. La fabbrica stessa è diventata un prodotto. Oltre a quelli commerciali, servono altri due tipi di veicoli elettrici: i camion per i trasporti pesanti e un sistema urbano di mezzi pubblici ad alta densità. Entrambi sono in fase di progettazione e verranno presentati nel 2017. Il Tesla Semi (un semiarticolato, ndr) porterà a una riduzione sostanziale dei costi del trasporto merci e contemporaneamente aumenterà la sicurezza, con modelli che saranno anche più divertenti da guidare. Con l’arrivo della guida autonoma, il ruolo dell'autista di autobus evolverà in quello di manager di una flotta di veicoli. Il traffico migliorerà grazie all’aumento dello spazio per i passeggeri: sparirà il corridoio centrale, spunteranno dei sedili dove ora ci sono le entrate e le uscite; ed è prevista un’area per carrozzine, passeggini e biciclette. Inoltre verrà eliminato il fenomeno inerziale per cui i bus, oggi, sono più lenti degli altri veicoli quando frenano e accelerano. I nuovi mezzi, infine, porteranno tutti esattamente a destinazione; i pulsanti di chiamata fissi, installati alle fermate già esistenti, serviranno a chi ancora non possiede un telefono cellulare. 3. PUNTARE SULL’AUTO CHE SI GUIDA DA SOLA

Con l’avanzare della tecnologia, tutti i veicoli Tesla avranno l’hardware necessario a garantire la guida autonoma, anche in caso di guasti. Questo significa che, se si rompe un componente qualsiasi, l’auto continuerà ad andare da sola, in sicurezza. Anche quando il software sarà completo, al punto di garantire risultati migliori di quelli di un guidatore umano medio, passerà ancora un intervallo di tempo significativo prima che i governi approvino in toto la guida autonoma. Il gap varierà da uno Stato all’altro a seconda delle leggi in vigore. Ci aspettiamo che l’approvazione su scala mondiale arrivi dopo che le auto autonome avranno percorso circa dieci miliardi di chilometri; attualmente i veicoli della nostra flotta ne coprono 5 milioni al giorno e più guidano, più migliorano le prestazioni. Perché dunque Tesla scommette già sulla guida semiautonoma? La ragione principale è che, se usata correttamente, è già più sicura di quella di una persona al volante. Sarebbe moralmente ripro-

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«IMMAGINARE UN FUTURO IN CUI TUTTI VIVANO BENE È IL VERO SIGNIFICATO DELLA PAROLA “SOSTENIBILE”, NON UNA STUPIDATA HIPPIE» W I R E D

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vevole ritardarla solo per paura delle critiche della stampa o per qualche mero calcolo economico sulle responsabilità legali. Secondo un rapporto del National Highway Traffic Safety Administration, l’ente per la sicurezza dei trasporti americano, nel 2015 le morti per incidenti d’auto sono aumentate dell’8% con un decesso ogni 143 milioni di chilometri: il sistema Autopilot presto permetterà di coprire il doppio di quel tragitto senza incidenti. E migliora giorno per giorno. È importante anche chiarire perché definiamo “in beta” il sistema: semplicemente per evitare il rischio di cadere nell’autocompiacimento e per spiegare che continuerà a migliorare. 4. INCORAGGIARE LO SHARING, LA MOBILITÀ CONDIVISA

Quando la guida autonoma verrà approvata dai governi, potrete chiamare la vostra Tesla più o meno ovunque vi troviate. Una volta arrivata, mentre sta raggiungendo la destinazione potrete dormire, leggere, telefonare o fare qualsiasi altra cosa. Ma potrete anche aggiungere la vostra auto alla flotta condivisa di Tesla. Vi basterà premere un pulsante sull’app Tesla del cellulare: in tal modo la vettura continuerà a fare soldi mentre siete al lavoro o in vacanza, così diminuendo in maniera sostanziale la spesa per il leasing fino a eliminarla del tutto o permettendo addirittura di recuperare il costo dell’acquisto. Chiunque potrà comprarsene una. La maggior parte dei veicoli oggi sul mercato viene usata per un 5-10% della giornata; in futuro possedere un’auto autonoma sarà molto più vantaggioso. Nelle città in cui la domanda supera la disponibilità di vetture a disposizione dei privati, Tesla renderà disponibile una propria flotta, così da garantire sempre un passaggio a chi ne fa richiesta.

elon musk è uno degli innovatori più visionari del XXI Secolo. Nato nel 1971 a Pretoria, in Sudafrica, si è trasferito in Canada a 17 anni quindi negli Stati Uniti nel 1992. Nel 1995 ha fondato con il fratello Kimbal la web company Zip2, rivenduta a Compaq per 307 milioni di dollari nel ’99. Nello stesso anno ha cofondato X.com, diventata poi PayPal e ceduta per

un miliardo a eBay nel 2002. Con i soldi guadagnati dalla cessione, ha creato tre società: Space Exploration Technologies Corporation detta SpaceX (nel 2002), Tesla Motors (nel 2003) e SolarCity (nel 2006). È inoltre sua l’idea alla base del treno superveloce Hyperloop. Il testo che pubblichiamo è tratto dal master plan presentato quest’anno ai dipendenti di Tesla.

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114 115


©XINHUA

NEWS

AGENCY

/

EYEVINE


DOBBIAMO CREDERE N E L L’ I N T E L L I G E N Z A A R T I F I C I A L E , NON TEMERLA O A D D I R I T T U R A O S TA C O L A R L A

di Mark Zuckerberg FONDATORE

E

CEO

DI

FACEBOOK

nemmeno è paragonabile

come avrebbero volato. Al

a ciò che riesce a fare un

contrario, si è atteso che

qualsiasi essere umano.

quella tecnologia fosse

La mia speranza, alla fine, è

veramente compresa, poi si

che l’intelligenza artificiale

è lavorato insieme per dare

aiuti i computer a sviluppare

forma alla sua applicazione.

un senso comune: cioè la

Per quanto potente e

capacità di osservare il

avanzata possa rivelarsi

mondo, poi di generalizzare,

essere un giorno

quindi apprendere da esso.

l’intelligenza artificiale,

Ma siamo molto lontani

anche noi abbiamo prima

da questo passaggio;

bisogno di comprenderla e

quando ci arriveremo, sarà

di riflettere con attenzione

perché avremo ridotto il

su come dovrebbe essere

problema alla matematica,

applicata. Il meglio che

non alla magia. Quando la

possiamo fare è assicurarci

gente a proposito dell’IA

di avere le nostre menti

paventa scenari apocalittici,

migliori al lavoro sull’IA e

è importante ricordare

sostenere la ricerca che

che si tratta di ipotesi: se

ci aiuti a svilupparla il più

usciamo dall’ambito della

rapidamente possibile.

fantascienza, le probabilità

Di nuovo, è una questione di

che tali visioni si trasformino

matematica, non di magia. A

in realtà sono molto poche.

un livello elementare, penso

La gente è preoccupata

che l’intelligenza artificiale

dalle nuove tecnologie ma,

sia un bene, non qualcosa di

per la verità, l’intelligenza

cui dovremmo avere timore.

artificiale sta già salvando

Abbiamo già avuto esempi

delle vite. Quella che stiamo

di come possa diventare un

sviluppando adesso è in

valore aggiunto e migliorare

grado di diagnosticare

il mondo. Se riusciremo

malattie e curarle grazie a

a scegliere la speranza

nuovi trattamenti; domani,

invece della paura e se

le auto che si guidano da

promuoveremo la scienza

sole saranno molto più

fondamentale che c’è dietro

sicure di quelle condotte

l’IA, questo sarà solo l’inizio.

da persone. Chiunque sia interessato a salvare vite umane dovrebbe guardare con ottimismo alla differenza che può fare l’IA: se ne rallentiamo il progresso per prestare ascolto a preoccupazioni infondate, rischiamo di rinunciare a vantaggi sicuri. La gente ha sempre usato

degli esempi di cui oggi è

Abbiamo già avuto un

la tecnologia come leva

possibile leggere tratta

dibattito simile, in passato.

per migliorare la vita e

in realtà di matematica di

L’aeroplano è il prodotto

incrementare la produttività.

base e corrispondenza di

di una tecnologia che ha

Ma all’inizio del ciclo di

modelli. Si carica il sistema

portato enormi benefici ma,

ogni nuova invenzione c’è

con una gran mole di dati

quando fu inventato, tanti

sempre la tentazione di

– per esempio migliaia di

erano molto preoccupati a

concentrarsi sui rischi che

fotografie di cani – così

causa della sua potenziale

essa comporta, invece che

lo stesso è poi in grado di

pericolosità. Avevano

sui benefici che produrrà.

identificarne ancora di più.

ragione! Nessuno tuttavia

Lo stesso accade oggi con

È uno strumento potente

si è precipitato a mettere

l’intelligenza artificiale.

per espletare attività come

delle regole sulle modalità

L’IA ha in sé qualcosa di

fare traduzioni o insegnare

di funzionamento dei velivoli

magico, ma la maggior parte

alle auto a guidare, ma

prima ancora di capire


sfruttare praticamente al 100%, non si limita a

L’ E V O L U Z I O N E D E I D R O N I SPICCA IL VOLO

fungere da contenitore e mezzo di trasporto. Questo progetto di Windhorse Aerospace offre al proprio interno un generoso spazio per cibo, acqua e medicinali ma, una volta atterrato con precisione in completa autonomia, può anche essere smontato: la scocca aerodinamica diventa un riparo per le intemperie e il telaio di compensato può essere bruciato per cucinare o semplicemente come fonte di calore. Al “papà” del progetto, Nigel Gifford, l’ispirazione è venuta osservando la fornitura di aiuti in Siria e notando quanto il vecchio metodo degli scatoloni lanciati con paracadute sia in effetti poco preciso, non ecologico, costoso. Pouncer può trasportare 50 kg di materiale per altrettante razioni di cibo, copre un’area fino a 100 km e atterra con una precisione di 7 metri. Costa circa 150 euro, con sistema di navigazione; in

e ibrido con forma a V,

futuro parte della scocca

NOMI

in grado di decollare e

verrà resa commestibile.

DelfAcopter - Pouncer - Zipline - Aquila

atterrare come un elicottero

I droni Zipline hanno già

ma anche di planare veloce

operato con successo in

come un aereo grazie al solo

Africa e di recente hanno

propulsore con autonomia

debuttato anche in patria,

di 60 chilometri e velocità

negli Stati Uniti. Oltre ai

massima di 100 all’ora.

classici medicinali, questi

Sarà così in grado di

velivoli senza pilota sono

raggiungere facilmente

specializzati nel trasporto

luoghi colpiti da cataclismi

di sangue. Se in Rwanda

o incidenti oppure siti

coprono buona parte del

d’atterraggio complicati,

paese, in Usa sono stati

CHE

COSA

Velivoli automatici DOVE

FATTORE

GOOD

NEWS

**** I droni non servono solo

l’Università Tecnica di Delft,

come navi nel mare in

indirizzati verso aree

a girare video virali come

in Olanda, è in prima linea,

tempesta o vette di

rurali o assai remote – per

quelli ripresi dai modelli

sin dal famoso progetto

grattacieli. Pesa solo

esempio in Maryland,

DJI o con il nuovo GoPro

di ambulanza volante del

quattro chili, per cui potrà

Nevada, Washington State

Karma: possono anche

2014 sviluppato da un

trasportare medicinali e

– e specificamente presso

salvare vite e risultare dei

suo studente: filando a

strumenti necessari per

comunità di nativi americani.

moderni San Bernardo

100 chilometri all’ora, nel

interventi immediati.

Finanziati anche da Google

in grado di raggiungere

giro di pochi minuti può

Neanche del drone si

e dal co-fondatore di

con agilità, tempestività e

trasportare un defibrillatore

butta via niente, come per

Microsoft, Paul Allen, questi

flessibilità luoghi colpiti da

in caso di attacco cardiaco.

il maiale. È la filosofia del

droni hanno l’obiettivo di

gravi disastri per rapidissimi

Due anni dopo, la novità si

geniale Pouncer, che sale

eliminare la sperequazione

interventi di emergenza.

chiama DelfAcopter: appare

un livello successivo: tutto

sociale nell’accesso

Da questo punto di vista

come un velivolo automatico

il velivolo è una risorsa da

alle risorse mediche,


soprattutto per pazienti con patologie gravi che vivono in situazioni estreme.

F R AT T U R E A D D I O , C I S O N O

Zipline, navigando via GPS e

LE OSSA FLESSIBILI

attraverso la rete cellulare, può volare per ben 120 km e consegnare ordini di farmaci

NOME

e sangue ricevuti via SMS

Hyperelastic Bone (Hb)

nel giro di soli trenta minuti. Ha un nome italiano invece il drone sviluppato

CHE

COSA

Composto sintetico iperelastico per ricostruzione ossea

da Facebook: Aquila non trasporta medicinali, ma

DOVE

Evanston, Stati Uniti

crea connessioni a Internet in modo molto più semplice ed energeticamente

FATTORE

GOOD

NEWS

***

efficiente di precedenti progetti basati su palloni aerostatici. Voluto a tutti

Se in futuro guariremo

tradizionali di stampa 3D,

i costi dal co-fondatore

dalle fratture ossee molto

Team Lab si è affidato a tre

Mark Zuckerberg, come

più velocemente e senza

solventi che solidificano

parte integrante della

conseguenze, il merito

a temperatura ambiente

missione “Internet.org” per

sarà delle stampanti 3D

in una struttura chiamata

connettere il mondo, Aquila

e dei nuovi materiali: lo

Hyperelastic Bone o Hb,

può irradiare la connessione

prova il sistema messo a

osso iperelastico, che ha

tramite fasci laser: è

punto dalla Northwestern

ottenuto risultati eccezionali

gigantesco, ha la stessa

University, in Illinois, basato

nei test sugli animali: la

apertura alare di un Boeing

su un composto sintetico

protesi biodegradabile via

737 ma, grazie alla struttura

versatile, facile da ottenere,

via scompare lasciando

in fibra di carbonio, pesa

economico, biocompatibile,

spazio ai tessuti naturali.

soltanto 543 chilogrammi.

antirigetto, resistente e,

Questa sorta di impalcatura

Durante il primo test,

soprattutto, flessibile.

per la ricostruzione ossea

volando per oltre un’ora e

Proprio grazie all’elasticità,

diverrà una manna per i

mezzo a un’altitudine di 650

può accompagnare la

chirurghi, dato che è molto

metri, ha consumato appena

rigenerazione ossea dei

resistente, si può modellare

duemila watt di potenza,

tessuti ed è ideale nel

con facilità senza che

quanto un asciugacapelli.

trattamento di piccoli

si sbricioli, non richiede

Ma potrà salire fino a 2700

pazienti, perché adatto a

colla o punti di sutura e

metri, dove l’aria è più

una crescita veloce. Dice

può sostituire un osso

rarefatta, e raggiungerà i

Ramille N. Shah, docente

completo. Visti i risultati

130 km all’ora, atterrando

di Material Science and

eclatanti, l’Hb verrà usato

dopo 3 mesi e consumando

Engineering, oltre che di

sulle persone in tempi brevi,

solo cinquemila watt di

Chirurgia ortopedica, a

circa cinque anni; in realtà è

media. Da lassù, potrà

capo del Team (Tissue

stato già messo alla prova

elargire Internet su una

engineering and additive

con cellule staminali umane

circonferenza di territorio

manufacturing) Lab: «In

che ha dato esiti più che

del diametro di 100 km, con

chirurgia ossea, gli adulti

positivi. Potrebbe trovare

precisione millimetrica.

hanno più opzioni dei

applicazione soprattutto

DIEGO

bambini che, in caso di

nei paesi in via di sviluppo,

impianto permanente,

spiega il cofondatore del

mentre crescono dovranno

Team Lab Adam Jakus:

subire altri interventi».

«Dove mancano particolari

Il composto in questione è

impianti, l’Hb potrebbe

basato sull’idrossiapatite

essere conservato senza

(ingrediente minerale

necessità di refrigerazione

base del nostro scheletro),

o congelazione. Basterà

miscelata a un polimero

aprire il pacchetto e usarlo».

chiamato policaprolattone

D.B.

BARBERA

che la rinforza e la sostiene. Invece che ai metodi


QUANTO IL COMPUTER I M I TA I L C E R V E L L O

NOME

Memristore CHE

COSA

Dispositivo su nanoscala per gestire le intelligenze artificiali DOVE

Southampton, Regno Unito FATTORE

GOOD

NEWS

***

cerebrali, attraverso un

altri oggetti). Queste

network neurale artificiale

piattaforme hardware sono

(ANN) che ovvia all’attuale

in grado di adattarsi – in

mancanza di sinapsi

modo indipendente e senza

hardware efficienti.

alcun intervento umano –

I Memristore sono infatti

a qualsiasi ambiente; né

componenti che limitano

temono imponenti quantità

o regolano il flusso di

di dati da elaborare.

corrente elettrica in un

Il team che porta avanti

circuito, ricordando la

questo progetto ha

quantità che è passata e

collaborato, tra gli altri,

conservando i dati anche

anche con Leon Chua

quando l’alimentazione

dell’Università di Berkeley

viene tolta. Possono così

in California, che in un

fare da base a processori

articolo pubblicato da

Le intelligenze artificiali

catalogazione.

in grado di consumare

IEEE Transactions on

hanno ancora tanta strada

Tuttavia, grazie a millenni

pochissima energia pur

Circuit Theory nel 1971

da fare, prima di riuscire

di evoluzione e selezione, la

elaborando grandi quantità

teorizzò e descrisse proprio

a raggiungere un livello

natura offre molto spesso

di informazioni in tempo

il Memristore. Ben 37

che sia minimamente

soluzioni praticamente

reale senza avere alcuna

anni prima che ne fosse

paragonabile a quella

perfette alle quali ispirarsi.

conoscenza precedente su

realizzato un prototipo.

umana. Il motivo principale

E cosa c’è di più perfetto

questi dati medesimi.

D.B.

è la difficoltà di imparare in

del cervello umano? Un

I Memristore costituiscono

modo rapido ed efficiente,

team dell’Università di

un fattore che potrebbe

oltre alla capacità portare

Southampton guidato da

impartire una profonda

a termine compiti oggi

Alexandru Serb, ricercatore

accelerata ad ambiti come

quasi impossibili. Per

in Electronic e Biomedical

l’Internet delle cose (ossia

esempio, il riconoscimento

Engineering, ha messo a

l’evoluzione della rete con

di schemi e strutture

punto Memristore: è un

gli oggetti del mondo reale

ripetitive all’interno di dati

dispositivo su nanoscala

che si rendono riconoscibili

grezzi per identificarne

in grado di governare

e possono comunicare

la classificazione,

le intelligenze artificiali

tra loro accedendo a dati

l’apprendimento online e la

che imitano le strutture

condivisi e aggregati da


questo, al programma

Cardone . «Con il 5G

sperimentale partecipa

invece potremo tracciare

anche Ericsson, che ha

il container end to end,

il compito di costruire

usando scanner mobili e

l’infrastruttura 5G che

fotografie tridimensionali.

permetterà agli oggetti

Con l’Internet delle cose,

intelligenti di comunicare.

in sostanza, si potrà fare

Cosa cambierà domani?

un lavoro più veloce e in

Primo esempio: un grande

sicurezza». Già, perché a

cargo entra in porto.

quel punto subentreranno

Oggi le manovre vengono

anche muletti robot

coordinate dalla torre di

(unmanned ground vehicles,

controllo e comunicate via

secondo la definizione

radio al ponte di comando

ufficiale) che si sposteranno

della nave e ai pilotini, i

in sciame per trasferire le

piccoli motoscafi che la

merci da una destinazione

guidano alla meta: si tratta

all’altra all’interno del porto.

di un sistema complesso di

I primi sono già stati testati,

procedure, di avanti e stop,

il passato novembre.

che si avvale anche dei dati

Dalle parole ai fatti. Il

raccolti dalle telecamere

progetto è in fase di

del porto. Occhi fissi, statici,

costruzione e nei primi

NOME

che registrano quanto

mesi del 2017 sarà pronto

Innovation Service Center

avviene all’interno della

il masterplan, cioè il

finestra che monitorano.

documento che determinerà

«Intendiamo dotare i

i costi della “rivoluzione

motoscafi che trainano

Internet of things” del porto,

la nave di videocamere

i tempi di realizzazione

mobili, che forniranno al

e le infrastrutture che

capitano e alla control

verranno messe in campo.

room il punto di vista dei

Come la connettività, che

manovratori», spiega

sarà articolata con fibra

Rossella Cardone, head of

ottica (fino al terminal) e

Innovation, sustainability

antenne 5G a cui associare

& corporate responsibility

i dispositivi mobili. «Sarà

LA RIVOLUZIONE 5G AL PORTO DI LIVORNO

CHE

COSA

Programma di tecnologia avanzata per lo scalo marittimo DOVE

Livorno, Italia FATTORE

GOOD

NEWS

****

Robot che scaricano in

strategica; ancor più nel

di Ericsson Mediterranean

possibile avere una rete con

autonomia le grandi navi

Mediterraneo, che soffre

Region. «Con un joystick

tante piccole autostrade e,

cargo, gru intelligenti,

la concorrenza del Nord

sarà possibile muovere

a seconda dei servizi che

occhi elettronici che dalle

Europa. Il progetto di ricerca

la telecamera e ottenere

devi usare, l’infrastruttura

banchine comunicano

mira a rendere più efficiente

feedback in tempo reale».

5G ti permetterà di

in diretta con i ponti di

e veloce lo scalo toscano,

Secondo esempio: lo

scegliere la “fetta di rete”

comando dei colossi che

dove transitano in media

stoccaggio delle merci di

più adeguata», chiarisce

hanno appena attraccato:

trenta milioni di tonnellate

una nave. Quando i cargo

Cardone. In realtà il lavoro

questo potrebbe essere il

di merci, settemila navi e 2,5

scaricano, i container

sulle merci è solo il punto

futuro del porto di Livorno.

milioni di turisti all’anno.

sono parcheggiati sulle

di partenza: l’Internet delle

Il progetto è appena

In un prossimo futuro

banchine, quindi spostati in

cose potrebbe rivelarsi

partito. «Vogliamo

gru, muletti e telecamere

magazzino, poi inventariati

utile anche per migliorare la

far evolvere lo scalo»,

dialogheranno in modo

per essere rintracciati e

gestione e l’accoglienza dei

spiega Paolo Pagano,

autonomo, scambiandosi

caricati su tir o treni. Ora,

turisti delle navi da crociera.

direttore dell’Innovation

informazioni e svolgendo

immaginate di ripetere

Un mercato, cioè, che

Service Center, progetto

meglio i rispettivi compiti.

l’operazione per i 30

l’anno scorso ha prodotto

tecnologico promosso

«La rete 5G abilita una

milioni di tonnellate di

un fatturato di 17 miliardi

dall’autorità portuale

comunicazione immediata

merci che ogni anno

di euro in Europa. La fetta

della città e dal Consorzio

fra tutte le parti in gioco

transitano per Livorno.

maggiore, quattro miliardi, è

nazionale interuniversitario

senza distinguere tra

«Oggi il tracciamento dei

andata all’Italia.

per le telecomunicazioni

veicoli, esseri umani e

container avviene mediante

LUCA

(Cnit). In un mondo in cui il

sensori impiantati, perché

telecamere fisse montate

90% delle merci viaggia via

tutti condividono la stessa

sulle gru, ma ciò rende

nave, la crescita tecnologica

tecnologia di accesso»,

la movimentazione non

di un porto è un’operazione

prosegue Pagano. Per

flessibile», spiega Rossella

ZORLONI



CAPITOLO

W I R E D

—

I N V E R N O

16 / 17


RIUSCIREMO A VIVERE SU UN PIANETA PIÙ PULITO?


RIS P O N D O N O:

AL GORE VINCENZO BALZANI ANDRÉ BORSCHBERG


TE STO:

ISSIE LAPOWSKY

FOTO:

DAN WINTERS


RIS PON DE:

AL GORE

TIRA UNA BELLA ARIA DIECI IL

SUO

HA A "UNA

ANNI

FATTO TUTTO

SCOPRIRE IL

SCOMODA

O G G I,

FA

DOC U MENTARIO

MONDO V E R I T À ".

SECONDO

VICEPRESIDENTE STATI SULLA PER

U N I T I, STRADA

SIAMO GIU STA

SCONFIGGERE

RISCALDAMENTO E

L' E X DEGLI

IL

GLOBALE

L' I N Q U I N A M E N T O

127 W I R E D

I N V E R N O

16 / 17


128 129

A

Al Gore starnutisce. Forte. «È il caldo», dice l’ex vicepresidente degli Stati Uniti soffiandosi il naso. Nel 2016 a New York ce n’è stato più del solito. Marzo, per esempio, è stato il più caldo di sempre: ha battuto anche il record di temperature del 2015. Lo stesso è successo sia a febbraio che a gennaio e, guarda caso, anche negli otto mesi precedenti. Al Gore è esperto di questi dati, che voi conoscete grazie a lui: la storia spaventosa che raccontano sul futuro della Terra è il suo principale interesse da quando ha perso le elezioni presidenziali, nel 2000. È uscito da quella strana, controversa sconfitta armato della collezione di slide forse più famosa della storia; ha girato il mondo, l’ha presentata a centinaia di persone mostrando con dettagli inconfutabili quanto abbiamo trattato male il pianeta e cosa possiamo fare per salvarlo. Dieci anni fa quelle diapositive sono diventate An Inconvenient Truth (Una scomoda verità), il documentario che ha diffuso nel mondo quelle informazioni. Continua a trafficarci ogni giorno perché, è ovvio, i dati continuano a cambiare. Quest’anno però lui e gli altri attivisti dell’ambiente hanno un motivo per festeggiare: nell'aprile del 2015, 175 leader mondiali si sono incontrati alle Nazioni Unite per firmare l'Accordo di Parigi sul clima, un trattato che ha l’obiettivo di impedire l’innalzamento della temperatura della Terra oltre i 2 gradi Celsius rispetto ai livelli dell’era pre-industriale. Quindi, un decennio dopo che il suo film ha fatto scattare l’allarme e 16 anni dopo aver perso la Casa Bianca, sembra che Al Gore stia finalmente vincendo.

W I R E D

I N V E R N O

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Perché Una scomoda verità? «All’inizio, lo ammetto, non volevo fare un documentario. Perché pensavo che una presentazione con diapositive non potesse trasformarsi in un buon film. Ricordavo quando a scuola cercavo di imparare Shakespeare guardando le rappresentazioni filmate dei suoi spettacoli: accendevano una telecamera e riprendevano il palco. Non funzionava, non era la stessa cosa. Davis Guggenheim e Participant Media hanno dovuto convincermi che fosse una buona idea, e li ringrazio di avermi mostrato quanto poco capissi di cinema. Il messaggio era da diffondere e da ascoltare perché – posso sembrare presuntuoso – è in gioco il futuro dell’umanità». Quest’anno ne hai parlato anche a una TED Conference. Come hai tenuto viva la passione per questo tema, per così tanto tempo? «Siamo tutti diversi l’uno dall’altro, ma credo che la passione non abbia bisogno di essere alimentata. Nasce spontaneamente. Un impegno che ti costringe a usare ogni grammo di energia è una fonte di gioia. Quando sono di fronte a un pubblico che può fare la differenza, mi sforzo perché ogni sillaba del mio discorso abbia importanza. Magari cercando di attenuare la passione perché non sovrasti il messaggio principale». L’accordo sul clima di Parigi è un passo in avanti importante? «Un esempio? Durante una gara, a volte, “senti” in modo tangibile un mutamento. Magari una delle due squadre è in svantaggio, ma il cambio di passo è così evidente che sai che in ogni momento potrebbe vincere. Questa è la situazione in cui ci troviamo oggi, nei confronti del cambio climatico. Siamo ancora indietro nel punteggio ma il cambio di passo c’è stato e siamo destinati a vincere. Quando l’energia proveniente da fonti rinnovabili diventerà più economica di quella derivata dai combustibili fossili, il mutamento diventerà definitivo. È il mercato stesso a rendere questa opzione più conveniente, quindi preferibile. Così si raggiungono risultati come quello del 2015, in cui il 90% dell’elettricità generata nel mondo proveniva da fonti rinnovabili. È impressionante, gli accordi di Parigi hanno superato ogni mia aspettativa. Basta? No, ovviamente no. Si può fare meglio? Certo, sono stati concepiti per essere sempre migliorati e su questo sto lavorando». Ti sentivi isolato all’interno del mondo politico americano quando, negli anni ’80 e ’90, combattevi per il clima? «Erano tempi diversi e anche la situazione dell’ambiente era differente. Ma non mi sentivo solo: avevo l’obiettivo di raggiungere il maggior numero di persone possibile. È ed era l’unico modo di risolvere il problema visto che troppi sistemi politici sono stati condizionati dagli interessi dell’industria: quell’influenza economica dev’essere controbilanciata su scala globale da movimenti di opinione di massa costruiti dal basso». Alcuni politici americani sostengono che «il cambio climatico è una religione, non una scienza», mentre tu hai sempre detto che la soluzione del problema non dev’essere mai una scelta di parte. «Quel tipo di faziosità per fortuna sta venendo meno. Lo scorso autunno undici parlamentari

C A P I T O L O

4


repubblicani hanno sottoscritto un’importante dichiarazione al riguardo... e quando Georgetown, in Texas, ha annunciato di voler passare alle fonti di energia rinnovabili per coprire il 100% del fabbisogno, un politico locale ha detto: “Io sono la persona più lontana che si possa immaginare da Al Gore”. Fantastico! Così dev’essere». Però il presidente uscente Barack Obama ha dovuto far partire il Clean Power Plan senza l’appoggio del Congresso... «La nostra democrazia è stata modificata al punto da diventare del tutto indifferente all’interesse pubblico. Ma la tecnologia può venirci in aiuto. Quando la televisione è divenuta la principale fonte di informazione, l’architettura dell’ecosistema informativo è cambiata in modo radicale: le persone che avevano qualcosa da dire al pubblico si sono trovate di fronte a barriere insormontabili e i soldi hanno cominciato a influire sulle decisioni politiche. L’ecosistema dell’informazione che si è venuto a creare nell’era moderna, basato su internet e sui social media, ha di nuovo ridotto gli sbarramenti e favorito la meritocrazia delle idee. Se i membri del Congresso controllati da grandi interessi privati vengono contestati da individui o piccoli gruppi in grado di fare crowdsourcing, raccogliere fondi e presentare candidati propri, significa che è stato restaurato il principio di democrazia rappresentativa nel nostro paese». Bernie Sanders (candidato alle primarie del Partito Democratico alle ultime elezioni presidenziali americane, ndr) aveva messo questi temi sul tavolo... «L’idea di una campagna molto basata su internet rappresenta la speranza di eliminare la vecchia cultura della politica. Credo che il futuro sarà sempre più plasmato da individui, provenienti da entrambi gli schieramenti, capaci di entrare in contatto diretto con il pubblico attraverso i social media e le altre forme di comunicazione basate su internet. Ciò diminuirà la dipendenza dei candidati dai finanziatori». Che eredità ha lasciato il presidente Obama? Ha fatto molto per favorire gli investimenti nelle energie rinnovabili. «Ha costruito una consapevolezza sul clima senza precedenti. Nonostante le difficoltà che ha incontrato al Congresso ha realizzato il Clean Power Plan e ha negoziato con successo un accordo bilaterale con la Cina che ha completamente cambiato le prospettive degli accordi di Parigi. Ha proposto regole per l’efficienza energetica dei veicoli durante il primo mandato, poi ha affrontato la questione delle emissioni di metano. L’elenco di quello che ha ottenuto è lungo». Ritieni di aver ottenuto risultati migliori da privato cittadino di quello che avresti potuto fare lavorando nel settore pubblico? «Non mi faccio illusioni: nessuna posizione è in grado di competere con quella del presidente degli Stati Uniti nell’indirizzare le decisioni politiche e influenzare il modo di pensare dei cittadini. Non spetta a me giudicare i risultati ma quando qualcuno mi dice che dieci anni fa, dopo aver visto il mio film, ha cambiato stili di vita, non posso che essere gratificato. È un incoraggiamento a fare sempre di più. È molto importante arrivare a una vittoria il più rapidamente possibile».

W I R E D

I N V E R N O

16 / 17


Cosa succederà durante la prossima amministrazione Trump? «Il punto chiave è che l’energia rinnovabile sta diventando più economica di quella derivante dai combustibili fossili. La vera differenza sarà la velocità del cambiamento». È difficile per molti comprendere la portata del cambio climatico, perché non ne vedono le conseguenze nel quotidiano o magari non ne riconoscono gli effetti. «A marzo sono stato a Tacloban nelle Filippine e ho parlato con i sopravvissuti al super tifone Haiyan. Vedere in che modo le loro vite sono state trasformate, le sofferenze e le perdite che hanno dovuto affrontare mi ha sconvolto. E lo scorso autunno, durante una grande inondazione della Florida, ho visto i pesci dell’oceano nuotare nelle strade di Miami Beach e Fort Lauderdale...». Parli spesso della necessità di vincere la battaglia contro il cambio climatico. Cosa significa la parola “vittoria” in questo contesto? «Vuol dire evitare conseguenze catastrofiche che possono compromettere il futuro dell’umanità. Vuol dire fermare l’accumulo dell’inquinamento nell’atmosfera e ridurne il volume. Vuol dire creare decine di milioni di nuovi posti di lavoro per modernizzare le abitazioni, trasformare i sistemi di produzione energetica, installare batterie, trasformare l’agricoltura e le scienze forestali. Vuol dire fare in modo che le soluzioni alla crisi climatica diventino i principi base della nostra civiltà». La Silicon Valley adesso è dalla tua parte. Che ruolo può avere la tecnologia? «Tutte le maggiori aziende consumer-facing, cioè a diretto contatto con i clienti, tipo Google, Facebook, Apple e Amazon sono impazienti di ridurre le emissioni di anidride carbonica e sanno che facendolo possono risparmiare. Quelle che non prendono iniziative in questo senso corrono il rischio di perdere mercato e svalutare il proprio marchio. In quanto esseri umani, abbiamo la capacità di comunicare, di pensare insieme a come affrontare queste sfide operando all’interno della democrazia costituzionale. Inoltre possiamo lasciare in eredità ai nostri figli delle normative che ci indirizzino verso l’obiettivo a lungo termine. L’abbiamo fatto in passato e ci siamo riusciti meglio quando meglio funzionava il dialogo all’interno della società. Ma potremo ottenere risultati ancora migliori in futuro, dal momento che le nuove forme di democrazia basate su internet consentono di rendere sempre più vincenti sia idee che considerazioni correttamente ragionate e argomentate».

al gore è nato nel 1948 a Washington. È stato il 45º vicepresidente degli Stati Uniti (1993-2000), durante la presidenza di Bill Clinton. Dopo la controversa sconfitta contro George W. Bush alle presidenziali del 2000, si è ritirato dalla politica e dedicato alla causa ambientalista. Il documentario Una

scomoda verità, tratto dalla presentazione utilizzata per molti anni durante la sua campagna di informazione sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo, ha vinto due premi Oscar nel 2007. Nello stesso anno Al Gore ha anche vinto il premio Nobel per la pace.

C A P I T O L O

4

130 131



RIS PON DE:

VINCENZO BALZANI

LA RIVOLUZIONE DELL'ANTROPOCENE

133 W I R E D

—

I N V E R N O

16 / 17


C RESCITA

E

CONOSCIAMO MA

PER

SVILUPPO

NON

SONO

FORTUNA

UN

PIÙ

ENERGETICO

È

FARE

COSA

A

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S O S T E N I B I L I,

NUOVO

E C O N O MIC O, PRONTO

COSÌ

MODELLO

PRODUTTIVO PER

TUTTI

PRIMA NOI


FOTO:

REUBEN WU


N

136 137

egli ultimi 50-100 anni il mondo è profondamente cambiato, tanto che gli scienziati dicono che siamo entrati in una nuova era geologica, l’Antropocene (in cui all’uomo e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche, ndr). L’utilizzo dei combustibili fossili, i progressi della scienza e quelli della tecnologia hanno rafforzato le nostre mani, ormai è evidente, ma hanno anche aumentato la fragilità del pianeta. Gli scienziati e i filosofi sono preoccupati per il futuro dell’umanità. L’ambientalista Lester Brown dell’Earth Policy Institute di Washington ha scritto che il mondo è sull’orlo del baratro. Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, la scienza e la tecnica hanno fatto vincere all’uomo molte battaglie contro la natura, ma ora rischiano di farci perdere la guerra, causando l’irreversibile degrado del pianeta. Il filosofo Hans Jonas ha scritto che è proprio lo smisurato potere su noi stessi e sull’ambiente, che ci siamo attribuiti, a imporci di sapere cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci.

A

bbiamo vissuto gli ultimi anni in piena recessione. Economisti e politici sostengono che, per uscirne, dobbiamo consumare di più perché quando inizieranno a crescere i consumi, aumenteranno produzione, occupazione e, finalmente, anche il Prodotto interno lordo (Pil). La parola d’ordine è “innovazione” (oltre 22 milioni di voci su Google), in quanto motore dello sviluppo e della crescita. A essa si chiede dunque di fare aumentare i consumi, cioè di creare prodotti nuovi, sempre più attraenti e desiderabili per il pubblico. Non importa se sono inutili, perché con la pubblicità si possono comunque imporre sul mercato. Meglio se si riesce a programmarli perché si rompano in breve tempo, così che li dovremo gettare (ripararli è più costoso!) senza provare scrupoli nel comprare il modello più recente, sapendo di contribuire all’aumento del Pil. Neppure dobbiamo preoccuparci troppo di produrre rifiuti, perché troveremo sempre un modo per farli scomparire dalla nostra vista: nascondendoli sottoterra, bruciandoli perché se ne vadano, invisibili, in quell’immensa discarica comune che è l’atmosfera, oppure gettandoli in mare. Anche questo gioverà all’aumento del Pil. I rifiuti elettronici, poi, pericolosi e difficili da eliminare, potremo continuare a “regalarli” ai paesi sottosviluppati dell’Asia o dell’Africa, dove faremo felici i poveri che tenteranno di ricavarne qualcosa con gravi rischi per la salute. Questa ricetta, però, è profondamente sbagliata. Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi ci porterebbe al disastro collettivo nel giro di qualche decina d’anni, forse addirittura meno. Le prime cose da innovare sono istruzione e cultura. Bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, qual è la situazione reale del mondo in cui viviamo a proposito di risorse, rifiuti, disuguaglianze e modelli economici di sviluppo. Tutti dovrebbero sapere che continuando a immettere 36 miliardi di tonnellate all’anno di anidride carbonica nell’atmosfera provochiamo cambiamenti climatici disastrosi e irreversibili; che i rifiuti di materie plastiche che si sono raccolti nell’Oceano Pacifico formano un’isola grande come l’Europa; che le risorse non rinnovabili sono in quantità limitata e che molte di esse hanno già superato il picco di produzione; che consumiamo risorse rinnovabili (per esempio, gli alberi delle foreste e i pesci del mare) come se avessimo a disposizione un pianeta e mezzo; che l’economia basata sul consumismo usa e getta aumenta le disuguaglianze economiche e produce emarginazione sociale. Tutti dovrebbero sapere, infine, che se vogliamo continuare a vivere sulla Terra dobbiamo scegliere un’al-

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tra strada: quella della sostenibilità ecologica e sociale. Non a caso papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’ parla di rivoluzione culturale: «Di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta… Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale… Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale».

attuale modello di sviluppo è basato sulla cosiddetta “economia lineare”, che parte dall’ingannevole presupposto che le risorse siano infinite e che la collocazione dei rifiuti non costituisca un problema. Uno dei punti cardine della rivoluzione culturale di cui parla papa Francesco, e di cui c’è tanto bisogno, è invece il passaggio a una “economia circolare”, un modello di sviluppo alternativo che utilizza le risorse della Terra in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo il più possibile intelligente (efficienza), al fine di fabbricare oggetti programmati per essere non solamente usati ma anche riparati, raccolti e riciclati al fine di fornire nuove risorse. La differenza fondamentale fra i due modelli riguarda la risorsa chiave di ogni sistema economico, cioè l’energia. L’economia lineare è basata sui combustibili fossili, una fonte in via di esaurimento, mal distribuita sul pianeta, motivo di guerre e causa di danni gravissimi all’ambiente e alla salute dell’uomo. L’economia circolare, invece, utilizza l’energia solare e le altre fonti (eolica, idrica) a essa collegate: abbondanti, inesauribili, ben distribuite, non pericolose. La transizione dall’uso dei combustibili fossili a quello delle energie rinnovabili è già iniziata ed è ineluttabile. Si tratta di un processo graduale e complesso, che si prevede giungerà a termine verso il 2050. È fortemente osteggiato dalle lobby dei combustibili fossili, che sono talmente potenti da influenzare economisti e politici; però sta facendosi strada grazie agli ammonimenti degli scienziati, all’enciclica del pontefice e all’accordo sul clima raggiunto alla Conferenza COP21 di Parigi.

L'

nnovazione” è una parola che oggi va declinata non più nell’ambito dell’economia lineare ma di quella circolare; ed è la sola che può assicurare un futuro al pianeta e ai suoi abitanti. Quindi è essenziale che gli uomini si guardino bene dall’adottare qualsiasi innovazione basata su un maggior consumo di risorse, una crescente produzione di rifiuti e l’aumento delle disuguaglianze. Un classico esempio di innovazione inutile è rappresentata dai veicoli alimentati con combustibili fossili, in particolare i giganteschi suv. Un passo avanti nel campo delle automobili oggi è possibile solo grazie alle vetture elettriche (motori, batterie, dispositivi di ricarica veloce ecc.): l’energia viene prodotta dalle fonti rinnovabili, i motori elettrici non causano danni all’ambiente e offrono un rendimento tre volte superiore a quelli a scoppio. Non a caso, entro il 2025 Olanda, Norvegia e India prevedono di vietare la vendita di veicoli a benzina e gasolio. L’unica innovazione che dobbiamo perseguire è quella che ha per obiettivo la sostenibilità nel suo duplice aspetto: ecologico e sociale. Nell’industria, nell’agricoltura e nei trasporti, innovazione per la sostenibilità significa ridurre i consumi di energia, acqua, suolo e materie prime, per eliminare gli sprechi e aumentando l’efficienza dei processi. Il risultato sarà anche una diminuzione dei costi di produzione. Un settore particolarmente importante è quello dell’energia.

"I

C A P I T O L O

4


innovazione dev’essere volta a consumare meno e a facilitare la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. È una strada già seguita con successo da molte imprese di ogni tipo e dimensione. Il passaggio alle rinnovabili, nella maggior parte dei casi, è facilitato dalla disponibilità di tetti, terrazze, coperture per parcheggi e altri spazi inutilizzati dove si possono installare, senza grandi costi, pannelli fotovoltaici, collettori termici e in taluni casi anche pale eoliche. L’esempio più eclatante è Tesla: nel nuovo, gigantesco stabilimento di Sparks in Nevada, dove verranno costruite batterie al litio per auto elettriche, tutta l’energia necessaria sarà autoprodotta con fonti rinnovabili. Al risparmio nel consumo energetico deve affiancarsi quello nell’utilizzo delle materie prime. Oggi, ogni persona che vive sulla Terra ne consuma in media 27 chili al giorno. Bisogna essere consapevoli che il pianeta su cui viviamo ha dimensioni “finite” e che, pertanto, le risorse sono limitate. Così come è limitato lo spazio in cui mettere i rifiuti. Dovrebbe essere una cosa ovvia, ma in realtà sembra che molti non l’abbiano ancora capito. O forse fa comodo non capirlo. Come già accennato, nell’ideare e fabbricare un prodotto si deve prevedere non solo l’uso a cui è destinato ma anche la possibilità che possa essere riparato. Con la sostituzione delle parti più soggette a usura, per esempio. Quando il prodotto non sarà più utilizzabile, dovrà essere possibile servirsi per altri scopi di alcune sue parti, facilmente individuabili e separabili. Infine dev’essere progettato considerando anche la facilità di riciclaggio dei suoi singoli componenti al fine di rigenerare risorse. Nei prossimi anni, un numero crescente di imprese si dedicherà al recupero dei materiali e l’innovazione giocherà un ruolo importante nel rendere il riciclo sempre più efficiente e conveniente. Nei testi più avanzati si sottolinea che i rifiuti rappresentano un’opportunità e che in un mondo con risorse limitate, ma digitalizzato e interconnesso, verranno venduti sempre più servizi e sempre meno merci. A causa dell’aumento dei costi di trasporto, infatti, le aziende che trattano prodotti materiali devono rivolgersi a mercati ristretti, mentre, al contrario, chi vende informazioni ha la possibilità di operare su un mercato globale («Atoms are local, bits are global»). Le imprese devono considerare che l’innovazione responsabile, cioè quella nella direzione della sostenibilità, sarà sempre più premiata perché si va diffondendo fra la gente la consapevolezza che bisogna porre rimedio alla crisi energetica e climatica; ma anche, più in generale, ai danni causati dall’economia dell’usa e getta. Già oggi molti acquirenti – il loro numero aumenterà costantemente – sono disposti a pagare di più se hanno la certezza che quello che comprano è stato prodotto seguendo i criteri della sostenibilità. Già oggi un modo efficace per conquistare quote di mercato consiste nel pubblicizzare il valore aggiunto, ecologico ed etico, che deriva da una produzione sostenibile.

L'

toricamente le disuguaglianze sono una conseguenza del progresso, visto che le fughe in avanti di poche nazioni o di poche persone lasciano indietro, inesorabilmente, molte nazioni e molte persone. Purtroppo, lo sviluppo di un paese avviene spesso a spese di un altro e la crescita di una classe sociale si determina a spese di un’altra. Il francese Thomas Piketty e altri economisti di fama internazionale mostrano che il capitalismo produce in modo meccanico disuguaglianze insostenibili, arbitrarie. La sperequazione di reddito si autoalimenta: dovrebbe essere limitata con tetti agli stipendi troppo elevati e un’appropriata e corretta tassazione progressiva. Un’indagine di una fondazione inglese mostra che, nei paesi sviluppati, i problemi sociali e sanitari sono tanto più gravi quanto maggiore è

S

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16 / 17


la disuguaglianza di reddito. Al crescere delle sperequazione aumentano tutti gli indici di malessere (omicidi, furti, mortalità infantile) e diminuiscono quelli di benessere (fiducia reciproca, istruzione, benessere dei bambini). Nel Regno Unito si è stimato che basterebbe dimezzare la disuguaglianza di reddito per ridurre del 65% le malattie mentali e aumentare dell’85% il livello di fiducia, con beneficio non solo dei poveri ma dell’intera società. Nei paesi sviluppati, quindi, per aumentare la qualità della vita, vanno ridotte le disuguaglianze. Non si risolvono i problemi del mondo producendo di più e aumentando le sperequazioni, come è avvenuto negli scorsi decenni. Né le disparità possono essere risolte con una caritatevole politica sociale: è il lavoro che dà dignità all’uomo. C’è da innovare, quindi, anche nei rapporti fra imprese e lavoratori. Il papa dice che «il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa Terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale… L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere il territorio in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune».

innovazione è e rimarrà il motore della crescita e dello sviluppo, i quali non devono però aumentare le disuguaglianze economiche e sociali. Allora ci vuole molta innovazione per ottimizzare l’uso delle risorse, evitare sprechi, fare di più con meno, massimizzare l’efficienza dei processi, ridurre la quantità di rifiuti, mirare alla riparazione invece che alla rottamazione, riciclare; ma anche per ridurre le disuguaglianze all’interno di ciascuna nazione, fra le nazioni e fra il Nord e il Sud del mondo. Problemi che vanno affrontati da politica ed economia. Ma ciascuno di noi – nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone – può dare un contributo alla costruzione di una società più equa, facendo leva sulle energie spirituali che caratterizzano l’uomo: responsabilità, sobrietà, collaborazione, solidarietà, amicizia, creatività.

L'

vincenzo balzani è nato nel 1936 a Forlimpopoli (Forlì). Chimico, è diventato professore ordinario all’università di Bologna nel 1973 e professore emerito nel 2010. Accademico dei Lincei, è autore di dodici libri (tra cui Energia oggi e domani - Prospettive, sfide, speranze, punto di riferimento nel di-

battito sulle fonti energetiche) e di oltre 500 pubblicazioni su riviste internazionali. Ha ricevuto lauree honoris causa dalle università di Friburgo e Shanghai e nel 2013 il Nature Award for Mentoring in Science. È coordinatore del gruppo di scienziati Energia per l’Italia.

C A P I T O L O

4

138 139


140

UN

AEREO

HA

FATTO

IL

GIRO

DEL

MONDO

SOLO

GRAZIE

AI

RAGGI

S O L A R I,

SENZA

CA R B U R A NTE.


RIS PONDE:

ANDRÉ BORSCHBERG

IL RE SOLE UNA

SFIDA

DIETRO

LA

QUALE

CI

SONO

IDEE

E

TECNOLOGIE

W I R E D

I N V E R N O

CHE

16 / 17

PRESTO

CI

CAMBIERANNO

LA

VITA


olti mi chiedono se, durante l’ottava tappa del giro del mondo senza carburante con Solar Impulse (un aereo a energia solare) abbia avuto paura di addormentarmi. Se durante quelle 117 ore e 52 minuti in solitaria dal Giappone alle Hawaii fossi preoccupato che qualcosa andasse storto, di non farcela. Rispondo sempre che è stata un’esperienza straordinaria, profonda; che mi ha rivelato tante cose su me stesso e sul mio carattere; che, alla fine, 5 giorni e 5 notti sono stati troppo pochi. Avrei potuto imparare di più. Qualsiasi impresa è soprattutto questione di atteggiamento e disposizione mentale: proprio questa credo sia la lezione più importante che in 13 anni Solar Impulse mi ha impartito. Prima delle questioni tecnologiche, che pure sono importanti; prima di quelle organizzative e umane, che pure hanno il loro peso. Anziché entrare nella cabina di pilotaggio e paventare che m’aspettasse un viaggio lungo e arduo, ho immaginato che sarebbe stato estremamente interessante: questo fa la differenza. Se ti concentri sulle difficoltà sarà difficile, se pensi alle opportunità può diventare entusiasmante. Ciò vale non soltanto per il volo, ma per l’intero progetto. Cioè è la storia di come rendere possibile l’impossibile, che mi auguro possa essere di ispirazione per altri. Perché nel mondo ci sono molte situazioni come questa e c’è sempre qualcuno pronto a obiettare che «non si può fare». Quando abbiamo iniziato, l’intero universo dell’aviazione ci ha detto e ripetuto che era impossibile costruire un aereo solare come quello che avevamo in mente. Ebbene, 42mila chilometri e 23 giorni complessivi di volo dopo, possiamo affermare che non era così. Nulla abbiamo creato di particolarmente nuovo o rivoluzionario, abbiamo solo usato tecnologie esistenti che abbiamo assemblato e sviluppato al meglio, cercando una soluzione che – soli – eravamo convinti esistesse. Devi impegnare forze e tempo per comprendere in che modo l’intralcio che hai davanti modifichi la situazione. Se ti limiti a pensare a come superarlo, vedi solo i problemi ma non le possibilità; se invece cerchi di intuire come esso alteri la prospettiva, il tuo modo di ragionare e l’approccio, impari ad agire molto al di là del singolo problema. Un atteggiamento, questo, che diventa la chiave di volta per chiunque voglia cambiare le cose ed esplorare nuove idee.

M

142 143

n fondo, la nostra storia è molto simile a quella dei fratelli Wright, che il mio partner Bertrand Piccard mi ripeteva spesso. Come noi, hanno semplicemente utilizzato tecnologie che esistevano da molto tempo combinandole al meglio. Proprio questo deve guidare le nostre decisioni, perché oggi la domanda più importante per l’umanità è: come dobbiamo usare le tecnologie di cui siamo in possesso, per ottenere vantaggi nel presente e in futuro? Basta guardare allo sfruttamento delle risorse, a come continuiamo a bruciare carburanti fossili per rendersi conto che è un’idiozia: due litri su tre del carburante di un’automobile vengono sprecati sotto forma di calore, solo il terzo viene usato effettivamente per la propulsione. È una tecnologia inefficiente, su cui abbiamo continuato a insistere solo perché l’industria automobilistica rifiutava ogni cambiamento del modello di business, non perché mancasse un’alternativa più valida. Per fortuna, anche in questo ambito abbiamo raggiunto un punto di svolta e le auto hanno imboccato con decisione la strada dell’elettrico: le vetture di questo tipo rappresentano ancora una piccola percentuale, che però crescerà rapidamente. Questo porterà nel giro di una decina d’anni a un’altra rivoluzione, cioè la guida autonoma, che stravolgerà il modo in cui ci spostiamo. Tutto ciò avrà un corrispettivo anche nei cieli. Già, perché nella storia esistono momenti in cui diverse componenti si intrecciano e fanno sì che le cose cambino improvvisamente. Ne stiamo vivendo uno. A Parigi, nel 1890, c’erano così tanti cavalli che le strade erano piene di sterco e la situazione era insostenibile. Molti pensavano che il modello stesso di città non avesse futuro: perché l’equazione diceva tante persone uguale tanti cavalli, tanti cavalli uguale tanto inquinamento. In quel momento sono arrivate le automobili e le strade sono tornate pulite. Adesso tocca ai cieli: la tecnologia esiste, perché i motori elettrici hanno un’efficienza del 97% contro il 30 di quelli termici. Il consumo di energia mondiale è inoltre destinato a scendere anche con il contributo della politica, visto che ci sono governi – come quello della Germania – che grazie a incentivi trasformano le energie rinnovabili in fonti più economiche di altre. A mancare è solo un ul-

I

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I N V E R N O

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timo, piccolo passo necessario a cambiare la nostra disposizione mentale. Proprio in questo scenario, Solar Impulse è importante per due ragioni. La prima è l’enorme valore simbolico del messaggio che lancia, sia per la politica che per le persone comuni; la seconda è rappresentata dalle ricadute tecnologiche. Alcune sono immediate. Noi non abbiamo l’esperienza industriale né l’interesse a portare sul mercato le soluzioni che abbiamo utilizzato, ma ci sono aziende pronte a farlo. Il primo esempio sono i materiali isolanti che abbiamo sviluppato per mantenere fredde le batterie che si surriscaldavano. Verranno sfruttati per produrre frigoriferi migliori, visto che sono più efficienti, più sottili di quelli attualmente in uso: a parità di consumi, permetteranno di ridurre l’impiego di energia e di avere più spazio. Il secondo sono le batterie. È superfluo spiegare in quanti ambiti modelli migliori di accumulatori possano avere ricadute importanti; ma a ciò si aggiunge che abbiamo anche perfezionato l’efficienza dei pannelli solari e sviluppato materiali leggeri che verranno sfruttati soprattutto nell’edilizia. In una prospettiva invece più a lungo termine, stiamo mettendo a disposizione la nostra esperienza nel campo dell’efficienza energetica e delle smart grid. Come ho già detto, il consumo di energia mondiale è destinato a scendere e ciò, che pure non accadrà da un giorno all’altro, sarà uno dei cambiamenti più importanti per l’umanità.

l volo attorno al mondo non è la fine di quest’impresa, anzi, siamo già pronti a proseguire in due direzioni; a cominciare da uno sviluppo ulteriore della tecnologia del nostro aereo solare. L’obiettivo consiste nel realizzarne uno a guida autonoma in grado di volare nella stratosfera, non stop, per un periodo dai 3 ai 6 mesi. In pratica vorremmo provare a sfruttare una fascia di spazio inutilizzata: abbiamo gli aerei di linea che volano fino a 13-15mila metri di quota, i satelliti in orbita a circa 60mila e in mezzo il nulla. Forse solo alcuni aerei militari di ricognizione. Ma è un posto meraviglioso e perfetto per un aereo solare, sempre soleggiato, privo di turbolenze e di traffico. L’idea è che si possano usare questi velivoli per le comunicazioni – pure Facebook ci sta lavorando – ma anche per rilevamenti, previsioni del tempo, studi sull’atmosfera, osservazioni oceanografiche o ambientali, controllo dell’inquinamento e molte altre ricerche interessanti e decisive, che i satelliti non fanno perché stanno in orbita e che per i droni sono impossibili, visto che hanno poco più di un paio d’ore di autonomia. La seconda direzione è lo sviluppo di aerei di linea a motori elettrici. Hanno un potenziale enorme: 13 anni fa nessuno ci credeva, ora sia la Nasa sia Airbus ci stanno lavorando con progetti concreti. Iniziamo ad avere sufficienti competenze su come immagazzinare l’energia e possiamo sfruttare molti piccoli motori (l’idea funziona, in termini di peso). Questo aprirà la strada a nuove concezioni e nei prossimi 5-10 anni vedremo diversi nuovi, stupefacenti modelli. In più, come per le automobili, il passaggio ai motori elettrici aprirà la strada alla guida autonoma. È un fenomeno già importante: in cento anni gli Stati Uniti hanno concesso 300mila licenze per l’aviazione civile, mentre nel solo 2015 ne hanno concesse mezzo milione per i droni. I quali forniscono un’enorme quantità di esperienza nel volo autonomo, che cresce in modo esponenziale e che potrà avere ricadute sugli aerei utilizzati per il trasporto umano... certo, è più complesso certificare un velivolo che un’automobile ma, nei prossimi dieci anni, la rivoluzione dei trasporti procederà di pari passo in terra e in cielo. Ne sono sicuro.

I

andré borschberg è cofondatore e pilota di Solar Impulse, il velivolo alimentato a energia solare che lo scorso 23 luglio ha completato il giro del mondo in 17 tappe e oltre 558 ore di volo. Nato a Zurigo (Svizzera) nel 1952, ingegnere meccanico specializzato in Management Science al Mit di Boston, prima

di lanciarsi in questo progetto (iniziato nel 2003 insieme a Bertrand Piccard) è stato manager, imprenditore, venture capitalist e pilota di jet per l’esercito svizzero. Detiene a tutt’oggi 14 record mondiali aeronautici, tra cui quello di volo più lungo in solitaria: 117 ore e 52 minuti.

C A P I T O L O

4


THE

HALOGEN

OCCULTATION

EXPERIMENT

INSTRUMENT,

CREATED

BY

NASA

TO

MEASURE

OZONE

LEVELS

IN

THE

ATMOSPHERE

©CORBIS

/

GETTY


correnti ad alta quota, si concentrava ai poli, dove era talmente sottile da poter essere paragonata a un buco. Le implicazioni per la salute umana furono subito evidenti. La letteratura e la ricerca medica hanno ormai da decenni verificato il collegamento diretto tra l’aumento di alcuni tipi di tumori alla pelle,

I L B U C O D E L L’ O Z O N O H A G L I A N N I C O N TAT I

problemi agli occhi e al sistema immunitario e l’assottigliamento dell’ozonosfera. La questione iniziò a essere discussa in maniera concreta agli inizi degli anni ’80, con un ampio coinvolgimento della società civile. Il mondo si mobilitò e nel 1987 a Montréal, in Canada, venne firmato un trattato internazionale che vietava l’utilizzo di alcuni CFC. «L’adozione del trattato consentirà all’umanità di evitare due

NOME

-

CHE

COSA

Assottigliamento dell’ozonosfera

DOVE

Polo Nord, Polo Sud

FATTORE

GOOD

NEWS

*****

per l’appunto). Se a livello

milioni di tumori della pelle

del terreno il gas è tossico

all’anno di qui al 2030»,

per l’uomo, a quelle altezze

affermò allora Susan

risulta fondamentale per

Solomon, una delle massime

la vita sulla Terra, perché

esperte di buco dell’ozono

assorbe gran parte delle

e ricercatrice presso il

radiazioni ultraviolette (UV)

Massachusetts Institute of

provenienti dal Sole.

Technology (Mit) di Boston.

Il boom economico degli

Solomon, che ha realizzato

anni ’60 e ’70 portò a

anche lo studio più recente,

un utilizzo massiccio

può ora festeggiare:

di clorofluorocarburi

«Questi dati ci mostrano

(CFC), sostanze che

che se l’umanità compie

possono rimanere volatili

delle scelte collettive, i

anche per 60 anni e che

risultati arrivano». Ora,

Dovremo aspettare

essere fuori pericolo,

distruggono l’ozono,

viene da aggiungere, è

ancora un po’, ma stando

soprattutto per i danni alla

utilizzate soprattutto nelle

il turno di impegnarsi

a questi ritmi, nel 2050

salute umana provocati

bombolette spray e negli

seriamente contro il

il buco dell’ozono si sarà

dall’assottigliamento

elettrodomestici.

riscaldamento globale e il

chiuso. Un recente studio

dell’ozonosfera.

I CFC, concentrandosi nella

cambiamento climatico.

pubblicato su Science

Ma cos’è esattamente il

fascia alta dell’atmosfera

GIACOMO

ha infatti riportato dati

buco dell’ozono? In realtà

terrestre, iniziarono a

incoraggianti: lo strato di

il termine è fuorviante.

reagire chimicamente con

ozono si è stabilito di nuovo

Non si tratta di un vero

l’ozono, distruggendolo. Già

a livello ottimale in circa 4

e proprio buco, ma di

dalla metà degli anni ’70

milioni di chilometri quadrati

una forte diminuzione

gli scienziati dimostrarono

sull’Antartico, una superficie

della concentrazione di

che l’ozonosfera si stava

pari alla metà degli Stati

questo gas in una fascia

riducendo sensibilmente

Uniti. Di questo passo, tra

atmosferica, a circa 25 km

in tutto il mondo e tale

circa trent’anni, dovremmo

di altitudine (l’ozonosfera,

riduzione, per via delle

DESTRO


che circolano anche nell’aria delle scuole. Prima un filtro battericida, che mitiga

CON UN OMBRELLONE

anche polveri e muffe, poi il cuore carbonico che separa

TROVEREMO C A S A TEEL ?L A L A N OES TI N RQ A UGI N EM

solventi, benzene, azoto e ozono dall’aria pulita,

B A S TA A P P E N D E R E

li scompone in particelle

LE TENDE GIUSTE

primarie e li intrappola, come pure fa con gli odori. La startup ha donato i materiali alla scuola piacentina, così come ha fatto con la Andersen International School di Milano e un istituto superiore di Novara. Dalla presentazione del brevetto, lo scorso maggio, il centralino della Anemotech a Casei Gerola, in provincia di Pavia, squilla in continuazione. Anche le aziende si interessano. Banca Generali, per esempio, ha sperimentato il tessuto nella propria sede. La startup ha anticipato il lancio del sito di ecommerce: sarebbe dovuto andare online a febbraio del 2017, ma ha startup di cui è direttore

aperto i battenti la seconda

NOME

operativo, ha studiato

settimana di novembre.

Anemotech The Breath

per anni per brevettare

«Abbiamo già ricevuto 350

The Breath. Un tessuto

richieste», spiega Cammi,

multistrato che per effetto

che calcola una produzione

meccanico del ricircolo

a regime di un massimo di

d’aria, cattura le particelle

30mila pezzi al mese.

DOVE

inquinanti e le pulisce

Due nomi di rilievo come

Casei Gerola (Pv), Italia

attraverso un sistema di

Legambiente e Fondazione

nanomolecole, eliminando

Umberto Veronesi hanno

fino al 20% dello sporco.

appoggiato il progetto.

Come fosse una carta

L’oncologo, recentemente

moschicida della malaria.

scomparso, aveva installato

Vestita però da quadro o

il tessuto che respira in casa

tenda.

propria. E dichiarato: «Il

CHE

COSA

Tessuto che cattura l’inquinamento e purifica l’aria

FATTORE

GOOD

NEWS

***

Uno pensa di chiudere la

presenti nell’aria di casa.

Alle scuole elementari

mio sostegno agli ideatori

finestra e lasciarsi fuori l’aria

«Sai l’odore acre che senti

Vittorino da Feltre, a

di The Breath nasce da una

cattiva delle città. E invece

quando fai una fotocopia?

Piacenza, le maestre

semplice constatazione:

in ufficio o in casa la qualità

Quello è inquinamento.

hanno usato The Breath

dei milioni di italiani che

di quello che respiriamo

Quando il toner scalda

come base per tabelloni

oggi sviluppano un tumore,

non è poi tanto meglio

l’inchiostro, si generano

con le lettere dell’alfabeto,

almeno il 70% potrebbe

dell’esterno. La comunità

vapori. Oggi tutti noi

i numeri e altri strumenti

essere salvato grazie alla

scientifica internazionale

viviamo e lavoriamo indoor, indoor

didattici da appendere ai

prevenzione».

ha etichettato come toxic

ma ci preoccupiamo solo

muri delle classi. Mentre i

Nel frattempo, sono

home syndrome (malattia

dell’inquinamento outdoor»,

bambini imparano la lingua

arrivate anche proposte

da abitazione inquinata) la

spiega Gianmarco Cammi.

o a far di conto, il tessuto

per testare The Breath

congerie di sintomi dovuti

E questo è solo uno dei tanti

lavora silenziosamente

fuori casa. Per esempio

alle 900 sostanze inquinanti

esempi che la Anemotech,

assorbendo gli inquinanti

per rivestire le impalcature


di palazzi o monumenti in ristrutturazione. «Il tessuto difende l’immobile

LA MACCHINA

dalla patina di smog che

DEI MIRACOLI

si potrebbe riformare mentre viene pulito», spiega Cammi. «Inoltre, per effetto del ricircolo d’aria, permette anche di ridurre

NOME

gli inquinanti intorno».

WaterGen

Pensa soprattutto a quelle strade afflitte dall’effetto

CHE

canyon, ossia dove i palazzi

Impianto che trasforma l’aria in acqua

COSA

sono troppo alti perché ci sia ricambio d’aria e sul

DOVE

fondo ristagna sempre la

Rishon LeZion, Israele

stessa. Anemotech ha già un accordo in mano per

FATTORE

stampare su The Breath una

*****

GOOD

NEWS

di quelle grandi affissioni che spuntano sulle pareti dei palazzi. E il colosso francese dell’energia, Engie,

La superficie terrestre è

rende al meglio in presenza

ha proposto alla startup

ricoperta per circa due

di climi caldi e umidi,

un’alleanza per ripulire

terzi da acqua. Eppure

esattamente le condizioni

l’aria dei propri impianti di

sul pianeta 1,6 miliardi di

che si riscontrano nelle

produzione.

persone vivono in regioni

aree più colpite di America

LUCA

affette da scarsità idrica

Latina, sud-est asiatico e

e saliranno a 2,8 miliardi

Africa».

nel 2025, stima la Banca

Disponibile in tre misure,

Mondiale. Ad arginare la

l’impianto va semplicemente

situazione potrebbe essere

collegato all’elettricità

WaterGen, una macchina

perché produca fino a 3mila

in grado di estrarre l’acqua

litri di acqua al giorno (450

dall’aria. Funziona come una

nella versione media e 15

sorta di deumidificatore,

in quella piccola, di uso

catturando le particelle di

domestico) a un prezzo

vapore acqueo presenti

irrisorio. Con un rapporto

nell’atmosfera per poi

di efficienza di 3,35 litri per

condensarle, filtrarle e

kilowatt, ogni litro costa

purificarle fino a ottenere

solo pochi centesimi.

acqua perfettamente

Testato sul campo nelle

potabile. «Come ufficiali

zone di Mumbai, Shanghai

dell’esercito israeliano

e Città del Messico, il

abbiamo sperimentato in

prodotto sarà disponibile

prima persona l’importanza

nel corso del 2017. «La

e la criticità logistica

cosa più difficile è stata

dei rifornimenti idrici»,

convincere le persone che

spiegano il fondatore,

fosse tutto vero. Sembrava

Arye Kohavi, e uno dei suoi

una cosa troppo bella per

colleghi, Erez Malchi. La

essere possibile. Poi è

missione ora è dissetare

bastato vedere per credere,

le popolazioni in difficoltà.

anche se ancora oggi c’è chi

Il target sono dunque

gira intorno alla macchina

governi e organizzazioni

per verificare che non ci

internazionali, ancora

siano tubature o taniche

prima delle imprese private,

collegate». Tramutare l’aria

alle prese con problemi

in acqua si può: miracoli

ZORLONI

economici, orografici e

della scienza.

infrastrutturali. «Il sistema

MARCO

COSENZA


A F FA C C I AT I SUL GIARDINO PENSILE

di recuperare e depurare

delle temperature e degli

NOME

le acque piovane, ed

squilibri idrologici. A partire

Green4All

è attrezzato con una

dall’Italia, dove Coldiretti

compostiera per il

e Censis stimano che un

riciclaggio dei rifiuti organici

cittadino su quattro coltiva

e un sistema di coltivazione

da sé piante e ortaggi. Un

idroponico: il tutto su una

popolo di hobby farmers,

DOVE

superficie di soli 2 metri

unito dalla passione per

Roncade (Tv), Italia

quadrati e 240 centimetri di

la terra e dalla volontà di

altezza interna.

mangiare prodotti più sani

Un piccolo-grande

e genuini. Un popolo in

rifugio ecologico in cui

aumento, a cui Green4All

lo spazio compatto non

si rivolge. «Guardiamo a

limita le ambizioni. Dopo il

paesi europei come Francia,

programma di accelerazione

Germania e Olanda, aperti

(e un prototipo installato) in

alle innovazioni, con una

CHE

COSA

Serre sospese ecologiche

FATTORE

GOOD

NEWS

***

C’erano una volta i giardini

progettazione ambientale,

H-Farm e il supporto di BIC

tradizione nel campo della

pensili di Babilonia. E c’è,

Francesca Perricone

Lazio, per l’azienda italiana

tutela ambientale e delle

oggi, una startup che

e Roberta Rotondo,

si avvicina l’avvio del primo

rinnovabili e nei quali sono

promette di trasformare

Green4All è un modulo

lotto di produzione.

da tempo attive politiche di

anche gli edifici

compatto realizzato con

L’obiettivo è cambiare

riqualificazione energetica

contemporanei privi di

materiali riciclati e riciclabili

il volto a palazzi e città

e ambientale del patrimonio

logge e balconi in piccole

che si installa facilmente

in cui l’alto grado di

esistente», dicono le

meraviglie del mondo.

in corrispondenza delle

impermeabilizzazione

fondatrici. Ora si attendono

Come? Applicando al loro

finestre esistenti e funge

del suolo, il degrado

i primi germogli ma il seme

esterno serre sospese,

da orto per la coltivazione

edilizio, l’inefficienza

della rivoluzione verde è

facilmente coltivabili.

domestica.

energetica e la carenza di

ormai piantato. Proprio sul

Frutto delle menti di due

È in grado di produrre

verde contribuiscono alla

davanzale di casa.

architette specializzate in

energia da fonti rinnovabili,

crescita dell’inquinamento,

M.C.


caratterizzata da scarsa

delle coltivazioni»,

produttività. Il problema

osservano a GRoboMac,

è particolarmente sentito

«la meccanizzazione

in India. La più grande

gioca un ruolo vitale

democrazia al mondo, con

nell’incrementare la

più di un miliardo di abitanti,

produttività e abbassare i

soffre di un forte dualismo

costi».

tra le città come Bangalore,

Un aumento della qualità

dove l’innovazione è la

di vita nei paesi in via di

frontiera quotidiana, e le

sviluppo avrebbe anche

campagne, dove sopravvive

benefici sociali. Data

una povertà estrema. E non

la scarsa redditività in

CON UNA

poteva che venire dall’India

termini economici e gli

S TA M PA N T E 3 D

un’idea per creare un ponte

enormi sforzi fisici che

tra queste due realtà.

l’agricoltura familiare

L’idea si chiama GRoboMac

richiede, molte persone

(sta per Green Robot

stanno abbandonando le

Machinery) ed è una startup

campagne per trasferirsi

creata da due ingegneri

nelle metropoli. Questo

indiani che stanno cercando

crea disgregazione

di portare stampanti 3D e

sociale e ampie sacche

oggetti “intelligenti” nelle

di lavoratori non tutelati,

campagne dei paesi in via di

vittime di sfruttamento.

sviluppo.

Grazie a tecnologie come

L’idea è molto semplice:

GRoboMac, invece, si

NOME

realizzare con le più

avrebbe un incentivo a far

GRoboMac

moderne tecnologie

rimanere nelle campagne

digitali alcuni macchinari

i contadini, preservando

agricoli, in modo da tagliare

le comunità rurali ma al

i costi e fare in modo che

tempo stesso migliorando

i contadini siano sollevati

significativamente la loro

DOVE

da lavori meccanici,

qualità di vita. Le Nazioni

Bangalore, India

frustranti e spesso

Unite stimano che nel 2050

sottopagati. Utilizzando

saremo quasi 10 miliardi

versioni semplificate

di persone e già oggi

di questi macchinari e

l’agricoltura industriale

producendoli con stampanti

dimostra di non essere

3D si riescono a ridurre

all’altezza della sfida di

notevolmente i costi, e

nutrire tutte le persone in

si possono stampare e

modo sostenibile.

VIVERE IN C A M PAG N A

CHE

COSA

Tecnologie digitali per l’agricoltura nei paesi in via di sviluppo

FATTORE

GOOD

NEWS

***

Negli ultimi anni abbiamo

Queste realtà tecnologiche

assemblare praticamente

Le tecnologie digitali

assistito al proliferare di

al momento sono per

ovunque.

potranno svolgere un ruolo

laboratori di artigianato

lo più confinate nelle

Non solo. Si stima che nel

chiave per raggiungere

digitale. I fab lab, così

grandi metropoli, spesso

2020 circa 50 miliardi di

l'obiettivo.

vengono chiamati,

occidentali. Ma qualcosa sta

oggetti saranno connessi a

G.D.

sono piccole officine

cambiando.

internet, che si espanderà

altamente digitalizzate

Metà della popolazione

anche laddove oggi non

che permettono di

umana vive in aree rurali,

arriva.

realizzare in maniera

spesso in zone di estrema

Grazie alla connessione alla

semi-automatizzata

povertà. In queste zone,

Rete, dunque, si potranno

numerosi oggetti, usando

dimenticate dalla crescita

applicare le tecnologie

stampanti 3D o apparecchi

globale, la questione

dell’agricoltura di precisione

computerizzati laser cut.

alimentare è prioritaria:

anche nelle campagne dei

Altrettanto comuni stanno

l’80% del cibo prodotto

paesi in via di sviluppo,

diventando gli oggetti

in Asia e nell’Africa

con ricadute positive per

“intelligenti”, ovvero

sub-sahariana dipende

un utilizzo razionale delle

oggetti che rispondono in

ancora dall’agricoltura

risorse, in primis l’acqua.

tempo reale alle esigenze

familiare e di sussistenza

«Che sia l’aratura,

dell’utente scambiandosi

che utilizza strumenti

l’irrigazione, la raccolta

dati attraverso internet.

di lavoro arretrati ed è

o il monitoraggio


SCARPE DI VERO FUNGO

sensibilità per l’ambiente e

responsabile di Life

NOME

il trattamento degli animali

Materials, «è assolutamente

MuSkin

da allevamento, si stanno

positivo. Non solo non

cercando alternative

vengono usati prodotti

ecologiche, sostenibili e,

chimici sintetici, ma

possibilmente, riciclabili.

l’ambiente stesso ha un

Una startup italiana, Grado

beneficio: utilizzando il

DOVE

Zero Espace, ha inventato

fungo parassita si salva

Montelupo Fiorentino (Fi), Italia

MuSkin, un materiale che

anche l’albero su cui si

riproduce e, in alcuni casi,

trova». Dato il carattere

migliora le qualità della pelle

stagionale del fungo, al

di origine animale. MuSkin

momento MuSkin non

deriva dalla lavorazione

è applicabile su larga

di un particolare fungo

scala, ma solo su piccole

parassita che si trova nelle

produzioni. «Certamente

CHE

COSA

Pelletteria eco-friendly

FATTORE

GOOD

NEWS

***

Ogni anno in Italia vengono

uso massiccio di solventi

foreste brasiliane. Una volta

è un materiale nuovo dal

prodotti milioni di paia

chimici per lavorare la pelle

raccolto, la cappella viene

punto di vista industriale»,

di scarpe in pelle, oltre

e renderla più morbida.

tagliata in strati, per poi

prosegue Gozzani, «e molti

a capi d’abbigliamento,

C’è inoltre una questione

essere trattata col vapore

suoi utilizzi devono essere

borse, guanti, accessori e

da non trascurare, ovvero il

per renderla più elastica e

ancora esplorati. La nostra

rivestimenti. Per produrre

benessere degli animali in

resistente. Nel processo

idea è di posizionarlo nel

un chilo di pelle si utilizzano

questi allevamenti.

di produzione non viene

mercato come alternativa

8 litri di acqua e si rilasciano

Esistono anche alternative

utilizzato alcun solvente

alle cosiddette pelli

nell’atmosfera 100 grammi

sintetiche alla pelle animale,

chimico, né altra sostanza

esotiche, che provengono

di CO2, ma questi sono

basate sull’uso di plastiche

sintetica. Solo materiali di

da animali che non sono

solo i costi finali in termini

diverse, come il poliuretano

origine naturale e acqua.

utilizzati per l’alimentazione,

ambientali.

e il poliestere. Questo tipo

MuSkin è parte di Life

come lucertole, coccodrilli,

Nessuno è riuscito a

di produzioni ha un impatto

Materials, un progetto

rospi e struzzi».

calcolare in maniera

ambientale ridotto, ma

italiano che commercializza

G.D.

precisa quanto l’industria

non riesce a superare il

materiali ecologicamente

conciaria sia inquinante

problema dello smaltimento

sostenibili, animal free e

per il pianeta, pur sapendo

finale, trattandosi, in

cruelty free. «L’impatto

che è responsabile di una

sostanza, di plastica. Ora

ambientale della produzione

parte della deforestazione

che anche i consumatori

di questo materiale»,

per creare pascoli e di un

hanno una maggiore

afferma Marco Gozzani,


Tutti cibi a input zero, visto che non serve irrigare né fertilizzare, con impatto minimo sull’ambiente e massimo rendimento. «Rispetto ai precedenti 40 ettari lineari qui ne

OCEANI

impiego 8 e la resa di cibo

D A C O LT I V A R E

è maggiore». In 5 mesi si ottengono fino a 50 tonnellate di Kelp e 500mila molluschi per ettaro. «Coprendo con questo sistema una superficie equivalente allo stato di Washington si potrebbe tecnicamente nutrire l’intero pianeta», dando prospettive di lavoro agli uomini di mare e ossigeno alla natura, grazie a una visione che supera il concetto stesso di sostenibilità, e in cui lo scopo non è solo conservare l’ambiente ma dargli nuovo ossigeno. Le strutture di GreenWave, semplici e replicabili, rigenerano infatti la natura, contrastando il cambiamento climatico e favorendo il ciclo dell’azoto.

NOME

GreenWave

CHE

COSA

Barriere marine ecologiche

DOVE

New Haven, Stati Uniti

FATTORE

GOOD

NEWS

***

prima e le tempeste che

In cambio si ottengono

hanno investito la costa

cibo, mangimi e fertilizzanti

orientale degli Stati Uniti

ma anche biocarburanti,

poi, rischiavano di far

cosmetici e farmaci. «E

affondare la sua attività.

siamo solo all’inizio, ci

«Gli uragani Irene e Sandy

sono più di 10mila vegetali

hanno spazzato via il mio

commestibili in mare e oltre

allevamento di ostriche

100 specie di molluschi».

a Long Island, a nord di

Per l’innovatore di Petty

New York, distruggendo

Harbour, un villaggio

per due anni di fila il 90%

di un pugno di case nel

del raccolto e il 40% delle

Newfoundland canadese,

attrezzature». È allora che

«le alghe sono la soia del

Bren ha fondato GreenWave

mare», versatili e dalle

(con sede a New Haven,

molteplici applicazioni.

Come sfamare una

«Stavamo distruggendo

in Connecticut), ideando

Raggiungere l’equilibrio

popolazione sempre

l’ecosistema, e anche

di fatto la coltivazione

però non è stato facile.

crescente senza esaurire

l’acquacoltura, che all’inizio

oceanica tridimensionale.

Ci sono voluti 15 anni di

le risorse del pianeta?

sembrava la soluzione

«Immaginate un giardino

esperimenti e fallimenti.

Nutrendola come i pesci.

all’eccessiva pesca, era in

sottomarino verticale, con

Ma ora siamo pronti a

Questa è la risposta che

realtà l’equivalente marino

ancore a prova di uragano

rivoluzionare il nostro

si è dato Bren Smith, 44

degli allevamenti intensivi

collegate in superficie

rapporto con il mare. E

anni di cui 30 passati in

a terra».

da un recinto di cordoni

non è una promessa da

mare a caccia di tonni e

Quello che serviva era

galleggianti», all’interno del

marinaio.

salmoni, e altrettanti alla

un nuovo approccio e un

quale far crescere, dall’alto

M.C.

ricerca di un metodo più

nuovo metodo. Bren l’ha

verso il basso, alghe come

ecologico di sfruttamento

trovato quando ha toccato

Kelp e Gracilaria e bivalvi

delle risorse ittiche.

il fondo. La crisi del settore

quali cozze e vongole.


I L M A D E I N I TA LY È ECOLOGICO

Quanto costa davvero una

ci sarà un risparmio per le

giacca? La domanda si pone

tasche del consumatore, ma

non solo per il portafoglio

il processo di produzione e

di chi l’acquista, ma anche

commercializzazione avrà

per l’ambiente. Una legge

ben altre conseguenze: le

recente ha introdotto

emissioni di CO2 aumentano

ufficialmente nell’Unione

infatti del 92% e il costo per

Europea la Product

l’ambiente sale del 165%.

Environmental Footprint

Secondo Marenzi, «in Italia

(PEF), che regolamenta il

stiamo creando sinergie

calcolo, la valutazione e la

per un sistema produttivo

convalida della sostenibilità

ed economico più virtuoso

di prodotti e servizi. Questo

che prevede l’utilizzo in

standard ufficiale prende in

modo massiccio di fonti

considerazione 16 fattori,

di energia rinnovabile, ma

tra i quali il consumo

anche un grande passaggio

di energia e di acqua,

di informazioni tra i diversi

l’ecotossicità, le emissioni

soggetti economici,

di CO2 e di polveri sottili

una forte capacità di

nell’atmosfera. In questo

innovazione e prodotti

modo si può calcolare il più

disegnati in maniera

obiettivamente possibile

efficiente, che durino nel

l’impatto ambientale di

tempo e che nella loro

ciascun prodotto, non

interezza o nelle loro singole

soltanto durante la fase

parti possano essere

produttiva, ma nell’arco del

riciclabili o riutilizzabili in

suo intero ciclo di vita.

altre forme».

Partendo da queste

Dopo lo sviluppo

premesse, RadiciGroup

sostenibile e le energie

(gruppo manifatturiero

verdi, al centro delle

chimico italiano), Eurojersey

nuove politiche ambientali

(azienda nel settore dei

europee c’è l’economia

tessuti) ed Herno (società

circolare. «Reciprocità,

di moda made in Italy) si

scambio, cooperazione,

sono unite per quantificare

prossimità, condivisione:

la sostenibilità della

stiamo parlando di

produzione di una giacca

un’economia pensata per

in Italia rispetto a un paese

potersi rigenerare da sola,

come la Cina, in cui vengono

organizzata in modo che i

adottati standard green

rifiuti di qualcuno diventino

meno rigorosi. «Si tratta

le risorse per qualcun altro»,

del primo progetto europeo

conclude il Ceo di Herno.

di misura dell’impatto

ANDREA

ambientale di un prodotto della moda», commenta Claudio Marenzi, Ceo di Herno. L’indagine evidenzia i vantaggi di adottare

NOME

Product Environmental Footprint

processi e materiali all’avanguardia. Tra i

CHE

risultati principali, infatti,

COSA

Certificazione dell’impatto ambientale nella moda

emerge che una giacca prodotta in Italia incide per lo 0,4% rispetto al totale

DOVE

dei consumi di acqua di

Lesa (No), Italia

un cittadino europeo in un FATTORE

***

GOOD

NEWS

anno. Se invece si sceglie di acquistare un capo prodotto in Cina, di certo

CURIAT


PER

REGIONE

LOMBARDIA

H a i u n a st a r t u p?

No

Fa i i n n ova z i o n e i n u n o d i q u e st i s e t to r i ? Ag r i co l t u ra /fo o d Design Fa s h i o n Sport Health Mobility I n n ova z i o n e s o c i a l e Tu r i s m o

No

A l l o ra vo l t a p a g i n a .


U n a te r ra d i o p p o r t u n i t à p e r l ’ i n n ova z i o n e Re g i o n e Lo m b a rd i a è a l f i a n co di chi v u o l e fa re i m p re s a

L a Lo m b a rd i a è st at a l a p r i m a Re g i o n e i t a l i a n a a p u n t a re s u l l e te c n o l o g i e 4 .0 p e r i s i ste m i p ro d u t t i v i e artigianali

80 milioni per lo start up di impresa

N e l 2 01 6

I n t ra p re n d o è la prima m i s u ra at t u at i va da 15 milioni

Lo m b a rd i a 5 .0, m i s u re p e r va l o r i z z a re l e f i l i e re d i e cce l l e n z a te r r i to r i a l i

879 m i l i o n i d i e u ro n u ova l e g g e re g i o n a l e n . 2 9/2 01 6 “ Lo m b a rd i a è r i ce rc a e i n n ova z i o n e ” a re e d i i n te r ve n to prioritarie S o ste g n o a l l o sv i l u p p o te c n o l o g i co d e l l e P M I I n te rco n n e ss i o n e t ra f i l i e re P ro m oz i o n e e va l o r i z z a z i o n e d e i co n te st i a g g re g at i v i i n n ovat i v i C re a z i o n e e sv i l u p p o d i i m p re s a R a cco rd o i n a m b i to n a z i o n a l e e co m u n i t a r i o

1 5 m i l i o n i p e r l a f i l i e ra “Smart living”

N e l 2 01 7 78 m i l i o n i d i e u ro

O b i e t t i vo :

O b i e t t i vo :

s o ste n e re n u ove i n i z i at i ve i m p re n d i to r i a l i e d i a u to i m p i e g o, co n p a r t i co l a re r i fe r i m e n to a i g i ova n i e a g l i ove r 5 0

s o ste n e re l a f i l i e ra “ S m a r t l i v i n g ” c h e i n te g ra p ro d u z i o n i , s e r v i z i e te c n o l o g i a n e i s e t to r i e d i l i z i a , l e g n o - a r re d o - c a s a , e l e t t ro d o m e st i c i e h i g h te c h

D e st i n at a r i : M P M I e a s p i ra n t i i m p re n d i to r i , l i b e r i p ro fe ss i o n i st i e a s p i ra n t i l i b e r i p ro fe ss i o n i st i

Azioni: i n te r ve n to f i n a n z i a r i o richiedibile p e r i nve st i m e n t i d i avv i o d i at t i v i t à i m p re n d i to r i a l i

D e st i n at a r i : a g g re g a z i o n i d i a l m e n o t re s o g g e t t i , t ra c u i M P M I e /o g ra n d i i m p re s e, d e i co m p a r t i m a n i fat t u r i e ro, co st r u z i o n i , co m m e rc i o e s e r v i z i co n i l co i nvo l g i m e n to d e l s i ste m a d e l l e U n i ve r s i t à

Azioni: I n n ova z i o n e d i p ro d o t to e /o p ro ce ss o e /o s e r v i z i o Sv i l u p p o te c n o l o g i co P ro g e t t i i n n ovat i v i d i e d i f i c i co n l ’a u s i l i o d i m o d e r n i s i ste m i s o f t wa re S c re e n i n g e n e rg e t i co e s i s m i co d e g l i e d i f i c i M o d e l l i i n n ovat i v i s u l p at r i m o n i o e d i l i z i o e s i ste n te S e r v i z i l o g i st i c i e d i s o ste g n o a l l ’ex p o r t p e r l ’ i n te ra f i l i e ra p e r i nve st i m e n t i d i avv i o d i at t i v i t à i m p re n d i to r i a l i

a re e d i i n te r ve n to prioritarie Va l o r i z z a re u l te r i o r i f i l i e re d i e cce l l e n z a te r r i to r i a l i P ro m u ove re p a r te n a r i at i p u b b l i co p r i vat i p e r s o ste n e re l a m a n i fat t u ra d i f f u s a Favo r i re l a co n t a m i n a z i o n e t ra d i g i t a l i z z a z i o n e e p ro ce ss i p ro d u t t i v i t ra d i z i o n a l i S o ste n e re l ’a cce ss o a l c re d i to, a n c h e at t rave r s o i n i z i at i ve s p e r i m e n t a l i s u l te m a della finanza co m p l e m e n t a re Favo r i re l a co n t i n u i t à d ’ i m p re s a S o ste n e re l a d i f f u s i o n e d e l l e co m p e te n ze e l a fo r m a z i o n e d e l l e p ro fe ss i o n a l i t à p e r l ’ I n d u st r i a 4 .0


PER REGIONE LOMBARDIA

Più capitale di rischio per l e st a r t u p Fo n d o d e i Fo n d i m a c ro re g i o n a l e d a 1 0 0 m i l i o n i d i e u ro

O b i e t t i vo : a i u t a re l e P M I a d a l to p o te n z i a l e i n n ovat i vo e i n fa s e d i c re s c i t a a t rova re i nve st i to r i ( a cce ss o a l c a p i t a l e d i r i s c h i o)

D e st i n at a r i : st a r t u p, at t rave r s o Fo n d i s p e c i a l i z z at i c h e s o t to s c r i vo n o q u o te d i c a p i t a l e

Azioni: i l Fo n d o d e i Fo n d i – f i n a n z i ato d a l l e Re g i o n i d e l l ’a re a a l p i n a e d a l Fo n d o E u ro p e o d e g l i I nve st i m e n t i - s e l ez i o n a u n a s e r i e d i Fo n d i s p e c i a l i z z at i i n i nve st i m e n t i s u l l e st a r t u p e v i i m m e t te r i s o r s e p ro p r i e, p e r m o l t i p l i c a re l ’e f fe t to s u l l e i m p re s e d e l te r r i to r i o

30 milioni p e r r i ce rc a e sv i l u p p o d e l l e PMI

Ta n te a z i o n i , un solo o b i e t t i vo : i n n ova re Open I n n ovat i o n

U n a P i at t a fo r m a co l l a b o rat i va p e r re a l i z z a re p ro g e t t i d i r i ce rc a e i n n ova z i o n e e co n s u l t a re, i n fo r m a re e co i n vo l g e re t u t t i i c i t t a d i n i i n u n ’o t t i c a d i r i ce rc a e i n n ova z i o n e re s p o n s a b i l e. A g e n n a i o ve r rà r i l a s c i at a L I N N OVA , l a ve r s i o n e O p e n S o u rce d e l l a P i at t a fo r m a .

O b i e t t i vo : favo r i re g l i i nve st i m e n t i i n r i ce rc a e sv i l u p p o d a p a r te d e l l e P M I i n g ra d o d i g a ra n t i re r i c a d u te p o s i t i ve s u l s i ste m a co m p e t i t i vo e te r r i to r i a l e l o m b a rd o

D e st i n at a r i : m i c ro, p i cco l e e m e d i e i m p re s e a n c h e d i n u ova co st i t u z i o n e

Azioni: i n te r ve n to f i n a n z i a r i o p e r p ro g e t t i d i r i ce rc a i n d u st r i a l e e sv i l u p p o s p e r i m e n t a l e f i n a l i z z ate a l l ’ i n t ro d u z i o n e d i i n n o va z i o n i d i p ro d o t to o d i p ro ce ss o

È u n a m b i e n te d i g i t a l e c h e co n s e n te d i fa r p a r l a re t ra l o ro i s i ste m i i n fo r m at i c i d i at to r i p u b b l i c i e p r i vat i c h e o p e ra n o s u l te r r i to r i o i n d i ve r s i s e t to r i : t ra s p o r t i , a cco g l i e n z a , t u r i s m o, c u l t u ra , s p e t t a co l o. . . G ra z i e a E 01 5 g l i sv i l u p p ato r i d i s i t i we b, a p p l i c a z i o n i , to te m e cc . . . s o n o i n g ra d o d i u s a re d at i e s e r v i z i o f fe r t i d a a l t r i at to r i e d i p ro p o r re i p ro p r i co n te n u t i e s e r v i z i a c h i u n q u e s i a i n te re ss ato a u t i l i z z a r l i . A o g g i fa n n o p a r te d e l l ’e co s i ste m a p i ù d i 5 0 0 a d e re n t i c h e co n d i v i d o n o 1 4 0 f l u ss i i n fo r m at i v i p e r 6 0 d i ve r s e a p p l i c a z i o n i , c re a n d o p i ù d i 3 0 0 co n n e ss i o n i a p p l i c at i ve t ra i p a r t n e r d e l l ’ i n i z i at i va .


Partecipa, proponi, innova

PER

Re g i o n e Lo m b a rd i a o rg a n i z z a e p ro m u ove co n te st , co n co r s i e awa rd p e r avv i c i n a re i g i ova n i al mondo del b u s i n e ss i n n ovat i vo

REGIONE

LOMBARDIA

St a r t C u p Lo m b a rd i a I n co l l a b o ra z i o n e co n i l Po l i te c n i co d i M i l a n o, u n a b u s i n e ss p l a n co m p e t i t i o n d e l l e U n i ve r s i t à e d e g l i i n c u b ato r i l o m b a rd i c re at a p e r s o ste n e re l ’ i n n o va z i o n e e l o sv i l u p p o e co n o m i co d e l te r r i to r i o.

a i p r i m i t re c l a ss i f i c at i p e r o g n i c ate g o r i a e 1 0.0 0 0 e u ro c i a s c u n o a i s e co n d i c l a ss i f i c at i p e r o g n i c ate g o r i a p e r u n to t a l e d i 1 2 0.0 0 0 e u ro.

S o n o st at i a ss e g n at i 3 0.0 0 0 e u ro c i a s c u n o

U n v i d e o g i o co p e r i m p a ra re l a m u s i c a M u s a è u n g i o co i n 3 D c h e r i vo l u z i o n a i l m o n d o d e l l ’e d u c a z i o n e m u s i c a l e. Disponibile per P C , t a b l e t e m o b i l e, s i r i vo l g e a b a m b i n i d i 6 -1 0 a n n i . Po s i z i o n ato i l p ro p r i o d i s p o s i t i vo s u l p i a n o fo r te, l ’ u n i co m o d o p e r s u p e ra re l e d i ve r s e s f i d e è s u o n a re l e n o te

g i u ste s u l p ro p r i o st r u m e n to re a l e. I l s o f t wa re i n fat t i r i co n o s ce i st a n t a n e a m e n te s e l e n o te e s e g u i te s o n o co r re t te o e r rate. L’ u te n te co s ì p ro g re d i s ce m u s i c a l m e n te s e n z a a cco rg e r s e n e, grazie a un metodo didattico a p p o s i t a m e n te sv i l u p p ato, ce l ato d a u n a sto r y l i n e avv i n ce n te.

I te st h a n n o d i m o st ra to c h e co n M u s a i te m p i e i co st i d i a p p re n d i m e n to s o n o r i d o t t i d e l l ’ 8 0 % r i s p e t to a l l a m e d i a d e i m e to d i d i i n s e g n a m e n to t ra d i zionali. I l p ro g e t to M u s a s i è a g g i u d i c ato i l 1 ° p re m i o n e l l a c ate g o r i a I C T&S e r v i ce s .

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a pp, Info Live, la Livigno Card, un Social Wall di Livigno e un’area operatori. MyLivigno: Easy, Smart & Live ha vinto il premio nella categoria “destina“destina zione smart ”.


CAPITOLO

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DOVE COSTRUIREMO UN NUOVO MONDO?


RIS P O N D O N O:

PAO LO N E S P O LI FRANCO MALERBA L U C A PA R M I TA N O SAMANTHA CRISTOFORETTI MAURIZIO CHELI UMBERTO GUIDONI ROBERTO VITTORI


PAO LO N E S P O LI

RIS P ON DE:

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LA FEDE DI UN IDRAULICO SPAZIALE SI DI

DEFINISCE TORNARE

PROSSIMA SIC U R O:

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FOTO:

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I N V E R N O

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BENEDICT REDGROVE

W I R E D

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L’ A S T R O N A U T A

NELLO

E

OPERAIO PER

C O R P O.



SATURN V Nelle pagine precedenti, i motori a ossigeno e idrogeno liquidi del secondo stadio del razzo lunare usato nelle missioni Apollo dal 1967 al ’73. A destra, quelli del primo stadio.

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SATURN V (II) Il motore a propellente liquido dell'S-IVB, il terzo stadio del Saturn V. Costruito dalla Douglas Aircraft Company, tra 1967 e 1973 ne furono lanciati con successo tredici.

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CRAWLER Il Crawler-Transporter è il gigantesco (40 metri per 35) veicolo cingolato che, dal 1965, trasporta missili e shuttle dal Kennedy Center alle rampe di lancio.

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NASO DA SHUTTLE La prua dell’Atlantis STS-135, l’ultimo Shuttle lanciato dalla Nasa. Il sistema di protezione termica può resistere Écd V jcV iZbeZgVijgV Y^ 1.648 gradi centigradi.

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S Sono un elettricista spaziale, un idraulico del cosmo, un lavoratore in orbita. Non un superuomo. Secondo me un ottimo astronauta è quello che, senza eccellere in alcuna disciplina, le sa affrontare tutte in modo normale. Per questa ragione non mi sento a mio agio con questioni complesse come l’esistenza di intelligenze extraterrestri e, ancora meno, di un’entità superiore, la si chiami Dio se si preferisce. Eppure, da ingegnere quale sono, mi sento di rispondere a entrambe le domande. In un universo così vasto, con innumerevoli cose che nemmeno riusciamo a percepire, mi sembra impossibile che noi si sia i soli esseri viventi. Agli studenti che mi capita di incontrare ripeto sempre che, per farsi un’idea di quanti pianeti esistono nell’universo, dovrebbero contare tutti i granelli di sabbia di tutte le spiagge di tutto il mondo. Pensiamoci un attimo: quanto è probabile che due siano uguali? È inverosimile che qualcuno abbia caratteristiche analoghe ad altri? C’è chi sostiene che la Terra sia un pianeta unico per la distanza dal Sole, per le dimensioni della nostra stessa stella, per il fattore di stabilizzazione offerto dalla Luna e per mille altre ragioni. Secondo questa teoria la concomitanza di tutti questi fattori – quella simultaneità che rende il nostro “pallido puntino azzurro” un pianeta così peculiare – sarebbe paragonabile alla combinazione vincente di una lotteria. Ma mi sbaglio o la legge dei grandi numeri ricorda che la si può vincere anche in due o più occasioni? Per una risposta più autorevole, bisognerebbe porre la domanda a qualche professore, certo non a un elettricista spaziale come me. Però mi sembra impossibile negare l’eventualità di una vita extraterrestre; semplicemente, non abbiamo dati sufficienti a confermarla o a smentirla una volta per tutte. Dovremmo limitarci ad ammettere la nostra ignoranza e che non possiamo dare alla questione una risposta definitiva. Ciò premesso, mi piace pensare che da qualche parte, oltre quello che vediamo e che possiamo raggiungere allo stato attuale della nostra evoluzione tecnico-scientifica, forme di intelligenza extraterrestri esistano, eccome. Il problema è incontrarle o solo percepirne la presenza: a questo punto

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dovremmo dedicare un’ampia parentesi al nostro futuro di viaggiatori del cosmo. Il volo spaziale cambierà in modo sostanziale solo quando troveremo il modo di sganciarci dalle costrizioni fisiche e meccaniche dei veicoli. Quando inventeremo, chi lo sa, il teletrasporto oppure il modo di fare spedizioni interplanetarie senza doverne in realtà percorrere e sopportare tutta la lunghezza. Qualche mese fa durante una proiezione di Interstellar, con il fisico teorico Kip Thorne, si parlava di buchi neri e ponti di Einstein-Rosen – i cosiddetti wormhole o cunicoli spazio temporali – ora poco più che congetture. Di certo c’è che, fino a quando rimarremo legati alla necessità di spostare fisicamente una persona da un punto dell’universo a un altro, saremo limitati; già oggi raggiungere Marte richiede uno sforzo al limite delle nostre capacità. Sia chiaro, sul Pianeta Rosso ci arriveremo, forse con 10 o 20 anni di lavoro. Ma se volessimo lasciare il sistema solare, be’, grazie e arrivederci. Giusto per capirci, con i propulsori attuali Proxima Centauri è a 150mila anni di viaggio. Anche se lo accorciassimo di 100 volte, sarebbe ben oltre l’arco vitale di un essere umano. Dovremmo escogitare qualcosa di nuovo e diverso. A questo proposito mi piace ricordare una cosa che la storia ci insegna e ripete da sempre: tutte le volte che un problema è sembrato insormontabile, qualcuno l’ha risolto. Credo sia stato Albert Einstein a dire che qualcosa è impossibile finché arriva chi non lo sa e la fa. Quindi lasciatemelo ripetere: prima o poi l’uomo arriverà su Proxima Centauri. Anzi, liberato dalla necessità fisica di compiere un viaggio, andrà ben oltre. La qual cosa, intendiamoci, imporrebbe un cambio di mentalità radicale perché una prospettiva interplanetaria costringe a pensare in modo molto diverso. Immaginiamo che oggi degli extraterrestri che vivono poco fuori dalla nostra galassia stiano osservandoci. Cosa vedrebbero se zoomassero prima sulla Terra, poi sull’Italia? Nella migliore delle ipotesi, la prima e la seconda di 23mila anni fa; di 70mila, invece, se fossero all’estremo opposto della galassia. Esatto, centomila anni in tutto: tanto impiega la luce – la luce, non i nostri propulsori – ad attraversare la Via Lattea. Che nemmeno è una galassia fra le più estese. Questo ribadisce che, finché non troveremo il modo di viaggiare senza spostare il corpo, saremo legati a conoscere e capire solo attraverso di esso. Un approccio molto, troppo limitato. Peraltro, da ingegnere o elettricista spaziale, ho una mia teoria: sono convinto che come esseri umani costruiamo il mondo in base a quanto riusciamo a spostarci in una giornata. Quando ci muovevamo a piedi, costruivamo villaggi; con il cavallo sono arrivati i paesi, poi le città; quindi, una volta meccanizzati i mezzi di trasporto, gli stati e i continenti. Appena riusciremo a volare da un pianeta all’altro in poco tempo, è inevitabile, immagineremo e costruiremo il nostro mondo in modi radicalmente diversi da quelli attuali. Basti pensare che una distanza di 4,2 anni luce, vale a dire quella che ci separa da Proxima Centauri, in termini astronomici è niente, corrisponde a un viaggetto Roma-Milano. Fino a quando non riusciremo a farlo diventare tale anche per i nostri esploratori spaziali, sembrerà spuntarla il famoso paradosso di Enrico Fermi, che in una pausa pranzo a Los Alamos nel 1950 chiedeva ai suoi colleghi fisici: «Se l’universo e prima di tutto la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?», sottintendendo che

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la contraddizione fra l’alta probabilità che esse esistano e l’assenza di loro segni non implica che non esistano. Con buona pace di quel grande scienziato, il paradosso sarebbe fondato se conoscessimo tutto quello che ci circonda. Di fatto siamo un granello di sabbia fra tutti i granelli di sabbia dell’universo, separati da distanze per ora non percorribili. Fatichiamo a raggiungere il granello accanto a noi, figurarsi 10, 100, un miliardo di granelli più in là. Per questo, da idraulico spaziale, non escludo alcunché. Sono altrettanto incerto quando mi si chiede di Dio e del mio rapporto con lui. Faccio anche più fatica a rispondere, perché il retaggio cattolico mi fa percepire come scandaloso dire di non credere. Allo stesso tempo riconosco come la mia fede o la mia incredulità non tocchino la sua eventuale esistenza. Forse sarebbe più semplice, almeno per me, ragionare su quanto sia plausibile l’esistenza di un dio. Sarebbe un approccio più “tecnico”, diciamo, mentre credere afferisce a una dimensione spirituale. Anche posta così, però, la questione mi mette alle strette: come ogni altro essere umano, non dispongo dei dati necessari a rispondere in modo logico. Quindi devo rifugiarmi altrove, nella spiritualità appunto, in bilico fra l’educazione religiosa e quella ingegneristica, che mi fa propendere solo per spiegazioni dialettico-matematiche. Dio e la sua bellezza sono tutto fuorché concetti logico-matematici. Ammetto che a volte, mentre osservo il cielo dalla Stazione Spaziale, mi viene istintivo pensare quanto la meraviglia che vedo non sembri casuale ma pure che, per mettere tutto quanto al suo posto, dev’esserci stato qualcuno con una conoscenza molto superiore alla nostra. Che poi è la mia definizione di Dio. Di contro, un secondo dopo, ricordo Einstein e quante cose irrealizzabili siamo invece riusciti a fare accumulando sapere e competenze. Motivo per cui mi capita di pensare che la religione misuri la nostra ignoranza: quello che non riusciamo a spiegarci afferisce alla fede, rientra nel credo spirituale. Per paradosso, però, più riusciamo a conoscere, meglio capiamo quanto aumentino le cose da scoprire. Come diceva Socrate e al di là dei paradossi, più si è coscienti di quel che ci circonda, più si deve ammettere di non conoscerlo. La presunzione di sapere è indice di ignoranza. Non so se ho risposto. Penso di no. Credo in Dio? Non è cosa su cui ci si possa esprimere a cuor leggero. Almeno, non può farlo un elettricista spaziale. Un idraulico del cosmo.

paolo angelo nespoli è milanese, ha 59 anni, è sposato e ha una figlia. Già incursore paracadutista nei reparti speciali e inviato in Libano nella Forza di pace nel 1982-84, è maggiore della riserva dell’Esercito. Nel 1988 si diploma a New York in ingegneria aerospaziale, dove l’anno seguente

ottiene un master in Aeronautics and Astronautics. Assunto dall’Agenzia spaziale europea (Esa) nel ’91, parte nel 2007 con lo shuttle Discovery in qualità di specialista di missione; nel 2010 torna nello spazio con la Sojuz TMA-20; lo attende una nuova missione nel maggio 2017.

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FRANCO MALERBA

RIS P ON DE:

IN VIAGGIO VERSO L'EVOLUZIONE

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APOLLO 11 Il modulo di comando della navicella lunare che ospitava l'equipaggio (Neil Armstrong, Edwin “Buzz" Aldrin e Michael Collins) e gli strumenti necessari al rientro nell'atmosfera terrestre e all'ammaraggio, avvenuti il 24 luglio &.+. cZaa DXZVcd EVX^ÉXd#


MODULO ORION Oggi in produzione, questa capsula riusabile ospiterà da quattro a sei astronauti in spedizioni nello spazio profondo e verrà usata nel 2023 nella prima missione Orion con equipaggio.

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STARLINER Realizzato da Boeing e Bigelow Aerospace, CST-100 Starliner sarà il primo modulo Nasa adottato anche in missioni commerciali e private. Il primo volo è previsto nel 2018.

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MODULO ORION (II) L'Orion Multi-Purpose Crew Vehicle offre notevoli innovazioni e un rivoluzionario sistema di sicurezza in caso di lancio abortito. La Nasa lo userĂ per l'esplorazione umana di asteroidi e spazi cislunari, in vista dello sbarco su Marte.

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erché oggi l’uomo deve andare nello spazio? Provo in ogni occasione a rispondere a chi se lo domanda. È una curiosità opportuna e la mia replica è sempre la stessa: le imprese spaziali sono contemporaneamente un fatto scientifico, tecnologico, industriale e politico. Se tutte e quattro le componenti non si sintonizzassero, il sistema non funzionerebbe. È fondamentale che la comunità scientifica se ne interessi e venga coinvolta in modo da valorizzare, condividendole, la curiosità e le conoscenze che la animano. Dal canto suo l’industria, costretta a evolversi per sopravvivere, non può ignorare le opportunità uniche di innovazione delle missioni spaziali e la possibilità di crearsi un’identità. Su tutto questo domina un altro imperativo, quello economico. È necessario che le missioni extraterrestri servano a qualcosa, che si tratti di migliorare la qualità della vita oppure di dar lustro internazionale ai paesi e alle industrie coinvolte; o, ancora, di generare conoscenze che arricchiscano la comunità scientifica mondiale. Ovvio che tutti questi obiettivi si traducano in valore economico, oltre che culturale e strategico. Per questo la politica è basilare: vista la rarità dei finanziamenti privati in ambito astronautico, il più delle volte si tratta di investire contributi pubblici, i cui orientamenti devono essere valutati con responsabilità alla luce delle opportunità del momento. Con la garanzia che vengano mantenuti nel tempo: guai a disperdere le risorse. Quello spaziale è uno dei contesti in cui tutti gli elementi elencati si combinano, nel modo più naturale, in un’armonia rara. Come ogni altra, la missione che il 31 luglio 1992 mi ha fatto diventare il primo italiano a incontrare il cosmo ne costituisce un esempio perfetto. La spedizione STS 46 ha portato me e altri sei astronauti dal Kennedy Space Center verso l’orbita terrestre “bassa”; si è trattato di un caso di collaborazione virtuosa fra settore scientifico e industriale, a sua volta strettamente connesso con la ricerca. È stata insomma il frutto di una consonanza di opportunità, esaltata dalla volontà politica di investire per ottenere risultati visibili. bordo dello space shuttle Atlantis trasportavamo due carichi utili preminenti: la piattaforma Eureca (acronimo di European Retrievable Carrier) e il satellite Tethered. Quest’ultimo, anche noto come “satellite a filo” o TSS-1R, era essenzialmente una produzione italiana, nata da un’idea del professor Giuseppe Colombo (che nel ’72 aveva contribuito ai primi studi sui sistemi “a guinzaglio” di Mario Grossi, ndr), con la partecipazione di una notevole platea di scienziati connazionali e dell’Alenia Spazio di Torino, che l’aveva realizzata. Tutto garantiva un’amplissima visibilità dell’Italia. Gli obiettivi principali erano due: misurare le tensioni e le correnti che si potevano generare dall’interazione del filo in rapido movimento all’interno del campo magnetico terrestre – una vera dinamo spaziale – e rendere operativa Eureca, una piattaforma pilotata da terra e in larga misura automatica che, una volta in orbita, avrebbe permesso una serie di rilevazioni senza il nostro intervento. Potrei chiamarla “laboratorio”, se il termine non evocasse un ambiente in cui gli astronauti interagiscono. Ebbene, solo una straordinaria sinergia di intenti permette di far fronte alle difficoltà di un viaggio spaziale. Perché, per quanto ci si mantenga vicini alla Terra (nel nostro caso a circa 300 chilometri), a quell’altezza niente è semplice. Nemmeno la messa in opera di un laboratorio automatico. Figurarsi una serie di esperimenti con un satellite collegato all’Atlantis da oltre 20 chilometri di cavo. Un “filo” conduttore che, spostandosi nell’orbita terrestre a circa 28mila chilometri orari, avrebbe dovuto generare cinquemila volt di tensione.Basti pensare che la sola parte software della spedizione era stampata su una quantità di pagine uguale a quella delle missioni Apollo, che portarono l’uomo sulla Luna nel 1969. Una complessità cui non scampammo in quegli otto giorni in orbita. Giorni meravigliosi, quasi magici, che però riservarono momenti di tensione. A partire da una complicazione insorta con il gabinetto spaziale, il WCS (Waste Collection System), i cui fusibili continuavano a saltare minacciando il ricorso alle detestabili “Apollo bags”, i contenitori in plastica usati dagli astronauti

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decenni prima. Un’ipotesi – per fortuna scongiurata – che avrebbe potuto abbreviare la missione e che suggerisce come l’ingegneria idraulica, in assenza di peso, presenti difficoltà inimmaginabili dai non addetti ai lavori. Tensione aumentata dalla messa in orbita di Eureca, eseguita in maniera perfetta ma presto diventata un allarme quando a 300 metri di distanza dallo shuttle la piattaforma ha cambiato d’un tratto direzione e si è messa in rotta di collisione a una velocità relativa di 30 centimetri al secondo. Abbiamo poi scoperto che i comandi, inviati dal Centro di controllo europeo e validati dal Mission Control di Houston, avrebbero dovuto solo cambiare l’assetto di Eureca, non la traiettoria. In quel momento siamo stati costretti a correggere la rotta dell’Atlantis azionando i razzi d’assetto; una manovra imprevista che svegliò anche il comandante, Loren Shriver, in quel momento in turno di riposo. 176 17 7

e difficoltà più gravi, però, sono iniziate il giorno dopo. Riguardavano il Tethered. Il satellite era il nostro carissimo bebè, quello di cui tutti parlavano, forse l’elemento che più di ogni altro faceva della STS-46 una missione singolare, ricca di suggestioni. A differenza di quelle tradizionali, in cui si opera all’interno della navetta e poi si racconta cos’è successo – o, come dico scherzando, si rileva se in assenza di peso le rane in laboratorio abbiano continuato a muoversi o preferito prendere il sole –, nel nostro caso si trattava di rilasciare un corpo che sarebbe rimasto collegato all’orbiter da un immenso cordone ombelicale. Già di per sé era un’operazione non facile. La dinamica spaziale o, se si preferisce, la fisica, impone che due masse trattenute da un cavo si dispongano ai suoi estremi secondo la radiale, come da risultante fra la forza centrifuga e la gravità. A questo stato, però, si arriva attraverso fasi intermedie, durante le quali possono generarsi oscillazioni o complicazioni; avevamo cercato di simularle in ogni variante, ma di certo non eravamo riusciti a esaurirle tutte. Restava una buona dose di imprevedibilità in quanto stavamo facendo: la nostra era una missione altamente sperimentale. Fase di recupero compresa perché, anche ammesso che fossimo riusciti a portare le due masse a una distanza di equilibrio, recuperarne una imponeva la massima delicatezza. Dovevamo anzitutto evitare di tirarcela addosso e agire in modo che i 20 chilometri di cavo non si aggrovigliassero. A causa di un bullone di 6 millimetri di diametro che spuntava dove non avrebbe dovuto – e che a un certo punto fece supporre addirittura un’uscita extra-veicolare dei mission specialist Jeffrey Hoffman e Franklin Chang-Diaz – non siamo riusciti a svolgere tutto il cavo. Ci siamo fermati a 227 metri. Soprattutto, abbiamo rischiato di non ritrarre più il Tethered. Ma con diverse manovre concordate con il Mission Control, in un’operazione durata ore durante quello che ricordo ancora come “il giorno più lungo”, tutto si è risolto. I dati raccolti, ridimensionati proporzionalmente, hanno addirittura confermato la validità dell’esperimento. Poco era andato per il verso giusto, ma la strumentazione aveva funzionato e, in base alle misurazioni, gli scienziati hanno compilato paper e report. Mi si domanda spesso se un astronauta ha paura, oppure se io ne abbia avuta prima o durante la spedizione. Soprattutto alla luce del fatto che con l’equipaggio abbiamo vissuto il cosiddetto return to flight, uno dei primi lanci dopo il disastro del Challenger dell’86 – una tragedia tanto grave da interrompere per 32 mesi il programma Space Shuttle. Sulla paura ho una mia personale teoria: sono certo che l’addestramento alla Nasa serva soprattutto a convincerci – in modo magari fallace o troppo ottimistico – che, qualsiasi cosa accada, esiste una procedura d’emergenza o una soluzione attuabile con l’aiuto dei compagni e del controllo missione. Una quantità notevole di tempo è dedicata alle cosiddette anomalie; è agli astronauti e agli specialisti di missione che viene chiesto di scrivere procedure di recupero da una situazione critica. Protocolli semplici in caso di irregolarità scientifiche, un po’ più complessi se i guai riguardano la navetta. Mi piace chiamarlo “trialogo”, una collaborazione fra gli istruttori, il controllo e lo spacecraft, che nei simulatori a Houston vede i primi inventarsi i guasti più diversi per testare la risposta coordinata degli altri due, all’oscuro di tutto. Malgrado capiti spesso che la reazione non sia adeguata all’e-

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mergenza, si crea una dinamica per cui si crede che in tutti i casi si sarà all’altezza della situazione. Insomma, forse anche per un’eccessiva confidenza, non ricordo di aver mai avuto paura nello spazio. E so per certo che nessuno dei miei compagni ne ha avuta. È alla luce di queste considerazioni – la sinergia di intenti e settori, la determinazione degli attori coinvolti, le conseguenze concrete di ogni missione – che oggi seguo il dibattito fra chi ci vorrebbe su Marte (la Nasa) e chi punterebbe a un insediamento lunare (l’Agenzia spaziale europea). Se si estremizza il ragionamento fatto fin qui, se cioè si intendono i viaggi spaziali come esperienze utili per migliorare la tecnologia, acquisire conoscenze e aprire nuovi orizzonti evolutivi – quindi non come processi di conquista di nuovi territori –, allora è Marte a lanciare la sfida più convincente. Assai più impegnativa, in quanto a sforzo di innovazione e invenzione, rispetto al ritorno dell’uomo sulla Luna. Sebbene ritenga il nostro satellite naturale una piattaforma imprescindibile nel viaggio verso il Pianeta Rosso, credo che Marte ci costringa a dare di più, a immaginare soluzioni originali, a inventare l’impensabile invece di investire miliardi per costruire una base lunare perlopiù dedicata all’osservazione astronomica. è già chi parla di sistemi meccanici autoriparanti per affrontare i problemi dovuti alla lunghezza del viaggio (oltre un anno con i propulsori attuali), chi propone di usare stampanti 3D per costruire autonomamente cose per strada o su Marte stesso. C’è la necessità di riutilizzare le risorse disponibili, migliorando tecnologie di riciclaggio di cui abbiamo un bisogno palese anche sulla Terra. Proiettarsi nel sistema solare impone peraltro alcune tappe intermedie, ognuna in grado di offrire insidie e opportunità diverse. La prima è proprio il nostro satellite, che consente di studiare l’origine del sistema Terra-Luna e ci allena alle sopravvivenze prolungate nello spazio. Sono convinto che sarebbe interessante, nel breve termine, stabilire una stazione orbitante attorno alla Luna senza assumersi il rischio addizionale di uno sbarco. La seconda base potrebbe essere il cosiddetto “punto di oscillazione L2”: cioè quella particolare posizione nello spazio, allineata sulla radiale Terra-Luna a circa un milione e mezzo di chilometri dal nostro pianeta, che consente a un laboratorio lì collocato di gravitare attorno al Sole e rimanere sempre nel “cono d’ombra” terrestre. La terza tappa è rappresentata dagli asteroidi, sfruttabili come miniera o come oasi nel deserto cosmico. Impareremo a renderli una risorsa. Non a caso, la Nasa ha lanciato un programma per esplorarli con astronauti per mezzo del nuovo Orion, un veicolo multiruolo già in fase avanzata di sviluppo. Il primo volo con equipaggio, battezzato Exploration Mission 2, è previsto tra il 2021 e il 2023. L’ultimo campo sarà Marte, l’unico pianeta oltre al nostro che possiamo legittimamente immaginare quale ambiente di un futuro insediamento umano. I viaggi spaziali, comunque, rappresentano la frontiera della nostra conoscenza. Ci obbligano al miglioramento. Ed è di primaria importanza che puntino sempre più in là. Per queste ragioni l’uomo, oggi, deve andare nello spazio.

C'

fr anco egidio malerba è stato il primo italiano nello spazio. Nato il 10 ottobre 1946 a Busalla (Genova) e laureato in Ingegneria elettronica e in Fisica, ha lavorato nella ricerca e nell’industria hi-tech. Nel ’77 è stato scelto dall’Esa come uno dei quattro candidati Payload specialist europei per la

prima missione Spacelab. È decollato il 31 luglio ’92 sullo shuttle Atlantis e rimasto in orbita 7 giorni, 23 ore e 15 minuti. Eurodeputato dal ’94 al ’99, ha ispirato i lavori del Parlamento sulla politica spaziale e sul programma per la navigazione satellitare. L’asteroide 9897 Malerba gli deve il nome.

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L U C A PA R M I TA N O

RIS P ON DE:

IL PROSSIMO CRISTOFORO COLOMBO SARÀ UN X-MAN

L’ E V O L U Z I O N E È

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EMILIO COZZI

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LIMITI

COLONIZZARE

COMINCIARE

TE STO:

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SUOI

SERVIREBBE

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DA

MARTE



ROBONAUTI Qui sotto, Robonaut, primo dei robot sviluppati dall’Ente spaziale americano. Nella pagina precedente, Valkyrie R5, l’ultimo robonauta antropomorfo della Nasa.

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10 KM ALL’ORA Lo Space exploration vehicle è il più recente mezzo di trasporto di hjeZgÉX^Z eZg Vaig^ pianeti. La cabina può ospitare quattro persone per 14 giorni.

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IDEALE PER LAVORARE La mano di Robonaut R2, il robot umanoide ideato al Johnson Space Center della Nasa. Ogni dito è dotato di sensori tattili sulla punta e può sollevare oltre 2 chili.


i una cosa Luca Parmitano sembra davvero orgoglioso. Però è difficile scovarla. Non perché l’astronauta catanese, protagonista della prima missione di lunga durata dell’Agenzia spaziale italiana, non vada fiero di quello che fa, anzi. È che complici il contegno militare – è maggiore tenente colonnello pilota dell’Aeronautica – e soprattutto il carattere, mai, nei suoi occhi o nelle sue parole traspare l’ombra del vanto. Per Parmitano il successo è sempre della squadra. Ogni traguardo, foss’anche Marte, diventa raggiungibile solo grazie alla collaborazione. Eppure, di risultati personali potrebbe sfoggiarne un elenco: come collaudatore ha accumulato duemila ore di volo su oltre 40 tipi di velivoli; nel 2007 è stato decorato con la medaglia d’argento al valore per aver portato a terra il suo caccia Amx danneggiato dall’impatto con una cicogna. Selezionato dall’Agenzia spaziale europea nel 2009, è stato il sesto astronauta italiano, il quarto ad abitare la Iss, ovvero la Stazione spaziale internazionale (nel 2013, per 166 giorni), e il primo ad averci passeggiato attorno in due attività extraveicolari, o Eva. Entrambe portate a termine nonostante una grave avaria della tuta durante la seconda. Nel 2014 è stato comandante della spedizione Caves, con cui l’Esa prepara gli astronauti alle missioni spaziali facendo loro trascorrere sette giorni sottoterra nella diaclasi (una profonda fessura nel terreno, ndr) Sa Grutta, vicino Olbia. L’anno successivo ha partecipato, sempre come comandante, alla spedizione della Nasa Neemo20: due settimane vissute all’interno di Aquarius, una stazione a 19 metri di profondità al largo della Florida. Eppure, si diceva, è orgoglioso di un’altra cosa: sarà il primo europeo a fare da regista a due Eva. Comunicherà con gli astronauti fuori dalla Iss per guidarli nelle procedure. Perché, dice, «la conquista spaziale non è un’impresa di qualche eroe solitario: al futuro ci si prepara insieme».

D

A proposito, in che modo Neemo e Caves c’entrano con il nostro futuro nello spazio? «Entrambe consistono in un addestramento in condizioni estreme, come quelle che affronteremo nei prossimi lanci. Sott’acqua abbiamo un habitat che, per molti aspetti, è come quello di un’astronave: non solo consente di simulare gravità diverse ma implica anche sia la componente scientifica di ogni missione, con gli esperimenti nel laboratorio, sia quella esplorativa grazie alle uscite nello scafandro. Cosa c’entra l’esperienza sottomarina con quella cosmica? Tutto. Lo scafandro è immerso in un ambiente alieno, che consente di testare ingegneria e design degli strumenti che utilizzeremo. In Caves ci sono altre componenti: spostarsi dentro grotte sotterranee implica affrontare luoghi inesplorati e inadatti al nostro soggiorno. Senza supporto, isolati, dove ciò che ti serve te lo devi portare appresso. È un contesto in cui sperimentare la dimensione fisica e logistica delle missioni spaziali. In sintesi, Neemo e Caves insegnano a capire come addestrare gli astronauti nel futuro». Colonizzare il Pianeta Rosso in tempi brevi, pensarlo è plausibile? «Non è un caso se a breve continuerò la preparazione a Lanzarote, nelle Canarie; quelle zone sono come un pezzo di suolo marziano sulla Terra. Al momento prevediamo di raggiungerlo negli anni Trenta ma meglio non parlare di “tempi brevi” quando c’è il cosmo di mezzo». È pessimista? «Tutt’altro, ci arriveremo. Mi riferivo al dopo: voglio superare il concetto secondo cui la Terra sarebbe la culla dell’umanità... in questo momento ne è anche la gabbia e a nessuno piace vivere in cattività. A parte la curiosità, dobbiamo andarci per questioni di sopravvivenza e di espansione nel tempo. In quel senso abbiamo fatto solo un primo passo, stare in orbita in modo continuativo. Ce ne sarà presto un secondo, la probabile permanenza nel sistema Terra-Luna, come vorrebbe l’Esa: creare un ambiente adatto a colonizzazione e sfruttamento locale delle risorse. Solo allora procederemo verso Marte: dopo aver imparato, per forza, ad affrontare un viaggio interplanetario. Non mi azzardo a parlare di terraforming, cioè trasformazione a nostro uso e consumo di un ambiente extraterrestre. Siamo lontani da questa eventualità, ma prossimi a vedere da vicino com’è quello marziano». Poi cosa accadrà? «La prospettiva andrebbe estesa. Oggi siamo in grado di confermare la presenza di pianeti abi-

C A P I T O L O

5

182 183


184 185

tabili intorno a quasi tutte le stelle, miliardi di mondi in cui la vita è possibile, in cui ci sono acqua e un’atmosfera simile alla nostra. Perciò è il caso di pensare al futuro; il concetto di “tempi brevi”, inteso come periodo compreso nell’arco della vita umana, va rivisto. I passaggi necessari per un viaggio interstellare sono esponenzialmente più complessi del volo interplanetario; ma, come ricordava il filosofo cinese Lao Tzu, anche il cammino più lungo inizia con un passo... Tanto che c’è già chi parla di come inviare un microchip oltre il nostro sistema solare, lambendo frazioni decimali della velocità della luce. Impossibile quindi non intravedere la possibilità di arrivare prima o poi a un’astronave; ovviamente attraverso tutte le tappe intermedie, dai robot ai lander, fino all’uomo». L’attività sull’Iss rientra in questa progressione? «Certo. Pensate al Beam – è l’acronimo di Bigelow Expandable Activity Module – installato sulla stazione lo scorso aprile. È un modulo gonfiabile che consentirà di testare oltre l’atmosfera terrestre la resistenza di un ambiente espandibile in vectran, materiale due volte più resistente del kevlar. È fondamentale comprenderne l’importanza per il nostro futuro nel cosmo. Perché affrontare un viaggio interplanetario con un veicolo di grandi dimensioni sarà molto difficile; l’idea consiste invece nel lanciare masse ridotte e poi espanderle. Spedire cioè oltre l’atmosfera qualcosa di piccolo, poi gonfiarlo, fino a farlo diventare l’astronave di 2001: Odissea nello spazio». Adesso sembra persino troppo fiducioso. Eppure ha vissuto in prima persona gli imprevisti del cosmo. Come li concilia con il suo entusiasmo attuale? «Ricordando che nello spazio non c’è posto per gli individualismi. Se non capissimo noi per primi l’importanza inestimabile del supporto, faremmo un errore grave. Di quelli che costano cari». Parliamo dell’incidente capitato durante la sua seconda passeggiata all’esterno dell’Iss? «Il 16 luglio 2013, poco dopo l’inizio dell’Eva 23, la mia seconda attività extraveicolare, il casco ha cominciato a riempirsi d’acqua. L’emergenza è durata 35 minuti e per circa 8 l’avaria è stata grave, tanto da costringermi al rientro: avevo perso ogni contatto radio oltre che sensoriale, avevo acqua negli auricolari, nel naso, mi copriva gli occhi. Faticavo a respirare, non potevo sentire né parlare, perché i sistemi di comunicazione, microfoni compresi, si erano bagnati. In più, una volta nell’airlock della Stazione, ho dovuto sopportare 15 minuti di pressurizzazione con il sistema di Valsalva (un apparato di compensazione che permette, tappando il naso, di pressurizzare le orecchie, ndr) compromesso. Come scendere di colpo da tremila metri al livello del mare senza contrastare la spinta sui timpani: un dolore lancinante cui non ci si può opporre». Una tragedia sfiorata. «Mentirei se provassi a sminuire le difficoltà di una situazione così critica, di momenti in cui la vita è a rischio. Quello che voglio ridimensionare è il merito dell’individuo. Oltre agli astronauti, ogni attività extraveicolare coinvolge numerosi collaboratori sulla Terra: persone che hanno scelto e curato l’addestramento, selezionato gli strumenti, concordato le procedure. Cioè quanto ti consente di avere il battito cardiaco invariato durante un’avaria, quello che ti permette di continuare a pensare. Quel 16 luglio, fuori dall’Iss con un litro e mezzo di acqua nel casco, non ero solo: portavo con me un bagaglio di esperienze costruitomi, per mesi, da una squadra». Sta dicendo di che non ha avuto paura? «Certo che ne ho avuta. Ma la differenza tra una persona non addestrata e chi è preparato consiste nella gestione del panico. La paura fino a un certo livello ha effetti fisiologici positivi: il cuore pompa più forte per preparare i muscoli, l’aumento di adrenalina nel sangue stimola la reattività del cervello, la velocità di ragionamento cresce. È fondamentale imparare a usare queste risposte come uno strumento, senza permettere che siano loro a controllarci: è l’obiettivo dell’addestramento». Qual è il problema maggiore nell’evoluzione dei viaggi spaziali? «L’uomo». Cioè? «Nel senso dei nostri limiti fisiologici». Si riferisce, per esempio, all’esposizione alle radiazioni cosmiche durante viaggi lunghi? «Focalizzarsi su un problema non serve. Se non ha soluzione, è un dato: saremo di certo esposti

W I R E D

I N V E R N O

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alle radiazioni. Quindi si tratta di un ostacolo che possiamo solo aggirare». Come è possibile risolvere un simile problema? «Tralasciamo per un attimo le implicazioni etiche e chiediamoci se sia possibile stimolare un’evoluzione mirata. Il Dna umano contiene geni di cui ancora ignoriamo proprietà o funzioni. Per esempio, condividiamo la parte di corredo cromosomico che permette all’orso bruno di andare in letargo: è possibile attivare quel gene in modo da mandare anche l’uomo in ibernazione? Le radiazioni hanno effetto sugli esseri umani solo durante meiosi o mitosi, vale a dire quando le cellule si separano; in quella condizione, invece, il metabolismo rallenta fino quasi ad arrestarsi. Se quindi, durante un viaggio interplanetario, si “dorme”, il rischio di una mutazione cellulare può essere molto ridotto». Astronauti in letargo? «Esatto. A questo punto la questione si sposta in ambito etobiologico: è lecito intervenire sul Dna degli esseri umani? O, di contro, fino a che punto è sensato escludere una parte di umanità da un’evoluzione mirata che possa destinarla all’esplorazione del cosmo, che ne faccia il nostro prossimo gradino evolutivo, i viaggiatori interstellari? Ricordiamo che l’etica è flessibile e che, trattandosi di evoluzione, le questioni da soppesare sono più grandi del singolo individuo. In altre parole, se fra mille anni vedessi uomini quadrumani con coda prensile in grado di ibernarsi – caratteristiche perfette per l’habitat spaziale – perché dovrei pensare che è un male?». Insiste tanto sulla dimensione esplorativa dei viaggi nello spazio. «Perché è la sintesi di scienza e tecnologia, è l’ampliamento delle nostre conoscenze. Ripercorrendo i tempi, conviene ricordare che siamo andati sulla Luna negli anni ’60, un decennio che costituì una breve parentesi di stimoli straordinari, capaci di spingere l’uomo a fare cose incredibili. Già, ma cosa in realtà abbiamo fatto? Siamo stati come i vichinghi che hanno attraversato la Danimarca, l’Oceano Atlantico, il Circolo Polare Artico e che, arrivati in un nuovo continente, sono tornati indietro. Un passaggio epocale, un salto nell’ignoto senza precedenti, ma anche un evento a sé stante». In che senso? «Nel senso che poi nessun vichingo s’è più avventurato attraverso l’Atlantico. Ma nel Mediterraneo le repubbliche marinare hanno enormemente sviluppato la tecnologia delle imbarcazioni migliorando la capacità di navigazione, di stoccaggio, la strumentazione di bordo. Ecco perché, secoli dopo, si è arrivati in America. Cristoforo Colombo ha contrassegnato un altro passaggio, proprio come faremo noi nei prossimi anni con la Luna e Marte. Saremo un po’ come lui, nel senso che non riusciremo subito a rimanere dove saremo arrivati. Il vero salto evolutivo avverrà quando, com’è stato con il Mayflower, diverremo coloni. Per farlo, avremo bisogno di un balzo anche sociale, non solo tecnologico. Chi diventa colono? Chi in inglese è chiamato misfit: un disadattato, un emarginato». Quindi i futuri coloni dello spazio saranno dei reietti? «Preferisco considerarli persone che non tollerano la costrizione in un ambiente, che hanno un bisogno quasi fisico delle difficoltà, che sono persino attratti dalla scomodità. C’è chi vorrebbe rendere il volo spaziale simile a quello terrestre, con un ambiente ergonomico, confortevole. Ma i nostri coloni lunari o marziani cercheranno altro: s’imbarcheranno perché hanno bisogno di Far West, di orizzonti aspri, di esperienze ruvide. Di una bellezza molto più spartana del design raffinato». Faremo in tempo a vederli? «Forse una parte di loro: probabilmente non vedremo salpare il Mayflower, ma il nuovo Cristoforo Colombo sì. Lo stiamo già addestrando».

luca salvo parmitano è nato a Paternò (Catania) il 27 settembre 1976. Pilota collaudatore, nel 2007 è insignito della medaglia d’argento al valore aeronautico per essere riuscito ad atterrare con un caccia Amx gravemente danneggiato. Selezionato come astronauta Esa, decolla verso la Iss con la Expe-

dition Crew Soyuz 36/37. La missione dura 166 giorni, durante i quali Parmitano diventa il primo italiano impegnato in attività extraveicolari. Comandante della missione sotterranea Caves (Esa) e della spedizione subacquea Neemo (Nasa), sarà il primo europeo a fare da regista a due passeggiate spaziali.

C A P I T O L O

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dell’Accademia aeronautica e che, a oggi, detenga il record di permanenza sull’Iss, la Stazione Spaziale Internazionale (199 giorni e 16 ore durante la missione

S E N Z A I N V E S TI M E NTI S PA Z I A LI

Futura, decollata dal cosmodromo di Baikonur

SI BLOCCHEREBBE

il 23 novembre 2014).

L' E C O N O M I A

Ha ricevuto tantissime attenzioni dai media. «In un’era in cui l’uso

A

COLLOQUIO

CON:

dei social media è imprescindibile per

Samantha Cristoforetti

comunicare, bisogna imparare a gestire l’esposizione pubblica senza cadere nell’eccessiva banalizzazione di un’attività che c’entra poco con lo spettacolo». E che sembra sempre più legata al nostro futuro socio-economico. «Oggi si parla di economia e accessibilità spaziale, ricadute sociali e space diplomacy (saranno anche

cinquantennale della prima conferenza delle Nazioni Unite sull’esplorazione e l’uso pacifico dello spazio, ndr). Per natura il cosmo ha ndr qualcosa di umanamente universale, sia nel suo aspetto ideale che in quelli pratici e utilitaristici. Intanto ricordo a chi è convinto che sia uno sperpero di Samantha Cristoforetti

che possano aiutare le

bisogno di un proving

risorse, che ha un ritorno

si trova all’European

esplorazioni umane in

ground, un terreno di

sugli investimenti fra i più

Astronaut Center (Eac), il

ambiente cislunare (la

prova molto più lontano

alti e che se eliminassimo

centro di addestramento

regione tra l’atmosfera

della Stazione Spaziale ma

le applicazioni spaziali si

dell’Esa a Colonia dove

terrestre e la Luna, ndr ndr) o

molto più vicino del Pianeta

bloccherebbe l’economia».

lavorano gli astronauti

sulla superficie del satellite.

Rosso, dove sviluppare,

E soprattutto suggerisce,

quando non sono nello

Dobbiamo capire quali

consolidare e validare

infine, «che si uniscano le

spazio o destinati a volarci

ambiti e quali concetti

operazioni e procedure. Poi

forze per perseguire scopi

a breve. «Dovrò avere

operativi possiamo

procederemo verso Marte».

comuni e sovranazionali.

pazienza, prima di tornarci»,

sviluppare con gli altri centri

La celebrità di Samantha

Quasi come specie umana».

dice. «Intanto mi concentro

Esa e con entità terze».

Cristoforetti come prima

soprattutto su due compiti:

Quanto a Marte? «Reputo

astronauta donna italiana

la collaborazione con

ottimistico credere ci si

(e terza europea) tende

l’Agenzia spaziale cinese,

arrivi entro gli anni Trenta.

a far dimenticare che

in previsione di un suo

Penso piuttosto che si

con altri cinque colleghi

ampliamento in un futuro

passerà dalla Luna. Anche

fu selezionata dall’Esa,

prossimo, e un progetto

a livello internazionale

nel 2009, in un concorso

a lungo termine: cioè uno

si sta convergendo su

con 8500 candidati; che

sguardo su tecnologie

questa scelta: abbiamo

fosse già Sciabola d’onore

EMILIO

COZZI

MAGDA

che nel 2018 celebrerà il

ART:

l’evento internazionale

ANTONIUK

i temi di UniSpace+50,


insieme. Abbiamo rilevato

nuovo: lo sviluppo operativo

una falsa indicazione degli

del caccia europeo

strumenti ed esclusa l’avaria

Eurofighter Typhoon».

addirittura prima del Launch

Diventa responsabile

Control Center, nonostante

e capo collaudatore

fossimo sottoposti a uno

di quell’importante

NON ESISTE

stress ben diverso. Però

progetto. «La storia

PROGRESSO

questo è lo spazio, un

dell’aviazione, prima ancora

luogo in cui l’imprevisto è in

dell’astronautica, è fatta

agguato. Sempre. Ma anche

di azzardi. Sono convinto

la prova di quanto ci si sia

che rischio e progresso

applicati per affrontarlo,

siano inscindibili. Per

di come serva combinare

questo seguo con interesse

competenze e fiducia negli

l’attività di imprese come

altri per vincerne le sfide».

Virgin Galactic, Blue

Appunto la sfida, il

Origin o SpaceX. Certe

confronto con limiti nuovi:

scelte di Elon Musk

questo ha sempre animato

sono inammissibili per

il secondo astronauta

le agenzie spaziali, per

italiano. Nato a Modena nel

esempio quando si tratta

1959 e cresciuto a Zocca,

di lanciare razzi senza

un comune di 5mila abitanti,

equipaggi. Non perché

con padre bigliettaio e

sia uno sconsiderato;

madre casalinga, già a

semplicemente vuole e

cinque anni svela un innato

può permettersi di testare

senso di indipendenza e

tecnologie innovative,

pretende di tornare a casa

anche di fare un passo un

da solo dall’asilo. O, per dirla

po’ più lungo degli altri».

a modo suo, «di diventare

Dopo aver battuto (2 a 1)

pilota della mia vita».

la Ferrari F1 di Michael

Pilota lo diventa sul serio,

Schumacher in due test su

nel Reparto sperimentale

pista a bordo del Typhoon,

di volo, fra i più prestigiosi

nel 2005 Cheli ha fondato

dell’Aeronautica Militare,

la CFM Air, una startup che

come collaudatore di velivoli

progetta velivoli leggeri

ad alte prestazioni. Da lì a

avanzati e, l’anno seguente,

quel sogno maturato la sera

DigiSky, specializzata

del 20 luglio 1969, davanti

nell’elettronica di bordo

ai goffi saltelli lunari di Neil

per aerei sportivi. Nel 2007

Armstrong e Buzz Aldrin

ha conseguito un master

trasmessi da tutte le tv, il

in Business Administration

A RISCHIO ZERO

A

COLLOQUIO

CON:

Maurizio Cheli

22 febbraio 1996, ore 20:18,

due booster a propellente

passo sembra possibile.

all’Escp Europe di Parigi.

rampa di lancio 39B del

solido, la navetta decolla e

Cheli lo compie: nel

«Perché nemmeno sul

Kennedy Space Center a

inaugura la missione STS-75

1992 viene selezionato

Columbia ho sentito la

Cape Canaveral. Sei secondi

satellite Tethered.

dall’Esa e inviato per

responsabilità che avverto

prima che la navicella

«In teoria, saremmo stati

l’addestramento a Houston,

oggi, da imprenditore, verso

Columbia si stacchi da

costretti a una procedura di

da dove decolla quattro

chi dipende da me. È questa

terra, Maurizio Cheli, il

emergenza mai effettuata

anni dopo condividendo

la sfida di ogni giorno».

primo mission specialist

prima: consiste nel rientro

l’esperienza con un

La conquista spaziale parte

italiano del programma

a Cape Canaveral dopo

connazionale, l’astrofisico e

dalla Terra. Anche quando le

Space Shuttle, rileva un

20 minuti di volo», spiega

in quell’occasione payload

circostanze suggerirebbero

difetto di potenza del

Cheli, da ingegnere di bordo

specialist Umberto Guidoni.

tutt’altro. Magari a soli sei

motore principale destro:

allora seduto in cabina fra

La sua avventura spaziale

secondi dal lancio.

la spinta, bloccata al 60%,

il comandante, Andrew

finisce 380 ore dopo,

E.C.

non consentirà l’arrivo in

Allen, e il pilota Scott

al rientro dello shuttle

orbita e, in automatico, la

Horowitz. «Però ricordo

Columbia sulla Terra.

sequenza di accensione

distintamente la nostra

L’astronauta sceglie di

dei motori dovrebbe

coordinazione e i tempi di

non tornare più in orbita.

interrompersi.

reazione: in pochi secondi,

«Ho preferito mettermi

Eppure, una volta accesi i

tutti e tre ci siamo mossi

alla prova su qualcosa di


LA SPECIE UMANA LEVERÀ PRESTO L' A N C O R A

A

COLLOQUIO

CON:

Umberto Guidoni

alla Iss si sono aggiunti il

che per la prima volta ci

Raffaello, uno dei tre Moduli

obbligherà a tagliare il

logistici pressurizzati

cordone ombelicale con la

italiani tuttora in opera,

Terra». Per affrontarla e per

e il Canadarm2, il braccio

colonizzare il Pianeta Rosso

robotico collegato al

in tempi brevi, la Nasa sta

laboratorio Destiny.

lavorando alla capsula Orion

«Quando, davanti

e SpaceX al suo “Sistema di

all’allunaggio, ho deciso

Trasporto Interplanetario”.

che da grande avrei fatto

«È probabile che si arrivi

l’astronauta, come tanti

a un progetto comune.

della mia generazione,

Per quanto mi riguarda,

la cosa era impossibile,

ripartirei anche domani.

riservata agli americani.

Ma è impossibile: mi

Ho scelto la carriera più

sono addestrato sullo

simile, quella di scienziato

Space Shuttle, che oggi

alle prese con satelliti

è nei musei. Ma me lo

o plasma contactors

confermano gli occhi dei

(strumenti usati a bordo

giovani a cui parlo di spazio:

di velivoli spaziali per

è giunto il momento di un

prevenire l’accumulo di

cambio d’orizzonte».

cariche elettrostatiche,

E.C.

ndr). Per una coincidenza ndr del destino, furono proprio loro a spedirmi in orbita». Selezionato da Asi, l’Agenzia spaziale italiana, e Nasa nel ’90, Guidoni entra nel gruppo che coordina da terra le operazioni scientifiche del Tethered sullo shuttle Atlantis. Da allora non abbandona più lo spazio, cui da europarlamentare (dal 2004 al 2009), dedica una relazione nell’ambito del VII Programma Quadro per la «Dopo quasi cinquant’anni,

racconto di fantascienza,

ricerca europea.

sembra giunto il momento

l’esplorazione del cosmo sta

Lasciata la politica, torna

di levare l’ancora che ha

diventando un business».

fra le stelle nel 2013.

trattenuto la specie umana

Classe 1954, astrofisico

Ma come divulgatore e

nell’orbita terrestre bassa

coinvolto dall’89 negli

scrittore: «L’interesse per

(ovvero tra i 160 e 2000 km,

studi che hanno portato il

lo spazio sta crescendo e,

ndr). Quello che è stato solo ndr

satellite Tethered in orbita

per quanto ci sia il rischio

un sogno per le generazioni

con Franco Malerba, nello

di percepire gli astronauti

del secolo scorso, diventerà

spazio c’è stato due volte: la

più come personaggi di

reale per i ragazzi e le

prima fra febbraio e marzo

un reality show che come

ragazze che lavoreranno fra

del 1996, da Specialista di

esploratori o scienziati,

qualche decennio».

carico utile sullo shuttle

ritengo fondamentale

A chi gli domanda del

Columbia nella missione

stimolare nelle nuove

nostro futuro, Umberto

STS-75; l’altra, a bordo

generazioni la curiosità, la

Guidoni risponde così,

della navetta Endeavour,

capacità di andare oltre le

con l’entusiasmo e la

nell’aprile 2001, quando è

spiegazioni convenzionali.

chiarezza cristallini che lo

diventato il primo europeo

I tempi sono maturi: è

contraddistinguono. «Il

a entrare nella Stazione

ragionevole pensare che

primo, significativo indizio

Spaziale Internazionale,

nei prossimi anni la Cina

è la presenza di compagnie

allora in costruzione.

e altri paesi metteranno

private che hanno iniziato a

Proprio grazie a quella

piede sulla Luna. Poi si

costruire veicoli spaziali. Da

spedizione, la STS-100,

tratterà di Marte, una sfida


UN NUOVO APPROCCIO AI VIAGGI E X T R AT E R R E S T R I

A

COLLOQUIO

CON:

Roberto Vittori

di particelle realizzato

se dovessi scommettere

grazie alla partecipazione di

sul nostro futuro, non lo

16 nazioni e a un importante

farei puntando sulla Luna

contributo italiano, detto

o su Marte ma su sistemi

“cacciatore di antimateria”».

di propulsione in grado

A proposito, oggi Vittori

di superare la tecnologia

è lo Space attaché

attuale. Ciò significa

dell’ambasciata italiana a

passare dagli aeroplani

Washington e responsabile

agli spazioplani. Oggi i

della locale sede Asi.

viaggi spaziali si basano su

«A partire da Luigi Broglio,

soluzioni che consumano il

il padre della nostra

90% delle risorse nei primi

astronautica, l’Italia ha

200 chilometri: un po’ come

sempre espresso un

partire in auto da Milano

interesse particolare

a Bologna e arrivarci solo

nei confronti del cosmo:

con il sedile, cosa poco

nel 1962 firmammo la

funzionale e ancor meno

prima intesa con gli Stati

sicura. Quando riusciremo

Uniti e due anni dopo

a uscire dall’atmosfera in

partecipammo al primo

modo differente, invece,

lancio. Oggi, la rotta è

le nostre opportunità

tracciata da iniziative

si moltiplicheranno.

come la cooperazione

Da collaudatore non lo

con la Federal Aviation

nascondo: mi piacerebbe

Administration per la

essere fra i primi

disciplina e lo sviluppo della

protagonisti del nuovo

cosiddetta Commercial

approccio allo spazio».

Space Transportation».

Un amore solido e di lunga

Siglato il 30 giugno con Asi

durata, si diceva: «Il modo

ed Enac (l’Ente nazionale

in cui l’ho vissuto, nei miei

per l’aviazione civile),

18 anni da astronauta,

l’accordo riguarda le tante

e l’essere padre di tre

iniziative private che in

bambini mi portano a

questo momento stanno

considerare lo spazio

generando un entusiasmo

come il nostro normale

incredibile per il nostro

ambiente di lavoro. Ma

futuro fra le stelle. «Si pensi

anche a ricordare quanto

ai veicoli, dalle architetture

l’alterazione irreversibile

Roberto Vittori è il

qualifica di comandante

e dalle concezioni

dell’ecosistema terrestre

doppiatore del droide

della Soyuz, Vittori è stato

innovative, di Burt Rutan,

a causa del riscaldamento

che Wall-E incontra sulla

in orbita tre volte: nel 2002

Jeff Bezos o Elon Musk».

globale sia solo questione

navicella Axiom, dove

e nel 2005 a bordo della

Dura non credere a chi

di tempo. L’unico modo per

si è rifugiata l’umanità

navetta russa, nel 2011

nel 2002, al Johnson

evitarla non consiste nel

in fuga dall’enorme

come mission specialist

Space Center, ha

limitare le nostre attività,

discarica chiamata Terra.

di STS-134, l’ultimo lancio

lavorato a supporto della

ma nel portarle all’esterno

Può sembrare fuorviante

dell’orbiter orbiter Endeavour e il

sezione per lo sviluppo

dell’atmosfera. Vedo nella

presentarlo così – lui,

penultimo del programma

dei veicoli spaziali di

Luna, così come in Marte o

generale di Brigata aerea –

Space Shuttle.

nuova generazione. O a

negli asteroidi, opportunità

partendo dal suo cameo nel

«Non avrei mai immaginato

chi, dopo l’incidente del

uniche per far progredire la

film Pixar del 2008, eppure

di diventare pilota, men

Columbia, ha fatto parte

ricerca scientifica, medica

l’aneddoto spiega meglio di

che meno astronauta,

del tiger team investigativo.

e tecnologica. Soprattutto,

qualsiasi altra definizione

anche perché da piccolo

«Lanciamo razzi nello

li considero un’ancora di

che il quarto astronauta

mi affascinavano la fisica,

spazio da sessant’anni, ma

salvezza per la Terra». Il

italiano ha con lo spazio

l’antimateria e l’idea che

il cedimento strutturale

droide incontrato da Wall-E

una storia d’amore lunga e

esistessero più dimensioni.

dello SpaceShipTwo

sulla navicella Axiom non

sfaccettata.

Curiosamente, uno degli

nel 2014 e l’esplosione

avrebbe saputo dirlo meglio.

Pilota collaudatore, dal 1998

esperimenti che portammo

del Falcon 9 lo scorso

E.C.

astronauta dell’Agenzia

in orbita con lo shuttle

settembre ricordano quanto

spaziale italiana, primo

riguardava l’Alpha Magnetic

ancora non sia semplice

europeo a conseguire la

Spectrometer, un rivelatore

né economico. Per questo,


PER PALAZZETTI

Il calore diventa intelligente. Canali per la distribuzione dell’aria fino a 14 metri di distanza. App per la gestione in remoto delle stufe. Filtri per l’abbattimento delle emissioni. Marco Palazzetti, Amministratore Delegato area Ricerca e Sviluppo, racconta le tecnologie innovative del Gruppo Palazzetti.

Ing. Palazzetti, cosa significa realizzare una combustione efficiente? Le stufe a pellet ermetiche, oltre a essere completamente automatiche, hanno una regolazione dei parametri minuziosamente calibrata al fine di ottenere sempre una combustione ottimale. Grazie alla tecnologia ibrida legna/pellet dei prodotti Multifire, siamo riusciti a realizzare un sistema automatico per il 75% estendendo le tecnologie tipiche del pellet alla combustione della legna. Questo permette di mantenere fiamma e temperatura costanti e di ottimizzare le emissioni, riducendo al minimo quelle di CO. Inoltre, dotando le nostre macchine di un sistema catalitico a valle (O2Ring) per l’abbattimento dei fumi, eliminiamo fino all’80% delle emissioni inquinanti derivanti dalla combustione della legna.

In che modo si riesce a garantire una efficace distribuzione del calore? Da anni lavoriamo per diminuire i consumi, aumentando al tempo stesso la resa di stufe e camini, anche ampliando la distribuzione del calore così che riesca a raggiungere una superficie più grande. Lo facciamo sviluppando dei prodotti che producano molto calore e che, soprattutto, siano in grado di trasmetterlo quasi totalmente al liquido vettore predisposto per l’impianto (l’aria o l’acqua). Questo perché il calore possa arrivare lontano senza perdere la sua intensità e, quindi, scaldare stanze anche lontane da dove viene posizionato il camino o la stufa. Quest’anno, per esempio, abbiamo presentato una nuova piattaforma tecnologica delle nostre stufe a pellet. Tra i vari plus, c’è il sistema Air Pro che permette di distribuire il calore tramite l’aria utilizzando fino a 2 canali di 14 metri lineari l’uno. Per i prodotti a legna, invece, studiamo dei materiali capaci di ottimizzare al massimo l’accumulo e il lento rilascio del calore.

Come rendere più semplice l’interazione con l’utente? Abbiamo introdotto l’utilizzo di una app che permette di interagire con le stufe a pellet anche da remoto, segnalando quando il combustibile sta finendo, settando la temperatura, i tempi di accensione, sia su base giornaliera che settimanale. Ma non solo: la app segnala all’utente quando effettuare un controllo, perché ne monitora costantemente l’utilizzo. D’altro canto, chi sceglie di scaldarsi in modo naturale non è solo attento all’ambiente, ma ama interagire con il prodotto senza che però questo renda impegnativa la sua gestione. Ecco perché nelle nostre stufe è possibile ottenere una pulizia più veloce e profonda del prodotto senza dover smontare alcun componente, ma arrivando comunque anche a quelle zone normalmente accessibili solo con manutenzioni straordinarie dei professionisti. Questo migliora le capacità di scambio del calore della macchina con l’ambiente, allunga la vita del prodotto e fa risparmiare, generando al tempo stesso soddisfazione nell’utente.


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WIRED AUDI I OVATION AWARD 2016 Quest’anno, per decidere chi fossero gli innovatori del 2016, il Wired Audi Innovation Award ha chiesto una mano a un software. E a un partner. Giunto alla terza edizione, infatti, il Waia si è avvalso del contributo di un team di ricercatori della SDA Bocconi, School of Management dell’Università Bocconi, guidato dal professor Francesco Sacco, che ha sviluppato un algoritmo in grado di scandagliare i numeri dell’innovazione italiana. Il sistema ha così analizzato più di 70mila brevetti, frutto del lavoro di oltre 43mila inventori e delle 11mila società titolari. Non solo: è stato guardato dentro i bilanci di più di 250 grandi aziende, 300 piccole e medie imprese innovative e oltre 2.500 start-up. Tutti i potenziali vincitori sono stati poi divisi in quattro categorie: PERSONE, BIG COMPANY, PMI e START-UP. Nelle pagine che seguono, uno sguardo al futuro dell’auto e i risultati delle analisi che hanno decretato gli innovatori dell’anno.


IL FUTURO? QUATTRO RUOTE E UN CERVELLO l punto di arrivo è il nulla. Non insegnare niente a un computer perché questo, grazie a un software, è in grado di imparare tutto da solo. Calandolo nel contesto delle quattro ruote, il punto di arrivo è un’auto che non segua schemi predefiniti, ma li tracci di volta in volta sulla base di poche nozioni di partenza. Non più un veicolo capace di stare a centro strada perché gli viene insegnato a tenersi a una certa distanza dai bordi, ma perché analizza ogni metro di asfalto con le sue telecamere e decide, in perfetta autonomia, che quella posizione è l’optimum per arrivare a destinazione con la massima efficienza possibile. Gli scienziati parlano di Deep Learning, cioè un insieme di tecnologie software capaci di simulare il ragionamento umano e, quindi, l’apprendimento. All’ELR (Electronics Research Lab), un laboratorio fondato nel 1998 e che vede al lavoro oltre 200 esperti, si occupano proprio di questo. Qualcuno diceva che è meglio insegnare a un uomo a pescare che regalargli un pesce, ed Ewald Gössmann, a capo del laboratorio, si premura di coordinare team di scienziati per dare canna e mulinello a una quattroruote. Per farlo, realizza software che, sulla base di una fitta serie di dati rilevati da appositi sensori, insegnino a un’auto a guidare, considerare la segnaletica, ridurre i consumi, aumentare la sicurezza e rispettare l’ambiente. Un mucchio di parametri, insomma, ed è per questo che l’ERL ingaggia talenti delle più svariate discipline, che si tratti di ingegneria, informatica, psicologia, neurologia o design. Perché gli input necessari sono molteplici ed è per questo che, dal 2016, l’Electronics Research Lab funge anche da incubatore dove piccoli team, che si configurano come vere e proprie start-up, sperimentano e realizzano progetti innovativi da convogliare verso una nuova concezione di guida autonoma. «Questi progetti sono continuamente monitorati, aggiustati e, in alcuni casi, abbandonati», racconta Chuhee Lee, direttore della strategia e tecnologia del laboratorio. È proprio grazie a questo flusso continuo di idee e tecnologie che, da qui ai prossimi anni, Audi conta di far dialogare tra loro, in modo perfettamente autonomo, prestazioni, sicurezza, intrattenimento e realtà aumentata. E sullo sfondo, un sistema in grado di dialogare col passeggero per trovare e percorrere in sua vece gli itinerari a lui più congeniali. Sì, passeggero, perché la parola autista, per allora, sarà un optional dedicato solo a chi vorrà togliersi lo sfizio di guidare in prima persona. Un software lo saprà fare come lui (e anche meglio).

I

Il Deep Learning si basa su algoritmi, cioè complesse sequenze di formule matematiche in grado di far guidare un’auto in modo autonomo, imparando a migliorare lo stile viaggio dopo viaggio. Il tutto, simulando il funzionamento dei neuroni del nostro cervello.


IL DIGITALE È DI STRADA

I principali sensori utilizzati nelle auto sono le telecamere. Queste fungono da veri e propri “occhi elettronici” pronti a rilevare ogni minimo dettaglio della strada e dell’ambiente circostante, per trasformarlo poi in informazioni da passare al software di Deep Learning.

on c’è parola più inflazionata e fumosa di “digitale”, ma nei laboratori di Audi sanno perfettamente cosa significhi per un’auto. Merito di una filosofia che ha saputo innervare la meccanica di bit e byte in modo costante e progressivo, fino ad arrivare a tecnologie complete come myAudi. Cos’è? Un portale di applicazioni e servizi digitali, fruibili dal veicolo, che si prendono cura di ogni aspetto della guida. Dal manuale sempre aggiornato alla manutenzione, passando per intrattenimento e navigazione, myAudi consente di sfruttare il veicolo in ogni suo aspetto. E il bello è che si tratta di una piattaforma che cresce di giorno in giorno: di recente, per esempio, ha visto l’integrazione del sistema di navigazione HERE, con mappe ad alta risoluzione e informazioni in tempo reale sul traffico, dopo che un consorzio di cui Audi fa parte ha acquisito la tecnologia sviluppata in origine da Nokia. Si tratta solo di un esempio di come il digitale sia preso in considerazione dalla casa tedesca, ma il futuro promette altre rivoluzioni. In particolare, Audi sta lavorando a software capaci di rilevare sempre più informazioni dai sensori posti nelle sue auto, in modo da trasformarli in dati che andranno poi trasmessi al server, per offrire un’esperienza di guida sempre più confortevole e sicura. Anche per questo, Audi si avvale della collaborazione con le migliori realtà della ricerca mondiale, come gli specialisti del Fraunhofer Institute for Intelligent Analysis and Information Systems. Un nome che è tutto un programma. Digitale, naturalmente.

N

UNA RICERCA CHE SA DI ARIA PURA a ricerca tecnologica non ha senso, se non viene spinta anche nel settore dell’eco-sostenibilità. È per questo che Audi, da sempre pioniera nel settore green, mira al traguardo più elevato: la “carbon neutrality”, per dire addio alle emissioni grazie a un processo di “elettrificazione” che la casa tedesca ha intrapreso con dedizione e innovazione. I risultati sin qui ottenuti si traducono nella A3 Sportback e-tron, un modello ibrido che combina un motore 1.4 TFSI da 110 kW di potenza a uno elettrico da 75 kW. Sulla medesima filosofia si basa la Q7 e-tron 3.0 TDI Quattro: un SUV di nuova generazione dotato di motore 3 litri che, combinato con uno elettrico, produce una potenza complessiva di 275 kW (pari a 373 cavalli). E le prestazioni volano, da 0 a 100 km/h in appena 6,2 secondi, nel pieno rispetto dell’ambiente, grazie all’emissione di appena 48 grammi di CO2 per km. Ma se questo è il presente, Audi è già al lavoro per il futuro. Un esempio ne è la Audi e-tron Quattro. Un prototipo elettrico capace di un’autonomia di 500 km con un pieno di energia. E per non rinunciare a prestazioni estreme, ecco una potenza totale di 320 kW ripartita su ben tre motori: uno frontale e due posteriori, capaci di un’accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 4,6 secondi, per arrivare poi a una velocità di punta di 210 km/h. Un occhio di riguardo ai parametri di guida e uno all’ecologia, grazie all’assenza di emissioni di CO2, ma scordandosi delle attese per il rifornimento: il sistema CCS (Combined Charging System) consente di ricaricare la batteria al litio da 95 kWh in appena 50 minuti con una normale colonnina da 150 kW. Un’innovazione a tutto tondo, come i quattro cerchi del marchio Audi.

L

Non solo motori a emissione zero: la ricerca della casa tedesca è volta a non rinunciare a prestazioni degne del blasone, al comfort nell’abitacolo e al rispetto dell’ambiente anche nei centri di produzione dei veicoli.


I NUMERI DEL WIRED AUDI INNOVATION AWARD A B B I A M O A N A L I Z Z AT O

+70.000 BREVETTI

+11.000 AZIENDE TITOLARI DI BREVETTI

+43.000 INVENTORI

+800 INVENTORI SERIALI

A B B I A M O G U A R D AT O N E I B I L A N C I D I

+310 PMI INNOVATIVE

+196.000 PMI CON PIÙ DI 1 MILIONE DI DOLLARI DI FATTURATO

+2.500 START-UP INNOVATIVE

+250 GRANDI AZIENDE


CATEGORIA

PERSONE 1°

FABIO DE’LONGHI COSA: MANAGER INDUSTRIALE AFFILIAZIONE: DE’LONGHI ANNI: 47

CLASSIFICATO

n vecchio detto vuole che i padri fondino le aziende, i figli le portino avanti e i nipoti le rovinino. De’Longhi potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola. Nel caso della capogruppo del gruppo multinazionale da 2 miliardi di euro di fatturato, il passaggio generazionale è sinora andato per il meglio. Lo sviluppo dell’azienda negli ultimi anni è infatti merito di Fabio De’Longhi, figlio del fondatore e presidente Giuseppe De’Longhi. Classe 1967, laureato in Economia aziendale presso l’Università Bocconi di Milano, da giovane condivideva il sogno di molti bambini italiani: diventare un calciatore, o forse un campione di sci. Più pragmaticamente, si è unito all’azienda di famiglia quando le dimensioni erano ancora contenute, ricoprendo diverse cariche all’interno della direzione commerciale e marketing, sia in Italia sia all’estero. Si è così fatto le ossa in vista dell’espansione del gruppo nel corso degli anni: una crescita organica, dovuta alla forza del design made in Italy e al boom del mercato delle macchine da caffè a livello globale, ma anche legata all’acquisizione dei marchi Kenwood nel 2001 e Braun nel 2012. In più occasioni, Fabio De’Longhi si è detto convinto che il successo del gruppo sia legato proprio alla sua capacità di combinare la forza di un’azienda famigliare con il dinamismo e la competitività di una grande società quotata. Ne è riprova anche il fatto di aver condotto a termine con successo delle operazioni tradizionalmente difficili per le aziende, come appunto l’integrazione di marchi esterni nel portafoglio del gruppo.

U

HTTP://WWW.DELONGHI.COM/IT-IT

ROBERTO CINGOLANI

DAVIDE DATTOLI

FRANCESCO SAURO

COSA: ROBOT

COSA: NETWORK DI COWORKING

COSA: SPELEOLOGO ESTREMO

AFFILIAZIONE: DIRETTORE SCIENTIFICO

AFFILIAZIONE: TALENT GARDEN

AFFILIAZIONE: TIME 10

ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT)

ANNI: 25

NEXT GENERATION LEADERS

ANNI: 54

Davide Dattoli è il fondatore di Talent Garden: uno spazio di coworking nato a Brescia e cresciuto sino a divenire il più grande network in Europa, con 1.500 professionisti ospitati in 17 campus in 5 Paesi europei. Ha recentemente concluso un round di finanziamenti record da 12 milioni di euro.

ANNI: 31

Sotto la guida del direttore scientifico Roberto Cingolani, l’Iit ha recentemente creato il robot umanoide R1: un aiutante tuttofare e a basso costo. Cingolani è tra i vati del digitale e dell’istruzione tecnica in Italia. Ha vinto a fine 2015 il Premio Roma per la Scienza proprio in virtù del suo ruolo presso l’Iit. HTTPS://WWW.IIT.IT

SIMONE COLOMBO

Non è da tutti conquistare la copertina del Time per la nomina tra i 10 giovani innovatori mondiali. Se la sono meritata le imprese di Francesco Sauro, 31 anni, speleologo che ha esplorato le grotte più antiche del pianeta tra il Rio delle Amazzoni e il fiume Orinoco. Il prossimo passo? Insegnare agli astronauti come sopravvivere in ambienti estremi.

COSA: DESIGNER 3D

HTTP://LABISSO.BLOGSPOT.IT/

HTTP://TALENTGARDEN.ORG/

GIOVANNI AZZONE

AFFILIAZIONE: FORMALIZ3D

COSA: PIANO CASA ITALIA

ANNI: 27

STEFANIA BOROLI

AFFILIAZIONE: RETTORE DEL POLITECNICO

Inserito da Forbes nella classifica dei “30 under 30”, Simone Colombo è un giovane designer e cofondatore insieme a Matteo Meraldi (25 anni) di Formaliz3d, start-up dedicata allo sviluppo di prodotti di design nel settore dell’illuminazione. Ha partecipato a diverse mostre, tra cui le Milan Design Week 2014 e 2015.

COSA: PRIVATE EQUITY FOOD&WINE

DI MILANO ANNI: 54

In prima linea contro il terremoto. Giovanni Azzone, dal 2010 rettore del Politecnico di Milano, è il coordinatore del progetto “Casa Italia”, per la messa in sicurezza del territorio (dalla mappatura agli interventi edili) dopo il recente sisma nell’Italia Centrale. Dallo scorso maggio è anche membro del CdA di Poste Italiane. HTTP://WWW.POLIMI.IT/

HTTP://WWW.FORMALIZ3D.COM/

MARCO MORINI

AFFILIAZIONE: IDEA CAPITAL FUNDS ANNI: 29

Stefania Boroli è l’investment manager di Idea Taste of Italy, un fondo di private equity che investe in un numero ristretto di Pmi italiane specializzate in ambito enogastronomico. Società private a conduzione famigliare, non quotate, che hanno bisogno di raccogliere capitale per crescere. HTTP://IDEASGR.COM/

COSA: VETROMATTONI SOLARI AFFILIAZIONE: SBSKIN

YURI PALMA

ERNESTO CIORRA

ANNI: 28

COSA: VIDEO IN 8K

COSA: MOBILITÀ ELETTRICA IN ITALIA

Marco Morini è cofounder insieme a Rossella Corrao e Luisa Pastore di Sbskin, start-up attiva nel settore dell’edilizia green. Ha ideato dei “vetromattoni”, isolanti e fotovoltaici, per realizzare edifici ad alta efficienza energetica. I pannelli sono traslucidi e disponibili in diversi colori, coniugando innovazione e design.

AFFILIAZIONE: YOUTUBE

AFFILIAZIONE: DIRETTORE INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ ENEL ANNI: 45

L’uomo al timone della “rivoluzione elettrica” della mobilità italiana è Ernesto Ciorra. Il direttore innovazione e sostenibilità di Enel sta lavorando con il governo per installare 180 colonnine di ricarica per auto elettriche su tutto il territorio nazionale. Ma l’innovazione di Ciorra passa anche per le partnership università e start-up. HTTP://SERVIZI.ENEL.COM/IT-IT/ENEL_ FOUNDATION/ABOUT_US/GOVERNANCE/BOARD/ CIORRA/

HTTP://WWW.SBSKIN.IT/

ANNI: 17

Per girare un video in ultra-definizione non basta avere la giusta apparecchiatura. Servono anche talento e passione. Yuri Palma è stato il primo videomaker in Italia a realizzare un documentario in 8k, a soli 17 anni. Il suo canale YouTube conta più di 2.300 iscritti. HTTPS://WWW.YOUTUBE.COM/YURIPALMA


CATEGORIA

BIG COMPANY 1°

ENEL AD: FRANCESCO STARACE COSA: ENERGIA SEDE: ROMA FONDAZIONE: 1962

CLASSIFICATO

hi ha detto che le big company italiane debbano sempre restare uguali a se stesse? Tra corsa al digitale e boom delle rinnovabili, un gruppo storico come Enel sta attraversando una fase di profonda innovazione. Molti spunti sono anticipati nel piano strategico 2017-2019 che è stato presentato a fine novembre dinanzi agli azionisti e agli operatori di mercato riuniti a Londra. Dopo una semestrale che vede ricavi per 34,15 miliardi di euro a giugno 2016, le stime fornite nel piano prevedono un utile ordinario in crescita graduale da 3,2 miliardi nel 2016 sino a 4,7 miliardi nel 2019. In tutto verranno stanziati 21 miliardi di euro di investimenti nell’arco del triennio, di cui il 40% legati alla manutenzione delle reti, e il 60% alla crescita e sviluppo – incluse attività di generazione da fonti rinnovabili e termoelettriche. Più nel dettaglio, la digitalizzazione di asset, clienti e forza lavoro spingerà la crescita degli investimenti sia sulle reti sia sul retail, tramite l’implementazione e la diffusione di contatori intelligenti, controllo da remoto, connettività dei sistemi. In ballo per Enel ci sono tagli importanti ai costi operativi e nuove opportunità di crescita. Il secondo ambito di innovazione risiede nel boom delle rinnovabili. La crescita su questo fronte è stata enorme negli ultimi anni. Oggi, il gruppo può contare su una capacità produttiva di 36 GW a livello globale, diversificata tra le diverse tecnologie e fonti rinnovabili.

C

HTTPS://WWW.ENEL.IT/IT.HTML

BREMBO

LEONARDO-FINMECCANICA

PRADA

AD: ANDREA ABBATI MARESCOTTI

AD: MAURO MORETTI

AD: MIUCCIA PRADA, PATRIZIO BERTELLI

COSA: IMPIANTI FRENANTI

COSA: PRODOTTI HI-TECH PER SETTORI

COSA: MODA

SEDE: CURNO (BG)

DELL’AEROSPAZIO, DELLA DIFESA E DELLA

SEDE: MILANO

FONDAZIONE: 1961

SICUREZZA

FONDAZIONE: 1913

Brembo è un colosso industriale italiano quotato in Borsa e specializzato in impianti frenanti. Ha chiuso il primo semestre 2016 con 1,14 miliardi di ricavi, 226,5 milioni di margine operativo lordo e 1,26 milioni di fan su Facebook. Sta sperimentando l’industria “4.0”: digitale, connessa al web, con una catena di montaggio hi-tech.

SEDE: ROMA

Il futuro di Prada è digitale e online. Il gruppo di moda, che ha chiuso il primo semestre con fatturato pari 1,54 miliardi, ha in programma l’estensione della piattaforma e-commerce per raggiungere una copertura globale entro 2 anni e, viceversa, l’abbandono di mercati non strategici per quanto riguarda i punti vendita tradizionali.

FONDAZIONE: 1948

ENI

Da Finmeccanica a Leonardo. Il cambio di marchio, che si accompagna a una trasformazione da holding finanziaria a realtà industriale operativa, è storico. Ogni riferimento a Da Vinci non è casuale, per il gruppo attivo nell’aerospaziale, difesa e sicurezza. Presenza in 15 Paesi, 47mila dipendenti, ricavi per 5,41 miliardi di euro nel primo semestre 2016.

AD: CLAUDIO DESCALZI

HTTPS://WWW.LEONARDOCOMPANY.COM/

HTTPS://WWW.BREMBO.COM/IT

COSA: ENERGIA

HTTPS://WWW.PRADA.COM/IT.HTML

PRYSMIAN AD: VALERIO BATTISTA COSA: CAVI ELETTRICI E PER

SEDE: ROMA

LUXOTTICA

TELECOMUNICAZIONI

FONDAZIONE: 1953

AD: MASSIMO VIAN

SEDE: MILANO

L’Ente Nazionale Idrocarburi fondato da Enrico Mattei nel 1953 è oggi una società per azioni presente in 90 Paesi con 80mila dipendenti e 370mila follower su Linkedin. Ha un risultato operativo adjusted pari a 0,77 miliardi di euro nel primo semestre 2016. Recentissima la notizia dell’accordo con General Electric per generare elettricità rinnovabile su larga scala.

COSA: OCCHIALI

FONDAZIONE: 1879

SEDE: MILANO

Prysmian è tra i più grandi gruppi globali attivi nella produzione di cavi per l’energia e le telecomunicazioni. Nel 2015 ha firmato contratti per cavi sottomarini per 1 miliardo di dollari; nei primi 6 mesi registra ricavi per 3,78 miliardi di euro. Tra le principali direttrici di crescita vi sono le rinnovabili e le fibre ottiche.

HTTPS://WWW.ENI.COM/

DE’LONGHI

FONDAZIONE: 1961

Il design degli occhiali made in Italy esportato con successo in 130 Paesi nel mondo. Luxottica ha registrato nel primo semestre dell’anno vendite nette per 4,72 miliardi di euro. Recentemente, il presidente Leonardo Del Vecchio ha individuato le priorità del gruppo: marketing digitale e innovazione delle catene retail.

HTTPS://IT.PRYSMIANGROUP.COM/IT/ INDEX.HTML

HTTP://WWW.LUXOTTICA.COM/

MONCLER

AD: FABIO DE’LONGHI COSA: PICCOLI ELETTRODOMESTICI

STMICROELECTRONICS

AD: REMO RUFFINI

SEDE: TREVISO

AD: CARLO BOZOTTI

COSA: MODA

FONDAZIONE: 1902

COSA: SEMICONDUTTORI

SEDE: MILANO

Gruppo specializzato nella produzione di piccoli elettrodomestici, presente in 33 Paesi al mondo con un fatturato di 1,9 miliardi di euro e un’Ebitda di 285 milioni al primo semestre 2016. Molte le novità in pentola: dalla partnership con Nespresso per la distribuzione in Svizzera e Usa sino al rilancio del marchio Braun negli Stati Uniti.

SEDE: GINEVRA

FONDAZIONE: 1952

FONDAZIONE: 1987

L’azienda di outwear ha chiuso il primo semestre del 2016 con ricavi per 346,5 milioni di euro. Moncler, che da tempo ha un rapporto diretto con blogger e follower social, punta sempre più verso l’innovazione. Recente l’accordo con Ibm per l’analisi dei big data, così da approfondire la conoscenza di clienti e influencer.

HTTPS://WWW.DELONGHI.COM/IT-IT

St produce semiconduttori destinati a ogni genere di utilizzo, sino a quelli più innovativi dello smart driving e dell’Internet of things. Potrebbe presto introdurre in Italia il taglio di silicio da 12 pollici, la nuova frontiera dei microchip. Nel primo semestre del 2016 ha registrato 3,3 miliardi di dollari di fatturato netto. HTTP://WWW.ST.COM/

HTTP://WWW.MONCLER.COM/


CATEGORIA

START-UP 1°

REDOOC RESPONSABILI: CHIARA BURBERI, NICCOLÒ AMENDOLA COSA: EDTECH (EDUCATION TECHNOLOGY) SEDE: MILANO FONDAZIONE: 2013

CLASSIFICATO

atematica, algebra e geometria: la trinità delle materie più temute da molti studenti delle scuole medie e superiori (per tacer degli universitari). Per superare la paura ci vuole un allenamento costante e onnicomprensivo, ed è qui che arriva Redooc. La piattaforma online si presenta come “la palestra della matematica più grande d’Italia”, con 1.000 videolezioni e 10mila esercizi svolti per coprire tutto il programma dell’istruzione italiana dalle medie alla laurea. Il progetto è stato realizzato dai ragazzi di StarRock, una delle 10 start-up premiate al Salone del Libro 2015 nell’ambito del bando internazionale “book to the future”. Le tariffe sono democratiche, e costano decisamente meno rispetto a qualche lezione di ripetizione: tra i 9 e i 10 euro al mese circa. Anche se le materie sono decisamente serie, l’impostazione di Redooc è ludica e scanzonata, con giochi e programmi interattivi mobile in grado di catturare anche le nuove generazioni, abituate più a smanettare con iPad e cellulari che non a sudare su carta, penna e calcolatrice. La piattaforma si accompagna alla collana di libri Gauss Party!, che i fondatori di Redooc definiscono come “la collana di racconti quasi matematici meno seria che ci sia”. Avvertenze per l’uso: adatta a ragazzi dai 10 ai 90 anni.

M

HTTP://REDOOC.COM/

MOSAICOON

GINEVRA RESEARCH

PEDIUS

RESPONSABILE: UGO PARODI GIUSINO

RESPONSABILE: BTO RESEARCH

RESPONSABILE: LORENZO DI CIACCIO

FONDAZIONE: 2010

FONDAZIONE: 2016

FONDAZIONE: 2013

SEDE: PALERMO

SEDE: MILANO

SEDE: ROMA

Mosaicoon è una piattaforma di “sharing entertainment” ove le aziende trovano professionisti per realizzare video pubblicitari virali. Nel 2016 è stata nominata società più innovativa d’Europa agli International Business Awards e ha raccolto finanziamenti per 8 milioni di euro.

Ginevra è più che un semplice database di tesi, paper, presentazioni e altri documenti scientifici. È una piattaforma che si propone di trasformare le informazioni e i big data in risposte utili e comprensibili alle domande specifiche di aziende, università e accademici, grazie al lavoro di un team di ricercatori specializzati.

Così le persone sorde possono effettuare chiamate via smartphone. La app Pedius sfrutta sistemi di riconoscimento e sintesi vocale per permettere agli utenti di scrivere messaggi testuali e convertirli in messaggi vocali pronunciati da una voce artificiale; o, viceversa, ricevere telefonate normali e

HTTP://WWW.GINEVRARESEARCH.COM/INDEX.

visualizzarle in tempo reale come messaggi scritti.

PHP/EN/

HTTP://WWW.PEDIUS.ORG/

FONDAZIONE: 2014

ENERGICA MOTOR COMPANY

SOUNDREEF

SEDE: COLONNELLA (TE)

AD: LIVIA CEVOLINI

AD: DAVIDE D’ATRI

Carrozzerie per auto da corsa e altre parti strutturali per applicazioni hi-end, realizzate interamente in fibra di carbonio. Una start-up che vanta un team d’ingegneri con 30 anni di esperienza nel settore. Obiettivo: realizzare prodotti all’avanguardia, con performance elevate.

FONDAZIONE: 2014

FONDAZIONE: 2011

SEDE: MODENA

SEDE: ROMA

Passerà alla storia come la prima start-up a

CIVITANAVI SYSTEM

Le superbike elettriche parlano italiano. Energica Motor Company, costola del gruppo industriale Crp, ha lanciato tre modelli di moto elettriche sportive sul mercato che uniscono design italiano e alta tecnologia: motori sincroni a magneti permanenti raffreddati a olio, componentistica ed elettronica top di gamma.

CEO: ANDREA PIZZARULLI

HTTP://WWW.ENERGICAMOTOR.COM/IT/

HTTP://WWW.SOUNDREEF.COM/

SEDE: PEDASO (FM)

WHATWAPP

RO TECHNOLOGY

Tra le startup milionarie d’Italia c’è la marchigiana Civitanavi System, società che sviluppa e produce sistemi di navigazione inerziale e sistemi di stabilizzazione per l’industria aerospaziale, delle trivellazioni e per applicazioni militari. Dal 2012 è partecipata da Fondazione Marche con un investimento iniziale di 200mila euro.

FONDATORI: ALESSANDRO LACROCE E

RESPONSABILE: RODOLFO GRIMANI

MARTINA GIANFREDA

FONDAZIONE: 2011

FONDAZIONE: 2013

SEDE: ROMA

SEDE: MILANO

Start-up hi-tech attiva su moltissimi fronti: produce transponder e software per i settori aerospaziale e della difesa, sistemi di rilevazione e tracciamento per smart city, bike sharing e Internet of things, sistemi di diagnostica e monitoraggio del web, e l’app Tomorrow’s Flight, una piattaforma che permette di massimizzare i passeggeri dei voli business.

HTTPS://MOSAICOON.COM/

ARS TECH GENERAL MANAGER: PIERO CONSORTI

HTTP://WWW.ARS-TECH.COM/

fare concorrenza alla Siae. Soundreef nasce dopo che una decisione della Commissione Europea del 2008 ha aperto le porte a società di gestione dei diritti d’autore indipendenti e alternative a quelle tradizionali. Oggi gestisce 150mila brani e 8mila utenti iscritti in Italia.

FONDAZIONE: 2012

HTTP://WWW.CIVITANAVI.COM/

Una start-up vitale e dinamica prova che qualcosa si muove nel settore italiano dei videogiochi. In questo caso parliamo di game per smartphone e tablet con sistemi operativi iOs e Android, spesso ispirati ai grandi classici delle carte come burraco, briscola, tressette e blackjack. Spesso ai vertici delle classifiche dei download nei rispettivi store e categorie. HTTP://WHATWAPP.COM/

HTTP://WWW.ROTECHNOLOGY.IT/


CATEGORIA

PMI 1°

CARBOTECH RESPONSABILE: LORENZO DATTOLI COSA: SPAZZOLE IN GRAFITE SEDE: MARTINSICURO (TE) FONDAZIONE: 2002, INDIPENDENTE DAL 2009

CLASSIFICATO

a Carbotech ha una storia articolata e coraggiosa. Nata nel 2002 come piccola realtà italiana, era stata subito acquisita dalla Energy Convertion System, società statunitense in cerca di opportunità al di qua dell’oceano per delocalizzare la produzione di spazzole elettriche per motori. La rete commerciale messa in piedi dagli Usa, però, era men che efficiente e l’azienda navigava in brutte acque. Nel 2009, il direttore generale Lorenzo Dattoli, che non aveva mai smesso di credere nelle potenzialità dell’azienda, decise di riacquistarla tramite un’operazione di management buyout, rendendola nuovamente indipendente. Nel 2015, Carbotech è stata annoverata nel registro delle Pmi innovative d’Italia. La società brevetta e produce spazzole in grafite, metalgrafite ed elettrografite per motori di avviamento, alternatori, alzacristalli e altre applicazioni industriali e domestiche: prodotti all’avanguardia, efficienti in termini di costi e durata.Oggi Carbotech conta clienti tra le grandi multinazionali quali Bosch, Bmw e Mercedes-Benz. Il fatturato si aggira intorno ai 15 milioni di euro, ma Dattoli punta a raggiungere i 20 milioni entro 3 anni, anche tramite una joint venture con la società indiana Cbc e l’apertura di un sito produttivo in Serbia.

L

HTTP://WWW.CARBOTECH.IT/

FELM

DIGITOUCH

AXXAM

RESPONSABILE: MATTEO COLOMBO

PRESIDENTE CDA: SIMONE RANUCCI

RESPONSABILE: STEFAN LOHMER

COSA: MOTORI ELETTRICI TRIFASE

BRANDIMARTE

COSA: PARTNER PER LE ATTIVITÀ DI

SEDE: INVERUNO (MI)

COSA: DIGITAL MARKETING

RICERCA BIOMEDICHE

FONDAZIONE: 1960

SEDE: MILANO

SEDE: BRESSO (MI)

Una delle prime imprese italiane a delocalizzare la produzione in Cina negli anni ’80, è stata anche tra le prime a riportare le attività in patria per puntare sulla qualità del made in Italy. Una qualità indispensabile per realizzare i motori elettrici ad alta potenza per cui Felm è nota.

FONDAZIONE: 2007

FONDAZIONE: 2001

Il gruppo DigiTouch è uno dei principali player indipendenti italiani attivo nel digital marketing. Conta quasi 100 dipendenti ed è quotato sul mercato AIM Italia dal 16 marzo 2015. Il gruppo include oggi quattro agenzie, un agency trading desk, una piattaforma di mobile data profiling e due siti dedicati a mutui e auto.

Axxam è nata nel 2001 come spinoff di Bayer Group, specializzandosi nello sviluppo di servizi di ricerca per l’intero settore delle scienze della vita, dalla farmaceutica alla cosmetica e nutrizione. Offre piattaforme di biologia molecolare, sviluppo di saggi, fornitura di reagenti, gestione composti chimici e altro ancora.

HTTP://WWW.DIGITOUCH.IT/

HTTP://WWW.AXXAM.COM/

COSA: STRUMENTI TECNOLOGICI E

ATHONET

BITRON

SOLUZIONI SOFTWARE B2B

FONDATORI: KARIM EL MALKI E GIANLUCA

RESPONSABILE: GIOVANNI BIANCO

SEDE: CESENA (FC)

VERIN

COSA: MECCATRONICA

FONDAZIONE: 2002

COSA: RETI MOBILI PER LE ZONE RURALI

SEDE: GRUGLIASCO (TO)

Nata come piccola software house, eResult è oggi una società di Ict attiva a livello internazionale. Fornisce soluzioni tecnologiche per ottimizzare la capacità produttiva e gestionale di aziende, enti pubblici e privati, università italiane ed europee. Dal 2011 si è dotata di un centro di R&S accreditato dal Miur.

SEDI: BOLZANO VICENTINO (VI), TRIESTE

FONDAZIONE: 1955

FONDAZIONE: 2004

Ha restituito il web wi-fi all’Emilia dopo il terremoto del 2012. Vuole portare la banda larga low-cost nelle zone rurali degli Usa e nei Paesi in via di sviluppo. Athonet è una Pmi italiana che sviluppa reti mobili da utilizzare ovunque, anche dove mancano le infrastrutture.

Bitron è una società attiva nella produzione di dispositivi di meccatronica per i settori automotive, sanitario, degli elettrodomestici e del riscaldamento. Conta 775 milioni di euro di vendite e più di 5.300 impiegati, di cui 500 dedicati alle attività di R&S, in 13 impianti manifatturieri e sedi commerciali internazionali.

HTTP://WWW.ATHONET.COM/ATHONET/

HTTP://WWW.BITRON.NET/

RESPONSABILE: ANDREA ACITO

OSAI

MG2

COSA: SOLUZIONI TECNOLOGICHE

RESPONSABILE: GRAZIANO SETTIME

RESPONSABILE: ERNESTO GAMBERINI

SEDE: MATERA

COSA: AUTOMAZIONE DEI PROCESSI

COSA: MACCHINE PER IL CONFEZIONAMENTO

FONDAZIONE: 2001

INDUSTRIALI

DI FARMACI

Digimat è una società che sviluppa servizi e soluzioni tecnologici in settori molto specifici, quali il processamento algoritmico di dati radar e ottici da piattaforme satellitari, l’implementazione di database georeferenziati, la progettazione di sistemi di comunicazione unificata, le applicazioni per la sanità pubblica e privata.

SEDE: PARELLA (TO)

SEDE: PIANORO (BO)

FONDAZIONE: 1991

FONDAZIONE: 1966

Osai sviluppa soluzioni di automazione industriale che rendono i mezzi di produzione competitivi rispetto alla delocalizzazione verso aree di manodopera a basso costo. Oggi conta più di 100 dipendenti, esportazioni superiori al 70% del fatturato e 3 filiali estere tra Germania, Cina e Usa.

Il primo prototipo ideato da Ernesto Gamberini nel 1966 era in grado di riempire 36mila capsule di farmaci all’ora, contro il precedente record di 25mila. Oggi MG2 produce macchine che preparano fino a 250mila capsule l’ora. Tutto in Italia: l’esperimento di delocalizzazione cinese ha avuto vita breve per gli standard produttivi.

HTTP://WWW.FELM.IT/IT/

ERESULT CEO: MARCO PISTOLA

HTTP://WWW.ERESULT.IT/IT-IT/

DIGIMAT

HTTP://WWW.DIGIMAT.IT/

HTTP://OSAI-AS.COM/

HTTP://WWW.MG2.IT/





I L A R I A

J O I

P A O L O

A L

V I T T O R I O

CAPUA

IT¯ O

NESPOLI

GORE

STORARO

LA VERITÀ È CHE, SE DOVESTE SCEGLIERE UN’EPOCA DELLA STORIA UMANA NELLA QUALE VIVERE, SCEGLIERESTE QUESTA. PROPRIO QUI, ADESSO. BARACK OBAMA

.


S H E R Y L

G I O R G I O

A N D R É

J A N

SANDBERG

CHIELLINI

BORSCHBERG

FABRE


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