S A T Y A
S A M A N T H A
K E R R Y
V I N C E N Z O
NADELLA
CRISTOFORETTI
KENNEDY
BALZANI
APPENA RIUSCIREMO A VOLARE DA UN PIANETA ALL’ALTRO IN POCO TEMPO, È INEVITABILE, IMMAGINEREMO E COSTRUIREMO IL NOSTRO MONDO IN MODI RADICALMENTE DIVERSI DA QUELLI ATTUALI. PAO LO N E S P O LI
PREFAZIONE
W I R E D
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I N V E R N O
16 / 17
FEDERICO FERRAZZA DIRETTORE DI WIRED
e elezioni presidenziali negli Stati Uniti, vinte da Donald Trump, hanno generato un dibattito attorno alle domande: «I social network ci fanno vivere in bolle mediatiche frequentate solo da chi ha idee simili alle nostre?» e «Queste bolle alterano la nostra percezione della realtà?». I due quesiti hanno aperto una discussione sull’attuale scarsa capacità predittiva degli eventi, manifestata – nel caso della vittoria di Trump – dai sondaggi e dalla maggior parte degli articoli dei giornali, che pronosticavano un’affermazione (quasi) certa della candidata democratica Hillary Clinton. In realtà la questione è molto più ampia. E riguarda non solo i social media, ma l’intero sistema che contribuisce alla comprensione e alla lettura del mondo da parte dei cittadini. Paul Dolan, professore di Scienze comportamentali alla London School of Economics and Political Science, ha studiato la questione, concludendo che l’umore e la fiducia nel futuro delle persone sono condizionati da singoli eventi che, seppur di grande impatto mediatico, si devono considerare effimeri rispetto a trend molto più grandi. Se infatti dicessimo che «il mondo sta meglio rispetto a vent’anni fa», solo una minoranza crederebbe a questa affermazione. Eppure le cose stanno proprio così. Lo dicono i numeri su scala mondiale. Prendiamo quelli sull’indigenza. Nel 1970 il 60% delle persone viveva sotto la soglia di povertà, nel 2015 il dato è sceso al 9,6%. In numeri assoluti siamo passati da 2,2 miliardi a 700 milioni. Altri trend positivi sono quelli sulla salute. L’aspettativa di vita nel 1950 era di 48 anni, mentre oggi è di oltre 71; nel 1960 ogni mille bambini nati, 181 morivano prima dei cinque anni, nel 2015 siamo intorno a 45. Anche per la scolarizzazione si è registrato un miglioramento: 65 anni fa gli analfabeti erano il 64%, oggi non superano il 15%. Di dati simili se ne possono citare molti: da una decrescita, dal 1960 in poi, del numero di omicidi e di attentati terroristici (sì, anche quelli sono di meno: negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso furono più frequenti e uccisero più persone degli ultimi 20 anni), fino a un incremento della tutela dei diritti umani. Nonostante questo, la percezione (sbagliata) che si ha dell’epoca che stiamo vivendo è quella di un periodo di declino. Si spiegano così fenomeni come la Brexit o l’elezione di Trump: in entrambi i casi le persone hanno mostrato un disagio e una forte richiesta di cambiamento. Ma allora perché, anche se il mondo va meglio, ci sembra che vada peggio? Le spiegazioni sono due. Una è nella natura dei cambiamenti. Quelli positivi sono caratterizzati da trend lenti e costanti, non correlati a fatti eclatanti (attentati terroristici, tsunami e così via). Difficilmente quindi trovano spazio nella discussione pubblica, sia essa sui giornali, sui social media, in famiglia o al bar tra amici. La seconda spiegazione è di Martin Seligman, professore di Psicologia all’università della Pennsylvania. Seligman mette in relazione la fiducia nel presente e nel futuro con il controllo. In altre parole, è probabile che si sia positivi sulla nostra vita (non ci ammaleremo di cancro anche se fumiamo, non moriremo in auto anche superando i limiti di velocità) ma meno sul destino della società, perché fuori dal nostro controllo individuale. E i tempi che stiamo vivendo non sono certo controllabili. Le forti spinte che arrivano dall’innovazione (robotica, intelligenza artificiale, genetica, medicina, energie pulite, stampa 3D) stanno cambiando i paradigmi della nostra società che – anche se in condizioni migliori rispetto a qualche decennio fa – ci sembra fuori controllo e dunque in declino. Ma non è così. Per questo abbiamo voluto dedicare Wired di dicembre alle “buone notizie” e ai loro ambasciatori; li abbiamo chiamati eroi, persone che con l’innovazione ci ricordano ogni giorno che il mondo è migliore di ieri. È il caso di Beatrice Vio, detta Bebe, la campionessa di scherma, protagonista della nostra copertina. A 11 anni è stata colpita da una malattia che uccide nel 97% dei casi. L’avrebbe potuta evitare con una vaccinazione in più. Ovvero grazie alla ricerca scientifica. Oggi Vio – per merito della tecnologia ma soprattutto della sua forza interiore – è diventata campionessa paralimpica. Le storie che troverete in questo numero non rappresentano un atto di stupido ottimismo, ma un altro racconto del mondo. Quello fatto di tante persone, più o meno famose, che ci permettono di vivere su un pianeta migliore. Anche se a volte non ce ne rendiamo conto.
L
6
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PER NESPRESSO
SOSTENIBILE E DI QUALITÀ: L’INNOVAZIONE IN UNA TAZZINA *VZH ]\VS KPYL ILYL \U JHMMu KP JH[LNVYPH (((& *OL P JOPJJOP WYV]LUNVUV KH JVS[P]HaPVUP ZVZ[LUPIPSP L JOL [\[[V PS WYVJLZZV WYVK\[[P]V u LMÄJPLU[L 7LY YHNNP\UNLYL X\LZ[V VIPL[[P]V 5LZWYLZZV OH YLHSPaaH[V PS WYVNYHTTH ;OL 7VZP[P]L *\W
100% DEL CAFFÈ OTTENUTO DA COLTIVAZIONI SOSTENIBILI
ATTIVITÀ 100% EFFICIENTI IN TERMINI DI EMISSIONI DI CARBONIO ALLUMINIO TRATTATO IN MANIERA SOSTENIBILE
+ QUALITÀ
delle varietà coltivate e della vita dei coltivatori
+ SOSTENIBILITÀ
diminuisce l’impronta ecologica grazie a una NLZ[PVUL ZVZ[LUPIPSL S\UNV [\[[H SH ÄSPLYH WYVK\[[P]H
+ VALORE CONDIVISO
IL RICICLO DELLE CAPSULE IN ITALIA
88 punti di raccolta
separazione alluminio e caffè
riciclo alluminio
caffè trasformato in compost biologico per le risaie
formazione e investimenti diretti ai coltivatori
riso donato a Banco Alimentare della Lombardia
INDEX
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I N V E R N O
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I N D I C E
PREFAZIONE
0
005
PROLOGO
A R T: FELIX PETRUŠK A
BARACK OBAMA
Disegnat ore e illust r at ore, vive a Milano ed è appassionat o
COME DI
FARE MO PIÙ
E
A
0 17
4 4° president e degli St ati Uniti
di ani m azione e c art oon
1
VIVERE
MEGLIO?
Nat o a Pordenone nel 1987, già
BEBE VIO
T E S T O R A C C O LT O D A:
assist ent e di David LaChapelle,
C am pionessa par ali m pic a
GABRIELE LIPPI
lavor a fr a Milano e Venezia
di fi orett o
F O T O : MAT TIA BAL SAMINI
F O T O : ALE XEY K ASHPERSK Y
ILARIA CAPUA
Ucr aino, 30 anni, è aut ore di com put er gr aphics
Vi rologa ed ex deput at a
e scult ore 3D
RICCARDO SABATINI Scienziat o e i m prendit ore
030
T E S T O : SILVIA BENCIVELLI
Giornalist a scientifi c a, aut rice tv e condutt rice
036
r adiofonic a
T E S T O R A C C O LT O D A:
MARCO COSENZ A
KERRY KENNEDY
042
048
Scritt rice e attivist a
COME LE
AC C E L E R AT O R E D I PA R T I C E L L E C O N T R O I L C A N C R O
050
SHOCK AND KILL
T E R A P I A AVA N Z ATA C O N T R O L’A I D S
051
ZAL MOXIS
“ G E N E S U I C I DA” C O N T R O L E U C E M I A E T U M O R I
052
JU STMILK
T E T TA R E L L A P E R L A S O M M I N I S T R A Z I O N E D I M E D I C I N A L I
053
SOFT EXOSUIT
T U TA E S O S C H E L E T R O P E R C H I H A P R O B L E M I M O T O R I
054
N A N O P AT C H
C E R O T T O P E R VAC C I N A Z I O N E A N T I P O L I O M I E L I T E
055
2
LIBERARE
ENERGIE
NUOVE
A DROTE R APIA
DELLE
GENERAZIONI?
F O T O : MARIA JOSE GOVE A
Deejay e fot ogr afa canadese, è aut rice del progett o artistico e music ale TheSuper M aniak
A R T: T YLER SPANGLER
Illust r at ore e visual artist c aliforniano, crea opere surreali part endo da vecchie fot o
BJÖRK Musicist a islandese
SHERYL SANDBERG Numero due di Facebook
T E S T O R A C C O LT O D A:
MICHELE PRIMI
062
068
A R T: DA AN BOTLEK
072
T E S T O R A C C O LT O D A:
MICHELE PRIMI
GIORGIO CHIELLINI
A rtist a di st r ada e illust r at ore
C alciat ore della Juvent us
per le fi gure mur ali ispi r at e
di Rott erdam, è celebre a Keit h Haring
T E S T O : MEL ANIA ROSSI
076
Scritt rice e cur at rice
JAN FABRE
d'art e cont em por anea
A rtist a visivo e coreogr afo
F O T O : PL ATON
082
Londinese, classe '68,
SATYA NADELLA
è uno dei rit r attisti più
Ceo di Microsoft
quot ati al mondo
084
AN IMA ZI O N E TRID IM E N S I O NALE PE R G I O C AT TO LI
KODAMA
085
ETI CH ET TE B I O R E AT TIVE PE R L A S C AD E NZ A D E I CIB I
BUMP MARK
086
TAN I C A D I S EG NAL A ZI O N E PE R M IN E ANTI U O M O
BIBAK
087
RIFU G I O P O RTATILE E PIEG H E VO LE PE R S E NZ ATET TO
S AT E L L I T E S H E LT E R
088
PRO D UZI O N E D I ACQ UA P OTAB ILE , E N E RG IA , INTE R N ET
W AT LY
089
S TRU M E NTI AVANZ ATI PE R CIECH I E IP OVE D E NTI
T E L E TAT T O E A LT R I
3 094
104
T E S T O : SCOT T DADICH
Di rett ore di Wi red Us
T E S T O R A C C O LT O D A:
ROSA MAIUCC ARO
PERCHÉ CI
TECNOLOGIA MIGLIORI?
B A R A C K O B A M A / J O¯ I I T O¯
Fot ogiornalist a c aliforniano,
F O T O : DAN WINTERS
Colloquio fr a l’ex president e
è celebre per i rit r atti
degli Usa e il di rett ore del Mit
di g r andi personalit à
VITTORIO STORARO
È lo pseudoni mo sott o cui si
Di rett ore della fot ogr a fi a,
nasconde un artist a di M adrid
vincit ore di t re prem i Osc ar
specializzat o in collage
A R T: EL SEÑOR GARCIA
ELON MUSK
110
LA
RENDERÀ
F O T O:
DAN WINTERS
Fondat ore di Tesla Mot ors e SpaceX
MARK ZUCKERBERG
116
Ceo di Facebook
118
EVOLUZIONE DEI DRONI
D E L FA C O P T E R E A LT R I
119
COMPOSTO SINTETICO PER OSSA IPEREL ASTICHE
HYPERELASTIC BONE
120
DISPOSITIVO DI GESTIONE DELLE I. A .
ME M RISTORE
121
RIVOLUZIONE TECNOLOGIC A NEL PORTO DI LIVORNO
I N N O VAT I O N S E R V I C E C E N T E R
4
RIUSCIREMO
A
UN
PIÙ
PIANETA
VIVERE
Giornalist a di Wi red Us
AL GORE
F O T O:
espert a di politic a
E x vice president e Usa
DAN WINTERS
e affari int erni
e Nobel per la pace
T E S T O : ISSIE L APOWSK Y
126
SU
PULITO?
F O T O : REUBEN WU
VINCENZO BALZANI
Inglese, 41 anni, fot ogr afo, violinist a classico e membro
132
Accadem ico dei Lincei
della band Ladyt ron
ANDRÉ BORSCHBERG
T E S T O R A C C O LT O D A:
FEDERICO BONA
Pilot a di Solar Impulse
DOVE UN
OZONOSFERA
NEL 2050 IL BUCO NELL’OZONO SI SAR À CHIUSO
144
A N E M O T E C H T H E B R E AT H
TENDE IN TESSUTO MULTISTR ATO ANTINQUINAMENTO
146
W AT E R G E N
IMPIANTO DI ESTR A ZIONE DELL’ACQUA DALL’ARIA
1 47
GREEN4ALL
SERRE ECOLOGICHE PENSILI
148
GROBOMAC
MACCHINE AGRICOLE 3D PER PAESI IN VIA DI SVILUPPO
1 49
MUSKIN
FUNGO PAR ASSITA CHE DIVENTA ECOPELLE
150
G R E E N W AV E
COLTIVA ZIONE OCE ANIC A DI ALGHE E MOLLUSCHI
151
P.E. F O O T P R I N T
CERTIFIC A ZIONE AMBIENTALE DEL MADE IN ITALY
152
5
COSTRUIREMO
NUOVO
140
MONDO?
F O T O : BENEDIC T REDGROVE
Inglese, ex g r aphic designer, a 47 anni lavor a a un gr ande progett o iconogr a fi co con la Nasa che fi ni r à nel 2018
PAOLO NESPOLI
C A P I T O L O A C U R A D I : EMILIO COZZI
Ast ronaut a e m aggiore
di spazio, videogame
dell’Esercit o (riserva)
e cult ur a pop
Giornalist a espert o
FRANCO MALERBA
160
17 0
Ast ronaut a e uf fi ciale di M arina
LUCA PARMITANO Ast ronaut a e t enent e colonnello
17 8
pilot a dell'Aeronautic a
A R T: MAGDA ANTONIUK
Illust r at rice di moda
SAMANTHA CRISTOFORETTI
e pubblicit à, print designer e art di rect or polacc a
186
Ast ronaut a e pilot a m ilit are
MAURIZIO CHELI
187
Ast ronaut a e i m prendit ore
UMBERTO GUIDONI
188
Ast ronaut a e ast ro fi sico
ROBERTO VITTORI 189
Ast ronaut a e gener ale di Brigat a aerea
La realizzazione del c apit olo 5 è st at a
sono 22, fr a cui l'It alia, uno dei t re
possibile gr azie alla collabor azione
m aggiori cont ribuenti in t er m ini econom ici.
dell'Agenzia spaziale europea (Esa).
I progetti dell'Agenzia sono concepiti
La sua m issione consist e nello sviluppo
per scopri re quant o più possibile sulla
delle c apacit à spaziali europee e nella
Terr a, l'ambient e spaziale ci rcost ant e,
gar anzia che gli investi menti effett uati
il sist em a solare e l'universo in gener ale,
per la conquist a dello spazio continuino
m a punt ano anche allo sviluppo di t ecnologie
a produrre ric adut e positive per t utti
e servizi sat ellit ari e alla promozione
i citt adini. Gli St ati membri dell'Esa
delle indust rie europee.
INVERN O 16/17 - N ° 79 - AN N O 8 Q U A L I T Y
I S
O U R
B U S I N E S S
P L A N
Ci accontentiamo semplicemente del meglio e creiamo i migliori prodotti editoriali. Per questo abbiamo Wired, il brand divenuto ormai sinonimo di innovazione e futuro, L’Uomo Vogue, il mensile più autorevole a livello internazionale, e GQ, il mensile maschile più letto. Per questo siamo l’editore italiano più seguito sui social. Per questo ogni mese oltre 6 milioni di uomini scelgono i nostri siti. Tradotto in una parola, Qualità. In due parole, Condé Nast. Direttore Responsabile FEDERICO FERRAZZA Art Director MASSIMO PITIS (Pitis e Associati) Caporedattore Centrale OMAR SCHILLACI Redazione GAIA BERRUTO (vicecaposervizio), ANDREA GENTILE (caposervizio), ALBERTO GRANDI, MAURIZIO PESCE (caposervizio), STEFANO PRIOLO (caposervizio) Photo Editor FRANCESCA MOROSINI Ufficio Grafico PITIS E ASSOCIATI Segreteria di Redazione e Produzione PAOLA BONVINI (responsabile) Hanno collaborato a questo numero: NICHOLAS DAVID ALTEA, EMILIANO AUDISIO, VINCENZO BALZANI, DIEGO BARBERA, ROSY BATTAGLIA, SILVIA BENCIVELLI, BJÖRK, FEDERICO BONA, ANDRÉ BORSCHBERG, ILARIA CAPUA, MAURIZIO CHELI, GIORGIO CHIELLINI, MARCO COSENZA, EMILIO COZZI, SAMANTHA CRISTOFORETTI, ANDREA CURIAT, SCOTT DADICH, GIACOMO DESTRO, DARIO FALCINI, CLAUDIO FABBRO, JAN FABRE, AL GORE, UMBERTO GUIDONI, JOI ITO, KERRY KENNEDY, ALESSIO LANA, ISSIE LAPOWSKY, GABRIELE LIPPI, ROSA MAIUCCARO, FRANCO MALERBA, FEDERICA MARZIALE IADEVAIA, ELON MUSK, SATYA NADELLA, PAOLO NESPOLI, BARACK OBAMA, LUCA PARMITANO, SILVIA POETA, MICHELE PRIMI, MELANIA ROSSI, RICCARDO SABATINI, SHERYL SANDBERG, VITTORIO STORARO, BEBE VIO, VITTORIO VITERBO, ROBERTO VITTORI, SANDOR VON MALLASZ, LUCA ZORLONI, MARK ZUCKERBERG Creative Consultant DAVID MORETTI Fotografi MATTIA BALSAMINI, CHRIS CRISMAN, MARIA JOSE GOVEA, PLATON, BENEDICT REDGROVE, DAN WINTERS, REUBEN WU Agenzie CONTRASTO, GETTY IMAGES Illustratori MARTA ANTONIUK, DAAN BOTLEK, SEÑOR GARCIA, FELIX PETRUŠKA, TYLER SPANGLER Traduzioni MICHELE PRIMI, STEFANO VIVIANI
wwDirettore Editoriale FRANCA SOZZANI Divisione WIRED, GQ, L’UOMO VOGUE, AD, TRAVELLER Direttore STEFANIA VISMARA Advertising Manager NICOLÒ CAMILLO VANNUCCINI, EMMELINE ELIANTONIO Marketing Manager ANNALISA PROCOPIO Special Projects Manager MARCO BERNARDINI Digital Advertising Manager MASSIMO MARELLI Direttore Vendite GIANCARLO ROPA Digital Advertising: CARLO CARRETTONI Responsabile Centri Media. Moda e Oggetti Personali: MATTIA MONDANI Direttore. Beauty: MARCO RAVASI Direttore. Grandi Mercati: MARCO TOSETTI Responsabile. Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta: MATTIA MONDANI Area Manager. Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche: LORIS VARO Area Manager. Toscana, Umbria, Lazio e Sud Italia: ANTONELLA BASILE Area Manager. Uffici Pubblicità Estero - Parigi/Londra: ANGELA NEUMANN. New York: ALESSANDRO CREMONA. Barcellona: SILVIA FAURÒ. Monaco: FILIPPO LAMI. Digital Marketing: MANUELA MUZZA. Social Media: ROBERTA CIANETTI
EDIZIONI CONDÉ NAST S.p.A. Presidente e Amministratore Delegato GIANPAOLO GRANDI Direttore Generale FEDELE USAI Vicedirettore Generale DOMENICO NOCCO Vice Presidente GIUSEPPE MONDANI, Direttore Digital MARCO FORMENTO Direttore Centrale Consumer Marketing & Audience Development MASSIMO MONZIO COMPAGNONI Direttore Business Development ROBERTA LA SELVA, Direttore Comunicazione LAURA PIVA, Direttore Circulation ALBERTO CAVARA Direttore di Produzione BRUNO MORONA, Direttore Risorse Umane CRISTINA LIPPI, Direttore Amministrativo ORNELLA PAINI, Controller LUCA ROLDI, Direttore Prodotti Digitali BARBARA CORTI Direttore Creativo CN Studio CRISTINA BACCELLI, Direttore Branded Content RAFFAELLA BUDA Sede: 20121 Milano, piazza Castello 27 - tel. 0285611 - telegr. NASTIT - fax 028055716. Padova, via degli Zabarella 113, tel. 0498455777 - fax 0498455700. Bologna, via Carlo Farini 13, Palazzo Zambeccari, tel. 0512750147 - fax 051222099 - Firenze, via Jacopo Nardi 6, tel. 0552638789 - fax 0552009540. Roma, via C. Monteverdi 20, tel. 0684046415 - fax 068079249. Parigi/Londra, 4 place du Palais Bourbon 75007 Paris - tel. 0033144117885 fax 0033145569213. New York, 125 Park avenue suite 2511 - New York NY 10017 - tel. 2123808236 - fax 2127867572. Barcellona, Passeig de Gràcia 8/10, 3° 1a - 08007 Barcelona - tel. 0034932160161 - fax 0034933427041. Monaco di Baviera, Eierwiese 5b - 82031 Grünwald - Deutschland - tel. 00498921578970 fax 00498921578973. Istanbul, Yenimahalle Tayyareci Fethi Sok. 28/7 Bakırkoy - 34142 Istanbul - Turkey - Cell: 0090-532-2614343 - email: arin@condenast.it Redazione: 20121 MILANO - Piazza Castello 21 - tel. 0285611 - 0285612377
P R O L O G O
TE STO:
BARACK OBAMA
È IL MIGLIOR MOMENTO DELLA STORIA PER ESSERE VIVI A R T:
FELIX PETRUŠKA
W I R E D
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I N V E R N O
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uando Wired mi ha chiesto di scrivere un editoriale non ho avuto alcuna esitazione. Le mie giornate sono piuttosto impegnate, ma davanti alla prospettiva di immergermi in un viaggio interplanetario o di prendere parte a una conversazione approfondita sull’intelligenza artificiale, ho deciso di dire sì. Amo questa materia. Come sempre. Ecco perché il mio film preferito dell’anno scorso è stato Sopravvissuto - The Martian. Ovviamente, sono portato ad amare qualunque film in cui gli americani sfidano le circostanze avverse e ispirano il mondo. Ma ciò che mi ha catturato veramente di questo film è che mostra come noi esseri umani − con la nostra ingenuità, la nostra propensione alla realtà e alla ragione, e infine la nostra fiducia negli altri − ci affidiamo alla scienza per risolvere quasi ogni problema. Sono cresciuto guardando Star Trek, e mentirei se dicessi che quella serie non ha influenzato in alcun modo la mia visione del mondo. Quello che mi piaceva era il suo ottimismo, la sostanziale fiducia nel fatto che il popolo di questo pianeta, pur con le sue differenze di contesti ed esperienze, potesse unirsi per costruire un domani migliore. Io credo che sia ancora così. Sono convinto che possiamo lavorare insieme per fare grandi cose, migliorare il destino della gente qui a casa nostra e in ogni angolo del mondo. E, anche se viaggiando più veloci della luce abbiamo lasciato indietro qualcosa ancora da fare, continuo a credere che scienza e tecnologia siano il motore a curvatura che accelera quel genere di cambiamento per tutti. E poi ho anche un’altra convinzione: siamo molto meglio equipaggiati ad affrontare le sfide di quanto non lo siamo stati mai. So che può apparire in contraddizione con quanto vediamo e sentiamo di questi tempi nella cacofonia delle notizie via cavo e dei social media. Ma la prossima volta che verrete bombardati da affermazioni esagerate sul destino tragico del paese o sul mondo che va in pezzi, ignorate i cinici e i catastrofisti. Perché la verità è che, se doveste scegliere un’epoca della storia umana nella quale vivere, scegliereste questa. Proprio qui, adesso.
Q
18
ominciamo dal quadro generale. Secondo la maggior parte degli indici, questo paese è migliore, e il mondo è migliore, di quanto non fosse cinquant’anni fa, trent’anni fa, o anche solo otto anni fa. Lasciamo perdere i toni seppia degli anni Cinquanta, un’epoca nella quale le donne, le minoranze e le persone con disabilità erano escluse da grandi settori della vita americana. A partire dal 1983, l’anno del mio diploma al college, cose come i tassi di criminalità, di gravidanze tra le adolescenti e di povertà sono tutti scesi. L’aspettativa di vita è cresciuta. Anche la percentuale di americani con studi universitari è cresciuta. Dieci milioni di americani di recente hanno acquisito il diritto all’assicurazione sanitaria. Neri e latinos hanno compiuto notevoli passi avanti nella scala sociale fino a guidare le nostre imprese e le nostre comunità. È aumentata la percentuale di donne all’interno della forza lavoro ed è aumentata la loro remunerazione media. Fabbriche ormai silenti hanno ripreso vita, con linee di assemblaggio che sfornano le componenti di un’età dell’energia pulita. E come è migliorata l’America, è migliorato il mondo. Più paesi hanno conosciuto la democrazia. Sono aumentati i tassi di alfabetizzazione. Una percentuale minore di esseri umani patisce la fame cronica o vive in estrema povertà. In una ventina di paesi − compresi gli Stati Uniti − la gente ha oggi la libertà di sposare chiunque ami. E l’anno scorso le nazioni del mondo si sono ritrovate insieme per definire un accordo sui cambiamenti climatici che è il più avanzato nella storia dell’umanità. Questo tipo di progresso non si è realizzato da solo. Si è realizzato perché la gente si è organizzata e ha votato per il perseguimento di prospettive migliori; perché i leader hanno attuato politiche intelligenti e lungimiranti; perché le speranze della gente si sono aperte, e con esse, anche le società.
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PER
LA
MARTINA
L’ E V O L U Z I O N E D E L R E TA I L ? È T E C H N O, S M A R T E G L O B A L È questa la sfida per le giovani company: esserci sempre, e poter offrire tutta la gamma dei prodotti disponibili, annullando le distanze grazie alla tecnologia. Lo affermano i maggiori esperti del retail riuniti a Milano il 29 e il 30 novembre per il Global Retail Summit ideato da La Martina, brand leader a livello internazionale nel mondo del polo.
L A N U O VA F I L O S O F I A
I NUOVI UTENTI
Il consumatore è al centro. Dovunque si trovi, da Buenos Aires a Milano, passando per Singapore, avrà sempre a disposizione quello che cerca. A portata di mano, o di click.
Sono sempre più “fluidi, riflessivi, itineranti, onnipresenti e social media narcissist” (cit. Gianni Cagnoli, CEO di Bain & Company Italia). Per questo è importante essere immediati e flessibili. E offrire esperienze.
I NUOVI STRUMENTI Le tecnologie devono essere usate in modo intelligente, per realizzare servizi digitali che siano realmente innovativi e utili. Come il Magazzino Infinito di La Martina, grazie al quale tutti i prodotti sono sempre disponibili ovunque.
N U O VA S T R AT E G I A , S T E S S O D NA
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Diventare sempre più globali, ma allo stesso tempo mantenere la qualità di una piccola azienda a gestione familiare, fortemente concentrata sui valori alla base del polo e caratterizzata dal continuo sviluppo di prodotti lifestyle d’avanguardia.
Ma questo progresso si è verificato anche perché abbiamo affrontato le nostre sfide con tutta la scienza di cui siamo capaci. Scienza è il modo in cui riusciamo a combattere le piogge acide e l’epidemia dell’Aids. Tecnologia è ciò che ci permette di comunicare attraverso gli oceani e di identificarci l’uno con l’altro quando crolla un muro a Berlino o una personalità della televisione dichiara pubblicamente la propria omosessualità. Senza il grano di Norman Borlaug, non potremmo nutrire gli affamati del mondo. Senza il codice di Grace Hopper, staremmo ancora analizzando i dati con carta e penna. Questa è una delle ragioni per le quali sono così ottimista riguardo al futuro: il lavorio costante del progresso scientifico. Pensate ai cambiamenti a cui abbiamo assistito durante la mia presidenza. Quando sono entrato in carica, ho esplorato nuovi mondi digitando su un BlackBerry. Oggi leggo i miei appunti su un iPad ed esploro i parchi nazionali attraverso un visore di realtà virtuale. Chissà che tipo di cambiamenti aspettano il prossimo presidente e quelli che verranno dopo di lui! Per questo motivo mi piace l’idea delle frontiere: storie e idee su che cosa c’è oltre l’orizzonte visibile, su che cosa si trova al di là delle barriere che non abbiamo ancora infranto. Vorrei esplorare i percorsi che ci hanno condotto qui dove siamo oggi per costruire un mondo che sia ancora migliore per tutti noi: come individui, come comunità, come paese e come pianeta. Perché la verità è che, pur avendo realizzato grandi progressi, le sfide da affrontare sono ancora molte: cambiamento climatico, diseguaglianze economiche, cybersecurity, terrorismo e violenza armata, tumore, Alzheimer e superbatteri resistenti agli antibiotici. Proprio come in passato, per superare questi ostacoli avremo bisogno dell’impegno di tutti: politici e leader di comunità, insegnanti e lavoratori, attivisti di base, presidenti ed ex presidenti. E per accelerare questo cambiamento, abbiamo bisogno della scienza. Abbiamo bisogno di ricercatori, accademici e ingegneri; programmatori, chirurghi e botanici. E soprattutto abbiamo bisogno non solo della gente del Mit o dell’università di Stanford, ma anche della mamma della West Virginia che pasticcia con una stampante 3D, della ragazza di Chicago che impara a programmare, del sognatore di San Francisco che cerca investitori per la sua nuova app, del papà del North Dakota che acquisisce nuove competenze per potere dare il suo contributo alla rivoluzione verde. È così che supereremo le sfide che abbiamo davanti: dando libero sfogo alla forza di tutti noi per tutti noi. Non solo per quelli di noi che sono fortunati, ma per tutti. Questo significa inventare non solo un modo più rapido per consegnare cibi d’asporto, ma anche un sistema che distribuisca i prodotti in eccesso alle comunità dove troppi ragazzini vanno a letto affamati. Non solo inventare un sistema che faccia risparmiare carburante alla tua auto, ma anche creare auto che non abbiano più bisogno di carburanti fossili. Non solo rendere i nostri social network più divertenti per condividere meme, ma anche utilizzare la loro forza per contrastare le ideologie terroristiche e l’incitazione all’odio. l punto è che oggi abbiamo bisogno che i grandi pensatori pensino in grande. Pensino come facevate voi quando guardavate Star Trek o Star Wars o L’ispettore Gadget. Pensare come i ragazzini che incontro ogni anno alla White House Science Fair. Abbiamo avviato questo evento nel 2010 con una semplice premessa: abbiamo bisogno d’insegnare ai nostri ragazzi che non è solo il vincitore del Super Bowl che merita di essere celebrato, ma anche quello della fiera della scienza. Da allora, ho incontrato giovani che s’impegnano su ogni fronte, dalla distruzione delle cellule tumorali all’utilizzo delle alghe per produrre energia pulita, fino alla distribuzione di vaccini nelle aree più sperdute del mondo, prima ancora che la maggior parte di loro possa persino votare.
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E mentre incontro queste giovani persone non posso fare a meno di domandarmi che cosa potrà succedere in futuro tra, cinque, venti o cinquant’anni. Immagino uno studente che “coltiva” un pancreas artificiale davanti al presidente: un’idea che finalmente elimina le liste d’attesa per gli organi salvavita. Immagino le ragazze che scoprono un nuovo carburante basato esclusivamente su luce solare, acqua e diossido di carbonio; l’adolescente che rende il voto e l’attivismo civico una forma di dipendenza al pari dello scorrimento dei vostri feed di Twitter; il ragazzo dell’Idaho che coltiva patate da un lotto di terra che abbiamo portato dalla nostra colonia su Marte. E immagino un futuro presidente che passeggia nel giardino della Casa Bianca insieme a una studentessa che ha inventato un nuovo tipo di telescopio. Mentre il presidente guarda attraverso le lenti, la ragazza punta il telescopio verso un pianeta che ha appena scoperto, orbitante intorno a una stella lontana ai confini estremi della nostra galassia. Poi lei dice che sta lavorando sodo a un’altra invenzione… che un giorno ci porterà fino a laggiù. Momenti come questi sono più vicini di quanto pensiate. La mia speranza è che questi ragazzi − magari alcuni saranno vostri figli o nipoti − siano ancora più curiosi, creativi e fiduciosi di quanto non siamo noi oggi. Ma questo dipende da noi. Noi dobbiamo continuare ad alimentare la nostra curiosità di bambini. Dobbiamo continuare a finanziare la ricerca scientifica, tecnologica e medica. E soprattutto dobbiamo abbracciare quell’impulso a correre verso nuove frontiere e a spingere più in là i confini di ciò che è possibile. Se lo faremo, io spero che i cittadini di domani sapranno guardare indietro a ciò che noi abbiamo fatto − le malattie che abbiamo debellato, i problemi sociali che abbiamo risolto, il pianeta che abbiamo salvaguardato per loro − e capire chiaramente che il loro è il momento migliore della storia per essere vivi. E poi prenderanno una pagina dal nostro libro e scriveranno il successivo grande capitolo, incoraggiati a continuare ad andare dove nessuno è mai stato prima.
barack hussein obama è nato a Honolulu, isole Hawaii, nel 1961. È stato il 44° presidente degli Stati Uniti, in carica dal gennaio 2009 al gennaio 2017. Si è laureato in Scienze politiche alla Columbia University e ha conseguito una seconda laurea in Giurisprudenza ad Harvard. Nel 1989 ha conosciuto l’attuale mo-
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glie Michelle Robinson. Nel 1996 è eletto nel senato dell’Illinois e quindi nel 2004 in quello federale. Ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2009, pochi mesi dopo essere diventato il primo leader afroamericano degli Usa. Questo testo è apparso sul numero di novembre di Wired Us, di cui Obama è stato guest editor.
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COME FAREMO A VIVERE DI PIÙ E MEGLIO?
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BEBE VIO ILARIA CAPUA R I C C A R D O S A B AT I N I KERRY KENNEDY
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L Lo sport unisce, crea ponti e abbatte muri. È un’avanguardia della società, anticipa e detta le tendenze. A ottobre sono stata alla Casa Bianca, scelta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per rappresentare l’eccellenza italiana nello sport. Tutto lo sport, non solo quello paralimpico. Era il secondo sogno che si realizzava nel giro di un mese. Il primo è diventato realtà a Rio 2016. Quando fai scherma, come me, da subito hai un obiettivo che si chiama Olimpiade. Ho iniziato a crederci solo due anni fa, quando è partito il percorso di qualifica, ma avevo 5 anni le prime volte che ci ho pensato. Ho iniziato piccolissima a far scherma, piccolissima e per caso. Ero al mio primo allenamento di pallavolo, mi annoiavo a palleggiare contro il muro. Io penso che le cose si debbano fare solo se ci piacciono; se non fanno per noi, meglio lasciar perdere. Così sono scappata e ho cercato l’uscita. Solo che ho sbagliato porta e mi sono trovata nella sala d’armi della mia città, Mogliano Veneto in provincia di Treviso, davanti a tutti quei bellissimi Zorro bianchi. Amore a prima vista. Ho iniziato a sognare le Olimpiadi, la medaglia d’oro, l’inno di Mameli che suonava per me; non potevo sapere che tutto ciò, 14 anni dopo, sarebbe arrivato. Ancora meno che sarebbe arrivato a una Paralimpiade, tirando in carrozzina, la prima al mondo a farlo senza mano armata. A 11 anni mi sono ammalata. Ho preso il meningococco, un batterio che uccide nel 97% dei casi. Si può evitare, basta fare i vaccini per il tipo B e il tipo C, e il tetravalente che copre i sierotipi A, C, W135 e Y. Non è obbligatorio, ma è importantissimo che tutti lo facciano senza lasciarsi sviare dalle campagne contro i vaccini. I bambini soprattutto, ma anche gli adulti, perché è più raro ma può succedere anche a 30-40 anni. Io avevo fatto la profilassi per il tipo A, poi la Asl aveva detto a papà e mamma che non era necessario proseguire anche con quella per il tipo C, proprio quello che m’ha colpito. Mi sono salvata. Ho fatto 104 giorni di ospedale, m’hanno amputato le gambe sotto le ginocchia e le braccia sotto i gomiti. Dico sempre che sto bene così, che è tutto bello, che mi diverto un sacco. È vero, sono contenta della mia vita, ma il percorso non è stato semplice per me, per la famiglia, i miei amici, tutta Mogliano: è stato uno choc condiviso. Per questo ho posato senza protesi per la campagna pro vaccini contro la meningite della fotografa australiana Anne Geddes. Prima della malattia la mia vita era costituita da quelle che chiamo “le tre S”, scherma, scout e scuola; uscita dall’ospedale ho voluto riprendermele tutte e tre. Ho iniziato con la scuola, interrogata al primo giorno, poi gli scout. Con la scherma è stato più difficile: mi serviva una protesi che nessuno aveva creato. Ci hanno pensato mio papà, un ingegnere mancato, e i tecnici dell’Arte Ortopedica di Budrio, vicino a Bologna, uno dei massimi centri di ortopedia in Italia. Ho ricominciato con un fioretto di plastica attaccato con lo scotch alla protesi di tutti i giorni; ora tiro infilandomi sul moncone una guaina morbida in silicone della multinazionale tedesca Össur con un perno alla fine. A questo si attacca l’invaso in carbonio a cui, con altri due perni, si incastra il fioretto. È strano, ma le protesi sono un mondo sconosciuto anche in ambiente paralimpico. Spesso sorgono polemiche tra atleti con disabilità diverse, convinti che l’avversario sia agevolato dalla sua. Io però ho meno allungo delle avversarie, non ho il polso e devo lavorare di spalla e addominali. L’ultimo modello che abbiamo elaborato è ottimo ma non mi agevola; a volte, se mi ferisco e sanguino, si stacca.
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Capita, ho la pelle delicata. Ecco perché lavoriamo per avere protesi sempre migliori, che mi facciano meno male, siano più comode, ma allo stesso tempo non mi facciano perdere sensibilità nell’arma. La tecnologia migliora la vita. Quella dell’atleta e quella della ragazza Bebe che, con i “pezzi” giusti, può fare tutto: prendere in mano un bicchierino di caffè, salire le scale, persino andare a ballare coi tacchi. Le protesi che ho alle braccia sono mioelettriche: rispondendo agli impulsi che il cervello manda ai muscoli del braccio, mi permettono di aprire e chiudere le dita. La sensazione di avere ancora la mano, che in gergo viene chiamata “arto fantasma” mi ha anche aiutato. Anche grazie alle mie protesi, ho preso la maturità in Arti grafiche e comunicazione, mangio, scrivo e disegno. Ma vorrei provarne altre, più evolute. C’è una mano nuova della Touch Bionics, un’azienda recentemente acquistata dalla Össur, che funziona con lo schermo del cellulare. Mi piacerebbe, ora per usare lo smartphone devo togliermi la protesi e digitare col moncone. Inoltre ha un’app che permette di registrare determinati impulsi muscolari e abbinarli alla risposta della protesi, aumentando la gamma di movimenti eseguibili con la mano, come alzare il mignolo o fare le corna. o anche quattro paia di gambe: da passeggio, da corsa, da bagno e coi tacchi, che ho portato alla Casa Bianca. Ora mia mamma si è inventata le gambe-ciabatte, comodissime, cui non va aggiunta alcuna guaina. Da poco ho cambiato il piede, ne ho messo uno nuovo della Össur. L’ho tenuto la mattina per fare la protesi; poi a pranzo, per due ore, ho rimesso il piede vecchio e m’è venuto il mal di schiena. Eppure l’avevo usato per cinque anni senza problemi: per dire quanta differenza può esserci fra una protesi e un’altra. Sto per cambiare anche le gambe coi tacchi per un paio con il piede regolabile, in modo da poter scegliere scarpe con tacchi diversi senza dover rifare ogni volta la protesi. Non credo nel destino ma la disabilità, per me, è stata anche un’opportunità. All’inizio non sapevo nemmeno dell’esistenza della scherma in carrozzina. Dicevo: «Datemi un paio di gambe e vedrete». Quando l’ho scoperta, in un primo momento, non mi piaceva. Ero molto piccola, pensavo che fosse roba per vecchi; neanche avevo idea di cosa fossero le protesi se non per quella volta che le avevo viste in tv, all’aeroporto di Monaco, alle gambe di Oscar Pistorius. Poi mi sono seduta, ho iniziato a tirare e non mi sono rialzata più. Ho scoperto che quel modo di tirare, così veloce, è ancora più adatto di quello in piedi alla mia scherma istintiva. E ho vinto un Mondiale e un’Olimpiade. Lo dico spesso e ci credo: sono stata fortunata. Abbiamo creato un sacco di cose belle come art4sport Onlus, l’associazione con cui aiutiamo i bambini amputati a fare sport: raccogliamo donazioni che servono a comprar loro le protesi sportive, quelle che il Servizio sanitario nazionale non garantisce ai più piccoli che non hanno copertura assicurativa o risultati agonistici sufficienti a ottenere gli aiuti dell’Inail. Siamo partiti così, poi abbiamo scoperto che c’era molta ignoranza sullo sport paralimpico, che bisognava lavorare sulla cultura e la mentalità di genitori iperprotettivi che tendono a tenere i propri figli disabili sotto una campana di vetro.
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bbiamo un gruppo molto forte. Siamo 18 e diventeremo 20, tre di noi sono stati alle Paralimpiadi di Rio 2016, altri quattro o cinque potrebbero aggiungersi per Tokyo 2020. Tutto è nato dalla mia esperienza, dalla voglia di tornare a vivere attraverso la scherma, dalla volontà dei miei genitori di far sì che altri bambini potessero avere la stessa opportunità. Perché lo sport è integrazione e inclusione, aiuta a recuperare più in fretta e rende meno faticoso il processo di riabilitazione. Art4sport mi ha abituata al senso di appartenenza alla squadra, che per me è fondamentale. Sono tornata da Rio con due medaglie, un oro individuale e un bronzo con le mie compagne Andreea Mogos e Loredana Trigilia. Quale delle due sento di più? Quella del metallo meno pregiato. Perché l’abbiamo conquistata insieme e perché – se in una finale per il primo e secondo sai già che comunque salirai sul podio a prescindere dal risultato – quando perdi una semifinale, l’assalto seguente è decisivo per portare a casa una medaglia. Così è ancora più bello vincere. Mi sarebbe piaciuto provare tutte queste emozioni in Italia, magari tra otto anni con Roma 2024. Anche per dare un ulteriore slancio nel nostro Paese allo sport paralimpico, che ha avuto una grande crescita di popolarità con le ultime due edizioni dei Giochi. Il no del sindaco Raggi mi rammarica moltissimo. Io sono stata a Londra, nel 2012, per portare la fiaccola olimpica. Ho visto una città più accessibile, migliorata anche grazie alle Paralimpiadi; ci sono tornata dopo e l’ho trovata ancora in crescita sotto questo profilo. A Rio, forse, non è stato così. Nel Villaggio Olimpico era tutto a misura di disabile, fuori no. Quello che però mancava a livello di attrezzature, i brasiliani sono stati capaci di fornirlo col calore umano. Non potevamo uscire per strada senza che decine di persone ci chiedessero se avevamo bisogno d’aiuto. Ecco, credo che Roma avrebbe potuto fare un doppio salto in avanti sotto il profilo sia delle strutture che della cultura, sportiva e no. È la grande opportunità che abbiamo perso dicendo no a Olimpiadi e Paralimpiadi. È un discorso di integrazione. Vengo dall’ambiente della scherma, in cui il settore olimpico e paralimpico sono sotto la stessa federazione; alla guida del secondo ci sono straordinari ex atleti normodotati come il nostro ct Simone Vanni, che è stato campione del mondo e olimpico di fioretto, o il vicepresidente federale Giampiero Pastore, ex sciabolatore medagliato ai Giochi e ai Mondiali. Ma non tutti gli sport, non tutti gli aspetti della vita quotidiana sono altrettanto fortunati. Tanta strada resta ancora da fare ma tanta già è stata fatta. La mia mi ha portato fino alla Casa Bianca.
beatrice “bebe” maria vio è nata a Venezia il 4 marzo 1997. Bambina vivace e sportiva, a 11 anni è stata colpita da una forma di meningite non coperta dal vaccino. Dopo l’amputazione di gambe e braccia, nel 2010 è tornata a tirare di scherma in carrozzina. Ai Giochi paralimpici di Rio ha vinto l’oro
nel fioretto individuale e il bronzo a squadre. Nel suo palmares anche: Europei e Coppa del Mondo nel 2014, Mondiali e Coppa del Mondo nel 2015 ed Europei e Coppa del Mondo nel 2016. Ha scritto il libro Mi hanno regalato un sogno; il titolo della home page del suo sito è: «La vita è una figata!».
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astava dire di no e lei, dieci anni fa, l’ha detto. A un funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che le chiedeva di depositare il frutto del suo lavoro in un database ad accesso limitato, come si usava allora. Ha risposto con un “no” deciso. Ilaria Capua aveva appena scoperto la sequenza genetica del ceppo africano del virus H5N1, l’influenza aviaria che aveva sterminato 150 milioni di volatili in tutto il mondo e iniziava a colpire e uccidere anche gli umani. Nasconderla significava ritardare il lavoro degli altri scienziati a fronte di un’emergenza globale. Per questo ha rifiutato; per questo il “suo” virus venne messo a disposizione di tutti. Era il 2006. Quel “no” rappresentava una rivoluzione che, in poco tempo, è diventata la norma. Da allora, infatti, sono nati diversi database ad accesso aperto riservati ai dati sulle malattie infettive. Già nel 2009, quando è emerso il virus dell’influenza suina, il sistema ha consentito di accelerare la realizzazione dei vaccini; all’inizio di quest’anno, in piena emergenza Zika, è stata l’Oms stessa a promuovere l’uso degli open data, inaugurando sul proprio sito una sezione Zika Open in cui pubblica le ultime ricerche, dopo un controllo di attendibilità reso il più rapido possibile. Per chi fronteggia le emergenze sanitarie e cerca di battere in velocità le patologie che si diffondono sul pianeta, gli open data sono ormai uno strumento acquisito. È proprio da lì, dai dati, che dovrà partire il prossimo grande passo in avanti per debellarle.
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Ilaria Capua, cosa sta cambiando nella lotta alle epidemie? «Il mutamento ha luogo nella stessa direzione in cui avviene per molte altre discipline scientifiche. La destinazione è un nuovo modo di fare scienza, che vedremo presto; il motore è proprio l’enorme mole di dati che stiamo accumulando. Ogni settore, cioè, ne produce ormai una quantità di gran lunga superiore a quella che in realtà riesce ad analizzare. Si pensi alle sonde per lo studio del clima, che vengono utilizzate in acqua, in aria oppure nel ghiaccio: con una sola di esse, oggi è possibile misurare moltissimi parametri e accumulare informazioni nuove. Questi dati, una volta resi pubblici, possono in seguito essere usati in ambiti diversi». Un nuovo modo di fare scienza, dunque. «Sì. Il futuro è non solo nell’iperspecializzazione ma anche nella costruzione di strategie e visioni a cavallo tra discipline diverse. Di conseguenza presto non avrà più senso costruire tanti laboratori simili l’uno all’altro: le barriere fisiche non esistono più, possiamo già scambiarci informazioni a
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distanza e in tempo reale. Una politica della scienza lungimirante e coraggiosa, al contrario, creerà grandi centri interdisciplinari, come sarà il Crick Institute di Londra. Cercherà di mettere insieme risorse e idee di provenienza diversa, sul modello del Cern di Ginevra». Avverrà anche per le scienze della salute, nonostante la grande mole di denaro che muovono e le rivalità che esistono? «Per forza. Ogni anno c’è una nuova emergenza infettiva... e visto che molte derivano da serbatoi animali o lì hanno l’ambito di mantenimento dell’infezione, continueranno ad arrivare. Questo dobbiamo assolutamente aspettarcelo. Accanto a chi studia virologia e batteriologia, a chi si cura della messa a punto dei vaccini, quindi, dovrà esserci qualcuno che si occupa dell’analisi di dati di provenienza varia. La struttura della ricerca anche nel mio campo, insomma, cambierà secondo direttrici nuove che presto ci inventeremo». Quel suo “no” del 2006, perciò, nel 2026 sarà preistoria? «In un certo senso lo è già. Il mondo è cambiato tanto, da allora. Nel 2006 avevo qualcosa, una sequenza genica virale, che nessun altro possedeva. Nel 2026 di sequenze virali ne avremo così tante che avranno valore solo per il modo in cui verranno analizzate. Non basta: anche le istituzioni ci chiedono di cambiare. I progetti relativi all’emergenza Zika, finanziati dalla Commissione Europea, erano per esempio accompagnati da un’esplicita richiesta che ci scambiassimo informazioni ed evitassimo le duplicazioni. Non è un caso, visto che ci sono sempre meno soldi per la ricerca; la necessità di razionalizzare le attività degli scienziati, oggetto di un lungo, spinoso negoziato, ci ha obbligato a pensare a una piattaforma di risultati e risorse in condivisione tra noi. Questo è il futuro ma, per fortuna, è già anche un po’ il presente». Sarà difficile combattere le epidemie grazie a una nuova gestione dell’informazione? «No. Anche perché le nuove generazioni possiedono già una mentalità della condivisione. Noi a scuola mettevamo il braccio sul compito per non farcelo copiare: loro lo postano su internet a disposizione di tutti. Hanno proprio una diversa impostazione collettiva. Per loro è assolutamente normale utilizzare i social media, per cui la rivalità che c’era – e che ancora esiste – fra gruppi di ricerca concorrenti verrà attenuata. Riusciranno a cambiare le cose». Già, ma come la mettiamo con le aziende farmaceutiche? «Al 90% e forse anche di più, oggi i vaccini sono realizzati con tecniche consolidate. Alla vecchia maniera, insomma. Gli antibiotici sono sempre quelli, da anni non ne salta fuori una nuova classe. Ciò significa che sarà necessario un pensiero creativo pure per chi produce farmaci. Credo che anche qui si sia ormai vicini a una rivoluzione e che anche qui sarà multidisciplinare. Pensateci bene. Per
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esempio, protesi come quelle che si usano adesso – non solo quelle d’arto, anche quelle vascolari o i cristallini artificiali – fino a qualche decennio fa erano pura fantascienza. Poi, a cavallo tra medicina e ingegneria, è via via nata la bioingegneria e i miglioramenti nel campo della sanità sono stati sempre più straordinari». Tornando alle epidemie: la condivisione dell’informazione sarà sufficiente a debellarle? «No, ovviamente. Tanti sono i fattori che rendono la materia complessa; per fare un altro esempio, quelli legati alla globalizzazione. Me l’ha fatto capire la politica, ragion per cui dico di essere un “organismo politicamente modificato”. Perché dopo anni a occuparmi del superdettaglio di organismi davvero minuscoli, sono stata costretta ad adottare una visione più ampia delle cose. Proprio questa è l’esperienza che mi sono portata in America». Lei adesso dirige il centro di eccellenza dell’Università della Florida dedicato alla One Health: continuerà a farlo? Supererà in modo definitivo l’approccio tradizionale della virologia attraverso la contaminazione con altre discipline? «Sì. Mi hanno dato carta bianca e ho proprio l’obiettivo di generare nuovi ambiti scientifici interdisciplinari. Sono qua da tre mesi e già lavoro su diverse idee, tra cui mettere insieme un gruppo che studi gli effetti del cambiamento climatico sulla salute di flora e fauna, cucendo insieme filoni diversi. Il caldo, la siccità, le alluvioni stressano le piante che utilizziamo a scopi agroalimentari; ma questo stress è difficile da identificare e quantificare, anche perché a sua volta si somma ad altri eventi. Poi possono arrivare le infezioni... Qui in Florida proprio adesso la fitopatia, detta anche malattia del dragone giallo, ha infettato il 100% degli agrumeti e, se non si interviene, un’industria da 11 miliardi di dollari all’anno andrà a gambe all’aria. Ma il batterio, a sua volta, è stato trasmesso da un vettore, cioè un insetto la cui popolazione cambia a seconda delle condizioni di umidità, temperatura e così via. Quindi batterio, vettore, pianta, clima: ci vuole una lente tridimensionale. Perciò anche la nostra mentalità deve farsi open». Nel frattempo? Siamo pronti, oggi, ad affrontare la prossima epidemia? «Sì e no. Dipende da quale sarà, ma non solo. In generale sono stati fatti passi avanti nella rapidità della risposta alla minaccia epidemica. Però tanto resta ancora da sistemare. Basta vedere il caso Ebola: l’Organizzazione mondiale della sanità è stata molto criticata per essersi accorta tardi del problema e a ragione, visto che aveva ignorato gli allarmi sia di Medici senza Frontiere che di altre associazioni. Ma in generale le cose, per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, sono migliorate. Anche dal punto di vista scientifico, ovvio. Ci sono stati progressi importanti nella ricerca e gli open data rappresentano una parte significativa di questa evoluzione».
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Ma non basta, ovviamente... «No, non è sufficiente. Occorre fra l’altro curare anche la gestione mediatica delle epidemie. Se la gente va nel panico quando non serve, o al contrario sottovaluta la questione e non fa quel che dovrebbe quando serve, i rischi per forza si amplificano. Poi, in prospettiva, sarà necessario imparare ad affrontare il problema non soltanto durante l’emergenza, quindi a preparare azioni a lungo termine. Al di là dei virus, per esempio, bisogna fare i conti in fretta con l’emergere di batteri resistenti agli antibiotici, soprattutto in ambiente ospedaliero: un problema che certo non è nuovo... Occorre imparare a fare prevenzione contro la diffusione delle malattie virali nella piena consapevolezza che con i vaccini, le nostre armi principali, non possiamo impedire la comparsa di virus nuovi. Dobbiamo anche imparare a non pensare che Ebola, in fondo, sta in Africa e Mers in Arabia: anche gli agenti infettivi, come noi, possono prendere un aereo e viaggiare». Quale futuro ci aspetta? «In conclusione, è impossibile dire che la prossima pandemia non farà il giro del mondo, che non brucerà anni di vita, né che sarà l’ultima. Però ogni volta che ne affrontiamo una impariamo qualcosa e facciamo passi avanti. Siamo sempre più preparati. Secondo me, la ricetta per il futuro consiste nell’investire nella ricerca d’eccellenza e, soprattutto, in un vero gioco di squadra».
ilaria capua è la virologa romana celebre per le ricerche su virus influenzali e aviaria. Dopo la laurea cum laude in Veterinaria, ha diretto il dipartimento di Scienze biomediche comparate dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Nel 2000 ha sviluppato la prima vaccinazione contro l’avia-
ria. Nel 2013 è entrata alla Camera nelle file di Scelta Civica; nel 2014 è indagata per una supposta cessione di stipiti virali ad aziende farmaceutiche. Prosciolta da ogni accusa, si è dimessa da deputata e a 50 anni dirige il Centro di eccellenza dell’Università della Florida dedicato alla One Health.
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mmagina un’orchestra: da una parte ci sono i fiati, dall’altra gli archi, dall’altra ancora le percussioni. Ecco, mappare il genoma umano, il codice della vita, significa individuare i nostri strumenti, le nostre proteine. Ora il prossimo obiettivo è ascoltare la musica, cercare di capire come tutti gli strumenti si coordinano tra di loro. Il mio obiettivo invece è quello di diventare il direttore d’orchestra, di comprendere la dinamica con cui il genoma interagisce con il resto del mondo, la chimica organica e inorganica, accettando la sfida che nei prossimi cinque o dieci anni cambierà per sempre non solo il modo in cui faremo farmaci, ma anche in cui ci cureremo e vivremo. Oggi, se non stai bene, il medico ti manda in farmacia a prendere una determinata molecola, una soluzione unica che dovrebbe funzionare per qualsiasi sottogruppo: bambini, donne, uomini, afroamericani, caucasici, asiatici, tutti. Questo assunto è il migliore che avevamo a disposizione ma è superato. Il futuro si chiama farmacogenomica ed è fatto di 7 miliardi di molecole, ognuna prodotta per una persona specifica. Un futuro in cui il vero business sarà nei dati, non nella chimica: nell’incrocio fra te e che cosa ti serve, fra il singolo corpo e la specifica terapia. Inizieremo dunque a vedere farmaci ottimizzati per profili genetici. Il più immediato è l’etnia, poi, passo dopo passo, si arriverà a quello su misura. Si tratta di un obiettivo a lungo termine; ciò non toglie che nei prossimi decenni le nuove generazioni possano sorridere pensando che ci curavamo in modo così generico. Si metteranno a ridere come noi ridiamo di chi praticava i salassi: non era stupidità, era semplicemente il migliore livello di conoscenza disponibile in quel momento. Potremo da una parte curarci meglio, dall’altra avvicinarci a rimedi per malattie ora incurabili. Avremo la medicina delle quattro “P”: personalizzata, preventiva, predittiva e partecipativa. Faremo analisi del fiato o biopsie liquide con frequenza settimanale, se non giornaliera; le useremo per monitorare, per esempio, marker di crescita tumorali all’interno della saliva e per effettuare così diagnosi precoci e precise. Di ciò esattamente abbiamo parlato il 13 ottobre, quando sono stato invitato dal presidente Obama alla Casa Bianca in occasione dell’incontro sulle nuove frontiere della scienza: grandi database genomici, che offrano previsioni più attendibili e precise. I dati però non bastano, serve un salto culturale. Quanti hanno il genoma sequenziato? Pochissimi. Eppure si può ordinare online un sequenziamento del proprio esoma a 490 dollari… tutti ne abbiamo spesi altrettanti in cose molto meno importanti. Le persone devono impossessarsi della loro salute quando ce l’hanno, non quando l’hanno persa. La medicina del futuro non sarà quella che ci curerà, sarà quella che non ci farà ammalare. Quel futuro comincia a essere possibile solamente perché abbiamo iniziato a digitalizzare la vita. Io sono un fisico teorico, ho lavorato su nanotecnologie, mercati finanziari e ora sul genoma solo perché sono stati tutti trasformati in numeri. Se dovessi andare in un laboratorio con le pipette sarei una schiappa clamorosa; adesso invece posso lavorarci dal mio laptop e, come me, altre menti più brave a maneggiare cifre che alambicchi.
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i sono appassionato a questo campo perché sono ipocondriaco. Ricordo ancora che, quando da bambino andavo dal dottore, domandavo sempre a mia mamma: «Ma lui come fa a saperlo?». Ero scettico: perché collegava un sintomo a una causa invece che a un’altra? Mi massacravo cercando di capire. Per questo uno dei regali che mi hanno fatto intorno ai 14/15 anni è stato il Manuale Merck, quell’enorme tomo con le pagine quasi trasparenti che tanti medici tengono sulla scrivania. A un certo punto ho iniziato a farmi la diagnosi differenziale dei sintomi e lì ho scoperto che la medicina è stata per molto tempo una scienza non quantitativa, perché non c’era modo di vedere dentro l’uomo. Più siamo in grado di progredire nelle misurazioni, tuttavia, più il problema diventa non dell’essere umano ma di una macchina. Ci sono migliaia di patologie: il livello di conoscenza ormai ha surclassato, e di molto, le capacità del nostro cervello. In occasione del TED a cui ho preso parte, mi sono chiesto come dare un’idea concreta e visiva della scala del problema. Così ho stampato il genoma di Craig Venter, che fu tra i primi a digitalizzare il genoma umano. Senza di lui non sarei qui a occuparmene, oggi. Il codice è composto da sole quattro lettere: A, T, C, G. Per costruire un essere umano però ne servono 3 miliardi, che hanno occupato quasi 200 volumi e oltre 262mila pagine. Oggi ne conosciamo solo 4 tomi, il 2% circa, ma impareremo. Il salto successivo consisterà nel comprendere come il genoma si accoppi con le molecole. Non tanto allo scopo di cambiarne dei pezzi, quanto piuttosto per trovare una maniera naturale, non invasiva, di usare quelli che abbiamo a disposizione nel nostro corredo per insegnare al corpo come evitare una certa patologia. Non sogniamo di non morire, semplicemente di vivere meglio. Il fatto che ci sia ancora gente che fuma, per esempio, è incredibile, visto che dal punto di vista scientifico è provato che fa male. È un problema non genomico ma comportamentale e le abitudini sono la cosa più difficile da sradicare. Se fossimo automi programmati unicamente per la sopravvivenza, saremmo tutti più longevi. Anche un pochino più tristi, forse. C’è un equilibrio da trovare. Un equilibrio in cui le tecnologie devono umanizzarsi per convincere le persone. È per questo che la scienza dev’essere accoppiata all’impresa privata. Perché la seconda ha il bisogno di essere accettata dal mercato mentre la prima può rimanerne fuori. Ci sono un sacco di ricerche valide mai uscite dalle porte delle accademie, perché nessuno le ha impacchettate in prodotti che la gente voleva. Senza marketing ci sono solo le comunicazioni governative, che non funzionano. Neanche quando sono scientificamente fondate. Penso quindi che i prossimi capitoli della storia li scriveranno società in grado di perseguire allo stesso tempo il benessere sociale e i guadagni economici. Cioè di fare miliardi di dollari salvando miliardi di vite. Rappresentano un ottimo modello in questo senso le “B-Corp”, le società benefit che incorporano nel proprio dna l’impatto sociale. Sono presenti in Italia come negli Stati Uniti, dove vivo e lavoro. Non datemi del cervello in fuga, però, perché non scappo da niente: vado, semmai, dove ci sono cose da scoprire e gli strumenti migliori per farlo. La nostra generazione – ho 35 anni – deve eliminare il
M
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concetto di confine geografico; le nazioni invece non devono preoccuparsi dei talenti in uscita, devono attrarre quelli in entrata. Il brain drain (la fuga dei cervelli) non ha alcuna importanza, è il brain gain (l’afflusso dei cervelli) che conta davvero. Dobbiamo mettere le menti migliori, da ovunque esse provengano, in condizione di esprimersi: questa è la sfida, perché se fai qualcosa in maniera eccellente la gente verrà a farla da te. Bisogna diffondere la conoscenza.
pesso mi chiedono se vedo il rischio di un futuro distopico, alla Black Mirror per intenderci. Mi viene in mente un episodio, dedicato alla riprogrammazione neurale per l’ideazione di videogame che rappresentano le paure dei giocatori. Conosco personalmente alcuni creatori di videogiochi di riprogrammazione comportamentale: loro sperimentano sistemi di realtà virtuale per riuscire ad aiutare bambini affetti da depressione e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) con effetti migliori di quelli offerti da molti farmaci presenti sul mercato. La distopia vende libri e film ma non fa progredire l’uomo. La realtà la supera, lo sta già facendo. Inoltre credo che in un’era digitalizzata come quella odierna, costruire scenari incompatibili con l’etica sociale sia sempre più difficile. Ci stiamo spostando verso sistemi sempre più trasparenti, responsabilizzanti e focalizzati sul rispetto dell’umanità e sulla riduzione delle differenze. Internet e la democratizzazione dell’informazione stanno costruendo una realtà in cui essere il “supercattivo” dei film è difficilissimo e ogni misfatto lascia tracce indelebili. La privacy non è una questione secondaria; al contrario, dobbiamo capire come gestire al meglio i dati genomici. Ma è proprio grazie allo studio e all’evoluzione del settore che gli Stati Uniti, una delle nazioni più avanzate in questa materia, ha dato vita al Gina, acronimo di Genetic Information Nondiscrimination Act: una norma cioè che vieta alle compagnie di assicurazione, come ai datori di lavoro, di discriminare le persone sulla base del genoma. La reazione è stata immediata. Perché la questione è delicata, esattamente come delicato è il tema dell’eugenetica. Siamo in ogni caso molto lontani dalla facoltà di selezionare tratti somatici specifici o di creare esseri dotati di superpoteri come i personaggi della Marvel; ma se anche dovessimo diventare capaci di farlo, penso che la società sarebbe in grado di definire e regolare queste possibilità. Il social vetting, il vaglio e l’esame dal punto di vista sociale, è più stringente di quanto si creda: tutti devono venire a patti con l’opinione pubblica perché attorno a ciò che accade nel mondo ci sono crescenti consapevolezza e responsabilità. C’è dell’altro. Mettere al bando una tecnologia che potrebbe essere d’aiuto a famiglie con storie dolorose e drammatiche, per la paura di potenziali e ipotetiche derive, è insensato. Le ragioni terapeutiche superano quelle estetiche: a molti genitori, ancora oggi, non interessa sapere il sesso del nascituro; quello che tutti desiderano, invece, è che sia sano.
S
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redo che le tendenze distruttive difficilmente prenderanno il sopravvento, perché siamo costruiti per sopravvivere con tutte le nostre forze. Sono quattro miliardi di anni che la biologia evolve su questo pianeta: la spinta alla vita è il nostro impulso fondamentale, è scritto nel genoma. A volte sbagliamo clamorosamente, certo, penso al global warming. Ma siamo una popolazione giovane, globalizzata da pochissimo. Una volta compreso l’errore, ci siamo messi al lavoro per trovare una soluzione e, anche se non ci siamo ancora riusciti, le migliori menti del mondo ci stanno lavorando. Il solare sta diventando sexy, Elon Musk ha creato tegole fotovoltaiche e vende macchine elettriche: sta succedendo. In tanti campi, dalle energie rinnovabili alla robotica. Si tratta di business a crescita esponenziale, un concetto che su un grafico è semplice da vedere. Ogni anno che passa i costi sono esponenzialmente più bassi di quello precedente e il mercato è esponenzialmente più grande. I nuovi player godono sempre di un vantaggio competitivo nell’entrarvi: hanno infatti la possibilità di rifare tutto quello che hanno fatto i loro predecessori con la metà del tempo e dei capitali, in modo da essere subito competitivi. È proprio il motivo per cui oggi piccole startup possono fornire servizi globali, mentre ieri Ibm era l’unica a riuscirci. Per l’Italia i business esponenziali sono la risposta alla crisi, la principale scommessa su cui dobbiamo davvero impegnarci. La genomica è un esempio, l’intelligenza artificiale un altro. E no, i robot non ruberanno il lavoro all’uomo: credo, anzi, che ogni tecnologia generi nuovi posti e forme di impiego, spesso molto interessanti. Disegnare proteine al computer, dieci anni fa, non era una professione; adesso potremmo assumere dozzine di persone. I nuovi business aprono le porte a nuove realtà. Serve programmare, non solo sullo schermo del computer. I dati ci dicono che sforniamo ogni anno migliaia di laureati in settori professionali deboli e mal retribuiti. L’Italia può fare meglio di così. Oggi c’è il trend esponenziale del coding (la programmazione informatica, ndr): non possiamo più stupirci, chi studia si deve chiedere ora quale sarà il lavoro che potrà avere fra cinque o dieci anni. Non significa che tutti debbano per forza sapere scrivere righe di codice, ma che dovranno essere sicuramente in grado di interagire con le macchine. Prendiamo due persone: una sa usare il navigatore satellitare e internet, l’altra no. Organizziamo una caccia al tesoro: chi vince? Il coding è relativo, dobbiamo interagire con le macchine ogni giorno e fidarci di esse più di quanto stiamo facendo adesso. Non c’è epoca migliore per essere al mondo.
C
riccardo sabatini è stato l’unico italiano, nel 2016, a parlare alla conferenza TED e a essere invitato alla The White House Frontiers Conference, evento organizzato da Barack Obama per ragionare sul futuro della medicina. Nato a Cremona nel 1981, dopo la laurea ha conseguito un master
summa cum laude in Fisica teorica a Trieste. Lavora in Silicon Valley con Craig Venter, che nel 2000 ha sequenziato il codice genetico; è inoltre cofondatore della Quantum Espresso Foundation, organizzazione non profit che assiste giovani ricercatori in tutto il mondo.
C A P I T O L O
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alcuni tra i muri più possenti di oppressione.
L A R AB B IA N ON BA STA
L’antropologa Margaret Mead aveva detto: «Non
L’ E D U C A Z I O N E
sottostimate la capacità
AL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
di cambiare il mondo di un
È LA NOSTRA SPERANZA
piccolo gruppo di persone determinate». Mio padre, Robert F. Kennedy, amava ripetere una frase trovata
di Kerry Kennedy SCRITTRICE
E
fra i graffiti della Grande
ATTIVISTA
Piramide a Giza, costruita dagli schiavi: «Nessuno fu abbastanza arrabbiato da alzare la voce». Ecco, noi dobbiamo esserlo quando vediamo un’ingiustizia. Dovremmo esserlo quando tre milioni di persone, ogni anno, muoiono per malattie curabili e quando l’80% della popolazione mondiale vive con meno
minaccia la nostra stessa esistenza e molti politici ne negano l’evidenza esserlo abbastanza quando una donna su tre viene violentata almeno una volta nella vita. E dovremmo esserlo quando immigrati che scappano da guerra e povertà non trovano un luogo dove tornare a vivere. Sì, dovremmo essere abbastanza arrabbiati da alzare la voce perché la rabbia, se controllata, Più di trent’anni fa, quando
David che, con il cuore come
è solamente un ricordo.
può diventare la
ho iniziato a lavorare per
fionda, combattevano un
Questi cambiamenti non
forza necessaria a un
i diritti umani, mi venne
mondo intero di Golia.
sono avvenuti perché li
cambiamento rivoluzionario;
chiesto di documentare
Sembra che quegli angeli
hanno voluti i governi, i
ma, da sola, non può
gli abusi perpetrati da
abbiano prevalso. Le
militari o le multinazionali
realizzare le nostre più
funzionari dell’immigrazione
dittature militari hanno a
ma perché tante persone,
grandi ambizioni. Abbiamo
degli Stati Uniti contro i
lungo governato l’intero
magari dotate di pochissime
bisogno di qualcosa di
rifugiati da El Salvador;
Sud America ma oggi nel
risorse, hanno combattuto
più: di amore. Ha detto
poi mi sono interessata
continente sono scomparsi
per i diritti umani. Hanno
mio padre: «Il coraggio
ai refusnik, cui non era
i dittatori di destra; il
creato il mutamento. Hanno
morale è un bene più raro
consentito emigrare
comunismo ha dominato
accolto il sogno della libertà
del coraggio sul campo di
dall’Urss, e ai leader anti-
l’Europa orientale ma
e l’hanno reso possibile. E
battaglia o di una grande
apartheid in Sudafrica. La
non rimane alcun leader
hanno prodotto un effetto
intelligenza. Tuttavia è il
causa era avvincente, il
comunista; il Sudafrica ha
a catena, incoraggiando
bene essenziale, una qualità
nemico potente, pericoloso;
sofferto a lungo l’agonia
altri individui e costruendo
fondamentale per chi vuole
ma avevo attorno tanti
dell’apartheid, che oggi però
un’onda che ha spazzato via
cambiare il mondo».
©UNGANO
&
scientifica. Dovremmo
/
il riscaldamento globale
AGRIODIMAS
Dovremmo esserlo quando
GETTY
di dieci dollari al giorno.
Per portare avanti il lavoro
incluso il presidente del
tutto è stato pubblicato
Memoriale dell’Olocausto
incompiuto e il messaggio
Parlamento Martin Schulz.
su un giornale locale e il
ha sottolineato l’urgenza
di coraggio morale di mio
In Italia lo spettacolo
sindaco si è attivato per
di cambiare il paradigma
padre, nel 1968 gli amici
è stato interpretato da
riportare la normalità.
educativo globale: «Nel
e la famiglia hanno creato
artisti importanti: Ornella
Speak Truth to Power è
1942, fra coloro che hanno
la Fondazione Robert F.
Vanoni, Piera Degli Esposti,
entrato anche nelle carceri
pianificato la Shoah otto
Kennedy Human Rights,
Enrico Lo Verso, Niccolò
di Milano e di Firenze; grazie
persone su 15 avevano
poco dopo la sua morte. Da
Fabi, Fiorella Mannoia,
a lezioni di italiano e alla
un dottorato. Avevano,
quasi cinquant’anni siamo
Silvio Orlando, Donatella
rappresentazione dello
insomma, una brillante
impegnati a proteggere i
Finocchiaro, Beppe Fiorello.
spettacolo teatrale, il target
carriera accademica, ma
diritti delle persone in tutto
Ogni giorno donne e uomini
era composto soprattutto
neanche il minimo straccio
il mondo, ad aiutare chi è in
coraggiosi cercano di
dai detenuti immigrati.
di etica e di comprensione».
prima linea nella battaglia
combattere le ingiustizie.
Dal 2011 è stato lanciato
Con la fine del 2016, in tutto
per la giustizia, a portare
Alzano la voce quando
anche a Hong Kong e
il mondo tante famiglie si
nelle scuole l’educazione al
gli altri tacciono, spesso
in Cambogia, quindi in
sono lasciate alle spalle un
rispetto dei diritti umani, a
mettendo in pericolo la
Ruanda, Svezia, Francia,
vero annus horribilis. Da
incalzare la finanza globale
loro reputazione o la vita.
Ghana, Grecia, Haiti, Nepal,
Orlando a Dallas, da Nizza
perché introduca quei
Speak Truth to Power è uno
Nicaragua, Romania,
a Istanbul, dalla Siria al Sud
diritti nelle strategie di
strumento educativo per
Spagna, Sudafrica e Regno
Sudan: queste tragedie
investimento: la Fondazione
studenti di tutte le classi, ai
Unito. I risultati sono
fanno temere, a ragione, che
lavora con e attraverso
quali mostra che anche loro
tangibili: per gli insegnanti,
il mondo sia in un momento
gli individui per creare un
possono fare la differenza.
il bullismo è diminuito e gli
particolarmente caotico.
mondo più giusto e pacifico.
Il programma è diviso
studenti si sono dimostrati
Senza dimenticare che gli
in tre parti: la prima è
più aperti alla diversità.
Stati Uniti hanno assistito
L A FONDA ZIONE
una prospettiva sulla
Dato il successo riscontrato
a una delle campagne
Via via ha creato un vasto
storia dei diritti umani e i
con gli studenti delle
presidenziali più violente e
network in più di cento
trattati internazionali che
superiori, la Fondazione
tossiche della storia; senza
paesi. Da questa esperienza
li sostengono; la seconda
ha deciso, dal 2013, di
dimenticare che ondate di
è nata un’iniziativa, Speak
presenta le storie di eroi di
concentrarsi anche sui più
xenofobia e razzismo ormai
Truth to Power («Dì la
ogni parte del mondo, per
piccoli. I bambini di tutto
attraversano l’Europa.
verità al potere», ndr),
dare ai giovani gli strumenti
il mondo continuano a
Le storie studiate attraverso
creata per aumentare la
per diventare difensori dei
essere al centro di violenze,
Speak Truth to Power
consapevolezza generale
diritti dell’uomo; la terza
abusi, gang criminali,
mostrano agli studenti
sui diritti umani e dare
infine mette in scena la
bullismo e crimini di odio.
quanto resistenza e
agli individui gli strumenti
pièce Voci contro il potere.
Fame, razzismo, schiavitù,
perseveranza creino il
povertà e discriminazione:
cambiamento e quanto
per realizzare la propria capacità di cambiamento.
IN ITALIA E NEL M OND O
questi attacchi alla dignità
ognuno di noi, non importa
Nasce sull’onda di un mio
Dal 2008 la Fondazione
di ogni persona devono
se potente o meno, possa
libro, Voci contro il potere,
Robert F. Kennedy Human
essere affrontati attraverso
fare la differenza. Per
pubblicato in sette lingue:
Rights Europe, che ha sede
l’educazione e l’esempio.
questo sono certa che, al
è un’antologia di interviste
a Firenze, ha portato il
Speak Truth to Power è
di là delle crisi immediate,
ai grandi difensori dei
programma in 530 scuole
basato sulla convinzione
ci sia ancora motivo di
diritti umani che ha avuto
superiori di 110 provincie
che l’educazione debba
sperare e che, come spesso
il supporto di alcuni premi
di tutte le regioni italiane,
essere basata sul pieno
succede, la speranza risieda
Nobel, come Nelson
con l’alto patrocinio del
sviluppo della persona
nei bambini.
Mandela e Aung San Suu
presidente della Repubblica
come essere umano. Quindi
Kyi. Da essa è stata tratta
e del ministero della Cultura.
l’insegnamento dei diritti più
una mostra fotografica
A Catanzaro, per esempio,
elementari non dev’essere
con le opere del premio
gli studenti del liceo P.
inteso come un’attività
Pulitzer Eddie Adams; da
Galluppi si sono concentrati
extra, bensì entrare nel
essa lo sceneggiatore cileno
sulla difesa dell’ambiente
tessuto didattico comune a
Ariel Dorfman ha creato
e dei diritti delle donne.
tutti i corsi.
una versione teatrale cui
Ispirati dalla storia del
hanno partecipato Martin
premio Nobel Wangari
C AMB IARE SI PUÒ
Sheen, Sean Penn, Meryl
Maathai, si sono attivati
Occorre dunque, a livello
Streep, Alec Baldwin e
sul business dei rifiuti
globale, un’evoluzione
Vanessa Redgrave. Nel
gestito dalla ’ndrangheta,
della formazione. Zeid bin
febbraio 2014 il testo è
che impediva ogni forma
Ra’ad, l’Alto Commissario
stato recitato anche da
di riciclo. Hanno raccolto
per i diritti umani delle
alcuni parlamentari europei,
evidenze e fotografie, poi,
Nazioni Unite, davanti al
L’ A C C E L E R A T O R E D I PA R TI C E LLE CONTRO IL CANCRO
quando è esposto nel modo
recente; poi perché l’intera
NOME
corretto – con un flusso di
struttura va costruita
Adroterapia
particelle subatomiche, gli
attorno a un vero e proprio
adroni, più precise degli
acceleratore di particelle
elettroni usati in altre
progettato ad hoc, analogo
tecniche di radioterapia.
a quello del Cern di Ginevra.
Solo cinque strutture al
Solo così è possibile
DOVE
mondo, per ora, sono in
scomporre gli atomi di
Pavia, Italia
grado di effettuare questa
idrogeno e di anidride
terapia usando sia protoni
carbonica in protoni e
che ioni carbonio, più
ioni carbonio, per poi
efficaci nel danneggiare i
raggrupparli in fasci
legami chimici del dna delle
composti da miliardi di
cellule tumorali, in modo da
particelle da indirizzare
ucciderle. Tra queste c’è il
sulle cellule tumorali per
CHE
COSA
Nuova tecnologia per curare alcuni tumori specifici
FATTORE
GOOD
NEWS
****
Ci sono tumori che finora
della radioterapia che tra
Cnao (Centro nazionale di
distruggerle. L’acceleratore
erano considerati troppo
le qualità più importanti
adroterapia oncologica) di
del Cnao, per esempio,
vicini a organi vitali o delicati
ha quella di colpire
Pavia, fondazione privata
è un anello di 25 metri
– come occhi, nervi, cervello
solo le cellule tumorali,
senza scopo di lucro istituita
di diametro e 80 di
o intestino – per essere
preservando i tessuti sani.
dal ministero della Salute
circonferenza, isolato dal
operati, e che la comune
A permetterlo è un sistema
nel 2001 ed entrata in
resto della struttura con
radioterapia non riusciva
computerizzato in grado
attività nel settembre 2011.
schermature in cemento
ad aggredire. Oggi, per tutti
di tracciare i movimenti
Simili centri sono per ora
armato fino a 6 metri di
questi casi, c’è una speranza
del tumore, per esempio a
molto rari, prima di tutto
spessore e sistemi di
di guarigione concreta:
causa della respirazione del
perché questo genere di
gestione computerizzata
l’adroterapia, un’evoluzione
paziente, e di colpirlo – solo
terapia è relativamente
che annullano il pericolo di
radiazioni per i frequentatori del centro. Dopo aver percorso nell’anello circa
È L A V O LTA B U O N A
30mila chilometri in mezzo
C H E B A T T I A M O L' A I D S
secondo, il fascio di adroni è indirizzato contro il tumore che viene letteralmente “tagliato a fette”: vengono irradiate una dopo l’altra,
NOME
in modo che i contorni
Shock and Kill
vengano seguiti ad alta precisione (200 micrometri,
COSA
due decimi di millimetro).
Ricerca avanzata nella lotta contro l’Hiv
Il risultato è una terapia non dolorosa e dagli scarsi
DOVE
effetti collaterali. Al Cnao
Londra, Regno Unito
viene oggi applicata a 23 tipi di tumore privi di altra
FATTORE
possibilità terapeutica.
****
GOOD
NEWS
I dati? Decisamente incoraggianti, anche se va tenuto conto che il periodo
Nel mondo 37 milioni di
due anni di analisi negative.
di osservazione è molto
persone convivono con il
Pur nell’incertezza, la notizia
breve e diversi pazienti
virus dell’Hiv oggi; più di un
potrebbe essere storica:
effettuano ancora visite di
milione muore ogni anno
sembra confermare che i
controllo periodiche per
a causa della sindrome
ricercatori sono sulla giusta
monitorare le condizioni
dell’Aids. Ricercatori e
strada per “stanare” il virus.
di salute: le percentuali di
medici lottano da quasi
Trovare una cura per l’Hiv è
successo variano dal 70
trent’anni anni contro la
difficile perché il retrovirus
al 90% a seconda delle
malattia, facendo registrare
integra il materiale virale
tipologie di tumore trattate.
progressi importanti ma
nei linfociti T dell’organismo
I risultati sono in linea con
lenti e costosi. Ecco perché,
infettato e li converte in
quelli ottenuti dal National
se si parla di una presunta
incubatrici per moltiplicarsi.
Institute of Radiological
“cura” dell’Hiv, è bene
Alcuni farmaci possono
Sciences di Chiba in
vagliarla cum grano salis.
colpire queste “fabbriche”,
Giappone – attivo da più
Ebbene, un pool di
ma non distinguono i
tempo – dove i pazienti
università britanniche
linfociti T infetti e dormienti
curati sono già ottomila.
coordinate dal National
da quelli sani. Le terapie
FEDERICO
Institute for Health
“Shock and Kill” constano
Research, a ottobre, ha
invece di due componenti:
annunciato un potenziale
la prima inferisce un
passo importante: un
trauma ai linfociti infetti
paziente di 44 anni,
dormienti che si svegliano;
sottoposto a un’innovativa
la seconda stimola le difese
strategia di cure
immunitarie a combatterli.
BONA
sperimentali detta “Shock
«È uno dei primi seri
and Kill”, sembra guarito.
tentativi di cura completa
Per la precisione, nel suo
dell’Hiv. Certo, si tratta
sangue non appaiono più
di una sfida enorme ed
tracce di virus rilevabili
è ancora presto, ma
con i metodi attuali.
il progresso è stato
La cautela è d’obbligo,
notevole», ha dichiarato
visto che potrebbe
Mark Samuels, direttore
essere solo dormiente:
del Nihr, l’organismo
è già successo a una
finanziato dal Dipartimento
bambina del Mississippi,
della salute di Londra per
apparentemente guarita nel
coordinare le ricerche
2012 grazie a una terapia
traslazionali in nome del
antivirale, che ha poi di
National Health Service.
nuovo sviluppato l’Hiv dopo
ANDREA
CURIAT
scientifico dell’ospedale
anticipata, concessa
San Raffaele di Milano, ha
a medicinali «con una
ottenuto l’autorizzazione
valutazione positiva
a portare sul mercato una
del rapporto rischio/
terapia cellulare che aggira
beneficio, in grado di
l’ostacolo del rigetto. Come?
risolvere significativi
Spegnendo sul nascere i
bisogni terapeutici, e la cui
linfociti che lo causano.
disponibilità si tradurrebbe
Con Zalmoxis, è questo
in un beneficio rilevante
L’ I M P O R T A N Z A
il nome della terapia, «i
per la salute pubblica»,
D E L “ G E N E S U I CIDA”
linfociti T del donatore
evidenzia MolMed.
vengono ingegnerizzati
La terapia applicata ai
inserendo un gene suicida»,
tumori del sangue è, per
spiega l’amministratore
la società milanese di
delegato di MolMed,
biotecnologie, un primo
Riccardo Palmisano. «Se
passo verso il futuro.
i linfociti del donatore,
«Stiamo lavorando anche al
dopo essere stati infusi
CAR-CD44v6, un progetto
nel paziente, dovessero
di Immuno-gene therapy
attivarsi dando inizio a
che prevede l’utilizzo
un effetto di graft versus
del sistema immunitario
host disease (malattia del
del paziente, modificato
trapianto verso l’ospite,
geneticamente per poter
NOME
ndr), grazie al gene suicida
così essere indirizzato in
Zalmoxis
è sufficiente somministrare
modo specifico contro le
un semplice antivirale, il
cellule tumorali», spiega
ganciclovir, che spegne
Palmisano. «Il progetto
queste cellule e previene
potrebbe avere un
una reazione più grave».
importante effetto anche
COSA
La “rivoluzione Zalmoxis” ha
su diversi tumori solidi, non
Milano, Italia
due ricadute immediate.
solo su quelli del sangue.
La prima consiste nella
Il nostro CAR-CD44v6 ci
riduzione del rischio
colloca all’avanguardia nel
quando non si trova un
campo dell’immunoterapia
donatore pienamente
dei tumori, uno dei settori
compatibile e bisogna
più rivoluzionari e in forte
procedere a un trapianto
crescita tra le terapie
CHE
COSA
Terapia contro leucemie e tumori
FATTORE
GOOD
NEWS
*****
In Europa sono circa 1300 i
del rischio di rigetto che, nel
aploidentico; la seconda
innovative del cancro.
malati di leucemia, o di altri
caso di persone affette da
consente un allargamento
Oggi esistono già farmaci
tumori del sangue ad alto
tumori del sangue, consiste
della platea dei pazienti che
più tradizionali, come
rischio, che si sottopongono
in un attacco dei linfociti del
potrebbero sottoporsi a
per esempio le proteine
ogni anno a un trapianto
donatore verso l’ospite.
un trapianto per eradicare
ricombinanti, che in alcuni
aploidentico di cellule
Per questo si interviene
un tumore del sangue.
tumori funzionano, ma la
staminali emopoietiche
con gli immunosoppressori,
Secondo le stime della
nuova frontiera consiste in
(ossia un trapianto di
farmaci che devono
European society for blood
un maggiore sfruttamento
midollo osseo che utilizza
interrompere o attenuare
and marrow transplation
del sistema immunitario».
cellule corrispondenti solo
le difese immunitarie del
(Società europea per i
LUCA
per metà al profilo genetico
corpo; ma lo scotto che si
trapianti di sangue e midollo
del paziente). La difficoltà
paga in tali casi è alto, visto
osseo, ndr), quelli che
di trovare in banca dati
che il paziente è esposto a
potrebbero ricorrere a un
donatori compatibili al
infezioni che nel 30% dei
trapianto allogenico, ma non
100% ha così accelerato il
casi diventano croniche e
dispongono di un donatore
ricorso al trapianto detto
possono persino culminare
totalmente compatibile,
aploidentico, da donatore
nella morte del trapiantato.
sono quasi undicimila.
cioè compatibile al 50%.
Alla MolMed di Milano
Il 18 agosto 2016 la
Questa strategia aumenta
hanno trovato una
Commissione europea ha
sì il numero di pazienti che
soluzione. La società di
acceso il semaforo verde
possono essere avviati
biotecnologie, specializzata
all’immissione in commercio
al trapianto, ma ha come
in terapie geniche e cellulari
condizionata di Zalmoxis.
conseguenza una crescita
e nata all’interno del parco
Si tratta di un’autorizzazione
ZORLONI
nella classifica Disrupte 100, stilata da un gruppo di importanti imprenditori, uomini d’affari, investitori. Al momento sono in via di
MANGIA CHE
sviluppo diversi prototipi;
TI PA S S A
il dispositivo non è ancora a disposizione ma i test clinici di questo progetto, così potenzialmente salvifico, dovrebbero iniziare nel prossimo futuro. I punti forti di JustMilk sono il costo di produzione molto basso, la facilità d’uso e la possibilità di unire il nutrimento alla cura o alla prevenzione di determinate patologie: il bambino potrà facilmente assumere un latte potenziato che gli consentirà una crescita più regolare e il superamento di malattie pericolose ma curabili. Non è infine da sottovalutare l’aspetto la maggior parte di queste
educativo dell’operazione:
NOME
problematiche, sta proprio
oltre alla diffusione
JustMilk
nell’assunzione di specifici
del dispositivo si sta
medicinali e nutrienti:
organizzando anche un
non a caso, antibiotici,
affiancamento alle madri
antimalarici, antiretrovirali,
per aiutarle a prendersi cura
vitamine e probiotici sono
nel migliore dei modi
DOVE
fra le sostanze che in fase
del neonato.
Cambridge, Regno Unito
di allattamento vengono più
DIEGO
CHE
COSA
Tettarella per somministrare medicinali in allattamento
facilmente somministrate FATTORE
GOOD
grazie all’uso di JustMilk.
NEWS
L’idea del dispositivo è stata
***
sviluppata dal Department of Chemical Engineering and Biotechnology Se il latte materno è il primo,
in tal modo, il bimbo può
dell’università di
potente nutrimento che il
contemporaneamente
Cambridge nel 2008. Ha
nostro organismo impara
assumere eventuali
ottenuto riconoscimenti
ad assumere, l’allattamento
medicinali o nutrienti resi di
internazionali e importanti
costruisce e consolida
facile assimilazione grazie
finanziamenti grazie
il rapporto tra la madre
all’uso di tavolette solubili.
all’instancabile lavoro delle
e il neonato. Il progetto
Allo stesso tempo, JustMilk
due co-fondatrici Rebekah
JustMilk vuole estenderne
aumenta il livello di igiene,
Scheuerle e Theresa
i benefici grazie a uno
che durante l’allattamento è
Maier: hanno guidato tutte
strumento economico,
spesso assente o precaria in
le fasi dell’operazione,
leggero e di facile utilizzo.
molti paesi in via di sviluppo
dalla progettazione alla
Sembra una “tettarella”
(dove è una delle principali
realizzazione tecnica fino
e in effetti si posiziona
cause di decessi neonatali):
alla raccolta dei fondi.
sul seno, cui si adatta
sono infatti 2.9 i milioni di
A inizio 2016, JustMilk
comodamente grazie
bambini che muoiono entro
si è aggiudicata il
alla struttura in silicone.
trenta giorni dal parto.
settantacinquesimo posto
Quando il bambino succhia,
Le prime ore e i primi
(su oltre un milione di
il latte passa attraverso la
giorni sono sempre i più
progetti) della lista delle
membrana del dispositivo:
delicati; una soluzione per
startup più dirompenti,
BARBERA
R I A L Z AT I E C A M M I N A (GRAZIE ALLA T U TA R O B O T I Z Z ATA )
L’hanno definito “exosuit”
materiale tessile, permette
NOME
perché il suo segreto
alle articolazioni, ai tendini,
Soft Exosuit
rispetto agli exoskeleton –
ai muscoli e ai nervi
gli esoscheletri robotizzati
danneggiati da un evento
fatti di strutture rigide che
traumatico come un ictus
si applicano sopra al corpo
o una lesione midollare,
per aumentarne la forza –
oppure da patologie come
DOVE
consiste nel “vestire” chi lo
la sclerosi a placche e
Harvard, Stati Uniti
indossa come un abito.
la distrofia muscolare,
Anzi, meglio, come una
di ritrovare la propria
tuta elastica da indossare
funzionalità in modo più
sotto gli indumenti: leggera
rapido e facile di quanto
e aderente, realizzata in
avvenga oggi tramite una
CHE
COSA
Esoscheletro per vittime di ictus e problemi motori
FATTORE
****
GOOD
NEWS
rieducazione. La tuta, infatti, è in grado di riconoscere immediatamente i gesti di
BASTERÀ UN CEROTTO
chi la indossa e di assisterne
PE R VACCI NA RS I
i movimenti incoraggiando un’andatura naturale, grazie a un complesso sistema di minuscoli, potentissimi motori, cavi, sensori di
CAPITOLO
3
Nanopatch
movimento, pulegge e software intelligenti vari. A progettarla, ispirandosi
CHE
COSA
Vaccino antipolio
proprio agli esoscheletri ma con la chiara idea di cambiarne forma e funzioni,
DOVE
Queensland, Australia
è stato il team dell’Harvard Biodesign Lab, creato nel 2012 da Conor Walsh:
FATTORE
GOOD
NEWS
***
ingegnere irlandese appena trentacinquenne, ha lasciato il suo Paese proprio per sviluppare quest’idea al Mit
Pakistan e Afghanistan
Vaxxas, grazie al più grande
di Boston, per poi cambiare
sono gli unici stati in cui
investimento nella storia
ateneo ma non città. Il suo
la poliomielite è ancora
delle startup australiane:
exosuit nel 2016 ha vinto
endemica. Per combatterla
oltre 15 milioni di dollari.
uno dei “Rolex Awards for
si utilizzano metodi vecchi
Ora il progetto, che ha
Enterprise”: grazie a questo
di 160 anni, costosi, non
ottenuto eccellenti risultati
riconoscimento, che da
particolarmente efficaci:
nei test sugli animali,
quarant’anni esatti premia
vaccinazioni con ago e
è pronto ai primi trial
i progetti più ambiziosi
siringa per inoculare il virus
clinici umani: potrebbe
mirati al miglioramento della
inattivo oppure medicinali
essere davvero questo
nostra vita o alla protezione
da assumere per via orale.
il rivoluzionario sistema
dell’ambiente, e a una serie
Ora cambia tutto, perché
antipolio tanto atteso
di partnership dovrebbe
il bioingegnere australiano
dall’Oms, l’Organizzazione
essere commercializzato
Mark Kendall ha ideato
mondiale della sanità, visti
nel giro di tre anni.
“Nanopatch”, un sistema
i primi test già effettuati in
Intanto ha superato la
più rapido, indolore nonché
Papua Nuova Guinea.
fase di sperimentazione
a bassissimo costo. Sembra
Nello stato dell’Oceania
e i primi test, su quindici
un cerotto quadrato di
la polio è diffusa e viene
pazienti, hanno dimostrato
silicone di 1 centimetro
combattuta a fatica a causa
quanto sia efficace nel
di lato, che si applica alla
della scarsa reperibilità
migliorare l’andatura delle
pelle. Grazie a minuscole
di vaccini e di personale
persone colpite da ictus
spine coperte da vaccino (si
medico qualificato. Con
e nel ridurne gli sforzi
usa solo un quarantesimo
Nanopatch tutto si risolve
durante la riabilitazione.
della dose tradizionale),
in modo semplice e veloce,
Con un ulteriore, grande
agisce direttamente a un
visto che chiunque può
vantaggio: visto l’alto
livello di profondità ideale
autovaccinarsi. Per questo
livello di portabilità, può
per la somministrazione,
Mark Kendall crede
essere usato anche lontano
evitando le risposte
sia possibile iniziare la
dall’ospedale perché
immunitarie importanti
produzione di Nanopatch
è possibile controllare
che le iniezioni in muscolo
nel 2020, anche se in
a distanza i parametri
possono generare. L’idea è
genere il lasso di tempo
e adeguarli online alle
nata nel 2003 all’università
intercorrente fra l’idea e la
necessità dei pazienti, in
di Oxford, quindi è stata
commercializzazione di un
continua evoluzione.
sviluppata all’Australian
simile strumento medico è
F.B.
Institute for Bioengineering
di 15-20 anni.
and Nanotechnology
D.B.
dell’università del Queensland. Kendall ha poi co-fondato la società
FLESSIBILE, DIVERTENTE, RILASSANTE: LA VACANZA SULLA NEVE DIVENTA SMART VIVERE LA MONTAGNA NON È MAI STATO COSÌ FACILE: COSTRUISCI IL TUO PACCHETTO VALTUR SECONDO LE TUE ESIGENZE.
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MADE BY YOU
CAPITOLO
W I R E D
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I N V E R N O
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COME LIBERARE LE ENERGIE DELLE NUOVE GENERAZIONI?
RIS P O N D O N O:
BJÖRK SHERYL SANDBERG GIORGIO CHIELLINI JAN FABRE S AT YA N A D E L L A
RIS P ON DE:
BJÖRK
UTOPIE L' E C L E T T I C A I
PROPRI
STRUMENTO PER MA
M U SICISTA
SOGNI
NON
DI
ISLANDESE
USANDO
LA
LIBERAZIONE
R AC CONTARE
IMMAGINARE
MONDI
E
SOLO
IL
LONTANI
MARIA JOSE GOVEA
—
I N V E R N O
COME
IS PIR A ZIO NE.
FOTO:
W I R E D
REALIZZA
TECNOLOGIA
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RE ALE, E
DIVERSI
COURTESY
OF
RED
BULL
CONTENT
POOL
H 64 65
Ho sempre pensato che, nella creazione artistica, l’intuizione debba prevalere sulla pianificazione. È un principio che applico anche mentre faccio i miei dj-set con il volto nascosto da una maschera, circondata dalle piante che ricoprono la console. Ho cominciato a mettere dischi a New York, nel bookstore dell’associazione no-profit Housing Works. Lo facevo di giorno, mentre i miei bambini giocavano e la gente beveva il caffè. Però trovo che sia bello fare festa insieme ai propri figli. È salutare. A volte penso che i miei siano i dj-set più noiosi del mondo. «Per quanto tempo posso andare avanti a suonare musica così strana e cavarmela?», mi domando. Il mio forte è una conoscenza musicale da vera nerd; il tecnico del suono sostiene che ho la libreria di iTunes più grande che abbia mai visto. Ho le registrazioni dei canti degli uccelli dell’Amazzonia fatte da David Toop negli anni ’70, flauti, suoni di ogni tipo. Scambio musica in continuazione con Aphex Twin, Leila Arab, Andy dei Plaid, Alex Ross che mi ha fatto scoprire il minimalismo, Steve Reich; e Jürg Frey, un compositore svizzero degli anni ’50. Mi piace creare un percorso ripido: dal silenzio fino alla musica più irrequieta possibile. È una dinamica che mi appartiene, alla quale sono molto affezionata. È la mia forma di dedizione alla resistenza, un’idea che ho preso dall’artista islandese Ragnar Kjartansson e dalle sue performance basate sulla ripetizione e sulla durata. Amo anche costruire i dj-set come viaggi inaspettati da un luogo all’altro. È una rappresentazione in musica del concetto di utopia. Non ha senso per un artista raccontare solo il reale, è importante invece che sappia immaginare e creare mondi lontani e diversi. Sono nata in Islanda, un luogo in cui molte cose sembrano realizzare l’utopia. Non abbiamo l’esercito. Abbiamo l’aria più pulita del mondo. Reykjavík, la capitale, ha meno di 150mila abitanti, ci conosciamo tutti; non c’è possibilità di farsi dimenticare dagli altri, se fai qualcosa di male. La mia idea di utopia è un viaggio in fuoristrada tra le montagne del mio Paese, ascoltando musica lenta per pianoforte. Anche se l’Islanda è un’isola praticamente vuota – ci sono pochi animali e zero alberi – la terra urla in continuazione. Il mio rapporto con la natura non è romantico, per niente hippie. Io credo nell’utopia. Credo anche nell’utopia ambientale: se siamo riusciti a creare un iPhone 7, siamo certamente in grado di eliminare i carboni fossili dal nostro pianeta, e dobbiamo farlo subito, ora! Così come credo nell’utopia sociale: anche perché sono cresciuta in una comune con mia madre, Rúna Hauksdóttir, che è un’importante attivista politica e femminista. Nel 1975, quando avevo nove anni, ho partecipato
W I R E D
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alla prima manifestazione per la parità di salario tra uomini e donne in Islanda. Nell’ottobre del 2016, le lavoratrici del mio Paese sono ancora scese in piazza: abbiamo la differenza di salario più bassa del mondo ma loro vogliono eliminarla del tutto. a musica per me è stata un’altra utopia. Frequentavo il Reykjavík College of Music, in una recita ho cantato la hit di Tina Charles I Love to Love e il mio insegnante ha mandato il nastro alla RUV Radio Station, a quei tempi l’unica emittente dell’isola. L’etichetta Fálkinn mi ha chiamato e nel 1977 ho registrato il primo album; poi ho scoperto il punk e ho formato una band di sole donne chiamata Spit and Snot (Sputo e moccio, ndr). L’utopia per me significa credere fortemente in quello che si vuole ed essere determinati. Vuol dire confrontarsi con la realtà senza mai smettere, non cercare una via di fuga. È essere realistici nei confronti dei propri sogni, al contrario, e provare a raggiungerli. Tutti ne abbiamo un gran bisogno. Sono molto curiosa riguardo ai miei sogni, voglio continuare a celebrare l’irrealtà. La tecnologia serve esattamente a questo, a rendere più facile la creazione del proprio sogno. Ho avuto il mio primo laptop nel 1999 e mi ha liberato completamente. L’idea di tecnologia come strumento di liberazione mi ha portato a sperimentare con la realtà virtuale. È nata così l’installazione Björk Digital, presentata alla Fondation pour l’Art Contemporain di Montreal in occasione della Red Bull Music Academy: cinque video in virtual reality – creati da Andrew Thomas Huang, Jesse Kanda e da Dentsu Lab Tokyo – tratti da Vulnicura, il mio ultimo album. Che è invece il primo in cui ho immaginato e scritto le canzoni in ordine cronologico: solo dopo averlo completato mi sono resa conto di aver costruito una narrazione simile a una tragedia greca. La realtà virtuale è un elemento di continuità naturale rispetto al videoclip, ma crea teatralità; dunque è uno strumento ideale per far avvicinare il pubblico al percorso emotivo raccontato nelle canzoni. Il viaggio comincia con Black Lake, commissionato dal MoMA di New York e ambientato in una spiaggia in Islanda; termina con Family, un’esperienza interattiva che racconta la trasformazione di una donna con il cuore spezzato. Il viaggio dal dolore alla guarigione, dalla disperazione a una nuova legittimazione di se stessa. Cura le ferite coltivando il potere della propria voce. Ho cercato di mettere insieme la musica, le immagini e le emozioni. È un tentativo. Ma la maggior parte delle mie canzoni è nata da un tentativo, appunto. All Is Full of Love l’ho scritta e registrata in due ore, ma
L
C A P I T O L O
2
per arrivare a quel momento mi ero preparata per due lunghi anni. Fare arte oggi vuol dire anche commettere errori. Come se non bastasse, la realtà virtuale è un mondo totalmente sperimentale: l’installazione Björk Digital è stata una delle cose più complicate che abbia mai fatto. Però credo che sia questo il dovere di ogni artista, usare gli strumenti che tutti usano. Il telefono, le email, Skype, la virtual reality, qualsiasi cosa. Le orchestre sinfoniche erano la realtà virtuale del XVI e del XVII secolo: creavano dei mondi con gli strumenti che avevano a disposizione. ietro a ogni mio album c’è un’emozione. Quando riesco a realizzarlo nel modo giusto vuol dire che sono riuscita a unirla alla tecnica: se riesci a lasciare fuori l’ego ed eviti di raccontare una storia troppo autoreferenziale, diventa universale. Il punk, per me, era una musica che parlava del momento presente, scritta da ragazze. Homogenic era il tentativo di avvicinarmi alla musica della mia isola e di creare un ritmo islandese moderno, una techno vulcanica e distorta. Poi l’Islanda ha cominciato a diventare famosa grazie a un’infinità di spot di automobili e ho deciso di farla vedere da un altro punto di vista. Volta era la mia dichiarazione di ribellione. Biophilia parlava dell’universo, Vulnicura di una sola persona e del suo cuore spezzato. Ci sono volute solo cinque ore per scrivere le canzoni, mesi di lavoro per fare gli arrangiamenti di archi. In Islanda non siamo soliti lavorare in studio. Ci ritroviamo a casa di qualcuno, stiamo insieme, cuciniamo, mangiamo e suoniamo: per me è l’unico modo per realizzare qualcosa che deve avere comunque senso quando viene ascoltata in ogni casa del mondo. Un album non può essere significativo solo nello studio in cui lo hai registrato. Non solo, è anche molto importante avere una musica che ti accompagni mentre prepari un sandwich in cucina. Di solito ascolto cantanti R&B islandesi, oppure Chaka Khan o Kelela. L’R&B unisce la famiglia, è il tipo di musica che piace a tutti. Non so come sarà il mio prossimo album. È ancora in una bolla. Non riesco ancora a vederlo da fuori. Di solito scrivo canzoni, poi creo un personaggio e un’immagine intorno, come se unissi i puntini di un quadro. Cerco un archetipo per visualizzare: di che colore è questo disco? È verde o blu? Mi piace avere delle radici nella storia dell’arte del mio tempo. Ogni tanto penso alla musica che compongo come a una specie di folk del Ventunesimo secolo: parlo della vita di tutti i giorni e la trasformo in una canzone pop aggiungendo un ritmo e un po’ di poesia. Il mio strumento, dal punto
D
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—
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66 67
di vista artistico, è la voce, e la mia ha le sue radici nella natura umana stessa. Ho cantato in una punk band, ho fatto la solista, ho usato l’elettronica, gli archi e gli arrangiamenti orchestrali. Ho fatto overdose di archi. Ora voglio prendermi il rischio di far parte di questo momento e di commettere degli errori. È importante sentire la pressione. L’artista deve accettare di andare nella direzione più scomoda, più difficile, e avere fin dall’inizio il quadro chiaro. Devi lavorare duro per risolvere quel mistero che è la tua psiche e arrivare a essere la stessa persona, dentro e fuori. L’arroganza della gioventù è importante. È bello odiare qualcosa. Non sopportate alcuni generi musicali? Bene! Io non tollero Bach e Beethoven, sono due vecchi tedeschi. Il punto principale è capire quello che volete, strappare le erbacce intorno alla vostra identità artistica. Gli artisti che sono sicuri della propria creatività possono duplicare o triplicare il significato delle loro opere. È l’utopia: cercare di far coincidere il tuo mondo interno con quello esterno. In fondo la musica che ascoltiamo non finirà mai ed è proprio questo che la rende così interessante.
björk guðmundsdóttir in arte Björk, è la stella della musica e dell’arte d’Islanda: cantante, compositrice, attrice, attivista e produttrice, è nata a Reykjavík il 21 novembre 1965. Celebre per la versatilità, l’eclettismo nel mischiare generi musicali e l’eccentrico abbigliamento di scena (ma non solo),
ha venduto oltre 40 milioni di dischi. Ha inoltre vinto 4 Brit Awards, 4 MTV Video Music Awards e ha ricevito 13 nomination al Grammy, una all’Oscar e due al Golden Globe. Questo testo è tratto dalla lectio magistralis che l’artista ha tenuto lo scorso ottobre alla Red Bull Music Academy di Montreal.
C A P I T O L O
2
SHERYL SANDBERG
RIS P ON DE:
FATEVI AVANTI LE E
PROMOZIONI
COME
OGGI
I
COMUNE
C H I E D O N O ".
LA
AZIENDE
SONO
LE
SEMPRE DI
SECONDO
RE STA,
PIÙ
MA
NELLE E
NON
RIVENDICARE
PER
LA
DEVONO
MERITI
E
A R T:
069 —
I N V E R N O
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SFIDANDO
"LORO DI
NON
GENERE
NUMERO
POSIZIONI
TYLER S PA N G LE R
W I R E D
AUMENTI
M A S C H I, CUI
DISCRIMINAZIONE
DONNE
DI
TR ATTANO
COLLEGHI
L' O P I N I O N E
NELLE DI
LAVORATRICI
DI
AVERE
DIRITTI
DUE COMANDO
TIMORE
na regista cinematografica freelance racconta la sua trattativa. Era preparatissima, prontissima, armata di statistiche e di un discorso impeccabile. Invece di lanciarsi sulle ragioni per cui meritava l’assegnazione di quel progetto e i soldi che avrebbe fatto guadagnare all’azienda, ha però cominciato con queste parole: «Sarò sincera: voglio dirle che intendo assolutamente negoziare, anche se le statistiche dimostrano che lei finirà per apprezzarmi assai meno». Già immaginava come ruotassero gli ingranaggi nella testa dei colleghi e aveva ragione: quando le donne chiedono ciò che meritano, spesso si trovano a fare i conti con arretratezze e resistenze sociali. Passano per “prepotenti” o “aggressive”, solo perché si permettono di chiedere. Così aveva trovato quella soluzione: affrontare la discriminazione prima che emergesse. Ha funzionato. La diffusione di quel giudizio negativo, “troppo aggressiva”, è una delle scoperte fatte da Women in the Workplace 2016, uno studio di LeanIn.Org e McKinsey & Co. reso pubblico qualche mese fa. Basato su un’indagine promossa fra 132 imprese per un totale di oltre 4,6 milioni di dipendenti, è probabilmente la più esaustiva analisi annuale sulle donne nell’industria americana. La ricerca del 2015 concludeva: «Siamo distanti un secolo dall’uguaglianza di genere nelle “C-suite”», come vengono definiti in gergo i vertici aziendali. A distanza di un anno la situazione non sembra granché migliorata; questo stato di cose fa male alle nostre aziende e all’intera economia, oltre che alle donne. Le quali continuano a essere sottorappresentate a ogni livello aziendale e detengono meno del 30% delle posizioni di senior management. Come se non bastasse, raggiungono ben presto il glass ceiling, il soffitto di vetro: cioè l’invisibile limite oltre il quale una carriera non può procedere. Hanno molte meno probabilità degli uomini di essere promosse da un livello più basso a manager e, in relazione agli anni di lavoro, continuano a perdere terreno in modo incrementale. Né il gap di leadership femminile è dovuto al logoramento, visto che in realtà donne e uomini abbandonano le aziende in misura pressoché identica. Com’è assolutamente prevedibile, queste sfide risultano ancora più impegnative per le donne di colore, che compongono il gruppo in assoluto più sottorappresentato negli organigrammi aziendali; sono sempre loro a sperimentare il calo più evidente di presenze nel management intermedio e alto, anche se sono forse le più disposte a dichiarare la propria volontà di diventare top executive.
U
70 71
ualche notizia incoraggiante, tuttavia, non manca. Le donne adesso trattano aumenti e promozioni con la stessa frequenza dei pari grado maschi, sfidando così l’opinione diffusa secondo cui «loro non chiedono». Forse non sorprende che quelle che sollecitano un avanzamento abbiano molte più probabilità di ottenerlo di quelle che non lo fanno. Comunque sia, ancora non se la cavano bene come gli uomini e, in media, hanno meno probabilità di essere promosse. La sfida consiste naturalmente nell’abbattere gli stereotipi che contribuiscono a rendere “sgradevole” una dipendente quando presenta una richiesta. Se osano intavolare una trattativa hanno il 67% in più probabilità di venire criticate perché il loro stile personale sarebbe “intimidatorio”, “aggressivo” o addirittura “prepotente”. E sono alte le probabilità che questo genere di osservazioni provenga dagli uomini coinvolti nella negoziazione. La ragione di tanta resistenza sta nei numerosi luoghi comuni più o meno inconsci che tutti nutriamo riguardo alle donne e agli uomini. Ci aspettiamo che i secondi siano assertivi, che se la cavino da soli e spingano per avere di più, così quando lo fanno il “disturbo” è minimo. Le prime, invece, devono essere comunitarie e collaborative, devono saper coltivare e dare, devono restare sempre concentrate sulla squadra invece che su se stesse, anche per scongiurare il rischio che qualcuno le
Q
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consideri troppo prese dalle cosiddette problematiche femminili. Naturalmente, quando perorano la propria causa vengono spesso considerate in modo negativo. Il problema non sta solo nel chiedere, bensì nel fatto che le donne affrontano sin dall’inizio una battaglia in salita. Benché siano informate e preparate quanto i colleghi maschi, ricevono comunque riscontri meno frequenti sulle loro prestazioni e hanno pochi sponsor ai livelli superiori. Quelle coinvolte nella nostra indagine sostengono di non ricevere incarichi impegnativi e di dover sempre lottare per vedere riconosciuti i propri contributi e le proprie idee. Di conseguenza non sorprende che, in percentuale quasi tripla rispetto agli uomini, pensino che per loro sarà più difficile ottenere un aumento, una promozione, la possibilità di andare avanti. Queste distorsioni del sistema sono rilevanti per tutti noi, non solo per le donne: la ricerca dimostra che l’uguaglianza di genere fa bene sia alle imprese sia ai singoli individui. Team e aziende con composizione diversificata producono risultati migliori, oltre che maggiori entrate e profitti; il che si traduce in più opportunità per tutti, a prescindere dal sesso. Siamo convinti che i leader vogliano fare ciò che è giusto ed è stato incoraggiante vedere quante imprese abbiano scelto di partecipare alla nostra indagine – il 78% dichiara che combattere la differenza di genere è una delle dieci priorità dei propri amministratori delegati. I quali, però, stanno ancora cercando di tradurre in pratica il loro impegno: solo la metà afferma di sapere cosa occorra fare per migliorare il gender gap; appena un quarto dei dipendenti, inoltre, dichiara che i loro dirigenti si oppongono a linguaggi o comportamenti discriminatori nei confronti delle colleghe. Anche se il 93% delle aziende, infine, dichiara di utilizzare criteri trasparenti per assunzioni e promozioni, soltanto il 57% dei dipendenti conferma che ciò è vero anche nella pratica. o studio che abbiamo promosso è un promemoria – l’ennesimo – di quanto ancora ci sia da fare. Ci sono passi che le imprese possono compiere subito, cominciando a misurare i progressi. Anche se in gran parte esse tengono un resoconto dettagliato delle differenze di genere nelle assunzioni e promozioni, meno del 35% si fissa degli obiettivi: è più difficile fare progressi senza porsi dei traguardi chiari da raggiungere. Le aziende devono impegnarsi di più sulla differenza di genere, devono spiegare perché è importante e come il suo superamento comporti benefici per tutti. Possono investire in formazione sulla discriminazione di genere – mirata soprattutto ai manager, i quali prendono le decisioni che influenzano l’esperienza di lavoro quotidiana delle donne e la loro carriera. Le imprese possono anche incoraggiare tutti, dai dipendenti del primo livello ai massimi dirigenti, a parlare apertamente di stereotipi e gender gap, per dare alle donne maggiori opportunità di leadership, accesso agli sponsor e riconoscimento dei meriti. Ma tutti noi possiamo incoraggiarle a trattare, fino al giorno in cui sarà considerato normale, o persino previsto, che chiedano di più. Sempre più donne si fanno avanti e tutti faremo più strada quando sui luoghi di lavoro saranno eliminate le differenze di genere.
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Reprinted by permission of Wall Street Journal, Copyright © 2016 Dow Jones & Company, Inc. All Rights Reserved Worldwide
sheryl kara sandberg è chief operating officer di Facebook. Nata nel 1969 a Washington, ha fondato l’organizzazione no profit Leanin.org (380mila associate in 131 paesi), creata per offrire alle donne ispirazione e supporto. Laureata summa cum laude in Economia ad Harvard, è stata vicepresiden-
te di Google e, prima ancora, capo del personale di Lawrence Summers, segretario del Tesoro di Bill Clinton. Inserita da Time Magazine fra le 100 persone più influenti del mondo nel 2012, ha scritto il libro Facciamoci avanti - Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire.
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GIORGIO CHIELLINI
RIS P ON DE:
RESPONSABILITÀ SOCIAL(E) FACEBOOK, DI
T W IT TE R,
INSTAG R A M
COMUNICAZIONE
STRAORDINARI
VEICOLI
E
PER
D E L L' I N T E G R A Z I O N E , IL
DIFENSORE LA
VERA
DI
JUVE
SONO
VISIBILITÀ
E
INNOVAZIONE
SOSTENERE ALMENO
LA
DAAN BOTLEK
072 —
I N V E R N O
C U LT U R A
PER
CUI
SOLIDARIETÀ
A R T:
W I R E D
ANCHE
LA
SECONDO
NAZIONALE, È
STRUMENTI
MA
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iventare un calciatore professionista e giocare ad alto livello vuol dire non avere mai tempo, vivere costantemente al centro dell’attenzione e vedere amplificati ogni parola, commento o attività sui propri social network. È una responsabilità ma anche un’opportunità, da usare per fare qualcosa di buono. Sono un vero maniaco della tecnologia, leggo sempre Wired, so che le innovazioni tecnologiche che hanno cambiato la nostra vita possono anche realizzare una vera rivoluzione, culturale e sociale. Basta usarle bene, trovare un punto di equilibrio. Perché è vero: le parole di un calciatore, e in generale di uno sportivo, per i giovani spesso valgono più di quelle di chiunque altro. Mi capita di fare incontri nelle scuole e parlare con i ragazzi delle medie o del liceo: cerco di trasmettere loro dei messaggi e mi rendo conto che la stessa cosa, detta da me, viene più ascoltata di quando la propone qualsiasi maestro, professore e genitore. Sei una cassa di risonanza di contenuti e di qualsiasi tipo di comunicazione positiva. Ecco perché credo sia fondamentale, per noi sportivi, imparare a usare bene quelle parole, a utilizzare i social network per comunicare messaggi importanti; altrimenti diventano semplici moltiplicatori di cose inutili. Io provo a creare una cultura dell’integrazione attraverso lo sport. Penso all’importanza della maglia di un calciatore, per esempio: è un simbolo dal grande significato educativo, un segno di appartenenza che non deve dividere ma integrare. È anche uno strumento per creare innovazione sociale. Ogni volta che la indosso, prima di una partita importante, so che se gioco bene e magari insieme ai miei compagni vinco, acquisterà valore. Quando entri in campo, la maglia pesa già di suo ma è bello pensare che grazie al tuo impegno possa aiutare gli altri. Ricordo quando ho iniziato a mettere all’asta su eBay le mie prime maglie della Juventus, nel 2005. Le appendevo al muro del mio appartamento a Torino, scattavo le foto e le caricavo. Adesso sono cambiati gli strumenti, è tutto più semplice e fai tutto con un solo gesto ma allora non c’erano gli smartphone, ci voleva più tempo. Tanta gente non ci credeva, pensava che fosse una fregatura. Invece ero proprio io. Per me è nata così: ero un ragazzo che voleva aiutare altri ragazzi. Da lì è cominciato tutto, la maglia indossata nella partita contro il Chelsea in Champions League, che ha superato i mille euro di donazioni, e tutto il resto. Oggi consegno tutte quelle che indosso, o che ricevo in cambio da un avversario, a una mia struttura che lavora su questo a tempo pieno. Le associazioni da aiutare sarebbero migliaia, per cui ho cominciato da quelle che conosco personalmente. Una è la scuola calcio per ragazzi disabili Insuperabili, di cui sono anche capitano onorario, creata a Torino dai miei amici Davide Leonardi e Attila Malfatti. Alle prime cene in cui si parlava del progetto eravamo in tre; nel 2011 abbiamo cominciato con quattro iscritti; ora abbiamo dieci Academy sparse in tutta Italia. Trecento ragazzi, 15 squadre e l’obiettivo di diventare un vivaio da cui la Federazione attinga per creare una nazionale di calcio disabili e partecipare alle Paralimpiadi del 2020. Gli Insuperabili hanno bisogno di risorse e visibilità. Quando posso vado a trovarli al centro di allenamento a Grugliasco, e ogni volta è un’esperienza incredibile. La cosa più bella è il sorriso dei bambini quando ti vedono: c’è tantissima felicità in quegli occhi, sapere che per loro sei un idolo è impressionante. Ti fa pensare ancora di più alla responsabilità che hai, che si aggiunge a quella che hanno tutti sul lavoro e nei confronti della famiglia. È un onore ma anche un peso che ti porti dietro. L’affetto e l’emozione che provano questi ragazzi, solo perché passano un’ora insieme a me, è un’esperienza veramente toccante. Sono persone incredibili, mi emoziona pensare agli sforzi e ai sacrifici che devono affrontare per allenarsi o per una partita. È chiaro, il fatto che io sia diventato un giocatore importante li ha aiutati a livello mediatico e di comunicazione, ma a me dà fastidio apparire più di loro che sono i protagonisti e si meritano tutta
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l’attenzione. Gli Insuperabili insegnano a questi ragazzi a giocare a calcio, a diventare atleti veri. Non si limitano a farli divertire: trasmettono il senso della vittoria, i valori di squadra, lo spirito agonistico. Indossare quella maglia li fa sentire parte di un progetto, li carica di una grande responsabilità e, soprattutto, li fa sentire tutti uguali. La promozione dello sport per disabili può e dev’essere l’inizio di una nuova cultura dell’integrazione. Penso all’effetto positivo delle Paralimpiadi, soprattutto da Londra in poi; penso alle imprese di atleti eccezionali come Bebe Vio e Alex Zanardi, che hanno trasformato una grave malattia e un terribile incidente in una seconda vita. L’idea di superare i limiti, di rendere accessibile lo sport a tutti, anche alle persone con disabilità, mi affascina. a seconda associazione che sostengo è l’Haccompagnami Onlus, che dieci anni fa a Livorno, la mia città natale, ha creato una compagnia teatrale per ragazzi disabili chiamata Mayor Von Frinzius. Il regista, Lamberto Giannini, era un professore del liceo che frequentavo: con lui, da ragazzi, mio fratello e io facevamo i campi estivi. È una figura importantissima della mia vita, una persona che m’ha insegnato tanto. L’impegno di tutti i ragazzi portatori di handicap che partecipano a questo progetto è straordinario: provano due volte alla settimana, da settembre a maggio, a volte anche per cinque ore consecutive. Arrivano davvero a forzare i propri limiti pur di andare in scena e riuscire a esibirsi in un teatro molto spesso pieno. Sì, perché alle prime dei loro spettacoli ci sono centinaia di spettatori: in un certo senso, è un impegno simile a quello di un calciatore professionista. Devono imparare a improvvisare, a sviluppare un rapporto con il pubblico. Il teatro è terapeutico per tutti ma per loro ha una valenza diversa: si sentono fondamentali perché sono i protagonisti e senza di loro lo spettacolo non andrebbe in scena. Ogni giovedì recitano al Teatro Goldoni di Livorno. Io purtroppo non ci posso andare ma mia mamma sì, spesso.
L
li Insuperabili e Mayor Von Frinzius sono cresciute tantissimo negli ultimi anni, hanno superato le mie aspettative e questo mi rende molto felice. Non posso che augurar loro il meglio. Per quanto riguarda me, l’unica cosa che vorrei è avere un po’ più di tempo, in modo da poterli seguire e stare con loro. Comunque so che ogni semplice gesto, come twittare una foto o magari pubblicare sui miei social le informazioni sulle loro attività, può fare una grande differenza. Grazie anche alla tecnologia, le generazioni future vivranno forse in un mondo migliore: ma dovranno imparare a gestirla bene, a utilizzarla in modo corretto. Perché è uno strumento prezioso per creare una maggiore consapevolezza delle diversità e, magari, migliorare tutta la nostra società. È il mio impegno di uomo, padre e calciatore. La vera innovazione, in fondo, è la solidarietà.
G
giorgio chiellini è nato il 14 agosto 1984 a Pisa. È cresciuto a Livorno, dove ha esordito come calciatore professionista. Da allora sempre alla Juventus, a parte un anno con la Fiorentina. Con la maglia bianconera, nel ruolo di difensore, ha conquistato 5 scudetti consecutivi, 2 Coppe Italia,
3 Supercoppe di Lega. Con la nazionale italiana: 7 reti in 90 presenze. Nel 2010 si è laureato in Economia e commercio all’università di Torino con una tesi sul bilancio di una società sportiva. Da sempre impegnato in progetti solidali, è un grande appassionato di tecnologia e serie tv.
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RIS PON DE:
JAN FAB RE
IL GUERRIERO DELLA BELLEZZA
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A L L’ H E R M I T A G E IL
METTE PER
IN
CHE
L' A R T E
COSÌ
È
È
SAN
PIE T R O B U R G O,
ARTISTA
MOSTRA
TRASMETTERE
PAS SIONE, SOLO
DI
CONTROVERSO
LE
ALLE
COME
ANARCHIA
DI
ANVERSA
PROPRIE NUOVE
L' A M O R E : E
POSSIBILE
CI
NESSUNA ESSERE
TE STO:
MELANIA ROSSI
OPERE
GENERAZIONI VUOLE RE G O L A.
INNOVATIVI
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A
cosa serve l’arte contemporanea? «A guardare con occhi diversi le opere classiche e a trovarvi nuovi significati», risponde Dmitry Ozerkov, curatore dell’Hermitage di San Pietroburgo. E qual è il ruolo di un artista contemporaneo? «Io ho “ricevuto il fuoco” dai miei maestri Bosch, Dürer, Rubens, Van Dyck. Voglio passare la fiamma alle nuove generazioni perché l’arte è come l’amore: passione, anarchia, nessuna regola», afferma Jan Fabre. Nato ad Anversa nel 1958, dopo gli studi all’Istituto di Arti decorative e all’Accademia reale di Belle arti, è anche commediografo, direttore di scena, coreografo e designer. Questo fa un vero maestro: insegna a sentirsi liberi, appassionati e curiosi al punto da misurarsi con anarchica devozione e ironica umiltà con i grandi del passato. Chi meglio di lui, visto che è stato il primo artista vivente ad avere una personale al Louvre di Parigi; visto che una sua tartaruga di bronzo è apparsa in piazza della Signoria a Firenze, accanto al David di Michelangelo; e che l’ultimo suo spettacolo, lungo ben 24 ore, è in tour mondiale. Passa dal disegno alla scultura, dalla performance al teatro, dalla scrittura al video con estrema coerenza concettuale; per lui artista «è colui che fallisce continuamente» e si definisce «cavaliere della disperazione e guerriero della bellezza». Il suo ultimo progetto è proprio Knight of Despair/Warrior of Beauty. La mostra, curata da Dmitry Ozerkov, è in corso fino al 30 aprile 2017 al museo Hermitage (più di tre milioni di opere), in quel che fu il palazzo imperiale degli zar. Lo storico direttore Mikhail Piotrovsky lo definisce un «organismo vivente che non smette di stupire». Cosa può aggiungere un artista contemporaneo a tali quantità e qualità? L’idea inizia con la performance Love is the Power Supreme: Fabre gira per le sale in armatura e bacia preziosi dipinti, oggetti e sculture; un gesto di libera riverenza e amore carnale per la bellezza. Ha scelto di allestire le sue opere nelle stanze della grande pittura fiamminga e olandese, quelle dei suoi maestri. Alcuni lavori degli anni Settanta, oltre a più di cento nuove creazioni, fanno da commento alla storia dell’arte, quasi creando brillanti note a margine. Il visitatore, già colpito dalla sensualità moderna del Cristo di Rubens, alza lo sguardo e trova quella vagamente ironica del performer Cédric Charron, ritratto da Fabre su inchiostro blu. All’occhio umano quelle strane figure blu appaiono e scompaiono a seconda dell’angolo visivo, ma emergono subito se osservate attraverso uno smartphone. «All’arte non ci abitueremo mai», ha scritto nel 1991. «Sono un nano nato in una terra di giganti», sorride davanti a una grande tela di Rubens, quasi dimenticata per oltre ottant’anni nei depositi. Ha voluto che fosse restaurata ed esposta nella sua installazione Umbraculum: letteralmente luogo nell’ombra, rifugio, riparo dalle fatiche di tutti i giorni. «Un’installazione che parla del mio museo», dice Piotrovsky, «perché tra gli avanti e indietro della politica e la schiavitù della tecnologia, diamo la possibilità alle persone di vedere cose reali». All’inaugurazione sono accorse seimila persone; altrettante non sono entrate per ragioni di sicurezza. Fabre ha dimostrato che con umiltà e passione si possono superare le inibizioni intellettuali, che un artista può pensare di continuare la leggendaria tradizione da cui proviene senza esserne sopraffatto. In questo senso l’arte contemporanea può influenzare le nuove generazioni e l’insegnamento di un grande, che si definisce con ironia «genio senza talento», ne è la prova.
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©PLATON
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TRUNKARCHIVE.COM
Stati sono considerati burocratici e letargici: oggi, tuttavia, si assiste a un cambiamento. I governi cominciano a operare come una qualunque grande azienda che abbia bisogno di innovare. Certo, il settore pubblico ha standard di sicurezza e privacy diversi; ma questi enti stanno creando spazio per la sperimentazione e
GRAZIE ALLE
la rapida evoluzione che,
I N F R A S T R U T T U R E D I G I TA L I AV R E M O I S TITUZ I O N I PI Ù TR A S PA R E NTI , V E LO C I E I N T E R AT T I V E
una volta testate, potranno essere portate all’interno delle funzioni chiave della pubblica amministrazione. Un giorno non tanto lontano, quando gli sviluppatori prenderanno coscienza di queste
di Satya Nadella CEO
DI
MICROSOFT
possibilità e i governi sapranno sostenerne lo sforzo, ci troveremo in condizione di interagire con i nostri enti locali, statali o federali con le stesse semplicità e trasparenza che viviamo in altri servizi ai consumatori. Di conseguenza, ci libereremo di larga parte dei costi di transazione
Nel corso degli ultimi
negli Stati Uniti – e ho
Nello Stato indiano di Tamil
che tutti noi sopportiamo
decenni, le aziende si sono
notato un cambiamento
Nadu, una piattaforma
affinché le cose vengano
progressivamente abituate
fondamentale in atto: i
Microsoft di cloud-
fatte: sia che ci si trovi in
a operare in ambienti ricchi
funzionari anche lì iniziano
computing ha permesso
coda alla motorizzazione,
di dati e a utilizzare sistemi
a ricercare quelle stesse
di monitorare in diretta
sia che si debba presentare
che le aiutino a trarre il
capacità, attingendo allo
video quanto accadeva
la dichiarazione dei redditi
massimo vantaggio da
stesso genere di “poteri”
nelle cabine elettorali,
o accedere ad agevolazioni.
questa mole immensa di
analitici e predittivi di cui
contribuendo in questo
Tutto diventerà più
informazioni. Sappiamo
usufruiscono le aziende, in
modo allo svolgimento
immediato e semplice:
quando i clienti vengono
modo da svolgere al meglio
libero e regolare delle
grazie all’aumento della
a visitare i nostri siti web,
le proprie funzioni.
elezioni.
fiducia e alla riduzione dei
quando interagiscono sulle
Ovunque nel mondo
Città degli Stati Uniti
costi di transazione, si
app, quando chiamano il
vediamo i governi locali
come San Jose, Seattle,
realizzerà una crescita
reparto vendite. Abbiamo
servirsi dei dati per vincere
New Orleans e New York,
reale del Pil.
una visione a 360 gradi
le sfide che le loro comunità
infine, stanno utilizzando
Non è solo tecnologia per
di chi essi siano, di cosa
devono affrontare. A
raccolte di dati pubblici
la tecnologia. L’economia
abbiano fatto e di quello che
Tacoma, Washington, il
per individuare i rischi nella
cresce quando investiamo
probabilmente servirà loro
Dipartimento dell’istruzione
sicurezza stradale e il modo
in infrastrutture e questa
in futuro.
è in grado di prevedere i
migliore di ridurli.
è un’infrastruttura: solo
Di solito la gente non
tassi di abbandono delle
Per gli sviluppatori, ciò
di un genere diverso e
si aspetta che i governi
scuole superiori e di usare
rappresenta una grande
straordinario.
abbiano lo stesso genere di
quell’informazione per
opportunità. In genere
capacità. Ho lavorato molto
erogare le sue scarse
si pensa che l’industria
con il settore pubblico –
risorse in modo da
tecnologica innovi
anche all’estero, non solo
contrastare il fenomeno.
rapidamente, mentre gli
Q U A N D O I G I O C AT T O L I P R E N D O N O V I TA
NOME
Kodama
CHE
COSA
Animazione 3D per bambini
DOVE
Londra, Regno Unito
FATTORE
GOOD
NEWS
***
precedenti esperienze nel
concezioni.
mondo dei videogiochi
Reale e virtuale in Kodama
e degli effetti visivi»,
si incontrano e diventano
spiega Charles Leclercq,
l’uno lo specchio dell’altro,
ventottenne con un
senza per questo eliminare
passato in Ubisoft e
la componente fisica e
cofondatore della società
tattile del gioco come
con base a Londra
forma fondamentale
insieme al progettista
di apprendimento e
Antoni Pakowski. «Volevo
socializzazione.
creare uno strumento
La condivisione può
intuitivo, che permettesse
diventare così un modo
a tutti di realizzare
per avvicinare bambini
animazioni in tempo reale,
e genitori, spingendoli
concentrandosi appieno
a creare insieme nuove
Quando i bambini
tridimensionale sullo
sul racconto anziché su
storie. O un modo per gli
giocano con pupazzi,
schermo di un tablet, pronto
complicate interfacce».
animatori professionisti
bambole e robot, è come
a riportare fedelmente ogni
Dopo 6 mesi di prototipi
di sperimentare metodi di
se questi si animassero
spostamento. Questo è
e test è arrivato il
lavoro alternativi, e magari
davanti ai loro occhi.
possibile grazie a una serie
prodotto finito, che vedrà
permetterci di vedere
Ma cosa succederebbe
di magnetometri incorporati
il mercato nel 2017. «È
qualcosa di diverso dai soliti
se accadesse davvero?
nella base, che rispondono
stata una vera e propria
blockbuster. «Lo scopo è
Kodama, che nella cultura
ai magneti inseriti nelle
sfida: personalmente ho
democratizzare il processo
giapponese è il nome
miniature e ne tracciano i
imparato a scrivere linee
creativo, stimolando la
degli spiriti silvani, è una
movimenti in modo analogo
di codice realizzando
varietà. Siamo un po’
piattaforma che permette
al gps. Ruotando una
qualche app nel tempo
stanchi dei grandi titoli che
di creare film animati in 3D
piccola telecamera esterna
libero ma non mi ero mai
arrivano sempre dagli stessi
semplicemente muovendo i
a forma di cubo si modifica
cimentato nel tracciamento
studi: vogliamo innescare
giocattoli con le mani.
poi l’inquadratura, e a
tridimensionale, cosa che
qualcosa di nuovo».
Posizionando un oggetto
quel punto basta premere
probabilmente si è rivelata
Hollywood non è mai stata
su un apposito tappetino,
“record” per diventare
un vantaggio», sgombrando
così a portata di mano.
si vedrà apparire il
registi.
il campo da preconcetti e
MARCO
suo corrispondente
«L’idea nasce dalle mie
aprendo le porte a nuove
COSENZA
CI B O DAV V E RO SCADUTO? TE LO DICE L A L I N G U E T TA
NOME
Bump Mark
CHE
COSA
Etichette bioreattive per la freschezza del cibo
DOVE
Londra, Regno Unito
FATTORE
GOOD
NEWS
***
un piccolo dispositivo da
e innocuo per la salute
applicare alla confezione
umana. Se nei paesi in
del prodotto. La linguetta
via di sviluppo lo spreco
contiene al suo interno un
alimentare è all’inizio della
gel proteico che degrada
catena di produzione,
con gli stessi tempi del
ovvero al momento della
contenuto della confezione
raccolta e del trasporto,
stessa. Quando le proteine
nei paesi più ricchi si
contenute nel gel vanno
colloca invece alla fine della
a male, creano delle
catena stessa: siamo noi
protuberanze (“bump” in
consumatori a buttare via
inglese): basterà quindi
cibo in realtà ancora buono.
sfiorare la linguetta
La commestibilità di
per capire se il cibo è
un prodotto dipende
ancora buono o scaduto,
da molti fattori, tra cui
«All’università, durante il
potrebbe dare un contributo
indipendentemente
principalmente il modo in cui
tirocinio, stavo lavorando
significativo alla nostra
dalla data segnalata
è conservato e trasportato.
a un progetto con alcune
salute e alla lotta allo spreco
sull’etichetta.
Tuttavia conservanti,
persone cieche. Indagando
alimentare. Pakštaitė,
Bump Mark verrà
coloranti e cere spesso
sulla loro vita quotidiana, tra
vincitrice con la sua Design
inizialmente venduto
celano all’occhio inesperto
le tante cose, ho imparato
By Sol nel 2014 del premio
nel Regno Unito già dal
alcuni segni che il cibo
che per loro è molto difficile
come migliore startup
prossimo anno. E la realtà
sia già andato a male.
capire dalle etichette se
britannica, sta completando
cui vuol dare una risposta è
Le etichette, poi, sono
il cibo che compravano
le procedure per
molto seria e complessa. Più
da anni al centro di una
stava scadendo». Da
industrializzare Bump Mark.
di un miliardo di tonnellate
battaglia tra consumatori
questa constatazione,
Si tratta di un’etichetta
di cibo viene sprecato ogni
(che vorrebbero molte più
la designer britannica
bioreattiva che permette di
anno, circa un terzo di tutto
informazioni) e produttori,
Solveiga Pakštaitė ha avuto
comprendere in tempo reale
quello che viene prodotto,
che, per tutelarsi, devono
un’intuizione: «Tornata
la qualità e la freschezza
per un valore che sfiora i
solo indicare quando il
all’università, ho iniziato
dei cibi contenuti all’interno
mille miliardi di dollari. Se
cibo va “preferibilmente”
a sviluppare un progetto.
delle confezioni sigillate. Il
fosse uno Stato, lo spreco
consumato. Strumenti
Quasi subito ho realizzato
principio alla base è molto
di cibo rappresenterebbe il
come Bump Mark danno
che i ciechi non erano i
semplice. Le etichette
terzo produttore mondiale
sicuramente informazioni
soli a non riuscire ad avere
stampate non possono
di CO2, dopo Stati Uniti e
aggiuntive al consumatore,
informazioni corrette dalle
essere aggiornate sulla
Cina. Ogni europeo butta
affinché faccia acquisti più
etichette».
reale qualità del cibo in
via ogni anno 115 chili di
responsabili per sé e per
Così è nata Bump Mark,
termini di conservazione.
cibo, gran parte del quale
l’ambiente.
che nei prossimi anni
Pakštaitė ha quindi creato
è ancora commestibile
GIACOMO
DESTRO
Il fulcro del progetto Bibak
Singularity University,
(“senza paura”, in persiano)
ospitata dal centro ricerche
è quella che viene definita
Nasa di Moffett Field (a
Canny, ossia una tanica
Mountain View, non lontano
multifunzione che potrebbe
dalla sede di Google) nella
salvare milioni di vite. Le
Silicon Valley. Il progetto,
CON UN OMBRELLONE TROVEREMO
LA NOSTRA GEMELLA statistiche delle Nazioni
L A TA N I C A T U T T O FA R E CHE VUOLE SMINARE IL MONDO
è stato poi sviluppato
milioni di mine antiuomo
con l'australiana Lorenn
ancora sepolte in 70 paesi
Ruster e la peruviana
con 1,5 miliardi di persone
Shirley Andrade ed è stato
coinvolte: un vero pericolo
presentato presso il Museo
quotidiano, che sta in
della Storia del Computer di
inquietante attesa e che
Palo Alto.
causa ogni anno 20mila tra
Le Canny possono essere
morti e mutilati gravi, con il
assemblate in loco con
47% di bambini.
materiali economici e
Canny è una possibile
di facile reperibilità e,
soluzione: al proprio interno
una volta completato lo
include sensori come un
sminamento di un'area,
metal detector, un radar che
non vengono gettate via
sonda il terreno (Ground
ma possono risultare
Penetrating Radar – Gpr)
ancora assai utili: è infatti
e un rilevatore di vapori ed
possibile riconvertirle,
esplosivi.
trasformandole in parte in
Grazie a questi componenti
un generatore per l’energia
può scovare la presenza di
o in un sistema per regolare
metallo, plastica e anche di
il flusso di acqua per irrigare
ordigni di legno (che sono
le coltivazioni. Così, da un
i più difficili da trovare).
luogo off-limits e portatore
Non solo, al proprio interno
di morte improvvisa, i
mette a disposizione una
campi e i terreni possono
cartuccia che marca il
letteralmente rifiorire,
terreno con le mine e un kit
aprendo alle coltivazioni,
di primo soccorso. In più,
all'accesso all'acqua, al
trasporta acqua, perché
gioco spensierato dei
la disidratazione è uno
bambini e portare, così,
dei pericoli ai quali vanno
vita e futuro.
incontro gli sminatori, che
DIEGO
in paesi come Sri Lanka o Angola guadagnano appena 250 dollari al mese pur rischiando la vita ogni giorno. La struttura facilmente trasportabile di Canny le permette di essere fissata a diversi supporti come bastoni, attrezzi di lavoro come vanghe o
NOME
rastrelli, a macchinari come i
Bibak
trattori o persino ai droni. CHE
L'idea di Bibak è venuta
COSA
Sistema di identificazione mine antiuomo
a una 33enne italiana, Selene Biffi, che con questo progetto si è aggiudicata
DOVE
Eindhoven, Olanda
una borsa di studio messa in palio dal Global Impact
FATTORE
*****
GOOD
NEWS
che ha sede in Olanda,
Unite raccontano di 110
Challenge che le ha consentito di frequentare per 10 settimane la
BARBERA
UNA CASA PER CHI È SENZA CASA
accoglienza tradizionali e
proteggere l’occupante
dà la possibilità di trovare
da freddo e pioggia. La
rifugio anche a chi non
struttura è leggera e
può o non vuole accedere
supportata da piccole ruote,
alle strutture. «Satellite
per essere trasportata in
Shelter è un progetto
ogni luogo.
compiuto, pronto a entrare
Ideato da un gruppo di
in produzione. Ciò che
studenti della Carnegie
manca in questo momento
Mellon University di
è un donatore, un ente
NOME
Pittsburgh in Pennsylvania,
pubblico o una compagnia
Satellite Shelter
Satellite Shelter non è al
privata che voglia portarlo
momento in commercio ma
sul mercato». O sulla strada,
si è aggiudicato il secondo
dove può fare davvero
posto all’“impact-a-thon”,
la differenza.
l’hackathon che l’università
M.C.
©CARNEGIE
MELLON
UNIVERSITY
sacco a pelo e in grado di
CHE
COSA
Rifugio portatile per senzatetto DOVE
americana destina ogni
Pittsburgh, Stati Uniti
anno alla risoluzione di problemi socialmente
FATTORE
GOOD
rilevanti. «I quattro membri
NEWS
della squadra l'hanno
****
ideato in cinque giorni di intenso lavoro creativo, Più di 50mila in Italia,
di un rifugio portatile e
poi hanno impiegato dieci
500mila negli Stati Uniti
pieghevole, realizzato con
mesi per rifinire il concetto
e 5 milioni in Russia: ma
un mix di materiali classici
di partenza e renderlo
sono oltre 100 milioni nel
e innovativi. Le imbottiture
non solo funzionale ma
mondo le persone senza
sono in lana mentre il
anche economicamente
fissa dimora, spesso
rivestimento è in Mylar
sostenibile», spiega
costrette a passare la notte
(polietilene tereftalato), una
Jonathan Cagan,
fuori da rifugi e strutture
fibra riflettente usata sia
direttore dell'Integrated
attrezzate, soprattutto in
nelle serre che nelle missioni
Design Innovation Group
inverno esposti a pericoli
spaziali o di salvataggio.
dell'ateneo di Pittsburgh.
e intemperie. Satellite
Chiuso, assomiglia a un
È una soluzione
Shelter potrebbe essere la
comune materassino; una
temporanea, quindi
soluzione per sentirsi più
volta aperto diventa una
non influisce sui costi
caldi e al sicuro. Si tratta
tenda isolante, dotata di
di gestione dei centri di
IL SUPER COMPUTER CHE OFFRE DA BERE (E NON SOLO)
a una quarantina di metri,
basandosi né su filtri né
NOME
coperta da pannelli solari
su membrane né su agenti
Watly
che ne garantiscono il
chimici, non richiede alcuna
funzionamento e al cui
specializzazione per farlo
interno avvengono tutte le
funzionare e riduce la
trasformazioni necessarie
necessità di manutenzione
a fornire, all'esterno,
al minimo, per un ciclo di
DOVE
acqua potabile, energia o
vita medio di una quindicina
Bari, Italia
connessione wi-fi.
d'anni, che può arrivare
Il tutto, senza bisogno
anche a venti con un po' di
di collegarsi a una rete
cura. Oggi, Watly è in grado
elettrica. Se l'energia
di purificare fino a 3 milioni
la mette, chiaramente,
di litri d’acqua all’anno, utili
il sole, l'acqua da dove
a servire una comunità
arriva? Semplicemente dai
di circa 3mila persone,
CHE
COSA
Impianto per depurare l'acqua
FATTORE
GOOD
NEWS
*****
Acqua potabile, elettricità,
dalla Primiceri, azienda
mari, dopo un processo
anche per quanto riguarda
internet: sono tre risorse,
specializzata da oltre 30
di desalinizzazione, o da
le esigenze di energia e
ciascuna a suo modo,
anni nella produzione
fiumi e laghi inquinati o
connettività, e diventa così
vitali, e tutte e tre scarse
di sistemi di controllo e
persino dalle fogne. Già,
uno strumento ideale per
in troppe parti del mondo.
gestione dell’energia,
perché il cuore di Watly è
gran parte del continente
L'idea di uno strumento
dovrebbe essere pronto per
un depuratore che agisce
africano, dove questi
capace di fornirle tutte
la fine del 2016.
attraverso la distillazione a
problemi sono più urgenti.
contemporaneamente è
Di che cosa si tratta? I suoi
termocompressione ovvero,
Per fabbisogni maggiori,
venuta 3 anni fa a Marco
ideatori lo hanno battezzato
semplificando, portando
come le grandi città, può
Attisani, 44 anni, un
il primo computer
l'acqua a temperature
essere messo in rete con
passato nel settore delle
termodinamico al mondo e
che la purificano da ogni
altri Watly.
energie rinnovabili. Il primo
in pratica è una costruzione
forma di contaminazione,
FEDERICO
prototipo funzionante di
bassa, con quattro braccia
sia essa chimica, fisica
Watly, assemblato a Bari
che ne portano l'estensione
o batteriologica. Non
BONA
Blitab è una tavoletta il
digitalizzazione dell’alfabeto
cui schermo è composto
Malossi (tattile e
non da pixel ma da tixels
intuitivo). Gli utenti possono
(tactile pixels), una serie
ricevere messaggi in forma
di puntini tattili intelligenti
di stimolazione tattile,
che si sollevano in rilievo
come se qualcuno stesse
sulla superficie del display
scrivendo direttamente
per permettere la lettura.
sul loro palmo della mano:
In fase di sviluppo presso
così riescono a decifrare le
la Vienna University of
parole con un rapido tocco
Technology, conta su 14
dei polpastrelli.
CI VEDO
linee di testo animate da un
Ma è ancora possibile
MA NON CI VEDO
particolare liquido in grado
inventare nuovi sistemi.
di ricreare anche grafici e
“Note tra le dita” è il
mappe complesse.
progetto che +Lab, il
Dall’italiana Lumi Industries
FabLab del Politecnico di
arriva invece il programma
Milano, ha pensato per la
che converte testi
lettura dei pentagrammi
dall’alfabeto comune al
attraverso l’ideazione di un
braille e li imprime su una
linguaggio che semplifica
targhetta solida grazie alla
il braille musicale (unico
stampante 3D portatile
strumento disponibile fino
Lumipocket, per avere
a ora).
con sé in ogni istante un
L’udito, per chi non può
interprete in tasca.
contare sulla vista, diventa
Per portarselo in punta di
uno dei principali strumenti
naso ci sono poi diversi
di comprensione della realtà
tipi di "smart glasses".
circostante e per questo va
I Glassense dell’Iit di
allenato adeguatamente.
Genova sono in grado di
SoundSight Training è
attutire il volume dei suoni
la palestra virtuale con
indesiderati che circondano
cui imparare a usare
l’utente senza però alterare
l’ecolocalizzazione (la
le sorgenti sonore che
stessa tecnica utilizzata dai
si trovano di fronte a lui,
pipistrelli per orientarsi) che
aumentando così la sua
può essere adottata anche
capacità di comprensione
da chi ha problemi di vista.
della voce.
Ascoltando l’eco del proprio
Discorso simile vale per le
schiocco di lingua, infatti,
NOMI
Teletatto, Blitab, Lumi Industries, Glassense... CHE
COSA
Soluzioni tecnologiche per ciechi e ipovedenti DOVE
FATTORE
GOOD
NEWS
****
L’innovazione nasce
coppia di mouse e pad per
“lenti acustiche” OrCam
una persona può dare
spesso dalla visione di
trasformare le immagini in
MyEye. Basta puntare il
una descrizione completa
chi la crea. Un concetto
stimoli tattili. Sviluppato
dito su un cartello o un
dell’ambiente in cui si trova
che viene elevato al
dall'Istituto italiano di
foglio perché la telecamera
e individuare gli ostacoli
quadrato nel caso di tutti
tecnologia con il sostegno
incorporata nella montatura
in esso presenti. Questo
quei dispositivi in grado
di Fondazione Vodafone
inquadri le parole e le
specifico ambiente di realtà
di restituire non ancora la
Italia, il sistema traduce
scandisca all'orecchio
virtuale simula diversi
vista, ma sicuramente una
le immagini in sensazioni
tramite un apparecchio
scenari per insegnare la
prospettiva diversa ai 285
fisiche per veicolare
sonoro: un modo immediato,
tecnica corretta, attraverso
milioni di ciechi e ipovedenti
concetti spiccatamente
poco invasivo di dare
un percorso a livelli di
del mondo. Grazie alla
corporei, come per
indipendenza e sicurezza
difficoltà crescenti che
tecnologia, oggi sono molte
esempio quelli geometrici e
anche in contesti in cui è
unisce gamification e
le soluzioni utili a eliminare
scientifici, spiegati spesso
impossibile contare solo sul
apprendimento. Non serve
le barriere che questo tipo
solo a livello visivo in ambito
linguaggio tattile.
essere supereroi per
di patologie rappresentano
scolastico.
Il bello dei dispositivi
riuscirci, serve solo trovare
per la comunicazione e
Se ormai l’istruzione integra
indossabili è che possono
il Daredevil nascosto in
l’apprendimento.
con sempre maggiore
assumere forme diverse.
ognuno di noi.
A partire da Teletatto,
frequenza l’uso di pc e
dbGlove per esempio, è un
M.C.
un software low cost
tablet, ecco che anche le
guanto che aiuta a sfruttare
per non vedenti che si
soluzioni per chi è colpito
tutte le funzionalità degli
avvale di una particolare
da disabilità si adattano.
smartphone attraverso la
CAPITOLO
W I R E D
—
I N V E R N O
16 / 17
PERCHÉ LA TECNOLOGIA CI RENDERÀ MIGLIORI?
RIS P O N D O N O:
BARACK OBAMA JOI ITO VITTORIO STORARO ELON MUSK MARK ZUCKERBERG
RIS P O N D O N O:
BARACK OBAMA E JOI ITŌ
YES. WE STILL CAN FOTO:
TE STO:
DAN WINTERS
95
SCOTT DADICH
IL DEL DI
PRESIDENTE MEDIA WIRED
CAMBIANDO C'È
UN
LAB US
SU
IL
FUTURO
USCENTE
DEGLI
DEL
A
MIT
COME
NOSTRO PIENO
STATI
COLLOQUIO
L' I N T E L L I G E N Z A M O N D O: DI
W I R E D
—
PERCHÉ
SPERANZA
I N V E R N O
16 / 17
E
UNITI CON
IL
E
IL
DIRETTORE
DIRETTORE
ARTIFICIALE AD
STIA
ATTENDERCI
IMMAGINAZIONE
96 97
Difficile pensare a una tecnologia che, più dell’intelligenza artificiale, nei prossimi cinquant’anni potrebbe cambiare il mondo. Grazie all’apprendimento automatico, che permette ai computer di insegnare a se stessi, emergono una miniera di sviluppi, dalla diagnostica medica alle auto senza guidatore, e tante preoccupazioni: chi controlla il processo? È pericolosa? I robot prenderanno il nostro posto al lavoro? Il presidente uscente Barack Obama ha accettato di affrontare questi temi con Joi Itō, imprenditore e direttore del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology. Così insieme a loro, alla Casa Bianca (l'intervista si è svolta lo scorso settembre, quando Obama era ancora in carica, ndr), ho passato in rassegna le speranze, il battage pubblicitario e le paure che ruotano intorno all’IA. Oltre a una veloce opinione su Star Trek.
W I R E D
—
I N V E R N O
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S.D. Intanto, grazie a entrambi per
a costituire il nucleo della scienza
che non avrebbero mai acquistato
la disponibilità. Com’è stata la sua
informatica intorno all’IA. Molti si
quell’auto...». [Ride.]
giornata finora, signor presidente?
sentono più a loro agio comunicando
S.D. Parlando di temi etici, qual è
B.O. «Impegnata. Produttiva. Un
con i computer che con gli umani:
il ruolo di chi governa?
paio di crisi internazionali qua e là».
ritengono che, se potessero
B.O. «Credo che, quando nasce
S.D. Parliamo di intelligenza
occuparsi solo di intelligenza
una tecnologia, possano sbocciare
artificiale, ieri fantascienza, oggi
artificiale generica, non dovremmo
migliaia di fiori. Il governo dovrebbe
fattore di cambiamento della
più perdere tempo con robe confuse
usare un tocco relativamente
nostra esistenza. Quando si è reso
tipo la politica e la società».
leggero, investendo in modo
conto che ormai era una realtà?
B.O. «Vero».
pesante in ricerca e garantendo
B.O. «È penetrata nelle nostre vite
J.I. «Sottovalutano le difficoltà.
un dialogo tra quella di base e
in ogni modo possibile, e nemmeno
Questo è l’anno in cui l’IA può
quella applicata. Poi, via via che le
ce ne siamo accorti. In parte per
diventare molto più di un semplice
tecnologie crescono e maturano,
il modo in cui la pensiamo, che è
problema di scienza informatica.
capire come incorporarle nelle
influenzato dalla cultura popolare.
Al Media Lab usiamo il termine
strutture normative esistenti diventa
Esiste una distinzione, nota certo
“intelligenza estesa” perché la
un tema serio e lo Stato dev’essere
a tanti dei vostri lettori, tra IA
questione è: come costruiamo valori
più coinvolto. Non si tratta sempre di
generica e IA specializzata. Nella
sociali all’interno dell’IA?».
costringerle nella cornice esistente,
fantascienza, quella di cui si parla è
B.O. «Quando abbiamo pranzato
bensì di garantire che le norme
la prima, giusto? I computer iniziano
insieme, tempo fa, Joi ha usato
riflettano un’ampia base di valori
a diventare più intelligenti di noi,
l’esempio delle auto senza
o potrebbero danneggiare alcune
alla fine ci rendono inutili e, poi,
guidatore. La tecnologia ce
persone o alcuni gruppi».
o ci narcotizzano mantenendoci
l'abbiamo, più o meno. Abbiamo
J.I. «Conoscete il movimento
grassi e felici o ci ritroviamo a vivere
vetture in grado di prendere
della neurodiversità (i sostenitori
in una realtà tipo Matrix. La mia
decisioni rapide, che in modo
ritengono che l’autismo e altre
impressione, basata sui colloqui con
drastico potrebbero ridurre le morti
disfunzioni cerebrali come dislessia
i consiglieri scientifici della Casa
per incidenti stradali, migliorare
e sindrome da deficit di attenzione
Bianca, è che siamo ancora lontani
l’efficienza della rete di trasporti,
non vadano trattate come piaghe
da ciò, ma vale la pena rifletterci
contribuire a risolvere problemi
da sradicare ma come differenze
perché stimola l’immaginazione e
come le emissioni di carbonio, causa
da capire e accettare, ndr)? La
ci porta a ragionare su temi quali
del surriscaldamento del pianeta.
professoressa Temple Grandin della
scelta e libero arbitrio. I quali
Poi Joi si è posto quella domanda:
Colorado State University, affetta
hanno rilevanti implicazioni con
quali valori introdurremo nelle auto?
dalla sindrome di Asperger, dice
l’IA specializzata, che usa algoritmi
Se sarà la vettura a guidare, sterzerà
che oggi Mozart, Einstein e Tesla
e computer per rispondere a
per evitare un pedone anche se poi
sarebbero considerati autistici».
sfide sempre più complesse:
andrà a sbattere contro un muro e
B.O. «La loro diagnosi sarebbe
sta permeando ogni aspetto
causerà la tua morte? La decisione è
“disturbo dello spettro autistico”».
della nostra vita, dalla medicina
morale: chi la prenderà?».
J.I. «Sì. Se potessimo debellarlo
ai trasporti, alla distribuzione
J.I. « Quando abbiamo proposto il
e rendere tutti neuronormali,
dell’energia elettrica, e promette di
“Dilemma del carrello ferroviario”
scommetto che un sacco di
creare un’economia più produttiva,
in versione automobilistica (è uno
ragazzi del Mit non sarebbero
più efficiente. Impostata in modo
studio del Mit Media Lab del 2016:
quello che sono... Che si parli di
corretto, può generare prosperità e
chi rispondeva doveva valutare
autismo o di diversità in genere,
opportunità; ma ci sono lati negativi
alcune situazioni lose-lose su cui
quando permettiamo che sia il
da affrontare per scongiurare
avrebbe deciso una vettura senza
mercato a decidere è un problema.
la perdita di posti di lavoro, la
guidatore – salvare i passeggeri
Forse Einstein come figlio non lo
crescita delle disuguaglianze,
o fare morire i pedoni? –, ndr),
desidereresti, ma dire “Okay, voglio
l’abbassamento dei salari».
abbiamo scoperto che alla maggior
solo ragazzi normali” non garantirà
J.I. «So di contrariare alcuni miei
parte delle persone piaceva
un gran beneficio sociale».
studenti al Mit, però mi preoccupa
l’idea che autista e passeggeri
B.O. «Eccoci alla questione
che siano perlopiù bande di
venissero sacrificati per salvare
chiave che ci troviamo sempre ad
ragazzini, in maggioranza bianchi,
tante vite. Poi hanno anche detto
affrontare quando c’è di mezzo l’IA.
W I R E D
—
I N V E R N O
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«L’IA NON È UN SEMPLICE PROBLEMA DI INFORMATICA MA DI "INTELLIGENZA ESTESA": COME COSTRUIAMO I VALORI SOCIALI CHE LA REGOLANO?» JOI ITŌ
C A P I T O L O
3
98 99
100 101
Sono anche le stramberie a renderci
andare perdute. O non essere
impadronirsi del mondo, ma della
umani, così come le mutazioni, le
discusse in modo appropriato».
capacità di elementi non governativi
anomalie, i difetti creano l’arte o
S.D. La differenza tra l’innovazione
od ostili di penetrare i sistemi. È lo
le invenzioni... un sistema perfetto
prodotta ai margini e quella
stesso approccio che adottiamo
sarebbe statico. Parte di ciò che ci
inserita in programmi tipo
per il massiccio lavoro sulla cyber
rende quel che siamo, che ci rende
quello spaziale è un tema molto
security. Ma va migliorato, perché
vivi, è che siamo dinamici e capaci
dibattuto: come garantire che
chi in futuro userà questi sistemi lo
di sorprendere. Ecco, quand’è
tutte queste idee si trasmettano?
farà sempre meglio».
opportuno che le cose funzionino
B.O. «Il solo fatto che lo Stato
J.I. «Sono d’accordo. Con una
come previsto, senza sorprese?».
finanzi e contribuisca alla raccolta di
precisazione: pochi, oggi, credono
S.D. Parliamo dell’intelligenza
dati, non significa che li accumuli o
probabile l’affermazione di un’IA
estesa che si applica al governo,
che l’esercito ne possa disporre. Un
generica nei prossimi dieci anni.
all’industria privata e al mondo
esempio? Il progetto sulla medicina
Perché ciò accada, credo che
accademico: dove dovrebbe
di precisione prevede di realizzare
servano una ventina di scoperte
trovarsi il centro di quella ricerca,
un grande database di genomi
fondamentali: perciò si può
ammesso che un centro esista?
umani di un gruppo sufficientemente
monitorare la situazione».
J.I. «Il Mit risponderebbe: al Mit...
diversificato di americani. Invece di
B.O. «Tieni sempre qualcuno vicino
[Ride] Una volta probabilmente
dar soldi a Stanford o Harvard, ora
al cavo della corrente! [Ride] Se vedi
si sarebbe trattato di un gruppo
possediamo un database genetico,
che sta per succedere, stacca la
di accademici supportato da un
cui tutti possono accedere.
presa dal muro, amico mio».
governo; ma oggi in ballo ci sono
Disporre di un insieme di valori
J.I. «L’importante è individuare chi
laboratori da miliardi di dollari».
condivisi, di un’architettura comune,
– comunità oppure leader – vuole
B.O. «I finanziatori li conosciamo.
garantisce che la ricerca non venga
servirsi dell’IA a fin di bene e trovare
Se parli con Larry Page e gli altri,
monetizzata da un unico gruppo».
il modo di aiutarlo».
l’atteggiamento è: “Non vogliamo
S.D. Ma i rischi esistono. Elon
B.O. «Quando ragioniamo sulla
burocrati che ci rallentino mentre
Musk, ceo di Tesla, e il filosofo
sicurezza, per tradizione pensiamo
diamo la caccia agli unicorni
svedese Nick Bostrom temono
a una blindatura o a muri; sempre
(le startup che hanno un valore
che il potenziale dell’IA possa
più spesso, invece, mi ritrovo a
superiore al miliardo di euro, ndr)”.
superare la nostra capacità di
guardare alla medicina e a pensare
Il problema è che il nostro impegno
comprenderla. Come proteggere
ai virus, agli anticorpi. Se garantire
per la ricerca di base è calato,
noi stessi e l’intera umanità?
la cyber security continua a essere
la fiducia nell’azione collettiva è
B.O. «Parto dall’apprensione più
difficile, è anche perché la minaccia
stata intaccata anche da ideologia
immediata, un problema risolvibile in
non è costituita da una squadra di
e retorica. Davanti a una grande
questa categoria di IA specializzata.
carri armati ma da un insieme di
conquista tecnologica, come
Se tu hai un computer su cui puoi
sistemi potenzialmente vulnerabili e
analogia usiamo ancora il lancio
fare girare Go, un complicato
aggredibili da un virus informatico.
sulla Luna ma, cinquant’anni fa, il
gioco dalle infinite varianti, forse
Quindi dobbiamo cambiare il modo
programma spaziale rappresentava
sei in grado di sviluppare anche un
di pensare alla sicurezza e fare
mezzo punto percentuale del
algoritmo che massimizzi i profitti
investimenti diversi. A preoccuparmi
Pil. Equivale a circa 80 miliardi di
alla Borsa di New York. Altri, però,
più di tutto sono minacce tipo le
dollari, che oggi dovremmo investire
potrebbero far crollare lo Stock
pandemie. Non servono muri per
sull’intelligenza artificiale... e invece
Exchange o minare l’integrità
impedire che una letale influenza
forse non si arriva al miliardo.
dei mercati finanziari. Così come
aviotrasportata arrivi sulle
Un’accelerazione ci sarà ma, se
un algoritmo potrebbe ordinare:
nostre coste: occorre la capacità
vogliamo che i valori di una comunità
“Decifra i codici nucleari e scopri
di realizzare sistemi di sanità
multiculturale siano rappresentati
come lanciare i missili”. Se lavora
pubblica ovunque nel mondo, di
in queste tecnologie avanzate, il
solo su questo, se autoapprende e
attivare meccanismi che ci avvisino
finanziamento statale dovrà fare la
se è davvero efficace, ecco, allora
dell’insorgere del fenomeno, che
sua parte. Se invece Washington
abbiamo un problema. La mia
garantiscano l’applicazione rapida di
non parteciperà, le tematiche che
indicazione al team della Sicurezza
protocolli che rendano i vaccini più
Joi ha sollevato riguardo ai valori
Nazionale è: non preoccupatevi più
“intelligenti”! Sì, un nuovo modello
in queste tecnologie potrebbero
di tanto di macchine che potrebbero
di sanità pubblica potrebbe rivelarsi
W I R E D
—
I N V E R N O
16 / 17
utile per rispondere anche alle
B.O. «Joi ha centrato il punto, la
meno costosi. Ma ci sono attività
minacce dell’IA».
ragione per cui stiamo organizzando
di alto livello, come l’avvocato o il
J.I. «A questo proposito, sarebbe
incontri con tutti gli interessati.
revisore contabile, che potrebbero
interessante guardare al microbioma
Ripeto, dobbiamo pensare alle
scomparire mentre altre, nel
(l'insieme del patrimonio genetico
implicazioni economiche, perché
campo dei servizi, delle arti e delle
e delle interazioni ambientali della
la gente non sta lì a riflettere ma si
professioni non saranno rimpiazzate
totalità dei microrganismi di un
domanda preoccupata: “Il mio lavoro
perché i computer non possono
ambiente definito, ndr). Introdurre
verrà sostituito da una macchina?”.
sostituirle. Mentre le intelligenze
batteri buoni per combattere quelli
Io tendo a vedere il bicchiere
artificiali iniziano a prendere il posto
cattivi – evitando la sterilizzazione
mezzo pieno. Nel tempo abbiamo
di alcune persone, si fa strada la
– è una strategia possibile».
assorbito nuove tecnologie, la gente
possibilità di altri modelli, come
B.O. «Certo... non mi lascio leccare
ha scoperto nuovi lavori; magari
l’accademia e le arti, dove la gente
da Sunny e Bo (i cani di famiglia,
emigrano ma in genere i nostri
ha obiettivi non direttamente legati
ndr), perché quando li porto a
standard di vita sono migliorati.
al denaro. Per me uno dei problemi
passeggio nel prato vedo quello che
Però siamo entrati in una fase un
è questa “ideologia”: se non hai
masticano: roba con cui non voglio
po’ diversa, semplicemente a causa
soldi, non sei intelligente. Nel mondo
avere a che fare!». [Ride]
dell’applicabilità pervasiva dell’IA
accademico vedo un sacco di
J.I. «Dobbiamo ripensare a ciò
e di altre tecnologie. In sistemi
persone in gamba senza denaro...».
che significa “pulito”, sia in termini
di questo tipo i più qualificati se
B.O. «Sono d’accordo. A questo mi
di cyber security che di sicurezza
la passano bene, fanno leva sui
riferisco quando dico che bisogna
nazionale. L’idea che sia possibile
propri talenti, si interfacciano
riprogettare il patto sociale. Ora,
eliminare ogni eventuale agente
con le macchine per ampliare il
che il salario di base universale sia
patogeno è poco credibile».
raggio d’azione, migliorare salari,
il modello giusto oppure no, è una
S.D. Ciò potrebbe creare un nuovo
prodotti e servizi. Le persone
discussione che ci trascineremo per
tipo di corsa agli armamenti?
pagate poco e dalle competenze
i prossimi dieci o vent’anni. È anche
B.O. «Oggi lo sviluppo di norme
limitate diventano sempre più
vero che i lavori rimpiazzati dall’IA
internazionali e meccanismi
superflue; le loro mansioni magari
non saranno solo servizi a bassa
di verifica su cyber security in
non vengono sostituite, ma le
qualifica ma anche occupazioni
generale, e IA in particolare, è
retribuzioni risultano compresse.
ad alta specializzazione e alta
in fase iniziale: una parte del
Per gestire la transizione, dobbiamo
ripetitività, che i computer possono
problema è la linea tra difesa e
sviluppare un dibattito che coinvolga
svolgere. Però è indiscutibile: via
offesa, che è piuttosto confusa in un
l’intera società. Come garantire
via che l’IA viene incorporata e la
periodo in cui, attorno al governo,
che l’economia sia inclusiva se, in
società diventa potenzialmente
si percepisce sfiducia. Se molti
realtà, produciamo più che mai ma
più ricca, il legame tra produzione
considerano l’America la cyber
una quota crescente di ricchezza
e distribuzione, fra quanto lavori
potenza dominante, vuol dire che
finisce a un gruppo ristretto? Come
e quanto produci, si attenua
per noi è il momento di dire: “Siamo
garantiamo un reddito adeguato
sempre più, visto che buona parte
pronti a limitarci se siete disposti
alla gente? Cosa significa ciò in
di quel lavoro la fanno i computer.
a fare altrettanto”. Ma alcuni fra i
termini di sostegno a settori come
Quindi ci toccano decisioni difficili:
protagonisti della scena – Russia,
le arti e la cultura, e di garanzia che
sottopaghiamo gli insegnanti,
Cina, Iran – non sempre incarnano
i nostri veterani ricevano le cure
per esempio, anche se il loro è un
i valori e le norme in cui noi ci
necessarie? Il patto sociale e i nostri
incarico pesante che difficilmente
riconosciamo. La questione va posta
modelli economici devono adattarsi
può essere affidato a una macchina.
a livello internazionale».
alle nuove tecnologie».
Così dovremmo avviare un riesame
J.I. «La gente vuole comunicare
J.I. «Difficile intuire oggi quali lavori
di ciò cui diamo valore, di quanto
in questo periodo. Se sapremo
verranno soppiantati. Se avessimo
come collettività siamo disposti
garantire che finanziamenti ed
un computer che “capisce” il sistema
a pagare figure per noi di grande
energie sosterranno la condivisione
sanitario, che se la cava bene con
valore ma ai gradini più bassi dei
delle conoscenze, otterremo grandi
diagnosi e simili, scommetto che
livelli salariali , come insegnanti,
vantaggi. Dal vuoto non ricavi
a essere rimpiazzato sarebbe
infermieri, badanti, madri o padri che
nulla di buono ma una comunità
più probabilmente il medico che
restano a casa, artisti».
internazionale esiste ancora».
l’infermiera o il farmacista, che sono
S.D. Signor presidente, a quale
C A P I T O L O
3
«LA GENTE NON STA LÌ A RIFLETTERE SULLA TEORIA, SI LIMITA A CHIEDERSI: “UNA MACCHINA MI PORTERÀ VIA IL LAVORO”?» BARACK OBAMA
W I R E D
—
I N V E R N O
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tecnologia occorre guardare per
vite sia limitato e non si trasformi
Mostrava un gruppo di individui
rispondere alle sfide che il governo
in strumento di oppressione: ci
impegnati a risolvere un problema
americano deve affrontare?
stiamo lavorando. In parte si tratta
con creatività, coraggio, impegno
B.O. «C’è tanto da fare per renderlo
di un problema tecnologico, di
e la certezza che, se una soluzione
più amico dei cittadini, perché
cui il criptaggio è un esempio. Ho
esisteva, l’avrebbero trovata.
pagare le imposte sia facile come
incontrato più volte i difensori
Quanto cioè amo di più dell’America
ordinare una pizza o acquistare
dei diritti civili e i funzionari della
e la ragione per cui il nostro paese
un biglietto aereo. Che si tratti di
Sicurezza Nazionale: nessuno è in
continua ad attirare gente da tutto il
incoraggiare la partecipazione
grado di darmi una risposta valida,
mondo. E quanto più apprezzo nella
al voto oppure di sbloccare i big
che concili queste tematiche.
scienza: insomma, proviamo questo,
data in modo che la gente li possa
Un’ultima cosa: sono un figlio
se non funziona cerchiamo di capire
usare più facilmente o riesca a far
dell’era spaziale, so che i fondi
perché e tentiamo con qualcos’altro.
elaborare i propri moduli online
che forniamo alla ricerca per la
Ma gioendo dei nostri errori, perché
con maggiore semplicità: c’è una
prossima generazione di viaggi nel
alla fine c’insegneranno a decifrare il
montagna da scalare per portare
cosmo sono inadeguati. Il settore
codice del problema che cerchiamo
nel XXI secolo sia il governo
privato invece, trasferendo sempre
di risolvere. Se mai smarrissimo
federale che quelli statali e locali.
più finanziamenti statali su idee
quello spirito, perderemmo
Il gap di talento fra il primo e il
folli, ha lavorato bene. Pensando
l’essenziale dell’America e
settore privato non è ampio, per la
allo spazio, proviamo le stesse
dell’essere umano».
verità; quello tecnologico invece è
emozioni dei tempi della missione
J.I. «Sono d’accordo, mi piace
considerevole. La prima volta che
Apollo. Cinquant’anni dopo sarebbe
l’ottimismo di Star Trek. Ma penso
sono entrato qui, pensavo che la
plausibile attendersi – lassù ci
anche che la Federazione, come
Situation Room fosse una cosa
sono i cristalli di dilitio (il minerale
l’equipaggio, sia assai variegata e
super, mi identificavo nel Tom Cruise
immaginario utilizzato nell'universo
che i cattivi non siano i soliti cattivi,
di Minority Report che spostava le
di Star Trek come fonte di energia,
ma solo indotti all’errore».
cose con un gesto. La realtà è molto
ndr)? – dei progressi...».
B.O. «Come ogni buona storia, Star
diversa. [Ride] Se c’è da catturare un
S.D. Lei è un appassionato di
Trek dice che siamo tutti complicati,
terrorista dall’altra parte del globo,
Star Trek, che si ispirava a una
che siamo un po’ Spock, un po’
i film mostrano un’onniscienza che
concezione utopistica della
Kirk [Ride] e un po’ Scott. Forse
non c’è, perché è stata finanziata
tecnologia: ha influenzato la sua
con qualcosa dei Klingon. Giusto?
in modo inadeguato e progettata
visione del futuro?
Ecco cosa intendo quando parlo di
senza cura... So che se gestiremo
B.O. «Da ragazzo ne andavo
trovare soluzioni. Parte della ricerca
bene il cambiamento climatico,
matto. La longevità della serie è
consiste nel saper lavorare insieme
se riusciremo a chiudere le falle
dovuta al fatto che era basata non
superando barriere e differenze. C’è
e a scongiurare l’innalzamento
sulla tecnologia ma sui valori e le
la fede nella razionalità, temperata
degli oceani, l’umanità troverà una
relazioni: per questo, che gli effetti
da un po’ di umiltà: le ritroviamo
soluzione. Sono piuttosto ottimista.
speciali fossero brutti e improbabili,
nell’arte migliore e nella scienza
Abbiamo fatto tanto buon lavoro;
che atterrassero su pianeti di
migliore. Abbiamo la sensazione
ma la strada è ancora lunga. Come
cartapesta, non aveva importanza.
di possedere menti incredibili che
regolare la connettività in modo
[Ride] In realtà parlava di un
dovremmo usare a fondo e di aver
che internet sia responsabile,
concetto di umanità comunitaria e
appena grattato in superficie. Ma
trasparente e sicuro, così da
della fiducia nella nostra capacità
dovremmo evitare anche di essere
permetterci di perseguire i cattivi
di risolvere i problemi. Un film
troppo presuntuosi, ricordare
garantendo al tempo stesso che
recente ha catturato lo stesso
sempre a noi stessi che sono tante
il potere del governo sulle nostre
spirito: Sopravvissuto - The Martian.
le cose che non conosciamo».
jŌichi “joi” itŌ è nato a Kyoto il 19 giugno 1966. Quattro anni dopo la famiglia si trasferisce in Michigan, poi nell’84 torna in Giappone. Dopo infelici esperienze accademiche alla Tufts di Boston (Informatica) e a Chicago (Fisica), si iscrive alla scuola di specializzazione di Strategie aziendali internazionali dell’u-
niversità Hitotsubashi di Tokyo: oggi è attivista (voce dell’economia della condivisione), imprenditore (ha creato PSINet e Infoseek Japan), venture capitalist (ha fondato Neoteny Co.), dirigente (è nel cda di Icann, Sony, New York Times Company) e direttore del Media Lab del Mit di Boston.
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102 103
RIS P ON DE:
VITTORIO STORARO
EVOLUZIONE DIGITALE IL
TRE
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PREMIO
CHE
HANNO
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U N 'A R T E
BATTAGLIA LA
RICERCA
IN A S PE T TATA,
EL SEÑOR GARCIA
—
MIGLIOR
CARRIERA
TECNOLOGIA
A R T:
W I R E D
LA
SUA
DEFINIZIONE
U N 'A R M O N I A , TRA
OSCAR
RIPERCORRE
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immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo». Mi ha sempre colpito che a pronunciare queste parole fosse un fisico come Albert Einstein. A lungo, nel corso della mia carriera, ho lavorato d’istinto senza una reale consapevolezza degli strumenti che avevo a disposizione. Per questo motivo, come molti sanno, divido il mio percorso professionale in un pre e un post Apocalypse Now, un punto di arrivo e, allo stesso tempo, di partenza. La principale ispirazione per quel film fu l’Ultima cena di Leonardo da Vinci. La prima volta che vidi quel dipinto rimasi scioccato dalla meraviglia e dall’incredibile composizione intorno all’essere umano posto al centro del mondo. Da quel momento in poi, cominciai a esplorare le possibilità che avevo in rapporto alla luce e allo studio dei colori. Fu sempre Francis Ford Coppola, grande appassionato di tecnica e innovazione, a instillare in me l’interesse per il digitale nel 1980. Memore delle difficoltà riscontrate sul set di Apocalypse, dove tutto veniva deciso giorno per giorno, Francis voleva realizzare Un sogno lungo un giorno con un metodo che gli consentisse di avere tutto sotto controllo e pensò che quello elettronico fosse il giusto compromesso. Aveva ragione. Poco dopo apprezzai l’esperimento di Michelangelo Antonioni con Il mistero di Oberwald, un film per la televisione bellissimo che, rivisto poi al New York Film Festival riprodotto in pellicola con le tecniche dell’epoca, mi deluse tanto. Chiaramente, i tempi non erano maturi perché un’opera del genere potesse fare il giro del mondo sul grande schermo. Consigliai a Francis di usare le tecniche elettroniche solo per la preproduzione (ovvero lo studio, la ricerca, le prove) e per la postproduzione, mantenendo la matrice più importante, la pellicola, durante la produzione. Lui mi ascoltò, promettendomi che nel giro di qualche anno avrei convenuto sulla sua posizione avanguardista. Gli dissi che ne ero sicuro ma che ancora la tecnica non era pronta per la sua visione, che era troppo avanti. PRIME PROVE DI ALTA DEFINIZIONE
Qualche anno più tardi, nel 1983, la Rai, che in quel periodo aveva grande volontà innovativa, mi chiamò perché la Sony voleva farle sperimentare l’alta definizione. Si avvalsero della competenza di chi, come me, si occupava dell’immagine cinematografica. Lo scopo consisteva nell’indurre un coinvolgimento più completo nello spettatore, costretto dai minuscoli televisori di allora a una sorta di fissità dello sguardo che costituiva una causa primaria di assopimento. Perché il corpo partecipasse, come avveniva al cinema, volevano ingrandire la definizione. Ne conseguì Arlecchino, un esperimento molto interessante che feci con Giuliano Montaldo per capirne i limiti e le potenzialità. Scrissi una
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APOCALYPSE
NOW
©SCREENPROD
/
ALAMY
«L'
ALAMY / LTD PRESS ©PICTORIAL IMPERATORE L'ULTIMO
lunga lettera alla Sony in cui suggerivo le modifiche da apportare: accolti i miei consigli e quelli di altri colleghi autorevoli, crearono la prima telecamera elettronica che arrivò in Italia l’anno successivo. Fui felice di appurare che erano stati presi in considerazione tutti i miei accorgimenti. Subito dopo convocarono Montaldo e me per lavorare a Giulia e Giulia, film che nasceva con l’intento di mostrare la meraviglia dell’alta definizione. La ritenni un’ambizione troppo precoce e, convinto che ciò che promuovevano fosse un prototipo piuttosto che un traguardo, dissi no. Mentre Montaldo, Antonioni e io continuammo a tenere dei seminari sullo studio del digitale, il mercato si fermò: le compagnie televisive non si mostravano così ansiose di cambiare il sistema perché probabilmente sarebbe costato troppo. L’interesse era più cinematografico. IL SALTO IN AVANTI DELL’INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA
Negli anni Novanta fu ideata la CineAlta ma, contrariamente a quanto pubblicizzato, il livello del filmato non era lontanamente paragonabile a quello della pellicola. Cominciai a sperimentarla, come professore all’Accademia dell’Immagine dell’Aquila, facendo delle monografie con gli studenti. In quegli anni acquistai un certo tipo di conoscenza che cominciò a essermi utile solo a partire dal 2009, quando il regista Carlos Saura mi chiese di realizzare in studio una seconda parte di Flamenco per la tv e il mercato dell’home video. Il filmato veniva registrato su un sensore che, passato su una pellicola positiva, riacquistava un altro tipo di guadagno. Per quel progetto erano le condizioni giuste, ma continuai a lavorare in pellicola ancora per diversi anni perché mi sembrava in grado di fornire più informazioni, sia a livello di definizione che di colori. Di fatto le macchine da presa avevano una solidità maggiore. Solo dopo aver ultimato Muhammad, il film su Maometto, nel 2012, mi sembrò che l’industria avesse fatto un grande salto in avanti. Trovo che le nuove videocamere abbiano ormai quasi raggiunto il livello della pellicola, in particolare la Sony F65. Nessun’altra è a 16 bit, le altre sono ferme a 10, massimo 12, il che equivale a milioni di colori in meno. L’AVVENTURA CON WOODY ALLEN
La chiamata di Woody Allen è stata provvidenziale. Nonostante i miei collaboratori mi prendessero in giro per non avergli detto subito sì, gli chiesi di leggere la sceneggiatura. A prescindere dal livello dei registi con cui lavoro, mi piace essere sempre sicuro di avere un reale contributo da poter apportare al loro progetto: se non c’è uno scambio di conoscenze, per me l’esperienza non ha senso. Credo di aver trovato proprio nel digitale quel motivo in più. Allen mi inviò persino una lettera in cui simpa-
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CONTRO LA SEPARAZIONE FRA COLORE E BIANCO E NERO
Purtroppo lo spettatore generico, a meno che non abbia una sensibilità o una competenza che gli consentano di apprezzare i dettagli, accetta passivamente ciò che gli viene proposto. Questo vale per l’utente di Netflix tanto quanto per lo spettatore in una sala cinematografica.
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ALAMY / ARCHIVE ©AF BUDDHA PICCOLO
ticamente mi scrisse: «Vittorio non ti preoccupare se non ne hai voglia, siamo abbastanza giovani da aver tempo per fare un altro film insieme». Dopo aver letto il bellissimo script di Café Society, non avevo dubbi ma tentai di convincerlo a realizzare il nostro primo film in digitale insieme. Credo fortemente nel progresso e sono convinto che non si possa fermare, solo rallentare o accelerare. Provai a fargli capire che sarebbe stato inutile correre dietro a qualcosa che sta scomparendo, come la pellicola. Non la posi come condizione, anzi, ero pronto alle due versioni, ma ne feci una questione di logica. Fortunatamente Allen ha scelto di assecondarmi. Sin dal primo giorno di riprese fui in grado di mostrargli come sarebbe apparsa l’immagine sul grande schermo. Siamo entrambi soddisfatti del risultato. In procinto di girare il nostro secondo film insieme (che uscirà nel 2017, ndr), posso dirmi molto ottimista sul futuro del digitale, ormai in prossimità del livello della pellicola. La barriera più difficile da abbattere rimane l’abitudine. L’ho potuto constatare con l’Univision 2:1, il formato comune che mio figlio Fabrizio e io proponemmo a metà degli anni ’90 affinché si rispettasse la composizione iniziale del film. Io l’ho adottato per tutti i miei lavori successivi, e dopo essere stato inizialmente accantonato, di recente è stato utilizzato per Jurassic World e per alcune serie tv Amazon e Netflix. Un segnale incoraggiante. Spero che pian piano possano arrivare tutti a comprendere l’utilità della mia proposta. Detesto l’approssimazione che ci sta conducendo alla mediocrità. Non tutto può essere aggiustato in postproduzione: sono il regista e il direttore della fotografia i veri responsabili della qualità. Il film è come un quadro e il cinema è un’espressione di immagine. Se si altera l’immagine, nata per evocare delle emozioni, anche il film ne subisce le conseguenze. Perché dovremmo tradire la composizione originale? La mancanza di rispetto alla volontà di espressione dell’autore ne provoca un’altra: quella nei confronti dello spettatore, cui viene reso impossibile vedere e sentire come inizialmente progettato. L’arte della composizione nasce dall’intenzione di ascrivere una certa immagine in uno specifico spazio. Ecco perché ho sempre ritenuto che il cinema verità non esistesse: perché il cinema è tutta interpretazione. Concordo con Vittorio Sgarbi, secondo il quale l’arte non ha contenuto assoluto ma è un’espressione specifica dell’anima che cambia a seconda della personalità individuale dell’artista.
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CAFÉ
SOCIETY
©ATLASPIX
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La crescita della società, lo sviluppo del nostro potenziale dipendono essenzialmente da chi dirige, da chi suggerisce, da chi propone il nuovo. È questa la lezione che ho imparato dai momenti di rinnovamento a cui ho avuto la fortuna di partecipare. Come negli anni ’70 quando, con Il conformista di Bernardo Bertolucci, andammo contro le convenzioni messe a punto dai cosiddetti tecnici del colore, che interferivano costantemente con le scelte del regista. Per un certo periodo il cinema, specie quello americano degli anni ’50, si divideva in due categorie: quello in bianco e nero (drammatico) e quello a colori (per i western, le commedie e i musical). Avevano addirittura istituito due premi diversi della fotografia. L’omologazione dell’immagine dipendeva dalla falsa credenza che il colore non venisse bene nell’ombra e che, quindi, ci volesse un certo tipo di luminosità affinché venisse registrato. Sono felice di aver dimostrato, insieme a Billy Williams e ad altri validi direttori della fotografia, che quelli della nostra generazione stavano commettendo un terribile errore e che era possibile un altro modo di intendere l’immagine cinematografica, lontana da quella stereotipata a cui ci stavano abituando: per cambiare sono necessarie accuratezza e una certa dose di buona volontà. In questa fase della mia carriera sono sempre più affascinato dalla scoperta dell’armonia che si può creare tra elementi fra loro opposti. La creatività e la tecnologia fanno parte di essi, poiché fondamentali l’una per l’altra, come l’uomo e la donna, come l’ombra e la luce, da cui, come diceva Leonardo da Vinci, nascono i loro figli: i colori.
vittorio storaro ha vinto 3 premi Oscar per la fotografia: Apocalypse Now nel 1980, Reds nell’82 e L’ultimo imperatore nel 1988. Fra gli italiani, solo Fellini e De Sica hanno vinto più statuette di lui. Romano, 76 anni, figlio di un proiezionista della Lux Film, ha studiato al Centro Sperimentale di
Cinematografia della capitale (preferisce definirsi “cinefotografo” che direttore della fotografia): in carriera ha lavorato a 47 film con, fra gli altri, Bernardo Bertolucci (tutti dal 1970 a oggi), Francis Ford Coppola, Woody Allen, Dario Argento, Giuseppe Patroni Griffi.
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ELON MUSK
RIS PONDE:
IL MIO SOGNO ELETTRICO 111
PARTIRE
DA
UNA
FORMA
DI
SULLE
PROPRIE
S T R A D A L I.
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SOSTENIBILE
CIT TA DIN O
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IL
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OGNI
CONTROLLO
INCIDENTI
PROGETTO
OGGI
IL
DEL
MONDO
PIÙ
D 112 113
Dieci anni fa avevo scritto un piano strategico per la mia azienda, che ora è nella fase finale di realizzazione. Non era complicato, per nulla. In pratica aveva questi obiettivi: 1) produrre un’auto a tiratura limitata, un modello che fosse di nicchia e, di conseguenza, necessariamente costoso; 2) usare il ricavato per produrre un’altra vettura e venderla a prezzo inferiore; 3) usare questo ricavo per sviluppare un terzo modello, però di largo consumo economico in modo che fosse alla portata di tutti e... 4) fornire energia solare. Perché ho iniziato dal primo punto? Perché era l’unica cosa che mi potessi permettere con i soldi di PayPal (dalla cessione a eBay nel 2002, stimata un miliardo, Musk ha intascato 114 milioni in azioni, ndr). Non volevo rischiare il denaro altrui, temevo che le nostre probabilità di successo fossero davvero basse. Solo il mio, dunque. In campo automobilistico, la lista delle novità di successo è piuttosto corta. A tutto il 2016, solo due case hanno sempre evitato la bancarotta: Ford e Tesla. Diciamolo, aprirne un’altra è un’idiozia; di vetture elettriche poi, un’idiozia al cubo. Come se non bastasse, realizzare un modello di nicchia richiede una struttura piccola, lineare: molte parti vengono fatte a mano senza economie di scala, per cui ognuna è per forza costosa, che si tratti di una berlina o di una sportiva. Il problema è che, se tanti sono pronti a pagare molto per una delle seconde, nessuno vuole investire 100mila dollari per un’Honda Civic, per quanto bella da vedere. Uno dei motivi per cui avevo scritto il primo master plan era proprio questo: difendermi dalle inevitabili accuse di voler costruire solo macchine per ricchi e di essere l’unico convinto che davvero servisse un ennesimo produttore di auto sportive. Critiche che, comunque, sono arrivate. Ma il vero motivo era un altro e consisteva nello spiegare a tutti che le nostre azioni non sono casuali ma, al contrario, rientrano in un disegno più ampio. Quale? Accelerare la transizione verso l’energia sostenibile, in modo da immaginare un futuro in cui tutti riescano a vivere bene. Cioè il vero significato della parola “sostenibile”, che non è una stupidata da hippy. Ormai lo sappiamo: a un certo punto dovremo per forza passare a un sistema economico basato sulle energie pulite. Altrimenti, con l'inevitabile esaurimento dei carboni fossili, la nostra civiltà finirà per collassare. Dato che dovremo comunque farne a meno, dato che tutti gli scienziati concordano nel dire che continuare a innalzare i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e negli oceani è assolutamente folle, più in fretta raggiungiamo la sostenibilità, meglio è. Ecco quindi che cosa vogliamo fare per anticipare il più possibile i tempi. 1. INTEGRARE PRODUZIONE E STOCCAGGIO DELL’ENERGIA
Questo significa creare un sistema integrato di pannelli solari e batterie di accumulo che sia bello da vedere e fornisca a ogni cittadino il controllo delle proprie fonti di energia. Trasformi cioè ogni impianto in un’unità indipendente. Poi, diffondere questo modello nel mondo. Un solo ordine, una
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sola installazione, un solo servizio di assistenza, una sola app. Un obiettivo impossibile se Tesla e SolarCity (società fondata da Musk per la produzione di pannelli innovativi, ndr) continuano a essere due società separate. Ora che la prima è in grado di aumentare la produzione della batteria domestica Powerwall e la seconda è pronta a fornire un’offerta molto differenziata di pannelli solari per ogni tipo di utilizzo, è arrivato il momento di unirle. 2. ESPANDERE IL SISTEMA A TUTTE LE FORME DI TRASPORTO SU STRADA
A tutt’oggi invece Tesla copre due segmenti relativamente ridotti del settore automobilistico, cioè i crossover e le berline premium. Con la Model 3, con un suv compatto che lanceremo presto e un nuovo tipo di pick-up da carico entreremo in quasi tutto il mercato. Per accelerare l’arrivo del futuro sostenibile, l’importante è aumentare la produzione il più velocemente possibile. Ecco perché Tesla ha effettuato una transizione fondamentale: non progettiamo le macchine, progettiamo le macchine che fanno le macchine. La fabbrica stessa è diventata un prodotto. Oltre a quelli commerciali, servono altri due tipi di veicoli elettrici: i camion per i trasporti pesanti e un sistema urbano di mezzi pubblici ad alta densità. Entrambi sono in fase di progettazione e verranno presentati nel 2017. Il Tesla Semi (un semiarticolato, ndr) porterà a una riduzione sostanziale dei costi del trasporto merci e contemporaneamente aumenterà la sicurezza, con modelli che saranno anche più divertenti da guidare. Con l’arrivo della guida autonoma, il ruolo dell'autista di autobus evolverà in quello di manager di una flotta di veicoli. Il traffico migliorerà grazie all’aumento dello spazio per i passeggeri: sparirà il corridoio centrale, spunteranno dei sedili dove ora ci sono le entrate e le uscite; ed è prevista un’area per carrozzine, passeggini e biciclette. Inoltre verrà eliminato il fenomeno inerziale per cui i bus, oggi, sono più lenti degli altri veicoli quando frenano e accelerano. I nuovi mezzi, infine, porteranno tutti esattamente a destinazione; i pulsanti di chiamata fissi, installati alle fermate già esistenti, serviranno a chi ancora non possiede un telefono cellulare. 3. PUNTARE SULL’AUTO CHE SI GUIDA DA SOLA
Con l’avanzare della tecnologia, tutti i veicoli Tesla avranno l’hardware necessario a garantire la guida autonoma, anche in caso di guasti. Questo significa che, se si rompe un componente qualsiasi, l’auto continuerà ad andare da sola, in sicurezza. Anche quando il software sarà completo, al punto di garantire risultati migliori di quelli di un guidatore umano medio, passerà ancora un intervallo di tempo significativo prima che i governi approvino in toto la guida autonoma. Il gap varierà da uno Stato all’altro a seconda delle leggi in vigore. Ci aspettiamo che l’approvazione su scala mondiale arrivi dopo che le auto autonome avranno percorso circa dieci miliardi di chilometri; attualmente i veicoli della nostra flotta ne coprono 5 milioni al giorno e più guidano, più migliorano le prestazioni. Perché dunque Tesla scommette già sulla guida semiautonoma? La ragione principale è che, se usata correttamente, è già più sicura di quella di una persona al volante. Sarebbe moralmente ripro-
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«IMMAGINARE UN FUTURO IN CUI TUTTI VIVANO BENE È IL VERO SIGNIFICATO DELLA PAROLA “SOSTENIBILE”, NON UNA STUPIDATA HIPPIE» W I R E D
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vevole ritardarla solo per paura delle critiche della stampa o per qualche mero calcolo economico sulle responsabilità legali. Secondo un rapporto del National Highway Traffic Safety Administration, l’ente per la sicurezza dei trasporti americano, nel 2015 le morti per incidenti d’auto sono aumentate dell’8% con un decesso ogni 143 milioni di chilometri: il sistema Autopilot presto permetterà di coprire il doppio di quel tragitto senza incidenti. E migliora giorno per giorno. È importante anche chiarire perché definiamo “in beta” il sistema: semplicemente per evitare il rischio di cadere nell’autocompiacimento e per spiegare che continuerà a migliorare. 4. INCORAGGIARE LO SHARING, LA MOBILITÀ CONDIVISA
Quando la guida autonoma verrà approvata dai governi, potrete chiamare la vostra Tesla più o meno ovunque vi troviate. Una volta arrivata, mentre sta raggiungendo la destinazione potrete dormire, leggere, telefonare o fare qualsiasi altra cosa. Ma potrete anche aggiungere la vostra auto alla flotta condivisa di Tesla. Vi basterà premere un pulsante sull’app Tesla del cellulare: in tal modo la vettura continuerà a fare soldi mentre siete al lavoro o in vacanza, così diminuendo in maniera sostanziale la spesa per il leasing fino a eliminarla del tutto o permettendo addirittura di recuperare il costo dell’acquisto. Chiunque potrà comprarsene una. La maggior parte dei veicoli oggi sul mercato viene usata per un 5-10% della giornata; in futuro possedere un’auto autonoma sarà molto più vantaggioso. Nelle città in cui la domanda supera la disponibilità di vetture a disposizione dei privati, Tesla renderà disponibile una propria flotta, così da garantire sempre un passaggio a chi ne fa richiesta.
elon musk è uno degli innovatori più visionari del XXI Secolo. Nato nel 1971 a Pretoria, in Sudafrica, si è trasferito in Canada a 17 anni quindi negli Stati Uniti nel 1992. Nel 1995 ha fondato con il fratello Kimbal la web company Zip2, rivenduta a Compaq per 307 milioni di dollari nel ’99. Nello stesso anno ha cofondato X.com, diventata poi PayPal e ceduta per
un miliardo a eBay nel 2002. Con i soldi guadagnati dalla cessione, ha creato tre società: Space Exploration Technologies Corporation detta SpaceX (nel 2002), Tesla Motors (nel 2003) e SolarCity (nel 2006). È inoltre sua l’idea alla base del treno superveloce Hyperloop. Il testo che pubblichiamo è tratto dal master plan presentato quest’anno ai dipendenti di Tesla.
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©XINHUA
NEWS
AGENCY
/
EYEVINE
DOBBIAMO CREDERE N E L L’ I N T E L L I G E N Z A A R T I F I C I A L E , NON TEMERLA O A D D I R I T T U R A O S TA C O L A R L A
di Mark Zuckerberg FONDATORE
E
CEO
DI
nemmeno è paragonabile
come avrebbero volato. Al
a ciò che riesce a fare un
contrario, si è atteso che
qualsiasi essere umano.
quella tecnologia fosse
La mia speranza, alla fine, è
veramente compresa, poi si
che l’intelligenza artificiale
è lavorato insieme per dare
aiuti i computer a sviluppare
forma alla sua applicazione.
un senso comune: cioè la
Per quanto potente e
capacità di osservare il
avanzata possa rivelarsi
mondo, poi di generalizzare,
essere un giorno
quindi apprendere da esso.
l’intelligenza artificiale,
Ma siamo molto lontani
anche noi abbiamo prima
da questo passaggio;
bisogno di comprenderla e
quando ci arriveremo, sarà
di riflettere con attenzione
perché avremo ridotto il
su come dovrebbe essere
problema alla matematica,
applicata. Il meglio che
non alla magia. Quando la
possiamo fare è assicurarci
gente a proposito dell’IA
di avere le nostre menti
paventa scenari apocalittici,
migliori al lavoro sull’IA e
è importante ricordare
sostenere la ricerca che
che si tratta di ipotesi: se
ci aiuti a svilupparla il più
usciamo dall’ambito della
rapidamente possibile.
fantascienza, le probabilità
Di nuovo, è una questione di
che tali visioni si trasformino
matematica, non di magia. A
in realtà sono molto poche.
un livello elementare, penso
La gente è preoccupata
che l’intelligenza artificiale
dalle nuove tecnologie ma,
sia un bene, non qualcosa di
per la verità, l’intelligenza
cui dovremmo avere timore.
artificiale sta già salvando
Abbiamo già avuto esempi
delle vite. Quella che stiamo
di come possa diventare un
sviluppando adesso è in
valore aggiunto e migliorare
grado di diagnosticare
il mondo. Se riusciremo
malattie e curarle grazie a
a scegliere la speranza
nuovi trattamenti; domani,
invece della paura e se
le auto che si guidano da
promuoveremo la scienza
sole saranno molto più
fondamentale che c’è dietro
sicure di quelle condotte
l’IA, questo sarà solo l’inizio.
da persone. Chiunque sia interessato a salvare vite umane dovrebbe guardare con ottimismo alla differenza che può fare l’IA: se ne rallentiamo il progresso per prestare ascolto a preoccupazioni infondate, rischiamo di rinunciare a vantaggi sicuri. La gente ha sempre usato
degli esempi di cui oggi è
Abbiamo già avuto un
la tecnologia come leva
possibile leggere tratta
dibattito simile, in passato.
per migliorare la vita e
in realtà di matematica di
L’aeroplano è il prodotto
incrementare la produttività.
base e corrispondenza di
di una tecnologia che ha
Ma all’inizio del ciclo di
modelli. Si carica il sistema
portato enormi benefici ma,
ogni nuova invenzione c’è
con una gran mole di dati
quando fu inventato, tanti
sempre la tentazione di
– per esempio migliaia di
erano molto preoccupati a
concentrarsi sui rischi che
fotografie di cani – così
causa della sua potenziale
essa comporta, invece che
lo stesso è poi in grado di
pericolosità. Avevano
sui benefici che produrrà.
identificarne ancora di più.
ragione! Nessuno tuttavia
Lo stesso accade oggi con
È uno strumento potente
si è precipitato a mettere
l’intelligenza artificiale.
per espletare attività come
delle regole sulle modalità
L’IA ha in sé qualcosa di
fare traduzioni o insegnare
di funzionamento dei velivoli
magico, ma la maggior parte
alle auto a guidare, ma
prima ancora di capire
sfruttare praticamente al 100%, non si limita a
L’ E V O L U Z I O N E D E I D R O N I SPICCA IL VOLO
fungere da contenitore e mezzo di trasporto. Questo progetto di Windhorse Aerospace offre al proprio interno un generoso spazio per cibo, acqua e medicinali ma, una volta atterrato con precisione in completa autonomia, può anche essere smontato: la scocca aerodinamica diventa un riparo per le intemperie e il telaio di compensato può essere bruciato per cucinare o semplicemente come fonte di calore. Al “papà” del progetto, Nigel Gifford, l’ispirazione è venuta osservando la fornitura di aiuti in Siria e notando quanto il vecchio metodo degli scatoloni lanciati con paracadute sia in effetti poco preciso, non ecologico, costoso. Pouncer può trasportare 50 kg di materiale per altrettante razioni di cibo, copre un’area fino a 100 km e atterra con una precisione di 7 metri. Costa circa 150 euro, con sistema di navigazione; in
e ibrido con forma a V,
futuro parte della scocca
NOMI
in grado di decollare e
verrà resa commestibile.
DelfAcopter - Pouncer - Zipline - Aquila
atterrare come un elicottero
I droni Zipline hanno già
ma anche di planare veloce
operato con successo in
come un aereo grazie al solo
Africa e di recente hanno
propulsore con autonomia
debuttato anche in patria,
di 60 chilometri e velocità
negli Stati Uniti. Oltre ai
massima di 100 all’ora.
classici medicinali, questi
Sarà così in grado di
velivoli senza pilota sono
raggiungere facilmente
specializzati nel trasporto
luoghi colpiti da cataclismi
di sangue. Se in Rwanda
o incidenti oppure siti
coprono buona parte del
d’atterraggio complicati,
paese, in Usa sono stati
CHE
COSA
Velivoli automatici DOVE
FATTORE
GOOD
NEWS
**** I droni non servono solo
l’Università Tecnica di Delft,
come navi nel mare in
indirizzati verso aree
a girare video virali come
in Olanda, è in prima linea,
tempesta o vette di
rurali o assai remote – per
quelli ripresi dai modelli
sin dal famoso progetto
grattacieli. Pesa solo
esempio in Maryland,
DJI o con il nuovo GoPro
di ambulanza volante del
quattro chili, per cui potrà
Nevada, Washington State
Karma: possono anche
2014 sviluppato da un
trasportare medicinali e
– e specificamente presso
salvare vite e risultare dei
suo studente: filando a
strumenti necessari per
comunità di nativi americani.
moderni San Bernardo
100 chilometri all’ora, nel
interventi immediati.
Finanziati anche da Google
in grado di raggiungere
giro di pochi minuti può
Neanche del drone si
e dal co-fondatore di
con agilità, tempestività e
trasportare un defibrillatore
butta via niente, come per
Microsoft, Paul Allen, questi
flessibilità luoghi colpiti da
in caso di attacco cardiaco.
il maiale. È la filosofia del
droni hanno l’obiettivo di
gravi disastri per rapidissimi
Due anni dopo, la novità si
geniale Pouncer, che sale
eliminare la sperequazione
interventi di emergenza.
chiama DelfAcopter: appare
un livello successivo: tutto
sociale nell’accesso
Da questo punto di vista
come un velivolo automatico
il velivolo è una risorsa da
alle risorse mediche,
soprattutto per pazienti con patologie gravi che vivono in situazioni estreme.
F R AT T U R E A D D I O , C I S O N O
Zipline, navigando via GPS e
LE OSSA FLESSIBILI
attraverso la rete cellulare, può volare per ben 120 km e consegnare ordini di farmaci
NOME
e sangue ricevuti via SMS
Hyperelastic Bone (Hb)
nel giro di soli trenta minuti. Ha un nome italiano invece il drone sviluppato
CHE
COSA
Composto sintetico iperelastico per ricostruzione ossea
da Facebook: Aquila non trasporta medicinali, ma
DOVE
Evanston, Stati Uniti
crea connessioni a Internet in modo molto più semplice ed energeticamente
FATTORE
GOOD
NEWS
***
efficiente di precedenti progetti basati su palloni aerostatici. Voluto a tutti
Se in futuro guariremo
tradizionali di stampa 3D,
i costi dal co-fondatore
dalle fratture ossee molto
Team Lab si è affidato a tre
Mark Zuckerberg, come
più velocemente e senza
solventi che solidificano
parte integrante della
conseguenze, il merito
a temperatura ambiente
missione “Internet.org” per
sarà delle stampanti 3D
in una struttura chiamata
connettere il mondo, Aquila
e dei nuovi materiali: lo
Hyperelastic Bone o Hb,
può irradiare la connessione
prova il sistema messo a
osso iperelastico, che ha
tramite fasci laser: è
punto dalla Northwestern
ottenuto risultati eccezionali
gigantesco, ha la stessa
University, in Illinois, basato
nei test sugli animali: la
apertura alare di un Boeing
su un composto sintetico
protesi biodegradabile via
737 ma, grazie alla struttura
versatile, facile da ottenere,
via scompare lasciando
in fibra di carbonio, pesa
economico, biocompatibile,
spazio ai tessuti naturali.
soltanto 543 chilogrammi.
antirigetto, resistente e,
Questa sorta di impalcatura
Durante il primo test,
soprattutto, flessibile.
per la ricostruzione ossea
volando per oltre un’ora e
Proprio grazie all’elasticità,
diverrà una manna per i
mezzo a un’altitudine di 650
può accompagnare la
chirurghi, dato che è molto
metri, ha consumato appena
rigenerazione ossea dei
resistente, si può modellare
duemila watt di potenza,
tessuti ed è ideale nel
con facilità senza che
quanto un asciugacapelli.
trattamento di piccoli
si sbricioli, non richiede
Ma potrà salire fino a 2700
pazienti, perché adatto a
colla o punti di sutura e
metri, dove l’aria è più
una crescita veloce. Dice
può sostituire un osso
rarefatta, e raggiungerà i
Ramille N. Shah, docente
completo. Visti i risultati
130 km all’ora, atterrando
di Material Science and
eclatanti, l’Hb verrà usato
dopo 3 mesi e consumando
Engineering, oltre che di
sulle persone in tempi brevi,
solo cinquemila watt di
Chirurgia ortopedica, a
circa cinque anni; in realtà è
media. Da lassù, potrà
capo del Team (Tissue
stato già messo alla prova
elargire Internet su una
engineering and additive
con cellule staminali umane
circonferenza di territorio
manufacturing) Lab: «In
che ha dato esiti più che
del diametro di 100 km, con
chirurgia ossea, gli adulti
positivi. Potrebbe trovare
precisione millimetrica.
hanno più opzioni dei
applicazione soprattutto
DIEGO
bambini che, in caso di
nei paesi in via di sviluppo,
impianto permanente,
spiega il cofondatore del
mentre crescono dovranno
Team Lab Adam Jakus:
subire altri interventi».
«Dove mancano particolari
Il composto in questione è
impianti, l’Hb potrebbe
basato sull’idrossiapatite
essere conservato senza
(ingrediente minerale
necessità di refrigerazione
base del nostro scheletro),
o congelazione. Basterà
miscelata a un polimero
aprire il pacchetto e usarlo».
chiamato policaprolattone
D.B.
BARBERA
che la rinforza e la sostiene. Invece che ai metodi
QUANTO IL COMPUTER I M I TA I L C E R V E L L O
NOME
Memristore CHE
COSA
Dispositivo su nanoscala per gestire le intelligenze artificiali DOVE
Southampton, Regno Unito FATTORE
GOOD
NEWS
***
cerebrali, attraverso un
altri oggetti). Queste
network neurale artificiale
piattaforme hardware sono
(ANN) che ovvia all’attuale
in grado di adattarsi – in
mancanza di sinapsi
modo indipendente e senza
hardware efficienti.
alcun intervento umano –
I Memristore sono infatti
a qualsiasi ambiente; né
componenti che limitano
temono imponenti quantità
o regolano il flusso di
di dati da elaborare.
corrente elettrica in un
Il team che porta avanti
circuito, ricordando la
questo progetto ha
quantità che è passata e
collaborato, tra gli altri,
conservando i dati anche
anche con Leon Chua
quando l’alimentazione
dell’Università di Berkeley
viene tolta. Possono così
in California, che in un
fare da base a processori
articolo pubblicato da
Le intelligenze artificiali
catalogazione.
in grado di consumare
IEEE Transactions on
hanno ancora tanta strada
Tuttavia, grazie a millenni
pochissima energia pur
Circuit Theory nel 1971
da fare, prima di riuscire
di evoluzione e selezione, la
elaborando grandi quantità
teorizzò e descrisse proprio
a raggiungere un livello
natura offre molto spesso
di informazioni in tempo
il Memristore. Ben 37
che sia minimamente
soluzioni praticamente
reale senza avere alcuna
anni prima che ne fosse
paragonabile a quella
perfette alle quali ispirarsi.
conoscenza precedente su
realizzato un prototipo.
umana. Il motivo principale
E cosa c’è di più perfetto
questi dati medesimi.
D.B.
è la difficoltà di imparare in
del cervello umano? Un
I Memristore costituiscono
modo rapido ed efficiente,
team dell’Università di
un fattore che potrebbe
oltre alla capacità portare
Southampton guidato da
impartire una profonda
a termine compiti oggi
Alexandru Serb, ricercatore
accelerata ad ambiti come
quasi impossibili. Per
in Electronic e Biomedical
l’Internet delle cose (ossia
esempio, il riconoscimento
Engineering, ha messo a
l’evoluzione della rete con
di schemi e strutture
punto Memristore: è un
gli oggetti del mondo reale
ripetitive all’interno di dati
dispositivo su nanoscala
che si rendono riconoscibili
grezzi per identificarne
in grado di governare
e possono comunicare
la classificazione,
le intelligenze artificiali
tra loro accedendo a dati
l’apprendimento online e la
che imitano le strutture
condivisi e aggregati da
questo, al programma
Cardone . «Con il 5G
sperimentale partecipa
invece potremo tracciare
anche Ericsson, che ha
il container end to end,
il compito di costruire
usando scanner mobili e
l’infrastruttura 5G che
fotografie tridimensionali.
permetterà agli oggetti
Con l’Internet delle cose,
intelligenti di comunicare.
in sostanza, si potrà fare
Cosa cambierà domani?
un lavoro più veloce e in
Primo esempio: un grande
sicurezza». Già, perché a
cargo entra in porto.
quel punto subentreranno
Oggi le manovre vengono
anche muletti robot
coordinate dalla torre di
(unmanned ground vehicles,
controllo e comunicate via
secondo la definizione
radio al ponte di comando
ufficiale) che si sposteranno
della nave e ai pilotini, i
in sciame per trasferire le
piccoli motoscafi che la
merci da una destinazione
guidano alla meta: si tratta
all’altra all’interno del porto.
di un sistema complesso di
I primi sono già stati testati,
procedure, di avanti e stop,
il passato novembre.
che si avvale anche dei dati
Dalle parole ai fatti. Il
raccolti dalle telecamere
progetto è in fase di
del porto. Occhi fissi, statici,
costruzione e nei primi
NOME
che registrano quanto
mesi del 2017 sarà pronto
Innovation Service Center
avviene all’interno della
il masterplan, cioè il
finestra che monitorano.
documento che determinerà
«Intendiamo dotare i
i costi della “rivoluzione
motoscafi che trainano
Internet of things” del porto,
la nave di videocamere
i tempi di realizzazione
mobili, che forniranno al
e le infrastrutture che
capitano e alla control
verranno messe in campo.
room il punto di vista dei
Come la connettività, che
manovratori», spiega
sarà articolata con fibra
Rossella Cardone, head of
ottica (fino al terminal) e
Innovation, sustainability
antenne 5G a cui associare
& corporate responsibility
i dispositivi mobili. «Sarà
LA RIVOLUZIONE 5G AL PORTO DI LIVORNO
CHE
COSA
Programma di tecnologia avanzata per lo scalo marittimo DOVE
Livorno, Italia FATTORE
GOOD
NEWS
****
Robot che scaricano in
strategica; ancor più nel
di Ericsson Mediterranean
possibile avere una rete con
autonomia le grandi navi
Mediterraneo, che soffre
Region. «Con un joystick
tante piccole autostrade e,
cargo, gru intelligenti,
la concorrenza del Nord
sarà possibile muovere
a seconda dei servizi che
occhi elettronici che dalle
Europa. Il progetto di ricerca
la telecamera e ottenere
devi usare, l’infrastruttura
banchine comunicano
mira a rendere più efficiente
feedback in tempo reale».
5G ti permetterà di
in diretta con i ponti di
e veloce lo scalo toscano,
Secondo esempio: lo
scegliere la “fetta di rete”
comando dei colossi che
dove transitano in media
stoccaggio delle merci di
più adeguata», chiarisce
hanno appena attraccato:
trenta milioni di tonnellate
una nave. Quando i cargo
Cardone. In realtà il lavoro
questo potrebbe essere il
di merci, settemila navi e 2,5
scaricano, i container
sulle merci è solo il punto
futuro del porto di Livorno.
milioni di turisti all’anno.
sono parcheggiati sulle
di partenza: l’Internet delle
Il progetto è appena
In un prossimo futuro
banchine, quindi spostati in
cose potrebbe rivelarsi
partito. «Vogliamo
gru, muletti e telecamere
magazzino, poi inventariati
utile anche per migliorare la
far evolvere lo scalo»,
dialogheranno in modo
per essere rintracciati e
gestione e l’accoglienza dei
spiega Paolo Pagano,
autonomo, scambiandosi
caricati su tir o treni. Ora,
turisti delle navi da crociera.
direttore dell’Innovation
informazioni e svolgendo
immaginate di ripetere
Un mercato, cioè, che
Service Center, progetto
meglio i rispettivi compiti.
l’operazione per i 30
l’anno scorso ha prodotto
tecnologico promosso
«La rete 5G abilita una
milioni di tonnellate di
un fatturato di 17 miliardi
dall’autorità portuale
comunicazione immediata
merci che ogni anno
di euro in Europa. La fetta
della città e dal Consorzio
fra tutte le parti in gioco
transitano per Livorno.
maggiore, quattro miliardi, è
nazionale interuniversitario
senza distinguere tra
«Oggi il tracciamento dei
andata all’Italia.
per le telecomunicazioni
veicoli, esseri umani e
container avviene mediante
LUCA
(Cnit). In un mondo in cui il
sensori impiantati, perché
telecamere fisse montate
90% delle merci viaggia via
tutti condividono la stessa
sulle gru, ma ciò rende
nave, la crescita tecnologica
tecnologia di accesso»,
la movimentazione non
di un porto è un’operazione
prosegue Pagano. Per
flessibile», spiega Rossella
ZORLONI
CAPITOLO
W I R E D
—
I N V E R N O
16 / 17
RIUSCIREMO A VIVERE SU UN PIANETA PIÙ PULITO?
RIS P O N D O N O:
AL GORE VINCENZO BALZANI ANDRÉ BORSCHBERG
TE STO:
ISSIE LAPOWSKY
FOTO:
DAN WINTERS
RIS PON DE:
AL GORE
TIRA UNA BELLA ARIA DIECI IL
SUO
HA A "UNA
ANNI
FATTO TUTTO
SCOPRIRE IL
SCOMODA
O G G I,
FA
DOC U MENTARIO
MONDO V E R I T À ".
SECONDO
VICEPRESIDENTE STATI SULLA PER
U N I T I, STRADA
SIAMO GIU STA
SCONFIGGERE
RISCALDAMENTO E
L' E X DEGLI
IL
GLOBALE
L' I N Q U I N A M E N T O
127 W I R E D
—
I N V E R N O
16 / 17
128 129
A
Al Gore starnutisce. Forte. «È il caldo», dice l’ex vicepresidente degli Stati Uniti soffiandosi il naso. Nel 2016 a New York ce n’è stato più del solito. Marzo, per esempio, è stato il più caldo di sempre: ha battuto anche il record di temperature del 2015. Lo stesso è successo sia a febbraio che a gennaio e, guarda caso, anche negli otto mesi precedenti. Al Gore è esperto di questi dati, che voi conoscete grazie a lui: la storia spaventosa che raccontano sul futuro della Terra è il suo principale interesse da quando ha perso le elezioni presidenziali, nel 2000. È uscito da quella strana, controversa sconfitta armato della collezione di slide forse più famosa della storia; ha girato il mondo, l’ha presentata a centinaia di persone mostrando con dettagli inconfutabili quanto abbiamo trattato male il pianeta e cosa possiamo fare per salvarlo. Dieci anni fa quelle diapositive sono diventate An Inconvenient Truth (Una scomoda verità), il documentario che ha diffuso nel mondo quelle informazioni. Continua a trafficarci ogni giorno perché, è ovvio, i dati continuano a cambiare. Quest’anno però lui e gli altri attivisti dell’ambiente hanno un motivo per festeggiare: nell'aprile del 2015, 175 leader mondiali si sono incontrati alle Nazioni Unite per firmare l'Accordo di Parigi sul clima, un trattato che ha l’obiettivo di impedire l’innalzamento della temperatura della Terra oltre i 2 gradi Celsius rispetto ai livelli dell’era pre-industriale. Quindi, un decennio dopo che il suo film ha fatto scattare l’allarme e 16 anni dopo aver perso la Casa Bianca, sembra che Al Gore stia finalmente vincendo.
W I R E D
—
I N V E R N O
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Perché Una scomoda verità? «All’inizio, lo ammetto, non volevo fare un documentario. Perché pensavo che una presentazione con diapositive non potesse trasformarsi in un buon film. Ricordavo quando a scuola cercavo di imparare Shakespeare guardando le rappresentazioni filmate dei suoi spettacoli: accendevano una telecamera e riprendevano il palco. Non funzionava, non era la stessa cosa. Davis Guggenheim e Participant Media hanno dovuto convincermi che fosse una buona idea, e li ringrazio di avermi mostrato quanto poco capissi di cinema. Il messaggio era da diffondere e da ascoltare perché – posso sembrare presuntuoso – è in gioco il futuro dell’umanità». Quest’anno ne hai parlato anche a una TED Conference. Come hai tenuto viva la passione per questo tema, per così tanto tempo? «Siamo tutti diversi l’uno dall’altro, ma credo che la passione non abbia bisogno di essere alimentata. Nasce spontaneamente. Un impegno che ti costringe a usare ogni grammo di energia è una fonte di gioia. Quando sono di fronte a un pubblico che può fare la differenza, mi sforzo perché ogni sillaba del mio discorso abbia importanza. Magari cercando di attenuare la passione perché non sovrasti il messaggio principale». L’accordo sul clima di Parigi è un passo in avanti importante? «Un esempio? Durante una gara, a volte, “senti” in modo tangibile un mutamento. Magari una delle due squadre è in svantaggio, ma il cambio di passo è così evidente che sai che in ogni momento potrebbe vincere. Questa è la situazione in cui ci troviamo oggi, nei confronti del cambio climatico. Siamo ancora indietro nel punteggio ma il cambio di passo c’è stato e siamo destinati a vincere. Quando l’energia proveniente da fonti rinnovabili diventerà più economica di quella derivata dai combustibili fossili, il mutamento diventerà definitivo. È il mercato stesso a rendere questa opzione più conveniente, quindi preferibile. Così si raggiungono risultati come quello del 2015, in cui il 90% dell’elettricità generata nel mondo proveniva da fonti rinnovabili. È impressionante, gli accordi di Parigi hanno superato ogni mia aspettativa. Basta? No, ovviamente no. Si può fare meglio? Certo, sono stati concepiti per essere sempre migliorati e su questo sto lavorando». Ti sentivi isolato all’interno del mondo politico americano quando, negli anni ’80 e ’90, combattevi per il clima? «Erano tempi diversi e anche la situazione dell’ambiente era differente. Ma non mi sentivo solo: avevo l’obiettivo di raggiungere il maggior numero di persone possibile. È ed era l’unico modo di risolvere il problema visto che troppi sistemi politici sono stati condizionati dagli interessi dell’industria: quell’influenza economica dev’essere controbilanciata su scala globale da movimenti di opinione di massa costruiti dal basso». Alcuni politici americani sostengono che «il cambio climatico è una religione, non una scienza», mentre tu hai sempre detto che la soluzione del problema non dev’essere mai una scelta di parte. «Quel tipo di faziosità per fortuna sta venendo meno. Lo scorso autunno undici parlamentari
C A P I T O L O
4
repubblicani hanno sottoscritto un’importante dichiarazione al riguardo... e quando Georgetown, in Texas, ha annunciato di voler passare alle fonti di energia rinnovabili per coprire il 100% del fabbisogno, un politico locale ha detto: “Io sono la persona più lontana che si possa immaginare da Al Gore”. Fantastico! Così dev’essere». Però il presidente uscente Barack Obama ha dovuto far partire il Clean Power Plan senza l’appoggio del Congresso... «La nostra democrazia è stata modificata al punto da diventare del tutto indifferente all’interesse pubblico. Ma la tecnologia può venirci in aiuto. Quando la televisione è divenuta la principale fonte di informazione, l’architettura dell’ecosistema informativo è cambiata in modo radicale: le persone che avevano qualcosa da dire al pubblico si sono trovate di fronte a barriere insormontabili e i soldi hanno cominciato a influire sulle decisioni politiche. L’ecosistema dell’informazione che si è venuto a creare nell’era moderna, basato su internet e sui social media, ha di nuovo ridotto gli sbarramenti e favorito la meritocrazia delle idee. Se i membri del Congresso controllati da grandi interessi privati vengono contestati da individui o piccoli gruppi in grado di fare crowdsourcing, raccogliere fondi e presentare candidati propri, significa che è stato restaurato il principio di democrazia rappresentativa nel nostro paese». Bernie Sanders (candidato alle primarie del Partito Democratico alle ultime elezioni presidenziali americane, ndr) aveva messo questi temi sul tavolo... «L’idea di una campagna molto basata su internet rappresenta la speranza di eliminare la vecchia cultura della politica. Credo che il futuro sarà sempre più plasmato da individui, provenienti da entrambi gli schieramenti, capaci di entrare in contatto diretto con il pubblico attraverso i social media e le altre forme di comunicazione basate su internet. Ciò diminuirà la dipendenza dei candidati dai finanziatori». Che eredità ha lasciato il presidente Obama? Ha fatto molto per favorire gli investimenti nelle energie rinnovabili. «Ha costruito una consapevolezza sul clima senza precedenti. Nonostante le difficoltà che ha incontrato al Congresso ha realizzato il Clean Power Plan e ha negoziato con successo un accordo bilaterale con la Cina che ha completamente cambiato le prospettive degli accordi di Parigi. Ha proposto regole per l’efficienza energetica dei veicoli durante il primo mandato, poi ha affrontato la questione delle emissioni di metano. L’elenco di quello che ha ottenuto è lungo». Ritieni di aver ottenuto risultati migliori da privato cittadino di quello che avresti potuto fare lavorando nel settore pubblico? «Non mi faccio illusioni: nessuna posizione è in grado di competere con quella del presidente degli Stati Uniti nell’indirizzare le decisioni politiche e influenzare il modo di pensare dei cittadini. Non spetta a me giudicare i risultati ma quando qualcuno mi dice che dieci anni fa, dopo aver visto il mio film, ha cambiato stili di vita, non posso che essere gratificato. È un incoraggiamento a fare sempre di più. È molto importante arrivare a una vittoria il più rapidamente possibile».
W I R E D
—
I N V E R N O
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Cosa succederà durante la prossima amministrazione Trump? «Il punto chiave è che l’energia rinnovabile sta diventando più economica di quella derivante dai combustibili fossili. La vera differenza sarà la velocità del cambiamento». È difficile per molti comprendere la portata del cambio climatico, perché non ne vedono le conseguenze nel quotidiano o magari non ne riconoscono gli effetti. «A marzo sono stato a Tacloban nelle Filippine e ho parlato con i sopravvissuti al super tifone Haiyan. Vedere in che modo le loro vite sono state trasformate, le sofferenze e le perdite che hanno dovuto affrontare mi ha sconvolto. E lo scorso autunno, durante una grande inondazione della Florida, ho visto i pesci dell’oceano nuotare nelle strade di Miami Beach e Fort Lauderdale...». Parli spesso della necessità di vincere la battaglia contro il cambio climatico. Cosa significa la parola “vittoria” in questo contesto? «Vuol dire evitare conseguenze catastrofiche che possono compromettere il futuro dell’umanità. Vuol dire fermare l’accumulo dell’inquinamento nell’atmosfera e ridurne il volume. Vuol dire creare decine di milioni di nuovi posti di lavoro per modernizzare le abitazioni, trasformare i sistemi di produzione energetica, installare batterie, trasformare l’agricoltura e le scienze forestali. Vuol dire fare in modo che le soluzioni alla crisi climatica diventino i principi base della nostra civiltà». La Silicon Valley adesso è dalla tua parte. Che ruolo può avere la tecnologia? «Tutte le maggiori aziende consumer-facing, cioè a diretto contatto con i clienti, tipo Google, Facebook, Apple e Amazon sono impazienti di ridurre le emissioni di anidride carbonica e sanno che facendolo possono risparmiare. Quelle che non prendono iniziative in questo senso corrono il rischio di perdere mercato e svalutare il proprio marchio. In quanto esseri umani, abbiamo la capacità di comunicare, di pensare insieme a come affrontare queste sfide operando all’interno della democrazia costituzionale. Inoltre possiamo lasciare in eredità ai nostri figli delle normative che ci indirizzino verso l’obiettivo a lungo termine. L’abbiamo fatto in passato e ci siamo riusciti meglio quando meglio funzionava il dialogo all’interno della società. Ma potremo ottenere risultati ancora migliori in futuro, dal momento che le nuove forme di democrazia basate su internet consentono di rendere sempre più vincenti sia idee che considerazioni correttamente ragionate e argomentate».
al gore è nato nel 1948 a Washington. È stato il 45º vicepresidente degli Stati Uniti (1993-2000), durante la presidenza di Bill Clinton. Dopo la controversa sconfitta contro George W. Bush alle presidenziali del 2000, si è ritirato dalla politica e dedicato alla causa ambientalista. Il documentario Una
scomoda verità, tratto dalla presentazione utilizzata per molti anni durante la sua campagna di informazione sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo, ha vinto due premi Oscar nel 2007. Nello stesso anno Al Gore ha anche vinto il premio Nobel per la pace.
C A P I T O L O
4
130 131
RIS PON DE:
VINCENZO BALZANI
LA RIVOLUZIONE DELL'ANTROPOCENE
133 W I R E D
—
I N V E R N O
16 / 17
C RESCITA
E
CONOSCIAMO MA
PER
SVILUPPO
NON
SONO
FORTUNA
UN
PIÙ
ENERGETICO
È
FARE
COSA
A
NELLA
E
B RE C CIA.
TESTA
DI
COME
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S O S T E N I B I L I,
NUOVO
E C O N O MIC O, PRONTO
COSÌ
MODELLO
PRODUTTIVO PER
TUTTI
PRIMA NOI
FOTO:
REUBEN WU
N
136 137
egli ultimi 50-100 anni il mondo è profondamente cambiato, tanto che gli scienziati dicono che siamo entrati in una nuova era geologica, l’Antropocene (in cui all’uomo e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche, ndr). L’utilizzo dei combustibili fossili, i progressi della scienza e quelli della tecnologia hanno rafforzato le nostre mani, ormai è evidente, ma hanno anche aumentato la fragilità del pianeta. Gli scienziati e i filosofi sono preoccupati per il futuro dell’umanità. L’ambientalista Lester Brown dell’Earth Policy Institute di Washington ha scritto che il mondo è sull’orlo del baratro. Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, la scienza e la tecnica hanno fatto vincere all’uomo molte battaglie contro la natura, ma ora rischiano di farci perdere la guerra, causando l’irreversibile degrado del pianeta. Il filosofo Hans Jonas ha scritto che è proprio lo smisurato potere su noi stessi e sull’ambiente, che ci siamo attribuiti, a imporci di sapere cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci.
A
bbiamo vissuto gli ultimi anni in piena recessione. Economisti e politici sostengono che, per uscirne, dobbiamo consumare di più perché quando inizieranno a crescere i consumi, aumenteranno produzione, occupazione e, finalmente, anche il Prodotto interno lordo (Pil). La parola d’ordine è “innovazione” (oltre 22 milioni di voci su Google), in quanto motore dello sviluppo e della crescita. A essa si chiede dunque di fare aumentare i consumi, cioè di creare prodotti nuovi, sempre più attraenti e desiderabili per il pubblico. Non importa se sono inutili, perché con la pubblicità si possono comunque imporre sul mercato. Meglio se si riesce a programmarli perché si rompano in breve tempo, così che li dovremo gettare (ripararli è più costoso!) senza provare scrupoli nel comprare il modello più recente, sapendo di contribuire all’aumento del Pil. Neppure dobbiamo preoccuparci troppo di produrre rifiuti, perché troveremo sempre un modo per farli scomparire dalla nostra vista: nascondendoli sottoterra, bruciandoli perché se ne vadano, invisibili, in quell’immensa discarica comune che è l’atmosfera, oppure gettandoli in mare. Anche questo gioverà all’aumento del Pil. I rifiuti elettronici, poi, pericolosi e difficili da eliminare, potremo continuare a “regalarli” ai paesi sottosviluppati dell’Asia o dell’Africa, dove faremo felici i poveri che tenteranno di ricavarne qualcosa con gravi rischi per la salute. Questa ricetta, però, è profondamente sbagliata. Un’innovazione volta soltanto ad aumentare i consumi ci porterebbe al disastro collettivo nel giro di qualche decina d’anni, forse addirittura meno. Le prime cose da innovare sono istruzione e cultura. Bisogna far sapere a tutti i cittadini, in particolare ai giovani, qual è la situazione reale del mondo in cui viviamo a proposito di risorse, rifiuti, disuguaglianze e modelli economici di sviluppo. Tutti dovrebbero sapere che continuando a immettere 36 miliardi di tonnellate all’anno di anidride carbonica nell’atmosfera provochiamo cambiamenti climatici disastrosi e irreversibili; che i rifiuti di materie plastiche che si sono raccolti nell’Oceano Pacifico formano un’isola grande come l’Europa; che le risorse non rinnovabili sono in quantità limitata e che molte di esse hanno già superato il picco di produzione; che consumiamo risorse rinnovabili (per esempio, gli alberi delle foreste e i pesci del mare) come se avessimo a disposizione un pianeta e mezzo; che l’economia basata sul consumismo usa e getta aumenta le disuguaglianze economiche e produce emarginazione sociale. Tutti dovrebbero sapere, infine, che se vogliamo continuare a vivere sulla Terra dobbiamo scegliere un’al-
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tra strada: quella della sostenibilità ecologica e sociale. Non a caso papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’ parla di rivoluzione culturale: «Di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta… Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale… Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale».
attuale modello di sviluppo è basato sulla cosiddetta “economia lineare”, che parte dall’ingannevole presupposto che le risorse siano infinite e che la collocazione dei rifiuti non costituisca un problema. Uno dei punti cardine della rivoluzione culturale di cui parla papa Francesco, e di cui c’è tanto bisogno, è invece il passaggio a una “economia circolare”, un modello di sviluppo alternativo che utilizza le risorse della Terra in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo il più possibile intelligente (efficienza), al fine di fabbricare oggetti programmati per essere non solamente usati ma anche riparati, raccolti e riciclati al fine di fornire nuove risorse. La differenza fondamentale fra i due modelli riguarda la risorsa chiave di ogni sistema economico, cioè l’energia. L’economia lineare è basata sui combustibili fossili, una fonte in via di esaurimento, mal distribuita sul pianeta, motivo di guerre e causa di danni gravissimi all’ambiente e alla salute dell’uomo. L’economia circolare, invece, utilizza l’energia solare e le altre fonti (eolica, idrica) a essa collegate: abbondanti, inesauribili, ben distribuite, non pericolose. La transizione dall’uso dei combustibili fossili a quello delle energie rinnovabili è già iniziata ed è ineluttabile. Si tratta di un processo graduale e complesso, che si prevede giungerà a termine verso il 2050. È fortemente osteggiato dalle lobby dei combustibili fossili, che sono talmente potenti da influenzare economisti e politici; però sta facendosi strada grazie agli ammonimenti degli scienziati, all’enciclica del pontefice e all’accordo sul clima raggiunto alla Conferenza COP21 di Parigi.
L'
nnovazione” è una parola che oggi va declinata non più nell’ambito dell’economia lineare ma di quella circolare; ed è la sola che può assicurare un futuro al pianeta e ai suoi abitanti. Quindi è essenziale che gli uomini si guardino bene dall’adottare qualsiasi innovazione basata su un maggior consumo di risorse, una crescente produzione di rifiuti e l’aumento delle disuguaglianze. Un classico esempio di innovazione inutile è rappresentata dai veicoli alimentati con combustibili fossili, in particolare i giganteschi suv. Un passo avanti nel campo delle automobili oggi è possibile solo grazie alle vetture elettriche (motori, batterie, dispositivi di ricarica veloce ecc.): l’energia viene prodotta dalle fonti rinnovabili, i motori elettrici non causano danni all’ambiente e offrono un rendimento tre volte superiore a quelli a scoppio. Non a caso, entro il 2025 Olanda, Norvegia e India prevedono di vietare la vendita di veicoli a benzina e gasolio. L’unica innovazione che dobbiamo perseguire è quella che ha per obiettivo la sostenibilità nel suo duplice aspetto: ecologico e sociale. Nell’industria, nell’agricoltura e nei trasporti, innovazione per la sostenibilità significa ridurre i consumi di energia, acqua, suolo e materie prime, per eliminare gli sprechi e aumentando l’efficienza dei processi. Il risultato sarà anche una diminuzione dei costi di produzione. Un settore particolarmente importante è quello dell’energia.
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innovazione dev’essere volta a consumare meno e a facilitare la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. È una strada già seguita con successo da molte imprese di ogni tipo e dimensione. Il passaggio alle rinnovabili, nella maggior parte dei casi, è facilitato dalla disponibilità di tetti, terrazze, coperture per parcheggi e altri spazi inutilizzati dove si possono installare, senza grandi costi, pannelli fotovoltaici, collettori termici e in taluni casi anche pale eoliche. L’esempio più eclatante è Tesla: nel nuovo, gigantesco stabilimento di Sparks in Nevada, dove verranno costruite batterie al litio per auto elettriche, tutta l’energia necessaria sarà autoprodotta con fonti rinnovabili. Al risparmio nel consumo energetico deve affiancarsi quello nell’utilizzo delle materie prime. Oggi, ogni persona che vive sulla Terra ne consuma in media 27 chili al giorno. Bisogna essere consapevoli che il pianeta su cui viviamo ha dimensioni “finite” e che, pertanto, le risorse sono limitate. Così come è limitato lo spazio in cui mettere i rifiuti. Dovrebbe essere una cosa ovvia, ma in realtà sembra che molti non l’abbiano ancora capito. O forse fa comodo non capirlo. Come già accennato, nell’ideare e fabbricare un prodotto si deve prevedere non solo l’uso a cui è destinato ma anche la possibilità che possa essere riparato. Con la sostituzione delle parti più soggette a usura, per esempio. Quando il prodotto non sarà più utilizzabile, dovrà essere possibile servirsi per altri scopi di alcune sue parti, facilmente individuabili e separabili. Infine dev’essere progettato considerando anche la facilità di riciclaggio dei suoi singoli componenti al fine di rigenerare risorse. Nei prossimi anni, un numero crescente di imprese si dedicherà al recupero dei materiali e l’innovazione giocherà un ruolo importante nel rendere il riciclo sempre più efficiente e conveniente. Nei testi più avanzati si sottolinea che i rifiuti rappresentano un’opportunità e che in un mondo con risorse limitate, ma digitalizzato e interconnesso, verranno venduti sempre più servizi e sempre meno merci. A causa dell’aumento dei costi di trasporto, infatti, le aziende che trattano prodotti materiali devono rivolgersi a mercati ristretti, mentre, al contrario, chi vende informazioni ha la possibilità di operare su un mercato globale («Atoms are local, bits are global»). Le imprese devono considerare che l’innovazione responsabile, cioè quella nella direzione della sostenibilità, sarà sempre più premiata perché si va diffondendo fra la gente la consapevolezza che bisogna porre rimedio alla crisi energetica e climatica; ma anche, più in generale, ai danni causati dall’economia dell’usa e getta. Già oggi molti acquirenti – il loro numero aumenterà costantemente – sono disposti a pagare di più se hanno la certezza che quello che comprano è stato prodotto seguendo i criteri della sostenibilità. Già oggi un modo efficace per conquistare quote di mercato consiste nel pubblicizzare il valore aggiunto, ecologico ed etico, che deriva da una produzione sostenibile.
L'
toricamente le disuguaglianze sono una conseguenza del progresso, visto che le fughe in avanti di poche nazioni o di poche persone lasciano indietro, inesorabilmente, molte nazioni e molte persone. Purtroppo, lo sviluppo di un paese avviene spesso a spese di un altro e la crescita di una classe sociale si determina a spese di un’altra. Il francese Thomas Piketty e altri economisti di fama internazionale mostrano che il capitalismo produce in modo meccanico disuguaglianze insostenibili, arbitrarie. La sperequazione di reddito si autoalimenta: dovrebbe essere limitata con tetti agli stipendi troppo elevati e un’appropriata e corretta tassazione progressiva. Un’indagine di una fondazione inglese mostra che, nei paesi sviluppati, i problemi sociali e sanitari sono tanto più gravi quanto maggiore è
S
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la disuguaglianza di reddito. Al crescere delle sperequazione aumentano tutti gli indici di malessere (omicidi, furti, mortalità infantile) e diminuiscono quelli di benessere (fiducia reciproca, istruzione, benessere dei bambini). Nel Regno Unito si è stimato che basterebbe dimezzare la disuguaglianza di reddito per ridurre del 65% le malattie mentali e aumentare dell’85% il livello di fiducia, con beneficio non solo dei poveri ma dell’intera società. Nei paesi sviluppati, quindi, per aumentare la qualità della vita, vanno ridotte le disuguaglianze. Non si risolvono i problemi del mondo producendo di più e aumentando le sperequazioni, come è avvenuto negli scorsi decenni. Né le disparità possono essere risolte con una caritatevole politica sociale: è il lavoro che dà dignità all’uomo. C’è da innovare, quindi, anche nei rapporti fra imprese e lavoratori. Il papa dice che «il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa Terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale… L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere il territorio in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune».
innovazione è e rimarrà il motore della crescita e dello sviluppo, i quali non devono però aumentare le disuguaglianze economiche e sociali. Allora ci vuole molta innovazione per ottimizzare l’uso delle risorse, evitare sprechi, fare di più con meno, massimizzare l’efficienza dei processi, ridurre la quantità di rifiuti, mirare alla riparazione invece che alla rottamazione, riciclare; ma anche per ridurre le disuguaglianze all’interno di ciascuna nazione, fra le nazioni e fra il Nord e il Sud del mondo. Problemi che vanno affrontati da politica ed economia. Ma ciascuno di noi – nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone – può dare un contributo alla costruzione di una società più equa, facendo leva sulle energie spirituali che caratterizzano l’uomo: responsabilità, sobrietà, collaborazione, solidarietà, amicizia, creatività.
L'
vincenzo balzani è nato nel 1936 a Forlimpopoli (Forlì). Chimico, è diventato professore ordinario all’università di Bologna nel 1973 e professore emerito nel 2010. Accademico dei Lincei, è autore di dodici libri (tra cui Energia oggi e domani - Prospettive, sfide, speranze, punto di riferimento nel di-
battito sulle fonti energetiche) e di oltre 500 pubblicazioni su riviste internazionali. Ha ricevuto lauree honoris causa dalle università di Friburgo e Shanghai e nel 2013 il Nature Award for Mentoring in Science. È coordinatore del gruppo di scienziati Energia per l’Italia.
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138 139
140
UN
AEREO
HA
FATTO
IL
GIRO
DEL
MONDO
SOLO
GRAZIE
AI
RAGGI
S O L A R I,
SENZA
CA R B U R A NTE.
RIS PONDE:
ANDRÉ BORSCHBERG
IL RE SOLE UNA
SFIDA
DIETRO
LA
QUALE
CI
SONO
IDEE
E
TECNOLOGIE
W I R E D
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I N V E R N O
CHE
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PRESTO
CI
CAMBIERANNO
LA
VITA
olti mi chiedono se, durante l’ottava tappa del giro del mondo senza carburante con Solar Impulse (un aereo a energia solare) abbia avuto paura di addormentarmi. Se durante quelle 117 ore e 52 minuti in solitaria dal Giappone alle Hawaii fossi preoccupato che qualcosa andasse storto, di non farcela. Rispondo sempre che è stata un’esperienza straordinaria, profonda; che mi ha rivelato tante cose su me stesso e sul mio carattere; che, alla fine, 5 giorni e 5 notti sono stati troppo pochi. Avrei potuto imparare di più. Qualsiasi impresa è soprattutto questione di atteggiamento e disposizione mentale: proprio questa credo sia la lezione più importante che in 13 anni Solar Impulse mi ha impartito. Prima delle questioni tecnologiche, che pure sono importanti; prima di quelle organizzative e umane, che pure hanno il loro peso. Anziché entrare nella cabina di pilotaggio e paventare che m’aspettasse un viaggio lungo e arduo, ho immaginato che sarebbe stato estremamente interessante: questo fa la differenza. Se ti concentri sulle difficoltà sarà difficile, se pensi alle opportunità può diventare entusiasmante. Ciò vale non soltanto per il volo, ma per l’intero progetto. Cioè è la storia di come rendere possibile l’impossibile, che mi auguro possa essere di ispirazione per altri. Perché nel mondo ci sono molte situazioni come questa e c’è sempre qualcuno pronto a obiettare che «non si può fare». Quando abbiamo iniziato, l’intero universo dell’aviazione ci ha detto e ripetuto che era impossibile costruire un aereo solare come quello che avevamo in mente. Ebbene, 42mila chilometri e 23 giorni complessivi di volo dopo, possiamo affermare che non era così. Nulla abbiamo creato di particolarmente nuovo o rivoluzionario, abbiamo solo usato tecnologie esistenti che abbiamo assemblato e sviluppato al meglio, cercando una soluzione che – soli – eravamo convinti esistesse. Devi impegnare forze e tempo per comprendere in che modo l’intralcio che hai davanti modifichi la situazione. Se ti limiti a pensare a come superarlo, vedi solo i problemi ma non le possibilità; se invece cerchi di intuire come esso alteri la prospettiva, il tuo modo di ragionare e l’approccio, impari ad agire molto al di là del singolo problema. Un atteggiamento, questo, che diventa la chiave di volta per chiunque voglia cambiare le cose ed esplorare nuove idee.
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142 143
n fondo, la nostra storia è molto simile a quella dei fratelli Wright, che il mio partner Bertrand Piccard mi ripeteva spesso. Come noi, hanno semplicemente utilizzato tecnologie che esistevano da molto tempo combinandole al meglio. Proprio questo deve guidare le nostre decisioni, perché oggi la domanda più importante per l’umanità è: come dobbiamo usare le tecnologie di cui siamo in possesso, per ottenere vantaggi nel presente e in futuro? Basta guardare allo sfruttamento delle risorse, a come continuiamo a bruciare carburanti fossili per rendersi conto che è un’idiozia: due litri su tre del carburante di un’automobile vengono sprecati sotto forma di calore, solo il terzo viene usato effettivamente per la propulsione. È una tecnologia inefficiente, su cui abbiamo continuato a insistere solo perché l’industria automobilistica rifiutava ogni cambiamento del modello di business, non perché mancasse un’alternativa più valida. Per fortuna, anche in questo ambito abbiamo raggiunto un punto di svolta e le auto hanno imboccato con decisione la strada dell’elettrico: le vetture di questo tipo rappresentano ancora una piccola percentuale, che però crescerà rapidamente. Questo porterà nel giro di una decina d’anni a un’altra rivoluzione, cioè la guida autonoma, che stravolgerà il modo in cui ci spostiamo. Tutto ciò avrà un corrispettivo anche nei cieli. Già, perché nella storia esistono momenti in cui diverse componenti si intrecciano e fanno sì che le cose cambino improvvisamente. Ne stiamo vivendo uno. A Parigi, nel 1890, c’erano così tanti cavalli che le strade erano piene di sterco e la situazione era insostenibile. Molti pensavano che il modello stesso di città non avesse futuro: perché l’equazione diceva tante persone uguale tanti cavalli, tanti cavalli uguale tanto inquinamento. In quel momento sono arrivate le automobili e le strade sono tornate pulite. Adesso tocca ai cieli: la tecnologia esiste, perché i motori elettrici hanno un’efficienza del 97% contro il 30 di quelli termici. Il consumo di energia mondiale è inoltre destinato a scendere anche con il contributo della politica, visto che ci sono governi – come quello della Germania – che grazie a incentivi trasformano le energie rinnovabili in fonti più economiche di altre. A mancare è solo un ul-
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I N V E R N O
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timo, piccolo passo necessario a cambiare la nostra disposizione mentale. Proprio in questo scenario, Solar Impulse è importante per due ragioni. La prima è l’enorme valore simbolico del messaggio che lancia, sia per la politica che per le persone comuni; la seconda è rappresentata dalle ricadute tecnologiche. Alcune sono immediate. Noi non abbiamo l’esperienza industriale né l’interesse a portare sul mercato le soluzioni che abbiamo utilizzato, ma ci sono aziende pronte a farlo. Il primo esempio sono i materiali isolanti che abbiamo sviluppato per mantenere fredde le batterie che si surriscaldavano. Verranno sfruttati per produrre frigoriferi migliori, visto che sono più efficienti, più sottili di quelli attualmente in uso: a parità di consumi, permetteranno di ridurre l’impiego di energia e di avere più spazio. Il secondo sono le batterie. È superfluo spiegare in quanti ambiti modelli migliori di accumulatori possano avere ricadute importanti; ma a ciò si aggiunge che abbiamo anche perfezionato l’efficienza dei pannelli solari e sviluppato materiali leggeri che verranno sfruttati soprattutto nell’edilizia. In una prospettiva invece più a lungo termine, stiamo mettendo a disposizione la nostra esperienza nel campo dell’efficienza energetica e delle smart grid. Come ho già detto, il consumo di energia mondiale è destinato a scendere e ciò, che pure non accadrà da un giorno all’altro, sarà uno dei cambiamenti più importanti per l’umanità.
l volo attorno al mondo non è la fine di quest’impresa, anzi, siamo già pronti a proseguire in due direzioni; a cominciare da uno sviluppo ulteriore della tecnologia del nostro aereo solare. L’obiettivo consiste nel realizzarne uno a guida autonoma in grado di volare nella stratosfera, non stop, per un periodo dai 3 ai 6 mesi. In pratica vorremmo provare a sfruttare una fascia di spazio inutilizzata: abbiamo gli aerei di linea che volano fino a 13-15mila metri di quota, i satelliti in orbita a circa 60mila e in mezzo il nulla. Forse solo alcuni aerei militari di ricognizione. Ma è un posto meraviglioso e perfetto per un aereo solare, sempre soleggiato, privo di turbolenze e di traffico. L’idea è che si possano usare questi velivoli per le comunicazioni – pure Facebook ci sta lavorando – ma anche per rilevamenti, previsioni del tempo, studi sull’atmosfera, osservazioni oceanografiche o ambientali, controllo dell’inquinamento e molte altre ricerche interessanti e decisive, che i satelliti non fanno perché stanno in orbita e che per i droni sono impossibili, visto che hanno poco più di un paio d’ore di autonomia. La seconda direzione è lo sviluppo di aerei di linea a motori elettrici. Hanno un potenziale enorme: 13 anni fa nessuno ci credeva, ora sia la Nasa sia Airbus ci stanno lavorando con progetti concreti. Iniziamo ad avere sufficienti competenze su come immagazzinare l’energia e possiamo sfruttare molti piccoli motori (l’idea funziona, in termini di peso). Questo aprirà la strada a nuove concezioni e nei prossimi 5-10 anni vedremo diversi nuovi, stupefacenti modelli. In più, come per le automobili, il passaggio ai motori elettrici aprirà la strada alla guida autonoma. È un fenomeno già importante: in cento anni gli Stati Uniti hanno concesso 300mila licenze per l’aviazione civile, mentre nel solo 2015 ne hanno concesse mezzo milione per i droni. I quali forniscono un’enorme quantità di esperienza nel volo autonomo, che cresce in modo esponenziale e che potrà avere ricadute sugli aerei utilizzati per il trasporto umano... certo, è più complesso certificare un velivolo che un’automobile ma, nei prossimi dieci anni, la rivoluzione dei trasporti procederà di pari passo in terra e in cielo. Ne sono sicuro.
I
andré borschberg è cofondatore e pilota di Solar Impulse, il velivolo alimentato a energia solare che lo scorso 23 luglio ha completato il giro del mondo in 17 tappe e oltre 558 ore di volo. Nato a Zurigo (Svizzera) nel 1952, ingegnere meccanico specializzato in Management Science al Mit di Boston, prima
di lanciarsi in questo progetto (iniziato nel 2003 insieme a Bertrand Piccard) è stato manager, imprenditore, venture capitalist e pilota di jet per l’esercito svizzero. Detiene a tutt’oggi 14 record mondiali aeronautici, tra cui quello di volo più lungo in solitaria: 117 ore e 52 minuti.
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THE
HALOGEN
OCCULTATION
EXPERIMENT
INSTRUMENT,
CREATED
BY
NASA
TO
MEASURE
OZONE
LEVELS
IN
THE
ATMOSPHERE
©CORBIS
/
GETTY
correnti ad alta quota, si concentrava ai poli, dove era talmente sottile da poter essere paragonata a un buco. Le implicazioni per la salute umana furono subito evidenti. La letteratura e la ricerca medica hanno ormai da decenni verificato il collegamento diretto tra l’aumento di alcuni tipi di tumori alla pelle,
I L B U C O D E L L’ O Z O N O H A G L I A N N I C O N TAT I
problemi agli occhi e al sistema immunitario e l’assottigliamento dell’ozonosfera. La questione iniziò a essere discussa in maniera concreta agli inizi degli anni ’80, con un ampio coinvolgimento della società civile. Il mondo si mobilitò e nel 1987 a Montréal, in Canada, venne firmato un trattato internazionale che vietava l’utilizzo di alcuni CFC. «L’adozione del trattato consentirà all’umanità di evitare due
NOME
-
CHE
COSA
Assottigliamento dell’ozonosfera
DOVE
Polo Nord, Polo Sud
FATTORE
GOOD
NEWS
*****
per l’appunto). Se a livello
milioni di tumori della pelle
del terreno il gas è tossico
all’anno di qui al 2030»,
per l’uomo, a quelle altezze
affermò allora Susan
risulta fondamentale per
Solomon, una delle massime
la vita sulla Terra, perché
esperte di buco dell’ozono
assorbe gran parte delle
e ricercatrice presso il
radiazioni ultraviolette (UV)
Massachusetts Institute of
provenienti dal Sole.
Technology (Mit) di Boston.
Il boom economico degli
Solomon, che ha realizzato
anni ’60 e ’70 portò a
anche lo studio più recente,
un utilizzo massiccio
può ora festeggiare:
di clorofluorocarburi
«Questi dati ci mostrano
(CFC), sostanze che
che se l’umanità compie
possono rimanere volatili
delle scelte collettive, i
anche per 60 anni e che
risultati arrivano». Ora,
Dovremo aspettare
essere fuori pericolo,
distruggono l’ozono,
viene da aggiungere, è
ancora un po’, ma stando
soprattutto per i danni alla
utilizzate soprattutto nelle
il turno di impegnarsi
a questi ritmi, nel 2050
salute umana provocati
bombolette spray e negli
seriamente contro il
il buco dell’ozono si sarà
dall’assottigliamento
elettrodomestici.
riscaldamento globale e il
chiuso. Un recente studio
dell’ozonosfera.
I CFC, concentrandosi nella
cambiamento climatico.
pubblicato su Science
Ma cos’è esattamente il
fascia alta dell’atmosfera
GIACOMO
ha infatti riportato dati
buco dell’ozono? In realtà
terrestre, iniziarono a
incoraggianti: lo strato di
il termine è fuorviante.
reagire chimicamente con
ozono si è stabilito di nuovo
Non si tratta di un vero
l’ozono, distruggendolo. Già
a livello ottimale in circa 4
e proprio buco, ma di
dalla metà degli anni ’70
milioni di chilometri quadrati
una forte diminuzione
gli scienziati dimostrarono
sull’Antartico, una superficie
della concentrazione di
che l’ozonosfera si stava
pari alla metà degli Stati
questo gas in una fascia
riducendo sensibilmente
Uniti. Di questo passo, tra
atmosferica, a circa 25 km
in tutto il mondo e tale
circa trent’anni, dovremmo
di altitudine (l’ozonosfera,
riduzione, per via delle
DESTRO
che circolano anche nell’aria delle scuole. Prima un filtro battericida, che mitiga
CON UN OMBRELLONE
anche polveri e muffe, poi il cuore carbonico che separa
TROVEREMO C A S A TEEL ?L A L A N OES TI N RQ A UGI N EM
solventi, benzene, azoto e ozono dall’aria pulita,
B A S TA A P P E N D E R E
li scompone in particelle
LE TENDE GIUSTE
primarie e li intrappola, come pure fa con gli odori. La startup ha donato i materiali alla scuola piacentina, così come ha fatto con la Andersen International School di Milano e un istituto superiore di Novara. Dalla presentazione del brevetto, lo scorso maggio, il centralino della Anemotech a Casei Gerola, in provincia di Pavia, squilla in continuazione. Anche le aziende si interessano. Banca Generali, per esempio, ha sperimentato il tessuto nella propria sede. La startup ha anticipato il lancio del sito di ecommerce: sarebbe dovuto andare online a febbraio del 2017, ma ha startup di cui è direttore
aperto i battenti la seconda
NOME
operativo, ha studiato
settimana di novembre.
Anemotech The Breath
per anni per brevettare
«Abbiamo già ricevuto 350
The Breath. Un tessuto
richieste», spiega Cammi,
multistrato che per effetto
che calcola una produzione
meccanico del ricircolo
a regime di un massimo di
d’aria, cattura le particelle
30mila pezzi al mese.
DOVE
inquinanti e le pulisce
Due nomi di rilievo come
Casei Gerola (Pv), Italia
attraverso un sistema di
Legambiente e Fondazione
nanomolecole, eliminando
Umberto Veronesi hanno
fino al 20% dello sporco.
appoggiato il progetto.
Come fosse una carta
L’oncologo, recentemente
moschicida della malaria.
scomparso, aveva installato
Vestita però da quadro o
il tessuto che respira in casa
tenda.
propria. E dichiarato: «Il
CHE
COSA
Tessuto che cattura l’inquinamento e purifica l’aria
FATTORE
GOOD
NEWS
***
Uno pensa di chiudere la
presenti nell’aria di casa.
Alle scuole elementari
mio sostegno agli ideatori
finestra e lasciarsi fuori l’aria
«Sai l’odore acre che senti
Vittorino da Feltre, a
di The Breath nasce da una
cattiva delle città. E invece
quando fai una fotocopia?
Piacenza, le maestre
semplice constatazione:
in ufficio o in casa la qualità
Quello è inquinamento.
hanno usato The Breath
dei milioni di italiani che
di quello che respiriamo
Quando il toner scalda
come base per tabelloni
oggi sviluppano un tumore,
non è poi tanto meglio
l’inchiostro, si generano
con le lettere dell’alfabeto,
almeno il 70% potrebbe
dell’esterno. La comunità
vapori. Oggi tutti noi
i numeri e altri strumenti
essere salvato grazie alla
scientifica internazionale
viviamo e lavoriamo indoor, indoor
didattici da appendere ai
prevenzione».
ha etichettato come toxic
ma ci preoccupiamo solo
muri delle classi. Mentre i
Nel frattempo, sono
home syndrome (malattia
dell’inquinamento outdoor»,
bambini imparano la lingua
arrivate anche proposte
da abitazione inquinata) la
spiega Gianmarco Cammi.
o a far di conto, il tessuto
per testare The Breath
congerie di sintomi dovuti
E questo è solo uno dei tanti
lavora silenziosamente
fuori casa. Per esempio
alle 900 sostanze inquinanti
esempi che la Anemotech,
assorbendo gli inquinanti
per rivestire le impalcature
di palazzi o monumenti in ristrutturazione. «Il tessuto difende l’immobile
LA MACCHINA
dalla patina di smog che
DEI MIRACOLI
si potrebbe riformare mentre viene pulito», spiega Cammi. «Inoltre, per effetto del ricircolo d’aria, permette anche di ridurre
NOME
gli inquinanti intorno».
WaterGen
Pensa soprattutto a quelle strade afflitte dall’effetto
CHE
canyon, ossia dove i palazzi
Impianto che trasforma l’aria in acqua
COSA
sono troppo alti perché ci sia ricambio d’aria e sul
DOVE
fondo ristagna sempre la
Rishon LeZion, Israele
stessa. Anemotech ha già un accordo in mano per
FATTORE
stampare su The Breath una
*****
GOOD
NEWS
di quelle grandi affissioni che spuntano sulle pareti dei palazzi. E il colosso francese dell’energia, Engie,
La superficie terrestre è
rende al meglio in presenza
ha proposto alla startup
ricoperta per circa due
di climi caldi e umidi,
un’alleanza per ripulire
terzi da acqua. Eppure
esattamente le condizioni
l’aria dei propri impianti di
sul pianeta 1,6 miliardi di
che si riscontrano nelle
produzione.
persone vivono in regioni
aree più colpite di America
LUCA
affette da scarsità idrica
Latina, sud-est asiatico e
e saliranno a 2,8 miliardi
Africa».
nel 2025, stima la Banca
Disponibile in tre misure,
Mondiale. Ad arginare la
l’impianto va semplicemente
situazione potrebbe essere
collegato all’elettricità
WaterGen, una macchina
perché produca fino a 3mila
in grado di estrarre l’acqua
litri di acqua al giorno (450
dall’aria. Funziona come una
nella versione media e 15
sorta di deumidificatore,
in quella piccola, di uso
catturando le particelle di
domestico) a un prezzo
vapore acqueo presenti
irrisorio. Con un rapporto
nell’atmosfera per poi
di efficienza di 3,35 litri per
condensarle, filtrarle e
kilowatt, ogni litro costa
purificarle fino a ottenere
solo pochi centesimi.
acqua perfettamente
Testato sul campo nelle
potabile. «Come ufficiali
zone di Mumbai, Shanghai
dell’esercito israeliano
e Città del Messico, il
abbiamo sperimentato in
prodotto sarà disponibile
prima persona l’importanza
nel corso del 2017. «La
e la criticità logistica
cosa più difficile è stata
dei rifornimenti idrici»,
convincere le persone che
spiegano il fondatore,
fosse tutto vero. Sembrava
Arye Kohavi, e uno dei suoi
una cosa troppo bella per
colleghi, Erez Malchi. La
essere possibile. Poi è
missione ora è dissetare
bastato vedere per credere,
le popolazioni in difficoltà.
anche se ancora oggi c’è chi
Il target sono dunque
gira intorno alla macchina
governi e organizzazioni
per verificare che non ci
internazionali, ancora
siano tubature o taniche
prima delle imprese private,
collegate». Tramutare l’aria
alle prese con problemi
in acqua si può: miracoli
ZORLONI
economici, orografici e
della scienza.
infrastrutturali. «Il sistema
MARCO
COSENZA
A F FA C C I AT I SUL GIARDINO PENSILE
di recuperare e depurare
delle temperature e degli
NOME
le acque piovane, ed
squilibri idrologici. A partire
Green4All
è attrezzato con una
dall’Italia, dove Coldiretti
compostiera per il
e Censis stimano che un
riciclaggio dei rifiuti organici
cittadino su quattro coltiva
e un sistema di coltivazione
da sé piante e ortaggi. Un
idroponico: il tutto su una
popolo di hobby farmers,
DOVE
superficie di soli 2 metri
unito dalla passione per
Roncade (Tv), Italia
quadrati e 240 centimetri di
la terra e dalla volontà di
altezza interna.
mangiare prodotti più sani
Un piccolo-grande
e genuini. Un popolo in
rifugio ecologico in cui
aumento, a cui Green4All
lo spazio compatto non
si rivolge. «Guardiamo a
limita le ambizioni. Dopo il
paesi europei come Francia,
programma di accelerazione
Germania e Olanda, aperti
(e un prototipo installato) in
alle innovazioni, con una
CHE
COSA
Serre sospese ecologiche
FATTORE
GOOD
NEWS
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C’erano una volta i giardini
progettazione ambientale,
H-Farm e il supporto di BIC
tradizione nel campo della
pensili di Babilonia. E c’è,
Francesca Perricone
Lazio, per l’azienda italiana
tutela ambientale e delle
oggi, una startup che
e Roberta Rotondo,
si avvicina l’avvio del primo
rinnovabili e nei quali sono
promette di trasformare
Green4All è un modulo
lotto di produzione.
da tempo attive politiche di
anche gli edifici
compatto realizzato con
L’obiettivo è cambiare
riqualificazione energetica
contemporanei privi di
materiali riciclati e riciclabili
il volto a palazzi e città
e ambientale del patrimonio
logge e balconi in piccole
che si installa facilmente
in cui l’alto grado di
esistente», dicono le
meraviglie del mondo.
in corrispondenza delle
impermeabilizzazione
fondatrici. Ora si attendono
Come? Applicando al loro
finestre esistenti e funge
del suolo, il degrado
i primi germogli ma il seme
esterno serre sospese,
da orto per la coltivazione
edilizio, l’inefficienza
della rivoluzione verde è
facilmente coltivabili.
domestica.
energetica e la carenza di
ormai piantato. Proprio sul
Frutto delle menti di due
È in grado di produrre
verde contribuiscono alla
davanzale di casa.
architette specializzate in
energia da fonti rinnovabili,
crescita dell’inquinamento,
M.C.
caratterizzata da scarsa
delle coltivazioni»,
produttività. Il problema
osservano a GRoboMac,
è particolarmente sentito
«la meccanizzazione
in India. La più grande
gioca un ruolo vitale
democrazia al mondo, con
nell’incrementare la
più di un miliardo di abitanti,
produttività e abbassare i
soffre di un forte dualismo
costi».
tra le città come Bangalore,
Un aumento della qualità
dove l’innovazione è la
di vita nei paesi in via di
frontiera quotidiana, e le
sviluppo avrebbe anche
campagne, dove sopravvive
benefici sociali. Data
una povertà estrema. E non
la scarsa redditività in
CON UNA
poteva che venire dall’India
termini economici e gli
S TA M PA N T E 3 D
un’idea per creare un ponte
enormi sforzi fisici che
tra queste due realtà.
l’agricoltura familiare
L’idea si chiama GRoboMac
richiede, molte persone
(sta per Green Robot
stanno abbandonando le
Machinery) ed è una startup
campagne per trasferirsi
creata da due ingegneri
nelle metropoli. Questo
indiani che stanno cercando
crea disgregazione
di portare stampanti 3D e
sociale e ampie sacche
oggetti “intelligenti” nelle
di lavoratori non tutelati,
campagne dei paesi in via di
vittime di sfruttamento.
sviluppo.
Grazie a tecnologie come
L’idea è molto semplice:
GRoboMac, invece, si
NOME
realizzare con le più
avrebbe un incentivo a far
GRoboMac
moderne tecnologie
rimanere nelle campagne
digitali alcuni macchinari
i contadini, preservando
agricoli, in modo da tagliare
le comunità rurali ma al
i costi e fare in modo che
tempo stesso migliorando
i contadini siano sollevati
significativamente la loro
DOVE
da lavori meccanici,
qualità di vita. Le Nazioni
Bangalore, India
frustranti e spesso
Unite stimano che nel 2050
sottopagati. Utilizzando
saremo quasi 10 miliardi
versioni semplificate
di persone e già oggi
di questi macchinari e
l’agricoltura industriale
producendoli con stampanti
dimostra di non essere
3D si riescono a ridurre
all’altezza della sfida di
notevolmente i costi, e
nutrire tutte le persone in
si possono stampare e
modo sostenibile.
VIVERE IN C A M PAG N A
CHE
COSA
Tecnologie digitali per l’agricoltura nei paesi in via di sviluppo
FATTORE
GOOD
NEWS
***
Negli ultimi anni abbiamo
Queste realtà tecnologiche
assemblare praticamente
Le tecnologie digitali
assistito al proliferare di
al momento sono per
ovunque.
potranno svolgere un ruolo
laboratori di artigianato
lo più confinate nelle
Non solo. Si stima che nel
chiave per raggiungere
digitale. I fab lab, così
grandi metropoli, spesso
2020 circa 50 miliardi di
l'obiettivo.
vengono chiamati,
occidentali. Ma qualcosa sta
oggetti saranno connessi a
G.D.
sono piccole officine
cambiando.
internet, che si espanderà
altamente digitalizzate
Metà della popolazione
anche laddove oggi non
che permettono di
umana vive in aree rurali,
arriva.
realizzare in maniera
spesso in zone di estrema
Grazie alla connessione alla
semi-automatizzata
povertà. In queste zone,
Rete, dunque, si potranno
numerosi oggetti, usando
dimenticate dalla crescita
applicare le tecnologie
stampanti 3D o apparecchi
globale, la questione
dell’agricoltura di precisione
computerizzati laser cut.
alimentare è prioritaria:
anche nelle campagne dei
Altrettanto comuni stanno
l’80% del cibo prodotto
paesi in via di sviluppo,
diventando gli oggetti
in Asia e nell’Africa
con ricadute positive per
“intelligenti”, ovvero
sub-sahariana dipende
un utilizzo razionale delle
oggetti che rispondono in
ancora dall’agricoltura
risorse, in primis l’acqua.
tempo reale alle esigenze
familiare e di sussistenza
«Che sia l’aratura,
dell’utente scambiandosi
che utilizza strumenti
l’irrigazione, la raccolta
dati attraverso internet.
di lavoro arretrati ed è
o il monitoraggio
SCARPE DI VERO FUNGO
sensibilità per l’ambiente e
responsabile di Life
NOME
il trattamento degli animali
Materials, «è assolutamente
MuSkin
da allevamento, si stanno
positivo. Non solo non
cercando alternative
vengono usati prodotti
ecologiche, sostenibili e,
chimici sintetici, ma
possibilmente, riciclabili.
l’ambiente stesso ha un
Una startup italiana, Grado
beneficio: utilizzando il
DOVE
Zero Espace, ha inventato
fungo parassita si salva
Montelupo Fiorentino (Fi), Italia
MuSkin, un materiale che
anche l’albero su cui si
riproduce e, in alcuni casi,
trova». Dato il carattere
migliora le qualità della pelle
stagionale del fungo, al
di origine animale. MuSkin
momento MuSkin non
deriva dalla lavorazione
è applicabile su larga
di un particolare fungo
scala, ma solo su piccole
parassita che si trova nelle
produzioni. «Certamente
CHE
COSA
Pelletteria eco-friendly
FATTORE
GOOD
NEWS
***
Ogni anno in Italia vengono
uso massiccio di solventi
foreste brasiliane. Una volta
è un materiale nuovo dal
prodotti milioni di paia
chimici per lavorare la pelle
raccolto, la cappella viene
punto di vista industriale»,
di scarpe in pelle, oltre
e renderla più morbida.
tagliata in strati, per poi
prosegue Gozzani, «e molti
a capi d’abbigliamento,
C’è inoltre una questione
essere trattata col vapore
suoi utilizzi devono essere
borse, guanti, accessori e
da non trascurare, ovvero il
per renderla più elastica e
ancora esplorati. La nostra
rivestimenti. Per produrre
benessere degli animali in
resistente. Nel processo
idea è di posizionarlo nel
un chilo di pelle si utilizzano
questi allevamenti.
di produzione non viene
mercato come alternativa
8 litri di acqua e si rilasciano
Esistono anche alternative
utilizzato alcun solvente
alle cosiddette pelli
nell’atmosfera 100 grammi
sintetiche alla pelle animale,
chimico, né altra sostanza
esotiche, che provengono
di CO2, ma questi sono
basate sull’uso di plastiche
sintetica. Solo materiali di
da animali che non sono
solo i costi finali in termini
diverse, come il poliuretano
origine naturale e acqua.
utilizzati per l’alimentazione,
ambientali.
e il poliestere. Questo tipo
MuSkin è parte di Life
come lucertole, coccodrilli,
Nessuno è riuscito a
di produzioni ha un impatto
Materials, un progetto
rospi e struzzi».
calcolare in maniera
ambientale ridotto, ma
italiano che commercializza
G.D.
precisa quanto l’industria
non riesce a superare il
materiali ecologicamente
conciaria sia inquinante
problema dello smaltimento
sostenibili, animal free e
per il pianeta, pur sapendo
finale, trattandosi, in
cruelty free. «L’impatto
che è responsabile di una
sostanza, di plastica. Ora
ambientale della produzione
parte della deforestazione
che anche i consumatori
di questo materiale»,
per creare pascoli e di un
hanno una maggiore
afferma Marco Gozzani,
Tutti cibi a input zero, visto che non serve irrigare né fertilizzare, con impatto minimo sull’ambiente e massimo rendimento. «Rispetto ai precedenti 40 ettari lineari qui ne
OCEANI
impiego 8 e la resa di cibo
D A C O LT I V A R E
è maggiore». In 5 mesi si ottengono fino a 50 tonnellate di Kelp e 500mila molluschi per ettaro. «Coprendo con questo sistema una superficie equivalente allo stato di Washington si potrebbe tecnicamente nutrire l’intero pianeta», dando prospettive di lavoro agli uomini di mare e ossigeno alla natura, grazie a una visione che supera il concetto stesso di sostenibilità, e in cui lo scopo non è solo conservare l’ambiente ma dargli nuovo ossigeno. Le strutture di GreenWave, semplici e replicabili, rigenerano infatti la natura, contrastando il cambiamento climatico e favorendo il ciclo dell’azoto.
NOME
GreenWave
CHE
COSA
Barriere marine ecologiche
DOVE
New Haven, Stati Uniti
FATTORE
GOOD
NEWS
***
prima e le tempeste che
In cambio si ottengono
hanno investito la costa
cibo, mangimi e fertilizzanti
orientale degli Stati Uniti
ma anche biocarburanti,
poi, rischiavano di far
cosmetici e farmaci. «E
affondare la sua attività.
siamo solo all’inizio, ci
«Gli uragani Irene e Sandy
sono più di 10mila vegetali
hanno spazzato via il mio
commestibili in mare e oltre
allevamento di ostriche
100 specie di molluschi».
a Long Island, a nord di
Per l’innovatore di Petty
New York, distruggendo
Harbour, un villaggio
per due anni di fila il 90%
di un pugno di case nel
del raccolto e il 40% delle
Newfoundland canadese,
attrezzature». È allora che
«le alghe sono la soia del
Bren ha fondato GreenWave
mare», versatili e dalle
(con sede a New Haven,
molteplici applicazioni.
Come sfamare una
«Stavamo distruggendo
in Connecticut), ideando
Raggiungere l’equilibrio
popolazione sempre
l’ecosistema, e anche
di fatto la coltivazione
però non è stato facile.
crescente senza esaurire
l’acquacoltura, che all’inizio
oceanica tridimensionale.
Ci sono voluti 15 anni di
le risorse del pianeta?
sembrava la soluzione
«Immaginate un giardino
esperimenti e fallimenti.
Nutrendola come i pesci.
all’eccessiva pesca, era in
sottomarino verticale, con
Ma ora siamo pronti a
Questa è la risposta che
realtà l’equivalente marino
ancore a prova di uragano
rivoluzionare il nostro
si è dato Bren Smith, 44
degli allevamenti intensivi
collegate in superficie
rapporto con il mare. E
anni di cui 30 passati in
a terra».
da un recinto di cordoni
non è una promessa da
mare a caccia di tonni e
Quello che serviva era
galleggianti», all’interno del
marinaio.
salmoni, e altrettanti alla
un nuovo approccio e un
quale far crescere, dall’alto
M.C.
ricerca di un metodo più
nuovo metodo. Bren l’ha
verso il basso, alghe come
ecologico di sfruttamento
trovato quando ha toccato
Kelp e Gracilaria e bivalvi
delle risorse ittiche.
il fondo. La crisi del settore
quali cozze e vongole.
I L M A D E I N I TA LY È ECOLOGICO
Quanto costa davvero una
ci sarà un risparmio per le
giacca? La domanda si pone
tasche del consumatore, ma
non solo per il portafoglio
il processo di produzione e
di chi l’acquista, ma anche
commercializzazione avrà
per l’ambiente. Una legge
ben altre conseguenze: le
recente ha introdotto
emissioni di CO2 aumentano
ufficialmente nell’Unione
infatti del 92% e il costo per
Europea la Product
l’ambiente sale del 165%.
Environmental Footprint
Secondo Marenzi, «in Italia
(PEF), che regolamenta il
stiamo creando sinergie
calcolo, la valutazione e la
per un sistema produttivo
convalida della sostenibilità
ed economico più virtuoso
di prodotti e servizi. Questo
che prevede l’utilizzo in
standard ufficiale prende in
modo massiccio di fonti
considerazione 16 fattori,
di energia rinnovabile, ma
tra i quali il consumo
anche un grande passaggio
di energia e di acqua,
di informazioni tra i diversi
l’ecotossicità, le emissioni
soggetti economici,
di CO2 e di polveri sottili
una forte capacità di
nell’atmosfera. In questo
innovazione e prodotti
modo si può calcolare il più
disegnati in maniera
obiettivamente possibile
efficiente, che durino nel
l’impatto ambientale di
tempo e che nella loro
ciascun prodotto, non
interezza o nelle loro singole
soltanto durante la fase
parti possano essere
produttiva, ma nell’arco del
riciclabili o riutilizzabili in
suo intero ciclo di vita.
altre forme».
Partendo da queste
Dopo lo sviluppo
premesse, RadiciGroup
sostenibile e le energie
(gruppo manifatturiero
verdi, al centro delle
chimico italiano), Eurojersey
nuove politiche ambientali
(azienda nel settore dei
europee c’è l’economia
tessuti) ed Herno (società
circolare. «Reciprocità,
di moda made in Italy) si
scambio, cooperazione,
sono unite per quantificare
prossimità, condivisione:
la sostenibilità della
stiamo parlando di
produzione di una giacca
un’economia pensata per
in Italia rispetto a un paese
potersi rigenerare da sola,
come la Cina, in cui vengono
organizzata in modo che i
adottati standard green
rifiuti di qualcuno diventino
meno rigorosi. «Si tratta
le risorse per qualcun altro»,
del primo progetto europeo
conclude il Ceo di Herno.
di misura dell’impatto
ANDREA
ambientale di un prodotto della moda», commenta Claudio Marenzi, Ceo di Herno. L’indagine evidenzia i vantaggi di adottare
NOME
Product Environmental Footprint
processi e materiali all’avanguardia. Tra i
CHE
risultati principali, infatti,
COSA
Certificazione dell’impatto ambientale nella moda
emerge che una giacca prodotta in Italia incide per lo 0,4% rispetto al totale
DOVE
dei consumi di acqua di
Lesa (No), Italia
un cittadino europeo in un FATTORE
***
GOOD
NEWS
anno. Se invece si sceglie di acquistare un capo prodotto in Cina, di certo
CURIAT
PER
REGIONE
LOMBARDIA
H a i u n a st a r t u p?
Sì
No
Fa i i n n ova z i o n e i n u n o d i q u e st i s e t to r i ? Ag r i co l t u ra /fo o d Design Fa s h i o n Sport Health Mobility I n n ova z i o n e s o c i a l e Tu r i s m o
Sì
No
A l l o ra vo l t a p a g i n a .
U n a te r ra d i o p p o r t u n i t à p e r l ’ i n n ova z i o n e Re g i o n e Lo m b a rd i a è a l f i a n co di chi v u o l e fa re i m p re s a
L a Lo m b a rd i a è st at a l a p r i m a Re g i o n e i t a l i a n a a p u n t a re s u l l e te c n o l o g i e 4 .0 p e r i s i ste m i p ro d u t t i v i e artigianali
80 milioni per lo start up di impresa
N e l 2 01 6
I n t ra p re n d o è la prima m i s u ra at t u at i va da 15 milioni
Lo m b a rd i a 5 .0, m i s u re p e r va l o r i z z a re l e f i l i e re d i e cce l l e n z a te r r i to r i a l i
879 m i l i o n i d i e u ro n u ova l e g g e re g i o n a l e n . 2 9/2 01 6 “ Lo m b a rd i a è r i ce rc a e i n n ova z i o n e ” a re e d i i n te r ve n to prioritarie S o ste g n o a l l o sv i l u p p o te c n o l o g i co d e l l e P M I I n te rco n n e ss i o n e t ra f i l i e re P ro m oz i o n e e va l o r i z z a z i o n e d e i co n te st i a g g re g at i v i i n n ovat i v i C re a z i o n e e sv i l u p p o d i i m p re s a R a cco rd o i n a m b i to n a z i o n a l e e co m u n i t a r i o
1 5 m i l i o n i p e r l a f i l i e ra “Smart living”
N e l 2 01 7 78 m i l i o n i d i e u ro
O b i e t t i vo :
O b i e t t i vo :
s o ste n e re n u ove i n i z i at i ve i m p re n d i to r i a l i e d i a u to i m p i e g o, co n p a r t i co l a re r i fe r i m e n to a i g i ova n i e a g l i ove r 5 0
s o ste n e re l a f i l i e ra “ S m a r t l i v i n g ” c h e i n te g ra p ro d u z i o n i , s e r v i z i e te c n o l o g i a n e i s e t to r i e d i l i z i a , l e g n o - a r re d o - c a s a , e l e t t ro d o m e st i c i e h i g h te c h
D e st i n at a r i : M P M I e a s p i ra n t i i m p re n d i to r i , l i b e r i p ro fe ss i o n i st i e a s p i ra n t i l i b e r i p ro fe ss i o n i st i
Azioni: i n te r ve n to f i n a n z i a r i o richiedibile p e r i nve st i m e n t i d i avv i o d i at t i v i t à i m p re n d i to r i a l i
D e st i n at a r i : a g g re g a z i o n i d i a l m e n o t re s o g g e t t i , t ra c u i M P M I e /o g ra n d i i m p re s e, d e i co m p a r t i m a n i fat t u r i e ro, co st r u z i o n i , co m m e rc i o e s e r v i z i co n i l co i nvo l g i m e n to d e l s i ste m a d e l l e U n i ve r s i t à
Azioni: I n n ova z i o n e d i p ro d o t to e /o p ro ce ss o e /o s e r v i z i o Sv i l u p p o te c n o l o g i co P ro g e t t i i n n ovat i v i d i e d i f i c i co n l ’a u s i l i o d i m o d e r n i s i ste m i s o f t wa re S c re e n i n g e n e rg e t i co e s i s m i co d e g l i e d i f i c i M o d e l l i i n n ovat i v i s u l p at r i m o n i o e d i l i z i o e s i ste n te S e r v i z i l o g i st i c i e d i s o ste g n o a l l ’ex p o r t p e r l ’ i n te ra f i l i e ra p e r i nve st i m e n t i d i avv i o d i at t i v i t à i m p re n d i to r i a l i
a re e d i i n te r ve n to prioritarie Va l o r i z z a re u l te r i o r i f i l i e re d i e cce l l e n z a te r r i to r i a l i P ro m u ove re p a r te n a r i at i p u b b l i co p r i vat i p e r s o ste n e re l a m a n i fat t u ra d i f f u s a Favo r i re l a co n t a m i n a z i o n e t ra d i g i t a l i z z a z i o n e e p ro ce ss i p ro d u t t i v i t ra d i z i o n a l i S o ste n e re l ’a cce ss o a l c re d i to, a n c h e at t rave r s o i n i z i at i ve s p e r i m e n t a l i s u l te m a della finanza co m p l e m e n t a re Favo r i re l a co n t i n u i t à d ’ i m p re s a S o ste n e re l a d i f f u s i o n e d e l l e co m p e te n ze e l a fo r m a z i o n e d e l l e p ro fe ss i o n a l i t à p e r l ’ I n d u st r i a 4 .0
PER REGIONE LOMBARDIA
Più capitale di rischio per l e st a r t u p Fo n d o d e i Fo n d i m a c ro re g i o n a l e d a 1 0 0 m i l i o n i d i e u ro
O b i e t t i vo : a i u t a re l e P M I a d a l to p o te n z i a l e i n n ovat i vo e i n fa s e d i c re s c i t a a t rova re i nve st i to r i ( a cce ss o a l c a p i t a l e d i r i s c h i o)
D e st i n at a r i : st a r t u p, at t rave r s o Fo n d i s p e c i a l i z z at i c h e s o t to s c r i vo n o q u o te d i c a p i t a l e
Azioni: i l Fo n d o d e i Fo n d i – f i n a n z i ato d a l l e Re g i o n i d e l l ’a re a a l p i n a e d a l Fo n d o E u ro p e o d e g l i I nve st i m e n t i - s e l ez i o n a u n a s e r i e d i Fo n d i s p e c i a l i z z at i i n i nve st i m e n t i s u l l e st a r t u p e v i i m m e t te r i s o r s e p ro p r i e, p e r m o l t i p l i c a re l ’e f fe t to s u l l e i m p re s e d e l te r r i to r i o
30 milioni p e r r i ce rc a e sv i l u p p o d e l l e PMI
Ta n te a z i o n i , un solo o b i e t t i vo : i n n ova re Open I n n ovat i o n
U n a P i at t a fo r m a co l l a b o rat i va p e r re a l i z z a re p ro g e t t i d i r i ce rc a e i n n ova z i o n e e co n s u l t a re, i n fo r m a re e co i n vo l g e re t u t t i i c i t t a d i n i i n u n ’o t t i c a d i r i ce rc a e i n n ova z i o n e re s p o n s a b i l e. A g e n n a i o ve r rà r i l a s c i at a L I N N OVA , l a ve r s i o n e O p e n S o u rce d e l l a P i at t a fo r m a .
O b i e t t i vo : favo r i re g l i i nve st i m e n t i i n r i ce rc a e sv i l u p p o d a p a r te d e l l e P M I i n g ra d o d i g a ra n t i re r i c a d u te p o s i t i ve s u l s i ste m a co m p e t i t i vo e te r r i to r i a l e l o m b a rd o
D e st i n at a r i : m i c ro, p i cco l e e m e d i e i m p re s e a n c h e d i n u ova co st i t u z i o n e
Azioni: i n te r ve n to f i n a n z i a r i o p e r p ro g e t t i d i r i ce rc a i n d u st r i a l e e sv i l u p p o s p e r i m e n t a l e f i n a l i z z ate a l l ’ i n t ro d u z i o n e d i i n n o va z i o n i d i p ro d o t to o d i p ro ce ss o
È u n a m b i e n te d i g i t a l e c h e co n s e n te d i fa r p a r l a re t ra l o ro i s i ste m i i n fo r m at i c i d i at to r i p u b b l i c i e p r i vat i c h e o p e ra n o s u l te r r i to r i o i n d i ve r s i s e t to r i : t ra s p o r t i , a cco g l i e n z a , t u r i s m o, c u l t u ra , s p e t t a co l o. . . G ra z i e a E 01 5 g l i sv i l u p p ato r i d i s i t i we b, a p p l i c a z i o n i , to te m e cc . . . s o n o i n g ra d o d i u s a re d at i e s e r v i z i o f fe r t i d a a l t r i at to r i e d i p ro p o r re i p ro p r i co n te n u t i e s e r v i z i a c h i u n q u e s i a i n te re ss ato a u t i l i z z a r l i . A o g g i fa n n o p a r te d e l l ’e co s i ste m a p i ù d i 5 0 0 a d e re n t i c h e co n d i v i d o n o 1 4 0 f l u ss i i n fo r m at i v i p e r 6 0 d i ve r s e a p p l i c a z i o n i , c re a n d o p i ù d i 3 0 0 co n n e ss i o n i a p p l i c at i ve t ra i p a r t n e r d e l l ’ i n i z i at i va .
Partecipa, proponi, innova
PER
Re g i o n e Lo m b a rd i a o rg a n i z z a e p ro m u ove co n te st , co n co r s i e awa rd p e r avv i c i n a re i g i ova n i al mondo del b u s i n e ss i n n ovat i vo
REGIONE
LOMBARDIA
St a r t C u p Lo m b a rd i a I n co l l a b o ra z i o n e co n i l Po l i te c n i co d i M i l a n o, u n a b u s i n e ss p l a n co m p e t i t i o n d e l l e U n i ve r s i t à e d e g l i i n c u b ato r i l o m b a rd i c re at a p e r s o ste n e re l ’ i n n o va z i o n e e l o sv i l u p p o e co n o m i co d e l te r r i to r i o.
a i p r i m i t re c l a ss i f i c at i p e r o g n i c ate g o r i a e 1 0.0 0 0 e u ro c i a s c u n o a i s e co n d i c l a ss i f i c at i p e r o g n i c ate g o r i a p e r u n to t a l e d i 1 2 0.0 0 0 e u ro.
S o n o st at i a ss e g n at i 3 0.0 0 0 e u ro c i a s c u n o
U n v i d e o g i o co p e r i m p a ra re l a m u s i c a M u s a è u n g i o co i n 3 D c h e r i vo l u z i o n a i l m o n d o d e l l ’e d u c a z i o n e m u s i c a l e. Disponibile per P C , t a b l e t e m o b i l e, s i r i vo l g e a b a m b i n i d i 6 -1 0 a n n i . Po s i z i o n ato i l p ro p r i o d i s p o s i t i vo s u l p i a n o fo r te, l ’ u n i co m o d o p e r s u p e ra re l e d i ve r s e s f i d e è s u o n a re l e n o te
g i u ste s u l p ro p r i o st r u m e n to re a l e. I l s o f t wa re i n fat t i r i co n o s ce i st a n t a n e a m e n te s e l e n o te e s e g u i te s o n o co r re t te o e r rate. L’ u te n te co s ì p ro g re d i s ce m u s i c a l m e n te s e n z a a cco rg e r s e n e, grazie a un metodo didattico a p p o s i t a m e n te sv i l u p p ato, ce l ato d a u n a sto r y l i n e avv i n ce n te.
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a pp, Info Live, la Livigno Card, un Social Wall di Livigno e un’area operatori. MyLivigno: Easy, Smart & Live ha vinto il premio nella categoria “destina“destina zione smart ”.
CAPITOLO
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DOVE COSTRUIREMO UN NUOVO MONDO?
RIS P O N D O N O:
PAO LO N E S P O LI FRANCO MALERBA L U C A PA R M I TA N O SAMANTHA CRISTOFORETTI MAURIZIO CHELI UMBERTO GUIDONI ROBERTO VITTORI
PAO LO N E S P O LI
RIS P ON DE:
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LA FEDE DI UN IDRAULICO SPAZIALE SI DI
DEFINISCE TORNARE
PROSSIMA SIC U R O:
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FOTO:
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ATTESA
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VIAGGIARE
NOSTRO
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BENEDICT REDGROVE
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L’ A S T R O N A U T A
NELLO
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OPERAIO PER
C O R P O.
SATURN V Nelle pagine precedenti, i motori a ossigeno e idrogeno liquidi del secondo stadio del razzo lunare usato nelle missioni Apollo dal 1967 al ’73. A destra, quelli del primo stadio.
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SATURN V (II) Il motore a propellente liquido dell'S-IVB, il terzo stadio del Saturn V. Costruito dalla Douglas Aircraft Company, tra 1967 e 1973 ne furono lanciati con successo tredici.
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CRAWLER Il Crawler-Transporter è il gigantesco (40 metri per 35) veicolo cingolato che, dal 1965, trasporta missili e shuttle dal Kennedy Center alle rampe di lancio.
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NASO DA SHUTTLE La prua dell’Atlantis STS-135, l’ultimo Shuttle lanciato dalla Nasa. Il sistema di protezione termica può resistere Écd V jcV iZbeZgVijgV Y^ 1.648 gradi centigradi.
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S Sono un elettricista spaziale, un idraulico del cosmo, un lavoratore in orbita. Non un superuomo. Secondo me un ottimo astronauta è quello che, senza eccellere in alcuna disciplina, le sa affrontare tutte in modo normale. Per questa ragione non mi sento a mio agio con questioni complesse come l’esistenza di intelligenze extraterrestri e, ancora meno, di un’entità superiore, la si chiami Dio se si preferisce. Eppure, da ingegnere quale sono, mi sento di rispondere a entrambe le domande. In un universo così vasto, con innumerevoli cose che nemmeno riusciamo a percepire, mi sembra impossibile che noi si sia i soli esseri viventi. Agli studenti che mi capita di incontrare ripeto sempre che, per farsi un’idea di quanti pianeti esistono nell’universo, dovrebbero contare tutti i granelli di sabbia di tutte le spiagge di tutto il mondo. Pensiamoci un attimo: quanto è probabile che due siano uguali? È inverosimile che qualcuno abbia caratteristiche analoghe ad altri? C’è chi sostiene che la Terra sia un pianeta unico per la distanza dal Sole, per le dimensioni della nostra stessa stella, per il fattore di stabilizzazione offerto dalla Luna e per mille altre ragioni. Secondo questa teoria la concomitanza di tutti questi fattori – quella simultaneità che rende il nostro “pallido puntino azzurro” un pianeta così peculiare – sarebbe paragonabile alla combinazione vincente di una lotteria. Ma mi sbaglio o la legge dei grandi numeri ricorda che la si può vincere anche in due o più occasioni? Per una risposta più autorevole, bisognerebbe porre la domanda a qualche professore, certo non a un elettricista spaziale come me. Però mi sembra impossibile negare l’eventualità di una vita extraterrestre; semplicemente, non abbiamo dati sufficienti a confermarla o a smentirla una volta per tutte. Dovremmo limitarci ad ammettere la nostra ignoranza e che non possiamo dare alla questione una risposta definitiva. Ciò premesso, mi piace pensare che da qualche parte, oltre quello che vediamo e che possiamo raggiungere allo stato attuale della nostra evoluzione tecnico-scientifica, forme di intelligenza extraterrestri esistano, eccome. Il problema è incontrarle o solo percepirne la presenza: a questo punto
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dovremmo dedicare un’ampia parentesi al nostro futuro di viaggiatori del cosmo. Il volo spaziale cambierà in modo sostanziale solo quando troveremo il modo di sganciarci dalle costrizioni fisiche e meccaniche dei veicoli. Quando inventeremo, chi lo sa, il teletrasporto oppure il modo di fare spedizioni interplanetarie senza doverne in realtà percorrere e sopportare tutta la lunghezza. Qualche mese fa durante una proiezione di Interstellar, con il fisico teorico Kip Thorne, si parlava di buchi neri e ponti di Einstein-Rosen – i cosiddetti wormhole o cunicoli spazio temporali – ora poco più che congetture. Di certo c’è che, fino a quando rimarremo legati alla necessità di spostare fisicamente una persona da un punto dell’universo a un altro, saremo limitati; già oggi raggiungere Marte richiede uno sforzo al limite delle nostre capacità. Sia chiaro, sul Pianeta Rosso ci arriveremo, forse con 10 o 20 anni di lavoro. Ma se volessimo lasciare il sistema solare, be’, grazie e arrivederci. Giusto per capirci, con i propulsori attuali Proxima Centauri è a 150mila anni di viaggio. Anche se lo accorciassimo di 100 volte, sarebbe ben oltre l’arco vitale di un essere umano. Dovremmo escogitare qualcosa di nuovo e diverso. A questo proposito mi piace ricordare una cosa che la storia ci insegna e ripete da sempre: tutte le volte che un problema è sembrato insormontabile, qualcuno l’ha risolto. Credo sia stato Albert Einstein a dire che qualcosa è impossibile finché arriva chi non lo sa e la fa. Quindi lasciatemelo ripetere: prima o poi l’uomo arriverà su Proxima Centauri. Anzi, liberato dalla necessità fisica di compiere un viaggio, andrà ben oltre. La qual cosa, intendiamoci, imporrebbe un cambio di mentalità radicale perché una prospettiva interplanetaria costringe a pensare in modo molto diverso. Immaginiamo che oggi degli extraterrestri che vivono poco fuori dalla nostra galassia stiano osservandoci. Cosa vedrebbero se zoomassero prima sulla Terra, poi sull’Italia? Nella migliore delle ipotesi, la prima e la seconda di 23mila anni fa; di 70mila, invece, se fossero all’estremo opposto della galassia. Esatto, centomila anni in tutto: tanto impiega la luce – la luce, non i nostri propulsori – ad attraversare la Via Lattea. Che nemmeno è una galassia fra le più estese. Questo ribadisce che, finché non troveremo il modo di viaggiare senza spostare il corpo, saremo legati a conoscere e capire solo attraverso di esso. Un approccio molto, troppo limitato. Peraltro, da ingegnere o elettricista spaziale, ho una mia teoria: sono convinto che come esseri umani costruiamo il mondo in base a quanto riusciamo a spostarci in una giornata. Quando ci muovevamo a piedi, costruivamo villaggi; con il cavallo sono arrivati i paesi, poi le città; quindi, una volta meccanizzati i mezzi di trasporto, gli stati e i continenti. Appena riusciremo a volare da un pianeta all’altro in poco tempo, è inevitabile, immagineremo e costruiremo il nostro mondo in modi radicalmente diversi da quelli attuali. Basti pensare che una distanza di 4,2 anni luce, vale a dire quella che ci separa da Proxima Centauri, in termini astronomici è niente, corrisponde a un viaggetto Roma-Milano. Fino a quando non riusciremo a farlo diventare tale anche per i nostri esploratori spaziali, sembrerà spuntarla il famoso paradosso di Enrico Fermi, che in una pausa pranzo a Los Alamos nel 1950 chiedeva ai suoi colleghi fisici: «Se l’universo e prima di tutto la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?», sottintendendo che
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la contraddizione fra l’alta probabilità che esse esistano e l’assenza di loro segni non implica che non esistano. Con buona pace di quel grande scienziato, il paradosso sarebbe fondato se conoscessimo tutto quello che ci circonda. Di fatto siamo un granello di sabbia fra tutti i granelli di sabbia dell’universo, separati da distanze per ora non percorribili. Fatichiamo a raggiungere il granello accanto a noi, figurarsi 10, 100, un miliardo di granelli più in là. Per questo, da idraulico spaziale, non escludo alcunché. Sono altrettanto incerto quando mi si chiede di Dio e del mio rapporto con lui. Faccio anche più fatica a rispondere, perché il retaggio cattolico mi fa percepire come scandaloso dire di non credere. Allo stesso tempo riconosco come la mia fede o la mia incredulità non tocchino la sua eventuale esistenza. Forse sarebbe più semplice, almeno per me, ragionare su quanto sia plausibile l’esistenza di un dio. Sarebbe un approccio più “tecnico”, diciamo, mentre credere afferisce a una dimensione spirituale. Anche posta così, però, la questione mi mette alle strette: come ogni altro essere umano, non dispongo dei dati necessari a rispondere in modo logico. Quindi devo rifugiarmi altrove, nella spiritualità appunto, in bilico fra l’educazione religiosa e quella ingegneristica, che mi fa propendere solo per spiegazioni dialettico-matematiche. Dio e la sua bellezza sono tutto fuorché concetti logico-matematici. Ammetto che a volte, mentre osservo il cielo dalla Stazione Spaziale, mi viene istintivo pensare quanto la meraviglia che vedo non sembri casuale ma pure che, per mettere tutto quanto al suo posto, dev’esserci stato qualcuno con una conoscenza molto superiore alla nostra. Che poi è la mia definizione di Dio. Di contro, un secondo dopo, ricordo Einstein e quante cose irrealizzabili siamo invece riusciti a fare accumulando sapere e competenze. Motivo per cui mi capita di pensare che la religione misuri la nostra ignoranza: quello che non riusciamo a spiegarci afferisce alla fede, rientra nel credo spirituale. Per paradosso, però, più riusciamo a conoscere, meglio capiamo quanto aumentino le cose da scoprire. Come diceva Socrate e al di là dei paradossi, più si è coscienti di quel che ci circonda, più si deve ammettere di non conoscerlo. La presunzione di sapere è indice di ignoranza. Non so se ho risposto. Penso di no. Credo in Dio? Non è cosa su cui ci si possa esprimere a cuor leggero. Almeno, non può farlo un elettricista spaziale. Un idraulico del cosmo.
paolo angelo nespoli è milanese, ha 59 anni, è sposato e ha una figlia. Già incursore paracadutista nei reparti speciali e inviato in Libano nella Forza di pace nel 1982-84, è maggiore della riserva dell’Esercito. Nel 1988 si diploma a New York in ingegneria aerospaziale, dove l’anno seguente
ottiene un master in Aeronautics and Astronautics. Assunto dall’Agenzia spaziale europea (Esa) nel ’91, parte nel 2007 con lo shuttle Discovery in qualità di specialista di missione; nel 2010 torna nello spazio con la Sojuz TMA-20; lo attende una nuova missione nel maggio 2017.
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FRANCO MALERBA
RIS P ON DE:
IN VIAGGIO VERSO L'EVOLUZIONE
LE
MISSIONI LA
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R APPRESENTANO
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E C O N O MIC O.
C O S M ONAUTA
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ARMONIA
RICADUTE PAROLA
ITALIANO
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RARA
INDUSTRIA
IM PORTANTIS SIME VISTA
PRIMO
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TE C N OL O GIA,
APOLLO 11 Il modulo di comando della navicella lunare che ospitava l'equipaggio (Neil Armstrong, Edwin “Buzz" Aldrin e Michael Collins) e gli strumenti necessari al rientro nell'atmosfera terrestre e all'ammaraggio, avvenuti il 24 luglio &.+. cZaa DXZVcd EVX^ÉXd#
MODULO ORION Oggi in produzione, questa capsula riusabile ospiterà da quattro a sei astronauti in spedizioni nello spazio profondo e verrà usata nel 2023 nella prima missione Orion con equipaggio.
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STARLINER Realizzato da Boeing e Bigelow Aerospace, CST-100 Starliner sarà il primo modulo Nasa adottato anche in missioni commerciali e private. Il primo volo è previsto nel 2018.
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MODULO ORION (II) L'Orion Multi-Purpose Crew Vehicle offre notevoli innovazioni e un rivoluzionario sistema di sicurezza in caso di lancio abortito. La Nasa lo userĂ per l'esplorazione umana di asteroidi e spazi cislunari, in vista dello sbarco su Marte.
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erché oggi l’uomo deve andare nello spazio? Provo in ogni occasione a rispondere a chi se lo domanda. È una curiosità opportuna e la mia replica è sempre la stessa: le imprese spaziali sono contemporaneamente un fatto scientifico, tecnologico, industriale e politico. Se tutte e quattro le componenti non si sintonizzassero, il sistema non funzionerebbe. È fondamentale che la comunità scientifica se ne interessi e venga coinvolta in modo da valorizzare, condividendole, la curiosità e le conoscenze che la animano. Dal canto suo l’industria, costretta a evolversi per sopravvivere, non può ignorare le opportunità uniche di innovazione delle missioni spaziali e la possibilità di crearsi un’identità. Su tutto questo domina un altro imperativo, quello economico. È necessario che le missioni extraterrestri servano a qualcosa, che si tratti di migliorare la qualità della vita oppure di dar lustro internazionale ai paesi e alle industrie coinvolte; o, ancora, di generare conoscenze che arricchiscano la comunità scientifica mondiale. Ovvio che tutti questi obiettivi si traducano in valore economico, oltre che culturale e strategico. Per questo la politica è basilare: vista la rarità dei finanziamenti privati in ambito astronautico, il più delle volte si tratta di investire contributi pubblici, i cui orientamenti devono essere valutati con responsabilità alla luce delle opportunità del momento. Con la garanzia che vengano mantenuti nel tempo: guai a disperdere le risorse. Quello spaziale è uno dei contesti in cui tutti gli elementi elencati si combinano, nel modo più naturale, in un’armonia rara. Come ogni altra, la missione che il 31 luglio 1992 mi ha fatto diventare il primo italiano a incontrare il cosmo ne costituisce un esempio perfetto. La spedizione STS 46 ha portato me e altri sei astronauti dal Kennedy Space Center verso l’orbita terrestre “bassa”; si è trattato di un caso di collaborazione virtuosa fra settore scientifico e industriale, a sua volta strettamente connesso con la ricerca. È stata insomma il frutto di una consonanza di opportunità, esaltata dalla volontà politica di investire per ottenere risultati visibili. bordo dello space shuttle Atlantis trasportavamo due carichi utili preminenti: la piattaforma Eureca (acronimo di European Retrievable Carrier) e il satellite Tethered. Quest’ultimo, anche noto come “satellite a filo” o TSS-1R, era essenzialmente una produzione italiana, nata da un’idea del professor Giuseppe Colombo (che nel ’72 aveva contribuito ai primi studi sui sistemi “a guinzaglio” di Mario Grossi, ndr), con la partecipazione di una notevole platea di scienziati connazionali e dell’Alenia Spazio di Torino, che l’aveva realizzata. Tutto garantiva un’amplissima visibilità dell’Italia. Gli obiettivi principali erano due: misurare le tensioni e le correnti che si potevano generare dall’interazione del filo in rapido movimento all’interno del campo magnetico terrestre – una vera dinamo spaziale – e rendere operativa Eureca, una piattaforma pilotata da terra e in larga misura automatica che, una volta in orbita, avrebbe permesso una serie di rilevazioni senza il nostro intervento. Potrei chiamarla “laboratorio”, se il termine non evocasse un ambiente in cui gli astronauti interagiscono. Ebbene, solo una straordinaria sinergia di intenti permette di far fronte alle difficoltà di un viaggio spaziale. Perché, per quanto ci si mantenga vicini alla Terra (nel nostro caso a circa 300 chilometri), a quell’altezza niente è semplice. Nemmeno la messa in opera di un laboratorio automatico. Figurarsi una serie di esperimenti con un satellite collegato all’Atlantis da oltre 20 chilometri di cavo. Un “filo” conduttore che, spostandosi nell’orbita terrestre a circa 28mila chilometri orari, avrebbe dovuto generare cinquemila volt di tensione.Basti pensare che la sola parte software della spedizione era stampata su una quantità di pagine uguale a quella delle missioni Apollo, che portarono l’uomo sulla Luna nel 1969. Una complessità cui non scampammo in quegli otto giorni in orbita. Giorni meravigliosi, quasi magici, che però riservarono momenti di tensione. A partire da una complicazione insorta con il gabinetto spaziale, il WCS (Waste Collection System), i cui fusibili continuavano a saltare minacciando il ricorso alle detestabili “Apollo bags”, i contenitori in plastica usati dagli astronauti
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decenni prima. Un’ipotesi – per fortuna scongiurata – che avrebbe potuto abbreviare la missione e che suggerisce come l’ingegneria idraulica, in assenza di peso, presenti difficoltà inimmaginabili dai non addetti ai lavori. Tensione aumentata dalla messa in orbita di Eureca, eseguita in maniera perfetta ma presto diventata un allarme quando a 300 metri di distanza dallo shuttle la piattaforma ha cambiato d’un tratto direzione e si è messa in rotta di collisione a una velocità relativa di 30 centimetri al secondo. Abbiamo poi scoperto che i comandi, inviati dal Centro di controllo europeo e validati dal Mission Control di Houston, avrebbero dovuto solo cambiare l’assetto di Eureca, non la traiettoria. In quel momento siamo stati costretti a correggere la rotta dell’Atlantis azionando i razzi d’assetto; una manovra imprevista che svegliò anche il comandante, Loren Shriver, in quel momento in turno di riposo. 176 17 7
e difficoltà più gravi, però, sono iniziate il giorno dopo. Riguardavano il Tethered. Il satellite era il nostro carissimo bebè, quello di cui tutti parlavano, forse l’elemento che più di ogni altro faceva della STS-46 una missione singolare, ricca di suggestioni. A differenza di quelle tradizionali, in cui si opera all’interno della navetta e poi si racconta cos’è successo – o, come dico scherzando, si rileva se in assenza di peso le rane in laboratorio abbiano continuato a muoversi o preferito prendere il sole –, nel nostro caso si trattava di rilasciare un corpo che sarebbe rimasto collegato all’orbiter da un immenso cordone ombelicale. Già di per sé era un’operazione non facile. La dinamica spaziale o, se si preferisce, la fisica, impone che due masse trattenute da un cavo si dispongano ai suoi estremi secondo la radiale, come da risultante fra la forza centrifuga e la gravità. A questo stato, però, si arriva attraverso fasi intermedie, durante le quali possono generarsi oscillazioni o complicazioni; avevamo cercato di simularle in ogni variante, ma di certo non eravamo riusciti a esaurirle tutte. Restava una buona dose di imprevedibilità in quanto stavamo facendo: la nostra era una missione altamente sperimentale. Fase di recupero compresa perché, anche ammesso che fossimo riusciti a portare le due masse a una distanza di equilibrio, recuperarne una imponeva la massima delicatezza. Dovevamo anzitutto evitare di tirarcela addosso e agire in modo che i 20 chilometri di cavo non si aggrovigliassero. A causa di un bullone di 6 millimetri di diametro che spuntava dove non avrebbe dovuto – e che a un certo punto fece supporre addirittura un’uscita extra-veicolare dei mission specialist Jeffrey Hoffman e Franklin Chang-Diaz – non siamo riusciti a svolgere tutto il cavo. Ci siamo fermati a 227 metri. Soprattutto, abbiamo rischiato di non ritrarre più il Tethered. Ma con diverse manovre concordate con il Mission Control, in un’operazione durata ore durante quello che ricordo ancora come “il giorno più lungo”, tutto si è risolto. I dati raccolti, ridimensionati proporzionalmente, hanno addirittura confermato la validità dell’esperimento. Poco era andato per il verso giusto, ma la strumentazione aveva funzionato e, in base alle misurazioni, gli scienziati hanno compilato paper e report. Mi si domanda spesso se un astronauta ha paura, oppure se io ne abbia avuta prima o durante la spedizione. Soprattutto alla luce del fatto che con l’equipaggio abbiamo vissuto il cosiddetto return to flight, uno dei primi lanci dopo il disastro del Challenger dell’86 – una tragedia tanto grave da interrompere per 32 mesi il programma Space Shuttle. Sulla paura ho una mia personale teoria: sono certo che l’addestramento alla Nasa serva soprattutto a convincerci – in modo magari fallace o troppo ottimistico – che, qualsiasi cosa accada, esiste una procedura d’emergenza o una soluzione attuabile con l’aiuto dei compagni e del controllo missione. Una quantità notevole di tempo è dedicata alle cosiddette anomalie; è agli astronauti e agli specialisti di missione che viene chiesto di scrivere procedure di recupero da una situazione critica. Protocolli semplici in caso di irregolarità scientifiche, un po’ più complessi se i guai riguardano la navetta. Mi piace chiamarlo “trialogo”, una collaborazione fra gli istruttori, il controllo e lo spacecraft, che nei simulatori a Houston vede i primi inventarsi i guasti più diversi per testare la risposta coordinata degli altri due, all’oscuro di tutto. Malgrado capiti spesso che la reazione non sia adeguata all’e-
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mergenza, si crea una dinamica per cui si crede che in tutti i casi si sarà all’altezza della situazione. Insomma, forse anche per un’eccessiva confidenza, non ricordo di aver mai avuto paura nello spazio. E so per certo che nessuno dei miei compagni ne ha avuta. È alla luce di queste considerazioni – la sinergia di intenti e settori, la determinazione degli attori coinvolti, le conseguenze concrete di ogni missione – che oggi seguo il dibattito fra chi ci vorrebbe su Marte (la Nasa) e chi punterebbe a un insediamento lunare (l’Agenzia spaziale europea). Se si estremizza il ragionamento fatto fin qui, se cioè si intendono i viaggi spaziali come esperienze utili per migliorare la tecnologia, acquisire conoscenze e aprire nuovi orizzonti evolutivi – quindi non come processi di conquista di nuovi territori –, allora è Marte a lanciare la sfida più convincente. Assai più impegnativa, in quanto a sforzo di innovazione e invenzione, rispetto al ritorno dell’uomo sulla Luna. Sebbene ritenga il nostro satellite naturale una piattaforma imprescindibile nel viaggio verso il Pianeta Rosso, credo che Marte ci costringa a dare di più, a immaginare soluzioni originali, a inventare l’impensabile invece di investire miliardi per costruire una base lunare perlopiù dedicata all’osservazione astronomica. è già chi parla di sistemi meccanici autoriparanti per affrontare i problemi dovuti alla lunghezza del viaggio (oltre un anno con i propulsori attuali), chi propone di usare stampanti 3D per costruire autonomamente cose per strada o su Marte stesso. C’è la necessità di riutilizzare le risorse disponibili, migliorando tecnologie di riciclaggio di cui abbiamo un bisogno palese anche sulla Terra. Proiettarsi nel sistema solare impone peraltro alcune tappe intermedie, ognuna in grado di offrire insidie e opportunità diverse. La prima è proprio il nostro satellite, che consente di studiare l’origine del sistema Terra-Luna e ci allena alle sopravvivenze prolungate nello spazio. Sono convinto che sarebbe interessante, nel breve termine, stabilire una stazione orbitante attorno alla Luna senza assumersi il rischio addizionale di uno sbarco. La seconda base potrebbe essere il cosiddetto “punto di oscillazione L2”: cioè quella particolare posizione nello spazio, allineata sulla radiale Terra-Luna a circa un milione e mezzo di chilometri dal nostro pianeta, che consente a un laboratorio lì collocato di gravitare attorno al Sole e rimanere sempre nel “cono d’ombra” terrestre. La terza tappa è rappresentata dagli asteroidi, sfruttabili come miniera o come oasi nel deserto cosmico. Impareremo a renderli una risorsa. Non a caso, la Nasa ha lanciato un programma per esplorarli con astronauti per mezzo del nuovo Orion, un veicolo multiruolo già in fase avanzata di sviluppo. Il primo volo con equipaggio, battezzato Exploration Mission 2, è previsto tra il 2021 e il 2023. L’ultimo campo sarà Marte, l’unico pianeta oltre al nostro che possiamo legittimamente immaginare quale ambiente di un futuro insediamento umano. I viaggi spaziali, comunque, rappresentano la frontiera della nostra conoscenza. Ci obbligano al miglioramento. Ed è di primaria importanza che puntino sempre più in là. Per queste ragioni l’uomo, oggi, deve andare nello spazio.
C'
fr anco egidio malerba è stato il primo italiano nello spazio. Nato il 10 ottobre 1946 a Busalla (Genova) e laureato in Ingegneria elettronica e in Fisica, ha lavorato nella ricerca e nell’industria hi-tech. Nel ’77 è stato scelto dall’Esa come uno dei quattro candidati Payload specialist europei per la
prima missione Spacelab. È decollato il 31 luglio ’92 sullo shuttle Atlantis e rimasto in orbita 7 giorni, 23 ore e 15 minuti. Eurodeputato dal ’94 al ’99, ha ispirato i lavori del Parlamento sulla politica spaziale e sul programma per la navigazione satellitare. L’asteroide 9897 Malerba gli deve il nome.
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RIS P ON DE:
IL PROSSIMO CRISTOFORO COLOMBO SARÀ UN X-MAN
L’ E V O L U Z I O N E È
O STACOL ATA
F I S I O L O G I C I. UNA
ECCO
M UTAZIONE
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DEI
VIAGGI
D A L L’ U O M O
DEL
P I A N E T I,
A
E
PERCHÉ DNA
SPAZIALI
DAI
PER
EMILIO COZZI
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LIMITI
COLONIZZARE
COMINCIARE
TE STO:
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SUOI
SERVIREBBE
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DA
MARTE
ROBONAUTI Qui sotto, Robonaut, primo dei robot sviluppati dall’Ente spaziale americano. Nella pagina precedente, Valkyrie R5, l’ultimo robonauta antropomorfo della Nasa.
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10 KM ALL’ORA Lo Space exploration vehicle è il più recente mezzo di trasporto di hjeZgÉX^Z eZg Vaig^ pianeti. La cabina può ospitare quattro persone per 14 giorni.
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IDEALE PER LAVORARE La mano di Robonaut R2, il robot umanoide ideato al Johnson Space Center della Nasa. Ogni dito è dotato di sensori tattili sulla punta e può sollevare oltre 2 chili.
i una cosa Luca Parmitano sembra davvero orgoglioso. Però è difficile scovarla. Non perché l’astronauta catanese, protagonista della prima missione di lunga durata dell’Agenzia spaziale italiana, non vada fiero di quello che fa, anzi. È che complici il contegno militare – è maggiore tenente colonnello pilota dell’Aeronautica – e soprattutto il carattere, mai, nei suoi occhi o nelle sue parole traspare l’ombra del vanto. Per Parmitano il successo è sempre della squadra. Ogni traguardo, foss’anche Marte, diventa raggiungibile solo grazie alla collaborazione. Eppure, di risultati personali potrebbe sfoggiarne un elenco: come collaudatore ha accumulato duemila ore di volo su oltre 40 tipi di velivoli; nel 2007 è stato decorato con la medaglia d’argento al valore per aver portato a terra il suo caccia Amx danneggiato dall’impatto con una cicogna. Selezionato dall’Agenzia spaziale europea nel 2009, è stato il sesto astronauta italiano, il quarto ad abitare la Iss, ovvero la Stazione spaziale internazionale (nel 2013, per 166 giorni), e il primo ad averci passeggiato attorno in due attività extraveicolari, o Eva. Entrambe portate a termine nonostante una grave avaria della tuta durante la seconda. Nel 2014 è stato comandante della spedizione Caves, con cui l’Esa prepara gli astronauti alle missioni spaziali facendo loro trascorrere sette giorni sottoterra nella diaclasi (una profonda fessura nel terreno, ndr) Sa Grutta, vicino Olbia. L’anno successivo ha partecipato, sempre come comandante, alla spedizione della Nasa Neemo20: due settimane vissute all’interno di Aquarius, una stazione a 19 metri di profondità al largo della Florida. Eppure, si diceva, è orgoglioso di un’altra cosa: sarà il primo europeo a fare da regista a due Eva. Comunicherà con gli astronauti fuori dalla Iss per guidarli nelle procedure. Perché, dice, «la conquista spaziale non è un’impresa di qualche eroe solitario: al futuro ci si prepara insieme».
D
A proposito, in che modo Neemo e Caves c’entrano con il nostro futuro nello spazio? «Entrambe consistono in un addestramento in condizioni estreme, come quelle che affronteremo nei prossimi lanci. Sott’acqua abbiamo un habitat che, per molti aspetti, è come quello di un’astronave: non solo consente di simulare gravità diverse ma implica anche sia la componente scientifica di ogni missione, con gli esperimenti nel laboratorio, sia quella esplorativa grazie alle uscite nello scafandro. Cosa c’entra l’esperienza sottomarina con quella cosmica? Tutto. Lo scafandro è immerso in un ambiente alieno, che consente di testare ingegneria e design degli strumenti che utilizzeremo. In Caves ci sono altre componenti: spostarsi dentro grotte sotterranee implica affrontare luoghi inesplorati e inadatti al nostro soggiorno. Senza supporto, isolati, dove ciò che ti serve te lo devi portare appresso. È un contesto in cui sperimentare la dimensione fisica e logistica delle missioni spaziali. In sintesi, Neemo e Caves insegnano a capire come addestrare gli astronauti nel futuro». Colonizzare il Pianeta Rosso in tempi brevi, pensarlo è plausibile? «Non è un caso se a breve continuerò la preparazione a Lanzarote, nelle Canarie; quelle zone sono come un pezzo di suolo marziano sulla Terra. Al momento prevediamo di raggiungerlo negli anni Trenta ma meglio non parlare di “tempi brevi” quando c’è il cosmo di mezzo». È pessimista? «Tutt’altro, ci arriveremo. Mi riferivo al dopo: voglio superare il concetto secondo cui la Terra sarebbe la culla dell’umanità... in questo momento ne è anche la gabbia e a nessuno piace vivere in cattività. A parte la curiosità, dobbiamo andarci per questioni di sopravvivenza e di espansione nel tempo. In quel senso abbiamo fatto solo un primo passo, stare in orbita in modo continuativo. Ce ne sarà presto un secondo, la probabile permanenza nel sistema Terra-Luna, come vorrebbe l’Esa: creare un ambiente adatto a colonizzazione e sfruttamento locale delle risorse. Solo allora procederemo verso Marte: dopo aver imparato, per forza, ad affrontare un viaggio interplanetario. Non mi azzardo a parlare di terraforming, cioè trasformazione a nostro uso e consumo di un ambiente extraterrestre. Siamo lontani da questa eventualità, ma prossimi a vedere da vicino com’è quello marziano». Poi cosa accadrà? «La prospettiva andrebbe estesa. Oggi siamo in grado di confermare la presenza di pianeti abi-
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182 183
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tabili intorno a quasi tutte le stelle, miliardi di mondi in cui la vita è possibile, in cui ci sono acqua e un’atmosfera simile alla nostra. Perciò è il caso di pensare al futuro; il concetto di “tempi brevi”, inteso come periodo compreso nell’arco della vita umana, va rivisto. I passaggi necessari per un viaggio interstellare sono esponenzialmente più complessi del volo interplanetario; ma, come ricordava il filosofo cinese Lao Tzu, anche il cammino più lungo inizia con un passo... Tanto che c’è già chi parla di come inviare un microchip oltre il nostro sistema solare, lambendo frazioni decimali della velocità della luce. Impossibile quindi non intravedere la possibilità di arrivare prima o poi a un’astronave; ovviamente attraverso tutte le tappe intermedie, dai robot ai lander, fino all’uomo». L’attività sull’Iss rientra in questa progressione? «Certo. Pensate al Beam – è l’acronimo di Bigelow Expandable Activity Module – installato sulla stazione lo scorso aprile. È un modulo gonfiabile che consentirà di testare oltre l’atmosfera terrestre la resistenza di un ambiente espandibile in vectran, materiale due volte più resistente del kevlar. È fondamentale comprenderne l’importanza per il nostro futuro nel cosmo. Perché affrontare un viaggio interplanetario con un veicolo di grandi dimensioni sarà molto difficile; l’idea consiste invece nel lanciare masse ridotte e poi espanderle. Spedire cioè oltre l’atmosfera qualcosa di piccolo, poi gonfiarlo, fino a farlo diventare l’astronave di 2001: Odissea nello spazio». Adesso sembra persino troppo fiducioso. Eppure ha vissuto in prima persona gli imprevisti del cosmo. Come li concilia con il suo entusiasmo attuale? «Ricordando che nello spazio non c’è posto per gli individualismi. Se non capissimo noi per primi l’importanza inestimabile del supporto, faremmo un errore grave. Di quelli che costano cari». Parliamo dell’incidente capitato durante la sua seconda passeggiata all’esterno dell’Iss? «Il 16 luglio 2013, poco dopo l’inizio dell’Eva 23, la mia seconda attività extraveicolare, il casco ha cominciato a riempirsi d’acqua. L’emergenza è durata 35 minuti e per circa 8 l’avaria è stata grave, tanto da costringermi al rientro: avevo perso ogni contatto radio oltre che sensoriale, avevo acqua negli auricolari, nel naso, mi copriva gli occhi. Faticavo a respirare, non potevo sentire né parlare, perché i sistemi di comunicazione, microfoni compresi, si erano bagnati. In più, una volta nell’airlock della Stazione, ho dovuto sopportare 15 minuti di pressurizzazione con il sistema di Valsalva (un apparato di compensazione che permette, tappando il naso, di pressurizzare le orecchie, ndr) compromesso. Come scendere di colpo da tremila metri al livello del mare senza contrastare la spinta sui timpani: un dolore lancinante cui non ci si può opporre». Una tragedia sfiorata. «Mentirei se provassi a sminuire le difficoltà di una situazione così critica, di momenti in cui la vita è a rischio. Quello che voglio ridimensionare è il merito dell’individuo. Oltre agli astronauti, ogni attività extraveicolare coinvolge numerosi collaboratori sulla Terra: persone che hanno scelto e curato l’addestramento, selezionato gli strumenti, concordato le procedure. Cioè quanto ti consente di avere il battito cardiaco invariato durante un’avaria, quello che ti permette di continuare a pensare. Quel 16 luglio, fuori dall’Iss con un litro e mezzo di acqua nel casco, non ero solo: portavo con me un bagaglio di esperienze costruitomi, per mesi, da una squadra». Sta dicendo di che non ha avuto paura? «Certo che ne ho avuta. Ma la differenza tra una persona non addestrata e chi è preparato consiste nella gestione del panico. La paura fino a un certo livello ha effetti fisiologici positivi: il cuore pompa più forte per preparare i muscoli, l’aumento di adrenalina nel sangue stimola la reattività del cervello, la velocità di ragionamento cresce. È fondamentale imparare a usare queste risposte come uno strumento, senza permettere che siano loro a controllarci: è l’obiettivo dell’addestramento». Qual è il problema maggiore nell’evoluzione dei viaggi spaziali? «L’uomo». Cioè? «Nel senso dei nostri limiti fisiologici». Si riferisce, per esempio, all’esposizione alle radiazioni cosmiche durante viaggi lunghi? «Focalizzarsi su un problema non serve. Se non ha soluzione, è un dato: saremo di certo esposti
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alle radiazioni. Quindi si tratta di un ostacolo che possiamo solo aggirare». Come è possibile risolvere un simile problema? «Tralasciamo per un attimo le implicazioni etiche e chiediamoci se sia possibile stimolare un’evoluzione mirata. Il Dna umano contiene geni di cui ancora ignoriamo proprietà o funzioni. Per esempio, condividiamo la parte di corredo cromosomico che permette all’orso bruno di andare in letargo: è possibile attivare quel gene in modo da mandare anche l’uomo in ibernazione? Le radiazioni hanno effetto sugli esseri umani solo durante meiosi o mitosi, vale a dire quando le cellule si separano; in quella condizione, invece, il metabolismo rallenta fino quasi ad arrestarsi. Se quindi, durante un viaggio interplanetario, si “dorme”, il rischio di una mutazione cellulare può essere molto ridotto». Astronauti in letargo? «Esatto. A questo punto la questione si sposta in ambito etobiologico: è lecito intervenire sul Dna degli esseri umani? O, di contro, fino a che punto è sensato escludere una parte di umanità da un’evoluzione mirata che possa destinarla all’esplorazione del cosmo, che ne faccia il nostro prossimo gradino evolutivo, i viaggiatori interstellari? Ricordiamo che l’etica è flessibile e che, trattandosi di evoluzione, le questioni da soppesare sono più grandi del singolo individuo. In altre parole, se fra mille anni vedessi uomini quadrumani con coda prensile in grado di ibernarsi – caratteristiche perfette per l’habitat spaziale – perché dovrei pensare che è un male?». Insiste tanto sulla dimensione esplorativa dei viaggi nello spazio. «Perché è la sintesi di scienza e tecnologia, è l’ampliamento delle nostre conoscenze. Ripercorrendo i tempi, conviene ricordare che siamo andati sulla Luna negli anni ’60, un decennio che costituì una breve parentesi di stimoli straordinari, capaci di spingere l’uomo a fare cose incredibili. Già, ma cosa in realtà abbiamo fatto? Siamo stati come i vichinghi che hanno attraversato la Danimarca, l’Oceano Atlantico, il Circolo Polare Artico e che, arrivati in un nuovo continente, sono tornati indietro. Un passaggio epocale, un salto nell’ignoto senza precedenti, ma anche un evento a sé stante». In che senso? «Nel senso che poi nessun vichingo s’è più avventurato attraverso l’Atlantico. Ma nel Mediterraneo le repubbliche marinare hanno enormemente sviluppato la tecnologia delle imbarcazioni migliorando la capacità di navigazione, di stoccaggio, la strumentazione di bordo. Ecco perché, secoli dopo, si è arrivati in America. Cristoforo Colombo ha contrassegnato un altro passaggio, proprio come faremo noi nei prossimi anni con la Luna e Marte. Saremo un po’ come lui, nel senso che non riusciremo subito a rimanere dove saremo arrivati. Il vero salto evolutivo avverrà quando, com’è stato con il Mayflower, diverremo coloni. Per farlo, avremo bisogno di un balzo anche sociale, non solo tecnologico. Chi diventa colono? Chi in inglese è chiamato misfit: un disadattato, un emarginato». Quindi i futuri coloni dello spazio saranno dei reietti? «Preferisco considerarli persone che non tollerano la costrizione in un ambiente, che hanno un bisogno quasi fisico delle difficoltà, che sono persino attratti dalla scomodità. C’è chi vorrebbe rendere il volo spaziale simile a quello terrestre, con un ambiente ergonomico, confortevole. Ma i nostri coloni lunari o marziani cercheranno altro: s’imbarcheranno perché hanno bisogno di Far West, di orizzonti aspri, di esperienze ruvide. Di una bellezza molto più spartana del design raffinato». Faremo in tempo a vederli? «Forse una parte di loro: probabilmente non vedremo salpare il Mayflower, ma il nuovo Cristoforo Colombo sì. Lo stiamo già addestrando».
luca salvo parmitano è nato a Paternò (Catania) il 27 settembre 1976. Pilota collaudatore, nel 2007 è insignito della medaglia d’argento al valore aeronautico per essere riuscito ad atterrare con un caccia Amx gravemente danneggiato. Selezionato come astronauta Esa, decolla verso la Iss con la Expe-
dition Crew Soyuz 36/37. La missione dura 166 giorni, durante i quali Parmitano diventa il primo italiano impegnato in attività extraveicolari. Comandante della missione sotterranea Caves (Esa) e della spedizione subacquea Neemo (Nasa), sarà il primo europeo a fare da regista a due passeggiate spaziali.
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dell’Accademia aeronautica e che, a oggi, detenga il record di permanenza sull’Iss, la Stazione Spaziale Internazionale (199 giorni e 16 ore durante la missione
S E N Z A I N V E S TI M E NTI S PA Z I A LI
Futura, decollata dal cosmodromo di Baikonur
SI BLOCCHEREBBE
il 23 novembre 2014).
L' E C O N O M I A
Ha ricevuto tantissime attenzioni dai media. «In un’era in cui l’uso
A
COLLOQUIO
CON:
dei social media è imprescindibile per
Samantha Cristoforetti
comunicare, bisogna imparare a gestire l’esposizione pubblica senza cadere nell’eccessiva banalizzazione di un’attività che c’entra poco con lo spettacolo». E che sembra sempre più legata al nostro futuro socio-economico. «Oggi si parla di economia e accessibilità spaziale, ricadute sociali e space diplomacy (saranno anche
cinquantennale della prima conferenza delle Nazioni Unite sull’esplorazione e l’uso pacifico dello spazio, ndr). Per natura il cosmo ha ndr qualcosa di umanamente universale, sia nel suo aspetto ideale che in quelli pratici e utilitaristici. Intanto ricordo a chi è convinto che sia uno sperpero di Samantha Cristoforetti
che possano aiutare le
bisogno di un proving
risorse, che ha un ritorno
si trova all’European
esplorazioni umane in
ground, un terreno di
sugli investimenti fra i più
Astronaut Center (Eac), il
ambiente cislunare (la
prova molto più lontano
alti e che se eliminassimo
centro di addestramento
regione tra l’atmosfera
della Stazione Spaziale ma
le applicazioni spaziali si
dell’Esa a Colonia dove
terrestre e la Luna, ndr ndr) o
molto più vicino del Pianeta
bloccherebbe l’economia».
lavorano gli astronauti
sulla superficie del satellite.
Rosso, dove sviluppare,
E soprattutto suggerisce,
quando non sono nello
Dobbiamo capire quali
consolidare e validare
infine, «che si uniscano le
spazio o destinati a volarci
ambiti e quali concetti
operazioni e procedure. Poi
forze per perseguire scopi
a breve. «Dovrò avere
operativi possiamo
procederemo verso Marte».
comuni e sovranazionali.
pazienza, prima di tornarci»,
sviluppare con gli altri centri
La celebrità di Samantha
Quasi come specie umana».
dice. «Intanto mi concentro
Esa e con entità terze».
Cristoforetti come prima
soprattutto su due compiti:
Quanto a Marte? «Reputo
astronauta donna italiana
la collaborazione con
ottimistico credere ci si
(e terza europea) tende
l’Agenzia spaziale cinese,
arrivi entro gli anni Trenta.
a far dimenticare che
in previsione di un suo
Penso piuttosto che si
con altri cinque colleghi
ampliamento in un futuro
passerà dalla Luna. Anche
fu selezionata dall’Esa,
prossimo, e un progetto
a livello internazionale
nel 2009, in un concorso
a lungo termine: cioè uno
si sta convergendo su
con 8500 candidati; che
sguardo su tecnologie
questa scelta: abbiamo
fosse già Sciabola d’onore
EMILIO
COZZI
MAGDA
che nel 2018 celebrerà il
ART:
l’evento internazionale
ANTONIUK
i temi di UniSpace+50,
insieme. Abbiamo rilevato
nuovo: lo sviluppo operativo
una falsa indicazione degli
del caccia europeo
strumenti ed esclusa l’avaria
Eurofighter Typhoon».
addirittura prima del Launch
Diventa responsabile
Control Center, nonostante
e capo collaudatore
fossimo sottoposti a uno
di quell’importante
NON ESISTE
stress ben diverso. Però
progetto. «La storia
PROGRESSO
questo è lo spazio, un
dell’aviazione, prima ancora
luogo in cui l’imprevisto è in
dell’astronautica, è fatta
agguato. Sempre. Ma anche
di azzardi. Sono convinto
la prova di quanto ci si sia
che rischio e progresso
applicati per affrontarlo,
siano inscindibili. Per
di come serva combinare
questo seguo con interesse
competenze e fiducia negli
l’attività di imprese come
altri per vincerne le sfide».
Virgin Galactic, Blue
Appunto la sfida, il
Origin o SpaceX. Certe
confronto con limiti nuovi:
scelte di Elon Musk
questo ha sempre animato
sono inammissibili per
il secondo astronauta
le agenzie spaziali, per
italiano. Nato a Modena nel
esempio quando si tratta
1959 e cresciuto a Zocca,
di lanciare razzi senza
un comune di 5mila abitanti,
equipaggi. Non perché
con padre bigliettaio e
sia uno sconsiderato;
madre casalinga, già a
semplicemente vuole e
cinque anni svela un innato
può permettersi di testare
senso di indipendenza e
tecnologie innovative,
pretende di tornare a casa
anche di fare un passo un
da solo dall’asilo. O, per dirla
po’ più lungo degli altri».
a modo suo, «di diventare
Dopo aver battuto (2 a 1)
pilota della mia vita».
la Ferrari F1 di Michael
Pilota lo diventa sul serio,
Schumacher in due test su
nel Reparto sperimentale
pista a bordo del Typhoon,
di volo, fra i più prestigiosi
nel 2005 Cheli ha fondato
dell’Aeronautica Militare,
la CFM Air, una startup che
come collaudatore di velivoli
progetta velivoli leggeri
ad alte prestazioni. Da lì a
avanzati e, l’anno seguente,
quel sogno maturato la sera
DigiSky, specializzata
del 20 luglio 1969, davanti
nell’elettronica di bordo
ai goffi saltelli lunari di Neil
per aerei sportivi. Nel 2007
Armstrong e Buzz Aldrin
ha conseguito un master
trasmessi da tutte le tv, il
in Business Administration
A RISCHIO ZERO
A
COLLOQUIO
CON:
Maurizio Cheli
22 febbraio 1996, ore 20:18,
due booster a propellente
passo sembra possibile.
all’Escp Europe di Parigi.
rampa di lancio 39B del
solido, la navetta decolla e
Cheli lo compie: nel
«Perché nemmeno sul
Kennedy Space Center a
inaugura la missione STS-75
1992 viene selezionato
Columbia ho sentito la
Cape Canaveral. Sei secondi
satellite Tethered.
dall’Esa e inviato per
responsabilità che avverto
prima che la navicella
«In teoria, saremmo stati
l’addestramento a Houston,
oggi, da imprenditore, verso
Columbia si stacchi da
costretti a una procedura di
da dove decolla quattro
chi dipende da me. È questa
terra, Maurizio Cheli, il
emergenza mai effettuata
anni dopo condividendo
la sfida di ogni giorno».
primo mission specialist
prima: consiste nel rientro
l’esperienza con un
La conquista spaziale parte
italiano del programma
a Cape Canaveral dopo
connazionale, l’astrofisico e
dalla Terra. Anche quando le
Space Shuttle, rileva un
20 minuti di volo», spiega
in quell’occasione payload
circostanze suggerirebbero
difetto di potenza del
Cheli, da ingegnere di bordo
specialist Umberto Guidoni.
tutt’altro. Magari a soli sei
motore principale destro:
allora seduto in cabina fra
La sua avventura spaziale
secondi dal lancio.
la spinta, bloccata al 60%,
il comandante, Andrew
finisce 380 ore dopo,
E.C.
non consentirà l’arrivo in
Allen, e il pilota Scott
al rientro dello shuttle
orbita e, in automatico, la
Horowitz. «Però ricordo
Columbia sulla Terra.
sequenza di accensione
distintamente la nostra
L’astronauta sceglie di
dei motori dovrebbe
coordinazione e i tempi di
non tornare più in orbita.
interrompersi.
reazione: in pochi secondi,
«Ho preferito mettermi
Eppure, una volta accesi i
tutti e tre ci siamo mossi
alla prova su qualcosa di
LA SPECIE UMANA LEVERÀ PRESTO L' A N C O R A
A
COLLOQUIO
CON:
Umberto Guidoni
alla Iss si sono aggiunti il
che per la prima volta ci
Raffaello, uno dei tre Moduli
obbligherà a tagliare il
logistici pressurizzati
cordone ombelicale con la
italiani tuttora in opera,
Terra». Per affrontarla e per
e il Canadarm2, il braccio
colonizzare il Pianeta Rosso
robotico collegato al
in tempi brevi, la Nasa sta
laboratorio Destiny.
lavorando alla capsula Orion
«Quando, davanti
e SpaceX al suo “Sistema di
all’allunaggio, ho deciso
Trasporto Interplanetario”.
che da grande avrei fatto
«È probabile che si arrivi
l’astronauta, come tanti
a un progetto comune.
della mia generazione,
Per quanto mi riguarda,
la cosa era impossibile,
ripartirei anche domani.
riservata agli americani.
Ma è impossibile: mi
Ho scelto la carriera più
sono addestrato sullo
simile, quella di scienziato
Space Shuttle, che oggi
alle prese con satelliti
è nei musei. Ma me lo
o plasma contactors
confermano gli occhi dei
(strumenti usati a bordo
giovani a cui parlo di spazio:
di velivoli spaziali per
è giunto il momento di un
prevenire l’accumulo di
cambio d’orizzonte».
cariche elettrostatiche,
E.C.
ndr). Per una coincidenza ndr del destino, furono proprio loro a spedirmi in orbita». Selezionato da Asi, l’Agenzia spaziale italiana, e Nasa nel ’90, Guidoni entra nel gruppo che coordina da terra le operazioni scientifiche del Tethered sullo shuttle Atlantis. Da allora non abbandona più lo spazio, cui da europarlamentare (dal 2004 al 2009), dedica una relazione nell’ambito del VII Programma Quadro per la «Dopo quasi cinquant’anni,
racconto di fantascienza,
ricerca europea.
sembra giunto il momento
l’esplorazione del cosmo sta
Lasciata la politica, torna
di levare l’ancora che ha
diventando un business».
fra le stelle nel 2013.
trattenuto la specie umana
Classe 1954, astrofisico
Ma come divulgatore e
nell’orbita terrestre bassa
coinvolto dall’89 negli
scrittore: «L’interesse per
(ovvero tra i 160 e 2000 km,
studi che hanno portato il
lo spazio sta crescendo e,
ndr). Quello che è stato solo ndr
satellite Tethered in orbita
per quanto ci sia il rischio
un sogno per le generazioni
con Franco Malerba, nello
di percepire gli astronauti
del secolo scorso, diventerà
spazio c’è stato due volte: la
più come personaggi di
reale per i ragazzi e le
prima fra febbraio e marzo
un reality show che come
ragazze che lavoreranno fra
del 1996, da Specialista di
esploratori o scienziati,
qualche decennio».
carico utile sullo shuttle
ritengo fondamentale
A chi gli domanda del
Columbia nella missione
stimolare nelle nuove
nostro futuro, Umberto
STS-75; l’altra, a bordo
generazioni la curiosità, la
Guidoni risponde così,
della navetta Endeavour,
capacità di andare oltre le
con l’entusiasmo e la
nell’aprile 2001, quando è
spiegazioni convenzionali.
chiarezza cristallini che lo
diventato il primo europeo
I tempi sono maturi: è
contraddistinguono. «Il
a entrare nella Stazione
ragionevole pensare che
primo, significativo indizio
Spaziale Internazionale,
nei prossimi anni la Cina
è la presenza di compagnie
allora in costruzione.
e altri paesi metteranno
private che hanno iniziato a
Proprio grazie a quella
piede sulla Luna. Poi si
costruire veicoli spaziali. Da
spedizione, la STS-100,
tratterà di Marte, una sfida
UN NUOVO APPROCCIO AI VIAGGI E X T R AT E R R E S T R I
A
COLLOQUIO
CON:
Roberto Vittori
di particelle realizzato
se dovessi scommettere
grazie alla partecipazione di
sul nostro futuro, non lo
16 nazioni e a un importante
farei puntando sulla Luna
contributo italiano, detto
o su Marte ma su sistemi
“cacciatore di antimateria”».
di propulsione in grado
A proposito, oggi Vittori
di superare la tecnologia
è lo Space attaché
attuale. Ciò significa
dell’ambasciata italiana a
passare dagli aeroplani
Washington e responsabile
agli spazioplani. Oggi i
della locale sede Asi.
viaggi spaziali si basano su
«A partire da Luigi Broglio,
soluzioni che consumano il
il padre della nostra
90% delle risorse nei primi
astronautica, l’Italia ha
200 chilometri: un po’ come
sempre espresso un
partire in auto da Milano
interesse particolare
a Bologna e arrivarci solo
nei confronti del cosmo:
con il sedile, cosa poco
nel 1962 firmammo la
funzionale e ancor meno
prima intesa con gli Stati
sicura. Quando riusciremo
Uniti e due anni dopo
a uscire dall’atmosfera in
partecipammo al primo
modo differente, invece,
lancio. Oggi, la rotta è
le nostre opportunità
tracciata da iniziative
si moltiplicheranno.
come la cooperazione
Da collaudatore non lo
con la Federal Aviation
nascondo: mi piacerebbe
Administration per la
essere fra i primi
disciplina e lo sviluppo della
protagonisti del nuovo
cosiddetta Commercial
approccio allo spazio».
Space Transportation».
Un amore solido e di lunga
Siglato il 30 giugno con Asi
durata, si diceva: «Il modo
ed Enac (l’Ente nazionale
in cui l’ho vissuto, nei miei
per l’aviazione civile),
18 anni da astronauta,
l’accordo riguarda le tante
e l’essere padre di tre
iniziative private che in
bambini mi portano a
questo momento stanno
considerare lo spazio
generando un entusiasmo
come il nostro normale
incredibile per il nostro
ambiente di lavoro. Ma
futuro fra le stelle. «Si pensi
anche a ricordare quanto
ai veicoli, dalle architetture
l’alterazione irreversibile
Roberto Vittori è il
qualifica di comandante
e dalle concezioni
dell’ecosistema terrestre
doppiatore del droide
della Soyuz, Vittori è stato
innovative, di Burt Rutan,
a causa del riscaldamento
che Wall-E incontra sulla
in orbita tre volte: nel 2002
Jeff Bezos o Elon Musk».
globale sia solo questione
navicella Axiom, dove
e nel 2005 a bordo della
Dura non credere a chi
di tempo. L’unico modo per
si è rifugiata l’umanità
navetta russa, nel 2011
nel 2002, al Johnson
evitarla non consiste nel
in fuga dall’enorme
come mission specialist
Space Center, ha
limitare le nostre attività,
discarica chiamata Terra.
di STS-134, l’ultimo lancio
lavorato a supporto della
ma nel portarle all’esterno
Può sembrare fuorviante
dell’orbiter orbiter Endeavour e il
sezione per lo sviluppo
dell’atmosfera. Vedo nella
presentarlo così – lui,
penultimo del programma
dei veicoli spaziali di
Luna, così come in Marte o
generale di Brigata aerea –
Space Shuttle.
nuova generazione. O a
negli asteroidi, opportunità
partendo dal suo cameo nel
«Non avrei mai immaginato
chi, dopo l’incidente del
uniche per far progredire la
film Pixar del 2008, eppure
di diventare pilota, men
Columbia, ha fatto parte
ricerca scientifica, medica
l’aneddoto spiega meglio di
che meno astronauta,
del tiger team investigativo.
e tecnologica. Soprattutto,
qualsiasi altra definizione
anche perché da piccolo
«Lanciamo razzi nello
li considero un’ancora di
che il quarto astronauta
mi affascinavano la fisica,
spazio da sessant’anni, ma
salvezza per la Terra». Il
italiano ha con lo spazio
l’antimateria e l’idea che
il cedimento strutturale
droide incontrato da Wall-E
una storia d’amore lunga e
esistessero più dimensioni.
dello SpaceShipTwo
sulla navicella Axiom non
sfaccettata.
Curiosamente, uno degli
nel 2014 e l’esplosione
avrebbe saputo dirlo meglio.
Pilota collaudatore, dal 1998
esperimenti che portammo
del Falcon 9 lo scorso
E.C.
astronauta dell’Agenzia
in orbita con lo shuttle
settembre ricordano quanto
spaziale italiana, primo
riguardava l’Alpha Magnetic
ancora non sia semplice
europeo a conseguire la
Spectrometer, un rivelatore
né economico. Per questo,
PER PALAZZETTI
Il calore diventa intelligente. Canali per la distribuzione dell’aria fino a 14 metri di distanza. App per la gestione in remoto delle stufe. Filtri per l’abbattimento delle emissioni. Marco Palazzetti, Amministratore Delegato area Ricerca e Sviluppo, racconta le tecnologie innovative del Gruppo Palazzetti.
Ing. Palazzetti, cosa significa realizzare una combustione efficiente? Le stufe a pellet ermetiche, oltre a essere completamente automatiche, hanno una regolazione dei parametri minuziosamente calibrata al fine di ottenere sempre una combustione ottimale. Grazie alla tecnologia ibrida legna/pellet dei prodotti Multifire, siamo riusciti a realizzare un sistema automatico per il 75% estendendo le tecnologie tipiche del pellet alla combustione della legna. Questo permette di mantenere fiamma e temperatura costanti e di ottimizzare le emissioni, riducendo al minimo quelle di CO. Inoltre, dotando le nostre macchine di un sistema catalitico a valle (O2Ring) per l’abbattimento dei fumi, eliminiamo fino all’80% delle emissioni inquinanti derivanti dalla combustione della legna.
In che modo si riesce a garantire una efficace distribuzione del calore? Da anni lavoriamo per diminuire i consumi, aumentando al tempo stesso la resa di stufe e camini, anche ampliando la distribuzione del calore così che riesca a raggiungere una superficie più grande. Lo facciamo sviluppando dei prodotti che producano molto calore e che, soprattutto, siano in grado di trasmetterlo quasi totalmente al liquido vettore predisposto per l’impianto (l’aria o l’acqua). Questo perché il calore possa arrivare lontano senza perdere la sua intensità e, quindi, scaldare stanze anche lontane da dove viene posizionato il camino o la stufa. Quest’anno, per esempio, abbiamo presentato una nuova piattaforma tecnologica delle nostre stufe a pellet. Tra i vari plus, c’è il sistema Air Pro che permette di distribuire il calore tramite l’aria utilizzando fino a 2 canali di 14 metri lineari l’uno. Per i prodotti a legna, invece, studiamo dei materiali capaci di ottimizzare al massimo l’accumulo e il lento rilascio del calore.
Come rendere più semplice l’interazione con l’utente? Abbiamo introdotto l’utilizzo di una app che permette di interagire con le stufe a pellet anche da remoto, segnalando quando il combustibile sta finendo, settando la temperatura, i tempi di accensione, sia su base giornaliera che settimanale. Ma non solo: la app segnala all’utente quando effettuare un controllo, perché ne monitora costantemente l’utilizzo. D’altro canto, chi sceglie di scaldarsi in modo naturale non è solo attento all’ambiente, ma ama interagire con il prodotto senza che però questo renda impegnativa la sua gestione. Ecco perché nelle nostre stufe è possibile ottenere una pulizia più veloce e profonda del prodotto senza dover smontare alcun componente, ma arrivando comunque anche a quelle zone normalmente accessibili solo con manutenzioni straordinarie dei professionisti. Questo migliora le capacità di scambio del calore della macchina con l’ambiente, allunga la vita del prodotto e fa risparmiare, generando al tempo stesso soddisfazione nell’utente.
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WIRED AUDI I OVATION AWARD 2016 Quest’anno, per decidere chi fossero gli innovatori del 2016, il Wired Audi Innovation Award ha chiesto una mano a un software. E a un partner. Giunto alla terza edizione, infatti, il Waia si è avvalso del contributo di un team di ricercatori della SDA Bocconi, School of Management dell’Università Bocconi, guidato dal professor Francesco Sacco, che ha sviluppato un algoritmo in grado di scandagliare i numeri dell’innovazione italiana. Il sistema ha così analizzato più di 70mila brevetti, frutto del lavoro di oltre 43mila inventori e delle 11mila società titolari. Non solo: è stato guardato dentro i bilanci di più di 250 grandi aziende, 300 piccole e medie imprese innovative e oltre 2.500 start-up. Tutti i potenziali vincitori sono stati poi divisi in quattro categorie: PERSONE, BIG COMPANY, PMI e START-UP. Nelle pagine che seguono, uno sguardo al futuro dell’auto e i risultati delle analisi che hanno decretato gli innovatori dell’anno.
IL FUTURO? QUATTRO RUOTE E UN CERVELLO l punto di arrivo è il nulla. Non insegnare niente a un computer perché questo, grazie a un software, è in grado di imparare tutto da solo. Calandolo nel contesto delle quattro ruote, il punto di arrivo è un’auto che non segua schemi predefiniti, ma li tracci di volta in volta sulla base di poche nozioni di partenza. Non più un veicolo capace di stare a centro strada perché gli viene insegnato a tenersi a una certa distanza dai bordi, ma perché analizza ogni metro di asfalto con le sue telecamere e decide, in perfetta autonomia, che quella posizione è l’optimum per arrivare a destinazione con la massima efficienza possibile. Gli scienziati parlano di Deep Learning, cioè un insieme di tecnologie software capaci di simulare il ragionamento umano e, quindi, l’apprendimento. All’ELR (Electronics Research Lab), un laboratorio fondato nel 1998 e che vede al lavoro oltre 200 esperti, si occupano proprio di questo. Qualcuno diceva che è meglio insegnare a un uomo a pescare che regalargli un pesce, ed Ewald Gössmann, a capo del laboratorio, si premura di coordinare team di scienziati per dare canna e mulinello a una quattroruote. Per farlo, realizza software che, sulla base di una fitta serie di dati rilevati da appositi sensori, insegnino a un’auto a guidare, considerare la segnaletica, ridurre i consumi, aumentare la sicurezza e rispettare l’ambiente. Un mucchio di parametri, insomma, ed è per questo che l’ERL ingaggia talenti delle più svariate discipline, che si tratti di ingegneria, informatica, psicologia, neurologia o design. Perché gli input necessari sono molteplici ed è per questo che, dal 2016, l’Electronics Research Lab funge anche da incubatore dove piccoli team, che si configurano come vere e proprie start-up, sperimentano e realizzano progetti innovativi da convogliare verso una nuova concezione di guida autonoma. «Questi progetti sono continuamente monitorati, aggiustati e, in alcuni casi, abbandonati», racconta Chuhee Lee, direttore della strategia e tecnologia del laboratorio. È proprio grazie a questo flusso continuo di idee e tecnologie che, da qui ai prossimi anni, Audi conta di far dialogare tra loro, in modo perfettamente autonomo, prestazioni, sicurezza, intrattenimento e realtà aumentata. E sullo sfondo, un sistema in grado di dialogare col passeggero per trovare e percorrere in sua vece gli itinerari a lui più congeniali. Sì, passeggero, perché la parola autista, per allora, sarà un optional dedicato solo a chi vorrà togliersi lo sfizio di guidare in prima persona. Un software lo saprà fare come lui (e anche meglio).
I
Il Deep Learning si basa su algoritmi, cioè complesse sequenze di formule matematiche in grado di far guidare un’auto in modo autonomo, imparando a migliorare lo stile viaggio dopo viaggio. Il tutto, simulando il funzionamento dei neuroni del nostro cervello.
IL DIGITALE È DI STRADA
I principali sensori utilizzati nelle auto sono le telecamere. Queste fungono da veri e propri “occhi elettronici” pronti a rilevare ogni minimo dettaglio della strada e dell’ambiente circostante, per trasformarlo poi in informazioni da passare al software di Deep Learning.
on c’è parola più inflazionata e fumosa di “digitale”, ma nei laboratori di Audi sanno perfettamente cosa significhi per un’auto. Merito di una filosofia che ha saputo innervare la meccanica di bit e byte in modo costante e progressivo, fino ad arrivare a tecnologie complete come myAudi. Cos’è? Un portale di applicazioni e servizi digitali, fruibili dal veicolo, che si prendono cura di ogni aspetto della guida. Dal manuale sempre aggiornato alla manutenzione, passando per intrattenimento e navigazione, myAudi consente di sfruttare il veicolo in ogni suo aspetto. E il bello è che si tratta di una piattaforma che cresce di giorno in giorno: di recente, per esempio, ha visto l’integrazione del sistema di navigazione HERE, con mappe ad alta risoluzione e informazioni in tempo reale sul traffico, dopo che un consorzio di cui Audi fa parte ha acquisito la tecnologia sviluppata in origine da Nokia. Si tratta solo di un esempio di come il digitale sia preso in considerazione dalla casa tedesca, ma il futuro promette altre rivoluzioni. In particolare, Audi sta lavorando a software capaci di rilevare sempre più informazioni dai sensori posti nelle sue auto, in modo da trasformarli in dati che andranno poi trasmessi al server, per offrire un’esperienza di guida sempre più confortevole e sicura. Anche per questo, Audi si avvale della collaborazione con le migliori realtà della ricerca mondiale, come gli specialisti del Fraunhofer Institute for Intelligent Analysis and Information Systems. Un nome che è tutto un programma. Digitale, naturalmente.
N
UNA RICERCA CHE SA DI ARIA PURA a ricerca tecnologica non ha senso, se non viene spinta anche nel settore dell’eco-sostenibilità. È per questo che Audi, da sempre pioniera nel settore green, mira al traguardo più elevato: la “carbon neutrality”, per dire addio alle emissioni grazie a un processo di “elettrificazione” che la casa tedesca ha intrapreso con dedizione e innovazione. I risultati sin qui ottenuti si traducono nella A3 Sportback e-tron, un modello ibrido che combina un motore 1.4 TFSI da 110 kW di potenza a uno elettrico da 75 kW. Sulla medesima filosofia si basa la Q7 e-tron 3.0 TDI Quattro: un SUV di nuova generazione dotato di motore 3 litri che, combinato con uno elettrico, produce una potenza complessiva di 275 kW (pari a 373 cavalli). E le prestazioni volano, da 0 a 100 km/h in appena 6,2 secondi, nel pieno rispetto dell’ambiente, grazie all’emissione di appena 48 grammi di CO2 per km. Ma se questo è il presente, Audi è già al lavoro per il futuro. Un esempio ne è la Audi e-tron Quattro. Un prototipo elettrico capace di un’autonomia di 500 km con un pieno di energia. E per non rinunciare a prestazioni estreme, ecco una potenza totale di 320 kW ripartita su ben tre motori: uno frontale e due posteriori, capaci di un’accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 4,6 secondi, per arrivare poi a una velocità di punta di 210 km/h. Un occhio di riguardo ai parametri di guida e uno all’ecologia, grazie all’assenza di emissioni di CO2, ma scordandosi delle attese per il rifornimento: il sistema CCS (Combined Charging System) consente di ricaricare la batteria al litio da 95 kWh in appena 50 minuti con una normale colonnina da 150 kW. Un’innovazione a tutto tondo, come i quattro cerchi del marchio Audi.
L
Non solo motori a emissione zero: la ricerca della casa tedesca è volta a non rinunciare a prestazioni degne del blasone, al comfort nell’abitacolo e al rispetto dell’ambiente anche nei centri di produzione dei veicoli.
I NUMERI DEL WIRED AUDI INNOVATION AWARD A B B I A M O A N A L I Z Z AT O
+70.000 BREVETTI
+11.000 AZIENDE TITOLARI DI BREVETTI
+43.000 INVENTORI
+800 INVENTORI SERIALI
A B B I A M O G U A R D AT O N E I B I L A N C I D I
+310 PMI INNOVATIVE
+196.000 PMI CON PIÙ DI 1 MILIONE DI DOLLARI DI FATTURATO
+2.500 START-UP INNOVATIVE
+250 GRANDI AZIENDE
CATEGORIA
PERSONE 1°
FABIO DE’LONGHI COSA: MANAGER INDUSTRIALE AFFILIAZIONE: DE’LONGHI ANNI: 47
CLASSIFICATO
n vecchio detto vuole che i padri fondino le aziende, i figli le portino avanti e i nipoti le rovinino. De’Longhi potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola. Nel caso della capogruppo del gruppo multinazionale da 2 miliardi di euro di fatturato, il passaggio generazionale è sinora andato per il meglio. Lo sviluppo dell’azienda negli ultimi anni è infatti merito di Fabio De’Longhi, figlio del fondatore e presidente Giuseppe De’Longhi. Classe 1967, laureato in Economia aziendale presso l’Università Bocconi di Milano, da giovane condivideva il sogno di molti bambini italiani: diventare un calciatore, o forse un campione di sci. Più pragmaticamente, si è unito all’azienda di famiglia quando le dimensioni erano ancora contenute, ricoprendo diverse cariche all’interno della direzione commerciale e marketing, sia in Italia sia all’estero. Si è così fatto le ossa in vista dell’espansione del gruppo nel corso degli anni: una crescita organica, dovuta alla forza del design made in Italy e al boom del mercato delle macchine da caffè a livello globale, ma anche legata all’acquisizione dei marchi Kenwood nel 2001 e Braun nel 2012. In più occasioni, Fabio De’Longhi si è detto convinto che il successo del gruppo sia legato proprio alla sua capacità di combinare la forza di un’azienda famigliare con il dinamismo e la competitività di una grande società quotata. Ne è riprova anche il fatto di aver condotto a termine con successo delle operazioni tradizionalmente difficili per le aziende, come appunto l’integrazione di marchi esterni nel portafoglio del gruppo.
U
HTTP://WWW.DELONGHI.COM/IT-IT
ROBERTO CINGOLANI
DAVIDE DATTOLI
FRANCESCO SAURO
COSA: ROBOT
COSA: NETWORK DI COWORKING
COSA: SPELEOLOGO ESTREMO
AFFILIAZIONE: DIRETTORE SCIENTIFICO
AFFILIAZIONE: TALENT GARDEN
AFFILIAZIONE: TIME 10
ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT)
ANNI: 25
NEXT GENERATION LEADERS
ANNI: 54
Davide Dattoli è il fondatore di Talent Garden: uno spazio di coworking nato a Brescia e cresciuto sino a divenire il più grande network in Europa, con 1.500 professionisti ospitati in 17 campus in 5 Paesi europei. Ha recentemente concluso un round di finanziamenti record da 12 milioni di euro.
ANNI: 31
Sotto la guida del direttore scientifico Roberto Cingolani, l’Iit ha recentemente creato il robot umanoide R1: un aiutante tuttofare e a basso costo. Cingolani è tra i vati del digitale e dell’istruzione tecnica in Italia. Ha vinto a fine 2015 il Premio Roma per la Scienza proprio in virtù del suo ruolo presso l’Iit. HTTPS://WWW.IIT.IT
SIMONE COLOMBO
Non è da tutti conquistare la copertina del Time per la nomina tra i 10 giovani innovatori mondiali. Se la sono meritata le imprese di Francesco Sauro, 31 anni, speleologo che ha esplorato le grotte più antiche del pianeta tra il Rio delle Amazzoni e il fiume Orinoco. Il prossimo passo? Insegnare agli astronauti come sopravvivere in ambienti estremi.
COSA: DESIGNER 3D
HTTP://LABISSO.BLOGSPOT.IT/
HTTP://TALENTGARDEN.ORG/
GIOVANNI AZZONE
AFFILIAZIONE: FORMALIZ3D
COSA: PIANO CASA ITALIA
ANNI: 27
STEFANIA BOROLI
AFFILIAZIONE: RETTORE DEL POLITECNICO
Inserito da Forbes nella classifica dei “30 under 30”, Simone Colombo è un giovane designer e cofondatore insieme a Matteo Meraldi (25 anni) di Formaliz3d, start-up dedicata allo sviluppo di prodotti di design nel settore dell’illuminazione. Ha partecipato a diverse mostre, tra cui le Milan Design Week 2014 e 2015.
COSA: PRIVATE EQUITY FOOD&WINE
DI MILANO ANNI: 54
In prima linea contro il terremoto. Giovanni Azzone, dal 2010 rettore del Politecnico di Milano, è il coordinatore del progetto “Casa Italia”, per la messa in sicurezza del territorio (dalla mappatura agli interventi edili) dopo il recente sisma nell’Italia Centrale. Dallo scorso maggio è anche membro del CdA di Poste Italiane. HTTP://WWW.POLIMI.IT/
HTTP://WWW.FORMALIZ3D.COM/
MARCO MORINI
AFFILIAZIONE: IDEA CAPITAL FUNDS ANNI: 29
Stefania Boroli è l’investment manager di Idea Taste of Italy, un fondo di private equity che investe in un numero ristretto di Pmi italiane specializzate in ambito enogastronomico. Società private a conduzione famigliare, non quotate, che hanno bisogno di raccogliere capitale per crescere. HTTP://IDEASGR.COM/
COSA: VETROMATTONI SOLARI AFFILIAZIONE: SBSKIN
YURI PALMA
ERNESTO CIORRA
ANNI: 28
COSA: VIDEO IN 8K
COSA: MOBILITÀ ELETTRICA IN ITALIA
Marco Morini è cofounder insieme a Rossella Corrao e Luisa Pastore di Sbskin, start-up attiva nel settore dell’edilizia green. Ha ideato dei “vetromattoni”, isolanti e fotovoltaici, per realizzare edifici ad alta efficienza energetica. I pannelli sono traslucidi e disponibili in diversi colori, coniugando innovazione e design.
AFFILIAZIONE: YOUTUBE
AFFILIAZIONE: DIRETTORE INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ ENEL ANNI: 45
L’uomo al timone della “rivoluzione elettrica” della mobilità italiana è Ernesto Ciorra. Il direttore innovazione e sostenibilità di Enel sta lavorando con il governo per installare 180 colonnine di ricarica per auto elettriche su tutto il territorio nazionale. Ma l’innovazione di Ciorra passa anche per le partnership università e start-up. HTTP://SERVIZI.ENEL.COM/IT-IT/ENEL_ FOUNDATION/ABOUT_US/GOVERNANCE/BOARD/ CIORRA/
HTTP://WWW.SBSKIN.IT/
ANNI: 17
Per girare un video in ultra-definizione non basta avere la giusta apparecchiatura. Servono anche talento e passione. Yuri Palma è stato il primo videomaker in Italia a realizzare un documentario in 8k, a soli 17 anni. Il suo canale YouTube conta più di 2.300 iscritti. HTTPS://WWW.YOUTUBE.COM/YURIPALMA
CATEGORIA
BIG COMPANY 1°
ENEL AD: FRANCESCO STARACE COSA: ENERGIA SEDE: ROMA FONDAZIONE: 1962
CLASSIFICATO
hi ha detto che le big company italiane debbano sempre restare uguali a se stesse? Tra corsa al digitale e boom delle rinnovabili, un gruppo storico come Enel sta attraversando una fase di profonda innovazione. Molti spunti sono anticipati nel piano strategico 2017-2019 che è stato presentato a fine novembre dinanzi agli azionisti e agli operatori di mercato riuniti a Londra. Dopo una semestrale che vede ricavi per 34,15 miliardi di euro a giugno 2016, le stime fornite nel piano prevedono un utile ordinario in crescita graduale da 3,2 miliardi nel 2016 sino a 4,7 miliardi nel 2019. In tutto verranno stanziati 21 miliardi di euro di investimenti nell’arco del triennio, di cui il 40% legati alla manutenzione delle reti, e il 60% alla crescita e sviluppo – incluse attività di generazione da fonti rinnovabili e termoelettriche. Più nel dettaglio, la digitalizzazione di asset, clienti e forza lavoro spingerà la crescita degli investimenti sia sulle reti sia sul retail, tramite l’implementazione e la diffusione di contatori intelligenti, controllo da remoto, connettività dei sistemi. In ballo per Enel ci sono tagli importanti ai costi operativi e nuove opportunità di crescita. Il secondo ambito di innovazione risiede nel boom delle rinnovabili. La crescita su questo fronte è stata enorme negli ultimi anni. Oggi, il gruppo può contare su una capacità produttiva di 36 GW a livello globale, diversificata tra le diverse tecnologie e fonti rinnovabili.
C
HTTPS://WWW.ENEL.IT/IT.HTML
BREMBO
LEONARDO-FINMECCANICA
PRADA
AD: ANDREA ABBATI MARESCOTTI
AD: MAURO MORETTI
AD: MIUCCIA PRADA, PATRIZIO BERTELLI
COSA: IMPIANTI FRENANTI
COSA: PRODOTTI HI-TECH PER SETTORI
COSA: MODA
SEDE: CURNO (BG)
DELL’AEROSPAZIO, DELLA DIFESA E DELLA
SEDE: MILANO
FONDAZIONE: 1961
SICUREZZA
FONDAZIONE: 1913
Brembo è un colosso industriale italiano quotato in Borsa e specializzato in impianti frenanti. Ha chiuso il primo semestre 2016 con 1,14 miliardi di ricavi, 226,5 milioni di margine operativo lordo e 1,26 milioni di fan su Facebook. Sta sperimentando l’industria “4.0”: digitale, connessa al web, con una catena di montaggio hi-tech.
SEDE: ROMA
Il futuro di Prada è digitale e online. Il gruppo di moda, che ha chiuso il primo semestre con fatturato pari 1,54 miliardi, ha in programma l’estensione della piattaforma e-commerce per raggiungere una copertura globale entro 2 anni e, viceversa, l’abbandono di mercati non strategici per quanto riguarda i punti vendita tradizionali.
FONDAZIONE: 1948
ENI
Da Finmeccanica a Leonardo. Il cambio di marchio, che si accompagna a una trasformazione da holding finanziaria a realtà industriale operativa, è storico. Ogni riferimento a Da Vinci non è casuale, per il gruppo attivo nell’aerospaziale, difesa e sicurezza. Presenza in 15 Paesi, 47mila dipendenti, ricavi per 5,41 miliardi di euro nel primo semestre 2016.
AD: CLAUDIO DESCALZI
HTTPS://WWW.LEONARDOCOMPANY.COM/
HTTPS://WWW.BREMBO.COM/IT
COSA: ENERGIA
HTTPS://WWW.PRADA.COM/IT.HTML
PRYSMIAN AD: VALERIO BATTISTA COSA: CAVI ELETTRICI E PER
SEDE: ROMA
LUXOTTICA
TELECOMUNICAZIONI
FONDAZIONE: 1953
AD: MASSIMO VIAN
SEDE: MILANO
L’Ente Nazionale Idrocarburi fondato da Enrico Mattei nel 1953 è oggi una società per azioni presente in 90 Paesi con 80mila dipendenti e 370mila follower su Linkedin. Ha un risultato operativo adjusted pari a 0,77 miliardi di euro nel primo semestre 2016. Recentissima la notizia dell’accordo con General Electric per generare elettricità rinnovabile su larga scala.
COSA: OCCHIALI
FONDAZIONE: 1879
SEDE: MILANO
Prysmian è tra i più grandi gruppi globali attivi nella produzione di cavi per l’energia e le telecomunicazioni. Nel 2015 ha firmato contratti per cavi sottomarini per 1 miliardo di dollari; nei primi 6 mesi registra ricavi per 3,78 miliardi di euro. Tra le principali direttrici di crescita vi sono le rinnovabili e le fibre ottiche.
HTTPS://WWW.ENI.COM/
DE’LONGHI
FONDAZIONE: 1961
Il design degli occhiali made in Italy esportato con successo in 130 Paesi nel mondo. Luxottica ha registrato nel primo semestre dell’anno vendite nette per 4,72 miliardi di euro. Recentemente, il presidente Leonardo Del Vecchio ha individuato le priorità del gruppo: marketing digitale e innovazione delle catene retail.
HTTPS://IT.PRYSMIANGROUP.COM/IT/ INDEX.HTML
HTTP://WWW.LUXOTTICA.COM/
MONCLER
AD: FABIO DE’LONGHI COSA: PICCOLI ELETTRODOMESTICI
STMICROELECTRONICS
AD: REMO RUFFINI
SEDE: TREVISO
AD: CARLO BOZOTTI
COSA: MODA
FONDAZIONE: 1902
COSA: SEMICONDUTTORI
SEDE: MILANO
Gruppo specializzato nella produzione di piccoli elettrodomestici, presente in 33 Paesi al mondo con un fatturato di 1,9 miliardi di euro e un’Ebitda di 285 milioni al primo semestre 2016. Molte le novità in pentola: dalla partnership con Nespresso per la distribuzione in Svizzera e Usa sino al rilancio del marchio Braun negli Stati Uniti.
SEDE: GINEVRA
FONDAZIONE: 1952
FONDAZIONE: 1987
L’azienda di outwear ha chiuso il primo semestre del 2016 con ricavi per 346,5 milioni di euro. Moncler, che da tempo ha un rapporto diretto con blogger e follower social, punta sempre più verso l’innovazione. Recente l’accordo con Ibm per l’analisi dei big data, così da approfondire la conoscenza di clienti e influencer.
HTTPS://WWW.DELONGHI.COM/IT-IT
St produce semiconduttori destinati a ogni genere di utilizzo, sino a quelli più innovativi dello smart driving e dell’Internet of things. Potrebbe presto introdurre in Italia il taglio di silicio da 12 pollici, la nuova frontiera dei microchip. Nel primo semestre del 2016 ha registrato 3,3 miliardi di dollari di fatturato netto. HTTP://WWW.ST.COM/
HTTP://WWW.MONCLER.COM/
CATEGORIA
START-UP 1°
REDOOC RESPONSABILI: CHIARA BURBERI, NICCOLÒ AMENDOLA COSA: EDTECH (EDUCATION TECHNOLOGY) SEDE: MILANO FONDAZIONE: 2013
CLASSIFICATO
atematica, algebra e geometria: la trinità delle materie più temute da molti studenti delle scuole medie e superiori (per tacer degli universitari). Per superare la paura ci vuole un allenamento costante e onnicomprensivo, ed è qui che arriva Redooc. La piattaforma online si presenta come “la palestra della matematica più grande d’Italia”, con 1.000 videolezioni e 10mila esercizi svolti per coprire tutto il programma dell’istruzione italiana dalle medie alla laurea. Il progetto è stato realizzato dai ragazzi di StarRock, una delle 10 start-up premiate al Salone del Libro 2015 nell’ambito del bando internazionale “book to the future”. Le tariffe sono democratiche, e costano decisamente meno rispetto a qualche lezione di ripetizione: tra i 9 e i 10 euro al mese circa. Anche se le materie sono decisamente serie, l’impostazione di Redooc è ludica e scanzonata, con giochi e programmi interattivi mobile in grado di catturare anche le nuove generazioni, abituate più a smanettare con iPad e cellulari che non a sudare su carta, penna e calcolatrice. La piattaforma si accompagna alla collana di libri Gauss Party!, che i fondatori di Redooc definiscono come “la collana di racconti quasi matematici meno seria che ci sia”. Avvertenze per l’uso: adatta a ragazzi dai 10 ai 90 anni.
M
HTTP://REDOOC.COM/
MOSAICOON
GINEVRA RESEARCH
PEDIUS
RESPONSABILE: UGO PARODI GIUSINO
RESPONSABILE: BTO RESEARCH
RESPONSABILE: LORENZO DI CIACCIO
FONDAZIONE: 2010
FONDAZIONE: 2016
FONDAZIONE: 2013
SEDE: PALERMO
SEDE: MILANO
SEDE: ROMA
Mosaicoon è una piattaforma di “sharing entertainment” ove le aziende trovano professionisti per realizzare video pubblicitari virali. Nel 2016 è stata nominata società più innovativa d’Europa agli International Business Awards e ha raccolto finanziamenti per 8 milioni di euro.
Ginevra è più che un semplice database di tesi, paper, presentazioni e altri documenti scientifici. È una piattaforma che si propone di trasformare le informazioni e i big data in risposte utili e comprensibili alle domande specifiche di aziende, università e accademici, grazie al lavoro di un team di ricercatori specializzati.
Così le persone sorde possono effettuare chiamate via smartphone. La app Pedius sfrutta sistemi di riconoscimento e sintesi vocale per permettere agli utenti di scrivere messaggi testuali e convertirli in messaggi vocali pronunciati da una voce artificiale; o, viceversa, ricevere telefonate normali e
HTTP://WWW.GINEVRARESEARCH.COM/INDEX.
visualizzarle in tempo reale come messaggi scritti.
PHP/EN/
HTTP://WWW.PEDIUS.ORG/
FONDAZIONE: 2014
ENERGICA MOTOR COMPANY
SOUNDREEF
SEDE: COLONNELLA (TE)
AD: LIVIA CEVOLINI
AD: DAVIDE D’ATRI
Carrozzerie per auto da corsa e altre parti strutturali per applicazioni hi-end, realizzate interamente in fibra di carbonio. Una start-up che vanta un team d’ingegneri con 30 anni di esperienza nel settore. Obiettivo: realizzare prodotti all’avanguardia, con performance elevate.
FONDAZIONE: 2014
FONDAZIONE: 2011
SEDE: MODENA
SEDE: ROMA
Passerà alla storia come la prima start-up a
CIVITANAVI SYSTEM
Le superbike elettriche parlano italiano. Energica Motor Company, costola del gruppo industriale Crp, ha lanciato tre modelli di moto elettriche sportive sul mercato che uniscono design italiano e alta tecnologia: motori sincroni a magneti permanenti raffreddati a olio, componentistica ed elettronica top di gamma.
CEO: ANDREA PIZZARULLI
HTTP://WWW.ENERGICAMOTOR.COM/IT/
HTTP://WWW.SOUNDREEF.COM/
SEDE: PEDASO (FM)
WHATWAPP
RO TECHNOLOGY
Tra le startup milionarie d’Italia c’è la marchigiana Civitanavi System, società che sviluppa e produce sistemi di navigazione inerziale e sistemi di stabilizzazione per l’industria aerospaziale, delle trivellazioni e per applicazioni militari. Dal 2012 è partecipata da Fondazione Marche con un investimento iniziale di 200mila euro.
FONDATORI: ALESSANDRO LACROCE E
RESPONSABILE: RODOLFO GRIMANI
MARTINA GIANFREDA
FONDAZIONE: 2011
FONDAZIONE: 2013
SEDE: ROMA
SEDE: MILANO
Start-up hi-tech attiva su moltissimi fronti: produce transponder e software per i settori aerospaziale e della difesa, sistemi di rilevazione e tracciamento per smart city, bike sharing e Internet of things, sistemi di diagnostica e monitoraggio del web, e l’app Tomorrow’s Flight, una piattaforma che permette di massimizzare i passeggeri dei voli business.
HTTPS://MOSAICOON.COM/
ARS TECH GENERAL MANAGER: PIERO CONSORTI
HTTP://WWW.ARS-TECH.COM/
fare concorrenza alla Siae. Soundreef nasce dopo che una decisione della Commissione Europea del 2008 ha aperto le porte a società di gestione dei diritti d’autore indipendenti e alternative a quelle tradizionali. Oggi gestisce 150mila brani e 8mila utenti iscritti in Italia.
FONDAZIONE: 2012
HTTP://WWW.CIVITANAVI.COM/
Una start-up vitale e dinamica prova che qualcosa si muove nel settore italiano dei videogiochi. In questo caso parliamo di game per smartphone e tablet con sistemi operativi iOs e Android, spesso ispirati ai grandi classici delle carte come burraco, briscola, tressette e blackjack. Spesso ai vertici delle classifiche dei download nei rispettivi store e categorie. HTTP://WHATWAPP.COM/
HTTP://WWW.ROTECHNOLOGY.IT/
CATEGORIA
PMI 1°
CARBOTECH RESPONSABILE: LORENZO DATTOLI COSA: SPAZZOLE IN GRAFITE SEDE: MARTINSICURO (TE) FONDAZIONE: 2002, INDIPENDENTE DAL 2009
CLASSIFICATO
a Carbotech ha una storia articolata e coraggiosa. Nata nel 2002 come piccola realtà italiana, era stata subito acquisita dalla Energy Convertion System, società statunitense in cerca di opportunità al di qua dell’oceano per delocalizzare la produzione di spazzole elettriche per motori. La rete commerciale messa in piedi dagli Usa, però, era men che efficiente e l’azienda navigava in brutte acque. Nel 2009, il direttore generale Lorenzo Dattoli, che non aveva mai smesso di credere nelle potenzialità dell’azienda, decise di riacquistarla tramite un’operazione di management buyout, rendendola nuovamente indipendente. Nel 2015, Carbotech è stata annoverata nel registro delle Pmi innovative d’Italia. La società brevetta e produce spazzole in grafite, metalgrafite ed elettrografite per motori di avviamento, alternatori, alzacristalli e altre applicazioni industriali e domestiche: prodotti all’avanguardia, efficienti in termini di costi e durata.Oggi Carbotech conta clienti tra le grandi multinazionali quali Bosch, Bmw e Mercedes-Benz. Il fatturato si aggira intorno ai 15 milioni di euro, ma Dattoli punta a raggiungere i 20 milioni entro 3 anni, anche tramite una joint venture con la società indiana Cbc e l’apertura di un sito produttivo in Serbia.
L
HTTP://WWW.CARBOTECH.IT/
FELM
DIGITOUCH
AXXAM
RESPONSABILE: MATTEO COLOMBO
PRESIDENTE CDA: SIMONE RANUCCI
RESPONSABILE: STEFAN LOHMER
COSA: MOTORI ELETTRICI TRIFASE
BRANDIMARTE
COSA: PARTNER PER LE ATTIVITÀ DI
SEDE: INVERUNO (MI)
COSA: DIGITAL MARKETING
RICERCA BIOMEDICHE
FONDAZIONE: 1960
SEDE: MILANO
SEDE: BRESSO (MI)
Una delle prime imprese italiane a delocalizzare la produzione in Cina negli anni ’80, è stata anche tra le prime a riportare le attività in patria per puntare sulla qualità del made in Italy. Una qualità indispensabile per realizzare i motori elettrici ad alta potenza per cui Felm è nota.
FONDAZIONE: 2007
FONDAZIONE: 2001
Il gruppo DigiTouch è uno dei principali player indipendenti italiani attivo nel digital marketing. Conta quasi 100 dipendenti ed è quotato sul mercato AIM Italia dal 16 marzo 2015. Il gruppo include oggi quattro agenzie, un agency trading desk, una piattaforma di mobile data profiling e due siti dedicati a mutui e auto.
Axxam è nata nel 2001 come spinoff di Bayer Group, specializzandosi nello sviluppo di servizi di ricerca per l’intero settore delle scienze della vita, dalla farmaceutica alla cosmetica e nutrizione. Offre piattaforme di biologia molecolare, sviluppo di saggi, fornitura di reagenti, gestione composti chimici e altro ancora.
HTTP://WWW.DIGITOUCH.IT/
HTTP://WWW.AXXAM.COM/
COSA: STRUMENTI TECNOLOGICI E
ATHONET
BITRON
SOLUZIONI SOFTWARE B2B
FONDATORI: KARIM EL MALKI E GIANLUCA
RESPONSABILE: GIOVANNI BIANCO
SEDE: CESENA (FC)
VERIN
COSA: MECCATRONICA
FONDAZIONE: 2002
COSA: RETI MOBILI PER LE ZONE RURALI
SEDE: GRUGLIASCO (TO)
Nata come piccola software house, eResult è oggi una società di Ict attiva a livello internazionale. Fornisce soluzioni tecnologiche per ottimizzare la capacità produttiva e gestionale di aziende, enti pubblici e privati, università italiane ed europee. Dal 2011 si è dotata di un centro di R&S accreditato dal Miur.
SEDI: BOLZANO VICENTINO (VI), TRIESTE
FONDAZIONE: 1955
FONDAZIONE: 2004
Ha restituito il web wi-fi all’Emilia dopo il terremoto del 2012. Vuole portare la banda larga low-cost nelle zone rurali degli Usa e nei Paesi in via di sviluppo. Athonet è una Pmi italiana che sviluppa reti mobili da utilizzare ovunque, anche dove mancano le infrastrutture.
Bitron è una società attiva nella produzione di dispositivi di meccatronica per i settori automotive, sanitario, degli elettrodomestici e del riscaldamento. Conta 775 milioni di euro di vendite e più di 5.300 impiegati, di cui 500 dedicati alle attività di R&S, in 13 impianti manifatturieri e sedi commerciali internazionali.
HTTP://WWW.ATHONET.COM/ATHONET/
HTTP://WWW.BITRON.NET/
RESPONSABILE: ANDREA ACITO
OSAI
MG2
COSA: SOLUZIONI TECNOLOGICHE
RESPONSABILE: GRAZIANO SETTIME
RESPONSABILE: ERNESTO GAMBERINI
SEDE: MATERA
COSA: AUTOMAZIONE DEI PROCESSI
COSA: MACCHINE PER IL CONFEZIONAMENTO
FONDAZIONE: 2001
INDUSTRIALI
DI FARMACI
Digimat è una società che sviluppa servizi e soluzioni tecnologici in settori molto specifici, quali il processamento algoritmico di dati radar e ottici da piattaforme satellitari, l’implementazione di database georeferenziati, la progettazione di sistemi di comunicazione unificata, le applicazioni per la sanità pubblica e privata.
SEDE: PARELLA (TO)
SEDE: PIANORO (BO)
FONDAZIONE: 1991
FONDAZIONE: 1966
Osai sviluppa soluzioni di automazione industriale che rendono i mezzi di produzione competitivi rispetto alla delocalizzazione verso aree di manodopera a basso costo. Oggi conta più di 100 dipendenti, esportazioni superiori al 70% del fatturato e 3 filiali estere tra Germania, Cina e Usa.
Il primo prototipo ideato da Ernesto Gamberini nel 1966 era in grado di riempire 36mila capsule di farmaci all’ora, contro il precedente record di 25mila. Oggi MG2 produce macchine che preparano fino a 250mila capsule l’ora. Tutto in Italia: l’esperimento di delocalizzazione cinese ha avuto vita breve per gli standard produttivi.
HTTP://WWW.FELM.IT/IT/
ERESULT CEO: MARCO PISTOLA
HTTP://WWW.ERESULT.IT/IT-IT/
DIGIMAT
HTTP://WWW.DIGIMAT.IT/
HTTP://OSAI-AS.COM/
HTTP://WWW.MG2.IT/
I L A R I A
J O I
P A O L O
A L
V I T T O R I O
CAPUA
IT¯ O
NESPOLI
GORE
STORARO
LA VERITÀ È CHE, SE DOVESTE SCEGLIERE UN’EPOCA DELLA STORIA UMANA NELLA QUALE VIVERE, SCEGLIERESTE QUESTA. PROPRIO QUI, ADESSO. BARACK OBAMA
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S H E R Y L
G I O R G I O
A N D R É
J A N
SANDBERG
CHIELLINI
BORSCHBERG
FABRE