sapori siciliani

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Sicilia un continente di “ sapori “

La martorana Ricordando l’oriente Le confetture Mostarde Geli Marmellate La Cassata Siciliana


La Sicilia un’immensa varietà enogastronomica di prodotti tipici e tradizionali di cui le ricette e i segreti vengono ancora tramandati da generazioni a generazioni. I dolci siciliani vengono ancora preparati artigianalmente, alcune ricette risalgono a periodi antichi. I prodotti tradizionali più conosciuti in Sicilia sono: le marmellate, cassate, mostarde, geli, frutta martorana e il vino marsala.

Marmellata La parola deriva direttamente dal termine portoghese “marmelo” che indica la mela cotogna (dal greco “melimelon”, ovvero mela di miele). Diffuse in tutta Sicilia, le marmellate sono una crema cotta di zucchero e agrumi a pezzetti (limone, arancia, mandarino, e più raramente di pompelmo, clementina, cedro e bergamotto). La frutta viene mondata delle parti di scarto, tagliata a pezzetti e cotta a lungo nello zucchero sino a che diventa cremosa. Viene quindi messa, bollente, in barattoli. Una volta chiuso il barattolo, il calore residuo del composto si occupa di sterilizzarlo. L'aggiunta di piccole quantità di pectina riduce drasticamente i tempi di cottura necessari per ottenere l'addensamento, portandoli da ore a minuti; per tale motivo è comunemente utilizzata nella produzione industriale ma può facilmente essere reperita anche per uso domestico. Viene quindi messa (bollente) in barattoli. Tappati e messi capovolti (dalla parte del tappo) in mezzo a coperte fino a raffreddamento (serve per creare il sottovuoto, così la marmellata non si rovina facendo muffe). Oggi la produzione industriale in scatola delle marmellate utilizza esclusivamente il metodo del sottovuoto e con doppia sterilizzazione: questa tecnica, eseguibile anche in ambito casalingo, evita la crescita di muffe. Il botulino non può svilupparsi nella marmellata e nelle confetture perché il tenore di zucchero è letale per questo batterio anaerobico. I valori nutrizionali in genere delle marmellate apportano da 200260 cal. Per 100 gr, se sono invece dietetiche circa da 100-160 cal. Per 100 gr.

La mostarda Il nome mostarda deriva dal latino "mustum". Oggi in Sicilia, troviamo una mostarda fatta solo di mosto cotto e farina di senape. Durante le feste natalizie gli scaffali dei supermercati si arricchiscono notevolmente di varietà di questo prodotto, essi sono preparate in vari modi alcuni dei quali prevedono l'uso di zuccheri e frutta candita o sciroppata. La mostarda è sempre un alimento di accompagnamento vanno conservate in frigorifero una volta aperte. L'ingrediente di base è l'uva, preferibilmente quella nera, va spremuta per bene, fino ad ottenerne il prezioso succo zuccherino, il” mosto” . Il mosto riposa all'interno di un contenitore in legno per almeno 24 ore. Per abbattere l'acidità del mosto si usa aggiungere della cenere bianca, ottenuta dalla combustione completa di legna d'ulivo o di legna di carrubo; due alberi che caratterizzano in modo inconfondibile il paesaggio delle campagne della Sicilia. In alternativa alla cenere in alcuni paesi dell'entroterra siciliano utilizza-


no dei frammenti di tegola in terracotta. Trascorse le 24 ore, il mosto è parzialmente fermentato e si effettua una serie di filtraggi su panni di lino a maglia e così di seguito sempre più fitta, per garantire il completo allontanamento delle particelle di cenere o residui di terracotta. A questo punto il mosto può essere insaporito con cannella e chiodi di garofano, si aggiungono 100 gr. di amido per ogni litro di succo d'uva e si mescola fino a sciogliere completamente l'amido, la miscela così ottenuta si mette in una pentola e si cuoce a fuoco lento, mescolando ininterrottamente fino a che non raggiunga il punto di ebollizione. Si può aggiungere in pentola una manciata di mandorle tostate, sane o grossolanamente tritate. Quando il tutto è denso a sufficienza lo si versa nei caratteristici stampi in terracotta che daranno la forma al prodotto finito quando questo si sarà raffreddato. La mostarda così ottenuta può essere consumata in giornata, oppure lasciarla ad asciugare al sole una volta tolta dagli stampi per una più lunga conservazione.

Cassata Siciliana La cassata siciliana, dall'arabo qas'at, "bacinella" o dal latino caseum, "formaggio", è una torta tradizionale siciliana a base di ricotta zuccherata(di pecora), pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero. L'aspetto esteriore può variare da una scarna decorazione di glassa e un po' di scorza d'arancia candita fino a una opulenta costruzione baroccheggiante con perline colorate e una mezza dozzina di frutti canditi diversi. Sempre a secondo dei territori locali, nelle cassate possono esserci ingredienti aggiuntivi,come pistacchio, pinoli, cioccolato, cannella, maraschino o acqua di zagara. Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato. Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di farina di mandorle e zucchero, colorato di verde con estratti di erbe, che sostituì la pasta frolla come involucro passando dalla cassata al forno a quella composta a freddo. Gli spagnoli introdussero in Sicilia il cioccolato e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi. Inizialmente la cassata era un prodotto della grande tradizione dolciaria delle monache siciliane ed era riservata al periodo pasquale. Un documento ufficiale del primo sinodo dei vescovi siciliani a Mazara del Vallo nel 1575 afferma che la cassata è "irrinunciabile durante le festività". Un proverbio siciliano recita "Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua" ("Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua"). La decorazione caratteristica della cassata siciliana con la zuccata fu introdotta nel 1873 (in occasione di una manifestazione che si tenne a Vienna) dal pasticcere palermitano cav. Salvatore Gulì, il quale aveva un laboratorio nel centralissimo corso Vittorio Emanuele a Palermo.


Geli I geli sono delle gelatine di frutti, in cui il loro aspetto ricorda una rete tridimensionale di collagene, cioè una proteina che intrappola e immobilizza un grande volume di acqua. Altre sostanze si possono comportare in modo simile, ad esempio gli amidi che disciolti in acqua e riscaldati ad una certa temperatura formano un il gelo. I geli sono alla base di molti dessert rinfrescanti, che vengono consumati maggiormente nei periodi estivi. Questo dolce siciliano è fatto in vari modi, tra i quali il più conosciuto è il “Gelo di melone“, una sorta di budino all’ anguria. E’ definito un dolce povero per i semplici ingredienti adoperati: acqua, frutta, amido, zucchero e ultimamente si utilizza per il riempimento di altri dolci. Gelo di melone Chiamato in dialetto "Gelu di muluni" si prepara in genere in estate, quando le angurie sono molto dolci. Ingredienti: 1 melone rosso di circa 5 chili, 100 gr di zucchero e 80 gr di amido per ogni litro di succo, 50 gr di capello d'angelo, 20 gr di cioccolato fondente a goccioline. Fiori di gelsomino per completare. Procedimento: Fare un infuso di fiori di gelsomino e tagliare a pezzi il melone, dopo aver tolto la buccia ed i semi passarlo al setaccio e versare il succo ottenuto in una pentola, aggiungendo l'amido, lo zucchero e l'infuso di gelsomino. Mettere la pentola sul fuoco e portare ad ebollizione a fuoco molto basso e mescolando sempre. Non appena sarà leggermente addensato, versarlo dentro le coppette predisposte. Lasciare raffreddare per un'ora circa. A questo punto avrete ottenuto il gelo, al quale aggiungerete il capello d'angelo ed il cioccolato fondente tagliato a pezzetti. Guarnite il tutto con altro fiore di gelsomino fresco e spolverare di pistacchio grattugiato. Gelo di cannella Dolce tradizionale siciliano, sia estivo sia invernale di origine probabilmente araba, che introdussero anche in Sicilia la canna da zucchero, il gelsomino e la cannella. Ingredienti: 10 gr. di cannella a stecche, 250 gr. Zucchero, 800 ml di acqua, 65 gr. di amido. Far bollire la cannella nell’acqua per 5 minuti e lasciarla riposare per un giorno, successivamente filtrare il liquido è metterlo in un pentolino a cuocere, aggiungendo poco alla volta, lo zucchero e l’amido. Si mescola il liquido filtrato fino al completo scioglimento dell’amido e dello zucchero, versare in uno stampo il liquido pronto lasciandolo raffreddare in frigo per qualche ora.

Martorana La frutta di Martorana è un tipico dolce siciliano (in particolare palermitano), famoso nel mondo, simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, a base esclusivamente di farina di mandorle e zucchero, e confezionato tradizionalmente in forma di frutta e pesce.


Nel XII secolo la nobildonna palermitana Eloisa Martorana fece costruire un monastero benedettino accanto alla chiesa e al convento e, in suo onore, sia il complesso edilizio che i dolci preparati dalle monache presero il nome “di Martorana”. In seguito le suore si specializzarono nel produrre diversi soggetti per ogni ricorrenza religiosa come le pecorelle per Natale e gli agnelli pasquali. Ma il successo dei loro dolci spinse la corporazione dei Confettari a tentare di ottenere il monopolio della loro produzione. Lo scopo venne raggiunto nel 1575 con l’intervento del sinodo diocesano di Mazara del Vallo, che proibì alle religiose la preparazione della Frutta di Martorana perché arrecava troppa distrazione al raccoglimento liturgico. Costituita principalmente da una pasta di mandorle detta anche pasta reale- che si realizza con mandorle sbucciate, raffinata con zucchero, essenza di limone e vaniglia. La frutta di pasta reale pare fece la sua comparsa già nel 1300, in occasione di un banchetto organizzato in onore del papa Clemente V, durante il quale furono offerti due alberi carichi di frutta: fichi, mele, uva, prodotti di pasticceria realizzati appunto con la pregiata pasta di mandorle. Gli ingredienti sono: 1 chilo di mandorle sgusciate e senza pellicola interna, 800 grammi di zucchero, mezza stecca di cannella, due chiodi digarofano, un bicchiere da 150 centilitri pieno d'acqua, 1 buccia d'arancia grattugiata. Il procedimento: Pestare le mandorle prima scottate in acqua bollente e pelate. Occorre che delle mandorle deve essere frullata finemente, altre vanno macinate in maniera più grossolana. Poi frullare lo zucchero per renderlo a velo, trattenerne 50 grammi, versare i restanti 750 grammi in una pentola, aggiungere il bicchiere d'acqua e cuocere a fuoco lento per sciogliere lo zucchero. Indi metterlo a raffreddare. Poi frullare i 50 grammi di zucchero conservato con la cannella, i chiodi di garofano e la buccia d'arancia grattugiata. Rimettere a bollire lo zucchero precedentemente raffreddato con quello aromatizzato. Non appena questo inizierà a diventare colloso aggiungere a poco a poco le mandorle macinate, mescolare per bene fin quando l'impasto diventerà abbastanza denso (per capirlo, è quando esso tenderà a staccarsi dalle pareti della pentola), quindi spegnere il fuoco. A tal punto fare con impasto una unica palla e metterlo a raffreddare e riposare per una notte coprendolo con uno strofinaccio bagnato per farlo restare morbido; l'indomani utilizzando apposite formelle, che sovente vengono vendute a fine Ottobre negli angoli delle strade a Palermo, formare dei frutti (anche se oggi si usa realizzare anche altre forme tipiche della tradizione siciliana...), e sistemarli su uno strato di farina, per farli asciugare anche per qualche giorno. Colorare i frutti con colori vegetali, lucidarli con gomma arabica sciolta in pochissima acqua.

Il Marsala Il Marsala è un vino liquoroso di Denominazione di Origine Controllata (DOC) prodotto in Sicilia, nel comune di Marsala e nell’intera provincia di Trapani, con esclusione dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. La versione più accreditata sulla nascita del Marsala come vino liquoroso è incentrata sulla figura del commerciante inglese John Woodhouse il quale nel 1773


approdò con la nave su cui viaggiava nel porto di Marsala. Secondo la tradizione, durante la sosta lui ed il resto dell’equipaggio ebbero modo di gustare il vino prodotto nella zona, che veniva invecchiato in botti di legno assumendo un gusto analogo ai vini spagnoli e portoghesi molto diffusi in quel periodo in Inghilterra. In realtà gli inglesi ben conoscevano i vini dell'agro marsalese, in quanto da decenni si fermavano nello specchio d'acqua antistante il porto di Marsala per caricare con l'ausilio di apposite barche a basso pescaggio, detti schifazzi, varie vettovaglie, acqua, viveri e, per l'appunto, i vini. È doveroso ricordare che all'epoca il Mediterraneo era assai frequentato da imbarcazioni inglesi, spagnole e francesi, che si contendevano il predominio di Mare Nostrum: Malta diventò terra inglese nel 1800. Il metodo di invecchiamento utilizzato dalla gente del luogo, denominato in perpetuum, consisteva nel rabboccare le botti che contenevano una parte del vino consumato durante l’anno con il vino di nuova produzione, in maniera da conservarne le caratteristiche. Il vino così trattato piacque a tal punto che Woodhouse decise di imbarcarne una cinquantina di barili, addizionandolo però con acquavite di vino, al fine di elevarne il tenore alcolico e di preservarne le caratteristiche durante il lungo viaggio in mare. Quel vino siciliano poco costoso riscosse in Inghilterra un grande successo, tanto che Woodhouse decise di ritornare in Sicilia e di iniziarne la produzione e la commercializzazione, utilizzando per l’affinamento ilmetodo soleras. Il metodo soleras, già conosciuto in Portogallo ed in Spagna per la produzione rispettivamente del Porto e dello Sherry, consisteva nel disporre delle botti di rovere su alcune file sovrapposte, iniziando a riempire di vino solo le botti più in alto; dopo un anno una parte del vino veniva travasato nelle botti che si trovavano al livello inferiore, e quelle superiori venivano riempite con il nuovo vino, ed il procedimento si ripeteva di anno in anno; in tale maniera il vino che si trovava nelle botti alla base, pronto per il consumo, risultava composto da uve di annate diverse, e di anno in anno si arricchiva di particolari sapori. Nel 1833 l'imprenditore calabrese Vincenzo Florio, iniziò a Marsala la produzione di Marsala in concorrenza con le aziende inglesi, fondando le Cantine Florio. Il Marsala è un vino liquoroso. Durante la fermentazione si effettuano i travasi che favoriscono l’ossidazione del vino; alla fine della fermentazione si procede all’aggiunta di alcol etilico di origine vitivinicola ovvero di acquavite di vino, al fine di elevare il tenore alcolico. Se non vengono effettuate altre aggiunte di componenti, se il vino è stato ottenuto utilizzando solo uve a bacca bianca, e se si sottopone ad un invecchiamento di almeno 5 anni il Marsala si definisce vergine. Se si effettua l’aggiunta della cosiddetta concia, miscele caratteristiche di ogni produttore, composte principalmente da mosto cotto, mosto concentrato o mistella (mosto al quale è stata bloccata la fermentazione mediante l’aggiunta di alcol) al fine


di accrescere le componenti aromatiche e la dolcezza del prodotto finale, il Marsala si definisce conciato. Dopo l'invecchiamento, il Marsala raggiunge la sua compiutezza: una contenuta gradazione alcolica (da 17 a 19% alc/vol.), un profumo intenso, un gusto delicato, un bouquet equilibrato e inconfondibile. In particolare il Marsala può essere "secco", "semi secco" o "dolce" in riferimento al grado zuccherino, e "oro", "ambra" o "rubino" in base al colore. Oltre che per vitigni utilizzati, i vini Marsala si distinguono anche per la durata minima dell'invecchiamento a cui devono obbligatoriamente essere sottoposti: · Fine 1 anno · Superiore 2 anni · Superiore Riserva 4 anni · Vergine 5 anni · Vergine Soleras Stravecchio 10 anni Il Marsala eccelle per la sua versatilità: il tipo Fine a protagonista in cucina nella preparazione di mille e più pietanze; per la mescita, gli intenditori scelgono il Marsala del tipo Superiore o Vergine. E' un inimitabile vino da meditazione ed altrettanto pregevole vino da dessert che accompagna superbamente dolci a base di ricotta o di crema, pasticceria secca, frutta fresca e formaggi. Eccellente aperitivo, quando è servito freddo, il Marsala è, infine, un ingrediente adatto alla preparazione di raffinati cocktail.


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