MASSIMO B AR B E R IS Genovese. Laurea in Scienze della Comunicazione – Facoltà di Sociologia presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Percorso di specializzazione in Marketing e Retail. Master Universitario in Amministrazione Finanza e Controllo conseguito presso ilSole24Ore Business School. Inizia la propria carriera professionale nel settore IT in Vobis Computer SPA per approdare successivamente nel mercato ottico, all’interno del quale ha ricoperto diversi incarichi, dalla Direzione Marketing e Commerciale fino alla Direzione Generale. Ha scritto e pubblicato “Marketing emozionale”, dove esplora i cinque stadi mentali che i consumatori attraversano nel proprio processo di acquisto. Nel 2019 lancia il proprio blog, www.massimobarberis.com, che vuole essere un contenitore di idee e riflessioni sui temi più attuali del marketing e della comunicazione. Nel 2020 pubblica “Le tribù del consumo: da Toro seduto a Steve Jobs” in cui, attraverso un geniale parallelismo tra le tribù dei nativi americani e le neo tribù di consumo governate dai nuovi “guru”, gli ambassador, evidenzia i cambiamenti che governano la società contemporanea.
I NDI CE
Introduzione
1. La “marca” dai sumeri alle tribù di consumo
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La storia della “marca” Brand, prodotto e Tribù Le 3 “F” del brand Brand identity e Brand image Brand reputation e Personal Brand
2. Personal Branding e nuove dinamiche sociali
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Introduzione al Personal branding L’importanza del brand “called you” Personal branding e Marketing tribale Personal branding e posizionamento
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3.
Il Personal Branding pattern come modello metodologico
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Come nasce il PB Pattern Personal Branding Pattern modalità operative Strumenti e metodologie per definire il pattern Comunicazione “molti a molti” e personal branding
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4. Personal Brand e tribù digitale
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La Tribù digitale: l’importanza del social networking per alimentare il brand “chiamato me” Come creare la propria “identità digitale” Strategia, pianificazione e multicanalità le chiavi per il successo Social media Marketing e personal branding
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5. Il Personal Branding: l’Uomo diventa “totem”
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Il caso Elon Musk: il successo di una “visione” Marco Montemagno: una community da 2 milioni di utenti Giovanni Rana: la passione fa la differenza
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6. Il Personal Branding nel mercato dell’Ottica Il settore Ottico in Italia: oggi è tempo di alimentare le tribù Una case history di successo: FORLINI OPTICAL Come affronteranno il futuro le imprese ottiche?
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7. Pensieri sul Personal Branding Fabio Mazzolani - il personal branding nel settore medico oculistico Andrea Milletti - La Marca Propria: l’ opportunità del nuovo millennio Michele Villotti - I “valori” ed il valore della “costanza” nella costruzione del personal branding Angelica Pagnelli - Pensieri sul personal branding Nicola Di Lernia - Pensieri sul personal branding Conclusioni
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Ringraziamenti Bibliografia e Sitografia
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I NTRO DUZI O N E Questo lavoro di ricerca nasce dalla volontà di analizzare l’evoluzione del concetto di marca in relazione ai cambiamenti sociali ed al conseguente modo di comunicare. La volontà degli individui di voler emergere rispetto agli altri e di connotarsi quale elemento di unicità, si ritrova in tutte le culture più antiche del mondo, dai Sumeri alle tribù dei Nativi Americani per finire alle popolazioni del Nord Europa. Ogni individuo, nel rapportarsi con il proprio sistema sociale, di fatto promuove le proprie idee, condivide esperienze e “vende” una parte del proprio sapere con la volontà di differenziarsi rispetto agli altri membri del clan. Stiamo vivendo un cambiamento epocale, le nuove tecnologie della comunicazione hanno creato forme moderne di aggregazione sociale e, dopo decenni di individualismo, stiamo riscoprendo la “piazza” che non è più un luogo fisico, ma un “non luogo” dove ognuno può proiettare una propria rappresentazione di sé. In questo nuovo paradigma, il ruolo dell’immagine ”nella sua accezione più ampia del termine” diventa centrale. Vi sono numerosi segnali di “crisi” della marca: i consumi sono in costante calo, i consumatori sono sempre meno fedeli, in generale assistiamo al fenomeno del nomadismo dei consumi, visto anche il gran numero di prodotti offerti. Le politiche di prezzo e la banalizzazione dell’offerta stanno diventando i principali driver per le scelte di consumo. Queste ragioni portano il brand ad essere l’elemento distintivo sul quale poggiare la strategia d’Impresa. E’ sempre più importante gestire il brand al meglio attraverso un percorso chiaro e coerente da parte dell’organizzazione. Una gestione accurata della marca può portare ad allungare ipoteticamente all’infinito il suo ciclo di vita; i brand più affermati, infatti, non hanno cicli di vita paragonabili a quelli di un brand meno importante. La gestione della marca deve essere coerente con l’evoluzione del mercato; un brand, pur mantenendo una chiara personalità, deve riuscire ad adattarsi ai cambiamenti del mercato di riferimento. 8
Il personal branding è stato accostato per anni alle dinamiche di crescita personale e promozione professionale. Nel mercato moderno, nel quale la “marca” assume connotazioni sia materiali di fisicità che intangibili legate ai propri valori, il concetto di personal branding si è esteso alle politiche aziendali trovando ampia applicazione. Oggi si parla di “umanizzazione del brand” e di come la marca debba diventare sempre più empatica con il proprio target. Sono partito da queste considerazioni per accostare le dinamiche di personal branding a quelle di costruzione, sviluppo, e comunicazione della marca in ambito aziendale. Credo fermamente che, in futuro, il dialogo e l’interazione tra l’audience e le Aziende sarà l’elemento chiave per il successo. Sembrerà a tratti difficile comprendere come trattare la propria azienda ed il proprio brand come “sé stessi”, ma in questa difficoltà vi è l’essenza stessa di questo lavoro di ricerca, analisi e definizione di un approccio metodologico in grado di sostenere lo sviluppo del brand nell’attuale scenario sociale.
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C A P I T OLO 1
LA “MARCA” DAI SUMERI ALLE TRIBù DI CONSUMO
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LA STO RIA DELLA M AR C A Negli anni, il termine “brand” è stato impiegato con diverse accezioni ed esplicitato in modalità assai diverse, tuttavia sempre ricondotte ad argomentazioni comunemente accettate. La comunità internazionale di marketing ne ha fatto spesso un “esercizio di stile”, a tratti dai contenuti sterili in termini sostanziali. In questo contesto ha importanza centrale comprenderne le dinamiche evolutive. Nel 1960, l’American Marketing Association (AMA) definiva il brand come: “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un disegno o una loro combinazione che identifica un prodotto o servizio di un venditore e che lo differenzia da quello del concorrente”. Tale definizione trova ancora oggi riscontro in numerosi testi accademici, anche se poco attuale rispetto alle dinamiche evolutive del sistema sociale e della comunicazione. La storia della marca si può racchiudere in tre periodi storici caratterizzati da cambiamenti talvolta significativi nelle modalità di comunicazione che, in qualche modo, hanno avuto impatto sul sistema sociale: ANNI ‘50 – ‘70: “LA MARCA È SINONIMO DI PRODOTTO” Sono gli anni caratterizzati dalla nascita della televisione e dal boom della ripresa economica. La comunicazione era basata su un modello molto semplice: uno a molti, tipico del medium televisivo. I messaggi venivano “inoculati” ed il destinatario era vittima e soggetto passivo del processo comunicativo. Negli 12
anni ’60-’70 le marche sono state chiamate funzionali ed i prodotti dovevano contribuire alla risoluzione dei problemi. Gli anni ‘70 sono caratterizzati da una situazione economica difficile. Lo scenario competitivo muta ed è caratterizzato da un generale rallentamento del tasso di sviluppo economico, accentuato dalla crisi petrolifera del 1973. La Marca deve proporre un solo beneficio per il consumatore che la concorrenza non offre, o non può offrire, e che deve essere così forte da spingere all’acquisto milioni di consumatori. La promessa deve scaturire dai fatti inerenti al prodotto. La comunicazione deve sostenere le vendite facendo preferire il prodotto. Il brand incarna il prodotto e ne diventa il riferimento. L’esempio più bello ed entusiasmante è certamente quello di boro-talco che da brand diventa nome del prodotto. L’Azienda che lo produce diventa marginale, la marca entra a far parte del quotidiano e trasferisce i valori ed il DNA del prodotto. ANNI ‘80 – PRIMI ANNI 2000: “LA MARCA DEVE EMOZIONARE, PARLA AL CUORE” I brand abbandonano progressivamente la loro connotazione funzionale per diventare sempre più emozionali. Le ricerche sugli stili di vita contribuiscono ad affinare il codice di comunicazione, nascono le prime tecniche di storytelling che dialogano direttamente con il consumatore e adesso la comunicazione comincia a parlare agli individui. Il modello di comunicazione passa dall’“uno a molti” al 13
modello “one to one” (uno a uno). L’Azienda che meglio di altre fa suo questo concetto è sicuramente NIKE che, nel 2012, con lo spot “Find Your Greatness” racconta una storia basata sulla fatica occorsa per raggiungere i propri obiettivi, e di quanto sia importante emergere non per gli altri, ma per sé stessi. La differenziazione avviene sempre più sugli aspetti “soft” dei prodotti e la marca contribuisce in modo determinante a far sì che questo avvenga. DAL 2006 AD OGGI: “LA MARCA È IL NUOVO “TOTEM” DI AGGREGAZIONE” Dal 26 Settembre 2006 chiunque abbia compiuto 13 anni può iscriversi a Facebook. Dal luglio 2007 figura nella classifica dei 10 siti più visitati al mondo ed è il sito numero uno negli Stati Uniti per foto visualizzabili, con oltre 60 milioni di immagini caricate settimanalmente; inizia una nuova era. Oggi siamo nell’era della omnicanalità; il modello di comunicazione è quello del “molti a molti” dove a dialogare non sono più singoli individui, ma interi gruppi sociali. Il concetto di emittente e ricevente ha assunto tratti sfumati, il dialogo avviene in maniera bidirezionale e lo scambio comunicativo si fonda sulla condivisione.
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B RAND, PRO DO TTO E T R IB ù Che ruolo possiamo attribuire al brand nel sistema di comunicazione moderno? Il desiderio da parte dell’Uomo di rendere i propri prodotti e le proprie merci distinguibili, risale all’epoca sumera. Il termine stesso “brand” deriva da un antico termine nordico il cui significato è “bruciare”, poiché fa riferimento alla marchiatura a fuoco dei capi di bestiame. Il concetto di “marchiare” è rimasto vivo nel tempo ed ha assunto connotazioni sempre più importanti e pervasive. La necessità di distinguersi e di poter rendere unico il proprio prodotto non ha solo un’accezione “fisica” legata ai soli contenuti materiali, ma ritrova centralità nel promuovere tutte le caratteristiche identitarie del prodotto e l’insieme“valoriale”che lo contraddistingue. Nel mercato globalizzato, caratterizzato da un sistema di comunicazione molti a molti, la scelta del prodotto è sempre più di frequente dettata non da ciò che è, ma da ciò che rappresenta. Il brand che identifica il prodotto è il “totem” dell’era digitale. Oltre ad avere una “fisicità” ed un’immagine estetica, esso deve racchiudere un insieme di caratteristiche intangibili che affondano le loro radici nella storia e nei valori che il prodotto rappresenta. Risulta emblematica una frase di Jeff Bezos che esprime questo concetto: “Your brand is what other people say about you when you’re not in the room”. Se nel passato, come abbiamo visto, il brand si riferiva ad un prodotto, oggi esso identifica un insieme valoriale che accomuna un gruppo sociale, diventa l’oggetto di condivisione e scambio all’interno della community. Questo modello di consumo e fruizione delle merci ha portato con sé un nuovo paradigma: “consumo per appartenere”. Il processo di cambiamento è irreversibile; il sistema sociale continuerà ad adattarsi all’evoluzione della comunicazione e 15
della tecnologia promuovendo nuove forme di aggregazione e di relazione con i brand. Potremmo definire le nuove tribù di consumo “click and share”; velocità e condivisione sono gli elementi che ne caratterizzano l’appartenenza. Siamo passati dalla lentezza delle storie raccontate attorno al focolare alle nuove piazze virtuali dove, ogni membro della tribù, si trova ad essere il seguace di più totem ed è sottoposto a innumerevoli sollecitazioni. Come fare quindi a far emergere il brand “called you”? E’ evidente che la sovrabbondanza di messaggi, in un sistema di comunicazione dove a scambiarsi l’atto comunicativo sono più gruppi sociali con caratteristiche molto diverse, porti ad una generale omologazione della comunicazione. Chi vuole emergere e fare la differenza deve promuovere il proprio brand cercando di “uscire dal coro” esprimendo la propria unicità. L’obiettivo è quello di tornare ad avere l’efficacia comunicativa delle iscrizioni sumeriche in un mondo globalizzato.
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Le tre “F” de l b r an d Viviamo in un contesto di complessità sociale che ha alimentato il passaggio alle nuove forme di comunicazione, ma rimaniamo tuttavia “ancorati” alla volontà innata di emergere rispetto alla concorrenza. Tale livello di complessità ha modificato radicalmente le pratiche di consumo e di fruizione dei prodotti da parte degli individui. Il brand gioca un ruolo centrale e rappresenta il nuovo “oggetto sociale” attorno al quale si stringono le moderne community, alimentate dalle piazze virtuali che oggi sono rappresentate dalle piattaforme digitali. È fondamentale considerare che Personal Branding non è sinonimo di reputazione, anche se certamente essa rappresenta una parte dell’approccio, ma sarebbe sbagliato farne un tutt’uno. I fattori distintivi determinati a definire una solida strategia di personal branding sono racchiusi nelle 3 “F” del brand:
SAPERE FARE
FARE
FAR SAPERE
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SAPERE FARE: che attiene alle competenze, all’individuare tutti quegli aspetti di unicità che contraddistinguono il mio brand. Spesso mi trovo a dialogare con imprenditori che governano aziende milionarie ed alla domanda: “cosa caratterizza il tuo brand? Cosa sai fare meglio di altri?” Si trovano in grande difficoltà a trovare una risposta coerente alla loro strategia. FARE: che implica il passaggio dalla strategia all’azione. Capacità di pianificazione, analisi dei KPIs, coinvolgimento del team sono le leve principali del “Fare”. La politica di Personal Branding implica la capacità di avere una visione di medio-lungo periodo. Pochi manager riescono a ragionare contemporaneamente sia in maniera strategica sia tattica. L’abilità è racchiusa nella capacità di avere una visione di lungo periodo con obiettivi chiari, misurati da indicatori di performance e, contestualmente, essere in grado di definire le attività tattiche che possano aiutare il brand a conseguire i propri obiettivi. FARE SAPERE: ovvero essere padroni della propria strategia di comunicazione. Questo non significa semplicemente saper comunicare, ma costruire un’impalcatura strategica sulla quale far poggiare tutti i valori dell’Azienda. La comunicazione è come l’acqua: “va a riempire i buchi lasciati dalla relazione”.
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Brand i dent it y e br an d im ag e L’identità di brand è l’insieme degli elementi espressivi utilizzati dall’Azienda per veicolare le credenziali della marca. Gli elementi visivi della marca attengono alla visual identity che è parte della sua identità. L’identità di marca, apparentemente, potrebbe sembrare la risultante di un insieme di azioni sotto il diretto controllo dell’impresa; invece è un processo solo in parte controllabile dall’azienda. L’identità di un brand non è un elemento determinato; l’Azienda si propone al mercato secondo logiche strategiche che sottendono la brand identity, ma saranno i consumatori a recepirne i reali valori sulla base delle loro aspettative. Questo è il motivo che, talvolta, porta ad un disallineamento tra la strategia di impresa ed il percepito dai consumatori. Il brand prende forma attraverso l’azione di diversi soggetti che, nel tempo, interagiscono con l’Azienda: dipendenti, fornitori, azionisti, istituzioni, ecc. Il percepito dai consumatori contribuisce a definire la brand image, anche se questa potrebbe non coincidere con la volontà dell’impresa. L’immagine di marca è una delle tematiche più attuali allo studio della comunità internazionale di marketing e gestione delle imprese, essa fa parte di un profondo processo mentale dei consumatori ed è ciò che si forma nella mente dei destinatari dei messaggi trasmessi dall’azienda. La brand image è relativa ai destinatari del processo comunicativo, si riferisce al modo in cui specifici gruppi sociali percepiscono e decodificano i messaggi che provengono dal brand. Quindi il disallineamento tra identità ed immagine è un problema che molte aziende si trovano a dover fronteggiare, in particolare nell’era del consumatore post-moderno che vive l’esperienza d’acquisto attraverso gli schemi dei nuovi modelli di relazione 19
sociale. Per le imprese non è semplice colmare questo gap ed è determinante riuscire a governare in modo strutturato tale asset. L’identità di marca, che è uno dei temi centrali del personal brand, è un concetto multidimensionale dove ogni elemento interagisce con l’altro per creare un singolo modello espressivo. Le dimensioni più significative, propedeutiche all’applicazione delle logiche di personal brand, sono: • Storia e cultura dell’impresa • I valori tipici del DNA dell’azienda che devono essere trasferiti ai clienti • L’impegno e la promessa che l’Azienda intende fare al mercato • La personalità • La visione a lungo termine
ELEMENTI FISICI
PERSONALITÀ
• Logo a forma di app • App, Y e Lab combinate assieme • The “ideApp company” come pay off
• Appassionato alla continua ricerca di innovazione • Disponibile, rapido ed empatico • Hard- worker • Approccio Data Driver
RELAZIONE
CULTURA
• Co-creazione del progetto • Rapporto diretto e fatto su misura • Informale e basata su fiducia reciproca • Approccio consulenziale in tutto il ciclo di vita dei progetti
• Braindstorming interno alla continua ricerca di innovazione • Struttura organizzativa orizzontale e partecipativa • Smart e remote working • Network ed eventi a tema innovazione e startup
BRAND
IMMAGINE RIFLESSA
IMMAGINE DI SÉ
• Sono persone multitasking e multibusiness • Sono digital addicted • Idealmente sono appassionate e coinvolte nelle loro idee, consapevoli di dover investire in prima persona nei loro progetti
• Sono intraprendente • Sono pieno di idee e ho tanti progetti in mente • Sono una persona che si mette in gioco e azzarda
IMMAGINE RICEVENTE 20
INTERIORIZZAZIONE
ESTERIORIZZAZIONE
IMMAGINE MITTENTE
La brand identity contribuisce in maniera significativa alla costruzione della brand equity, il patrimonio di marca, o valore della marca, che si basa su una serie di attività o passività legate al brand, che impattano sul valore del prodotto o del servizio venduto dall’Azienda e di conseguenza acquistato dai consumatori. Tali attività o passività devono essere necessariamente legate al brand e si possono racchiudere in alcune categorie, unitamente alle già citate brand Image e brand identity: • Brand loyalty: fedeltà alla marca • Brand association: legame emotivo tra le persone e la marca • Brand awareness: notorietà della marca • Brand assets: risorse esclusive della marca (brevetti, marchi registrati, canali distributivi, domini web, piattaforme digitali...ecc) • Customer perception: qualità percepita dai consumatori. Questi elementi costituiscono il patrimonio di marca che genera valore per i clienti ed influenzano le decisioni di acquisto modificandole intimamente. L’atto di acquisto si basa su un profondo rapporto tra costi e benefici nella relazione azienda e cliente. I clienti, oltre all’onere economico, sostengono altre tipologie di costo, talvolta più gravose della mera transazione di denaro. Il costo complessivo per un consumatore è quindi la sommatoria di diversi fattori: COSTI MONETARI: prezzo di acquisto del prodotto, costi di spostamento, consegna ed altre spese sostenute per entrare in possesso del prodotto. Tale costo è quello più tangibile e quantificabile, ma in assoluto non è tra i costi più significativi che ogni individuo è portato a sostenere nel proprio atto di acquisto.
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COSTI FISICO TEMPORALI: energia spesa per acquistare il prodotto e tempo dedicato all’acquisto. I cambiamenti sociali hanno influenzato le modalità di approccio all’acquisto e la “rete” rappresenta il punto di partenza dal quale gli individui iniziano le proprie attività di ricerca. Questa prima fase può richiedere tempo ed energie, oltre ad aumentare le aspettative. Essa rappresenta quindi una parte onerosa del processo di acquisto. COSTI PSICOLOGICI: senso di colpa, vergogna, ansia, rabbia, disappunto e rimorso (conseguenze psicologiche che talvolta accompagnano gli acquisti). Ogni individuo, nel proprio rapporto con l’acquisto di beni o servizi, attraversa cinque stati mentali e sette sfere emotive. Tra queste vi è quella della “paura e del rifiuto”, insita in ognuno di noi. Vi è mai capitato di trovarvi di fronte allo scaffale della TV che avete scrupolosamente cercato in rete ed individuato, e domandarvi: “Sarà proprio il prodotto che fa per me? È il momento di affrontare questa spesa? In fondo la TV che ho attualmente funziona!” COSTI SOCIALI: alcuni acquisti possono determinare la disapprovazione, le critiche altrui o la mancata accettazione da parte del proprio gruppo di appartenenza. Viviamo nella società “click & share”; le logiche di acquistare per appagare un desiderio edonistico sono state soppiantate dal desiderio di possedere uno specifico prodotto perché identifica l’appartenenza al mio gruppo sociale. La buona riuscita dell’atto di acquisto sta nello scambio valoriale con il cliente che ottiene un prodotto o servizio, sostiene un costo complessivo dato dalla sommatoria di tutti i fattori, è soddisfatto perché il valore che riceve è almeno pari al costo sostenuto, ritorna perché l’azienda ha saputo mantenere le proprie promesse, parla bene del brand che avrà un nuovo “ambassador”. 22
Br and re putatio n e Pe r s o n al B r an d Uno degli elementi fondamentali della strategia di Personal Branding è la rilevanza per i propri clienti; tale attributo passa attraverso la capacità della marca di costruirsi una reputazione positiva. L’introduzione delle nuove tecnologie del web 2.0, che nei prossimi capitoli tratteremo nel dettaglio, ha reso più complessa la definizione dell’immagine di brand poiché i consumatori, oltre ad essere fruitori del prodotto, desiderano partecipare alla sua realizzazione. Oggi i consumatori sono integrati nel sistema mediale, dialogano tra di loro in rete e possono facilmente modificare la percezione della marca attraverso i loro pareri; di fatto li potremmo definire “consumAttori”, quindi i veri interpreti della comunicazione di brand. Il brand, oggi, è conseguenza dei “discorsi” tenuti in rete dai soggetti, singoli individui, o più frequentemente community (gruppi sociali), coinvolti nella sua generazione.
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La reputazione di marca, o “brand reputation”, è quindi un elemento chiave nella strategia di personal branding. La brand reputation è il risultato dell’insieme di percezioni, valutazioni ed aspettative che i diversi soggetti che si relazionano con la marca hanno nei suoi confronti; è quindi il risultato di ciò che viene “detto” della marca. Perché è così importante il Personal Branding nella costruzione di una solida brand reputation? Individuare i valori fondanti del brand, che ne connotano la storia ed il DNA, implica giungere alla definizione di una “promessa” per i propri clienti che non dovrà mai essere disattesa, pena la perdita di credibilità e quindi di reputazione. I comportamenti posti in essere da parte dell’Azienda sono determinanti; essi devono essere coerenti alla strategia di comunicazione messa in atto così come, la promessa ai clienti (customer promise), deve essere esplicitata attraverso azioni concrete. La brand reputation quindi è l’elemento centrale nella strategia di comunicazione. Questa centralità nasce dalla sempre minor efficacia dei mezzi di comunicazione tradizionali, mentre una quota rilevante dei consumatori si fida dei suggerimenti che vengono forniti loro dagli altri membri del clan in rete. Vi sono più fattori che contribuiscono alla formazione della brand reputation e sono spesso oggetto di commenti che alimentano dibattiti in rete; tali dibattiti, se ben gestiti, possono costituire un patrimonio strategico per il brand e per l’impresa: QUALITÀ DEI PRODOTTI E DEL SERVIZIO OFFERTO: In un mercato dove la “banalizzazione” incombe su tutte le merci e sulla pressione dei prodotti low-cost, è evidente che la reputazione si costruisce anche sulla proposta di valore del brand, motivo per il quale uno degli elementi del Personal Branding è proprio la “value 24
proposal”. La brand reputation è determinata dalle aspettative che i consumatori hanno nei confronti del prodotto, anche coloro i quali non hanno mai avuto la possibilità di acquistarlo. INNOVAZIONE: La propensione del brand ad adeguarsi ai cambiamenti sociali ed ai relativi bisogni dei consumatori proponendo sempre nuove soluzioni, ne definisce la propria capacità di innovare che diventerà uno degli elementi distintivi della marca e si connoterà nell’immaginario dei consumatori come brand “innovation driven”. LEADERSHIP: La reputazione del brand è sempre condizionata dalla reputazione del proprio leader. L’imprenditore, o l’insieme dei manager dell’Azienda, ha un ruolo chiave nella costruzione della brand reputation. Oggi il confine tra strategia personale e strategia di brand è molto sottile. L’imprenditore è di fatto un brand che talvolta può divenire più forte dello stesso brand aziendale. IMPEGNO SOCIALE: Viviamo nella “green economy” dove è importante che le marche sposino determinate cause e che vi sia un evidente impegno da parte dell’azienda nel sostenere un impegno sociale.
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