Estratto Cheratiti Neurotrofiche

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Nicola Pescosolido Marta Puzzono

LE CHERATITI NEUROTROFICHE

FGE Editore


Nicola Pescosolido - Marta Puzzono

Le cheratiti neurotrofiche

FGE S.r.l.


Copyright 2017 FGE Srl Fabiano Gruppo Editoriale

ISBN: 978-88-97929-59-8 Finito di stampare: Gennaio 2017 Tutti i diritti sono riservati, in particolare il diritto di duplicazione e di diffusione, nonché il diritto di traduzione. Nessuna parte dell’Opera può essere riprodotta in alcuna forma, per fotocopia, microfilm, CD-Rom o altri procedimenti elettronici. Dati, figure, opinioni e affermazioni qui pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli Autori e non dell’Editore. Ogni prodotto menzionato deve essere usato in accordo con la scheda tecnica fornita dalla ditta produttrice.

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Se un uomo parte con delle certezze finirĂ con dei dubbi; ma se si accontenterĂ di iniziare con qualche dubbio, arriverĂ alla fine a qualche certezza. F. Bacone



Introduzione Le fibre nervose corneali esercitano importanti attività trofiche a livello dell’epitelio corneale contribuendo in questo modo al mantenimento della salute della superficie oculare. Fin dai primi studi sperimentali (Magendie, 1824) è stato confermato come la mancata funzionalità dell’innervazione corneale produca una condizione degenerativa conosciuta come cheratite neurotrofica. Si è visto un incremento dell’incidenza di tale patologia con l’avanzare dell’età (Millodot, 1977). Per cheratopatia neurotrofica s’intende quindi una patologia degenerativa corneale caratterizzata da un ritardo dei processi di riparazione ad insorgenza epiteliale, che può evolvere con l’interessamento degli strati corneali profondi, fino alla perforazione. Elemento comune delle diverse tipologie di cheratite neurotrofica, che prenderemo in seguito in esame, è la ridotta o assente sensibilità corneale (ipoestesia corneale), che determina una maggiore suscettibilità dell’epitelio ai traumi e una ridotta capacità riparativa. La riduzione della sensibilità corneale da denervazione può quindi condurre ad una ulcerazione corneale o alla perforazione: tali processi sono dovuti all’interruzione dell’arco riflesso di partenza trigeminale, che comporta una riduzione della lacrimazione, dei riflessi protettivi e dell’ammiccamento. Sembra infatti che i neuroni sensoriali esercitino un’azione trofica sull’epitelio corneale e che siano direttamente coinvolti nel processo di turn-over dell’epitelio corneale attraverso il rilascio di neurotrasmettitori come l’acetilcolina (ACh) e la sostanza P (SP), che hanno entrambi dimostrato di essere in grado di accelerare la proliferazione delle cellule epiteliali.

L’ACh agisce aumentando i livelli citoplasmatici di cGMP, il quale induce un incremento delle mitosi cellulari, mentre la SP sembra avere un ruolo diretto sulla crescita epiteliale, stimolando direttamente la sintesi del DNA. I neurotrasmettitori adrenergici (innervazione simpatica) agiscono invece in senso contrario, aumentando i livelli di cAMP intracellulare e riducendo così il livello di mitosi. La ricerca delle basi molecolari delle cheratopatie neurotrofiche ha inoltre portato alla scoperta della capacità del nerve growth factor (NGF) di promuovere la riepitelizzazione corneale e di migliorare conseguentemente la sensibilità corneale nei pazienti affetti da cheratopatia neurotrofica allo stadio III (Bonini et al.,2000). Alla base di questa patologia vi sono quindi i neuroni che rendono questo tessuto del corpo umano il più innervato. L’architettura del tessuto nervoso corneale umano è stata studiata per mezzo della microscopia ottica ed elettronica (Matsuda, 1968; Schimmelpfennig, 1982; Müller et al., 1996; 1997; Oliveira-Soto e Efron, 2001; Müller et al., 2003). Tuttavia, lo studio dell’architettura del tessuto nervoso corneale, mediante tali metodiche, ha evidenziato diversi limiti intrinseci dovuti al fatto che il materiale prelevato da cadaveri e bulbi oculari denucleati risentivano degli artefatti dovuti alla degenerazione del tessuto nervoso postmortem o ex vivo. Furono proprio Müller e i suoi collaboratori (Müller et al., 1997) a dimostrare ciò, mediante microscopia elettronica su occhi prelevati da cadavere: i nervi sottobasali si deterioravano entro le 13,5 ore dalla morte. 5


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Anche se gli studi ex vivo hanno fornito dati importanti sulla struttura del tessuto nervoso corneale umano, rimane ancora da spiegare l’architettura e la distribuzione delle fibre nervose che costituiscono il plesso sottobasale corneale. Più recentemente, l’impiego della microscopia confocale, che consente di visualizzare il letto nervoso corneale in vivo, ha permesso di approfondire lo studio sia delle cornee sane che di quelle patologiche (Cavanagh et al., 1993; Masters e Thaer, 1994; Auran et al., 1995; Linna et al., 1996; Petroll et al., 1996; Prydal et al., 1997; Moöller-Pedersen et al., 1998; Li et al., 2000; Linna et al., 2000; Rosenberg et al., 2000; Vesaluoma et al., 2000 a, b) e, grazie ai dati ottenuti, sta emergendo un ritratto accurato dei nervi corneali nell’uomo. La microscopia confocale a luce riflessa in vivo è attualmente la metodica più diffusa per analizzare il tessuto nervoso corneale dal punto di vista strutturale (Minsky, 1957; Cavanagh et al., 1990; Petroll et al., 1998; Jester et al., 1999; Tervo e Moilanen, 2003). A causa delle piccole dimensioni, l’innervazione epiteliale non può essere rilevata in modo significativo, mentre i fasci di fibre nervose sottobasali, composti da diversi assoni, circondati dalle cellule di Schwann sono visualizzati piuttosto facilmente (Müller et al., 1996). Per tale motivo questi fasci nervosi sono diventati il principale oggetto di valutazione della densità nervosa corneale attraverso la microscopia confocale (Linna e Tervo, 1997; Linna et al., 1998, 2000; Lee et al., 2001) e inoltre consentono di individuare un’utilissima linea di demarcazione tra l’epitelio e lo strato di Bowman. Adattando l’angolo del microscopio confocale si ricava un’immagine di primo piano della zona

periferica della cornea; è inoltre possibile effettuare una ricostruzione tridimensionale (Masters e Farmer, 1993; Petroll et al., 1998; Cavanagh et al., 2000; Lee et al., 2001), ma purtroppo essa non è sufficientemente accurata per avere una reale valutazione della struttura neuronale periferica. Analogamente, è possibile osservare i sottili fasci di fibre nervose stromali e le loro ramificazioni laterali, che compaiono come linee riflettenti, ma la quantificazione delle stesse è difficoltosa a causa in primis del loro numero piuttosto esiguo e poi anche perché uno stesso fascio può attraversare diverse sezioni ottiche consecutive di 7-10 micron. Non è possibile peraltro osservare i singoli assoni che costituiscono i fasci e molto probabilmente la microscopia confocale non è attualmente in grado di mostrare se le fibre nervose all’interno di tali fasci sono andate perdute o sono soggette a degenerazioni. Nonostante i suddetti limiti, si propone comunque come una tecnica dalla notevole utilità clinica. Lo scopo del lavoro, in sintesi, è quello di fare il punto della situazione sulle cheratiti neurotrofiche considerando l’anatomia della struttura nervosa corneale e le funzioni svolte, le metodiche per lo studio dei nervi, la rigenerazione nervosa post-chirurgica, le patologie associate ad alterazioni dell’innervazione corneale e infine i trattamenti terapeutici per il recupero nervoso. Un aspetto interessante riguarda nuove sostanze utili a ridurre il danno e quindi la percezione dolorosa. Gli Autori sperano che l’opera sia di interesse e di aiuto per il clinico oculista al fine di approfondire questo argomento di importante rilevanza clinica terapeutica. Gli Autori

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Indice Capitolo 1

Anatomia della cornea (brevi cenni)...................................................... 9

Capitolo 2

Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale.................... 11

2.1 Embriologia dell’innervazione corneale (brevi cenni)................. 11

2.2 Distribuzione dei nervi corneali e recettori sensoriali............... 12

2.3 Neurochimica dell’innervazione corneale: neurotrasmettitori, neuropeptidi...................................................... 18 2.3.1 Nervi peptidergici................................................................................................................ 24

2.3.2 Nervi aminergici: monoaminergici, colinergici, aminoacidergici............... 28

2.4 Attivazione dell’innervazione corneale.......................................... 30

Capitolo 3

Metodiche per lo studio dell’innervazione corneale....................... 33

3.1 Metodiche di laboratorio...................................................................... 33

3.2 Metodiche cliniche................................................................................. 34

3.2.1 Microscopia confocale.............................................................................................................. 34

3.2.1.a Confoscan (Nidek)........................................................................................................... 43

3.2.1.b Heidelberg Retina Tomograph II (Heidelberg Engineering)...................... 48

3.2.2 Sensibilità corneale................................................................................................................... 52

3.2.2.a Valutazione clinica della sensibilità corneale................................................. 56

3.2.2.b Sensibilità corneale ed età .................................................................................... 62

Capitolo 4

Le cheratiti neurotrofiche ...................................................................... 69

4.1 Cheratite neurotrofica da infezioni................................................... 70

4.2 Cheratopatie neuroparalitiche............................................................ 71

4.3 Cheratite neurotrofica nella sindrome da disfunzione lacrimale..................................................................... 72 4.3.1 Iperosmolarità lacrimale ....................................................................................................... 88

4.4 Cheratoepiteliopatia da diabete..................................................... 108

4.5 Cheratite neurotrofica da ipovitaminosi A ................................... 121

4.6 Lenti a contatto e cheratite neurotrofica...................................... 121

4.7 Cheratopatie tossiche ........................................................................ 122

4.8 Distrofie corneali e cheratite neurotrofica.................................. 130

4.8.1 Distrofia corneale granulare di tipo I (CDGG I) o distrofia di Groenouw di tipo I OMIM:121900 ............................................................................... 130 4.8.2 Distrofia corneale della membrana di Bowman di tipo I (CDB I) o distrofia corneale di Reis-Buckler’s (RBCD) OMIM: 608470 ............................ 131


4.8.3 Distrofia corneale maculare (MCD) o distrofia corneale di Groenouw di tipo II OMIM: 217800 .......................................................................................................... 132 4.8.4 Distrofia corneale centrale cristallina o distrofia corneale di Schnyder (SCCD) OMIM: 121800 ............................................................................................................. 134 4.8.5 Distrofia corneale reticolata di tipo 2 (CDL2) o amiloidosi di Meretoja o distrofia corneale lattice di tipo 2 (LCD2) o amiloidosi del tipo V o finnico OMIM: 105120 .......................................................................................................... 135

4.9 Cheratite neurotrofica e cheratocono .......................................... 136

4.10 Altre condizioni cliniche causa di cheratite neurotrofica ..... 144

4.10.2 Blefariti ....................................................................................................................................... 148

4.10.3 Lagoftalmo ................................................................................................................................. 151

4.10.4 Ectropion .................................................................................................................................... 151

4.10.5 Entropion .................................................................................................................................... 151

4.10.6 Oftalmopatia distiroidea .................................................................................................... 152

4.10.7 Coloboma palpebrale ........................................................................................................... 155

4.11 Cheratiti neurotrofiche post-chirurgia rifrattiva ....................... 156

4.11.1 Cross-linking ............................................................................................................................. 156

4.11.2 Anelli intracorneali ................................................................................................................. 167

4.10.1 Congiuntiviti allergiche ....................................................................................................... 144

4.11.3 Chirurgia rifrattiva laser della superficie corneale ................................................ 173 4.11.3.a PRK ................................................................................................................................... 174 4.11.3.b LASEK .............................................................................................................................. 181 4.11.3.c Epi-LASIK ...................................................................................................................... 184 4.11.3.d Epi-LASEK ..................................................................................................................... 186 4.11.3.e LASIK ................................................................................................................................ 187 4.11.3.f IntraLASIK o FSL-LASIK ............................................................................................ 192 4.11.4 Chirurgia rifrattiva corneale intrastromale con laser a femtosecondi (ReLEx) .................................................................................. 196 4.11.4.a FLEx ................................................................................................................................... 197 4.11.4.b SMILE (Small Incision Lenticule Extraction) ............................................... 199

4.12 Cheratoplastica perforante ............................................................ 201

4.13 Cheratoplastica lamellare ............................................................... 206

4.13.2 DLEK, DSEK, FS-DSEK, DSAEK, DMEK, UT-DSAEK ........................................................ 212

Capitolo 5

Trattamento delle cheratiti neurotrofiche ....................................... 223

Allegato A

La gabapentina nel dolore neuropatico e nell’infiammazione oculare .............................................................. 237

Il futuro ..................................................................................................... 245

Bibliografia .................................................................................................. 247

4.13.1 DALK .............................................................................................................................................. 207


Capitolo 1 - Anatomia della cornea (brevi cenni)

Capitolo 1

Anatomia della cornea (brevi cenni) La cornea costituisce la porzione anteriore della tunica esterna dell’occhio continuandosi a livello del limbus con la sclera. Rappresenta la struttura con il maggior potere rifrattivo del sistema visivo, avendo un potere diottrico pari all’incirca a 43 diottrie. La superficie anteriore della cornea è ricoperta dal film lacrimale e presenta un diametro orizzontale (12 mm) maggiore di quello verticale (11 mm). La superficie posteriore, endoteliale, è a contatto con l’umor acqueo e presenta un diametro di 11 mm. In senso antero-posteriore presenta cinque strati: epitelio e membrana basale di Bowman, che nel loro insieme costituiscono la limitante esterna, lo stroma, la membrana di Descemet e l’endotelio; questi ultimi due strati costituiscono la limitante interna. L’epitelio corneale consiste di 5-6 strati di tre differenti tipi di cellule: 2-3 strati di cellule epiteliali superficiali, 2-3 strati di cellule a canestro (intermedie) e un singolo strato di cellule basali colonnari. Soltanto le cellule basali che hanno origine da uno strato di cellule limbari profonde hanno attività proliferativa e, suddividendosi, si trasformano in cellule intermedie che migrano verso la superficie come cellule squamose piatte per desquamarsi poi nel film lacrimale in un ciclo che dura circa 7 giorni. Le cellule superficiali sono unite da desmosomi e tight junctions in grado di impedire il passaggio di sostanze attraverso gli spazi intercellulari. La membrana di Bowman è costituita da fibrille collagene immerse in una sostanza amorfa. Lo stroma costituisce circa il 90% dello spes-

sore corneale. Istologicamente si distinguono le lamelle, i cheratociti stromali e la sostanza interfibrillare. Le lamelle sono costituite da fibre collagene (tipo I) disposte parallelamente alla superficie corneale e in piani che si intersecano fra di loro ad angolo retto. Sono immerse in una sostanza fondamentale ricca di proteoglicani. I cheratociti stromali sono fibroblasti modificati che sembrano mantenere una notevole attività mitotica anche se dotati di scarsi organuli citoplasmatici. Le fibre collagene sono sintetizzate e secrete dai cheratociti stromali. La membrana di Descemet presenta una struttura fibrillare di collagene, priva di cellule, con uno spessore di circa 7 μm. L’endotelio è costituito da un singolo strato di cellule di forma esagonale con dei bordi che si giustappongono con interdigitazioni e tight junctions. La superficie posteriore, rivolta in camera anteriore, appare grinzosa con vescicole pinocitosiche, riprova della funzione secretoria e di trasporto attivo di tali cellule. Hanno una bassissima attività mitotica, allargandosi in caso di perdita cellulare per coprire la superficie libera e mantenendo uno stretto contatto con le cellule contigue. La densità cellulare endoteliale risulta maggiore alla nascita e subisce un rapido decremento durante i primi anni di vita; nell’adulto raggiunge valori medi di circa 2700 cellule/mm².

La cornea è un tessuto avascolare; al contrario la zona di transizione tra corna e sclera (limbus) è riccamente vascolarizzata da un’arcata vascolare formata dalle arterie ciliari anteriori rami dell’arte9


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ria oftalmica. Quest’arcata si anastomizza con i vasi della branca facciale dell’arteria carotide esterna. Il glucosio giunge alla cornea per diffusione dall’umor acqueo mentre l’ossigeno è fornito,

principalmente, dal liquido lacrimale e in minor misura per diffusione dall’umor acqueo e dalla circolazione perilimbare e dai vasi tarsali congiuntivali a palpebre chiuse.

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Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Capitolo 2

Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale 2.1 Embriologia dell’innervazione corneale (brevi cenni)

Sempre intorno alla 10a settimana si differenzia anche una zona di transizione corneo-sclerale detta limbus. Al 3° mese di gestazione compaiono filamenti di actina nell’epitelio corneale e di cheratina 3 nelle cellule soprabasali al centro dell’epitelio corneale (Rodrigues et al.,1987); la sintesi della cheratina 3 si estende successivamente in direzione centrifuga fino a raggiungere le cellule soprabasali della regione limbica. Dalla fine del terzo mese, le cellule elettron-dense dello strato superficiale dell’epitelio corneale, ricche in glicogeno e povere in microvilli, diminuiscono in numero per essere sostituite da quelle elettron-chiare, povere in glicogeno, ma ricche in microvilli e microfilamenti. Inoltre, tali cellule superficiali iniziano a formare desmosomi, aderendo così alle cellule epiteliali più profonde. Sempre durante il terzo mese, nello stroma corneale si verifica un aumento nella formazione delle fibrille collagene, preceduto da un riarrangiamento graduale delle fibrille distribuite casualmente tra le cellule stromali e parallele alla superficie corneale. I nervi iniziano a comparire nello stroma proprio in questo periodo. La membrana di Descemet è ormai ben formata e consiste in zone elettron-chiare adiacenti alla membrana basale endoteliale e in zone elettron-dense sul versante stromale. Tra le cellule endoteliali si sono inoltre formate strette giunzioni. Nel 4° mese l’epitelio corneale è costituito da uno strato ectodermico e da un doppio strato peridermico. Lo stroma diventa sempre più compatto e un grande numero di fibre nervose è presente sotto la membrana di Bowman. La membrana di Descemet si addensa e l’endotelio risulta compo-

Nell’8a settimana di sviluppo la cornea umana può essere considerata ormai determinata e quindi indipendente dal cristallino per il mantenimento della trasparenza; inoltre l’epitelio corneale non potrà più essere trasformato in epidermide. È in questo secondo mese di gestazione che i nervi ciliari raggiungono la vescicola ottica. Alla 10a settimana, corrispondente ad un embrione di 45 mm, si riscontra la formazione della membrana di Descemet e dell’endotelio, formato da un doppio strato di cellule cuboidali. Sono proprio queste ultime cellule che danno inizio alla formazione della membrana di Descemet. Lo stroma in questo periodo è costituito da 5-8 file di cellule e da fibre collagene. Ben-Zvi et al. (1986) e Jakobiec e Tannenbaum (1980), studiando la comparsa dei vari tipi di collagene durante lo sviluppo corneale umano, hanno osservato che, alla 10a settimana, sono già comparsi il collagene di tipo I, III, IV e V. I tipi I e V sono presenti nello stroma e a livello del limbus, il tipo III nello stroma, a livello della membrana basale dell’epitelio corneale e nella membrana di Descemet, mentre il tipo IV solo a livello della membrana basale dell’epitelio corneale. Il collagene di tipo VII, un costituente delle fibre di ancoraggio della membrana basale dell’epitelio corneale, compare invece a livello della congiuntiva tarsale alla fine della 7a settimana, per poi estendersi lentamente verso il centro della cornea dalla 12a settimana (Tisdale et al.,1988). 11


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sto da cellule in attività mitotica, piccole, pleomorfe e dense (Sen et al.,1983). Durante il 5° mese continua nell’epitelio corneale la diminuzione numerica delle cellule elettron-dense, ricche in glicogeno e quindi l’aumento di quelle elettron-chiare, povere in glicogeno. Inoltre, le fibre nervose attraversano la membrana di Bowman e raggiungono l’epitelio. Al 6° mese l’epitelio è ormai composto da 3-4 strati e sintetizza un’altra cheratina specifica della cornea: la cheratina 12. La membrana di Bowman è ben formata e i cheratan-solfati compaiono nella sostanza fondamentale (Rodrigues et al.,1987). La membrana di Descemet continua a serrarsi e lo stesso accade tra le cellule dell’endotelio corneale. A partire dal sesto mese si verifica un aumento progressivo delle fibre nervose, che si ramificano notevolmente sia a livello dello stroma che a livello epiteliale. Al 7° mese la cornea è ormai ben sviluppata: l’epitelio è costituito da 4-5 strati, la membrana di Bowman è ben formata e il cheratan-solfato aumenterà in concentrazione, diventando il principale glicosaminoglicano della cornea neonatale. Inoltre, le fibre nervose formano un sottile plesso in tutta la struttura. All’8° mese, la cornea ha ormai raggiunto un diametro di circa 9,3 mm e in essa è possibile identificare 5 plessi nervosi: il plesso paramarginale superficiale, stromale, sottoepiteliale, sottobasale e quello intraepiteliale.

Figura 1. Distribuzione radiale dei fasci di fibre nervose stromali nella cornea (da Maurice, 1984).

2.2 Distribuzione dei nervi corneali e recettori sensoriali

Figura 2. A) Distribuzione schematica delle fibre nervose nello stroma e nel fascio sottobasale della cornea (da Maurice, 1984). Nell’apice le fibre scorrono principalmente nella direzione 6-12, 5-11, 7-1; B) Schema dell’organizzazione del fascio nervoso sottobasale (da Müller et al., 1996). Nell’apice i fasci nervosi mostrano un orientamento preferenziale nella direzione superiore-inferiore e nell’area circostante tendono ad essere orientati nella direzione nasale-temporale, È stato calcolato che nell’apice corneale umano ci sono approssimativamente 7000 nocicettori per mm2.

L’architettura dei nervi corneali è stata ampiamente studiata nel passato mediante l’utilizzo della microscopia ottica (Martinez,1940; Rozsa e Beuerman,1982; Schimmelpfennig e Beuerman,1982) ed elettronica (Tervo e Palkama,1978a; Beckers et al.,1992;1993;Müller et al., 1996;1997). Tutte le cornee dei mammiferi evidenziano 12


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 3. Modello tridimensionale della penetrazione e distribuzione delle fibre stromali nel plesso sub basale. I fasci di fibre non mielinizzate (blu) si biforcano quasi ad angolo retto e consistono di un certo numero di fibre dirette (rosso) e a “rosario” (verde) (da Linda et al., 1997).

soprattutto fibre nervose di tipo sensitivo a cui segue anche un’innervazione simpatica, proveniente dal ganglio cervicale superiore. La densità di tale innervazione differisce notevolmente tra le varie specie di mammiferi: nel coniglio (Rozsa e Beuerman,1982; Marfurt et al.,1989) e nel gatto (de Castro et al.,1998; Felipe et al.,1999) essa è pari al 10-15% rispetto a quella totale, mentre nei primati, tra cui l’uomo, tale percentuale è più bassa. Nei mammiferi, ad eccezione del coniglio e del gatto, esiste un’innervazione autonoma parasimpatica non connessa con un ramo parasimpatico del nervo facciale (vedi avanti). Le fibre sensoriali corneali originano dai nervi ciliari lunghi, provenienti dal ramo naso-ciliare della branca oftalmica del V paio dei nervi cranici. All’altezza del limbus questi nervi formano un plesso anulare (plesso paramarginale), dal quale

partono dei fascetti nervosi che penetrano nello strato profondo dello stroma in modo radiale (Rozsa e Beuerman, 1982; Maurice, 1984) o molto più probabilmente a livello della regione nasale e temporale (plesso stromale) (Auran et al.,1995); tali fascetti perdono il perinevrio e il rivestimento mielinico a livello del limbus, per poi proseguire in direzione centrale, circondati soltanto da una guaina costituita dalle cellule di Schwann (Figure 1 e 2) . Al di sotto della membrana di Bowman costituiscono il plesso sottoepiteliale e dopo aver attraversato ad angolo retto tutto lo spessore della membrana di Bowman cambiano bruscamente direzione, nuovamente ad angolo retto, continuando parallelamente alla superficie corneale per dare vita al plesso nervoso sottobasale (Martinez, 1940; Müller et al., 1996) (Fig 3). Quest’ultimo è localizzato tra la membrana di Bowman e l’e13


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pitelio basale (Schimmelpfennig 1982; Müller et al. 1996;2003) e da esso dipartono verticalmente singole fibre nervose che raggiungono l’epitelio corneale superficiale, dove terminano il loro percorso come terminazioni nervose libere (plesso intraepiteliale) che risalgono l’epitelio e arrivano nello strato delle cellule a canestro (Figure 4 e 5). La maggior parte delle fibre nervose stromali è localizzata nel terzo anteriore dello stroma: nella cornea umana i sottili filamenti nervosi stromali muovono dalla periferia verso il centro grazie alla presenza di lamelle collagene finemente organizzate (Müller et al., 2001; Radner e Mallinger, 2002). Il plesso sottobasale, localizzato a livello della zona più bassa dello strato basale dell’epitelio (al

Figura 4. Schema della struttura delle fibre nervose nel plesso sottobasale contenente una popolazione mista di fibre rettilinee e a corona di rosario (da Müller et al., 2003).

Figura 5. A) Visione tangenziale del fascio nervoso stromale (Barra: 2 μm); B) Fibre nervose nel plesso sottobasale decorrenti tra le cellule basali epiteliali (Barra: 2 μm); C) Terminazioni nervose tra le cellule epiteliali contenenti granuli chiari (asterisco) e densi (freccia) (Barra: 1 μm); D) Fibre nervose nel plesso sottobasale decorrenti tra le cellule basali epiteliali (Barra: 2 μm) (da Müller et al., 2003). 14


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 6. A) Microfotografia a luce tangenziale di una singola fibra a corona di rosario nel plesso sottobasale (Barra: 0-0,5 μm); B) Microfotografia a trasmissione elettronica di due singole fibre a sezione incrociata in un piano perpendicolare all’orientamento dei fasci di fibre nervose come mostrato in A (Barra: 1 μm); C) Un ingrandimento maggiore di 11B. Da notare i mitocondri (M) delle fibre nervose (Barra: 1 μm); D) Una fibra nervosa mielinica (sinistra) (My) e amielinica (destra) nell’area limbare (S = Cellule di Schwann) (Barra: 25 μm) (da Müller et al., 2003).

di sotto dei nuclei delle cellule basali) è formato da fasci di fibre e da fibre singole. I fasci sono costituiti da 4-6 fibre di due differenti tipi (dritte e imperlate o “a rosario”), mentre le fibre singole sono rappresentate soltanto dal tipo imperlato (Lambiase et al., 1998) (Figura 6). Le aree rigonfie (beads) che caratterizzano le fibre “a rosario” contengono un’alta densità di mitocondri. Il diametro delle fibre nervose singole del plesso sottobasale varia tra 0,05 e 2,5 micron e la maggior parte è compresa tra 0,1 e 0,5 micron. Patel e McGhee (2005) hanno elaborato una ricostruzione bidimensionale dei plessi nervosi sottobasali corneali per mezzo della microscopia confocale. Nel 2010 Al-Aqaba et al. hanno approfondito

lo studio dell’anatomia dell’innervazione corneale sottobasale utilizzando cornee trattate per la presenza dell’enzima acetilcolinesterasi mediante la tecnica di Karnovsky & Roots (Karnovsky & Roots,1964). Il campione era costituito da 12 cornee umane sane ottenute da 7 pazienti deceduti, 2 bottoni corneo-sclerali e 2 bordi corneo-sclerali ottenuti da una banca degli occhi e 5 campioni post-operatori da 3 pazienti con cheratocono. Mediante tale colorazione hanno così dimostrato che i nervi sottobasali AchE+ sono visibili come strutture lineari presenti negli strati corneali superficiali che di frequente si biforcano ad Y per poi unirsi con altri rami e contengono inoltre strutture granulari intensamente colorate. Tali nervi originano dal plesso nervoso localizzato al 15


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di sotto della membrana di Bowman e penetrano attraverso quest’ultima perpendicolarmente, dando così vita al plesso sottobasale. Alcuni dei nervi di maggior diametro si dividono in 2 o più rami proprio poco prima di attraversare la membrana di Bowman, creando il cosiddetto pattern “budding and brunching”, che letteralmente significa “che nasce e si ramifica”. La nuova importante scoperta riguarda la localizzazione dei siti di perforazione della membrana di Bowman. Tali siti sono preferenzialmente situati nella cornea medio-periferica, mentre sono scarsi a livello della cornea centrale e periferica. È in corrispondenza di tali siti che si identificano le strutture a forma di bulbo intensamente colorate sopra citate; da esse originano i nervi sottobasali, la cui direzione è verticale. I nervi sottobasali di ogni quadrante convergono successivamente verso il centro della cornea formando una spirale, il cui verso di rotazione è orario. Hanno inoltre osservato che i nervi penetrano a livello del limbus a differenti livelli, prevalentemente nello stroma medio e profondo e che il numero medio dei nervi limbari che entrano in ciascun quadrante è pari a 11,00 per il quadrante superiore, 9,43 per quello mediale, 11,43 per quello inferiore e 11,86 per quello laterale, per un totale di 43,72 fibre nervose AchE+ distribuite quasi uniformemente attorno al limbus. Contrariamente a quanto dimostrato da alcuni autori (Donnenfeld et al., 2003; Lee e Joo, 2003), non è stato quindi dimostrato che i nervi entrano prevalentemente in siti corrispondenti alle ore 3 e alle ore 9. Il plesso intraepiteliale contiene fibre nervose singole o fasci di fibre che protrudono tra cellule basali adiacenti, dalle quali rimangono separate grazie alle membrane. In questi strati è stata riscontrata la stessa distribuzione delle fibre nervose nell’epitelio nella cornea verticillata e nelle cheratopatie tossiche (Bron, 1973); tutto questo suggerisce una migrazione centripeta contemporanea (in tandem) delle cellule epiteliali e dei nervi corneali (Patel e McGhee, 2005).

Studi istologici effettuati su cornee umane hanno mostrato come i fasci dei nervi epiteliali siano orientati perpendicolarmente alla superficie corneale (Schimmelpfenning, 1982); questo prospetta che se c’è uno scivolamento epiteliale centripeto le fibre nervose e le cellule epiteliali devono muoversi nella stessa direzione e alla stessa velocità. È stato possibile notare come i fasci di fibre nervose formino un vortice in senso orario convergendo in un’ area posta 1-2 mm rispetto all’apice corneale. Al di fuori di quest’ area i fasci di fibre nervose presentano un andamento radiale. Inoltre, è stato possibile osservare una più alta densità di fibre nervose a livello della zona inferocentrale rispetto a quella osservata a livello della cornea centrale. Stachs et al. (2007) hanno studiato mediante microscopia confocale i nervi corneali ricostruendo poi digitalmente l’architettura neuronale nello strato epiteliale in 3D utilizzando AMIRA 3.1 (TGS Inc., USA). Questi Autori hanno potuto così dimostrare la relazione anatomica dei nervi corneali anteriori sia con l’epitelio che con la membrana di Bowman. Le ricostruzioni in 3D (dello spessore corneale di 40μm) mostrano densi fasci nervosi dal diametro di 12±2 μm che risalgono verso l’alto dallo stroma più profondo; oltrepassata la membrana di Bowman i nervi si dividono dando fibre parallele alla membrana di Bowman parzialmente interconnesse tra loro. Si dovrà dimostrare come il diametro delle fibre nervose dipenda anche dalla posizione (centro vs periferia), ma per questo saranno necessari ulteriori studi. Descritta la disposizione delle fibre nervose riportiamo come si possono distinguere a livello corneale tre tipi di recettori sensoriali: – Meccanocettori, i quali rispondono ad intense deformazioni meccaniche, come compressione o stiramento del recettore o dei tessuti adiacenti al recettore stesso (Figura 7); 16


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 8. Cancello chiuso: la fibra Aβ stimola l’interneurone inibitorio con blocco della trasmissione dell’impulso dolorifico al cervello.

Figura 7. Fibre sensoriali che innervano la superficie oculare. Nella parte alta della figura sono rappresentate le diverse attività delle fibre nervose sensitive in risposta a differenti tipologie di stimoli. In basso, la schematica rappresentazione del segmento anteriore dell’occhio mostra la localizzazione e l’area di ricezione delle diverse fibre nervose sensoriali (da Belmonte et al., 2004).

– Termocettori, che rispondono nella cornea solo ad una diminuzione della temperatura; – Nocicettori polimodali, i quali si attivano in seguito a stimoli dolorosi di diversa natura (meccanici, termici, chimici) e sono in maggior numero. I nocicettori sono terminazioni libere, ma specializzate, di fibre nervose di piccolo diametro. In generale, nell’ambito dei nocicettori si possono differenziare fibre mieliniche e di maggior taglio (1-5 μm;5-30 m/sec) o A-δ, deputate alla conduzione del dolore immediato e degli input più veloci e fibre amieliniche o fibre C (0,2-2 μm;0,5-2 m/ sec) deputate a veicolare il dolore ritardato (Figure 8, 9). La struttura istologica delle fibre nervose corneali porterebbe a classificarle principalmente come fibre C nella zona centrale e centrale-periferica mentre alla periferia la variabilità delle dimensioni

Figura 9. Cancello aperto: la fibra C blocca l’azione inibitoria dell’interneurone e il segnale doloroso è libero di passare.

delle fibre nervose non consente di discriminare tra fibre C e fibre A-δ. L’interruzione delle fibre afferenti a qualunque livello determinerà una riduzione della sensibilità della superficie oculare e mancanza per il tessuto innervato dell’effetto primario neurotrofico. I meccanismi attraverso i quali le fibre nervose corneali assicurano l’integrità della cornea e ne 17


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promuovono la rigenerazione a seguito di lesioni oculari sono attualmente oggetto di ricerca in molti laboratori. I risultati di studi di colture in vitro suggeriscono che i neuroni e le cellule epiteliali corneali si supportano vicendevolmente nell’attività trofica, attraverso il rilascio di sostanze solubili. Ad esempio, i neuroni trigeminali rilasciano i fattori diffusibili (neurotrasmettitori e neuropeptidi) (vedi avanti) che stimolano la crescita delle cellule epiteliali corneali, la proliferazione, la differenziazione e la produzione di collagene di tipo VII (Baker et al., 1993; Garcia-Hirschfeld et al., 1994). È sempre più chiaro che i fattori trofici neuroderivati esercitano un’azione combinata nei processi di trofismo e di modulazione e che, quando vengono rilasciati dai nervi corneali in condizioni basali normali, stimolano le cellule epiteliali corneali, azione questa che è parte del naturale processo di mantenimento e di rinnovamento fisiologico dei tessuti. Le cellule corneali epiteliali, a loro volta, rilasciano fattori solubili (NGF; GDNF) che promuovono la crescita e la sopravvivenza dei neuroni (Chan e Haschke, 1981, 1982; Emoto e Beuerman, 1987). Anche i cheratociti dello stroma corneale producono neurotrofine (Lambiase et al., 2000; You et al., 2000), tuttavia la loro influenza sul trofismo cellulare rimane ancora da chiarire. È interessante sottolineare come le neurotrofine rilasciate invece dai cheratociti della cute sono molto importanti nel mantenimento e nella riparazione delle fibre nervose della pelle (Ansel et al., 1996) e che i neuropeptidi rilasciati dai nervi sensitivi cutanei modulano la produzione delle neurotrofine nei cheratociti (Burbach et al., 2001). Il movimento meccanico delle palpebre sulla cornea durante l’ammiccamento, così come la disidratazione della superficie oculare spesso, con molta probabilità, rappresentano uno stimolo adeguato per indurre il rilascio dei fattori neuronali. Nel film lacrimale, inoltre, sono contenute altre sostanze dotate di attività neurotrofica, in una con-

centrazione atta al mantenimento della normale superficie oculare e provengono dalla congiuntiva, dalla ghiandola lacrimale e dalle ghiandole accessorie orbitali e palpebrali. Nell’occhio sano i piccoli insulti alla superficie oculare vengono rapidamente riparati grazie all’azione trofica continua operata dal film lacrimale (Stern et al., 1998; Mathers et al., 2000). È per queste ragioni che i pazienti che soffrono di uno squilibrio nella innervazione corneale dovuto a cheratite erpetica, diabete, uso prolungato e scorretto delle lenti a contatto, età avanzata o sono stati sottoposti a procedure di chirurgia rifrattiva, sono soggetti ad alto rischio di cheratite neurotrofica, la quale a sua volta rappresenta la condizione favorente per un ulteriore danno al supporto neurotrofico dei nervi corneali stessi (Yamada et al., 2000).

2.3 Neurochimica dell’innervazione corneale: neurotrasmettitori, neuropeptidi I neurotrasmettitori, caratterizzati da basso peso molecolare e azione rapida (Tabella 1), sono sostanze responsabili della maggior parte delle risposte immediate del sistema nervoso, come la trasmissione di segnali sensoriali al cervello e di comandi motori ai muscoli. I neuropeptidi (Tabella 2), invece, sono di solito responsabili di effetti più prolungati, come le modifiche a lungo termine del numero di recettori, chiusura o apertura prolungata di certi canali ionici e ,forse, anche variazioni a lungo termine del numero o delle dimensioni delle sinapsi.

La maggior parte dei neurotrasmettitori a basso peso molecolare a rapida azione vengono sintetizzati direttamente nel citoplasma della terminazione presinaptica e, successivamente, mediante trasporto

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Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Neurotrasmettitori, trasmettitori a basso peso molecolare e azione rapida

Neuropeptidi, trasmettitori ad azione lenta o fattori di crescita

Classe I

Calcitonina

Acetilcolina

Ormoni ipotalamici

Classe II: Amine

Ormone liberante la tireotropina

Noradrenalina

Ormone liberante l’ormone luteinizzante

Adrenalina

Somatostatina (fattore inibitore dell’ormone della

Dopamina

crescita)

Serotonina

Peptici ipofisari

Istamina

Ormone adenocorticotropo (ACTH)

Classe III: Aminoacidi

Β-endorfina

Acido gamma-aminobutirrico (GABA)

Ormoneα-melanocito-stimolante

Glicine

Prolattina

Glutammato

Ormone luteinizzante

Aspartato

Tireotropina

Classe IV

Ormone della crescita

Ossido nitrico (NO)

Vasopressina Ossitocina

Tabella 1. Classificazione dei neurotrasmettitori: Acetilcolina; Amine (amminoacidi modificati); Aminoacidi (acidi contenenti un gruppo amminico); Gas solubili (in particolare ossido nitrico).

Peptici attivi sull’apparato gastrointestinale e sul cervello Leucina-encefalina Metionina-encefalina Sostanza P

attivo, vengono trasportati all’interno delle numerose vescicole presenti nel terminale sinaptico. Le vescicole contenenti i neurotrasmettitori sono piccole e raggruppate nella terminazione a livello delle cosiddette zone attive. Quando la depolarizzazione, dipendente dell’apertura dei canali Na+ voltaggio-dipendenti, giunge a livello della terminazione nervosa si aprono i canali per il Ca2+ voltaggio-dipendenti e così l’ingresso di calcio nella terminazione comporta così l’esocitosi calcio-mediata delle vescicole contenenti i neurotrasmettitori. Poiché le vescicole sono raggruppate nelle zone attive, l’aumento della concentrazione del Ca2+ sarà localizzato. Esistono tre meccanismi deputati allo smaltimento dei neurotrasmettitori: – La diffusione lontano dalla fessura sinaptica, adatta per tutti i tipi di neurotrasmettitori – La degradazione enzimatica – La riassunzione da parte della terminazione presinaptica.

Gastrina Colecistochinina Polipeptide intestinale vasoattivo (VIP) Fattore di crescita nervosa (NGF) Fattore neurotrofico encefalo-derivato Neurotensina Insulina Glucagone

Peptidi da altri tessuti Angiotensina II Bradichinina Carnosina Peptidi del sonno

Tabella 2. Classificazione dei neuropeptidi: Ormoni ipotalamici; Peptidi ipofisari; Peptidi attivi sull’apparato gastrointestinale e sul cervello; Peptidi da altri tessuti.

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Figura 10. Sintesi e liberazione dell’acetilcolina dal neurone colinergico (AcCoA = Acetil CoA) (da Howland e Mycek, 2007).

Un tipico trasmettitore a basso peso molecolare è l’acetilcolina (ACh) . Essa viene sintetizzata nel terminale sinaptico a partire da acetil-coenzima A (Acetil-CoA) e colina, in presenza dell’enzima colina acetiltransferasi (CAT). Successivamente essa viene trasportata all’interno delle sue specifiche vescicole. Una volta liberata da queste nella fessura sinaptica, durante la trasmissione del segnale, l’acetilcolina viene rapidamente scissa di nuovo in acetato e colina a opera dell’enzima acetil-colinesterasi (AChE) , che si trova legato al reticolo di proteoglicani che occupano la fessura sinaptica. Quindi, le vescicole vengono nuovamente riciclate e anche la colina viene riportata all’interno

del terminale presinaptico, con un meccanismo di trasporto attivo, per essere riutilizzata per la sintesi di nuova acetilcolina (Figura10). L’aminoacido tirosina è il precursore di tre diversi neurotrasmettitori aminici che assumono collettivamente il nome di catecolamine. Tali neurotrasmettitori sono: la dopamina, la noradrenalina e l’adrenalina. Tutti i neuroni catecolaminergici contengono l’enzima tirosin-idrossilasi, che catalizza la prima fase della sintesi catecolaminergica (Figura 11), cioè la conversione di tirosina in un composto denominato DOPA (L-diidrossifenilalanina); l’azione dell’enzima consiste nell’attivare il processo di limitazione per la sintesi delle cate20


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 11. Sintesi e liberazione della noradrenalina dal neurone adrenergico (MAO = monoaminossidasi) (da Howland e Mycek, 2007).

laminaN-metiltransferasi che trasforma la noradrenalina in adrenalina. Tale enzima è presente nel citosol dei terminali assonici adrenergici così che la noradrenalina deve essere prima sintetizzata nelle vescicole, rilasciata nel citosol per essere convertita in adrenalina e infine l’adrenalina viene nuovamente trasportata nelle vescicole per essere rilasciata. L’attività delle catecolamine nella fessura sinaptica termina con la ricaptazione selettiva dello stesso neurotrasmettore nel terminale assonico per mezzo di trasportatori Na+-dipendenti. Una volta all’interno del terminale assonico, le catecolamine possono essere reinserite nelle vescicole sinaptiche e usate di nuovo, oppure possono

colamine. L’enzima DOPA-decarbossilasi trasforma la DOPA in dopamina. Tale enzima è presente in gran quantità nei neuroni catecolaminergici, di conseguenza la quantità di dopamina sintetizzata dipende soprattutto dalla quantità disponibile di DOPA. I neuroni che usano la noradrenalina quale neurotrasmettitore contengono inoltre l’enzima dopamina β-idrossilasi che trasforma la dopamina in noradrenalina (NA). Tale enzima non si trova nel citosol bensì nelle vescicole sinaptiche. Perciò, nei terminali assonici noradrenegici la dopamina viene trasportata dal citosol alle vescicole sinaptiche e li si trasforma in noradrenalina. I neuroni adrenergici contengono l’enzima fento21


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per gli effetti generalmente lenti, ma anche per altri aspetti. I neuropeptidi non vengono sintetizzati direttamente nel citosol delle terminazioni nervose presinaptiche, ma a livello dei ribosomi del soma neuronale come parti di grosse molecole proteiche dette poliproteine ed infatti la loro sintesi richiede la formazione di legami peptidici che avviene proprio a livello dei ribosomi. Tali proteine vengono immediatamente trasportate all’interno del reticolo endoplasmatico e poi all’interno dell’apparato di Golgi, dove avvengono i due seguenti cambiamenti: dapprima, la proteina da cui originererà il neuropeptide viene scissa enzimaticamente in frammenti più piccoli, alcuni dei quali costituiscono il neuropeptide come tale oppure un suo precursore (Figura 14) e successivamente,l’apparato di Golgi impacchetta il neuropeptide in grandi vescicole a centro denso, che vengono liberate nel citoplasma. Dal corpo neuronale esse vengono poi trasportate fino alle estremità delle terminazioni nervose mediante flusso assonale anterogrado, ad una velocità assai bassa, di soli pochi centimetri al giorno. Infine, all’arrivo di un potenziale d’azione, tali vescicole liberano il loro contenuto nella fessura sinaptica e l’aumento della concentrazione del Ca2+ necessaria per l’esocitosi calcio-mediata delle vescicole contenenti neuropeptidi è di tipo generalizzato. La lentezza dello smaltimento è probabilmente la causa della lunga durata dei loro effetti. Per quanto riguarda i neuropeptidi, si pensa che gli unici meccanismi responsabili dello smaltimento siano la diffusione e l’idrolisi enzimatica operata da peptidasi extracellulari. Le vescicole dei neuropeptidi, a differenza delle vescicole contenenti i neurotrasmettitori a basso peso molecolare, subiscono un processo di autolisi e non possono essere riutilizzate. I piccoli peptidi in genere interagiscono con recettori accoppiati alle proteine G (Figura 15) oppure con recettori accoppiati alle tirosin-chinasi (Figura 16).

Figura 12. La terminazione noradrenergica, l’azione della NA sui recettori e i secondi messaggeri che mediano gli effetti dei recettori α-adrenergici (DAG = diacilglicerolo; IP3 = inositolo trifosfato) (da Howland e Mycek, 2007).

essere degradate attraverso l’attività di un enzima chiamato monoaminoossidasi (MAO), che si trova nella membrana esterna dei mitocondri. Questo sistema è diverso da quello dell’acetilcolina che è solo metabolizzata (Figure 11-13). I neuropeptidi sono, invece, un gruppo di trasmettitori del tutto diversi da quelli appena descritti, sia per le differenti modalità di sintesi, sia 22


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 13. Un sistema di secondi messaggeri accoppiato alle proteine G: il sistema della fosfolipasi C (da Silverthorn,2007).

Figura 14. Proopiomelanocortina, un precursore proteico che può dare vita per proteolisi a vari peptidi (MSH = ormone stimolante i melanociti) (da Silverthorn, 2007). 23


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Figura 15. Un altro sistema di secondi messaggeri accoppiato alle proteine G: il sistema dell’adenilato ciclasi-AMPc (da Silverthorn, 2007).

ri sono rapidi e protratti nel tempo. Per quanto riguarda i neuropeptidi, invece, una volta avvenuta la loro liberazione, è necessario che nuove molecole arrivino dal corpo cellulare (dove sono state sintetizzate a livello dei ribosomi) prima che la liberazione possa riprendere, perciò i processi di liberazione dei neuropeptidi sono più lenti.

2.3.1 Nervi peptidergici Le fibre nervose sensoriali della cornea rilasciano molte sostanze biologicamente attive. Un numero elevato di tali fibre contiene neuropeptidi quali la sostanza P (SP) o tachichinina e/o un peptide gene-correlato alla calcitonina (CGRP) (Tervo et al., 1982; Stone e Kuwayama, 1985; Stone e Mc Glinn, 1988; Ueda et al., 1989; Jones e Marfurt, 1991; Beckers et al., 1993; Jones e Marfurt, 1998; Felipe et al., 1999; Marfurt et al., 2001; Müller e

Figura 16. Un recettore legato alla tirosina chinasi (TK) (da Silverthorn, 2007).

In conclusione, poiché le vescicole contenenti neurotrasmettitori possono essere facilmente ricaricate con nuovi neurotrasmettitori sintetizzati direttamente a livello della terminazione nervosa, i processi di liberazione dei neurotrasmettito24


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

Figura 17. Neurochimica dell’innervazione corneale e vie attraverso le quali i mediatori chimici raggiungono la cornea (da Müller et al., 2003).

Klooster, 2001). Molti nervi corneali contengono anche un peptide attivatore della adenilatociclasi pituitaria (PACAP), un neuropeptide con una stretta analogia strutturale con il peptide vasoattivo intestinale (VIP) (Sasaoka et al., 1984; Stone, 1986; Moller et al., 1993; Wang et al., 1995). Altri nervi corneali rilasciano galanina (Stone e Mc Glinn, 1988; Jones e Marfurt, 1998). Nei roditori è ormai chiaro che i nervi che rilasciano galanina sono distinti da quelli che rilasciano SP e CGRP (Strömberg et al., 1987). Nella cornea sono stati inoltre evidenziati altri neuropeptidi (metodo immunoistochimico e radioimmunologico) quali la colecistochinina, il peptide natriuretico cerebrale, la vasopressina, la neurotensina, la beta-endorfina e le neurotrofine, come il nerve growth factor, il fattore neurotrofico ciliare (CNTF), il fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali (GDNF) e i recettori dopaminergici

(Cavanagh e Colley, 1982; Palkama et al., 1986; Too et al., 1989; Yamamoto et al., 1991; Jones e Marfurt, 1996; Murphy et al., 1998; Cavallotti et al., 1999; Lee et al., 2001; Koh, 2002); la percentuale di queste ultime sostanze e la localizzazione nei nervi sensitivi o autonomi rimangono ancora poco conosciuti (Figura 17; Tabella 3). I peptidi (residui aminoacidici < 50) superano di gran lunga come mediatori le sostanze non peptidiche e si trovano di frequente come co-trasmettitori. Tra i neuropeptidi focalizziamo l’attenzione sulla sostanza P (SP) e sul peptide gene-correlato alla calcitonina (CGRP). Da molteplici studi emerge l’importanza della SP nella rigenerazione e nel mantenimento dell’epitelio corneale. In primo luogo la SP è presente in concentrazione fisiologica rilevante nella cornea sana e i recettori specifici della SP (SPNK1) 25


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Tessuti o fluidi Composti

Specie

Metodo di rilevazione

Concentrazione misurata

Cornea

Sostanza P

Coniglio

RIA

0,52 +0.03 gmol g -1

Cornea

Sostanza P

Ratto

RIA

0.52+0.03 mg -1

Cornea

Sostanza P

Topo

RIA

40,5-68,6 pg cornea -1

Cornea

Sostanza P

Coniglio

ELISA

5-1 +68,6 pmols g -1

Cornea

Sostanza P

Coniglio, ratto

RIA

3-0,61pmols g -1

Cornea

Sostanza P

Coniglio, ratto, pecora

RIA

2-0,41ng g-1

Cornea

Sostanza P

Ratto

RIA

22 fmol mg-1

Cornea

Sostanza P

Cane

RIA

11,36 pg mg-1

Cornea

CGRP

Ratto

RIA

7 fmol mg-1

Cornea

CGRP

Coniglio

RIA

9-1+1-1 pmol-1

Cornea

PACAP-27

Coniglio

RIA

2-1+ 0,8 pmol -1

Cornea

PACAP-38

Coniglio

RIA

2,5 + 0,3 pmol-1

Cornea

VIP

Coniglio

Cornea

VIP

Ratto, coniglio, mucca

Cornea

Vasopressina

Cornea

Acetilcolina

Coniglio,bovino

Cornea

Acetilcolina

Bovino

38±2,2 ng g-1

Cornea

Acetilcolina

Coniglio

250 pmol mg-1

Cornea

Acetilcolina

Coniglio, rana, vitello

6-9-31-6 ng g-1

Cornea

Acetilcolina

Coniglio

Lacrime

Sostanza P

Uomo

125 pg ml-1

Lacrime

Sostanza P

Uomo

70-9±34,8 pg ml-1

Lacrime

Sostanza P

Uomo

306-0±34-8 pg ml -1

Lacrime

Sostanza P

Uomo

278-0±58-7 pg ml-1

Lacrime

Sostanza P

Uomo

333-2±174-6 pg ml-1

Lacrime

Sostanza P

Cane

108-1 ±20-1 pg mg-1 protein

Lacrime

CGRP

Uomo

7-1±2-9 ng ml -1

Lacrime

CGRP

Uomo

28-4 ±4-87 ng ml-1

Lacrime

Norepinefrina

Uomo

35-7 ±1063 ng 0,1 ml -1

Lacrime

Norepinefrina

Uomo

4,4 nmol l -1

0,03 +0,16 g-mol g -1

Coniglio

0,14 – 2,53 ng g -1 0,84±0,06 pmol g-1 100-200 ng g-1

0.44-1,72 nmol mg protein

Tabella 3. Neuropeptidi e neurotrasmettitori presenti a livello corneale e nel liquido lacrimale.

sono numerosi e molto diffusi nelle cellule epiteliali corneali in coltura e native (Kieselbach et al.,1990; Denis et al., 1991; Nakamura et al., 1997 c). La SP, inoltre, è una componente fondamentale delle lacrime normali e la sua concentrazione diminuisce sensibilmente nei soggetti affetti da cheratite erpetica (Yamada et al., 2002). Da ultimo, la SP promuove i processi cellulari volti al mantenimento e al ripristino dell’epitelio nor-

male, inclusa la stimolazione della proliferazione delle cellule epiteliali corneali (Reid et al., 1993; Garcia-Hirschfeld et al., 1994), la migrazione (Nishida et al., 1996) e l’adesione (Nakamura et al., 1998 a, b; Chikama et al., 1999; Araki-Sasaki et al., 2000). Alcuni degli effetti trofici della sostanza P sono la conseguenza delle interazioni sinergiche della SP con gli altri fattori di crescita. Ad esempio, la SP da sola non accelera le di26


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

namiche di riparazione corneale (Nishida et al., 1996; Nakamura et al., 1997 a, b, c) né promuove l’adesione delle cellule epiteliali alle proteine della matrice extracellulare (Nakamura et al., 1998 a, b). Tuttavia la SP, in associazione con l’EGF (epidermal growth factor), esercita una potente azione di tipo sinergico su entrambi i processi citati (Nishida et al., 1996; Nakamura et al., 1997 a, b, c; Nakamura et al., 1998 a, b). Nel 1999, Nakamura et al. (Chikama et al., 1999; Nakamura et al., 1999) hanno dimostrato che solo la sequenza di 4 aminoacidi (FGLM) del C-terminale della SP è necessaria per avere l’effetto sinergico con EGF-1 sulla migrazione e l’adesione corneale. Queste informazioni possono portare ad un impiego clinico topico dei neuropeptidi nella cura della cheratopatia neurotrofica, ma uno dei principali problemi pratici è rappresentato dalle peptidasi presenti nel film lacrimale e nell’epitelio corneale, che inattivano rapidamente la SP e i suoi cofattori . La capacità della SP di promuovere l’adesione e la migrazione delle cellule epiteliali è mediata dagli effetti dei neuropeptidi sulle molecole di adesione e sulle proteine citoscheletriche. Ad esempio, la SP aumenta (attraverso l’attivazione della proteinchinasi C), la produzione di E-caderina, una proteina che media l’adesione tra cellule epiteliali (Araki-Sasaki et al., 2000). SP e EGF-1 stimolano anche l’espressione sulla superficie delle cellule epiteliali di alpha-5 integrina, una subunità del recettore della fibronectina, e facilitano così l’adesione delle cellule epiteliali alla fibronectina (Nakamura et al., 1998 a, b; Chikama et al., 1999). La fibronectina è una componente importante della lamina basale normale e si deposita dopo un’abrasione epiteliale fornendo una matrice temporanea per la migrazione cellulare. SP e EGF-1 stimolano anche la chinasi della tirosinfosforilasi deputata all’adesione focale, la paxillina e le proteine citoscheletrali associate all’integrina (Naka-

mura et al., 1998 a, b). La scoperta che la SP e il suo tetrapeptide C terminale favoriscono i processi cellulari descritti ha portato, come detto, quale logica conseguenza, a diversi esperimenti terapeutici volti al trattamento della cheratopatia di origine neurotrofica. Nel 1997 Brown et al. notarono che la combinazione della SP con l’EGF-1, somministrata a pazienti affetti dalla sindrome di Riley Day, stimolava la riepitelizzazione delle ulcere epiteliali corneali resistenti ad altri trattamenti. Il CGRP, spesso localizzato con la SP nella maggior parte delle fibre corneali, gioca ruoli importanti nel rinnovamento epiteliale. L’epitelio corneale è densamente innervato da fibre nervose CGRP positive (Jones e Marfurt, 1991; 1998; Müller e Klooster, 2001). Anche il CGRP è presente nelle lacrime e la sua concentrazione nel film lacrimale aumenta quando si presenta la necessità di riparare un danno dell’epitelio corneale; inoltre, i recettori per il CGRP sono abbondanti nelle cellule epiteliali della cornea e del limbus (Heino et al., 1995; Tran et al., 2000); esso stimola anche la mitogenesi e la migrazione cellulare in diversi tipi di cellule epiteliale di altri distretti dell’organismo (White et al., 1995). Garcia-Hirschfield et al. (1994) suggerirono che il CGRP poteva modulare la differenziazione cellulare. Più recentemente, si è visto che il peptide è in grado di indurre la sintesi dell’AMP ciclico intracellulare e l’espressione del gene dell’IL-8 nelle cellule epiteliali della cornea dell’uomo (Tran et al., 2000). La IL-8 è una chemochina che è selettivamente sintetizzata dalle cellule corneali in seguito alla presenza dei mediatori rilasciati nei processi infiammatori. Di conseguenza si assume che il gene dell’IL-8, la cui secrezione è mediata dal CGRP, ricopra un importante ruolo nella chemoattrazione dei neutrofili nei siti della superficie corneale interessati da processi infiammatori acuti. I nervi peptidergici possono rilasciare anche 27


N. Pescosolido, M. Puzzono • Le cheratiti neurotrofiche

neurotrasmettitori quali una sostanza glucoconiugata (I-B4) e contengono il suo enzima acido fosfatasi resistente al fluoro (FRAP) (Silverman e Kruger, 1988 a, b). Rimane ancora da determinare se la differenza nel contenuto peptidergico vs. non peptidergico dei nervi corneali di tipo sensitivo è correlata a proprietà elettrofisiologiche oppure a funzioni trofiche.

che è risultata più piccola rispetto a quella trovata nella cornea sana sia nell’epitelio che nello stroma corneale anteriore. Nell’endotelio e nello stroma corneale posteriore non sono state riscontrate invece differenze sostanziali con la cornea sana. Tutto questo sembra suggerire che le fibre localizzate negli strati più profondi siano indipendenti dal punto di vista anatomico e quindi che possa esistere una differente distribuzione di tali fibre. Un’altra possibile spiegazione è che nelle lesioni superficiali si riducono solamente le fibre localizzate negli strati più superficiali, inoltre tali fibre possono andare incontro a processi rigenerativi continui, come è stato descritto in altre regioni oculari. Il fatto poi che il numero delle varicosità aumentasse gradualmente negli strati più profondi, mentre il numero delle intersezioni diminuisse a livello stromale ed endoteliale ci fa riflettere: un alto numero di intersezioni è generalmente correlato a una distribuzione di fibre nervose anatomicamente complessa. Molte fibre nervose simpatiche contengono in aggiunta al neurotrasmettitore classico (adrenalina) e al neuropeptide Y (NPY) (Ehinger, 1966; 1971; Palkama et al., 1986; Jones e Marfurt, 1998), la serotonina, un neurotrasmettitore sintetizzato a partire dal triptofano ad opera di due enzimi, la triptofano idrossilasi e la L-aminoacido aromatico decarbossilasi (Uusitalo et al., 1982; Obsorne, 1983;Osborne e Tobin,1987). Nel lavoro pubblicato da Cavallotti et al. (1999) sono state utilizzate sezioni di cornee di coniglio per poter localizzare anatomicamente i recettori dopaminergici D1 e D2 per mezzo di tecniche autoradiografiche. Dai risultati ottenuti si evince che la cornea presenta un gran numero di recettori dopaminergici di tipo D1 e D2 in particolar modo a livello epiteliale. Fino a questa sperimentazione i recettori dopaminergici erano stati localizzati solo a livello

2.3.2 Nervi aminergici: monoaminergici, colinergici, aminoacidergici Le fibre nervose simpatiche oculari (nervi monoaminergici) derivano dal ganglio cervicale superiore ipsilaterale; queste fibre nervose sono di tipo catecolaminergico e la loro presenza può essere dimostrata dalla tecnica istofluorimetrica per le catecolamine descritta da Falck et al. (1962). Già Boeke (1935) descrisse per la prima volta la presenza di fibre nervose catecolaminergiche nel tessuto corneale, esistenza poi confermata da diversi studi istochimici e ultrastrutturali (DukeElder, 1961; Hogan et al., 1971; Rodrigues, 1972; Cavallotti et al., 1978; Rozsa e Barman, 1982; Saraux et al., 1982; Chan et al., 1990; Smolin e Thoft, 1994; Feher, 1996). Cavallotti et al.(1998) hanno voluto ancora studiare la distribuzione delle fibre catecolaminergiche nei diversi strati corneali e analizzare tale distribuzione nelle lesioni corneali indotte da alcali. Le sezioni corneali, osservate al microscopio, diedero risultati diversi: nelle cornee sane l’area media occupata dalle fibre catecolaminergiche è risultata molto più numerosa negli strati corneali più profondi rispetto a quella degli strati più superficiali. Inoltre, si sono osservate più varicosità e pochissime intersezioni negli strati profondi rispetto a quelli superficiali. Invece, nelle cornee dove era stata indotta la lesione da alcali sono state evidenziate due tipi di fibre, semplici e a rosario e l’area media occupata dalle fibre catecolaminergi28


Capitolo 2 - Anatomia e neurochimica dell’innervazione corneale

vascolare: i recettori D1, postgiunzionali, legati ad una adenilatociclasi con azione vasodilatatrice mentre i recettori D2 pregiunzionali con azione inibitoria. Sappiamo tuttavia che la cornea è un tessuto completamente avascolare e l’esistenza di un sistema dopaminergico non può essere di certo collegata all’azione vasodilatatoria bensì ad altre funzioni corneali non note. E´ stata inoltre vista una diversa distribuzione di tali recettori nell’epitelio corneale e a livello stromale: questa differenza potrebbe spiegare una differente concentrazione di tale neurotrasmettitore nelle due diverse strutture. Figura 18. Fibre GABAergiche a livello corneale.

Anche la presenza dei recettori colinergici muscarinici (recettori colinergici) nel tessuto corneale è stata da tempo dimostrata (Nietgen et al., 1999). Tali recettori appartengono alla famiglia dei recettori associati alle proteina G e ne sono stati clonati 5 sottotipi (M1, M2, M3, M4 ed M5) (Bonner, 1989) a loro volta suddivisi in due sottogruppi: i dispari (M1, M3 ed M5) e i pari (M2 ed M4). Il sottogruppo dispari è accoppiato all’attivazione della fosfolipasi C (via degli inositoli bifosfati), mentre il sottogruppo pari è legato all’inibizione della G-α e dell’adenilciclasi( Nietgen et al. 1999). Diversi lavori hanno dimostrato la presenza di tali recettori a livello epiteliale ed endoteliale corneale (Walkenbach e Ye, 1990; Walkenbach e Ye, 1991; Socci et al., 1996; Shepard e Rae, 1998; Nietgen et al., 1999; Grueb et al., 2006) focalizzando l’attenzione sul sottotipo M2 e M4 (Socci et al., 1996; Shepard e Rae, 1998). Tuttavia, Grueb et al. (2007) hanno confermato la presenza dei recettori M5 nell’epitelio ed endotelio corneale bovino con la successiva stimolazione della fosfolipasi C. L’immunocitochimica e l’immunofluorescenza hanno infatti rivelato la presenza di tali recettori, del fosfatidilinositolo 4,5 bifosfato (PIP2) e della proteinchi-

nasi C (PKC). Sembra che il recettore M5 abbia come ruolo quello di regolare le funzioni nucleari evidenziando un sistema di segnale nucleare funzionale (Grueb et al., 2006). In sintesi, si ricorda come recettori attivati dall’acetilcolina stimolino due principali classi di proteine G. La classe Gq attiva la fosfolipasi C, che scinderà a sua volta il fosfatidilinositolo 4,5 bifosfato (PIP2) in inositolo 1,4,5 trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG). L’inositolo 1,4,5 trifosfato, a sua volta, si lega ai canali per il Ca2+ localizzati a livello del RE e attiva il rilascio del Ca2+, il quale può così attivare i canali del K+ Ca2+-dipendenti. La classe Go , invece, inibisce l’adenilatociclasi, comportando una diminuzione dei livelli citoplasmatici di AMPciclico (cAMP). Saranno necessari però altri studi per chiarire il ruolo fisiologico di tali vie di attivazione nell’epitelio ed endotelio corneale. Il contenuto peptidergico dei nervi corneali parasimpatici, descritto nell’occhio del topo, include VIP, met-encefalina, NPY e galanina (Jones e Marfurt, 1998). Ricordiamo ora i neuroni aminoacidergici che 29


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