Estratto - Storia della chirurgia refrattiva

Page 1

Lucio Buratto Giuseppe Perone

STORIA DELLA CHIRURGIA REFRATTIVA

Gianni Alessio, Elena Bartoli, Guido Battarra, Paolo Bonci, Lucio Buratto, Franco Caimi, Massimo Camellin, Alberto Corba, Fabio Dossi, Roberto Dossi, Roberto Federici, Salvatore Ferrandes, Massimo Ferrari, Claudio Genisi, Bruno Monfrini, Alessandro Mularoni, Giacomo Nizi, Guido Nizzola, Giuseppe Perone, Monica Piovesan, Antonello Spinnato, Roberto Terzi, Paolo Vinciguerra

Fabiano Gruppo Editoriale


© Copyright 2020 Lucio Buratto ISBN XXXXXXXXXXXX

Editore: FGE S.r.l. - Fabiano Gruppo Editoriale Sede Operativa: Regione Rivelle 7 / F - 14050 Moasca AT, Italia Redazione: Via Petitti 16, 20149 Milano, Italia Tel. +39 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it Gli autori e l'editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori nel testo. Tutti i diritti riservati. La riproduzione di questo libro - totale o parziale - è severamente vietata. Stampato in: agosto 2020


Alla mia nipotina Bianca Con l’augurio che leggendo qualche brano di questo libro comprenda il valore dell’impegno, della volontà e dello studio per svolgere con entusiasmo e passione la sua futura professione.. Nonno Lucio

Ai miei Maestri nei cui insegnamenti crescono i miei allievi. Giuseppe Perone



Introduzione Raccontare la chirugia refrattiva

Raccontare la medicina. Raccontare un pezzo di storia della medicina. Raccontare la Storia della Chirurgia Refrattiva. Ecco il tema di questo libro che come tanti altri da me scritti ha anche un’edizione, diversa e complementare, in lingua inglese con contributi di rinomati specialisti internazionali. Una pagina affascinante della medicina, quella della Chirurgia Refrattiva, spesso contrastata e contestata da un mondo accademico che non sapeva guardare oltre i limiti angusti della chirurgia tradizionale che veniva eseguita nella propria struttura. Per anni ci si è trastullati su una diatriba che tappava le ali della ricerca e della sperimentazione, e dopo si sono dedicate energie a discutere se la chirurgia refrattiva fosse una chirurgia estetica e non invece una branca funzionale utilizzata per correggere, intervenendo sulla cornea o sul cristallino, i vizi refrattivi dovuti ad un difetto di focalizzazione delle immagini sulla retina. Ho vissuto in prima persona l’esaltante pioneristica esperienza scientifica, fatta di tante illusioni, spesso tante sconfitte e amarezze e infine del riconoscimento che una tecnica innovativa, assistita da una tecnologia straordinaria che ha permesso il prodigio di ridare agli occhi appannati da fastidiosi occhiali, una nuova visione esaltante e vivificatrice. Ho voluto che a questa rievocazione partecipassero anche alcuni colleghi coraggiosi che hanno saputo essere pionieri in alcune aree della refrattiva o hanno camminato accanto a me condividendo speranze e illusioni ma anche tante soddisfazioni. Ho inoltre voluto il contributo di numerosi Key Operator che hanno assistito i medici in questa evoluzione e l’apporto anche di personaggi dell’industria che hanno vissuto l’evoluzione della chirurgia refrattiva vedendola con una visuale decisamente diversa da quella dei medici. Il loro contributo è condensato in oltre venti capitoli, ciascuno con la propria testimonianza, di un’avventura della scienza che li inorgoglisce e che anche a me dà grande soddisfazione e orgoglio. Alcuni di loro hanno fatto un loro percorso indipendente, altri sono stati miei allievi e seguaci, altri sono stati miei preziosi collaboratori. La storia descritta nel mio capitolo è il lungo viaggio che ho vissuto nella chirurgia refrattiva, descrive le diverse tappe che hanno caratterizzato una ricerca ed un progresso scientifico molto esaltanti ma anche molto rischiosi, la scoperta di molti scienziati che hanno segnato un sostanziale avanzamento di una tecnica chirurgica di cui poco o niente si sapeva. Il mio capitolo è un racconto storico-scientifico, con alcuni box a sfondo verde che sono approfondimenti, casi clinici, brevi manuali di tecniche operatorie. Ma un racconto storico per quanto imbrigliato dalla cronaca dei fatti, non può ignorare che i protagonisti sono uomini con caratteri, vizi e virtù. Ed ecco i box a sfondo violetto, che raccontano le storie di questi personaggi, le loro manie, spesso qualche loro innocente debolezza. Poi ci sono rac-


conti in corsivo di colore violetto che sono annotazioni mie personali, ritratti dei miei più stretti collaboratori, qualche pettegolezzo di colleghi stranieri famosi e meno, anche italiani. Ma contengono anche le emozioni, le ansie, il corollario di sensazioni che mi hanno accompagnato per anni e che talvolta ancora mi accompagnano, ogni volta che mi accingo a fare un intervento. E soprattutto quella indicibile gioia interiore che può sentire solo un chirurgo refrattivo quando vede la luce piena di felicità negli occhi del paziente operato. Poi ci sono alcune appendici, tra le quali mi piace sottolineare la raccolta di alcuni articoli di giornali con intervista e reportage sulle tecniche di chirurgia refrattiva. E’ la testimonianza che i giornali più importanti d’allora (il Corriere della Sera, Il Corriere Salute, Epoca, Oggi) avevano compreso prima di molti baroni accademici l’importanza di questa nuova e rivoluzionaria chirurgia. Lucio Buratto


Indice CAPITOLO 1

Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

UN SOGNO DIVENTATO REALTÀ .................................................................. 9

CAPITOLO 2

Fabio Dossi

CAPITOLO 3

Giuseppe Perone, Lucia Pace

CHERATOTOMIA RADIALE ...........................................................................37 LASER AD ECCIMERI: LA STORIA ..............................................................49

CAPITOLO 4 FOTOABLAZIONE CON LASER AD ECCIMERI: EVOLUZIONE DELLE STRATEGIE E DEI PROFILI DI ABLAZIONE ....................................................................57 Paolo Bonci, Ugo Cimberle CAPITOLO 5

Alessandro Mularoni

CHIRURGIA REFRATTIVA: LA SUA STORIA ...........................................73

CAPITOLO 6

Roberto Terzi

CAPITOLO 7

Giacomo Nizi

CAPITOLO 8

Alberto Corba

CAPITOLO 9

Guido Battarra

L'INIZIO DELLA FACO E DELLA REFRATTIVA ....................................83 C'ERA UNA VOLTA... QUANDO CI DIVERTIVAMO .......................... 101 IL LASER VISX IN ITALIA .............................................................................. 105 IL MEGLIO DEVE ANCORA ARRIVARE ................................................. 111

CAPITOLO 10 LA CHIRURGIA REFRATTIVA NELLA MIA ESPERIENZA DA UOMO DELL'INDUSTRIA .................................................................... 117 Roberto Federici CAPITOLO 11 GLI ANNI DEL CAMBIAMENTO ................................................................ 127 Roberto Dossi CAPITOLO 12 DALLA CHERATOTOMIA RADIALE ALLA FEMTOLASIK ............. 133 Lucio Buratto CAPITOLO 13 RICORDI E CONSIDERAZIONI SULLA STORIA DELLA CHIRURGIA REFRATTIVA ............................................................ 355 Massimo Ferrari CAPITOLO 14 MESTRE: UN GRANDE CONGRESSO DA RICORDARE ................. 369 Claudio Genisi CAPITOLO 15 IL GHOST WRITER........................................................................................... 371 Salvatore Ferrandes


CAPITOLO 16 30 ANNI ATTRAVERSO EPOCHE E PROCEDURE ............................. 379 Antonello Spinnato CAPITOLO 17 VIDEOCATARATTAREFRATTIVA: UNA OCCASIONE DI CRESCITA E DI CONFRONTO ..................... 389 Giuseppe Perone, Filippo Incarbone CAPITOLO 18 TUTTI DENTRO…TUTTI FUORI….......................................................... 393 Monica Piovesan CAPITOLO 19 UNA SERA A CENA CON LUCIO E GIUSEPPE ................................... 401 Bruno Monfrini CAPITOLO 20 UN CASO CLINICO ........................................................................................ 413 Giuseppe Perone, Federico Basilico CAPITOLO 21 LA MILEUSI DI LUCIO ................................................................................. 429 Giuseppe Perone, Mario Recupero CAPITOLO 22 LA CHIRURGIA FOTOREFRATTIVA: DALLA COMPENSAZIONE DELLA MIOPIA SEMPLICE ALLE TERAPIE COMBINATE ....................................................................... 439 Gianni Alessio, Maria Gabriella La Tegola CAPITOLO 23 STORIA DI LASEK ED EPI-LASEK............................................................. 459 Massimo Camellin, Umberto Camellin, Luisa Frizziero CAPITOLO 24 STORIA RECENTE DELLA CORREZIONE CHIRURGICA DELL'IPERMETROPIA ................................................... 467 Franco Caimi CAPITOLO 25 PRESBIOPIA, ASTIGMATISMO ED ALTRE COSETTE ..................... 481 Guido Nizzola CAPITOLO 26 COMPENSAZIONE DELLA PRESBIOPIA: LA STORIA DI UN BREVETTO ITALIANO............................................. 497 Elena Bartoli CAPITOLO 27 LA STORIA DELLA FOTOABLAZIONE TERAPEUTICA E DEI FLUIDI MASCHERA............................................................................ 505 Paolo Vinciguerra, Riccardo Vinciguerra CAPITOLO 28 LA REFRATTIVA È UNA CHIRURGIA ESTETICA?.............................. 523 Giuseppe Perone, Federico Basilico CAPITOLO 29 UN INTERVENTO MALRIUSCITO OCULISTI E COMUNICAZIONE ............................................................... 527 Giuseppe Perone, Alessia Di Pietro


1 Un sogno diventato realtà Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

La chirurgia refrattiva è stata la mia grande occasione professionale, il treno era appena partito, e sono salito nella voglia di contribuire a portarlo alla massima velocità, come tanti; in questa fantastica avventura ho profuso tutte le energie che avevo nella consapevolezza che questa era l’opportunità della mia vita. Il mio maestro mi ha sempre detto, Giuseppe senza cromosomi titolati e senza tessere politiche l’unica “chance” che hai per realizzare qualcosa è la chirurgia, perché vedi mio caro Giuseppe oggi grazie a me tu potresti fare tutto quello che vuoi, ma un domani dovesse venire meno la mia persona tu verresti massacrato (solo dopo tanti anni mi sarebbero ritornate alla mente queste parole, mentre osservavo il percorso di un giovane studente, figlio d’arte, che muoveva i suoi primi passi nell’oculistica pavese che sembrava avviato a chissà quali grandi cose e a come la sua strada cambiò alla prematura scomparsa del suo papà. Questo la vita mi ha insegnato). Per contro, mio caro Giuseppe, quando sei in sala operatoria ci sei tu, il paziente e le tue capacità. Quante volte mi sarebbero tornate in mente queste parole, quante volte nel guardare le mie mani ho detto “puoi farcela” senza dover dire grazie a nessuno, in barba alla politica e alla miseria del suo strumento preferito “la raccomandazione”. Perdonate questa breve divagazione polemica ma la verità e che oggi è il 24 marzo e siamo in piena emergenza Coronavirus e allora permettete anche a me di tirare un sonoro ceffone a questa infame politica, nel periodo storico più infelice del nostro Paese, la peggior classe politica di sempre. La refrattiva, dicevamo ha rappresentato la mia occasione, ma mai il mio limite, no non mi sono fermato alle tecniche PRK, LASIK, INTACS, I-LASIK, SMILE, ogni volta che riuscivo con lo studio e la dedizione a padroneggiare una di queste tecniche era per me il motivo per andare oltre ed è stato così che nel corso degli anni ho maturato una esperienza notevole in metodiche come perforante, lamellare, con e senza femto, DMEK, chirurgia della cataratta in tutte le sue forme e tecnologie, impianti sclerali, lenti fachiche, chirurgia del polo posteriore, chirurgia del glaucoma, gestione delle complicanze. Avevo sin da subito intuito che la chirurgia refrattiva rappresentava qualcosa di innovativo, una chirurgia in grado di cambiare la vita di milioni e milioni di pazienti, ma che poteva trasformare di conseguenza anche la mia vita; siamo stati proprio degli stolti noi oculisti a dissacrare un’arte chirurgica con delle potenzialità così meravigliose, non mi perdonerò mai ne perdonerò mai quegli incauti che ci portarono con la loro superficialità a quella serata del 13 gennaio 2004 quando Maurizio Costanzo attraverso la testimonianza di qualche paziente distrusse in pochi minuti anni e anni di duro lavoro. 9


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

FATTI, NON PAROLE Ma veniamo ai fatti, visto che a noi quelli riescono maledettamente bene. La prima volta che mi sono confrontato con la chirurgia refrattiva fu nel lontano 1988, ero al primo anno di specialità, avevo portato a Pavia, nello studio del Prof. Trimarchi, un paziente anisometrope con una miopia di 6 diottrie. Trimarchi gli praticò una radiale, paziente sdraiato in posizione clinostatica sulla poltrona del riunito, piccolo microscopio operatorio Zeiss completamente manuale (gelosamente custodito nella mia clinica, il passato deve sempre accompagnare il presente per proiettarti nel futuro), preparazione della strategia chirurgica con il normogramma di Dossi, preparazione del bisturi (realizzato dalla sapiente rottura con portalame di una lametta da barba), anestesia topica, pochissimi minuti di chirurgia, otto tagli eseguiti con leggiadra maestria con la mano destra e con la mano sinistra come se nulla fosse e il gioco è fatto. La mia immediata e pragmatica considerazione: dovevo diventare ambidestro e per un anno circa tenevo il braccio destro legato al busto e facevo obbligatoriamente tutto con la mano sinistra; questa sarebbe stata in futuro una prerogativa della mia scuola; tutti i miei ragazzi operano con entrambe le mani, questo vuol dire avere le idee chiare sin da subito sulla chirurgia oculistica. Mi ero specializzato da poco più di un anno e già correvo come un disperato tra mille impegni lavorativi dalla guardia medica in cima al lago di Como, allo studio privato, alle sostituzioni di medicina di base, alla frequentazione come volontario presso l’ospedale di S. Angelo Lodigiano dove con il Prof. Gallo avevamo da poco attivato, primi in Italia, come sumaisti la chirurgia della cataratta in regime di Day Hospital (la cosa ci aveva creato non pochi problemi). In mezzo a tutto quel correre una cosa però l’avevo già decisa, non volevo padroni, no il mio unico padrone doveva essere il mio cuore e la mia volontà e nessun altro e del resto aver lasciato la mia terra rappresentava già di per sé un prezzo troppo alto perché io potessi concedere spazio alla mediocrità. I miei mastri me li sarei scelti io, ma tutti di enorme spessore prima umano e poi professionale, nomi come Bertè, Trimarchi, Spallino, Gallo, Pedrotti, sarebbero stati per me esempi e guide nel buio di qualsiasi notte. Ad Appiano Gentile, il paese in cui abitavo, avevo da non molto tempo aperto il mio studio (una cosa estremamente modesta si intende, due locali in affitto e del resto di più non potevo assolutamente permettermi e già questo piccolo miracolo si era potuto realizzare grazie alla generosità di Roberto Terzi); in paese, oltre al Centro Sportivo Residenziale ‘La Pinetina’ della Società Calcistica Internazionale (Inter), di cui chiaramente l’intera cittadinanza andava fiera, esisteva un’altra realtà di eccellenza: la Clinica “Le Betulle”. Struttura privata fondata agli inizi degli anni ‘60 dal Professor Augusto Guida e inizialmente dedicata soprattutto alle patologie psichiatriche; nel corso degli anni, la struttura, si era avvalsa di un numero crescente di professionisti e specialisti di diverse branche oltre che di una diagnostica strumentale di ottimo livello. La struttura era una vera perla della sanità lombarda, una struttura bellissima in mezzo ai boschi, ben strutturata, molto fine negli arredamenti e con professionisti e personale sanitario di tutta eccellenza. Mettere il piede in quella struttura non fu per nulla facile ma con un po’ di caparbietà riuscii anche in quello, inutile dire che l’arrivo di un ragazzino come me iniziò a creare i soliti pettegolezzi ma io tiravo avanti per la mia strada. Non avendo alcuna intenzione di essere uno dei tanti; mi inventai subito, grazie ai preziosi consigli di Francantonio Bertè, l’ossigeno-ozono terapia per la cura della degenerazione maculare senile; i risultati furono subito semplicemente meravigliosi e nel giro di poco tempo la clinica fu invasa da pazienti provenienti da tutta Italia e non ci sorprese di trovarci a curare pazienti provenienti dall’Argentina; quello fu il mio biglietto da visita alle ‘Betulle’, da una bolla di miscela gassosa avevo creato 10


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

un “business” da spavento. Anche questa esperienza mi insegnò tantissimo sotto il profilo umano. Un giorno con il mio maestro ci recammo presso la corte di un noto “professorone” per perorare la causa dell’ossigeno-ozono terapia nella pigmentosa; alla richiesta di “congruo gruzzolo” per i suoi favori, il mio maestro che volutamente non si era presentato, si alzò in piedi e dopo aver proferito una nobile frase di disprezzo girò i tacchi e si allontanò; imbarazzante fu la reazione del “verme” quando seppe chi era Francantonio Bertè.

LA GRANDE AVVENTURA: I LASER AD ECCIMERI Con il tempo entrai in particolare empatia con Guido Geri, l’amministratore della clinica, e fu nel corso di un nostro colloquio che proposi, visto il clima confidenziale della conversazione e non senza una “montagna” di incoscienza, di attivare nella struttura un centro di chirurgia refrattiva, primo in Lombardia per strategia imprenditoriale; l’idea innovativa era quella di chiamare a raccolta gli oculisti del territorio, addestrarli alla tecnologia e noleggiargliela, una vera rivoluzione imprenditoriale. Fu così che appresi che anche la struttura aveva in cantiere un progetto di “restyling” mediante la realizzazione di un avveniristico blocco operatorio. Avevo da poco conosciuto Bruno Monfrini, che aveva iniziato a coinvolgermi nei congressi d’oltreoceano. Bruno in quegli anni, ma anche per tutti gli anni a venire, era senza alcun dubbio la maggiore autorità in campo di innovazioni nell’oculistica, era un innovatore nato e conosceva la materia laser ad eccimeri come pochi in Italia; la nostra amicizia divenne subito una certezza per entrambi, era stato proprio Bruno qualche mese prima a dare il “la” al mio progetto di aprire un centro di chirurgia refrattiva, progetto ambizioso, direte voi, ma a quella età vi posso garantire che nulla riusciva ad apparire “troppo ambizioso” ai miei occhi. Con Bruno e Guido ci organizzammo per un incontro da lì a qualche giorno in un mezzogiorno presso un ristorante nei boschi di Appiano Gentile; era il luglio del 94, ricordo ancora quel pranzo all'aperto sotto un profumato e colorato pergolato di glicine, e ricordo bene cosa Bruno riuscì a prospettare a Guido in termini di guadagno e di affluenza da parte di altri medici presso la struttura nel caso dell’apertura di un centro di chirurgia refrattiva. Guido ne fu impressionato e in poco più di mezz'ora decidemmo di attuare il progetto, cavoli ragazzi che tempi, altro che smacchiare il giaguaro, ma subito fatti!

SI PARTE: INIZIA L’AVVENTURA Guido iniziò a muoversi come una macchina da guerra: bisognava trovare i finanziatori, il progetto prevedeva un investimento di oltre un miliardo di lire, cifra semplicemente astronomica per quei tempi, bisognava costituire con loro la società, impiantare contrattualmente il tutto alla clinica Le Betulle, capire se la clinica volesse o meno entrare nel “business”; insomma un po’ di cose la maggior parte delle quali erano arabo per me (società, azioni, fidi bancari), ma la premessa di tutto era una profonda fiducia tra noi, viva ancora oggi, miracolo dell’amicizia vera, a questa gli “infami” non potranno mai aver diritto. La clinica preferì non partecipare in alcun modo all'acquisto della tecnologia, si accontentò di entrare nell’affare mettendo a disposizione gli spazi in cambio di una percentuale per ogni trattamento eseguito. Nacque così la società ‘Syasa s.p.a.’ solo prima di una lunga fila di società che rappresentavano le nostre progettualità più svariate dal campo della 11


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

ristorazione all’immobiliare alle RSA (case di riposo per anziani). A questo punto avevamo l’idea, avevamo la ‘location’, avevamo gli operatori (io e il mio ‘tuttobraccio’ Filippo) mancava la tecnologia, in questa scelta ci affidammo alla guida esperta di Bruno e ci orientammo sul laser della Chiron Technolas, laser innovativo per strategie di ablazione (PlanoScan oltre che Multizona), possibilità di trattamento di miopia astigmatismo e ipermetropia (rivoluzionaria per i tempi) e corredato dal sistema di Eye-Tracking passivo ed attivo (semplicemente sbalorditivo), il primo assoluto in Italia, recentemente presentato al congresso Videorefrattiva di Buratto.

LASER AD ECCIMERI CHIRON TECHNOLAS Negli ultimi anni la tecnologia dei laser ad eccimeri aveva subito una enorme evoluzione. Il laser ad eccimeri 116 con strategia di ablazione mista, Multizone o Planoscan a discrezione dell’operatore, Chiron Technolas, sviluppato e costruito in Germania, in quegli anni, apparteneva alla famiglia dei laser di ultima generazione (a flying spot) con un innovativo programma di ablazione chiamato Planoscan che si discostava completamente da tutti gli altri sistemi ablativi a quel tempo in commercio. Con questo nuovo laser il rilascio degli spot di trattamento avveniva a sequenza variabile e sotto il controllo di un computer, il diametro di questi spot era di 2 mm; questo nuovo sistema di ablazione prendeva il nome di Planoscan. L'algoritmo veniva ottimizzato, in modo che due colpi consecutivi non andavano in collisione nello stesso punto, in questo modo veniva minimizzata la carica termica sulla cornea e perciò si riduceva la potenzialità di un trauma o di un edema corneale e migliorato il successivo processo di cicatrizzazione. Il Chiron Technolas possedeva una sofisticata tecnologia scanning di specchi rotanti (dual-mirror) che col loro movimento riuscivano a indirizzare lo spot del fascio laser nella posizione desiderata. Altre innovazioni di rilievo erano altresì costituite da: ■ Il sistema di aria filtrata che effettuava automaticamente la pulizia delle ottiche ogni qualvolta il Laser veniva acceso. ■ I l sistema di gas integrato, una sola bombola di gas che conteneva la miscela ArF. ■L 'Eye-Tracker passivo ed attivo, accessorio derivato dai più sofisticati sistemi di puntamento militari, in grado di compensare i micromovimenti dell'occhio senza interrompere il trattamento con un range di inseguimento di 1,5 mm.

SOLO GLI UMILI POSSONO ESSERE GRANDI, ITALO CANTERA Nel bene e nel male, noi diventavamo i protagonisti di questa fantastica avventura: io e Filippo in quel periodo non dormivamo di notte, non sapevamo assolutamente niente di chirurgia refrattiva, ma avevamo gran voglia di imparare, ben consapevoli di quello che sarebbe stato il nostro ruolo nella gestione del Centro. Non volevamo farci trovare in alcun modo impreparati; iniziammo a studiare come matti, a leggere tutto quel che c'era da leggere sulla chirurgia refrattiva che, in quegli anni, in Italia era agli albori. Cominciammo a preparare gli spazi in clinica per approntare il centro, ma restava in noi la consapevolezza della nostra ignoranza in materia, fu così che chiesi a Bruno di metterci in contatto con qualche professionista in Italia che ci potesse dare i primi rudimenti in materia di chirurgia refrattiva e per “rubare” qualche idea per il nostro centro. 12


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

Già allora il numero uno in Italia sulla materia era il Dott. Buratto, ma era un nome assolutamente irraggiungibile per me. Ero fermamente convinto che non avendo la benché minima conoscenza pratica della chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri, l’unica possibilità che avevo per fare decollare il Centro che avevo in mente di realizzare, era quella di visitare il maggior numero di strutture già funzionanti dove potessimo apprendere teoria, pratica e organizzazione. Allora Bruno, pensa che ti ripensa, estrae dal cilindro il nome di un professionista operativo in centro Italia che già possedeva un laser Chiron con strategia multizona. I consigli di Bruno per noi rappresentarono un patrimonio di crescita insostituibile e fu così che di buon grado seguimmo le sue indicazioni, fu lui stesso ad occuparsi dell’organizzazione del nostro viaggio. Partenza la sera tardi, dopo aver fatto lo studio o le visite fiscali o qualche sostituzione di medicina di base, non mi ricordo quali fossero i nostri impegni ma sicuramente erano impegni di lavoro. Il nostro arrivo in auto, a notte inoltrata, non fu privo di spiacevoli sorprese; nell’albergo di destinazione nessuna camera risultava a nostro nome e non vi era nessuna disponibilità, abbiamo vagato per la città per più di un’ora prima di trovare una sistemazione. La mattina seguente, di buon'ora come di consueto, ci siamo recati presso il centro del dottor XX. La nostra esperienza in quel luogo si limitò, in realtà, a poche ore, dato che l’accoglienza fu molto fredda e il “professorone” non ci degnò neppure di uno sguardo; non ci fu offerta alcuna possibilità di seguire la chirurgia (parolone per una... PRK), ma il ‘tipo’ se la tirava così tanto che sembrava stesse facendo una serie di trapianti di cornea (presto avrei capito a mie spese che nel mondo dell’oculistica gli ‘sboroni’ erano veramente tanti). Ci siamo permessi con molta umiltà di formulare qualche domanda di carattere tecnico, ma nessuna risposta ci perveniva ‘dall’alto dei cieli’. Fu così che il mio carattere “da terrone” venne fuori in tutto il suo splendore: salutammo e ce ne andammo. Nel partire il giorno prima, eravamo venuti a conoscenza che a Roma, presso l'Isola Tiberina, proprio nella giornata successiva il Professor Italo Cantera avrebbe tenuto un convegno sulla chirurgia refrattiva ed eravamo perfettamente in tempo (erano le due del pomeriggio del venerdì), decidemmo di partire subito in direzione Roma. Il tempo di arrivare, sistemarci in albergo e al mattino dopo di buon'ora eravamo già all’ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina. In aula non più di una ventina di persone; abbiamo ascoltato in silenzio per ore quanto i relatori esponevano, cercando di catturare tutto ciò che potevamo e al termine delle relazioni si aprì la discussione; io e Filippo eravamo in un angolo, in fondo all'aula, e seguivamo con estrema attenzione l'evoluzione della discussione, quando ad un certo punto qualcuno dall'aula chiese ai relatori se avessero esperienza circa una nuova strategia di fotoablazione chiamata “PlanoScan” con sistema di inseguimento dei movimenti oculari chiamato Eye-Tracker in arrivo sul mercato. Il professor Cantera rispose di essere informato della cosa ma che non aveva conoscenza a riguardo, sapeva, però, per certo che un nuovissimo Centro di chirurgia refrattiva nel Nord Italia entro pochi giorni avrebbe avuto in dotazione questa avveniristica tecnologia e che era realmente curioso di conoscerne le potenzialità. Un vero e proprio “assist” per me e Filippo che ci siamo guardati dritto negli occhi e prendendo il coraggio a due mani e dopo esserci presentati come i referenti del sopra citato centro abbiamo iniziato a prendere parte attiva alla discussione. Con il Professor Cantera siamo entrati subito in sintonia, tanto da invitarlo a visitare il nostro Centro per valutare di persona la tecnologia Flying Spot. Italo non ci lesinò i suoi consigli, anzi ci riempì di suggerimenti e, di fronte alle nostre paure di giovani ed inesperti oculisti, ci esortò ed incoraggiò. Mentre parlava, onorandoci della sua amicizia, mi tornavano alla mente le parole del mio Maestro: “Giuseppe solo gli umili possono essere 13


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

grandi”. Ecco: Italo Canterà era umile prima di essere grande, grazie Italo! Eravamo estremamente soddisfatti: era stato un fine settimana molto intenso che non solo ci aveva permesso di crescere, notevolmente, ma soprattutto ci aveva dato la possibilità di trovare un nuovo amico.

UN SOGNO CHE DIVENTA REALTÀ Nei giorni successivi, in clinica cominciarono ad arrivare tutti gli strumenti necessari, primo tra tutti il topografo corneale ‘EyeSys’. Avevamo già seguito i primi corsi di topografia corneale ma il primo corso operativo, sul campo, fu al momento della consegna, il topografo appoggiato sullo scatolone d’imballaggio, Giulio Chiodi che ci istruiva su disco di Placido, Pixel, mappe, algoritmi assiale e tangenziale. In clinica era un fermento unico; con Filippo avevamo preparato ogni cosa con cura senza tralasciare nulla e, man mano che la sala laser prendeva forma, i nostri pettorali si gonfiavano. Stavamo imparando sin da subito che mai nessuno ci avrebbe regalato nulla, ma tutto doveva passare attraverso il sudore della nostra fronte e noi eravamo pronti, ma soprattutto abituati, a questo concetto. E prima di ogni cosa veniva il nostro senso di responsabilità nei confronti delle persone che avevano scommesso su di noi. Non appena attivato il centro, iniziai a promuovere una campagna pubblicitaria senza precedenti sul territorio e in brevissimo tempo tutti gli oculisti delle provincie di Como, Varese e Sondrio avevano sulla loro scrivania un “dépliant” che annunciava l’apertura del primo Centro di chirurgia refrattiva sul territorio con possibilità di noleggio. Geniale fu l’intuizione di organizzare dei corsi di chirurgia refrattiva per neofiti, con la visionaria idea di coinvolgere tutti, di far salire tutti sul treno fornendo loro tutte, o quasi, le nostre competenze. I corsi, limitati a solo dieci partecipanti, avevano anche come obiettivo di limitare i danni, a seguito di una chirurgia poco ortodossa, di immagine al centro; già allora i “banditi” della chirurgia non mancavano. (fig. 1) Figura 1. laser Chiron Technolas116

14


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

I corsi teorico-pratici erano gratuiti, al mattino teoria, poi pranzo conviviale che serviva per stringere rapporti tra colleghi; ripeto nell’ambiente eravamo degli emeriti sconosciuti; al pomeriggio esercitazioni pratiche su occhi di maiale. I corsi così come avevo facilmente previsto ci portarono in breve tempo un’enorme popolarità, dato che eravamo in grado di offrire, grazie ad una crescente esperienza, un invidiabile e impareggiabile know-how. Purtroppo, però, ben presto la miseria della realtà ci piombò addosso. Come ben sapete ogni momento di successo è gravato da migliaia di momenti di invidia da parte dei colleghi e a noi non sono mancati gli sgambetti. Eravamo appena partiti con il “centro di chirurgia refrattiva” quando venni convocato in un ospedale del territorio dal direttore generale per un incontro; mi presentai all’appuntamento con enorme curiosità. Fui accolto con gentilezza e fatto accomodare nello studio del direttore, attesi in piedi; da lì a qualche minuto la porta si aprì, un uomo sui 55 anni, senza neppure salutarmi né tanto meno guardarmi negli occhi con tono di voce arrogante: lei è il dott. Perone? Si, risposi io educatamente. Subito lui: prego si accomodi, mi dicono che lei sta attivando un centro laser presso la clinica le Betulle. Non è proprio così risposi io, in verità il centro è già attivo da un paio di mesi. Bene disse lui, deve sapere che anche qui sta per arrivare il laser ad eccimeri e crediamo che non ci sia posto per due laser in un territorio piccolo come quello comasco; e allora? risposi io. Bene si pensava di chiederle di sospendere l’operazione; potrei chiedere io a lei la stessa cosa gli risposi. E subito lui con fare arrogante: lei capisce che una struttura come questa non può cedere il passo ad una piccola realtà come le Betulle ecco perché vogliamo che lei rinunci. No, io non posso rinunciare, ma non è un problema vuol dire che ci faremo una sana e serena competizione. E allora lui divenne minaccioso: aveva di fronte un giovinastro emerito sconosciuto e poteva permetterselo, no mi disse non ci sarà competizione ci sarà guerra lei non può permettersi di mettersi contro una struttura come questa. Mi alzai lo guardai dritto negli occhi: il vostro laser sarà gestito da gente che non rischia nulla perché il grano lo mettete voi, il mio laser è mio e sono io che non dormo di notte e poi con tutto il rispetto non sono venuto via da Napoli per farmi minacciare dal primo che mi attraversa la strada; salutai educatamente, con stile “Charlie Chaplin” feci il mio inchino più bello e salutai. Parlai con Guido della cosa, pensavo fosse giusto che lui sapesse, questi sono gli uomini di…. mi rispose lui, fai attenzione a come ti muovi sono personaggi potenti. Il tempo diede ragione a me: a Como la storia della chirurgia refrattiva negli anni l’ho scritta io e non vi è traccia di nessun altro. Nemmeno il dottor Aureggi prese bene la cosa, il caro vecchio amico Dario, il quale dopo la pubblicazione sul giornale locale, ‘La Provincia’, di Como, di un mio articolo sull’apertura del nuovo Centro di chirurgia refrattiva pensò bene di inviare allo stesso quotidiano una sua lettera con la quale ci bacchettava pesantemente. Caro vecchio Dario ti voglio bene. Intanto gli utilizzatori del nostro Centro aumentavano di giorno in giorno, chiaramente nessuno sapeva che il centro era mio, l’invidia dei colleghi avrebbe impedito alla loro stupidità di venire a noleggiare la tecnologia da un collega. Tutto sembrava funzionare alla perfezione fino a quando gli esiti di alcuni nostri trattamenti risultarono quantomeno ingenerosi. Inizialmente la cosa non ci preoccupò più di tanto, eravamo infatti troppo fieri dei nostri successi e non ci andava il pensiero che qualcosa potesse inquinare il nostro sogno; ma i risultati dei trattamenti diventavano sempre peggiori e i pazienti ben presto iniziarono a palesare la loro insoddisfazione, sentenza dura da digerire e devastante: il laser non dava i risultati che ci aspettavamo e noi ci trovammo costretti a bloccare la nostra attività. E adesso chi lo dice agli altri soci? E il mutuo come facciamo a pagarlo? 15


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

Fu semplicemente il panico: non ci restava molto da fare che chiudere il Centro. Le nostre richieste di aiuto ai tecnici della New Tech cadevano nel vuoto così come i nostri fax verso la casa produttrice in Germania. Forse neppure venivano letti, di certo rimanevano inascoltati e senza risposta. Iniziava a serpeggiare un po’ di pessimismo, qualcuno arrivò addirittura a strofinarsi le mani in segno di compiacimento per non aver partecipato alla cordata di acquisto del laser, povero miserabile. Il problema andava risolto, bisognava prendere il toro per le corna e fu così che decisi di alzare pesantemente i miei toni sia con Bruno che con i tedeschi che continuavano a sostenere che eravamo noi che non eravamo capaci di interpretare le mappe topografiche. Mi infuriai ancor di più e li mandai a quel paese con lo stile “Perone” , vale a dire senza mezzi termini così come più volte ho dovuto fare in vita mia; però il centro era fermo, le scadenze del mutuo andavano rispettate, ma soprattutto per il mio senso del dovere e dell’onore, mi sentivo in grosso imbarazzo nei confronti degli altri soci ai quali dovevo pur dar conto; di enorme aiuto mi fu il supporto di Guido che con molta signorilità fece in modo che l’intera compagine societaria non facesse venir meno la stima nei miei confronti. Finalmente, determinante l’intervento di Bruno, i tedeschi ci promisero l’invio di un loro tecnico.

IL MISTERIOSO UOMO DEL NORD Quel venerdì mattina sarebbe dovuto arrivare il nostro uomo e forse i nostri problemi stavano per trovare una soluzione; mi svegliai più presto del solito, la posta in gioco era troppo alta perché io me ne stessi lì a dormire. Era ancora l’alba ma eravamo già in giro per Appiano, come vigilantes a sorvegliare il territorio nell’attesa di incrociare il nostro uomo. Eccolo, quell’Audi familiare con targa crucca, non poteva che essere il nostro uomo! Gli facemmo cenno di fermarsi, si era lui. Lo salutammo a mala pena per indicargli di seguirci e ci dirigemmo spediti verso la Clinica. Arrivati in Betulle, salutai con la dovuta cortesia il mio ospite. Ancor prima di conoscerlo, già lo trovavo insopportabile; per me, lui e la sua azienda, erano il motivo dei miei tormenti degli ultimi due mesi e poi il fatto che i crucchi si ostinassero a sostenere che noi non eravamo in grado di leggere le topografie tanto da dover mandare un loro uomo, non mi andava proprio giù. Ma nel guardarlo meglio, quell’uomo non lo potevo immaginare come un mio nemico per tanti motivi, primo fra tutti per il fatto che fosse una “bestia” di circa due metri e poi per i suoi occhi buoni. Ma Teunis Bos da subito fece una cosa meravigliosa: si presentò parlando un “italiano strascicato” ma parlando italiano e poi sorrideva. No, Teunis non era un crucco, infatti era olandese. In sala laser, ci rendemmo subito conto che il tipo sapeva il fatto suo e questo servì a rassicurami non poco e solo Dio sa quanto ne avessi bisogno. Con Filippo avevamo preparato una serie di topografie corneali da sottoporre all’attenzione del nostro uomo, praticamente si trattava di tutti i casi clinici che aspettavano una risposta da noi dopo essere stati trattati con pessimo esito. Teunis, dopo aver visionato con estrema attenzione la documentazione, esauriente ma essenziale, ci disse: ‘Ragazzi avete ragione, il laser è out’. Io e Filippo ci guardammo e tirammo un grosso sospiro di sollievo, almeno non eravamo due incapaci. Teunis iniziò a fare tutti i test del laser, all'uscita dalla cavità, sulla piastrina di prova e altri ancora, decisamente il fascio laser non era omogeneo; restò lì con noi due giorni, lo accogliemmo con calore e lui ci ricambiò con altrettanto calore diventammo subito amici, ottimi amici, fraterni amici. Nel salutarci Teunis ci invitò a raggiungerlo in Germania. Da lì a due settimane io e Filippo ci recammo presso la sede della Technolas in Germania, abbiamo studiato con Teunis per giornate intere e imparato da lui tantissimo. 16


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

Teunis ci mise in condizioni in poco tempo di poter smontare e rimontare il percorso ottico del laser e fu così che arrivammo a comprendere il problema del laser. Questo nuovo laser offriva la possibilità di usare due software di ablazione diversi, la strategia Multizona e la strategia PlanoScan, ma l’utilizzo alternato delle due diverse strategie usurava in modo disomogeneo le ottiche e questo produceva una disomogeneità del fascio laser e quindi un trattamento anomalo. Bingo! avevamo fatto Bingo e gli sviluppi vantaggiosi per me furono tanti; dopo anni la testimonianza di Monfrini circa questa mia intuizione mi ha riempito di gioia e sì perché nessuno di voi sa che se oggi con assoluta semplicità usate il “ flying spot” lo dovete anche al duro lavoro di quegli anni. Teunis, maestro per definizione e nei fatti, mi aveva insegnato molte altre cose; mi insegnò a smontare le lenti che componevano il percorso ottico del laser, a rimontarle dopo averle pulite, a ottimizzarle nell’allineamento e a calibrare gli attenuatori, come tarare gli specchi all'uscita della cavità, come funzionava l’Eyetracker passivo ed attivo, come gestire un microcheratomo nella sua manutenzione ordinaria e straordinaria. ■ Eye-tracker - Aveva in quegli anni, fatto la comparsa, a corredo della tecnologia laser, una nuova strategia per quanto riguarda la centratura del trattamento che sino a quel momento veniva ottenuta in modo alquanto spartano con una pinzetta che tenesse, per quanto possibile, fermo l’occhio nella fase di rilascio degli spot laser; la nuova e rivoluzionaria tecnologia prendeva il nome di eye-tracker. Si trattava di un dispositivo di inseguimento dell’occhio, derivante dalla tecnologia militare, ma nessuno ne conosceva il funzionamento e se non conosci la tecnologia non puoi utilizzarla al massimo delle sue potenzialità. Sull’eye-tracker, Teunis, una sera, a Monaco, mentre eravamo a mangiare un boccone in una birreria, ci fece una lezione magistrale corredandola con delle illustrazioni realizzate, in estemporanea, su un foglio di carta, che altro non era che la confezione di guanti da sala operatoria. Sino ad allora, la tecnologia del funzionamento dell’eye tracker, era sconosciuta a tutti basti pensare che neppure i tecnici dell’azienda ci sapevano dare indicazioni circa la cattura dell’eye-tracker, se questa si realizzasse al momento in cui il pedale veniva schiacciato o quando lo rilasciavi, che tempi cavoli! Permettetemi una considerazione, se oggi è tutto così semplice è perché in quegli anni tutto per noi è stato così difficile, già questo serve a giustificare la delusione che molti di noi hanno provato nel veder dissacrare questa nobile arte da alcuni “colleghi”, e mi sia permesso un colpo di tosse, che solo per “vana gloria” hanno distrutto tutto. Grazie alle “lezioni magistrali” di Teunis presto iniziai a tener relazioni ad ogni congresso sull’argomento Eye-tracker. (fig. 2)

Figura 2. I disegni di Teunis

17


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

■ Show-shot - Teunis prima di essere un medico oculista era un ingegnere e quindi con il pallino dell’informatica, ma noi non lo sapevamo; ecco perché ci sembrò follia quello che una sera ci fece vedere a casa sua. Teunis ci portò nel suo laboratorio, sembrava di essere nel laboratorio di Archimede pitagorico, accese un computer e ci disse ragazzi questo è un software per pochissimi al mondo, mai e poi mai dovete dire da dove arriva, “a cosa serve?” chiesi subito io e Teunis: “Giuseppe con questo software, tu puoi scaricare dal laser il trattamento che hai fatto al tuo paziente e puoi analizzarlo”. Il software, Show-shot, così si chiamava, come dice il nome, era in grado di ‘leggere’ l’intero trattamento, impatto per impatto, cioè di identificare per ogni colpo la sede (in coordinate x e y), l’energia, le dimensioni, l’omogeneità, si trattava di un qualcosa di veramente fantascientifico; con Filippo rimanemmo a bocca aperta, ricordo che passammo quasi l’intera notte a farci spiegare da Teunis come funzionasse nei dettagli. Presentai, da lì a poco, ad un congresso AICCER l’analisi con software Show-shot di due trattamenti messi a confronto; il primo trattamento era quello di una LASIK in paziente perfettamente collaborante e con una ottima fissazione, il secondo trattamento riguardava un paziente con nistagmo a cui avevamo eseguito una LASIK. Veniva evidenziata e documentata, mediante analisi del trattamento con software Show-shot, che gli interventi di “ricentratura” del trattamento dell’eye tracker erano stati modestissimi, addirittura li potevi contare nel primo caso, mentre nel secondo caso il meccanismo di inseguimento dell’occhio era stato enormemente sollecitato nel suo funzionamento proprio in virtù del fatto che avevamo un paziente con nistagmo. (fig. 3)

Figura 3. Analisi con show-shot del funzionamento dell'eye-tracker in un paziente con nistagmo operato di LASIK

18


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

Voi direte: “ma a cosa serve nel pratico un software del genere, quale utilità pratica ha?” Ebbene miei cari non parlate di praticità a me, pragmatico per definizione e ricordate che per quanto affascinante e per quanto ci si sforzi di conoscerla, la tecnologia non sempre si comporta come tu ti aspetti. Da lì a qualche anno di fronte a due trattamenti, uno mio e uno di Buratto, nel risultato semplicemente aberranti, dovuto ad un blocco degli specchi oscillanti del percorso ottico (dual mirror), entrambi nel mio caso, mentre nel caso di Lucio si era bloccato un solo specchio. Ci siamo così ritrovati, nel primo caso, un paziente con un buco di 2 mm nella cornea grazie al fatto che gli spot laser erano stati tutti “impignati” uno sopra l’altro mentre per il caso di Lucio ci ritrovammo con un paziente che praticamente aveva una ablazione lineare sulla cornea di 2 mm. Come potete immaginare il tutto ebbe un seguito medico legale. I tedeschi, come nel loro stile, buttarono subito la “croce” sulla nostra incapacità, io li lasciai dire mettendo per iscritto il tutto, poi un bel giorno mi presentai con il mio bel portatile e con due chiavette USB, dove vi erano tutti i dati scaricati dai laser dei due trattamenti; non feci neppure in tempo ad accendere il computer, che i “mangia patate” si spesero miseramente in mille scuse (ancora si chiedono come eravamo in possesso di quel software). (fig. 4)

Figura 4. Tratamento anomalo per blocco degli specchi oscillanti del laser

■ Microcheratomo - Teunis, con i suoi insegnamenti andò ben oltre, mi insegnò quello che in Italia nessuno sapeva fare e vale a dire la manutenzione straordinaria del microcheratomo. Quando un microcheratomo o meglio il motore dello stesso prendeva a girare con una fre19


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

quenza inferiore a quella dichiarata (7.500 giri al minuto l’ACS, 8.500 Hansatome) non potevi far altro che prendere il tuo bel microcheratomo e spedirlo in Germania e per riaverlo passava un mese; questa situazione poteva essere un problema per il prosieguo dell’attività lavorativa. Io avevo ricevuto in dono, dal mio amico Teunis, un piccolo kit con il quale potevo smontare il motore di un microcheratomo olearne gli ingranaggi ad uno ad uno e rimontarlo e sentir cantare il motore nuovamente come quello di una Ferrari (forse lì maturò la mia passione per le “rosse”). Conoscere la struttura e le componenti del microcheratomo, mi permise di imparare a prevenire gran parte delle complicanze della tecnica LASIK, in seguito, a riconoscerne le cause, quindi, a gestirle. Conoscevo come montare la testina, come riconoscere la qualità della lama e della navetta che la supportava, osservandola attentamente sapevo scartare quella che certamente mi avrebbe dato un taglio disomogeneo, intuivo la velocità di oscillazione della lama in base al ronzio del motore e, se necessario, mi fermavo, lo smontavo, controllavo uno ad uno perni e ingranaggi che lo componevano, li lubrificavo per poi assemblare tutto nuovamente ottenendo uno strumento al massimo dell’efficienza. Questa conoscenza nella gestione dei microcheratomi mi permetteva di affrontare la chirurgia con animo sereno, senza ansia e di limitare al massimo i danni più strettamente legati al microcheratomo. Tutto quello che per gli altri rappresentava momento di ansia: assemblaggio del microcheratomo, gestione di complicanza, perdita di suzione prima del taglio, blocco del microcheratomo o suo avanzamento a sbalzi, free cap, lembo incompleto a me non ha mai dato ansia, questo mi regalava una serenità maggiore del paziente. (fig. 5, 6 e 7)

Figura 5. Kit per manutenzione straordinaria del microcheratomo

20


Capitolo 1 Un sogno diventato realtĂ

Figura 6. Ingranaggi del motore del microcheratomo

Figura 7. Teunis, Filippo e Giuseppe a Monaco

21


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

COME SI ESCE DA UNA ESPERIENZA DEL GENERE Sicuramente l’esperienza del cattivo funzionamento del laser indusse in me un cambiamento radicale. Per prima cosa, compresi che la tecnologia, l’ultima tecnologia, poteva rappresentare la mia vera possibilità per entrare nel mondo della oftalmologia, però visto che io giocavo “in prima persona”, nessuno si faceva investitore per me, avrei dovuto stare bene attento a dove facevo cadere la mia attenzione e soprattutto ebbi la consapevolezza che per ottenere il massimo da uno strumento lo si dovesse conoscere al meglio; da quel momento in poi la tecnologia l’avrei sempre dominata e fu così che mi misi a studiare come un pazzo, laser ad eccimeri, microcheratomi, aberrometri, faco, tecnologia delle lenti, femtolaser per la chirurgia corneale, femto per la cataratta e via così. In secondo luogo ebbi modo di comprendere che buona parte degli oculisti parlavano, parlavano, ma parlavano sulla base di piccoli numeri, e questo fu il motivo per cui quando nel novembre del 2012 presi il mio laser femto per la cataratta e lo misi in ospedale tra il disappunto di qualche “solone” che ebbe anche la stupidità di manifestarmi questo suo disappunto; ed ebbe anche la sciocca idea di farlo in presenza di persone; sbagliò tutto lo “stolto” dimenticando che io ero e sono un uomo libero per cui con solo due parole feci in modo che capisse che non cera “trippa per gatti”; non potette far altro che girare i tacchi e con la coda tra le gambe allontanarsi. La strategia di collocare il laser a femtosecondi per cataratta in ospedale, primo caso al mondo dove un privato metteva a disposizione dell’ospedale la tecnologia; ma per me è sempre stato così, sin da quando omaggiai di un vitrectomo Oculus l’ospedale dove lavoravo pur di poter fare vitreo-retina. La logica di questa operazione stava nel fatto che su questo laser e sul suo utilizzo giravano tante voci ed io volevo nei fatti capire, ma con numeri importanti (400 interventi in tre mesi) e in tempi brevi la sua reale potenzialità, e non come facevano in tanti, farsi mettere il laser in demo per qualche giorno, fare qualche trattamento per poi proporsi come opinion leader. Accade spesso ai congressi, soprattutto in quelli dove vengono invitati a tener relazioni gli amici degli amici, di ascoltare “pavoni” parlare di lenti fachiche o di LASIK o di esperienza con femtolaser o di grado di soddisfazione con il faco di ultima generazione o di chirurgia in 3D per poi scoprire dagli agenti di commercio che avevano impiantato non più di 3-4 lenti; o che descrivevano la loro “esperienza magistrale” con femtolaser sulla base di 20 trattamenti, così come è accaduta con i sistemi di visione 3D che negli anni 20192020 tutti si sforzavano di dimostrare che loro erano stati i primi, tutte balle. Solo per entrare nei dettagli di uno solo degli argomenti, mi piace ricordare che per quanto riguarda i primi interventi di chirurgia della cataratta con il sistema 3D, essi sono stati eseguiti il 22 ottobre 2014 nel mio centro. Nella stessa giornata della consegna del primo prototipo di questa tecnologia, abbiamo eseguito 7 cataratte di cui due con il femto, che ci risultano essere state le prime al mondo.

L’ESPLOSIONE DEL CENTRO Così, al nostro ritorno in Italia carichi come non mai, dopo il cambio di tutte le ottiche del percorso ottico e l’abolizione della strategia Multizona, il Centro di chirurgia refrattiva riprese a funzionare più che mai a gonfie vele; nel giro di poco tempo avevamo ancora i nostri 61 oculisti che venivano ad operare da noi da ogni parte d’Italia, dal Piemonte, Veneto, dal Lazio e io e Filippo facevamo da secondo a tutti insegnando e apprendendo qualcosa da ognuno di loro, ce n'era per tutti i gusti: dai classici tromboni assolutamente incapaci a persone semplici che si avvicinavano a quella chirurgia affidandosi ai nostri consigli. Tutto scorreva veloce in quegli anni mai come in 22


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

quel momento storico, Eraclito con il suo detto “tutto scorre” accompagnava il nostro cammino; la verità è che però tutto scorreva così maledettamente veloce tra mille impegni e numeri lavorativi da capogiro che in alcuni momenti avevo sin troppo netta la sensazione che stavo perdendo il contatto con la realtà e questo non riuscivo a perdonarmelo. Nel giro di poco tempo il nostro centro divenne una realtà nazionale, le mie partecipazioni ai congressi si intensificavano per non parlare della casistica chirurgica che aumentava di giorno in giorno e che spaziava già in più campi della chirurgia oculistica. Impressionante era il numero di lame per microcheratomo che consumavo, sono arrivato a lavorare con quattro microcheratomi, per non perdere tempo a sterilizzarli, salvaguardando il nostro primo fine, la tutela del paziente. Fu inevitabile l’inizio anche di una discreta avventura imprenditoriale con l’acquisizione di case di riposo, di catene di ristorazione, la realizzazione di nuovi centri di refrattiva, In breve tempo avevo riempito la zona di laser: Lodi, Varese, centro e provincia, la follia il delirio più totale ce ne saremmo resi conto dopo qualche anno quando uno dei nostri soci addirittura comprò il Calcio Como. Forte di quanto avevo appreso dal mio amico Teunis, Bruno fece il mio nome a Buratto, fu così che una mattina di buon ora mi ritrovai nel tempio sacro dell’oculistica Italiana a fare da secondo a Lucio che appena si rese conto di come padroneggiavo il laser mi promosse subito suo Key-Operator dell’intera seduta, ebbi modo di stare tutta la giornata con Lucio e di dare prova delle mie conoscenze sui laser e sui microcheratomi; fu così che Lucio mi invitò e scrivere su entrambi gli argomenti per la stesura di due suoi libri uno in Italiano ed uno in inglese, come potrò mai ringraziarti Lucio? Si decise sull’onda dei risultati che stavamo conseguendo di dare ancora più risalto al centro, fu così che nacque l’idea di organizzare un “evento locale” con chirurgia in diretta; chiamarlo congresso era decisamente troppo, ma le emozioni non mancarono. In Betulle, tutto era pronto, io e Filippo avevamo preparato tutto nei dettagli, avevamo persino allestito una camera per il riposo del “guerriero”. Per la chirurgia laser, il nostro guerriero era Paolo Pesando. Paolo si presentò in clinica alle 15.00 in punto su una fiammante Porsche. In chirurgia aprimmo con uno spettacolare “free cap” che Paolo seppe gestire in modo magistrale, il resto della serata, almeno per me fu semplicemente meravigliosa; i dettagli ve li risparmio. Con Paolo nacque una amicizia che ci avrebbe accompagnato per sempre; fu proprio in quella occasione che grazie a Paolo mi avvicinai alle lenti fachiche, ICL chiaramente, come nella scuola di Pesando; eravamo nel 1996. Permettete una piccola nota, allora questi modesti eventi avevano il grosso merito di far nascere veri rapporti di stima e di amicizia tra colleghi.

1996-1999, UN TRENO IN CORSA Arrivò, in mezzo a tutto quel trambusto, anche il momento di inaugurare quella che sarebbe dovuta divenire la “perla” della clinica le Betulle e vale a dire il Blocco operatorio; Guido ancora una volta ripose la sua fiducia in me non solo concedendomi l’onore del primo intervento, ma affidandomi il ruolo di Responsabile dell’Oculistica. (fig. 8) Anche questa nuova sfida divenne presto un successo e riuscì nell’impresa non semplice di coinvolgere tutti gli oculisti della zona; ogni tanto bisognava mettere in riga qualcuno che, non so per quale motivo, si metteva in testa di entrare in struttura in punta di piedi per poi cercare di prendere il mio posto, come quel tale che, per fare una PRK, fece arrivare in clinica una Scheimpflug camera, forte del suo potere contrattuale con l’azienda produttrice; non fecero in tempo a montarla che 23


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

Figura 8. Inaugurazione sale operatorie Clinica le Betulle

in malo modo gliela feci smontare e riportare via. Oppure quell’altra volta in cui due improvvidi individui andarono a proporsi per prendere il mio posto a Guido, senza sapere che la tecnologia in clinica era nostra e che Guido era mio socio oltre che amico fraterno: non solo mediocri nella vita e nella professione ma anche poco furbi, diciamo così. Alla chirurgia refrattiva si avvicinò anche il Prof. Fernando Trimarchi, Direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Pavia, mio Maestro nella chirurgia, e io feci di tutto perché ciò accadesse; devo dire che, grazie all’apertura del blocco operatorio, non fu difficile (chiaramente lui a casa mia era il padrone e così feci in modo che fosse) e iniziò così a frequentare la clinica “Le Betulle” tutti i mercoledì pomeriggio. Trovava i pazienti già pronti da operare e spesso gli affidavamo i nostri pazienti per qualche intervento più complesso. Fu così che anch’egli si avvicinò alla chirurgia refrattiva, studiando (me ne accorgevo dalle domande che faceva) prima di avvalersi dei miei consigli e divenendo in breve tempo in grado di eseguire con assoluta padronanza una LASIK. Con Trimarchi si creò un vero asse, si accorse che ero un fedele e leale allievo ma che soprattutto sapevo cosa volesse dire la riconoscenza. Tra il moltiplicarsi degli impegni e delle attività, non ebbi il tempo di rendermi conto che Trimarchi mi stava confezionando il più bel dono della mia vita professionale; mi ritrovai così nel 1996 ‘Professore a contratto” presso la Scuola di Specialità della Clinica Oculistica dell’Università di Pavia nella materia la Chirurgia Refrattiva. Si trattava del primo corso di insegnamento in questa materia in tutta Italia e vi garantisco che 25 anni fa per un titolo del genere c’era gente 24


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

pronta a farsi crocifiggere. Grazie Fernando, grazie di cuore! Era un sogno che, quando sono partito da Napoli, non avrei mai pensato di poter raggiungere! Il 28 e 29 maggio del 1997 sempre per iniziativa di Bruno organizzammo in Betulle il primo corso di impianto di anellini Intrastromali relatore del corso il Prof. David Schanzlin direttore del corso Fernando Trimarchi chirurgo Giorgio Tassinari; anche in quella occasione fummo onorati dalla presenza di colleghi che arrivavano da tutta Italia e anche questo evento contribuì a far crescere la mia voglia di apprendere e fu così che mi avvicinai con entusiasmo a questa chirurgia che nel 2004, pioniere in Italia, iniziai ad interpretare con la tecnologia femtolaser. Il 1998 -99 fu il periodo della “follia congressuale” più assoluta, praticamente si viveva con la valigia in mano, ed il solito gruppo, di settimana in settimana, si muoveva in giro per l’Italia a presenziare i vari eventi congressuali; fu un bel periodo quello che ci permise di maturare molte esperienze e di consolidare molte amicizie. Fu proprio nel marzo del 1998, una settimana dopo che avevo operato Filippo di LASIK bilaterale per una miopia di sei diottrie, che una sera sul bordo piscina dell’hotel Sheraton di Cannizzaro (CT), in occasione di un evento congressuale organizzato a Catania da Zagari ci ritrovammo con un gruppo di colleghi. Fu in quella occasione che ebbi modo di conoscere un vero gigante dell’oculistica, un personaggio che ha fatto la storia dell’oculistica Italiana, Costantino Bianchi. Fu quello l’inizio di una lunga e fraterna amicizia: Costantino mi ha onorato della sua amicizia dando anche un enorme contributo alla crescita del nostro gruppo di lavoro, quando da lì a qualche anno iniziò a frequentare al mercoledi la nostra sala operatoria di Como. Sotto l’aspetto umano, memorabile fu sua “performance” di compositore, pianista e interprete di una rivisitazione della celebre “o mia bella madonnina” appositamente interpretata da Costantino per me in occasione della mia nomina di “Maestro dell’oftalmologia Italiana” avvenuta nel 2011”. Grazie Amico mio per quanto sei stato e rimani nella mia vita. ■ Sempre nel 99, grazie al solito Bruno, mi si presentava una nuova opportunità per la mia crescita professionale, l’incontro con la tecnologia laser WaveLight Allegretto. Un pomeriggio Bruno mi chiese la cortesia di incontrare Doris Kittmann, Product Manager dell’azienda WaveLight di Norimberga. Appena arrivata Doris mi chiese di fare da sperimentatore in Italia per un innovativo e rivoluzionario laser ad eccimeri con spot da 1 mm e frequenza elevata (200 Hz), così come l’eyetracker sempre ad elevata frequenza e sempre in formula passivo e attivo: caratteristica di questa tecnologia stava soprattutto nel fatto che non necessitava per la sua installazione di un locale con parametri di temperatura e umidità determinati e costanti e questo grazie alla peculiarità allora unica di essere corredato di un percorso ottico sigillato e mantenuto sempre pulito grazie ad un flusso di azoto: Doris mi propose un acquisto con uno sconto enorme, le risposi subito che non volevo sconti e che, se avesse voluto, avrebbe potuto installare il laser nel locale che le avrei indicato, mi prendevo due mesi di tempo per verificarne il funzionamento, dopo di che, se i trattamenti fossero stati di mio gradimento avrei acquistato il laser e a prezzo pieno, senza sconti. Così iniziò un’altra avventura, feci posizionare il laser in un locale privo di climatizzazione, con una parete a vetrata, irradiata dal sole (location praticamente da censura in quei tempi per un laser ad eccimeri), procedemmo con i trattamenti; verificai i risultati, la fluenza del laser non risultò minimamente influenzata dalle condizioni ambientali e, quel che mi sorprese di più è che davvero il risultato refrattivo era esattamente quello atteso, in modo particolare mi stupì l’ampiezza della zona ottica che era esattamente quella impostata e desi25


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

derata; "What you want is what you get", scriveva allora il marketing ed era veramente così grazie ad un fattore di correzione dell’energia negli spot più periferici destinato a fare scuola per le evoluzioni tecnologiche successive. Fu così che costituì l’ennesima società per importare e vendere il laser in Italia e del resto la propensione all’autonomia era scritta da sempre nel mio DNA. Al primo anno abbiamo venduto 10 laser. Portai i miei risultati a congressi nazionali e internazionali e mi feci promotore di quella tecnologia che volevo fosse conosciuta, sfruttata ed ampliata il più possibile. Come è sotto gli occhi di tutti, i fatti e il tempo mi hanno dato ragione. (fig. 9)

Figura 9. Laser WaveLight collocato in una stanza di prova

■ Sempre nel 99, l’attenzione del mondo oftalmologico iniziò a rivolgersi verso temi come “ la qualità della visione” e, nella speranza di poterla migliorare, prese a studiare i difetti in grado di comprometterla. Così, mentre alcuni termini come miopia e ipermetropia cominciavano ad essere denominati ‘defocus’, altri ben più ridondanti fecero il loro ingresso tra i dotti: l’astigmatismo fu classificato (primo e secondo ordine), e ci si dovette confrontare con coma (la coma e non il coma, come ci insegnò Co26


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

stantino Bianchi), trifoglio, quadrifoglio, di primo, secondo, terzo, elevato ordine; in poche parole: le aberrazioni. Avevamo scoperto l’acqua calda, dato che gli astronomi, avvezzi all’uso dei telescopi e dai quali devono ottenere immagini di qualità sopraffina se vogliono decifrare i segreti dell’Universo posti a milioni di anni luce di distanza dal punto di osservazione, le conoscevano molto bene e da lungo tempo. Anche in questo caso, l’ottica è una delle mie materie preferite e il testo ‘Ottica fisiopatologica’ di Filippo Contino è stata per me una delle sfide più ardue sulla carta stampata - decisi che dovevo comprendere di cosa si trattasse e quanto utile potesse essere alla mia crescita professionale. Raccolsi così una gran quantità di materiale, mi cimentai con i polinomi di Zernicke, scrissi dozzine di pagine di appunti, cercai di comprendere come interpretare queste nuove conoscenze, come potessero interferire sulla visione e come, correggendole, si potessero migliorare i risultati refrattivi, peraltro già eccellenti in quanto in grado di liberare i nostri pazienti dalla dipendenza dagli occhiali. Ma gli ‘scienziati oratori’ parlavano di ‘eagle-eye vision’, di supervista, di 20/10. Insomma, mi informai per sapere quali fossero gli strumenti per studiare queste aberrazioni, ma esistevano allora almeno due tecnologie basilari: quella basata sul sensore di Hartmann-Shack (Zywave, di Bausch & Lomb) e quella sul sensore di Tscherning (Wave Analyzer di WaveLight). Quale scegliere? Dopo che mi chiesero di partecipare al congresso SOI e di stendere un capitolo di tecnologia parlando proprio di questo argomento (Relazione SOI del 2000), non mi potevo certo permettere il lusso di arrivarci impreparato, così decisi… di prenderli entrambi. Ne nacquero pubblicazioni, presentazioni, capitoli e persino un manuale video che registrammo un sabato pomeriggio nel mio studio di Appiano Gentile e che forse qualcuno ricorda perché ebbe una certa diffusione. Al congresso di Franco Caimi nel 2001 tenemmo un corso magistrale sull’argomento. Aberrometria e correzione aberrometrica: fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Io so solo che in quei pochi pazienti nei quali ho voluto confrontare un trattamento standard con uno customizzato su base aberrometrica ho ottenuto risultati sconfortanti: qualcuno ancora lamenta la scarsa qualità della visione nell’occhio corretto aberrometricamente e il primo paziente in assoluto da me trattato aveva, dopo il trattamento, la stessa pachimetria e lo stesso astigmatismo elevato del preoperatorio. Ciononostante, quegli studi mi permisero di avere grande confidenza con la materia e in particolare con l’aberrazione sferica, fin qui ancora non citata, che fu poi la protagonista della correzione della presbiopia sia con laser (ad esempio l’attuale trattamento Presbyond) che con lenti Premium. ■ L’8 maggio del 1999 grazie a Lucio Buratto, l’AICCER mi invitava al congresso di Roma come chirurgo. Il Congresso già allora prevedeva la chirurgia in diretta, dalla clinica Quisisana, diretta dal mio amico Italo Cantera, e a me fu affidato il compito di eseguire una LASIK bilaterale mentre in contemporanea operava nientemeno che Richard Lindstrom; un’esperienza meravigliosa operare a fianco di un’icona mondiale della chirurgia oftalmica. Nei minuti che precedettero l’intervento, ebbi modo di spiegare a Richard come funzionava l’Eye Tracker, scendendo nei dettagli tecnici e operativi – che avevo appreso dall’amico Teunis. Egli ne fu colpito, al punto che, incontrandomi a Roma alcuni anni dopo, sorridendo soddisfatto, se ne ricordò. L’intervento fu semplicemente esaltante anche perché, al momento del collegamento, mi feci trovare pronto per attivare la suzione e non mi restò che inguainare il microcheratomo che tenevo con la seconda mano e azionare il pedale di taglio. I presenti quasi non ebbero il tempo di realizzare quegli interminabili (per me) secondi, trascorsi i quali, la fase di trattamento e di riposizionamento del taglio furono una passeggiata. Il tutto non durò più di un paio di minuti. 27


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

ANCORA 1999, L’ANNO DELLA REFRATTIVA IN CONVENZIONE Tutto sembrava andare per il meglio ma ecco che la solita politica, nell’intento di compiacere qualcuno, nel giugno del ‘99 portò la Giunta Regionale della Lombardia a varare una delibera con la quale si introduceva la chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri in convenzione con un rimborso di 800 mila lire. Proprio così! (la delibera n. VI/42606 del 23.04.1999). Questa circostanza indusse i vertici dell’istituto Clinica Villa Aprica di Como a offrirmi il ruolo di responsabile dell’unità funzionale di oculistica a condizione che mi fossi occupato anche della realizzazione dei centri di chirurgia refrattiva di Como, Zingonia e Milano. Fu una scelta difficile la mia, ma alla fine, non fosse altro per non far arrivare in casa mia qualche cialtrone che in barba alle severità scientifiche avesse iniziato a fare PRK a cani e porci, così come sarebbe poi successo in altri posti, accettai. Che sotto il mondo “chirurgia refrattiva” si nascondessero loschi giochi di interessi mi era già capitato di appurarlo, ma quello che ebbi modo di constatare appena arrivato in Villa Aprica fu semplicemente disgustoso; intanto nella struttura, tra alcuni professionisti, era consuetudine il comparaggio con gli ottici ma ancor più vergognoso fu dover constare che era già stato assunto l’impegno con una azienda per la fornitura di due laser ad una cifra vergognosa, molto alta, e quando io ebbi la forza di bloccare questa trattativa in quanto desideravo un laser, Bausch & Lomb, si aprì un mondo ai miei occhi; da lì a pochi giorni fui raggiunto da chi aveva formulato la proposta dei due laser ad una cifra esorbitante il quale candidamente mi disse che la cifra era così alta perché contemplava anche la fornitura di un terzo laser che io potevo decidere dove collocare; ancora corre il poveretto e i laser nelle strutture del Gruppo San Donato furono i Bausch & Lomb. A mio avviso la refrattiva in convenzione ha sancito la morte della chirurgia refrattiva stessa e se volete vi do solo alcune delle motivazioni che stanno alla base di questa mia affermazione. In primo luogo, quelli che sino a questo momento si erano dedicati a quest’arte l’avevano fatto con una dedizione estrema, avevano passato giornate intere sui libri, avevano scambiato esperienze, avevano viaggiato per imparare, ma soprattutto rischiavano del loro in prima persona. Ora arrivava un imprenditore con il fiuto per l’affare e metteva a diposizione questa tecnologia a cani e porci che percepivano un guadagno da ogni intervento eseguito a prescindere dalla valutazione clinica, a prescindere da tutto, con la possibilità di diventare subito una “star” nel nome dei numeri, tanto di PRK ne potevi fare quante ne volevi. In secondo luogo, la delibera stessa conteneva tutte le contraddizioni dell’incompetenza assoluta, non prevedendo alcuna distinzione tra PRK e LASIK, per cui a fronte dei costi molto più ridotti per la PRK, tutte le strutture sanitarie si attrezzarono per quest’ultima tecnica ed anche in considerazione del fatto che di “scimmie” da addestrare alla PRK ne trovavi quante ne volevi, ma di professionisti che padroneggiavano, PRK, LASIK, lente fachiche quanti ne trovavi? Fu così che in Lombardia nacquero dei veri ‘PRKfici’, strutture dove non si faceva un calazio ma in compenso si producevano 3000-4000 e oltre PRK l’anno. Accadeva così che in quegli anni un miope di 1 diottria andava in ospedale e si faceva la sua bella PRK in convenzione (ed erano in tanti, veramente in tanti, di ogni ceto sociale, con una sottrazione enorme di risorse alle vere necessità della sanità pubblica) e per contro si trovava il paziente miope di 7 diottrie o ancor peggio di 20 diottrie a cui, nella migliore della ipotesi, veniva sconsigliata la PRK per essere inviato verso strutture private ove eseguire una LASIK o un impianto di IOL fachica; peggio ancora andava a chi, avendo una miopia di 15-20 diottrie veniva esegui28


Capitolo 1 Un sogno diventato realtà

ta una PRK in convenzione, giusto per non perdere la “marchetta”; povera Italia! Miserevoli furono alcuni fenomeni di sciacallaggio sulle liste di attesa, con il verificarsi di strani giochi che prevedevano una via privilegiata se il paziente andava a farsi visitare in studio privato dal primario o da qualche assistente; non lamentiamoci poi della politica, non è che noi medici abbiamo sempre brillato per deontologia; vabbè lasciamo perdere, penso sia meglio. Ancora più infelice e distruttivo fu il fenomeno dei “laser a noleggio”, ma come potevate pensare che una azienda vi portasse sin dentro casa un laser, ve lo montasse e smontasse per soli 7-8 trattamenti magari a due lire di noleggio, ma come potevate pensare di avere a disposizione un laser perfettamente funzionante, e come potevate pensare di eseguire interventi dentro a camper con laser privi di qualsiasi controllo di qualità? E tutto questo solo perché volevate fare i “fichi”, ma se non potete permettervi certe cose non potevate lasciare perdere perché poi a farci le spese sono i pazienti, e infatti…. In breve tempo assistemmo ad un proliferare di pessimi trattamenti, iniziarono i primi rumori da parte di pazienti insoddisfatti, sempre più denunce un po’ in tutta Italia; venne mossa una vera campagna denigratoria nei confronti della chirurgia refrattiva. Il ‘de profundis’ si recitò in una trasmissione televisiva il 13 gennaio del 2004 dove al Maurizio Costanzo Show furono riuniti attorno ad un tavolo alcuni pazienti (Marco Palmisano, Fabio Marengo, Graziella Milani, Gualtiero Terenzi) che con le loro testimonianze completarono il quadro della disfatta. Ancora oggi sono ben contento di aver accettato quell’incarico di responsabile di oculistica presso l’Ospedale Villa Aprica di Como, incarico che mi veniva affidato proprio in virtù delle mie particolari conoscenze in materia di chirurgia refrattiva; ma proprio perché chiamato a gestire uno dei primi centri di chirurgia refrattiva in convenzione d’Italia sin da subito con i miei collaboratori elaborammo un decalogo da tutti noi sottoscritto. Nessun paziente avrebbe avuto vie privilegiate, niente giochi meschini, si operavano con il laser miopie sino a meno 6 di sfera, oltre non eseguivamo interventi; numeri contenuti perché ogni paziente veniva scrupolosamente selezionato, (in alcuni centri ti leggevano l’occhiale in uso e ti operavano, ditemi voi se non siamo una massa di bip bip …). Il tempo è galantuomo se ancora oggi dopo 20 anni e dopo che la chirurgia refrattiva in convenzione è stata censurata nel giugno 2003 io sono ancora qui al mio posto e molti, se non tutti, gli istrioni di quel momento sono scomparsi dalla scena. Per fortuna che per loro, dopo il mio arrivo in Villa Aprica nel settembre 99, non sarei restato a sufficienza per mangiare il panettone… Sempre nel 1999 iniziò la mia fantastica avventura in Africa che è durata 17 anni, 17 anni di amore puro, ma questa è un’altra storia, un libro a parte.

L’ADDIO ALLA “BETULLE” Il fatto di aver assunto l’incarico di responsabile di “Villa Aprica” non mi lasciava sereno per le “Betulle” e da lì a poco, così come avevo temuto, arrivò lo scontro. Un “figlio di papà” seduto dietro ad una scrivania, con fare borioso mi chiedeva esplicitamente e con arroganza di chiudere i miei studi e di portare tutta la mia attività esclusivamente all’interno della sua struttura “Le Betulle”. Il tipo era convinto di avermi in pugno, lui non sapeva che tutta l’attrezzatura in 29


S T O R I A D E L L A C H I R U R G I A R E F R A T T I VA

clinica compreso il laser ad eccimeri, fossero di mia proprietà e che da tempo avevo comprato un centro tutto mio a Saronno. Gli risposi con poche parole ma dirette che ancora a distanza di anni ricordo: ”La sua proposta è una offesa alla mia intelligenza almeno che lei non mi voglia cedere il 51% delle azioni della clinica” si mise a ridere pensava che io scherzassi, in ogni caso aggiunsi, nei prossimi giorni manderò un camion a prendere la mia roba. Perché un camion? disse lui, perché tutto quello che c’è nel centro è mio, mi alzai e mi avviai verso la porta senza però prima togliermi la soddisfazione di vedere la sua faccia. Da lì a qualche giorno un camion arrivò in Betulle e svuotò la struttura di tutta la tecnologia oculistica. L’oculistica non c’era più e non ci sarebbe mai più stata.

INAUGURAZIONE DEL MIO CENTRO DI SARONNO Nel 2003, i tempi erano maturi per fare il grande salto, mettersi in proprio, dopo la ponderata scelta della logistica, Saronno mi sembrò il posto migliore: autostrada dietro al centro, stazione ferroviaria, aeroporto di Malpensa a uno sputo. Decisi di acquistare l’immobile all’interno di un grosso centro commerciale; non poche furono le vicissitudini per portare a casa l’immobile bloccato nel 99, sulla carta con una grossa cifra, nel 2003 con la legge Tremonti, che portava enormi vantaggi fiscali a chi acquistava immobili per realizzare imprese, i prezzi degli immobili lievitarono alle stelle, l’avvento dell’euro seppe fare il resto. Al realizzarsi di questo nuovo panorama economico, i venditori volevano rescindere il compromesso, niente potettero gli avvocati, molto fecero gli amici, e la realizzazione del centro divenne realtà. Inaugurammo il centro nel 2003 con un congresso nella prestigiosa sede di villa Erba a Como con chirurgia in diretta dal centro di Saronno. Invitai i maggiori esperti italiani, Buratto con la sua chirurgia chiaramente ancora una volta primeggiava, ma chirurghi come Ligabue, Merlin, Carones, Galan, Morselli, Micheletto apportarono l’enorme contributo della loro maestria all’evento, fu anche quello il momento in cui decisi che non avrei più organizzato nessun altro evento, il mondo oculistico iniziava un po’ a stancarmi. (fig. 10)

Figura 10. Lucio Buratto alla live surgery del centro

30


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.