Lenti a potere variabile - Dalla refrazione alla consegna dell'occhiale

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Luigi Mele, Matteo Fusi - Giuseppe Migliori

Silvano Abati Matteo Fusi - Giuseppe Migliori

LENTI A POTERE VARIABILE

e 80,00

ISBN: 978-88-31256-23-0

Fabiano Gruppo Editoriale

Dalla refrazione alla consegna dell’occhiale

LENTI A POTERE VARIABILE

Dalla refrazione alla consegna dell’occhiale

Determinazione del potere per lontano e corretta addizione Lenti progressive a porto abituale Lenti per vicino-intermedio Rilevamento parametri manuale e computerizzato Corretto montaggio e consegna dell’occhiale Fabiano Gruppo Editoriale




Copyright 2020 Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale Grafica e stampa: FGE srl Disegni e illustrazioni: Massimiliano Crespi

ISBN 978-88-31256-23-0 Prima Edizione: Dicembre 2020

FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti 16, Milano Sede Operativa: Reg. Rivelle 7/F – 14050 Moasca (AT) – Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 info@fgeditore.it – www.fgeditore.it


Sommario

Presentazione...................................................................................................................................................................................... 5 Premessa..................................................................................................................................................................................................... 7 Capitolo 1. Determinazione del potere per lontano e corretta addizione...............................11 Capitolo 2. Lenti progressive a porto abituale...................................................................................................................31 Capitolo 3. Lenti per la compensazione del vicino intermedio...............................................................71 Capitolo 4. Rilevamento parametri per un corretto montaggio..............................................................89 Dizionario essenziale........................................................................................................................................................ 105



Presentazione

Nel settore della compensazione della presbiopia con ausili ottici, le lenti che più riescono a rendere la visione del presbite vicina a quella del non presbite sono sicuramente le lenti progressive (L.P.). In queste lavoro, senza entrare in tecnicismi, dopo aver illustrato nella prima parte le tecniche per una corretta refrazione per lontano e la corretta determinazione dell’addizione, verrà fornita nel secondo capitolo una descrizione delle L.P. costruite con parametri standardizzati e previste per un uso generico definite solitamente come “L.P. standard a porto abituale”. Verranno poi illustrate le limitazioni di questa tipologia di L.P. e come queste possano essere generalmente superate utilizzando L.P. personalizzate (individuali). Di queste, oltre a fornire le indicazioni basilari necessarie a comprenderne l’uso, verranno illustrati i vantaggi e i casi in cui diventa pressoché indispensabile il loro utilizzo. Nella terza parte, vengono illustrate le tipologie di lenti per attività specifiche, definite “indoor” o per vicino-intermedio, ne vengono descritte le caratteristiche e le peculiarità fornendo indicazioni per ottimizzarne l’uso. Nell’ultima parte vengono illustrate le metodiche per il rilevamento manuale e computerizzato dei parametri necessari per un corretto montaggio ed i controlli da eseguire a lenti approntate. La trattazione si conclude illustrando una serie di accorgimenti e indicazioni per il portatore da mettere in atto alla consegna dell’ausilio.



Premessa

Uno dei compiti che l’ottico-optometrista si trova ad affrontare più di frequente è il trattamento dei soggetti presbiti; questo prevede di determinare la corretta determinazione del potere per lontano e il giusto valore di addizione (*) (Add.), di consigliare quando e come utilizzare l’occhiale per vicino e di illustrare le caratteristiche degli ausili visivi che vengono proposti. Il cristallino, organo responsabile dell’accomodazione (*), invecchiando riduce progressivamente la capacità di modificare la propria curvatura; ciò provoca una diminuzione del potere accomodativo (*) e di conseguenza un allontanamento del punto prossimo (*) dall’occhio. La riduzione dell’ampiezza accomodativa (*) continua fino all’età di circa 60 anni. Questo comportamento comincia a creare problemi mediamente dai 40 anni in poi, età in cui insorgono i primi segni di affaticamento o di sfuocamento (*) nella visione da vicino. La difficoltà non è legata solo al valore d’accomodazione disponibile, ma anche alle esigenze visive cui la persona deve far fronte: se consideriamo, ad esempio, due soggetti che hanno la stessa ampiezza accomodativa ma dei quali uno usa la visione da vicino solo per leggere per pochi minuti, mentre l’altro deve sostenere un’intera giornata di lavoro a distanza prossima, è intuibile come quest’ultimo manifesterà molto prima i sintomi della presbiopia. Il soggetto presbite non corretto o sottocorretto riferisce di essere costretto a “sforzare” i propri occhi quando svolge le attività da vicino; ciò provoca l’insorgenza di disturbi astenopici (*) caratterizzati da mal di testa, bruciore degli occhi, nausea e sonnolenza. La spiegazione più realistica di questo sintomo è che lo sfor-


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zo accomodativo (*) necessario va ad intaccare quella riserva di potere accomodativo non sfruttata, generalmente valutata come corrispondente alla metà o ad un terzo del potere accomodativo stesso, che consente di mantenere una visione confortevole nel tempo. Inoltre lo sforzo accomodativo può richiamare un valore eccessivo di convergenza accomodativa (*) inducendo affaticamento anche a livello del sistema motorio. Anche le ametropie presenti influenzano l’insorgenza della presbiopia in modo diverso a seconda che siano corrette o meno: l’ipermetrope non corretto o sottocorretto ha il punto prossimo più lontano dell’emmetrope, cosicché i sintomi della presbiopia compariranno in anticipo; al contrario, il miope non corretto o sottocorretto sfrutta l’eccesso di potenza del suo occhio per compensare il deficit accomodativo e questo ritarderà la comparsa dei problemi legati alla presbiopia. Nel caso in cui l’ametropia sia corretta con lenti oftalmiche vi è ugualmente un comportamento diverso: al miope è richiesto uno sforzo accomodativo minore ed all’ipermetrope maggiore rispetto ad un soggetto emmetrope o corretto con lenti a contatto: l’entità della variazione dipende della potenza della lente oftalmica e dalla sua distanza dall’apice corneale (DAL). Nella fase incipiente della presbiopia vengono riferiti disturbi che insorgono principalmente nelle ultime ore della giornata lavorativa a causa della stanchezza accumulata. Nella fase conclamata verrà riferito sfocamento alle brevi distanze, difficoltà per leggere i caratteri piccoli, i numeri di telefono o infilare l’ago. L’Add. da prescrivere ad un presbite deve essere tale da permettergli visione nitida e confortevole a distanza ravvicinata; questo si ottiene facendo in modo che il soggetto utilizzi solo una parte del potere accomodativo di cui dispone, lasciando la restante come riserva inutilizzata. Nel calcolo dell’Add. quindi, non si deve tener conto di tutto il potere accomodativo disponibile, ma solo di una parte di esso la cui entità varia in funzione del criterio cui si fa riferimento: per alcuni autori (Lawrence 1920, Maxwell 1937) la riserva deve essere pari alla metà dell’ampiezza accomodativa, mentre secondo altri (Sheard 1918, Giles 1965) tale valore è sufficiente che sia pari ad un terzo del potere accomodativo

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totale. È quindi previsto che si conosca l’esatta distanza di lavoro e l’ampiezza accomodativa: la prima sarà misurata dopo aver chiesto al soggetto di posizionare l’ottotipo alla distanza cui di solito legge o lavora, mentre il potere accomodativo si può determinare in base ai valori medi legati all’età o, meglio, misurandolo direttamente con opportuni test optometrici. Si deve quindi arrivare a prescrivere una correzione che consenta una visione nitida e confortevole alle distanze a cui il soggetto abitualmente legge, lavora o svolge il proprio hobby. Non bisogna dimenticare tuttavia che il soggetto dovrà adattarsi ad una visione diversa da quella a cui era abituato, in particolare per quanto riguarda il restringimento dell’intervallo di visione nitida (*), questo si verificherà sia la prima volta che metterà gli occhiali per vicino e ancor più tutte le volte che si renderà necessario un aumento dell’Add. Spesso una lente monofocale non consente di avere un intervallo di visione nitida ottimale, per questo motivo sarebbe consigliabile passare a lenti progressive. La prima addizione non dovrebbe superare 1.25-1.50 dt poiché valori superiori potrebbero provocare disturbi al sistema delle vergenze. Per successivi incrementi sarebbe preferibile che le variazioni di addizione non superassero le 0.50-0.75dt. Quando ci si trova di fronte ad un soggetto che necessita di una Add. più alta, si deve prescrivere il minimo valore di positivo che consente una visione nitida e confortevole, tenendo presente che l’occhiale porterà già un netto miglioramento e che in molte attività per vicino non è richiesta l’acuità visiva massima (es. per leggere il giornale a 40 cm. sono sufficienti 5-6/10) e spesso le distanze effettive di lavoro sono maggiori di quelle riferite in fase d’esame. L’avvento delle L.P. ha molto aiutato nella soluzione di queste problematiche pur con alcune limitazioni, intrinseche al loro progetto, soprattutto per la visione alle distanze intermedie. Alla fine dell’esame optometrico si dovrà illustrare al presbite come funzionerà l’occhiale che gli viene proposto, gli si farà notare lo spazio in cui funziona, sottolineando le difficoltà che incontrerà nella visione alle altre distanze. In questo momento è possibile registrare le sue reazioni, per capire quale tipologia di lente sarà più idonea alle sue esigenze.

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Capitolo 1. Determinazione del potere per lontano e corretta addizione

La refrazione per prescrivere L.P. non si differenzia molto rispetto ad una prescrizione tradizionale, anche se è necessario avere alcuni accorgimenti particolari. Se non partiamo da una refrazione oggettiva l’iter da tenere presente potrebbe essere il seguente: – ricerca della BVS (*) – valutazione dell’astigmatismo in monoculare – rifinitura dell’asse e del potere dell’astigmatismo in binoculare – bilanciamento dell’accomodazione – determinazione dell’addizione

1.1 Ricerca della BVS 1.1.1.Miopia La miopia viene sempre compensata con la minima lente negativa che dà la massima acuità visiva. In funzione dell’acuità visiva presente, almeno che non scenda al di sotto di 1/10, si può calcolare il difetto refrattivo considerando che ogni 0.25 dt di miopia il nostro occhio perde circa una riga dell’ottotipo ad andamento logaritmico; considerando per un occhio medio emmetrope una AV di circa 12,5/10 potremo stimare, su scala logaritmica, che per AV misurate da 10/10 a 1/10 avremo miopie da 0.25 a 2.75 dt. Per una corretta refrazione è consigliabile aumentare il potere della lente negativa con intervalli di 0.25 in 0.25 dt. In caso, però, di miopie medio-elevate il lavoro risulta essere troppo rallentato, quindi è consigliabile iniziare inserendo lenti di potere più elevato e passare successivamente a quelle di 0.25 dt, nel seguente modo: • AV < 2/10: inserire lenti con variazione di -1.00 in -1.00 dt • 2/10 ≤ AV ≤ 6/10: inserire lenti con variazione di -0.50 in -0.50 dt • AV > 6/10: inserire lenti con variazione di -0.25 in -0.25 dt. 1.1.2 Ipermetropia L’ipermetropia viene sempre compensata con la massima lente positiva che non riduce l’AV, in quanto l’occhio ipermetrope è meno potente di quello emmetrope e tende a compensare l’ametropia accomodando, (ipermetropia manifesta). In caso di soggetti presbiti può essere consigliabile eseguire lo sfuocamento inverso, metodo refrattivo monoculare che viene utilizzato in quei soggetti che hanno un potere accomodativo limitato. Iniziamo aumentando il potere positivo della lente di 0.25 in 0.25 dt fino a raggiungere il massimo visus.


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Esempio: AV naturale Sf. +0.25 dt Sf. +0.50 dt Sf. +0.75 dt

5/10 6/10 7/10 8/10

Sf. +1.00 dt Sf. +1.25 dt Sf. +1.50 dt

9/10 10/10 9/10.

Una volta ottenuto questo peggioriamo la visione aggiungendo +0.75 dt all’ultima lente che migliora il visus oppure aggiungendo +0.50 dt alla prima lente che peggiora il visus. A questo punto iniziamo a diminuire la potenza della lente chiedendo ogni volta all’esaminato di leggere l’ottotipo e inducendo così un rilassamento forzato dell’accomodazione, fino a riportare l’AV a 10/10. Come in tutti i metodi di misura dell’ipermetropia tutte le volte che si cambia il potere della lente si deve prima inserire la nuova lente e poi togliere la lente precedente, in modo da non fare mai accomodare il soggetto.

1.2 Compensazione dell’astigmatismo con il cilindro crociato di Jackson Il cilindro crociato (c.c.) è una lente particolare che viene usata durante l’esame refrattivo soggettivo per determinare l’entità e la direzione dell’astigmatismo presente in un occhio. Il cilindro crociato è composto da una lente bicilindrica con potenze, in valore assoluto, uguali, ma di segno opposto sui 2 meridiani principali a 90° tra loro, ed una impugnatura che permette facilmente di ruotare la lente e quindi di invertire la posizione degli assi dei due cilindri davanti all’occhio (Figura 1.1). Molto importanti sono anche i riferimenti presenti sulla lente, solitamente di colore rosso in corrispondenza dell’asse del cilindro negativo e di colore bianco o nero o verde in direzione dell’asse del cilindro positivo. L’uso del cilindro crociato è molto importante durante la refrazione, poiché permette di determinare l’entità dell’astigmatismo e di valutare con elevata precisione l’asse. I cilindri crociati più utilizzati sono quelli ±0.25 dt e ±0.50 dt, ma in commercio si possono trovare le seguenti versioni:

Figura 1.1. Cilindro crociato di Jackson


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±0.125 con sferocilindrica sf +0.125 cil -0.25 e trasposta sf –0.125 cil +0.25 ±0.25 con sferocilindrica sf +0.25 cil –0.50 e trasposta sf –0.25 cil +0.50 ±0.50 con sferocilindrica sf +0.50 cil –1.00 e trasposta sf –0.50 cil 1.00 ±0.75 con sferocilindrica sf +0.75 cil –1.50 e trasposta sf –0.75 cil +1.50 ±1.00 con sferocilindrica sf +1.00 cil –2.00 e trasposta sf -1.00 cil +2.00 1.2.1 Utilizzo del cilindro crociato per l’evidenziazione del potere e dell’asse del cilindro correttore Per la scelta del cilindro crociato da utilizzare bisogna tenere conto dell’acuità visiva (AV) che l’esaminato raggiunge con la BVS. Se l’AV è ~5-6/10 si può utilizzare subito il cilindro crociato di ±0.25 dt, mentre se l’AV è minore si inizia con quello di ±0.50 dt e al migliorare dell’AV si passa a quello immediatamente inferiore. La rifinitura finale eventualmente può anche essere fatta con il c.c. di ±0.125 dt. Le mire ottotipiche più utilizzate sono le seguenti (Figura 1.2): – lettere dell’ottotipo: si invita il soggetto a guardare una letterina (preferibilmente rotondeggiante, come la O o la C o la D) corrispondente ad una acuità visiva 2-3/10 inferiore a quella raggiunta con la BVS, – anelli di Landolt: si presenta un anello di Landolt, sempre più grande rispetto a quelli della massima AV raggiunta, – mira a punti: questa mira è stata progettata appositamente per l’utilizzo del il cilindro crociato; è composta da una serie di punti neri che sottendono un angolo di 2’ disposti a griglia. In alcuni ottotipi è possibile averne anche di dimensioni maggiori o minori in funzione dell’AV presente. Per utilizzare correttamente il cilindro crociato è necessario che, in presenza di astigmatismo, il disco di minima confusione si trovi sulla retina, quindi che le due focali astigmatiche si trovino alla stessa distanza diottrica da essa. Una volta stabilita la lente sferica equivalente, BVS, si procede nel seguente modo: – si pone il cilindro crociato davanti all’occhio del soggetto con assi orientati a 90° e 180° (Figura 1.3a), poi verrà ruotato attorno al suo manico di 180°, in modo da invertire il segno degli assi del cilindro presente sui due meridiani. Proponendo le due posizioni del cilindro crociato il soggetto dovrà riferire con quale delle due vede la mira meno deforma-

Figura 1.2. Vari tipologie di mire utilizzate con il cilindro crociato


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ta e sfocata, cioè meglio. La posizione preferita dovrà essere annotata tenendo in considerazione l’asse del cilindro negativo, indipendentemente dal tipo di lente sferica, poiché, lavorando con cilindri negativi, siamo in grado di tenere meglio sotto controllo l’accomodazione. Se si usa il forottero spesso sono disponibili solo i cilindri negativi – Si ripete la stessa azione precedente, posizionando, però gli assi del cilindro crociato su meridiani obliqui a 45° e 135° (Figura 1.3b), anziché 90° e 180°, e di nuovo si fa scegliere tra le due posizioni quella preferita. Se il soggetto, per esempio, al punto 1 ha preferito l’asse del cilindro negativo a 180° ed al punto 2 a 135° si potrà dedurre che l’asse del cilindro correttore sarà compreso tra 135° e 180° e si potrà inserire davanti alla BVS la sferocilindrica risultante dal cilindro crociato utilizzato con asse intermedio. Utilizzando il cilindro crociato di ±0.25, nell’esempio, si inserirà sf +0.25 cil -0.50 con asse intermedio alle due posizioni preferite, ovvero 155° - 160°. Ovviamente la sfera di +0.25dt si sommerà algebricamente alla BVS, oppure possiamo inserire semplicemente un cil –0.25 ax 155°- 160° e variare la sfera solo se il soggetto accetta un incremento del cilindro stesso (ad ogni variazione cilindrica di 0.50 dt variamo la sfera di 0.25 dt per mantenere inalterato l’equivalente sferico). Esempi per l’inserimento del primo cilindro sull’occhiale di prova o sul forottero: – il soggetto preferisce la posizione dell’asse negativo prima a 90° (tra 90 e 180°) poi a 135° (tra 45° e 135°) => si inserisce: cil –0.25 ax 110° – il soggetto preferisce la posizione dell’asse negativo prima a 90° (tra 90 e 180°) poi a 45° (tra 45° e 135°) => si inserisce: cil –0.25 ax 70° – il soggetto preferisce la posizione dell’asse negativo prima a 180° (tra 90 e 180°) poi a 135° (tra 45° e 135°) => si inserisce: cil –0.25 ax 160° – il soggetto preferisce la posizione dell’asse negativo prima a 180° (tra 90 e 180°) poi a 45° (tra 45° e 135°) => si inserisce: cil –0.25 ax 20°. Una volta inserito il primo cilindro posizioniamo il cilindro crociato con l’impugnatura parallelamente o perpendicolarmente all’asse del cilindro

Figura 1.3. Il cilindro crociato verrà prima posizionato (a) con ax 90° e 180° e verrà ruotato attorno al suo manico in modo che inverta il segno del cilindro presente nelle due direzioni, dopo si posizionerà (b) con ax 45° e 135°


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correttore inserito, in modo che gli assi del cilindro crociato si trovino a 45° di distanza dall’asse del cilindro correttore stesso (Figura 1.4). Si eseguirà la rotazione del cilindro crociato attorno al manico per ottenere due immagini tra le quali il soggetto deve scegliere la più nitida. In conseguenza della scelta, quella preferita corrisponderà alla posizione dove il cilindro negativo fornisce, sommandosi al cilindro correttore, un cilindro risultante con direzione più vicina a quella dell’astigmatismo rifrattivo presente.

Figura 1.4. Il controllo dell’asse si effettua posizionando il manico del cilindro crociato parallelo o perpendicolare all’asse del cilindro correttore

Quindi: – si ruoterà il cilindro correttore di circa 10° in direzione dell’asse del cilindro negativo del cilindro crociato (riferimento rosso o segno -) nella posizione preferita dal soggetto. Se avessimo utilizzato un cilindro correttore positivo la rotazione sarebbe stata fatta in direzione dei riferimenti bianchi o neri o del segno +, – si ripeterà la stessa operazione spostando il manico del cilindro crociato in corrispondenza del nuovo asse del cilindro correttore, fino a quando il soggetto non apprezzerà differenze tra le due posizioni. Ovviamente avvicinandosi all’esatta direzione dell’asse gli spostamenti saranno via via inferiori. Una volta definito l’asse del cilindro correttore si va a ricercare l’esatta potenza nel seguente modo: – Si posizionerà il cilindro crociato con i riferimenti di uno dei due assi paralleli all’asse del cilindro correttore (Figura 1.5). In questo modo ruotando il cilindro crociato si otterrà in una posizione l’aumento del cilindro correttore, mentre nell’altra una riduzione. – Se il soggetto sceglierà la posizione in cui i riferimenti rossi o il segno - sono paralleli al cilindro correttore negativo, se ne aumenterà la potenza ricordandosi di modificare anche la componente sferica; se la posizione preferita sarà invece quella con i riferimenti bianchi o neri


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o verdi o i segni + paralleli all’asse del cilindro correttore negativo, si ridurrà la sua potenza. – Saranno ripetute le stesse operazioni fino a quando il soggetto non percepirà differenze in seguito alla rotazione del cilindro crociato. Dobbiamo constatare che, se è di più semplice e veloce utilizzo il quadrante per astigmatismo, è sicuramente più preciso il metodo del cilindro crociato; questo infatti permette di definire con maggiore esattezza potenza ed asse del cilindro.

Figura 1.5. Valutazione del potere del cilindro correttore

1.3 Sospensione foveale (annebbiamento monoculare) Questa tecnica si basa sull’inibizione, o meglio sulla sospensione, della regione foveale che si verifica in visione binoculare quando un occhio presenta un certo valore di annebbiamento. Tale metodo è stato proposto da vari autori, ma si deve certamente a D. Humphriss (1979) l’analisi più approfondita sugli effetti dell’annebbiamento monoculare sulla stabilità della visione binoculare. Prima di lui, per ottenere l’annebbiamento fu proposto l’uso di cilindri crociati (Mallett, 1964), di lenti positive di +2.00 dt (Cooper), di filtri nutri a densità variabile per ridurre l’illuminamento retinico (Lyons, 1962). La tecnica di sospensione foveale proposta da Humphriss prevede l’utilizzo di una lente positiva da anteporre ad un occhio (quello non esaminato), la quale deve avere una potenza tale da ridurre l’acuità visiva fino a 5÷6/10 (di solito è sufficiente una lente di +0.75 ÷ +1.00 dt). La scelta del “giusto valore di annebbiamento” proposto dall’autore è scaturita dalla ricerca scientifica attraverso la quale è stato dimostrato che: – per questo livello di annebbiamento (+0.75 ÷ +1.00 dt) la visione binoculare è possibile grazie alla fusione paracentrale e periferica (Figura 1.6) – valori superiori di annebbiamento (lenti di potenza superiore a +1.50 dt) rendono la visione binoculare instabile con tendenza alla diplopia – anche se il soggetto è in condizioni di visione binoculare le informazioni relative alla nitidezza dell’immagine provengono solo dall’occhio non


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Figura 1.6. Annebbiamento monoculare. Nell’ottotipo in alto per OS si dovrebbero vedere le righe sottostanti sfocate

annebbiato, ossia quello che andremo ad esaminare; infatti l’annebbiamento provoca la sospensione dell’area foveale, la quale è alla base del riconoscimento dei caratteri di piccole dimensioni. La refrazione binoculare, come sopracitato, è una tecnica refrattiva soggettiva che dispone di molti vantaggi rispetto alla refrazione monoculare. Ha però l’inconveniente che questo tipo d’esame non è adatto per soggetti che presentano anomalie della visione binoculare od una marcata differenza di acuità visiva nei due occhi, o una dominanza oculare molto marcata. Per valutare l’idoneità dell’individuo esaminato ad esser sottoposto ad esame refrattivo binoculare, esiste un test molto rapido ed affidabile: Test delle quattro luci di Worth. 1.3.1 Test delle 4 luci di Worth Per l’esecuzione del test occorre impostare sull’ottotipo la mira delle 4 luci di Worth (Figura 1.7) e far indossare alla persona l’occhiale con filtri rosso-verde, l’eventuale correzione dell’ametropia, l’illuminazione ambientale viene abbassata. La mira è formata da quattro luci dislocate a rombo. Le mire poste sulla diagonale orizzontale sono di colore verde solitamente a forma di croce o di cerchio, quindi percepite dall’occhio con davanti il filtro verde, mentre le mire situate sulla diagonale verticale sono una rossa a forma di rombo o di cerchio, percepita dall’occhio con davanti il filtro rosso, e l’al-

Figura 1.7. Test delle quattro luci di Worth


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Figura 1.8. Soppressione occhio sinistro

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Figura 1.9. Soppressione occhio destro

tra bianca (solitamente quella in basso) percepita da entrambi gli occhi, che rappresenta lo stimolo alla fusione. Il test può essere eseguito sia per lontano che per vicino. Se si usa un ottotipo su monitor e il test dovrebbe avere lo sfondo nero. Se lo sfondo è bianco, le immagini viste dai due occhi sono invertite. Le risposte che il soggetto potrebbe riferire durante il test sono le seguenti: – Sono viste due mire rosse verticali (Figura 1.8): soppressione e visione monoculare, l’occhio che sopprime è quello col filtro verde. – Sono viste tre mire verdi (Figura 1.9): soppressione e visione monoculare, l’occhio che l’occhio che sopprime è quello col filtro rosso. – Quattro mire (Figura 1.10): assenza di soppressione. Il soggetto presenta visione binoculare riferendo di vedere tutte e quattro le mire con la mira in basso che appare di colore giallastro o rosacea, effetto dovuto alla fusione delle due immagini monoculari.

Figura 1.10. Soggetto con visione binoculare


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Figura 1.11. Mancanza di fusione con diplopia

– Cinque mire, due rosse e tre verdi (Figura 1.11): assenza di soppressione. Il soggetto presenta diplopia a causa di una deviazione manifesta o latente (tropia o foria) (*), in quanto le immagini non vengono fuse. Prima di procedere si può eseguire un rapido test per la stereopsi (*) per escludere problemi binoculari e valutare la dominanza oculare sensoriale col filtro rosso o la lente positiva di +1.50 / +2.00 dt. La refrazione binoculare eseguita con la tecnica dell’annebbiamento monoculare, presenta come punto di partenza i valori di sfera, cilindro ed asse trovati in schiascopia, con test soggettivi monoculari o eventualmente la vecchia correzione purchè permetta un buon visus. Questo è assolutamente necessario in quanto se il soggetto presenta un visus naturale ridotto, causato dalla presenza di un’ametropia non corretta, diventa difficile produrre il giusto valore di annebbiamento che permette di svolgere l’esame. In linea di massima, la procedura più diffusa è la seguente: – Si occlude l’occhio destro e si penalizza il visus nell’occhio sinistro aggiungendo positivo fino ad ottenere 5÷6/10 – Si toglie l’occlusore e si esegue la refrazione all’occhio destro secondo le modalità abituali, ossia si controlla col cilindro crociato l’asse e poi il potere del cilindro correttore, si preocede poi al ritocco della sfera anteponendo lenti di +0.25 e -0.25 fino ad ottenere il miglior visus.L’occhio sinistro annebbiato fa da controllo dell’accomodazione riducendo la possibilità di sovracorrezioni negative. Terminato l’occhio destro si procede con gli stessi criteri per l’occhio sinistro. Ovviamente se partiamo dai valori di schiascopia, l’esame servirà a verificare ed eventualmente a ritoccare i dati dell’esame oggettivo. Questa tecnica non richiede mire o attrezzature particolari. È bene ricordare che questa tecnica può avere dei limiti in caso di: – visione binoculare instabile (il positivo può indurre diplopia o soppressione) – spiccata dominanza (non riesce ad inibire la fovea dell’occhio dominante) – bassi visus non dovuti ad ametropia non corretta.


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1.4 Test di bilanciamento bioculare dell’accomodazione Dopo aver effettuato un’attenta refrazione monoculare, con la determinazione della migliore sfera (BVS), minima lente sferica negativa o massima lente positiva che permetta di raggiungere il miglior visus e ricerca del cilindro (asse e potenza) con il cilindro crociato è importante effettuare un bilanciamento bioculare dell’accomodazione. Può darsi che non siamo riusciti ad inibire l’accomodazione alla stessa maniera nell’occhio destro rispetto a quello sinistro, in questo caso, quando il soggetto è messo in condizioni di visione binoculare, gli occhi necessitano di un livello accomodativo diverso, ma dal momento che l’innervazione del sistema accomodativo è coniugata ciò non è possibile; quindi le immagini non si formano contemporaneamente a fuoco sulla retina, e ciò, oltre a produrre un diverso livello di nitidezza nei due occhi, può essere fonte di disturbi astenopici nel caso in cui il soggetto accomodasse alternativamente per focalizzare con un occhio o l’altro. Questo test serve a portare contemporaneamente a fuoco le immagini sulle retine di entrambi gli occhi, uguagliando così lo stimolo accomodativo. Va ricordato che quest’esame va svolto solo in caso di visione binoculare normale e quando l’acuità visiva è simile nei due occhi. Per lo svolgimento di questo test è necessario dissociare la visione, cioè interrompere la visione binoculare, ma lasciare entrambi gli occhi aperti, in modo che vengano percepite, contemporaneamente da OD e OS, due mire simili, ma localizzate in due posizioni distinte. Vi sono varie metodiche per il bilanciamento bioculare, le più diffuse sono la “Dissociazione con prismi” e le “Mire polarizzate per bilanciamento” presenti in molti ottotipi a proiezione o computerizzati.

Figura 1.12. Linea di lettere già predisposta sul proiettore

Figura 1.13. Linee verticali per facilitare l’allineamento

1.4.1 Prismi dissocianti Questa metodica prevede l’utilizzo di una dissociazione prismatica o con 3Δ base alta su un occhio e 3Δ base bassa sul controlaterale o con 6Δ base verticale sull’occhio dominante, in modo da essere certi che la visione si sdoppierà. Come ottotipo viene utilizzata una linea orizzontale di caratteri (lettere, numeri o altro) di dimensioni tali da essere percepiti nonostante una penalizzazione binoculare di +0.50 dt. che verrà aggiunta Tale linea talvolta è già presente tra i test del proiettore (Figura 1.12) o degli ottotipi computerizzati, oppure si ottiene schermando una linea di caratteri di dimensioni opportune, normalmente di lettere di 5/10, in funzione del caso.


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