SUPPLEMENTO
PROTEZIONE OCULARE Ruolo del polimero Effetto dei trattamenti superficiali Influenza della superficie posteriore Luce blu e ritmo circadiano Silvano Abati - Manola Stefanelli SIO-O Scuola Internazionale di Ottica e Optometria - Firenze
B2eyes Magazine Supplemento n. 9 - 2016 © FGE Srl Fabiano Gruppo Editoriale Regione Rivelle 7/F - Moasca AT info@fgeditore.it - www.fgeditore.it Stampa: Fabiano Gruppo Editoriale Finito di stampare: novembre 2016 SIO-O Scuola Internazionale di Ottica e Optometria - Firenze info@scuolaottica.it - www.scuolaottica.it Si ringrazia Hoya per il fondamentale contributo alla diffusione della presente edizione. Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale.
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PROTEZIONE OCULARE Non solo per difendersi dai danni provocati dalle radiazioni ultraviolette e primo visibile emesse da sorgenti naturali, ma anche dalle radiazioni dei dispositivi elettronici e di alcune sorgenti luminose artificiali. Da tali esigenze sono nate lenti oftalmiche a specifica protezione oculare
di Silvano Abati Laurea in Fisica Direttore SIO-O
di Manola Stefanelli Laurea in Medicina e Chirurgia Coordinatrice SIO-O
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o spettro di emissione della radiazione, spettro elettromagnetico (Figura 1), ci indica l’insieme di tutte le possibili lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche. Di esse, solo una piccola parte, denominata spettro del visibile (390nm< λ <760nm), dà vita alla “luce”. Il visibile è delimitato nella parte delle basse lunghezze d’onda dalla radiazione ultravioletta U.V. (100nm< λ <390nm) (Figura 2), dall’altra dalla radiazione infrarossa I.R. (760nm< λ <1mm). Ogni lunghezza d’onda dello spettro trasporta energia, questa è espressa dalla relazione: E = h . c / λ , dove: k = costante di Planch, c = velocità della luce e λ è la lunghezza d’onda della radiazione.
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Figura 1. Spettro di emissione della radiazione visibile.
Da tale relazione si deduce che minore è λ, maggiore sarà l’energia trasportata da quella radiazione.
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Figura 2. Componenti dell’U.V.
Tali conoscenze hanno portato allo studio dei possibili danni causati da questa energia e conseguentemente a valutare le azioni atte a contrastare, od almeno a limitare, tali danni, cioè al concetto di Protezione Oculare (P.O.). Gli studi, tuttora in corso, ci permettono di conoscere e sempre meglio interpretare tutte le possibili implicazioni che può avere la radiazione che colpisce i tessuti viventi e non. Di nostro interesse, ovviamente, sono principalmente i fenomeni che si verificano sull’organismo umano soggetto all’esposizione ed in particolare su di una sua struttura: l’occhio. Sicuramente tutti avranno provato il cosiddetto “fastidio alla luce”, legato al fenomeno dell’abbagliamento che, pur causando discomfort e/o disabilità visive, può essere eliminato con un comune “occhiale da sole”. Occhiale che, teniamo a rimarcare, non è garanzia di protezione oculare, protezione che, per anni, è stata legata indissolubilmente all’eliminazione della radiazione U.V. Questa radiazione sappiamo essere
assorbita dai vari mezzi oculari (Figura 3) e per questo motivo risulta oltremodo dannosa per loro. Per contro, eliminare anche totalmente la radiazione ultravioletta non vuol dire eliminare le problematiche dovute all’abbagliamento che riguardano lunghezze d’onda che fanno parte del visibile. Il concetto della protezione agli U.V. ha interessato per anni i ricercatori, nella volontà di garantire questa protezione, anche con filtri o lenti correttive “bianche”; si è così passati dagli studi di quanto una lente, in materiale minerale, può essere protettiva (protezione fino a circa 350nm), alle lenti in CR39 (protezione fino a circa 365nm), alla maggior protezione offerta dalle lenti in policarbonato (protezione fino a circa 380-390nm), quest’ultime con le problematiche dipendenti da altre caratteristiche che presenta questo polimero, ad esempio: basso numero di Abbe. Gli sviluppi non si sono arrestati ed oggi siamo arrivati a polimeri a più alto indice di rifrazione con taglio della radiazione fino a oltre 390nm; lo
Figura 3. Assorbimento dell’U.V. dalle varie strutture del sistema oculare
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Figura 4. Diagramma di trasmittanza* di una lente; si evidenzia il taglio delle λ fino a 400nm. *Rappresenta l’andamento della trasmittanza percentuale τ% (ordinate), al variare di λ ascisse), espressa in nm.
stesso CR39 è stato modificato da molte aziende con opportuni trattamenti o inserendo nel polimero sostanze che bloccano gli U.V., al fine di raggiungere protezioni fino a circa 390/400nm e quindi definirlo come “protettivo” nei confronti degli U.V. (Figura 4). Da quanto detto si evidenziano gli sforzi delle aziende nel garantire la P.O. dagli U.V. indossando anche un semplice occhiale correttivo o, operando una “coloritura” su lenti o filtri con tali diagrammi di trasmittanza, garantire contemporaneamente una P.O. agli U.V. e una protezione all’abbagliamento.
Sul fronte dei danni da radiazione la continua ricerca ha portato ad evidenziare che i danni non si fermano all’U.V. ma vanno ad interessare anche le radiazioni HEV (radiazioni ad alta energia visibile: tra 390 e 500nm) (Figura 5). Anche queste radiazioni, quando superano la dose di soglia (minima quantità di energia per cm 2 che può indurre effetti biologici), possono essere fonte di problematiche oculari. L’analisi degli spettri di emissione di sorgenti luminose a LED, di lampade a scarica ad alta intensità, così come dalle lampade fluorescenti compatte (Figura 6), ma anche nei dispositivi digitali:
Figura 5. Problematiche indotte dalla componente HEV, alta energia del primo visibile.
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Figura 6. Emissione di sorgenti a LED. Si evidenzia il picco di emissione a circa 460nm, emissioni che vengono emesse e non interessano la curva di sensibilità oculare.
Figura 7. Emissione di comuni dispositivi elettronici. Si evidenziano i picchi che cadono fuori dalla curva di sensibilità oculare.
tablet, smartphone, iPad e TV a LCD (Figura 7) mettono in evidenza che tali dispositivi hanno un picco di emissione nella banda del blu a lunghezze d’onda molto simili tra loro (445-455nm) e
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quindi emissioni proprio nell’intervallo del HEV con la conseguenza di possibili effetti nocivi sul sistema oculare, in particolare nei giovani, considerando che il tempo che viene trascorso
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Figura 8. Spettro di emissione del blu (viola-indaco-blu)
davanti a tali dispositivi va sempre più aumentando. Non si dimentichi inoltre che quantità minori di energia per tempi lunghi producono pressoché gli stessi danni di sorgenti più intense utilizzate per tempi minori, quindi tutte le radiazioni sono potenzialmente dannose ed i danni aumentano al diminuire della λ ed all’aumentare della dose assorbita dai tessuti. È testimonianza di tutto ciò l’attenzione che le aziende del settore delle lenti oftalmiche stanno riservando a questa banda di radiazioni (radiazioni del primo visibile: viola-indaco-blu) Figura 8, e gli sforzi per immettere sul mercato lenti che, anche se con metodiche non comuni, hanno lo scopo di dare una maggiore protezione oculare. Queste radiazioni possono essere potenzialmente lesive per tutti i tessuti e, giungendo alla retina, possono essere concausa della maculopatia legata all’età. Il primo visibile è inoltre responsabile di altre problematiche, è infatti quello che produce maggior diffusione sia all’esterno che all’interno del sistema oculare: la diffusione davanti della retina (effetto BLU BLUR) provoca una riduzione del contrasto con forte dominanza azzurra (nebbia blu). Altro effetto, dipendente dalla diffusione della radiazione visibile blu sulle particelle di umidità presenti nell’atmosfera, è il fenomeno detto velo di distanza (VELING GLARE), che produce una visione simile a quella che si presenta in presenza di foschia.
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Numerosi studi hanno dimostrato che la “banda del danno fototossico maggiore” si ha tra 415 e 455nm con un massimo intorno a 435nm, al confine di questa zona si ha la ”banda cronobiologica dello spettro (465–495nm)” essenziale per i ritmi circadiani: veglia/sonno, riflesso pupillare, ciclo ormonale, prestazioni cognitive, umore, attività motoria e altre funzioni. Si intuisce quindi come sia difficile trovare il giusto compromesso tra tutto ciò che comporta danni, più o meno accentuati, e le problematiche legate all’eliminazione totale di tali radiazioni che vedrebbero alterati in vario modo i ritmi circadiani. Come detto l’eccessiva esposizione alla luce visibile da 390 a 500nm potrebbe avere un impatto negativo sulle strutture oculari, in sintesi abbiamo: – cornea, si possono avere effetti dannosi e induzione di stress ossidativo dell’epitelio corneale; tra le patologie che si possono indurre a livello della superficie oculare si comprende anche l’occhio secco; – pupilla, la risposta pupillare è regolata dal livello di luce presente, studi registrano che il diametro pupillare più piccolo si registra generalmente tra 430 e 450nm (radiazione emessa generalmente dalla quasi totalità dei dispositivi elettronici) questo comporta un diametro pupillare ridotto con un campo di visione limitato, scarsa visione stereoscopica e lunghi periodi di adattamento in condizioni di scarsità di luce; – retina, molti studi associano l’accumulo di lipofuscina nelle cellule dell’epitelio pigmentato alla luce blu, con una diminuzione dei pigmenti retinici, lo stress ossidativo e conseguente danno da radicali liberi nei fotorecettori e nelle cellule dell’epitelio pigmentato. Tali situazioni potrebbero aumentare l’incidenza della degenerazione maculare legata all’età (Figura 9). Tra i tanti studi sull’argomento il gruppo del prof. Funk ha messo in evidenza come nei giovani la luce a corta λ compresa tra 400-420nm, sia dannosa, anche perché queste persone trascorrono solitamente molte ore all’aperto sotto la luce del sole e quindi una protezione ulteriore al tradi-
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Figura 9. La figura fornisce la dinamica dell’invecchiamento delle cellule dell’epitelio pigmentato della retina. In (1): i segmenti esterni dei fotorecettori a causa delle radiazioni sono soggetti alla perossidazione lipidica dei loro grassi polinsaturi che successivamente vengono fagocitati dalle cellule dell’epitelio pigmentato della retina e digeriti dagli enzimi litici dei lisosomi; i corpi residui alla fine si trasformano in lipofuscine. La radiazione a bassa lunghezza d’onda (luce blu) induce quindi importanti danni ossidativi a strutture vitali come i mitocondri ed il DNA. In (2): con il tempo le lipofuscine accumulate nelle cellule dell’epitelio pigmentato della retina (in verde) aumentano considerevolmente, e le cellule divengono ancor più vulnerabili ai danni ossidativi da radiazioni. Alcuni prodotti finali non digeriti vengono poi espulsi verso lo spazio extracellulare (deposito laminare basale) e verso la membrana di Bruch (deposito lineare basale), e si può instaurare una risposta infiammatoria secondaria (clinicamente riconosciuta come drusen soft).
zionale U.V. può contribuire ad una adeguata protezione. Non si dimentichi che in età giovanile alcune strutture oculari, come il cristallino, sono più soggette ai danni da radiazioni a causa della loro maggior componente di tessuti formati da cellule labili in via di organizzazione (epiteli e connettivi). È stato altresì dimostrato, sempre dal gruppo del prof. Funk, che le cellule neuronali della retina dopo l’esposizione a luce di corta lunghezza d’onda di 411nm cominciano a soffrire a causa di fotostress rispetto ad esposizione a luce naturale di lunghezze d’onda maggiori. Da tutto ciò si evidenzia come ad oggi possa non essere più sufficiente eliminare le radiazioni dell’U.V. ma risulti utile anche bloccare, almeno in parte, la luce HEV con lunghezze d’onda di 400-420nm, per evitare l’innescarsi di processi nocivi per l’occhio, figura 10. Le problematiche legate alla protezione oculare sono quindi complesse e l’eliminazione di tutte le componenti, che in alcune situazioni ambientali sono presenti, è cosa non semplice. Il problema rimane comunque legato all’utilizzo dei dispositivi elettronici che, come visto, hanno un picco di emissione su lunghezze d’onda maggiore e quindi in zone ancora di alto contenuto energetico.
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Figura 10. Confronto tra una lente con taglio 400 nm ed una lente ad “alta protezione ottica”. Si evidenzia come la lente ad alta protezione taglia circa il 96% della radiazionetra 400 e 420nm.
Oltre ai potenziali danni di queste radiazioni, come confermato dalle statistiche riportate dal Vision Council, si hanno ulteriormente tutta una serie di problematiche che hanno portato ad un aumento dei disturbi astenopici. I dispositivi digitali sono utilizzati da un numero sempre maggiore di persone e progressivamente è in aumento anche il tempo di utilizzo per persona. Questo ha portato a raggiungere, nel 2016, percentuali molto alte di problematiche visive ed è ipotizzabile che tali percentuali crescano progressivamente:
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Figura 11. Attenuazione delle quantità energetiche in corrispondenza dei picchi di emissione di molti dispositivi elettronici e di alcuni tipi di sorgenti luminose.
– Affaticamenti visivi (35%) – Dolori posturali, collo-spalle-schiena (36%) – Mal di testa (25%) – Visione sfuocata e annebbiata (25%) – Secchezza oculare (24%) Queste ed altre situazioni hanno portato alcune aziende a ricercare la parziale protezione a queste lunghezze d’onda con trattamenti di superficie denominati “controllo della radiazione blu”, si tratta in sostanza di limitare il picco dell’emissione del blu come evidenziato schematicamente nella figura 11. L’eliminazione totale dell’intera gamma di lunghezze d’onda del blu si otterrebbe soltanto con una lente per patologie oculari con taglio
a lunghezze d’onda maggiore di 480nm (lente che presenta una tinta arancione più o meno accentuata, (Figura 12). Tali lenti tagliano comunque totalmente la componente cronobiologica con le problematiche sopra elencate, alterano inoltre la visione dei colori e non risultano, generalmente, idonee alla guida. Si tenga presente che l’attenuazione sui picchi di emissione di dispositivi elettronici (Figura 11) così come l’ulteriore protezione sulle lunghezze d’onda corrispondenti all’inizio della curva di trasmittanza della lente (Figura 10), ricercano come fattore comune il non introdurre una “tinta alla lente” al fine di lasciarle “bianche”, si presentano generalmente con un assorbimento
Figura 12. Lente fotoselettiva per patologie oculari; taglio di tutte le radiazioni fino a 480nm.
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Lab di circa il 5% e con una tinta “indefinita”. Comunque, indipendentemente dalla tecnologia usata, queste lenti tagliando quantità di radiazione di basse lunghezze d’onda diminuiscono la diffusione (d = 1/ λ 4) e quindi, teoricamente, dovrebbero aumentare il contrasto e “ottimizzare” la visione. Tralasciando questo aspetto, di non facile evidenziazione, si può co-
munque affermare che, eliminando una parte delle radiazioni responsabili delle problematiche descritte, queste lenti rappresentino una valida soluzione nei confronti della P.O. Inoltre, l’eventuale realizzazione della coloritura su tali filtri o lenti correttive, porterebbe a creare un occhiale da sole che può definirsi ad alta protezione ottica.
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Lab Danni oculari: influenza della superficie posteriore di una lente
Quanto descritto prende in esame le radiazioni che arrivano sulla faccia esterna e che, dopo le dovute rifrazioni, raggiungono il nostro sistema visivo. Dobbiamo tener presente che le riflessioni sulle lenti interessano anche le superfici interne; analisi quantitative mettono in evidenza che sono appunto le due maggiori riflessioni che si hanno su di una lente (Figura a), le quali aumentano Figura a. Riflessioni sulla superficie posteriore di una lente. all’aumentare dell’indice di rifrazione secondo le relazioni di Fresnell. È evidente che queste sono indipendenti da quanto la lente utilizzata tagli, per rifrazione, le varie lunghezze d’onda della radiazione incidente. Se è evidente che le radiazioni che emettono i vari dispositivi elettronici d’uso vanno ad interessare una lente come trasmittanza, non altrettanto può dirsi per le emissioni di sorgenti localizzate dietro l’utilizzatore che vanno ad interessare le lenti per riflessione, come evidenziato sempre nella figura a. L’effetto di protezione di una lente, anche con l’indicazione protezione U.V. 100%, dà informazioni sul taglio degli U.V. sulla superficie anteriore, ma non fornisce indicazioni sulle radiazioni U.V., che giungono al sistema oculare per riflessione sulla superficie interna. I danni per riflessione sono pertanto da ricollegarsi a quanto le eventuali sorgenti (naturali o dipendenti dai sistemi di illuminazione) possono colpire il globo oculare direttamente, o per riflessioni primarie sulle superfici dell’ambiente; sono pertanto da prendersi in esame in quanto vanno a sommarsi a quelli prodotti dalle radiazioni, precedentemente viste, che attraversano la lente. Alcune aziende costruttrici di lenti stanno moTRASMISSIONE RIFLESSIONE strando grande interesse alla protezione legata al materiale e a ridurre i picchi di emissione legati alle sorgenti luminose e/o a molti dispositivi elettronici mediante Luce UV il “control coating luce blu” (blu control). Inoltre, Luce visibile durante i trattamenti antiriflesso della superficie interna della lente, alcuFigura b. Si evidenzia come gli U.V. che incidono sulla superficie anteriore della lente ne aziende, eliminano le sono bloccati dalla lente stessa mentre, quelli che incidono sulla superficie posteriore, riflessioni dell’ultravionon si riflettono grazie a particolari trattamenti effettuati su questa superficie.
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Non si ha abbagliamento diretto si può avere riflesso
Disconfort e astenopia
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Non si ha abbagliamento riflesso se utilizziamo superfici opache
Figura c. Nelle figure sono rappresentate alcune regole ergonomiche. Si ricordi che le problematiche maggiori legate alle riflessioni (le quantità maggiori sono dipendenti da sorgenti retroposte) richiede alcuni accorgimenti sulla postazione di lavoro. Sempre per chi lavora a videoterminali è necessaria una corretta e completa compensazione, anche di piccoli valori di cilindro.
letto (un adeguato trattamento antiriflesso su entrambe le superfici dovrebbe garantire già l’eliminazione delle radiazioni del visibile e quindi anche le radiazione violetto-blu che sono quelle che, unitamente agli U.V. possono creare problematiche, figura b). È comunque importante tener presente che queste riflessioni degli U.V. da parte della superficie posteriore della lente sono comunque legate a molteplici fattori: tipo di sorgente; posizionamento di queste sorgenti; forma dell’occhiale; posizione ergonomica del posto di lavoro, ecc. In merito all’ergonomia del posto di lavoro sarebbe opportuno ricordare che, per un uso continuo di un video terminale, al fine di ridurre i danni da radiazione diretta e riflessa e per ottimizzare il comfort visivo durante il lavoro occorre usare alcune accortezze: – Le sorgenti luminose naturali devono essere disposte a destra per i mancini a sinistra per i destromani. – Le sorgenti artificiali devono essere adeguate e opportunamente localizzate per evitare abbagliamento diretto, mai retroposte. – Utilizzare tavoli, scrivanie, ecc. opache al fine di ridurre l’abbagliamento riflesso dalle stesse. – Rispettare inoltre tutta una serie di regole sulla seduta, sulla sua altezza, sulla disposizione del monitor, sulle sue caratteristiche, ecc. (Figura c). – Prendersi le pause necessarie dal lavoro e durante queste non dedicarsi ad attività impegnative. – Ammiccare volontariamente: tale situazione porta alla chiusura totale della rima palpebrale e ad una ridistribuzione dello strato lipidico. – Rimettere “a fuoco” i propri occhi: è consigliabile guardare oltre lo schermo ogni 10-15 minuti, mettendo a fuoco oggetti distanti per 5-10 secondi.
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Lab Luce blu e ritmo circadiano
Il ritmo circadiano è un ritmo caratterizzato da un periodo di circa 24 ore. Il termine “circa diem” significa appunto “intorno al giorno”. Esempi di ritmo circadiano possono essere il ritmo veglia-sonno, il ritmo di secrezione del cortisolo, il ritmo di variazione della temperatura corporea. Questi ritmi dipendono da una sorta di complesso “orologio interno” all’organismo che si mantiene sincronizzato con il ciclo naturale del giorno e della notte mediante stimoli esterni come la luce solare e la temperatura ambientale, ma anche stimoli di natura socio-psicologica od atti abitudinari ripetutamente svolti alla stessa ora. I ritmi circadiani sono importanti per determinare i modelli di sonno e veglia di tutti gli animali, inclusi gli esseri umani. Esistono modelli dell’attività cerebrale, di produzione di ormoni, di rigenerazione cellulare e altre attività biologiche collegate a questo ciclo giornaliero. Il ritmo è strettamente correlato all’alternanza luce-buio; infatti animali tenuti in totale oscurità per lunghi periodi funzionano con un ritmo che si “regola liberamente” ed il ciclo di sonno avanza o regredisce a seconda che il periodo endogeno sia più lungo o più corto di 24 ore. “L’orologio circadiano” nei mammiferi è collocato nel nucleo ipotalamico soprachiasmatico (NSC), la sua distruzione causa la completa assenza di un regolare ritmo sonno/veglia. Il NSC riceve le sue informazioni attraverso la luce che arriva dagli occhi. Le cellule gangliari della retina sono fotosensibili. Queste cellule contengono un pigmento chiamato melanopsina, che attivandosi dà avvio ad una differenza di potenziale (d.d.p.) in grado di trasmettere parametri di luminanza lungo un tragitto chiamato tratto retino-ipotalamico, che le collega al NSC. (La melanopsina è stata descritta per la prima volta nel 1998 da Ignacio Provencio, nelle cellule di rana). È noto inoltre che se le cellule provenienti dal NSC vengono rimosse e coltivate in laboratorio mantengono il loro ritmo in assenza di stimoli esterni, quindi sviluppano una particolare “memoria regolatrice” che per essere disattivata necessita di molto tempo. Il NSC a sua volta trasmette, tramite i realising factors (RF), segnali alla ghiandola pineale (ipofisi) situata nella parete posteriore del terzo ventricolo e la stimola a produrre melatonina. Il picco di secrezione di melatonina si raggiunge durante la notte. Chimicamente, la melatonina è una molecola derivata dal triptofano, un aminoacido molto importante nella regolazione del sonno perché da esso deriva la serotonina, il neuromediatore del
Pomeriggio Dopo le 17 > 20-30 pg/ml
Ore 2-3 (metà notte) 60-70 pg/ml
Dopo le 20 > 30 pg/ml
Fino alle 7 del mattino valori in diminuzione
pg = pico grammi = 10-12 grammi Produzione di melatonina nell’arco della giornata.
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benessere e il neurotrasmettitore cerebrale che stimola il rilassamento e induce il sonno. Dato che la melanopsina è eccitata dalla luce blu se ne deduce che queste lunghezze d’onda sono molto importanti per la determinazione del grado a cui l’orologio biologico è azzerato. Ovviamente diviene anche fondamentale il tempo di esposizione a queste radiazioni, onde poter calcolare l’influenza che possono avere sul ritmo circadiano: se ne deduce che un controllo di queste quantità, che sono alterate dalle eccessive emissioni di molteplici dispositivi elettronici e di alcune sorgenti radianti, è sicuramente un dato positivo. Ricordiamo inoltre che l’ipofisi è responsabile anche della produzione di ormoni per tutte le ghiandole endocrine del nostro organismo con un circuito il cui funzionamento è ormai noto (feed back negativo), quindi le variazioni di produzione di melatonina inducono indirettamente anche variazioni su altri cicli ormonali: FSH-LH, AGDH, TSH, ecc. determinando variazione dell’umore del ciclo ovarico ed altri cicli direttamente sotto l’influenza dell’ipofisi. Ovviamente non è solo la luce, ed in particolare la luce blu, in grado di modificare il nostro ritmo circadiano, ma tutte le altre stimolazioni esogene recepite in vario grado dai nostri sistemi recettoriali che attivano potenziali di azione similari.
Il ciclo circadiano Massima allerta
Massima coordinazione
Secrezione testosterone Inizio movimenti intestinali
Massima velocità di risposta
Fine secrezione melatonina
Massima efficienza cardio-vascolare Massima forza muscolare Massima pressione sanguigna
Incremento pressione sanguigna
Massima temperatura corporea
Minima temperatura corporea
Inizio secrezione melatonina Sonno profondo
Soppressioni movimenti intestinali
Nella figura lo schema del ritmo circadiano dell’uomo.
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N9 2016 - Supplemento Protezione Oculare
La soluzione Hoya per proteggere gli occhi dalla luce blu emessa dai dispositivi digitali Cos’è la luce blu? • È una componente dello spettro del visibile compreso tra i 380 e i 495 nanometri • È caratterizzata da lunghezza d’onda corta e quindi a maggior frequenza ed energia • È luce diffusa quindi causa sfocatura e riduzione del contrasto sulla retina Viene emessa comunemente dal sole, dalle sorgenti di luce artificiali a LED e lampade fluorescenti, dagli schermi retroilluminati, come LED, LCD, e dai dispositivi digitali quali smartphone e tablet. Recenti studi mostrano come dispositivi digitali differenti ma sempre retroilluminati a LED, abbiamo un picco di emissione costante nella banda del blu, compreso tra i 445 e i 455 nm.* Relative Energy 200
tablet A smartphone A tablet B smartphone B
150
100
50
0
400
450
500
550
Sunlight (noon) Light bulb (tungsten) White LED Light bulb (energy efficient, mercury)
600
650
700
Wavelength (nm)
Che influenza ha sul nostro corpo? I dispositivi digitali vengono usati per un numero di ore sempre più elevato. L’utilizzo intensivo, la distanza di lavoro ravvicinata e le caratteristiche di emissione di tali dispositivi possono causare alcuni disturbi come: • Alterazione del ciclo sonno-veglia • Miopizzazione • Affaticamento Visivo • Abbagliamento
Dal 2013 BlueControl protegge gli occhi dove è più importante Lo speciale trattamento antiriflesso BlueControl di Hoya, riflettendo parte della luce blu dannosa emessa dai dispostivi digitali, protegge gli occhi perché riduce la componente compresa tra i 410 e i 450 nm, agendo quindi proprio sul picco di emissione dei dispositivi digitali che ha la maggior influenza sul nostro sistema visivo e sul nostro corpo.
I benefici: • Comfort visivo durante l’utilizzo dei dispositivi digitali, tutto il giorno • Contrasto della riduzione dell’impatto negativo sulla produzione della melatonina nelle ore serali • Miglioramento del contrasto e della reazione pupillare nell’utilizzo dei dispositivi e in presenza di fonti di illuminazione con tecnologia Led • Massima resistenza ai graffi
*Dato italiano della ricerca effettuata da Millward Brown su 1.204 portatori di occhiali in Europa. Novembre 2012.
Il 91% delle persone lamenta fastidi agli occhi nellâ&#x20AC;&#x2122;utilizzo di dispositivi digitali*
Lenti BlueControl. Protezione e Comfort nel mondo digitale. Anche per chi ci vede bene La distanza ravvicinata e la sovraesposizione alla luce emessa dagli schermi di tablet, PC, TV e smartphone causano diversi fastidi. Le lenti BlueControl sono la soluzione ideale per tutti: proteggono dai dannosi effetti della luce blu e garantiscono maggior comfort visivo.
bluecontrol.eu/it