Viscochirurgia 3/2019

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VISCOCHIRURGIA

Rivista scientifica di oftalmologia chirurgica | ANNO XXXIV | 3/2019 dicembre

Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari Lorenzo Drago

NEWS DALLE AZIENDE Inserti oftalmici per la midriasi pre-operatoria

FGE Srl – Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) – Anno XXXIV – N. 3/2019 – Quadrimestrale

Michele Coppola

Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza Andrea Niutta, Matteo Niutta

Le live surgeries: yes o no? Vittorio Picardo

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Roma - San Pietro


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VISCOCHIRURGIA

Rivista scientifica di oftalmologia chiRuRgica | ANNO XXXIV | 3/2019 DICEmbrE

Editoriale 3 Vittorio Picardo

Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari Lorenzo Drago

NEWS DALLE AZIENDE Inserti oftalmici per la midriasi pre-operatoria

FGE Srl – Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) – Anno XXXIV – N. 3/2019 – Quadrimestrale

Michele Coppola

Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari

Andrea Niutta, Matteo Niutta

Le live surgeries: yes o no?

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Inserti oftalmici per la midriasi pre-operatoria

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L’indirizzo di posta elettronica di Viscochirurgia è cambiato. Il nuovo è viscochirurgia@fgeditore.it

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ISSN 0349 - 61

FGE Srl Redazione: Via Petitti, 16 - Milano Reg. Rivelle, 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it

Anno XXXIV • N. 3 • 2019 contiene I.P.

Direttore Editoriale Vittorio Picardo

Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986

Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano

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Segreteria di redazione 0141 1706694 f.fabiano@fgeditore.it

Impaginazione e stampa FGE srl Moasca (AT) Abbonamenti e libri e-mail: ordini@fgeditore.it

Chiuso in redazione Dicembre 2019


SEKAL Microchirurgia Rovigo è una struttura privata medico chirurgica classificata come struttura extraospedaliera di chirurgia. È dotata di un’attrezzatura completa per la chirurgia e terapie: Femtolaser Visumax-Zeiss; Laser ad eccimeri Amaris-Schwind; Device Zepto per capsuloressi; Faco-vitrectomo Stellaris; Argon laser micropulsato Iridex; Vitreolisi con Yag Laser Ellex ultra Q; Cross Linking; Luce pulsata con dispositivo E-Eye. La diagnostica comprende: Topografi (Keraton, Eye Top); Scheimpflug camera (Pentacam); Aberrometri totali per lo studio delle aberrazioni interne (Onda e Tracey); Oct del segmento anteriore (MS-39 e Casia) e posteriore con Angio-OCT IOL r lato (Triton); Retinoscopio Daytona; alcu C Elettrofisiologia oculare con Retimax; Biometria con IOL master ed Aladdin, ecografia con VuPad, sistemi di calcolo Ray Tracing. Presso Sekal Microchirurgia Rovigo si effettua attività didattica chirurgica e diagnostica. DIRETTORE SANITARIO DOTT. MASSIMO CAMELLIN

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Si chiude un altro anno di lavoro e di lettura insieme, con l’eterna lotta tra il piacere della carta stampata e l’infinito mondo di un display che, connesso alla rete, ti porta a navigare dove vuoi, a cercare articoli, contributi e filmati on line. La realtà virtuale contro la realtà tangibile. Ma sappiamo tutti che la battaglia è impari e probabilmente la generazione di chi è nato appena dopo la guerra potrebbe essere forse l’ultima, o quasi, a cercare il piacere di un libro tra le mani, sia esso di carattere scientificodivulgativo che storico-narrativo. Il mondo certamente è rivolto alla realtà virtuale, alle connessioni di rete, ad uno schermo di tablet, PC o smartphone, che ci mostrerà l’oggetto della nostra attenzione, strutturato in pixel. Tutti i giovani oggi ragionano così. E, se aggiungiamo una riflessione ecologica, tanti diranno che non stampare libri significa risparmiare alberi, foreste, un ecosistema mondiale di cui tutti conosciamo lo “stato di salute”. Il mondo ormai è continuamente di fronte a delle scelte drastiche che, spesso, non hanno una via di mezzo: o vai a destra o vai a sinistra. Ma la Redazione di Viscochirurgia vi promette ancora la nostra rivista a stampa per il 2020.

Vittorio Picardo

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Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari 

Lorenzo Drago

Cattedra di Microbiologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano

>> ABSTRACT Negli ultimi anni le vecchie molecole antibiotiche stanno trovando sempre più posto nella pratica clinica, soprattutto in caso di germi difficili da trattare e nelle infezioni particolarmente gravi. La causa è da ricercare nella continua diffusione della resistenza agli antibiotici, anche quelli di nuova generazione. Il cloramfenicolo, farmaco notoriamente batteriostatico ad ampio spettro ma che può diventare battericida a determinate concentrazioni e con specifici microrganismi, è ampiamente utilizzato in ambito oculistico e rivalutato per uso sistemico in alcune infezioni difficili, causate da batteri multiresistenti. La presente review ha lo scopo di delineare le principali caratteristiche farmacologiche, farmacodinamiche e microbiologiche del cloramfenicolo, includendo anche le più recenti acquisizioni in tema di germi resistenti in ambito oculare e la sua efficacia in presenza di batteri produttori di biofilm, una sostanza polisaccaridica prodotta dagli stessi batteri per proteggersi nel corso dell’infezione dai fattori immunologici e dagli antibiotici eventualmente somministrati.

>> INTRODUZIONE L'esagerato e, talvolta, inappropriato uso di antibiotici nella pratica clinica è ormai associato all'emergenza di resistenza batterica e alla comparsa dei batteri multiresistenti o “superbugs”. Numerosi patogeni, tra cui Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Stafilococchi coagulasi negativi (Staphylococcus epidermidis in primis), Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa e Enterobacter spp svolgono un ruolo importante nello scenario infettivologico del 21 ° secolo a causa della rapida evoluzione delle loro resistenze an-

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che a farmaci di ultima generazione1,2. Molti di questi microrganismi sono anche, e spesso, responsabili di infezioni oculari. In questo ambito uno dei problemi più evidenti è il crescente aumento del tasso di meticillino resistenza in S. aureus e S. epidermidis (MRSA e MRSE). Nei confronti di questi microrganismi le opzioni terapeutiche sono talvolta poche e molto impegnative, proprio a causa del fatto che questi microrganismi, come anche P. aeruginosa, possono acquisire resistenza simultanea e multipla anche ad altri antibiotici3. Il cloramfenicolo è un antibiotico ad ampio spettro, il cui utilizzo per via sistemica è stato abbandonato nei paesi sviluppati a causa della sua associazione con casi di tossicità midollare; ma è ancora ampiamente usato nei paesi in via di sviluppo. Alla luce del problema emergente dei patogeni multiresistenti, il suo ruolo ricomincia ad essere rivalutato anche nelle infezioni sistemiche4. Il ruolo del cloramfenicolo è stato anche riscoperto negli anni recenti in quei casi di batteriemia grave causati da enterococchi resistenti alla vancomicina. La risposta clinica è stata buona, con risoluzioni cliniche vicine al 65%, ed anche quelle microbiologiche, in cui il tasso di eradicazione era del 79%6. Il tasso di sopravvivenza è stato valutato essere ottimale anche nei pazienti con batteriemia da catetere venoso centrale. E’ da evidenziare che, oltre l’efficacia, in entrambi gli studi non è stato osservato alcun effetto collaterale ascrivibile al cloramfenicolo5. In ambito oculare, Fukuda e coll.6 hanno dimostrato che il cloramfenicolo è clinicamente efficace nell'81% dei casi di congiuntivite causata da MRSA. Il problema della meticillino-resistenza negli stafilococchi sta diventando un proble-


Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari

Il cloramfenicolo possiede uno spettro molto ampio sia nei confronti dei batteri Gram-positivi (compresa la maggior parte dei ceppi di MRSA e MRSE), che i batteri Gram-negativi e gli anaerobi. Molti di questi batteri sono i principali responsabili di infezioni oculari.

ma reale per le infezioni oculari, ed è quindi indispensabile l’utilizzo di antibiotici appropriati in caso di tali specifiche e problematiche resistenze. La scelta degli antibiotici utilizzati in ambito oculare dovrebbe prioritariamente tenere conto dei dati di resistenza presente nel proprio paese o regione. Alcuni studi hanno infatti evidenziato che la resistenza agli aminoglicosidi, come anche ad altri antimicrobici, in particolare ofloxacina e ciprofloxacina, ha raggiunto in alcune comunità livelli che necessitano gestioni appropriate e mirate delle terapie antibiotiche. Infatti Tazawa e coll.7 hanno evidenziato sui ceppi di MRSA responsabili di infezioni oculari una crescente resistenza, nel tempo, all’ofloxacina. Alla luce di queste premesse, e a fronte di nuovi dati di Letteratura sul cloramfenicolo e dell’epidemiologia delle resistenze antibiotiche, la presente review riporta le principali caratteristiche farmacologiche, farmacodinamiche e microbiologiche del cloramfenicolo.

>> CARATTERISTICHE FARMACOLOGICHE Il cloramfenicolo per uso sistemico è disponibile in capsule o sospensione orale (estere di palmitato) o per uso iniettabile, mentre per uso topico oftalmico è disponibile in collirio, gel o unguento. Esso è quindi impiegato per via orale, intravenosa e intramuscolo, ma soprattutto topicamente per le infezioni oculari. La formulazione orale viene rapidamente assorbita per via intestinale, raggiungendo picchi ematici consistenti entro 2 ore dalla sua somministrazione. Il cloramfenicolo è considerato il prototipo di un antibiotico ad ampio spettro, che grazie alla sua economicità e facilità di produzione è spesso un antibiotico di prima scelta nei paesi in via di sviluppo. Il cloramfenicolo, originariamente derivato dal batterio Streptomyces venezuelae, isolato da Ehrlich nel 1947, venne inizialmente introdotto nella pratica clinica con il nome commerciale di Cloromicetina8. Una delle caratteristiche peculiari del cloram-

FARMACODINAMICA Batteriostatico Battericida verso germi specifici Battericida a concentrazioni elevate

SPETTRO DI ATTIVITA’ Gram positivi Gram negativi Anaerobi Germi Multi Resistenti (MRSA e MRSE)

FARMACOCINETICA Elevata diffusibilità tissutale Camera Anteriore Umore acqueo Umore Vitreo

ATTIVITA’ ANTIBIOFILM Capacità di penetrazione Attività anti-adesiva

Figura 1. Principali caratteristiche del Cloramfenicolo

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fenicolo è quella di attraversare prontamente le barriere tissutali, diffondendosi rapidamente in quasi tutti i tessuti e fluidi biologici. La principale via di eliminazione del cloramfenicolo è quella metabolica, dopo un processo di glucuronidazione. Tali metaboliti, microbiologicamente inattivi, vengono espulsi rapidamente e solo una piccola percentuale di farmaco immodificato viene espulsa attraverso l'urina. La dose giornaliera abituale è di 50 mg / kg per gli adulti e i bambini oltre 2 mesi. La dose totale non dovrebbe superare comunque i 3,0-3,5 g / 70 kg. Nei pazienti con insufficienza renale sia la dose che gli intervalli di somministrazione del cloramfenicolo devono essere aggiustati e monitorati sulla base dell’impairment renale. Come accennato sopra, il cloramfenicolo si distribuisce bene nei fluidi e nei tessuti: in particolare, i fluidi peritoneali, pleurali e sinoviali possono raggiungere concentrazioni pari al 30-50% di quelle osservate nel siero. Di grande rilevanza clinica è il fatto che il cloramfenicolo raggiunge elevate concentrazioni anche nel sistema nervoso centrale, sia in assenza che in presenza di stati infiammatori9,10,11,12. Nel liquido cefalo-rachidiano e nel fluido ventricolare il cloramfenicolo raggiunge concentrazioni particolarmente elevate, che vanno dal 50 al 90% di quelle raggiunte nel siero13. Le concentrazioni raggiunte nel tessuto nervoso sono pari a nove volte quelle sieriche, e in caso di ascesso le concentrazioni dosabili sono pari al 25% di quelle ematiche14. I livelli raggiunti nel polmone, nel miocardio e nella milza sono buoni, e pari a 5-20mcg/ml15. Nel liquido sinoviale dei pazienti con artrite settica vengono riportati livelli maggiori del 50% di quelli sierici16. Una peculiarità importante del cloramfenicolo è quella di attraversare l’umore acqueo e vitreo dell’apparato oculare. Con la somministrazione topica oculare le concentrazioni sono ovviamente elevate: insieme allo scarso assorbimento del farmaco, esse sono tali da inibire la

maggior parte dei microrganismi responsabili di infezioni17. Un recente studio18 ha valutato la penetrazione di cloramfenicolo, tobramicina e netilmicina nella camera anteriore dopo somministrazione oculare. Questo studio cinetico dimostrava infatti che la tobramicina e la netilmicina, a differenza del cloramfenicolo, non raggiungevano concentrazioni efficaci nel superare le soglie di attività nei confronti di H. influenzae and Haemophilus parainfluenzae, Legionella pneumophila, Moraxella catarrhalis, Neisseria meningitidis, Pasteurella multocida e Streptococcus pneumoniae. Gli Autori concludevano che il cloramfenicolo, grazie alle sue concentrazioni elevate, può essere efficacemente usato sia nella profilassi che nel trattamento delle infezioni oculari causate da questi germi.

>> PROPRIETÀ FARMACODINAMICHE Il cloramfenicolo è batteriostatico per molti germi gram-positivi e gram-negativi, ma può essere battericida per molti altri microrganismi. Già nel 1979 Rahal e coll.19 dimostravano che il cloramfenicolo aveva delle curve di batteriocidia ottimali nei confronti di H. influenzae, S. pneumoniae, e N. meningitidis. Questa attività veniva osservata nelle somministrazioni sistemiche e a concentrazioni raggiungibili nei vari fluidi biologici dai 15 ai 60 mcg/ml. Cloramfenicolo quindi, a concentrazioni superiori, potrebbe avere attività battericida anche nei confronti degli altri microrganismi. Con la somministrazione topica, sia con il collirio che con gel ed unguento si raggiungono generalmente concentrazioni decisamente più elevate nel sito di applicazione, ed è quindi facile supporre che queste concentrazioni, venendo scarsamente assorbite, siano tutte battericide e al di sopra delle concentrazioni minime battericide (CMB). In ogni caso, uno studio di cinetica sulla base delle concentrazioni raggiunte a livello topico sarebbe auspicabile per definire dal punto di vista farmacodinamico le

Cineticamente il cloramfenicolo può attraversare l’umore acqueo e vitreo dell’apparato oculare. Le sue concentrazioni nelle soluzioni oculari sono idonee a inibire la maggior parte dei microrganismi responsabili delle infezioni all’apparato visivo.

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Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari

attività di questo antibiotico nei confronti dei vari patogeni oculari, anche alla luce delle loro recenti resistenze.

>> SPETTRO DI ATTIVITà ANTIMICROBICA Il cloramfenicolo e i suoi metaboliti agiscono principalmente sulla subunità ribosomiale 50S, con soppressione dell'attività dell'enzima peptidiltransferasi, inibendo la sintesi proteica, che porta quindi al blocco della respirazione mitocondriale del microrganismo e alla cessazione della proliferazione batterica. Questa specifica attività consente al cloramfenicolo di avere nelle infezioni oculari uno spettro molto ampio sia nei confronti dei batteri Gram-positivi (compresa la maggior parte dei ceppi di MRSA e MRSE), che dei batteri Gram-negativi e gli anaerobi20, 21. Il cloramfenicolo è considerato essere uno degli antibiotici storici: venne introdotto nella pratica clinica nel 1948, raggiungendo la sua massima popolarità grazie al suo spettro di attività che riguardava all’epoca le infezioni da Rickettsiae, Chlamydia e Mycoplasma. Ma il suo impiego principale era, ed a tutt’oggi grazie alla sua cinetica, il farmaco di scelta per le infezioni da Salmonella typhi e e soprattutto da N. meningitidis. Nell’uso sistemico del cloramfenicolo, infatti, ci sono ancora molte infezioni in cui i suoi benefici superano i rischi. Questi includono, infatti, la febbre tifoide e paratifo, altre forme settiche di infezioni da Salmonella, meningite da H. influenzae, S. pneumoniae, e N. meningitidis (soprattuto nei casi di accertata allergia agli antibiotici beta-lattamici o quando i ceppi (H. influenzae, Enterobacteriaceae) sono resistenti a aminopenicilline e cefalosporine. Grazie alla sua capacità di diffondere la barriera ematoencefalica, esso è efficacemente impiegato negli ascessi cerebrale. Riguardo le infezioni da anaerobi, il cloramfenicolo viene impiegato anche nelle infezioni gravi causate da Bacteroi-

des fragilis, in alternativa alla clindamicina o al metronidazolo. Tutti i batteri anaerobi, infatti, vengono inibiti dalle concentrazioni abitualmente raggiunte nei fluidi biologici dal cloramfenicolo dopo la sua somministrazione. Recentemente è stato visto che il cloramfenicolo ha anche una attività antimicotica paragonabile ad altre molecole anti-fungine22.

>> TOLLERABILITÀ Nel 1950 cominciarono ad essere descritti i primi casi di discrasie ematiche gravi e fatali con l’uso di cloramfenicolo. Questo ha causato un rallentamento progressivo del suo utilizzo negli anni. Occorre tuttavia sottolineare che, sulla base di dati di farmacovigilanza, in realtà il rischio di una grave tossicità al cloramfenicolo è molto ridotta (1:18.000 o probabilmente meno); i fatti avvenuti nel 1950 hanno quindi più un interesse storico che scientifico. Ci sono ancora, come prima accennato, molte infezioni in cui i suoi benefici superano i rischi. Il cloramfenicolo è stato associato in passato a due gravi effetti tossici rari, ciascuno con un'alta mortalità. Uno è la "Sindrome grigia", che determina un collasso vasomotorio, descritto nei neonati a causa di dosi sistemiche eccessive. Il secondo è l’aplasia midollare, una reazione di ipersensibilità causata dall’uso prolungato di cloramfenicolo23. Sono state anche descritte rare reazioni di ipersensibilità lievi con il suo uso topico, tra cui la dermatite allergica da contatto o eruzioni cutanee, tutte dovute ad un uso prolungato ed eccessivo a livello topico. Per quanto riguarda l’ambito oftalmico, sono stati descritti rari casi di neuropatia ottica correlata a cicli prolungati di cloramfenicolo24. Inoltre, altrettanti rari casi di alterazioni nella percezione dei colori e neuropatia ottica sono stati osservati in ambito pediatrico, specialmente nei bambini affetti da fibrosi cistica che ricevono dosi relativamente elevate per molti mesi25,26. La maggior

Il cloramfenicolo ha attività batteriostatica e battericida su determinati microrganismi e ad elevate concentrazioni. Esso possiede buone capacità di penetrare il biofilm batterico e di inibire le capacità adesive dei batteri sulla superficie di lenti a contatto o di altro materiale protesico. Tali evidenze in vitro necessitano di ulteriore supporto in vivo.

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parte di queste complicanze sono tuttavia risultate reversibili, ed attribuite poi successivamente ad una carenza di vitamine del gruppo B. Si discute ancora sulla reale incidenza dell’evento avverso più discusso e dibattuto in Letteratura, cioè l’anemia aplastica. I dati esistenti in Letteratura, talvolta contrastanti, determinano a grandi linee che il rischio complessivo di anemia aplastica dopo somministrazione orale di cloramfenicolo va da 1:30.000 a 1:50.000, che è 13 volte maggiore il rischio di anemia aplastica idiopatica dell’intera popolazione. Poiché il cloramfenicolo somministrato localmente può essere anche assorbito attraverso la mucosa congiuntivale e nasale con minime concentrazioni dosabili a livello sistemico, ci si è posti il problema se anche questa modalità di somministrazione, ovviamente prolungata, possa causare anemia aplastica. Due studi caso-controllo e uno studio di coorte, hanno dimostrato che l’incidenza di discrasie ematiche dovute a trattamenti prolungati di cloramfenicolo collirio è di gran lunga inferiore al trattamento sistemico, vale a dire 1: 100.000 pazienti trattati27, 28.

>> IL CLORAMFENICOLO ALLA LUCE DELLE NUOVE RESISTENZE E DELLE INFEZIONI OCULARI BIOFILM-CORRELATE Il programma di sorveglianza annuale sulla resistenza agli antibiotici nei ceppi isolati da infezioni oculari (Ocular Tracking Resistance in the U.S. Today - TRUST), riporta dati allarmanti sulla resistenza ai fluorochinoloni per S. aureus, S. pneumoniae e H. influenzae. I dati di meticillinoresistenza degli Stafilococchi (MRSA e MRSE) sono in continua crescita29, 30. Un altro studio ha riportato invece che nelle infezioni congiuntivali e corneali causate da S. aureus, Stafilococchi coagulasi negativi (CoNS), Streptococcus spp e Pseudomonas spp, era presente una ridotta sensibilità alla gentamicina, tobramicina e cepfalotina, mentre i fluorochinolonici e il cloramfenicolo mantenevano la loro attività31. Tuttavia un altro studio, condotto da Shanmuganathan e coll.32 concludeva che le infezioni oculari causate da germi MRSA risultavano sensibili al cloramfenicolo ma non all’ofloxacina.

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Un altro recente sistema di sorveglianza33 condotto negli Stati Uniti (Antibiotic Resistance Monitoring in Ocular micRoorganisms –ARMOR), specificatamente rivolto ai patogeni oculari ha riportato alti livelli di resistenza alla azitromicina, alla meticillina e alla ciprofloxacina. Tale monitoraggio riporta inoltre livelli di resistenza intermedi alla tobramicina e clindamicina, e molto bassi, al trimepthoprim, tetraciclina, cloramfenicolo e vancomicina (questi ultimi due particolarmente attivi nei confronti degli Stafiloccchi meticillino resistenti). Un altro problema delle infezioni oculari è la presenza di batteri che producono biofilm. Questo si presenta come una matrice rivestita di polisaccaridi autoprodotta dai batteri, che si aggregano per formare una colonia microbica che si attacca ad una superficie mediante uno strato viscoso che protegge gli stessi microorganismi. La presenza di biofilm è stata segnalata in molte infezioni oculari, in particolare nelle persone che usano lenti a contatto o in coloro che hanno subito un intervento chirurgico di cataratta e il conseguente posizionamento di una lente intraoculare o l'introduzione di pompe per infusione intraoculari, oppure stent per glaucoma, o hanno effettuato una cheratoplastica. Tutte queste superfici abiotiche possono creare un ambiente favorevole per lo sviluppo di infezioni correlate al biofilm34. Il biofilm può essere difficile da rimuovere poichè i batteri incorporati in esso sono dalle 100 alle 1000 volte più tolleranti agli agenti antimicrobici35. In letteratura sono tante le segnalazioni che riportano colonizzazione da bioiflm nelle cheratiti batteriche o nelle infezioni da lenti a contatto, nonché nelle congiuntiviti36, 37, 38, 39. In alcuni studi il cloramfenicolo si è dimostrato efficace nel penetrare e inibire il biofilm microbico. Ray e coll.40 hanno infatti studiato la sensibilità del biofilm di Serratia marcescens usando alte dosi di antibiotici, tra cui ceftriaxone, kanamicina, gentamicina e cloramfenicolo. Lo studio concludeva che solo il cloramfenicolo aveva ridotto la biomassa e la vitalità del biofilm. Un altro studio41 ha dimostrato che il cloramfenicolo può agire sinergicamente con alcuni peptidi


Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari

antimicrobici (AMP), come il FK-13-a1 e FK137, per ridurre il biofilm batterico prodotto da P.aeruginosa multiresistente, da E.faecalis vancomicina resistente o da MRSA. Un antibiotico deve penetrare nel biofilm per poter uccidere i batteri ed evitare lo sviluppo di micro-colonie resistenti. Singh e coll.42 hanno valutato la capacità di vari antibiotici di penetrare nei biofilm prodotti da S. aureus, S. epidermidis, E. coli e K. pneumoniae, e hanno constatato che tale capacità di penetrare e diffondere nel biofilm si è verificato solo con vancomicina e cloramfenicolo. Risultati simili sono stati ottenuti da Liagat e coll.43, dimostrando che la tetraciclina e il cloramfenicolo sono efficaci nel ridurre il biofilm formato da Klebsiella spp, P. aeruginosa, Achromobacter spp, K. pneumoniae e Bacillus pumilis. Un passo cruciale nello sviluppo del biofilm è l'interazione iniziale tra i batteri e le superfici abiotiche o biotiche (adesione batterica) che possono portare alla colonizzazione e alle infezioni correlate al biofilm. Di conseguenza, ridurre l'adesione è la strategia di scelta per prevenire la formazione di biofilm, in particolare in caso di contaminazione delle lenti a contatto e conseguente cheratite oculare44, 45. Drago e coll.46 hanno valutato la capacità di cloramfenicolo di interferire con l'adesione di ceppi produttori di biofilm, come S. aureus e P. aeruginosa, alle lenti intraoculari. I risultati hanno dimostrato che il cloramfenicolo impediva la formazione di biofilm batterici.

>> CONCLUSIONI L’acquisizione di resistenza può avvenire in molti ceppi batterici e nei confronti di molti antibiotici. Staphylococcus, Pseudomonas, Escherichia, Klebsiella, Enterobacter, Salmonella e Proteus sono generi microbici capaci di acquisire resistenza in maniera più veloce rispetto ad altri batteri. Gli studi sopra menzionati hanno dimostrato che l'MRSA è responsabile di varie patologie oculari, che l'ospedalizzazione e i precedenti trattamenti antibiotici accelerano il rischio di colonizzazione e infezioni da MRSA47 e che la cheratite da MRSA è una grave complicanza

della chirurgia post-refrattiva. Lo studio di sorveglianza ARMOR ha dimostrato una crescente resistenza tra gli isolati stafilococcici, con tassi di MRSA e e meticillina resistenza nei CoNS aumentati da circa il 40% all'80%, specialmente nei pazienti anziani. Gli antibiotici topici sono cineticamente più efficaci nel garantire rapide ed elevate concentrazioni di antibiotici nel sito di infezione rispetto agli antibiotici somministrati per via sistemica ma, sebbene la somministrazione topica di antibiotici possa essere migliore, i trattamenti prolungati possono anche portare alla resistenza. Un vecchio farmaco come il cloramfenicolo è ancora un ottimo mezzo per superare la resistenza: il tasso di resistenza al cloramfenicolo è molto basso e, in alcuni casi, paragonabile a quello di Enterococco alla vancomicina. Anche se il livello di resistenza di cloramfenicolo è difficile da predire in futuro, il fatto che questo antibiotico non sia più usato nei mangimi di molti animali e meno usato a livello sistemico in campo umano, se non in casi specifici di una certa gravità, si può presumere che il cloramfenicolo potrà mantenere in futuro tassi molto bassi di resistenza. Un altro aspetto importante delle infezioni oculari è il contributo negativo dei biofilm batterici. Behlau & Gilmore34 hanno descritto chiaramente il meccanismo alla base della formazione di biofilm, fornendo un folto elenco di infezioni oculari legate al biofilm. Comprendere come i batteri resistano all'attività degli antibiotici quando sono incorporati in un biofilm sarebbe un passo molto utile verso l'eradicazione completa dell’infezione. Esistono pochi dati sull'attività degli antibiotici oculari contro le infezioni correlate al biofilm ma, nonostante la mancanza di evidenze in vivo, è noto che il cloramfenicolo sia in grado di penetrare il biofilm e di interferire con l'adesione batterica prima della sua formazione. In tale contesto, per un argomento di siffatta importanza clinica, la comunità scientifica si aspetta ulteriori studi per dimostrarne l'outcome clinico. I Clinici dovrebbero, infatti, scegliere formulazioni antibiotiche sulla base del sito e della

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gravità dell'infezione, nonché dell'epidemiologia della resistenza batterica regionale e locale, della loro capacità di agire contro i biofilm e delle comorbilità del paziente. Dai dati esistenti in letteratura, le formulazioni topiche

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di cloramfenicolo sembrano soddisfare questi requisiti, anche se sono necessari studi più approfonditi dal punto di vista della farmacodinamica, come anche della sua attività nei confronti delle infezioni oculari biofilm-correlate.

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Il cloramfenicolo: la storia che diventa attualità nelle infezioni oculari

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NOVITÀ EDITORIALE

ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI PARTE II SEGMENTO POSTERIORE Elisabetta Miserocchi Giulio M. Modorati Francesco M. Bandello

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N E W S DALLE AZIENDE

Inserti oftalmici per la midriasi pre-operatoria

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Michele Coppola

DALLE AZIENDE

Direttore U.O.C.Oculistica - A.O. San Gerardo, ASST Monza (MI)

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Nel mercato oftalmico, ad oggi è disponibile un solo inserto congiuntivale per la somministrazione di farmaci midriatici, ovvero Mydriasert. Mydriasert è un inserto oftalmico insolubile (4,3 mm di lunghezza per 2,3 mm di diametro) indicato per la midriasi prima dell'intervento di cataratta e della chirurgia vitreoretinica, che rilascia in modo graduale due principi attivi sinergici, tropicamide (0,25 mg) anticolinergico - e fenilefrina (5,38 mg) - simpaticomimetico. La distribuzione dei principi attivi non avviene attraverso la cornea, ma attraverso il fornice congiuntivale inferiore dove l’inserto rilascia lentamente i principi attivi nel film lacrimale. Studi clinici1-2 hanno descritto gli effetti biologici ed economici riguardanti l’uso di Mydriasert nella quotidiana pratica chirurgica.

riore rispetto ai colliri fenilefrina / tropicamide a 90 minuti (9,04 ± 1,33 mm contro 8,78 ± 1,37 mm, P = 0,012). Mydriasert ha impiegato più tempo delle gocce di fenilefrina / tropicamide per raggiungere la massima dilatazione; i due gruppi diventano simili nel grado di dilatazione pupillare a 60 minuti. Dopo 90 minuti di trattamento, Mydriasert ha raggiunto una midriasi significativamente maggiore (9,04 ± 1,33 mm) rispetto alle gocce di fenilefrina / tropicamide (8,78 ± 1,37 mm, P = 0,012)

>> Sicurezza del presidio

>> Vantaggio economico del presidio

Come per tutti gli inserti, la biodisponibilità di Mydriasert è superiore rispetto alle gocce midriatiche tradizionali, il che significa che un'efficacia locale adeguata si ottiene con un assorbimento sistemico limitato (Mydriasert garantisce concentrazioni plasmatiche di fenilefrina inferiori rispetto ai colliri tradizionali).

I benefici economici di Mydriasert sono stati studiati in una coorte di 1763 pazienti nel Regno Unito: i costi totali annui sono diminuiti del 18% (risparmio statisticamente significativo in farmaci midriatici intraoperatori e strumenti meccanici di dilatazione pupillare) e il tempo totale dell’impiego infermieristico annuale è diminuito da 235,1 ore a 44,1 ore nell'arco di un anno (2012-2013) principalmente a seguito dei tempi di istillazione ridotti in confronto all’uso ripetuto di colliri midriatici.

>> Efficacia del presidio È stato descritto che con una singola applicazione di Mydriasert il grado di dilatazione pupillare è generalmente “grande o molto grande” e l’effetto midriatico viene mantenuto per 300 minuti dopo aver inserito l’inserto e con una maggiore stabilità rispetto ai tradizionali regimi con colliri midriatici. Mydriasert ha ottenuto infatti una midriasi supe-

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>> Considerazioni Nella nostra unità operativa, abbiamo riscontrato l'utilità di Mydriasert nei pazienti con comorbidità e difficoltà alla midriasi: sicuramente pazienti affetti da retinopatia diabetica, vasculo-


N E W S DALLE AZIENDE

Figura 1. Inizio vitrectomia. Notare la qualità della midriasi

Figura 2. Primo trocar. Midriasi stabile

Figura 3. Trocar posizionati. Midriasi stabile

Figura 4. Altro caso. Fine vitrectomia. Midriasi stabile

patia in generale (ipertesi, cardiopatici), pazienti in assunzione di alfa-litici. Per i chirurghi giovani o comunque in training presso il nostro reparto è sicuramente utile poter disporre della ampia e stabile midriasi intra-operatoria fornita da Mydriasert. Un’efficace e persistente midriasi permette al personale infermieristico la dilatazione di più pazienti contemporaneamente, minimizzando l’interruzione del lavoro di assistenza infermieristica Figura 5. Mydriasert. Confezione integra in sala operatoria, soprattutto nelle picri ai tradizionali colliri midriatici, con risparmi cole divisioni a personale ridotto. Inoltre assicucomplessivi nei costi sanitari associati principalra una dilatazione pupillare in caso di ritardo nei mente alla riduzione del tempo dell'assistenza tempi della sala operatoria. infermieristica pre-operatoria. L’utilizzo dell’inserto midriatico in singola somIn conclusione, sulla base dei risultati degli studi ministrazione evita problemi di conservazione, considerati e in base alla analisi comparata della sterilità e contaminazione dei colliri. diretta esperienza clinica, possiamo affermare Non è necessario alcun anestetico topico per che Mydriasert rappresenta una valida alternail posizionamento dell'inserto e la procedura è tiva, se non il gold standard, come dispositivo ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti. midriatico. Mydriasert ha fornito risultati clinici non inferio-

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Bibliografia

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Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza 

Andrea Niutta°  Matteo Niutta*

° Direttore Dipartimento di Chirurgia e UOC Oculistica ASL Roma 3 Ospedale “G.B. Grassi” *Scuola di Specializzazione in Oftalmologia “Campus Bio-Medico” – Roma, Direttore Prof. S. Bonini

Studi condotti su pazienti affetti da cataratta con anamnesi patologica muta per sottostanti problemi retinici stanno mettendo in luce l’importanza di procedere, prima di eseguire l’intervento di cataratta stesso, all’esecuzione routinaria di un OCT per individuare patologie retiniche subcliniche. Gli Autori ripotano quattro casi, selezionati retrospettivamente e tratti dalla loro esperienza, in cui lo studio retinico eseguito con esame OCT prima della chirurgia della cataratta ha permesso di individuare alterazioni misconosciute e migliorare, pertanto, la gestione del paziente e il risultato chirurgico. I dati raccolti portano a concludere che un esame OCT dovrebbe essere eseguito in tutti i pazienti che si devono sottoporre ad un intervento di cataratta, e non solo nei pazienti che devono eseguire un intervento con utilizzo di IOL Premium. Infatti, la scoperta di lesioni misconosciute dovrebbe suggerire al chirurgo, d’intesa con il paziente, di escludere l’impianto di IOL ad alta tecnologia; inoltre, la possibilità di comunicare preventivamente a tali pazienti la presenza di una lesione retinica porterebbe a una netta riduzione dei possibili contenziosi medico-legali conseguenti ad una chirurgia che non ha portato ai risultati sperati. The importance of proceeding to perform an optical coherence tomography (OCT) before performing cataract surgery is being highlighted by many recent studies. This allows the clinicians to identify pre-existent subclinical retinal pathologies. The Authors report four cases, selected and drawn from their experience. All of them show that the retinal study performed before cataract surgery with OCT enabled the identification of undiagnosed conditions and therefore improved the patient management. The data collected led to the conclusion that an OCT should be performed in all patients who have to undergo cataract surgery, and not only in patients who need to perform an intervention using IOL Premium. In fact, the discovery of unknown lesions should suggest to the surgeon, in agreement with the patient, to exclude the implantation of high-tech IOL. Moreover, the possibility of communicating the presence of a retinal injury to such patients in advance would lead to a clear reduction in possible medical-legal disputes resulting from surgery that did not bring the desired results.

PAROLE CHIAVE Chirurgia della cataratta, esame OCT, lenti intraoculari premium. KEY WORDS Cataract surgery, OCT exam, premium intraocular lenses.

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>> Introduzione Lo scopo principale della chirurgia della cataratta è rappresentato dal miglioramento dell’acuità visiva del paziente. Un risultato ottimale di tale chirurgia, soprattutto se si utilizzano lenti intraoculari ad alta tecnologia, può però essere inficiato, oltre che da complicanze insorte durante l’intervento stesso di cataratta, anche da sottostanti problemi retinici preesistenti, che possono passare misconosciuti a

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seguito di una osservazione del fundus oculi¹,². Una frettolosa e sommaria osservazione del fondo o, più frequentemente, diffuse opacità posteriori del cristallino, che non permettono una chiara visione delle strutture retrostanti, possono impedire di visualizzare, in modo ottimale, dei particolari della retina centrale sia con una esplorazione con sistemi non a contatto che con una eventuale oftalmoscopia bi-


Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

noculare indiretta³. Studi condotti su pazienti con cataratta, ma non affetti da problemi retinici riscontrabili clinicamente o lamentati verbalmente prima dell’intervento, hanno dimostrato che l’utilizzo della tomografia a coerenza ottica (OCT) come esame di routine, eseguito prima della chirurgia della cataratta4,5,6, consenta di evidenziare patologie retiniche subcliniche. Queste, se non correttamente diagnosticate prima della chirurgia della cataratta stessa, potrebbero inficiarne il risultato, con innegabile ripercussione da un punto di vista del recupero funzionale; inoltre potrebbero essere motivo di lamentela da parte del paziente stesso, con possibilità che quest’ultimo intraprenda un contenzioso giuridico per veder riconosciuto un danno provocato, a suo dire, dall’intervento. Scopo del presente lavoro è, prendendo spunto da alcuni casi osservati negli anni, riportare la nostra esperienza nell’esecuzione di un esame OCT preoperatorio in tutti i pazienti da operare di cataratta. L’esecuzione sistematica di tale esame preventivo ha permesso di mettere in evidenzia delle alterazioni retiniche misconosciute che, se non opportunamente evidenziate prima dell’intervento, avrebbero potuto dare adito , successivamente all’intervento, a disturbi e/o problemi che erano già latenti prima della chirurgia stessa.

>> Materiali e Metodi Abbiamo selezionato retrospettivamente quattro casi di pazienti che dovevano essere sottoposti a chirurgia della cataratta e che, all’esecuzione degli esami preoperatori (OCT e retinografia digitale con laser confocale Eidon), presentavano delle alterazioni retiniche tali che, a nostro avviso, avrebbero potuto in qualche modo inficiare il risultato funzionale post-chirurgico sia a breve che a lungo termine. Tutti i pazienti sono stati informati della presenza di alterazioni preesistenti all’intervento. Dopo la chirurgia della cataratta sono stati monitorizzati nel tempo con esecuzione di

esame OCT e, laddove necessario, con retinografia retinica digitale. Tutti i pazienti sottoposti al presente studio sono stati sottoposti a chirurgia della cataratta dallo stesso chirurgo (A.N.) e hanno eseguito un intervento di FACO + IOL nel sacco capsulare in anestesia topica con l’impianto di una lente asferica ,acrilica idrofoba, filtrata gialla; tutti gli interventi non hanno presentato alcun tipo di complicanza intra e postoperatoria. Il protocollo terapeutico prevedeva, in tutti i casi, una terapia topica, nei tre giorni precedenti l’intervento, con Fluorochinolonici 3 volte al giorno, un’associazione Cloranfenicolo+Betametasone 3 volte al dì e Nepafenac collirio 3 volte al giorno. La terapia con Fluorochinolonici e l’associazione Cloranfenicolo+Betametasone veniva sospesa in tutti i casi dopo 7 giorni dall’intervento e si proseguiva per un mese con il solo Nepafenac collirio 3 volte al giorno.

>> Caso 1 C.A., donna 69 anni. Al momento della prima osservazione, nel 2013, era seguita per un glaucoma cronico semplice in terapia, ben compensato, e diagnosi di cataratta in evoluzione in OS. La paziente al momento della prima visita presentava: visus naturale di 4/10 in OD, con correzione – 1,25 sf 8/10; visus naturale di 3/10 in OS, con correzione – 1,50 sf 6/10. Il tono oculare era di 13/14 mmHg in terapia con un β-bloccante ogni 12 ore in entrambi gli occhi. L’obiettività clinica evidenziava una modesta sclerosi nucleare del cristallino bilaterale, più evidente in OS. Si eseguiva OCT del nervo ottico (Figura 1), che appariva normale bilateralmente, e una scansione della retina centrale bilateralmente che appariva normale (Figura 2) anche se, a posteriori, guardando meglio l’esame si poteva osservare bilateralmente una aderenza del vitreo in sede foveale, sottovalutata al momento della prima visita. La paziente veniva seguita nel tempo, con un controllo ottimale della pressione endoculare e, per il progredire della cataratta in OS, veniva sottoposta in data 06/05/2014 a FACO+ IOL

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

Figura 1. OCT del nervo ottico

(+19 D) nel sacco utilizzando una lente monofocale Alcon Acrysof IQ. Ai controlli successivi la paziente presenta in OS un visus di 10/10 senza alcuna correzione; per la progressione dell’opacità del cristallino in OD veniva sottoposta, in data 20/01/2015, ad

asportazione di cataratta con tecnica FACO + IOL (+19,5 D) nel sacco, utilizzando sempre una IOL Alcon Acrysof IQ, uguale a quella usata nell’occhio controlaterale, con un decorso post-operatorio regolare. Il 13/2/2015 la paziente si ripresentava a controllo anticipatamente rispetto al previsto, lamentando la comparsa improvvisa, da circa una settimana, di una visione deformata sia in OD che in OS. L’obiettività clinica del segmento anteriore appariva normale bilateralmente, il visus era di 8/10 naturali in OD e di 3/10 lateralizzati in OS, non migliorabile con lenti e/o foro; la pressione endoculare, in terapia con β-bloccanti ogni 12 ore, era di 12/12 mmHg. All’esame del fondo oculare si osservava, nell’occhio destro, un edema maculare, mentre in quello sinistro si osservava un foro maculare a tutto spessore. Si eseguiva esame OCT che confermava a destra una trazione vitreo/ foveale con edema maculare diffuso (Figura 3), mentre nell’occhio sinistro si osservava un foro maculare a tutto spessore, anche se non comprendente tutta l’area foveale (Figura 4). In data 24/2/2015 eseguivamo, nell’occhio destro, al fine di evitare la possibile insorgenza di un foro maculare nell’occhio funzionalmente

Figura 2. Scansione della retina centrale bilaterale: evidenza di aderenza vitreo/foveale

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Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Figure 3 e 4. OCT: OD trazione vitreo/foveale con edema corneale; OS foro maculare a tutto spessore

Figure 5 e 6. OCT: OD scomparsa dell'edema; OS stazionarietà del foro maculare

migliore, un’intravitreale di ocriplasmina (Jetrea Alcon) per tentare di risolvere la trazione vitreo/ foveale, considerate anche le dimensioni ridotte dell’aderenza, confortati da quanto proposto dalla Letteratura internazionale sull’argomento. Il 6/03/2015 veniva eseguito esame OCT per valutare il risultato dell’intravitreale: si osser-

vava una completa restitutio ad integrum della trazione vitreo/foveale in OD con scomparsa totale dell’edema (Figura 5), anche se l’esame ci faceva supporre che la trazione fosse stata ancora presente, mentre in OS si confermava una stazionarietà del foro maculare (Figura 6). Il 20/3/2015 la paziente veniva sottoposta a nuo-

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

Figure 7 e 8. OCT: OD stazionarietà della lesione; OS progressione del foro maculare

Figure 9 e 10. OCT: OD stazionarietà del quadro; OS chiusura completa del foro

vo esame OCT che evidenziava la stazionarietà della lesione in OD (Figura 7) con visus naturale di 10/10, mentre in OS si evidenziava una progressione del foro maculare con aumento dell’edema e sollevamento dei bordi (Figura 8) e visus di 1/10 lateralizzato. In data 7/4/2015 la paziente veniva sottoposta

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ad intervento di vitrectomia 25 G in OS con creazione di inverted flap e tamponamento con SF6. Il 17/4/2015 si eseguiva nuovo esame OCT che evidenziava una stazionarietà del quadro in OD (Figura 9) con retina indenne, ma la presenza di aderenza vitreo/ foveale non sintomatica, men-


Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Figure 11 e 12. OCT: OD aumento della trazione vitreo/foveale; OS esiti della vitrectomia

Figura 13. OCT: OD edema intraretinico con distacco foveale del neuroepitelio

tre in OS si osservava la chiusura completa del foro maculare (Figura 10). In data 21/3/2017 si eseguiva nuovo OCT che dimostrava un aumento della trazione vitreo/foveale in OD, anche se asintomatica (Figura 11), con visus di 10/10, mentre in OS si osservavano esiti di vitrectomia con assottigliamento retinico

(Figura 12) e visus di 8/10 naturali. Il 28/04/2017 la paziente si presentava lamentando da alcuni giorni la percezione di una visione deformata saltuariamente in OD. Il visus era di 7/10 naturali e l’esame OCT (Figura 13) evidenziava una nuova comparsa della trazione vitreo/foveale con piccola area di edema intra-

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

Figura 14. OCT: OD scomparsa della trazione

Figura 15. OCT: OD scomparsa del distacco del neuroepitelio

retinico e distacco foveale del neuroepitelio. A questo punto, in data 2/5/2017, la paziente veniva sottoposta ad intervento di vitrectomia 25 G in OD per la risoluzione chirurgica della trazione vitreo/ foveale.

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A tre giorni dall’intervento, il 5/5/2017, la paziente è stata sottoposta ad esame OCT di controllo che ha evidenziato una completa scomparsa della trazione in OD, con piccolo vacuolo in sede foveale di distacco del neuroepitelio


Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Figure 16 e 17. OCT: normale in OD, assottigliamento retinico settore temporale in OS

(Figura 14), ed il miglioramento del quadro clinico è stato confermato da un nuovo esame OCT eseguito in data 9/6/2017 (Figura 15) dove si osservava la risoluzione del distacco del neuroepitelio. L’ultimo controllo, eseguito in data 20/4/2018, evidenzia un visus naturale in OD di 10/10 ed un esame OCT praticamente normale (Figura 16), mentre nell’OS il visus è di 8/10 naturali non migliorabile con lenti e/o foro e l’esame OCT evidenzia un assottigliamento retinico diffuso temporalmente, anche se stabile nel tempo (Figura 17).

>> Caso 2 F.C., uomo, 70 anni. Si presenta alla nostra osservazione (settembre 2018) in quanto, a suo dire, in seguito all’intervento di cataratta in OS a cui era stato sottoposto nel marzo 2018 presso altro specialista, aveva riscontrato un peggioramento drastico del visus e non il miglioramento sperato; pertanto, essendo stato proposto al paziente l’intervento anche in OD, prima di sottoporsi a nuovo intervento, stante la situazione, aveva preferito interpellare un altro oculista, per avere un ulteriore parere.

Al momento della prima osservazione, il 27/9/2018, si evidenzia: in OD un visus naturale di 3/10, con correzione + 1,50 sf= +1,25 cil 180° 7/10; visus naturale OS 1/10, con + 1,00 cil 180° 6/10 lievemente lateralizzato; tono oculare 14/12 mm Hg. L’obiettività clinica evidenzia in OD una lieve sclerosi nucleare del cristallino, mentre al fondo oculare non si osservano oftalmoscopicamente alterazioni patologiche a carico della macula e della periferia; in OS si osserva IOL nel sacco, con sacco capsulare integro e trasparente, ed al fondo oculare si osserva un foro maculare a tutto spessore. Il paziente viene, pertanto, sottoposto ad esame OCT che evidenzia in OD una retina normale (Figura 18) con sospetta presenza di un iniziale pucker maculare in sede interpapillo/maculare, mentre nell’OS si osserva un foro maculare a tutto spessore, anche se non interessante tutta l’area foveale (Figura19). Si decide di sottoporre il paziente a retinografia digitale confocale con Eidon che permette di evidenziare un iniziale pucker maculare in OD (Figura 20); l’esame conferma, inoltre, il foro maculare in OS (Figura 21).

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

Figure 18 e 19. OCT: OD iniziale pucker maculare; OS foro maculare a tutto spessore

Figure 20 e 21. Retinografia digitale confocale: OD iniziale pucker maculare; OS foro maculare

Figure 22 e 23. OCT preoperatorio: OD iniziale pucker; OS pucker con foro lamellare I stadio.

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Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Tra i documenti in possesso del paziente si è potuto rilevare come, in data 6/3/2018, quindi prima dell’intervento di cataratta, fosse già stato eseguito presso altro specialista, il medesimo che poi ha eseguito l’intervento, un esame OCT (Figure 22 e 23) in cui si evidenziava un iniziale pucker maculare in OS con allargamento della fisiologica depressione foveale, quasi a formare un foro maculare lamellare. A questo punto, considerati i pregressi e soprattutto l’evoluzione clinica del caso, è stato consigliato al paziente di non operare la cataratta dell’OD e di rivalutare la situazione a sei mesi; nel frattempo è stato consigliato di eseguire un intervento di vitrectomia in OS con creazione di inverted flap e tamponamento con gas.

>> Caso 3 Z.C., uomo, 75 anni. Arriva alla nostra osservazione in data 10/9/2018 con documentazione attestante diagnosi di cataratta bilaterale, maggiore in OS, per il trattamento della quale gli era stato consigliato intervento di asportazione di

cataratta con impianto di IOL torica per correggere anche l’astigmatismo. All’anamnesi il paziente dichiara di non aver mai portato occhiali, di non essere mai stato astigmatico e di portare occhiali da vicino dall’età di 45 anni e da lontano da alcuni anni solo per guidare. Sottoposto a visita, il paziente presentava: visus naturale OD 4/10, con correzione + 1,00 sf 8/10; visus naturale OS 1/10, con correzione + 1,00 sf 2/10. L’obiettività clinica evidenziava una cataratta corticale posteriore maggiore in OS con cattiva esplorazione del fondo oculare. L’esame IOL Master eseguito metteva in evidenza, in entrambi gli occhi, un astigmatismo di 0,64 diottrie in OD e di 1,15 diottrie in OS; l’esame topografico però non confermava tale situazione. Veniva, a questo punto, eseguito esame OCT che metteva in evidenza in OD un pucker maculare con modesto edema maculare (Figura 24), mentre in OS si evidenziava un sospetto pucker con edema maculare (Figura 25), anche se la qualità dell’immagine non era molto significativa.

Figure 24 e 25. OCT: OD pucker maculare con edema maculare diffuso; OS sospetto pucker con edema maculare

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

Dopo aver spiegato la situazione al paziente, e sconsigliato l’impianto di una IOL torica, per i possibili effetti negativi sul risultato funzionale, sottoponevamo lo stesso ad intervento di cataratta in OS con impianto di IOL monofocale Alcon Clareon (+ 20,5 D) in data 23/10/2018. All’ultimo controllo, eseguito il 24/11/2018, il paziente presenta in OS un visus naturale di 9/10, con enorme soddisfazione da un punto di vista funzionale, e assenza di modificazioni sul quadro retinico. Il paziente, che risiede stabilmente all’ estero, è stato informato della necessità di monitorare la situazione nel tempo, essendovi la possibilità che il pucker possa peggiorare, rendendo quindi necessario eseguire in futuro un intervento di vitrectomia. Tale ipotesi, ovviamente, dovrà essere suffragata da eventuali dati clinici e funzionali degli esami OCT eseguiti periodicamente.

>> Caso 4 B.G., uomo, 71 anni. Alla prima osservazione, il 28/11/2018, lamenta una grave diminuzione del visus insorta dopo un iniziale miglioramento della vista, ad oltre un mese dall’intervento

di cataratta, eseguito nell’occhio destro in data 26/9/2018, con impianto di IOL Hoya XY1 di potere 21 D. Al momento della prima visita il visus naturale in OD era di 4/10 non migliorabile con lenti e/o foro, mentre in quello sinistro il visus era di 6/10 scarsi non migliorabile con lenti. L’obiettività clinica evidenzia in OD pseudofachia con IOL all’interno del sacco capsulare perfettamente impiantata, mentre in OS si osserva una iniziale cataratta corticale posteriore. Il tono oculare è 12/14 mmHg ed al fondo oculare si osserva un edema maculare, documentato con esame OCT in OD, con presenza di aderenza vitreo/foveale (Figura 26); nell’OS l’esame appare normale anche se, sempre all’esame OCT, si evidenzia una aderenza vitreo/foveale (Figura 27). Il paziente è stato sottoposto a terapia topica con Nepafenac collirio 1 goccia 3 volte al dì per un mese ed eplerenone 25 mg per quattro settimane, con completa restitutio ad integrum già dopo venti giorni di terapia, documentata da esame OCT (Figure 28-29) , con recupero di 10/10 di visus naturale, il tutto confermato dalla stabilizzazione del quadro OCT dopo due mesi. Infine, nel maggio 2019 il paziente è stato sot-

Figure 26 e 27. OCT: OD edema maculare con aderenza vitreo/foveale; OS aderenza vitreo/foveale

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Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

Figure 28 e 29. OCT: OD risoluzione edema retinico

Figure 30 e 31. OCT: retina normale con presenza di aderenza vitreo/foveale in OO

toposto ad intervento di cataratta in OS con impianto di IOL Hoya XY1 di potere + 21,5 D. Nessuna alterazione retinica è stata evidenziata

dopo l’intervento, con un recupero di 10/10 di visus naturale ed una stabilizzazione del quadro OCT dopo due mesi (Figure 30-31).

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Andrea Niutta, Matteo Niutta

>> Discussione e Conclusioni Da quanto sopra esposto si evince come, eseguire di routine un esame OCT prima dell’intervento di cataratta, renda sicuramente più semplice identificare lievi alterazioni a livello retinico in pazienti con cataratte allo stadio avanzato ed in tutti i pazienti in cui tali alterazioni potrebbero passare misconosciute con il solo esame del fondo oculare, per la particolare morfologia dell’opacità della lente. L’esecuzione di tale esame permette, inoltre, di informare il paziente delle lesioni già presenti prima dell’intervento, valutando insieme i possibili rischi che l’intervento di cataratta stesso potrebbe slatentizzare, quali l’insorgenza di complicanze; tale eventualità, se non comunicata e illustrata per tempo, potrebbe dar adito a contenzioso giuridico legato al cattivo risultato refrattivo raggiunto dal paziente dopo l’intervento, pur in presenza di un intervento correttamente eseguito. Pertanto, prima della programmazione e dell’esecuzione della chirurgia della cataratta, sono almeno tre, a nostro avviso, le alterazioni retiniche principali che andrebbero indagate ed eventualmente identificate: • la presenza di degenerazione maculare; • la presenza di membrane epiretiniche; • il riscontro di trazioni, aderenze vitreomaculari e schisi maculari. La degenerazione maculare legata all’età (DMLE) è una patologia estremamente diffusa, principale causa di cecità nei paesi industrializzati nei soggetti di età superiore a 55 anni; tale patologia, legata a fattori di rischio genetici, costituzionali (età, sesso femminile e colore chiaro dell’iride) e ambientali (fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa ed esposizione alla luce solare), si caratterizza classicamente per una riduzione dell’acuità visiva e per la presenza di metamorfopsie. Ciononostante, in pazienti con decorso subdolo di tale patologia e affetti da cataratta, è possibile che la riduzione dell’acuità visiva venga erroneamente attribuita alla cataratta stessa. Nella maggior parte dei casi, l’esecuzione di un esame OCT consente di mettere in evidenza le alterazioni del neuroepitelio e dell’epitelio pigmentato retinico, permettendo così di individua-

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re la patologia anche quando l’esame del fondo risulti di difficile esecuzione. Le membrane epiretiniche (ERM) sono costituite dalla proliferazione fibrocellulare sulla superficie del neuroepitelio retinico e rappresentano l’anomalia più comune dell’interfaccia vitreoretinica. Le ERM possono portare ad una perdita dell’acuità visiva, che può essere da lieve a severa, eventualmente associata a distorsioni, edema maculare cistoide, ridotta sensibilità al contrasto e foro maculare lamellare. I pazienti con membrane epiretiniche sottoposti a chirurgia della cataratta hanno un rischio postoperatorio maggiore di edema maculare cistoide, anche in caso di intervento perfettamente condotto; inoltre, nei pazienti con membrana epiretinica andrebbe evitato, a nostro avviso, l’impianto di una IOL multifocale e/o torica. A tal fine, l’esecuzione di un OCT preoperatorio consente di individuare la membrana epiretinica come una banda iper-reflettente, più o meno adesa alla superficie retinica interna. La trazione e/o le aderenze vitreomaculari si determinano quando, alla progressione del distacco del vitreo posteriore, si associa la persistenza dell’adesione vitreomaculare; tale tipo di trazione può risultare silente all’esame del fondo oculare e manifestarsi con l’insorgenza di edema o con la creazione di foro maculare a distanza di tempo variabile dopo la chirurgia della cataratta. Infine, essendo la stessa chirurgia della cataratta fattore determinante il distacco posteriore di vitreo, appare estremamente importante identificare tale patologia prima della programmazione dell’intervento. In conclusione, la possibilità di individuare preoperatoriamente, con l’esecuzione di un semplice esame OCT, le tre patologie sopra descritte, in maniera immediata e priva di rischi per il paziente, rende, a nostro avviso, tale esame diagnostico un esame insostituibile che dovrebbe essere sempre eseguito prima di programmare un intervento di cataratta, avendo, non da ultimo, il vantaggio di poter informare correttamente il paziente e renderlo partecipe e conscio del proprio percorso terapeutico.


Importanza dell’esecuzione di un esame OCT prima della chirurgia della cataratta: la nostra esperienza

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Bibliografia

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STORIA ED EVOLUZIONE della CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA E NEL MONDO

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Le live surgeries: yes o no? 

Vittorio Picardo

Da tanti anni, forse più di 20, avendo collaborato nell’organizzazione dei congressi di Lucio Buratto, sono stato coinvolto da varie realtà scientifiche nella gestione delle chirurgie in diretta: SOI, AICCER, SITraC, SIGla, AISG, GIVRE, FLORetina, diverse edizioni della Oftalmo-chirurgia in diretta da Napoli, e da tanti Colleghi per iniziative locali, regionali e non. Ricordo, per esempio, con particolare emozione i commenti alle chirurgia in diretta fatte a Siracusa o a Catania, per i convegni organizzati da Antonello Rapisarda e Alfredo Reibaldi, che gestivo insieme all’ineguagliabile Costantino Bianchi. Ma potrei citare tante altre occasioni. Questo mio ruolo scientifico e divulgativo mi ha permesso di vedere, da quest’altra parte della macchina da presa, ciò che avveniva in sala operatoria e dietro le quinte. Ogni volta facevo tesoro di ciò che imparavo. L’esperienza ha quindi affinato il mio modo di vedere la chirurgia in diretta e di crearmi una certa mentalità di regia scientifica degli eventi di live surgery. Ma, il quesito vero è: hanno ancora senso le live surgeries? Non è facile dare una risposta categorica ed assoluta perché il percorso educativo, che è stato di fatto creato attraverso gli eventi di chirurgia in diretta, ha avuto sicuramente una sua valenza e un suo valore nella formazione e nell’aggiornamento professionale di tutti noi. In ogni occasione, si vedeva l’ultimo modello di microscopio o di faco, un nuovo viscomateriale, una nuova tip, diversi devices per il glaucoma, un nuovo colorante per la retina e nuovi strumenti di diagnostica pre e intraoperatoria. Tutto questo potrebbe far apparire la chirurgia

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AICCER 2015

semplice e quasi banale, qualche volta anche spettacolare se pensiamo all’utilizzo di sistemi in 3D e, quindi, la differenza tra la realtà clinica e chirurgica e “un videogioco” può sembrare sottile e quasi impercettibile. Ma sappiamo tutti che non è così, perché, nel momento in cui si esegue e trasmettiamo la chirurgia in diretta, stiamo percorrendo due strade parallele: una di tipo clinico, assistenziale e terapeutica per il tipo di intervento che eseguiamo sul paziente, e un’altra didattica e di avanzamento culturale per quanto viene evidenziato e spiegato dal chirurgo durante la sua partecipazione. In questa logica, la live surgery consente, a chi è in Auditorium, di veder realizzata la manovra chirurgica per come va veramente prodotta, ma senza la possibilità di un fermo immagine, di un “riavvolgimento” del nastro, certamente con quella emozione che l’evento in diretta suscita (nel chirurgo oltre che nel partecipante). Le sale operatorie si affollano di personale tecnico e di sistemi di ripresa che aggiungono ulteriori presenze alla normale attività della sala operatoria, il chirurgo deve concentrarsi su quanto sta facendo, il personale di sala deve dedicarsi all’assistenza fuori campo, i tecnici devono gestire le


Le live surgeries: yes o no?

Live Surgery preparazione

Impianto IOL

Plastica pupillare

Relax tra i chirurghi

loro apparecchiature quasi in maniera invisibile, senza intralciarle l’attività chirurgica. Per questo, qualche volta, mi sono permesso di suggerire ai cameramen dove posizionare il loro supporto di registrazione, proprio per facilitare le riprese esterne e magari qualche dettaglio chirurgico, ma nello stesso tempo senza mettere a rischio la zona sterile della sala. Con queste attenzioni, e con questi limiti, la chirurgia in diretta produce un interesse scientifico, qualche volta anche elementi di curiosità “umana-chirurgica”, insomma finisce con l’avere una logica che giustifica tutti gli sforzi organizzativi della struttura che ospita, ma anche di quella che si è fatta carico di tutta la macchina che ruota intorno all’evento. Al contrario, si può sempre obiettare che la chirurgia in diretta ha comunque la possibilità di essere ripresa su semplici sistemi digitali, ad es. uno smartphone, con una qualità di immagine accettabile, senza avere tutto quel contorno di presenze tra personale tecnico, delle Aziende e infermieristico, assolutamente necessario. Il chirurgo lavora a casa sua, mantiene le sue abitudini, conosce il microscopio, il faco, il vitrec-

Intervista al chirurgo

tomo, il visco che sta usando, riconosce forse al tatto i ferri, usa la sua solita poltroncina, … insomma sta in una situazione di comfort personale e

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Vittorio Picardo

psicologico che lo aiuteranno a svolgere al meglio la sua chirurgia. Chirurgia che, diventando registrata, potrà essere ritrasmessa senza alcun taglio o interruzione, come si dice “true live”, oppure può essere ridotta ed accorciata in alcuni tempi inutili o di indugio chirurgico, con la possibilità invece di fermare i fotogrammi, evidenziare un particolare con un segno sullo schermo, andare avanti e indietro nelle sequenze, favorendo discussione e confronto tra chirurgo e panelisti. In definitiva, si produce una situazione abbastanza vicina al vero momento di esecuzione dell’atto operatorio, con la possibilità di adoperare alcune realtà della tecnologia cinematografica, ormai presente in tutti i nostri computer, per un obiettivo di tipo didattico scientifico. Come è facile intuire, la scelta del sì, ha buone argomentazioni a suo favore, ma anche qualche ombra. Chi invece è più favorevole ad una chirurgia differita ha altre motivazioni che giustificano questa opzione, eliminando però l’aspetto emotivo che coinvolge chirurgo e pubblico. Non esiste, quindi, uno spartiacque che faccia pendere la bilancia verso il piatto del sì o quello del no in maniera assoluta. Certamente, la struttura che dovesse organizzare una chirurgia in diretta deve avere coscienza della responsabilità clinica ed organizzativa dell’evento e produrre un percorso completo, che assegni compiti e responsabilità alle giuste posizioni professionali e che preceda anche l’even-

Live surgery-chirurgia vitreo retinica

tuale imprevisto da contrastare immediatamente e con successo. Quindi live SI’, se ben organizzate, ospitate in ambiente idoneo, gestite con responsabilità e competenza come sanno fare le nostre Società scientifiche. Live NO, se la sessione chirurgica fosse un mero strumento di esibizionismo e promozione di sé e non un momento nel quel il paziente, come sempre, deve essere il centro della nostra attenzione.

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