Viscochirurgia

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>> Riduzione della carica batterica della

superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profilassi con Iodopovidone >> Studio preliminare sulla penetrazione

di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica >> Terapia combinata con fotodinamica-

verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile >> Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’

del forame ovale: studio clinico

Editoriale

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Vittorio Picardo

Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profilassi con Iodopovidone

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Federico Ricci, Luciano Cerulli, Federico Regine, Filippo Missiroli Antonio Calabrese, Cartesio Favalli

Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica

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Carlo Cagini, Francesco Piccinelli, Gianluigi Tosi, Anna Bartolini, Francesca Riccitelli,Marco Lupidi, Antonio Garritano, Amedeo Pieri LE V I S C O INT E RVISTE

Intervista al Professor Emilio Balestrazzi

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Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile

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Rosalia Giustolisi, Simone De Gaetano, Mariateresa Staltari, Jessica Marchiori, Federica Mirra, Paola Mazzotta, Gianluca Aloe, Olga Mastrangelo, Corrado Balacco Gabrieli

Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico

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Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli

www.oculisti.net ISSN 0349 - 61

FGE Srl Reg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827802 - Fax 0141 827830 e-mail: editore@fgeditore.it - www.fgeditore.it

Direttore Editoriale Vittorio Picardo

Anno XXVII N. 1 • 2012 contiene I.P.

Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano

Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986

Segreteria di redazione Pierpaola Eraldi Tel. 0141 827836

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Chiuso in redazione Marzo 2012 Norme per gli autori Consultare il sito www.oculisti.net Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana


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1. Findl O. European Ophthalmic Review 2010; 4:54-9.

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Depositato presso AIFA in data 09/11/2011

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Cari Amici, quest’anno, che anche politicamente si presenta come un periodo di austerità e contenimento delle spese, Viscochirurgia si propone, come già annunciato nell’ultimo numero del 2011, sotto una nuova veste: l’altra metà di Euvision. Questo esperimento, che si protrarrà per tutto il 2012, farà arrivare a Voi una rivista che da un lato avrà la copertina di Viscochirurgia e dall’altro quella di Euvision. Perché questa soluzione editoriale? Prima di tutto perché non c’è competizione tra i due giornali. Poi, perché, in fondo, in un unico opuscolo troverete aggiornamenti e novità sia in campo clinico medico, che di contattologia che di chirurgia del segmento anteriore e posteriore: un po’ di tutto quello che ci può capitare in una giornata di lavoro. L’iniziativa, a Pasquale Troiano, Direttore di Euvision ma fondamentalmente un vecchio e caro Amico, a me e agli Sponsor è sembrata seria ed opportuna, perché non sacrifi fica nessuna delle due testate, ognuna con una storia ed una tradizione e peraltro garantirà 4 numeri nel corso dell’anno. Viscochirurgia cercherà così per il 2012, di offrirVi articoli interessanti per la tecnica chirurgica adoperata o per le novità strumentali o per l’aspetto francamente pratico del problema, che discuteremo con i vari ospiti della Viscointerviste. Quella che troverete su questo numero è stata realizzata nella Direzione della Clinica Oculistica dell’Università Cattolica di Roma, dove il Professor Emilio Balestrazzi mi ha ricevuto con l’affetto di sempre, dedicandomi alcune ore di una Sua intensa giornata di lavoro, proprio per quella amicizia, stima e conoscenza che ci lega dal 1978, quando cominciò l’avventura dell’équipe del Professor Giuseppe Scuderi al Policlinico Umberto I di Roma. Vittorio Picardo

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Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato a profilassi con Iodopovidone Federico Ricci2 F Luciano Cerulli1 F Federico Regine2 F Filippo Missiroli1 2 3 F Antonio Calabrese F Cartesio Favalli F

1 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Complessa di Oftalmologia, Roma (Responsabile: Prof. Luciano Cerulli) 2 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Semplice Dipartimentale Patologie Retiniche, Roma (Responsabile: Prof. Federico Ricci) 3 Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Fondazione Policlinico di Tor Vergata, Unità Operativa Complessa Microbiologia, Roma (Responsabile: Prof. Cartesio Favalli)

RIASSUNTO Scopo dello studio: Valutare l’attività antimicrobica dell’Azitromicina 1.5% collirio rispetto alla Levofloxacina fl 0.5%. Setting: Studio randomizzato, prospettico, singolo cieco del tipo caso-controllo. Materiali e Metodi: 199 pazienti da sottoporre ad intravitreale con anti-VEGF per CNV sono stati randomizzati in 2 gruppi; per i 3 giorni precedenti all’intervento il primo è stato trattato con Azitromicina 1.5%, il secondo con Levofl floxacina 0.5%. Abbiamo effettuato dei tamponi della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali prima e dopo il trattamento con antibiotici e dopo l’esecuzione dell’intravitreale che prevedeva la disinfezione con iodopovidone. Gli aghi utilizzati sono stati posti in coltura. Risultati: Assenza di crescita batterica al baseline si è osservata in 3 pazienti (1.5%) a carico della cute palpebrale, in 17 (8.5%) a carico della congiuntiva (p=0,0008). Dopo il trattamento si è osservata assenza di crescita batterica in 21 pazienti (10,6%) a livello delle palpebre in 77 pazienti (38,7%) a livello del fornice congiuntivale. Nessuna differenza è emersa tra i due gruppi (p=0,1117; p=0,3358). Dopo l’intervento assenza di crescita batterica si osservava in 130 pazienti (65,3%) a livello delle palpebre e in 153 pazienti (76.9%) a livello della congiuntiva. Assenza di crescita batterica negli aghi utilizzati si osservava in 179 casi (89.9%). Conclusioni: Azitromicina 1.5% collirio non è inferiore alla Levofl floxacina 0.5% nel ridurre la carica batterica della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali. La somministrazione pre-operatoria dell’Azitromicina 1.5% collirio può costituire una valida alternativa nella profi filassi dell’endoftalmite. Tanto più in considerazione della ridotta frequenza delle somministrazioni giornaliere e la sempre più frequente osservazione di batteri resistenti ai Fluorochinolonici.

PAROLE CHIAVE Azitromicina Levofl floxacina profi filassi pre-operatoria terapia intravitreale KEY WORDS Azytromycin Levofloxacin preoperative prophylaxis intravitreal therapy

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ABSTRACT Purpose: To compare antimicrobial activity of 1.5% Azytromycin versus 0.5% Levofloxacin eye drop in patients receiving intravitreal VEGF inhibitors injection for active CNV. Setting: Randomized, prospective, single blind, case control study Materials and Methods: Three days before IVT, 199 patients were randomized into 2 groups. Group A (99 patients) received 1.5% Azytromycin, Group B (100 patients) 0.5% Levofloxacin. Before IVT all patients underwent eyelids and conjunctival fornix povidone iodine disinfection. Efficacy of treatments was assessed by masked microbiologist analyzing eyelids and conjunctival swabs before, after antibiotic therapy and at the end of IVT procedure. Needles used for injection were also collected and cultured. Results: At baseline, negative cultures were observed in 3 patients (1.5%) at the eyelids and in 17 patients (17.5%) at the conjunctival fornix. (p= 0,0008) After antibiotic treatment, negative cultures were respectively 21 (10.6%) and 77 (38.7%). No differences were observed among the treatment groups (p= 0,1117; p= 0,3358). After IVT, negative cultures were respectively 130 (65,3%) and 153 (76.9%). Negative neddle cultures were 179 (89.9%).

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Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofilassi con Iodopovidone

Conclusions: Our results showed that 1.5% Azytromycin was non inferior to 0.5% Levofloxacin in reducing the bacterial load of conjuctival fornix and eyelids of patients undergoing IVT. Twice-daily administration for 3 days of 1.5% Azytromycin was clinically and bacteriologically equivalent to 5-times administration for 3 days of 0.5% Levofloxacin. Due to the increase of fluoroquinolones resistance the use of 1.5% Azitromycin may represent a new option in preoperative endophthalmitis prophylaxis.

La terapia intravitreale è divenuta lo standard nella cura della degenerazione maculare età correlata (age-related macular degeneration - ARMD) associata a membrana neovascolare sottoretinica (Choroidal Neovascularization – CNV) e, più in generale, di tutte le patologie vascolari complicate da neovascolarizzazione e/o da edema retinico.(Brown et al, 2006) Il largo impiego della via di somministrazione intravitreale ha portato ad un forte incremento del numero di procedure eseguite annualmente, tanto che l’iniezione intravitreale (IVT) ha superato ormai come frequenza l’intervento di facoemulsificafi zione della cataratta. Ovviamente, ad un incremento numerico delle procedure così cospicuo, è corrisposto un aumento nell’incidenza delle complicanze postoperatorie, quali l’endoftalmite infettiva. (Kresloff et al, 1998, Miller et al, 2005) Data la particolare gravità della patologia, numerosi sforzi sono stati intrapresi al fi fine di prevenire l’incidenza di questa complicanza devastante, mediante l’utilizzo di tecniche di profi filassi adeguate. Sebbene le endoftalmiti infettive post-IVT si presentino con un’incidenza relativamente bassa (stimata da diversi Autori tra il 3% e lo 0,02%) (Sampat et al, 2010; Schwartz et al 2009; Ho et al 2007; Ranchod et al 2010; Klein et al 2009), poiché i protocolli terapeutici che si avvalgono di farmaci anti-angiogenici prevedono la somministrazione di iniezioni ripetute nel tempo, spesso in entrambi gli occhi, si può ipotizzare un conseguente aumento del rischio “per paziente” causato dalla reiterazione della terapia. Questa considerazione mette ancora di più in evidenza la necessità di attuare una profilassi fi anti-infettiva aggressiva ed efficace, fi volta a minimizzare quanto possibile il rischio per il paziente. Nel 2004 Jager et al hanno stabilito delle linee guida per minimizzare il rischio di endoftalmite nell’ambito dell’IVT: esse consigliavano l’ane-

stesia topica (non sottocongiuntivale), l’applicazione di un blefarostato, l’utilizzo dello iodopovidone per la sterilizzazione delle palpebre, delle ciglia e della superficie fi oculare. Dal punto di vista procedurale la massima attenzione deve essere fatta per evitare che l’ago tocchi alcuna superfi ficie (palpebre, ciglia etc.) prima di essere introdotto in camera vitrea. Lo studio VISION (Gragoudas et al, 2004) ha poi dimostrato come l’adozione di alcune misure aggiuntive di profilassi, fi quali la somministrazione di antibiotici topici prima della procedura, l’utilizzo del telo oculare e dei guanti sterili, possa ridurre ulteriormente l’incidenza delle complicazioni post-operatorie. Sebbene tutti concordino sulla necessità di utilizzare una qualche forma di profilassi, fi non esiste tuttavia un protocollo universalmente accettato, a causa dell’assenza di prove scientifiche fi sull’efficacia di alcune delle metodiche comunemente utilizzate. (Lad et al, 2006; Pilli et al, 2008; Fintak et al 2008; Mason et al 2008, Deramo et al, 2006) Il caso dell’uso pre-operatorio degli antibiotici topici è esemplifi ficativo. (Ziemssen et al 2010) Sebbene, infatti, sia ben documentata la loro capacità di ridurre significativamente fi la carica batterica della superfi ficie oculare e di curare patologie infettive pre-esistenti quali blefariti, congiuntiviti, e dacriocistiti, soprattutto se applicati per diversi giorni prima dell’intervento, non esistono studi clinici che abbiano potuto dimostrare la loro efficacia nella riduzione del rischio di endoftalmite batterica post-operatoria. (Ta et al, 2004) Gli antibiotici più comunemente impiegati per la sterilizzazione della superficie fi oculare sono i derivati del fluorochinolone, battericidi ad ampio spettro effi ficaci sia contro i batteri gram-positivi che gram-negativi. Una possibile recente alternativa ai derivati del fluorochinolone è rappresentata dall’Azitromicina, un antibiotico ad ampio spettro simile all’eritromicina, ma caratterizzato da una maggiore

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effi ficacia nei confronti di alcuni batteri gram-negativi. La particolare struttura chimica di questo macrolide garantisce una lunga permanenza del farmaco nei tessuti, caratteristica enfatizzata dal trigliceride a media catena che lo veicola, il Mygliol, che ne aumenta il tempo di contatto con la superfi ficie oculare. Il farmaco ha un regime posologico decisamente più breve di quello classico, 1 goccia due volte al giorno per 3 giorni, del quale mantiene tuttavia l’effi ficacia. (Amza et al, 2010; Huguet et al, 2010)

>> Scopo dello studio L’obiettivo del nostro gruppo di ricerca è stato quello di valutare in uno studio prospettico controllato in singolo cieco l’efficacia fi della azitromicina 1.5% collirio nel ridurre la carica batterica pre-operatoria della superfi ficie oculare in pazienti da sottoporre a terapia intravitreale, confrontando tale attività con il farmaco che rappresenta attualmente il riferimento nella profilassi fi antibiotica pre-operatoria in Italia, la Levofloxafl cina 0.5%.

>> Materiali e Metodi A tal fine, previo consenso informato, abbiamo reclutato nello studio 200 pazienti di età superiore ai 55 anni, affetti da maculopatia essudativa in trattamento con farmaci anti-angiogenici, somministrati per via intravitreale in regime di day-hospital presso la UOSD di Patologie Retiniche del Policlinico di Tor Vergata di Roma. Nessuno dei pazienti reclutati aveva fatto uso di farmaci oftalmici per via topica nei 15 giorni precedenti all’intervento, ad eccezione di quelli previsti dallo studio. Sono stati esclusi i pazienti che presentavano un’anamnesi positiva per patologie infettive, infiammatorie fi o traumatiche nell’occhio da trattare più recente di 3 mesi, oltre a quelli affetti da diabete non controllato (con emoglobina glicosilata >10), patologie neoplastiche, ematologiche o associate ad immunodeficienza e infezioni in atto a carico di altri distretti corporei. Nessuno dei pazienti si trovava in stato di gravidanza o allattamento, né aveva un’anamnesi positiva per allergie a farmaci o una ipersensibilità nota ai farmaci in studio. Infi fine sono stati esclusi i pazienti incapaci di comprendere

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e attuare le istruzioni previste dallo studio. I partecipanti sono stati convocati per una visita di controllo pre-trattamento 3 giorni prima dell’iniezione, durante la quale sono stati verificati fi i criteri di inclusione ed esclusione, oltre che le eventuali terapie precedenti e concomitanti. Dopo aver fatto fi firmare il consenso informato, ad ogni paziente è stata prescritta la terapia antibiotica pre-operatoria. I pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi; il primo è stato trattato con Levofloxacina fl 0.5% collirio per i 3 giorni precedenti all’intervento con una posologia di 1 goccia per 5 volte al giorno; il secondo è stato trattato con Azitromicina 1.5% collirio alla posologia di 1 goccia per 2 volte al giorno, da utilizzare nei 3 giorni precedenti all’iniezione. Il trattamento veniva assegnato ai pazienti in modo alternato, in base all’ordine di convocazione ed indipendentemente dal sesso e dall’età. Passati i tre giorni, i pazienti sono stati convocati nuovamente per una visita pre-operatoria, durante la quale venivano evidenziati eventuali di segni di ipersensibilità o intolleranza all’antibiotico utilizzato. Tutti i pazienti prima dell’intervento sono stati sottoposti a disinfezione della cute palpebrale e periorbitaria con Iodopovidone 10% ed instillazione di Iodopovidone 5% nel sacco congiuntivale. Il giorno successivo all’intervento i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione clinica standard post-IVT (Figura 1). L’effi ficacia del trattamento è stata valutata mediante esami microbiologici su campioni prelevati con tamponi oculari ESWAB dal bordo palpebrale e dal sacco congiuntivale e quindi sugli aghi utilizzati per l’iniezione intravitreale, che sono stati raccolti in maniera sterile alla fine del trattamento come sotto indicato: • T0 (I Prelievo) Giorno -3: Si effettuano i prelievi durante la visita pre-operatoria, tre giorni prima dell’iniezione intravitreale e prima dell’assegnazione della terapia antibiotica topica. • T1 (II Prelievo) Giorno 0 Pre-IVT: Si effettuano i prelievi al termine dei 3 giorni di terapia antibiotica topica e prima della procedura di disinfezione pre-operatoria con lo iodopovidone. • T2 (III Prelievo) Giorno 0 Post-IVT: Si effettua-


Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofilassi con Iodopovidone

no i prelievi appena dopo l’esecuzione dell’iniezione intravitreale, prima della sterilizzazione post-operatoria con lo iodiopovidone. Viene messo in coltura anche l’ago utilizzato per l’iniezione (Figura 2). • I campioni raccolti sono stati analizzati presso la UOC di Microbiologia del PTV al fine fi di identificare fi e determinare la carica batterica presente. Gli addetti all’esame dei campioni non erano a conoscenza del tipo di trattamento associato al tampone, né dell’origine del tampone (palpebrale – congiuntivale), né del tempo in cui era stato raccolto il campione (T0, T1, T2). L’identifi ficazione è stata compiuta arricchendo i 500 microlitri di amies contenuti in ognuno dei tamponi raccolti, con un volume almeno doppio di Brain Heart Infusion (BHI). Dopo incubazione di 16 - 24 h alla temperatura di 35° il contenuto è stato seminato su tre terreni di coltura dei quali tre selettivi differenziali: • 1 piastra di MacConkey agar (MCK) (terreno di coltura favorito dai batteri Gram-negativi). • 1 Columbia CNA (terreno di coltura favorito dai batteri Gram-positivi). • 1 piastra di agar cioccolato con polivitox (PVX), incubata in arricchimento di CO² con pressione parziale del 10% (terreno di coltura capace di sostenere sia i batteri Gram-positivi che negativi). L’osservazione delle colonie cresciute sulle piastre ha permesso un’identifi ficazione generica della loro tipologia, necessaria alla successiva classifi ficazione.

Figura 1 Disinfezione del sacco congiuntivale

Figura 2 Modalità di esecuzione

Le colonie batteriche pure, selezionate tra quelle ottenute dai terreni selettivi differenziali, sono state inoculate nelle appropriate gallerie d’identififi cazione (Tabella 1), scelte sulla base dell’identififi cazione presuntiva effettuata sui terreni di coltura. Nessuna delle gallerie utilizzate era in grado di identifi ficare i bacilli Gram-positivi, ma è stato possibile determinarne le capacità emolitiche utilizzando un terreno agar-sangue (TSS), ovve-

tabella 1 Gallerie di identificazione utilizzate per l’identificazione dei ceppi batterici ottenuti in coltura. ID 32 GN

ID 32 STAPH

Rapid ID 32 STREP

Galleria per l’identifi ficazione dei bacilli Gram-negativi. Ha un tempo di incubazione di 18/24h e non utilizza reattivi. Galleria per l’identifi ficazione di batteri del genere Staphylococcus, Micrococcus, Rothia ed Aerococcus. Ha un tempo di incubazione di 18/24h e utilizza i reattivi NIT (NIT1+NIT2), VP (VPA+VPB), da bera-GAL a PyrA. Galleria per l’identifi ficazione di Streptococchi, Enterococchi e germi affi fini. Ha un tempo di incubazione di 4/5h e utilizza i reattivi VP (VPA+VPB), da APPA a GTA (FB), HIP (NIN)

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ro si è proceduto alla identifi ficazione genetica. La determinazione della carica batterica è stata eseguita usando una semina ad alberello, per la stima della carica semiquantitativa. Le piastre sono state quindi analizzate da un operatore esperto, per valutare la crescita batterica prima e dopo il trattamento antibiotico ovvero la percentuale di prelievi con colture positive alla visita di controllo pre-trattamento (T0), che sono risultate negative al momento della visita pre-operatoria (T1) e la percentuale di colture positive alla visita pre-operatoria, che sono risultate negative al prelievo post-operatorio (T2). Sono state confrontate tra loro le percentuali di colture batteriche positive nei campioni prelevati nei tre tempi, sia per il sacco congiuntivale che per il margine palpebrale. È stata calcolata anche la percentuale di colture batteriche positive derivate dalla messa in coltura dell’ago utilizzato per l’iniezione intravitreale. Infi fine è stata valutata comparativamente la compliance del paziente alla terapia prescritta e sono stati analizzati clinicamente i segni di infezione post-IVT.

>> Risultati Un paziente è stato eliminato dall’analisi statistica in quanto a distanza di 24 ore dalla prima instillazione di Azitromicina 1.5% ha presentato lesioni cutanee papulo-eritematose agli avam-

bracci e gambe che ci hanno indotto a sospendere il trattamento. Abbiamo, pertanto, preso in esame i risultati delle colture di 199 pazienti ottenuti da 101 soggetti di sesso maschile (50.75%) e 98 di sesso femminile (49.25%). 99 pazienti (49.75%) sono stati trattati con Azitromicina 1.5% e 100 (50.25%) con Levofl floxacina 0.5%. I due trattamenti sono stati assegnati in modo alternato ai pazienti tenendo conto solo dell’ordine con cui sono stati reclutati senza considerare il sesso: i soggetti di sesso maschile sono stati trattati più frequentemente con Azitromicina 1.5% (m/f = 60/39), mentre i soggetti di sesso femminile con Levofl floxacina 0.5% (m/f = 41/59) (Chi quadro =7.65; df=1; p= 0.005). Nella tabella 2 abbiamo riportato i risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali al tempo 0. Assenza di crescita batterica al baseline si è osservata solo in 3 pazienti (1.5%) a carico della cute palpebrale, in 17 (8.5%) a carico della congiuntiva. (Chi-quadro Pearson: 11,31; gl=1; p=0,0008). Al tempo 0, a carico della cute palpebrale sono stati rinvenuti 119 (60.7%) tamponi positivi per un solo ceppo batterico, 64 (32,6%) per due ceppi, 11 (5.6%) positivi per tre ceppi batterici ed, infi fine, 2 (1%) per quattro ceppi batterici. A carico della congiuntiva, sono stati rinvenuti 130 (71.4%) tamponi positivi per un solo ceppo batterico, 52 (26,6%) per due ceppi.

tabella 2 Risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali al tempo 0 (ACB: assenza di crescita batterica). Palpebre ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus warneri Staphylococcus aureus Staphylococcus haemolyticus Staphylococcus hominis Streptococcus Staphylococcus capitis Staphylococcus lugdunensis Staphylococcus altri Bacillus spp Enterococcus Pseudomonas Altri Gram + Mancanti

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N 3 140 28 25 10 19 13 11 11 10 8 4 4 6 0

% 1,5 70,4 14,1 12,6 5,0 9,5 6,5 5,5 5,5 5,0 4,0 2,0 2,0 3,0 0,0

Congiuntiva ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus warneri Staphylococcus aureus Staphylococcus haemolyticus Staphylococcus hominis Streptococcus Staphylococcus capitis Staphylococcus lugdunensis Staphylococcus altri Bacillus spp

Altri Gram + Mancanti

N 18 119 31 19 4 18 11 10 4 10 2

% 9,0 59,8 15,6 9,5 2,0 9,0 5,5 5,0 2,0 5,0 1,0

5 0

0,0


Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofilassi con Iodopovidone

Solo a livello della cute palpebrale abbiamo rinvenuto specie gram- (pseudomonas luteola 2 casi, Pseudomonas oryzihabitans 1 caso, Pseudomonas stutzeri 1 caso), in tutti gli altri casi al tempo 0 a livello della cute palpebrale e della congiuntiva in coltura abbiamo ottenuto solo gram +. In 125/182 (68.7%) tamponi positivi c’è una concordanza tra specie batteriche rinvenute a livello della palpebra ed a carico della congiuntiva. Lo Staphylococcus epidermidis è senza dubbio il più frequente saprofi fita della cute palpebrale (n=140; %=70.4) e della congiuntiva (n=119; %=59.8). Secondo più frequente, ma ben distanziato è lo Staphylococcus warneri rinvenuto sulle palpebre in 28 tamponi (14.1%), sulla congiuntiva in 31 (15.6%). Terzo, sempre in ordine di frequenza, lo Staphylococcus aureus è stato ottenuto in 25 tamponi (12.6%) sulla palpebra e in 19 (9,5%) tamponi nella congiuntiva. Quarto degno di nota per la frequenza con cui è stato rinvenuto lo Staphylococcus hominis; presente in 19 tamponi (9.5%) palpebrali ed in 18 tamponi (9.0%) congiuntivali. In tutti gli altri casi abbiamo rinvenuto altre specie batteriche perlopiù presenti in uno o pochi casi. Nei casi in cui abbiamo osservato più ceppi batterici in un singolo tampone erano frequenti alcune associazioni. Nei tamponi effettuati a livello della cute palpebrale lo Staphylococcus epidermidis in 4 casi era associato allo Staphylococcus haemolyticus, in 19 casi allo Staphylococcus

warneri, in 7 casi allo Staphylococcus aureus, in 8 casi allo Staphylococcus hominis. Nei tamponi effettuati a livello della congiuntiva lo Staphylococcus epidermidis è stato osservato in 18 casi in associazione con lo Staphylococcus warneri (di questi solo in 7 casi avevano la stessa associazione a livello della cute palpebrale), in 4 casi con lo Staphylococcus aureus (di cui solo uno presentava la stessa associazione a livello della cute palpebrale), in 3 casi con lo Staphylococcus hominis (di cui solo uno presentava la stessa associazione a livello della cute palpebrale). Nell’ambito delle specie batteriche ottenute in coltura, è possibile distinguere alcune specie che, pur essendo potenziali saprofiti fi della cute palpebrale, sono dotate di una particolare aggressività-patogenicità (Bacillus spp, Enterococcus casselifl flavus, Enterococcus faecalis, Pseudomonas luteola, Pseudomonas oryzihabitans, Pseudomonas stutzeri, Staphylococcus aureus, Streptococcus mitis, Streptococcus oralis, Streptococcus parasanguinis, Streptococcus salivarius). Rispetto agli altri comuni saprofiti fi rinvenuti (m/f=74/76), queste specie (m/f=27/22) si distribuivano in maniera indifferente nei due sessi (Chi-quadro Pearson: 0,49; gl=1; p=,48). Tenuto conto di questa suddivisione in due gruppi (comuni saprofiti fi Vs saprofi fiti dotati di maggiore aggressività), il trattamento antibiotico impiegato era stato somministrato indifferentemente nei due gruppi (Chi-quadro Pearson: 0,15; gl=1; p=,90).

tabella 3 Risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali dopo trattamento con antibiotici locali a livello della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali (ACB: assenza di crescita batterica). ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus hominis Staphylococcus haemolyticus Staphylococcus capitis Staphylococcus warneri Staphylococcus Streptococcus Enterococcus Pseudomonas Altri Gram + Mancanti

21 120 17 7 6 6 11 4 3 1 2 0

10,6 60,3 8,5 3,5 3,0 3,0 5,5 0,5 1,5 0,5 1,0 0,0

ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus hominis Staphylococcus haemolyticus Staphylococcus capitis Staphylococcus warneri Staphylococcus Streptococcus

77 88 5 5 5 4 8 1

38,7 44,2 2,5 2,5 2,5 2,0 4,0 0,5

Pseudomonas Altri Gram + Mancanti

2 4 0

1,0 2,0 0,0

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Federico Ricci, Luciano Cerulli, Federico Regine, Filippo Missiroli, Antonio Calabrese, Cartesio Favalli

Anche a livello dei fornici congiuntivali sono state rinvenute specie patogene potenzialmente più aggressive (Bacillus spp, Staphylococcus aureus, Streptococcus bovis, Streptococcus mitis, Streptococcus oralis, Streptococcus sanguinis). Rispetto agli altri comuni saprofiti fi rinvenuti (m/f=83/86), queste specie (m/f=18/12) si distribuivano in maniera indifferente nei due sessi (Chi-quadro Pearson: 1,21; gl=1; p=,27). Anche in questo caso, tenendo conto di questa suddivisione in due gruppi (comuni saprofiti fi Vs saprofi fiti dotati di maggiore aggressività), il trattamento antibiotico impiegato era stato somministrato indifferentemente nei due gruppi (Chi-quadro Pearson: 1,34; gl=1; p=,25). Dopo il trattamento (Tabella 3) si è osservata assenza di crescita batterica in 21 pazienti (10,6%) a livello delle palpebre. In 7 pz su 99 trattati con Azitromicina 1.5% (3.5%) ed in 14 pz su 100 (7,0%) trattati con Levofl floxacina 0.5%. (Chi-quadro =2,53; df=1; p= ,1117). Al tempo 1, a carico della cute palpebrale sono stati rinvenuti 151 (84.8%) tamponi positivi per un solo ceppo batterico, 24 (13.5%) per due ceppi, 3 (1.7%) positivi per tre ceppi batterici. Dopo trattamento antibiotico locale, a livello del fornice congiuntivale i pazienti con assenza di crescita batterica erano 77 pz (38,7%). 35/99 pazienti trattati con Azitromicina 1.5% (17,6%) e 42/100 pazienti trattati con Levofloxacina fl 0.5% (21,1%). (Chi-quadro =0,93; df=1; p=0,3358) A carico della congiuntiva, sono stati rinvenuti 116 (95%) tamponi positivi per un solo ceppo batterico, 6 (5%) per due ceppi. In 84/122 (68.8%) tamponi positivi erano presenti gli stessi ceppi batterici a carico della cute

palpebrale e della congiuntiva. Batteri Gram- sono stati isolati dopo trattamento antibiotico solo in due pazienti: in un caso la Pseudomonas putida, nel secondo la Pseudomonas stutzeri. Nel primo caso al tempo 0 era stato isolato uno Staphylococcus aureus, nel secondo lo Staphylococcus epidermidis sia a livello della cute che della congiuntiva. Tutti e due i pazienti sono stati trattati con Azitromicina 1.5%. Nel primo paziente è stata isolata la pseudomonas lutida sia a livello della cute (100.000 colonie) che della congiuntiva (100.000 colonie). Nel secondo paziente abbiamo isolato la Pseudomonas stutzeri solo a livello dei fornici congiuntivali. In tutti gli altri casi sono stati isolati batteri Gram+. A prescindere dal ceppo batterico isolato abbiamo voluto verifi ficare le variazioni del numero di colonie ottenute dai tamponi risultati positivi al tempo 1. Nell’ambito dei 178 tamponi della cute palpebrale che presentavano crescita batterica, in 7 (3.9%) pazienti il numero di colonie dei tamponi è aumentato dopo il trattamento: 6 (85.7%) trattati con Azitromicina 1.5% (in 4 casi abbiamo rinvenuto lo stesso ceppo), ed 1 (14.3%) trattato con Levofloxacina fl 0.5%. In 81 casi (45.5%) il numero di colonie osservate in coltura è rimasto stabile tra prima e dopo: 40 casi (49.4%) trattati con Azitromicina 1.5% e 41 (50.6%) con Levofloxacina fl 0.5%. Nei restanti 90 casi (50.6%) si è osservata una riduzione del numero di colonie ottenute dalla coltura; 46 casi (51.1%) trattati con Azitromicina 1.5% e 44 (48.8%) con Levofloxacina fl 0.5%. A livello dei fornici congiuntivali, in 10 (8.2%)

tabella 4 Risultati dei tamponi palpebrali e congiuntivali dopo trattamento con antibiotici locali a livello della cute palpebrale e dei fornici congiuntivali dopo l’esecuzione dell’intravitreale (ACB: assenza di crescita batterica). Palpebre ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus hominis Staphylococcus Streptococcus Mancanti

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N 129 58 3 8 1 0

% 64,8 29,1 1,5 4,0 0,5 0,0

Congiuntiva ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus hominis Staphylococcus Streptococcus Mancanti

N 153 38 2 5 1 0

% 76,9 19,1 1,0 2,5 0,5 0,0


Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofilassi con Iodopovidone

pazienti il numero di colonie dei tamponi è aumentato dopo il trattamento: 8 (80%) trattati con l’Azitromicina 1.5% e 2 (20%) con Levofloxacifl na 0.5%. In 73 casi (59.8%) il numero di colonie osservate in coltura è rimasto stabile tra prima e dopo: 37 casi (50.7%) trattati con Azitromicina 1.5% e 36 (49.3%) con Levofloxacina fl 0.5%. Nei restanti 39 casi (32%) si è osservata una riduzione del numero di colonie ottenute dalla coltura: 19 (48.7%) trattati con Azitromicina 1.5% , 20 (51.3%) con Levofloxacina fl 0.5%. Il numero di casi in cui sono state isolate specie più aggressive (Enterococcus casseiflavus, fl Enterococcus faecalis, Pseudomonas putida, Staphylococcus aureus, Streptococcus bovis, Streptococcus epidermidis, Streptococcus mutans, Streptococcus salivarus) si è ridotto a 9. In nessuno di questi casi tali ceppi erano già presenti al tempo 0 ed in nessun caso sono stati rinvenuti a carico della congiuntiva al tempo 1, dopo terapia antibiotica locale. Rispetto agli altri comuni saprofi fiti rinvenuti (m/f=98/92), queste specie (m/f=3/6) si distribuivano indifferentemente nei due sessi (Chi-quadro Pearson: 0.101; gl=1; p=0,749). Allo stesso modo, il trattamento antibiotico impiegato era stato somministrato indifferentemente nei due gruppi: comuni saprofiti Vs saprofi fiti dotati di maggiore aggressività (Chi-quadro Pearson: 0,13; gl=1; p=0,72). Abbiamo ripetuto i tamponi dopo l’intervento (Tabella 4). Assenza di crescita batterica si osservava in 130 pz (65,3%) a livello delle palpebre e in 153 pz (76.9%) a livello della congiuntiva. Nei tamponi risultati positivi è sempre stato rinvenuto un unico ceppo batterico per tampone. In nessun caso sono stati isolati batteri Gram-. Lo Staphylococcus epidermidis è stato il ceppo batterico più frequentemente rinvenuto: erano positivi per questa specie 58/69 (84.1%) tamponi palpebrali e 38/46 (82.6%) tamponi congiuntivali. Nei casi restanti i ceppi batterici erano prevalentemente Stafi filococchi. In 26/46 (56.5%) tamponi positivi abbiamo isolato lo stesso ceppo batterico a carico della cute e della congiuntiva. In ogni caso i tamponi positivi presentavano una ridotta crescita batterica. Messi in coltura i tamponi palpebrali abbiamo osservato una crescita batterica <1000 in 68 casi (98.5%), =1000

in 1 caso (1.5%). Nel caso dei tamponi congiuntivali abbiamo osservato una crescita batterica <1000 in 44 casi (95.6%), =1000 in 2 casi (4.4%). In nessun caso il numero di colonie osservato era superiore. Abbiamo messo in coltura l’ago utilizzato per eseguire l’intravitreale: assenza di crescita batterica si osservava in 179 casi (89.9%) (Tabella 5 5). L’assenza di colture positive si osservava indipendentemente dal trattamento preoperatorio. (Chi-quadro Pearson: 12,0823, gl=8, p=0,147587) In tutti i casi è stato rinvenuto un unico ceppo batterico per tampone. Nessun Gram-. Le colture risultavano più frequentemente positive per lo Staphylococcus epidermidis: rinvenuto in 7 casi (35%) sul totale delle 20 colture positive. Anche in questo caso, i ceppi batterici isolati erano prevalentemente Stafilococchi. fi Per quanto riguarda gli effetti collaterali legati al trattamento, come già accennato, un paziente è stato escluso dallo studio, in quanto a distanza di 24 ore dalla prima instillazione di Azitromicina 1.5%, ha presentato lesioni cutanee papulo-eritematose agli avambracci e gambe. Nessun altra reazione avversa tale da rendere necessaria la sospensione del trattamento è stata osservata nei due gruppi. (p=0.32) Sei (6.1%) pazienti in terapia con Azitromicina 1.5% hanno riferito un transitorio bruciore associato senso di appannamento legato all’instillazione del farmaco. Nessun paziente in terapia con Levofloxacina fl 0.5% ha lamentato effetti collaterali legati al trattamento. (p=0.01) In nessun caso abbiamo osservato altri effetti collaterali locali o sistemici legati al trattamento. tabella 5 Colture batteriche osservate all’esame dell’ago utilizzato per l’esecuzione dell’iniezione intravitreale (ACB: assenza di crescita batterica). ACB Staphylococcus epidermidis Staphylococcus hominis Staphylococcus Micrococcus luteus Micrococcus lylae Mancanti

179 7 3 6 2 2 0

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89,9 3,5 1,5 3,0 1,0 1,0 0,0

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Federico Ricci, Luciano Cerulli, Federico Regine, Filippo Missiroli, Antonio Calabrese, Cartesio Favalli

>> Discussione Un primo dato che emerge dai nostri risultati è il comune riscontro di una flora batterica microbica saprofi fita sia a carico della cute palpebrale che dei fornici congiuntivali. Le normali difese della congiuntiva garantiscono un ambiente più “sterile” rispetto alla cute palpebrale. A livello dei fornici congiuntivali, nell’8.5% dei casi i tamponi sono risultati negativi, mentre nel 71.4% sono stati positivi per un singolo ceppo batterico e nel 26.6% per due ceppi batterici. A carico della cute palpebrale i tamponi negativi erano solo 1.5%, i tamponi positivi per un solo ceppo batterico erano il 60.7%, per due o più ceppi il 39.3%. In particolare, solo a livello della cute palpebrale abbiamo rinvenuto in 4 casi delle Pseudomonas, batteri gram-, in tutti gli altri casi al tempo 0 a livello della cute palpebrale e della congiuntiva in coltura abbiamo ottenuto solo Gram+. Per quel che riguarda le specie batteriche ottenute in coltura, in 2 pazienti su 3 a carico della cute e della congiuntiva si rinveniva lo stesso ceppo batterico. Lo Staphylococcus epidermidis è senza dubbio il più frequente saprofi fita della cute palpebrale (70.4%) e della congiuntiva (59.8%). Nell’ambito delle specie batteriche riscontrate nei tamponi positivi è possibile distinguere alcune specie dotate di una maggiore aggressività rispetto agli altri comuni saprofi fiti: anche in questo caso tali specie erano molto più frequenti a livello della cute palpebrale (24.6%) che dei fornici congiuntivali (15%). Come evidente dal nostro studio, ed in accordo con la Letteratura internazionale, è del tutto chiaro che la terapia preoperatoria con antibiotico topico rappresenti una procedura di efficacia fi piuttosto limitata allorché si attribuisca ad essa il compito di “eradicare” i batteri dal futuro teatro operatorio. (Barry et al, 2006) In particolare abbiamo evidenziato come l’effi ficacia dei colliri antibiotici sia veramente limitata a livello delle palpebre dove su 199 pazienti solo 21 pz (10,6%) hanno avuto colture negative dopo trattamento antibiotico locale. L’effi ficacia dei due colliri in tal senso è simile (p=0.1127). Al tempo 1 a livello della cute palpebrale erano presenti 2 o più ceppi batterici per tampone nel 15.2% dei casi; al tempo 0 erano il 39.3%. Nei casi in

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cui le colture erano positive, il numero di colonie osservate era inferiore rispetto al tempo 0 nel 50.6% dei casi. Nel restante 49.4% dei casi il numero di colonie osservate era stabile (45.5%) o aumentato (3.9%) tra prima e dopo. I ceppi batterici potenzialmente più aggressivi che al tempo 0 erano stati isolati in 49 tamponi al tempo 1 sono stati isolati solo in 9 tamponi della cute palpebrale. La terapia antibiotica in collirio sembra quindi possedere una certa capacità di azione anche a questo livello: sono aumentati i tamponi negativi; è diminuito il numero di ceppi batterici per tampone; sono diminuiti i ceppi batterici potenzialmente più aggressivi; si è ridotta la carica batterica (minor numero di colonie in coltura). Tuttavia, occorre notare che la bonifica fi della cute e del margine palpebrale deve necessariamente essere affi fidata a procedure alternative, quali la detersione meccanica con tensioattivi e l’applicazione puntuale di antisettici iodati o a base di ammonio quaternario (iodopovidone o clorexidina). (Apt et al, 1984, Ziemssen et al, 2010) L’elevata percentuale di pazienti con carica batterica residua palpebrale conferma, inoltre, l’assoluta necessità di applicare un drappo sterile ed un blefarostato, che contribuiscano ad isolare tali strutture anatomiche dal campo operatorio.(Ciulla et al, 2002) La negativizzazione delle colture congiuntivali, dopo terapia antibiotica locale, ha mostrato risultati migliori ma non entusiasmanti. Si è osservata infatti l’assenza di crescita batterica in 77 pazienti (38,7%), senza differenze legate al tipo di antibiotico utilizzato. Sempre a questo livello, la percentuale di tamponi positivi per due o più ceppi si è ridotta al 5%. In nessun caso sono stati trovati batteri dotati di maggiore “carica aggressiva”. Nel 91.8% dei casi il numero di colonie rinvenute nei tamponi posti in coltura è rimasto stabile (59.8%) o si è ridotto (32.8%) dopo il trattamento. Anche dopo terapia antibiotica locale, in due tamponi su tre la stessa specie batterica rinvenuta a livello della cute palpebrale era presente anche a livello dei fornici congiuntivali. Dobbiamo quindi essere consci che, più del 60% dei pazienti trattati con antibiotici, hanno una qualche carica batterica congiuntivale residua che, in assenza di ulteriore


Riduzione della carica batterica della superficie oculare in pazienti sottoposti a Terapia Intravitreale (IVT), mediante trattamento antibiotico pre-operatorio associato aprofilassi con Iodopovidone

procedura, può essere trasferita all’atto dell’iniezione dalla superficie fi batterica al vitreo. L’esame dei risultati ottenuti al tempo T2 (dopo la disinfezione standard della cute palpebrale che del sacco congiuntivale con iodopovidone) ha evidenziato che la negativizzazione dei tamponi palpebrali si è verifi ficata in 130/199 pz (65.3%). Ciò significa fi che almeno un paziente su tre che viene sottoposto a terapia intravitreale presenta una carica batterica a livello delle palpebre nonostante l’effetto sinergico tra antibiotico e iodopovidone, riaffermando ancora una volta la necessità di un effi ficace isolamento del margine palpebrale dal campo operatorio mediante l’uso di telo sterile e blefarostato. Migliori risultati sono stati ottenuti a livello congiuntivale dove in 153/199 pazienti (76.9%) la coltura ha dato esito negativo. I migliori risultati a livello della congiuntiva del trattamento con iodopovidone si sono concretizzati anche in termini di: un unico ceppo batterico nei tamponi positivi; una ridotta carica batterica (<1000 nel 95.6% dei casi); assenza di Gram-. In ogni caso, il 23,1% dei pazienti ha una carica residua, ovvero più di un paziente su 4 giunge al momento dell’infi fissione dell’ago nella sclera con un certo grado di carica batterica. Dato che in nessuno dei pazienti inclusi nello studio sono stati evidenziati segni clinici di contaminazione batterica del vitreo, dobbiamo ipotizzare che la carica batterica, al momento dell’iniezione, fosse comunque insuffi ficiente per indurre una infezione intraoculare. Per quanto concerne il confronto fra i due antibiotici utilizzati i nostri dati mostrano una sostanziale equivalenza dei due preparati. Le percentuali di campioni negativi non mostrano una differenza statisticamente significativa fi tra i due antibiotici. Per quanto concerne l’ago abbiamo rilevato una percentuale di colture sterili dell’89.9%. Tale dato non è peraltro correlato con il decorso post-operatorio dei pazienti che, come evidenziato in precedenza, non hanno manifestato sintomi correlabili a contaminazione vitreale. La positività delle colture degli aghi potrebbe essere anche dovuta ad una contaminazione occasionale correlata alle manovre di isolamento e trasporto.

Lo Staphylococcus epidermidis è ad ogni tempo il ceppo batterico più frequentemente isolato. Pur essendo un normale saprofi fita è uno dei batteri più frequentemente implicato come causa di endoftalmite (Kresloff et al 1998). A conferma che la superfi ficie e gli annessi oculari costituiscono la fonte primaria dei ceppi batterici causa di endoftalmite. Nella randomizzazione del trattamento non abbiamo tenuto conto del fattore sesso, per cui nell’analisi dei risultati è emersa la presenza di un bias nel nostro campione: i soggetti di sesso maschile sono stati trattati più frequentemente con Azitromicina 1.5% mentre i soggetti di sesso femminile con Levofl floxacina 0.5% (p=0.005). Quando siamo andati ad analizzare il trattamento antibiotico impiegato rispetto alle specie batteriche rinvenute al tempo 0 suddivise in “aggressive” Vs “comuni saprofiti” fi era stato somministrato indifferentemente nei due gruppi. Tale errore di campionamento sembra, quindi, non in grado di infl fluenzare la bontà dei nostri risultati. Un solo paziente in terapia con Azitromicina 1.5% ha riportato una reazione al trattamento di natura idiosincrasica tale da renderne necessaria la sospensione. Gli altri effetti collaterali riferiti dai pazienti in terapia con Azitromicina 1.5% sono stati transitori ed insignificanti fi da un punto di vista clinico. In conclusione il nostro lavoro dimostra che la terapia antibiotica ha un effetto limitato nella riduzione della carica batterica in pazienti sottoposti a terapia intravitreale e che tale “ineffi ficacia” è molto maggiore sulle palpebre rispetto alla congiuntiva. Nella migliore ipotesi almeno il 90% dei pazienti presenta una carica batterica residua a livello delle palpebre ed il 60% a livello della congiuntiva nella fase pre-operatoria, dopo la terapia antibiotica topica a largo spettro! Sicuramente la profi filassi antibiotica pre-operatoria porta ad una riduzione della carica batterica, in quanto il numero di colonie ottenute nei campioni positivi è inferiore rispetto a quelle prima del trattamento. Si riduce, inoltre, la percentuale di tamponi positivi per più ceppi batterici e si riducono i batteri più “aggressivi”. I risultati ottenuti pongono l’attenzione sull’im-

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portanza di istituire, in fase operatoria, delle manovre volte a minimizzare il rischio di contaminazione vitreale, quali: • la profi filassi con iodopovidone, che deve essere sempre effettuata nei modi e nei tempi stabiliti • l’applicazione corretta del telo sterile e del blefarostato, in modo da evitare la contiguità fra margine palpebrale e campo operatorio. Lo studio dimostra infi fine che non ci sono diffe-

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renze significative fi nella riduzione della carica batterica indotta dai due antibiotici sottoposti a monitoraggio. La ridotta posologia dell’Azitromicina 1.5% e la lunga durata del suo effetto possono essere fattori importanti che possono aiutare nella scelta dell’antibiotico locale da preferire come profilassi. fi

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Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica Carlo Cagini F Francesco Piccinelli F Gianluigi Tosi F Anna Bartolini F Francesca Riccitelli F Marco Lupidi F Antonio Garritano F Amedeo Pieri F Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche e Sanità Pubblica, Sezione di Oculistica (Direttore: Prof. Carlo Cagini)

RIASSUNTO Scopo del lavoro: Determinare la capacità di penetrazione in camera anteriore di alcuni antibiotici comunemente utilizzati in oftalmologia: cloramfenicolo, netilmicina e tobramicina. Materiali e Metodi: In un gruppo di 40 pazienti operandi di cataratta prima dell’intervento è stata instillata una goccia di collirio a base netilmicina o tobramicina oppure una goccia di sospensione o di gel a base di cloramfenicolo. Subito prima dell’intervento è stato quindi prelevato a ciascuno di essi un campione di umore acqueo, in un intervallo compreso tra 1 e 4 ore dall’instillazione, al fine di determinare con metodica HPLC i livelli di concentrazione degli antibiotici in camera anteriore. Risultati: È stata rilevata una concentrazione media di cloramfenicolo pari a 0,23 + 0,21 μg/mL nella formulazione in sospensione e 0,127 + 0,14 μg/mL nella formulazione in gel, mentre non sono state rilevate quantità sensibili di tobramicina e netilmicina. Conclusioni: Il dato che il cloramfenicolo, sia in formulazione sospensione che gel, si ritrova nell’acqueo dopo singola somministrazione in un intervallo di tempo compreso tra una e quattro ore, ci sembra particolarmente importante: ciò infatti conferma che il farmaco penetra in camera anteriore a differenza degli altri antibiotici testati che non penetrano in camera anteriore dopo somministrazione topica. ABSTRACT Aim of the study: This study purposes to determine the ability of penetration in anterior chamber of some antibiotics commonly used in ophthalmology, in particular the chloramphenicol, the netilmycin and the tobramycin. Materials and Methods: Netilmycin and tobramycin ophthalmic solution and chloramphenicol ophthalmic gel or suspension were topically applied in 40 patients at various times before cataract surgery. The aqueous humor was obtained at the time of surgery, in an interval included among 1 and 4 hours from the application, and analyzed for netilmycin, tobramycin and chloramphenicol concentration using the HPLC method. Results: Chloramphenicol aqueous humor concentration levels were 0.23 + 0.21 μg/ml for ophthalmic suspension and 0.127 + 0.14 μg/ml for ophthalmic gel. There were no traces of tobramycin and netilmycin in aqueous humor. Conclusions: Chloramphenicol was found in aqueous humor after ophthalmic suspension and gel application. This fact not only proves that chloramphenicol penetrates in anterior chamber after a single topical application, but also that tobramycin and netilmycin don’t soak in after a drop instillation.

>> Introduzione In Oftalmologia, in presenza di infezioni del segmento anteriore, vengono utilizzati colliri antibiotici a largo spettro di azione, sia da soli sia in associazione con steroidi. In particolare molto frequentemente vengono impiegati il cloramfenicolo o un aminoglicoside: essi possiedono infatti un ampio spettro di azione, efficace fi sia nei confronti dei germi gram positivi che gram negativi, e consentono di risolvere la maggior parte delle infezioni della superficie fi oculare. Per questo motivo, il cloramfenicolo e gli aminoglicosidi sono largamente utilizzati in tutto il

mondo in presenza di congiuntiviti, cheratocongiuntiviti, blefariti e spesso nel trattamento di pazienti sottoposti a chirurgia del segmento anteriore o della vitreo-retina. È noto inoltre che alcuni antibiotici possiedono la capacità di superare la barriera corneale e penetrare in camera anteriore. Questa loro caratteristica consente di utilizzare razionalmente il farmaco, anche in presenza di una infezione intraoculare o nel postoperatorio nella profilassi fi delle infezioni. Lo scopo di questo studio è investigare la capacità di penetrazione in camera anteriore di alcuni

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PAROLE CHIAVE collirio penetrazione in C. A. cloramfenicolo KEY WORDS eye drops penetration in A.C. chloramphenicol

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C. Cagini, F. Piccinelli, G. Tosi, A. Bartolini, F. Riccitelli, M. Lupidi, A. Garritano, A. Pieri

antibiotici comunemente utilizzati in oftalmologia, in particolare il cloramfenicolo, la netilmicina e la tobramicina, e di verificare fi se le concentrazioni eventualmente raggiunte in camera anteriore sono effi ficaci nella profi filassi o nella terapia delle infezioni intraoculari.

>> Materiali e Metodi Sono stati arruolati 48 pazienti adulti di entrambi i sessi afferenti all’ambulatorio oculistico della Clinica Oculistica dell’Università di Perugia, con diagnosi di cataratta e candidati ad intervento di facoemulsifi ficazione ed impianto di IOL. Sono stati esclusi i pazienti già sottoposti a precedenti trattamenti di chirurgia oftalmica e sono stati esclusi i pazienti con anamnesi positiva per patologie fl flogistiche oftalmiche, traumi oculari recenti, patologie corneali, glaucoma, terapie croniche con colliri. Dopo l’inclusione nello studio, i pazienti sono stati suddivisi in maniera randomizzata in quattro gruppi. La mattina dell’intervento ai pazienti del Gruppo 1 (14 pazienti) è stata instillata una goccia di sospensione a base di cloramfenicolo e betametasone (Betapioptal sospensione, FarmilaThéa Farmaceutici S.p.A., Settimo Milanese, Milano, Italia). Ai pazienti del Gruppo 2 (12 pazienti) è stata effettuata una applicazione di gel a base di cloramfenicolo e betametasone (Betapioptal gel, Farmila-Théa Farmaceutici S.p.A., Settimo Milanese, Milano, Italia). Ai pazienti del Gruppo 3 (11 pazienti) è stata instillata una goccia di collirio a base di netilmicina e desametasone (Netildex collirio, SIFI spa, Catania, Italia), mentre ai pazienti del Gruppo 4 (13 pazienti) è stata instillata una goccia di collirio a base di tobramicina e desametasone (Tobradex collirio, Alcon Laboratories, South Freeway Fort Worth, Texas USA). In tutti i pazienti è quindi stata seguita la normale routine chirurgica, ovvero è stata indotta la midriasi inserendo circa 60‘ prima dell’atto chirurgico una compressa di Mydriasert (tropicamide 0,28 mg e fenilefrina cloridrato 5,4 mg., SOOFT Italia), la quale è stata quindi rimossa subito prima della chirurgia. Poco prima dell’intervento è stato inoltre applicato un collirio a base di lidocaina 4% (3 o 4 somministrazioni) ed è stata eseguita la disinfezione della cute periobitaria e dei fornici congiuntivali con una soluzione a base

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di iodiopovidone (Oftasteril, Alfa Intes, Casoria, Napoli, Italia). Subito dopo l’esecuzione dell‘incisione chirurgica principale, taglio di 2.2 mm. in cornea chiara nel settore temporale, è stato prelevato a ciascun paziente un campione di 40-120 μL di umore acqueo, mediante paracentesi della camera anteriore con siringa per insulina ed il campione è stato immediatamente trasferito in una fiala Eppendorf e conservato a –20°C. Sull’etichetta di ciascuna fiala è stato riportato il numero di randomizzazione del paziente e l’intervallo di tempo intercorso tra la somministrazione del prodotto in studio ed il momento del prelievo. Tutti i prelievi sono stati eseguiti in un intervallo di tempo fra la somministrazione ed il prelievo compreso fra i 70 minuti e i 300 minuti. L’intervento di cataratta è stato poi realizzato secondo le procedure standard in uso presso il reparto e tutti gli interventi sono stati completati senza alcuna complicanza intra o post operatoria. I campioni prelevati sono stati successivamente trasportati ed analizzati presso il laboratorio del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Perugia al fi fine di determinare i livelli di concentrazione degli antibiotici presenti nei singoli campioni prelevati: tale indagine è stata eseguita mediante gas cromatografia fi - spettrometria di massa (GC / MS) con pre-trattamento del campione, secondo la metodica già descritta in precedenza1.

>> Risultati Nei pazienti del gruppo 1, dopo la somministrazione di cloramfenicolo in sospensione (Betabioptal collirio), è stata riscontrata una concentrazione media del farmaco pari a 0,23 + 0,21 μg/ mL; inoltre esso raggiunge un picco di concentrazione dopo circa 120 minuti ed è rilevabile fino a circa 210 minuti (Figura 1). Nei pazienti del Gruppo 2, dopo la somministrazione di cloramfenicolo in gel (Betabioptal gel), è stata riscontrata una concentrazione media del farmaco di 0,127 + 0,14 μg/mL; il picco di concentrazione è presente dopo circa 180 minuti dalla somministrazione e l’antibiotico è rilevabile fino a circa 240 minuti (Figura 2). Nel Gruppo 3 (Netildex collirio) e nel Gruppo 4 (Tobradex collirio) non sono state rilevate quantità sensibili di antibiotico.


Studio preliminare sulla penetrazione di antibiotici in camera anteriore dopo somministrazione topica

Figura 1 Penetrazione del cloramfenicolo in camera anteriore dopo somministrazione in sospensione

>> Discussione Il nostro studio ha quindi dimostrato il passaggio in camera anteriore di cloramfenicolo, sia quando questo viene somministrato in sospensione che in gel. La tobramicina e la netilmicina, al contrario, non sono state rilevate in camera anteriore in quantità apprezzabili. Il passaggio del cloramfenicolo in camera anteriore è stato già in passato dimostrato ed è dovuto all‘elevata liposolubilità della molecola, mentre, a nostra conoscenza, non è mai stato dimostrato il passaggio in camera anteriore né della netilmicina né della tobramicina: il nostro studio concorda su questo fatto. Il fatto che il cloramfenicolo, sia in formulazione sospensione che gel, penetra in camera anteriore e che si ritrova nell’acqueo dopo singola somministrazione in un intervallo di tempo compreso tra una e quattro ore, ci sembra particolarmente importante: ciò, infatti, conferma che il regime posologico generalmente utilizzato è appropriato ai fini di garantire la presenza del farmaco in came-

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Figura 2 Penetrazione del cloramfenicolo in camera anteriore dopo somministrazione in gel

ra anteriore. I dati presenti in Letteratura sono, peraltro, abbastanza scarsi e non ci consentono di confrontare i nostri risultati con quelli di altri Autori dopo singola somministrazione dell’antibiotico, né siamo in condizioni di escludere eventuali interazioni del corticosteroide associato nella penetrazione dei due aminoglicosidi testati. Occorre premettere che questo nostro studio rappresenta solo la fase pilota di uno studio più completo, atto a valutare le capacità di penetrazione di alcuni antibiotici in camera anteriore. Ci riproponiamo, infatti, di aumentare il campione studiato, di verificare fi le concentrazioni nell’umor acqueo dopo somministrazioni ripetute e di confrontare le concentrazioni intraoculari ottenute con le concentrazioni minime inibenti la crescita dei germi più comunemente responsabili delle infezioni intraoculari. Il nostro studio preliminare ci ha, in questo momento, consentito di confermare la penetrazione del cloramfenicolo in camera anteriore dopo somministrazione topica.

Bibliografia

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LE V I S C O INTERVISTE

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Intervista al Prof. Emilio Balestrazzi A pochi giorni dal Congresso SITRAC il Prof. Emilio Balestrazzi ha avuto la cortesia di ospitarmi per questa Viscointervista. Il tempo trascorso insieme quella mattina di poche settimane fa è trascorso simpaticamente, tra antichi ricordi, qualche risata al ricordo di piccoli episodi del passato e, fondamentalmente, su un piano di affetto reciproco e, da parte mia, di rispetto e gratitudine per chi ha avuto 30 e più anni fa fiducia professionale in me, dicendomi una sera “… quel distacco di retina domani lo fai tu.” … quella notte sembrò non passare mai!

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Vittorio Picardo

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Caro Professore, la Sua formazione professionale si è svolta a Bari, dove i campi di interesse se non ricordo male, erano glaucoma e retina chirurgica. A queste sub specialità però Lei affiancò presto un’intensa attività di ricerca di anatomia patologica oculare. Come si conciliavano tutti questi interessi? Sì, a quei tempi, nelle Cliniche Oculistiche eravamo in pochi, relativamente alle attività didattiche (Scuola di Specializzazione) e cliniche; basti pensare che la Clinica Oculistica dell’Università di Bari contava 130 letti di degenza oltre a quattro sale operatorie. Era così indispensabile sapere fare un po’ di tutto, perché c’era bisogno di “braccia” per mandare avanti una mole di lavoro simile. Per questo il nostro Maestro, il Prof. Scuderi ci dava la possibilità di lavorare presto in prima persona, anche chirurgicamente, una volta addestrati da quello che era il nostro fratello maggiore ed il suo Aiuto, il Prof. Cardia. Fu così che dopo aver diretto il Centro di Glaucoma per qualche anno, dovetti prendere in prima persona la responsabilità della chirurgia del distacco di retina fino allora gestita dal Prof. Cardia, che avevo a aiutato per anni e che era stato trasferito sulla Cattedra di Sassari. L’Anatomia Patologica oculare era un grande amore coltivato fin dal 1962, quando divenni interno presso l’Istituto di Anatomia Patologia

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dell’Università di Bari e dove rimasi fino al 1967, partecipando all’attività autoptica ed acquisendo un’autonomia nella diagnostica istopatologica al microscopio, che mi consentì di installare un Laboratorio di Istopatologia Oculare nella Clinica Oculistica. Ciò mi permise di svolgere tutta l’attività bioptica autonomamente, dapprima coadiuvato da un tecnico di laboratorio e dopo qualche anno dalla preziosissima opera del Dott. Nicola delle Noci, oggi Direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Foggia, nel frattempo iscrittosi alla nostra Scuola di Specializzazione a Bari, che divenne così il mio primo collaboratore. Tutto questo materiale ci permise di dare alle stampe l’unico testo in lingua italiana di Anatomia Patologica Oculare nel 1984. Tutti questi interessi potevano essere coltivati grazie alla nostra giovane età, al nostro entusiasmo ed alla grande voglia di imparare e di emergere (si rimaneva in Clinica fi fino all’ora di cena…).

Nel 1978 il trasferimento da Bari a Roma, insieme al Suo Maestro, Prof. Scuderi. Da quel momento fino al concorso per Professore Ordinario Lei ha di fatto gestito tutte le attività assistenziali della Seconda Clinica Oculistica dell’Università di Roma, a soli 36 anni di età. Come ricorda tutti quegli anni? Il Prof. Scuderi, avendo portato a Roma al suo seguito, oltre me, i dott. Scorcia, Recupero e te


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che eri ancora uno specializzando. Mi affi fidò i compiti di Primo Aiuto, così da gestire, per Suo conto, le attività assistenziali della II Clinica Oculistica della Sapienza al Policlinico Umberto I, dove trovammo i “vecchi” collaboratori del Prof. G. B. Bietti. Sono stati 9 anni molti duri, faticosi e possiamo dire che con uno spirito di corpo molto forte, abbiamo portato lì le innovazioni che il nostro Maestro ci aveva imposto e, a sorpresa, abbiamo svolto un’intensa attività chirurgica, anche e soprattutto, nel settore della chirurgia episclerale dei distacchi di retina oltre che nella vitrectomia, allora agli esordi. Fu in quegli anni che nacque un altro amore, che dura ancora oggi, quello dei trapianti di cornea, fino ad allora molto poco praticato in Italia, se non in piccole sacche, come Pavia, Mestre, Napoli ed anche Bari dove il nostro Maestro ci aveva iniziati. E fu così che nel 1981, nell’occasione del varo della Legge che regolava i prelievi ed i trapianti di cornea, effettuai il mio primo trapianto di cornea, coadiuvato proprio da te, ricordi? Certo, anzi il prelievo lo facemmo proprio qui al Gemelli e il donatore era un sacerdote, e poi onde evitare qualunque errore, passammo alcune ore a casa tua a ripassarci tutta la procedura e i compiti di ciascuno di noi. Sì, è proprio vero, Vittorio, e da allora molti altri ne sono seguiti, fino ad oggi, così da poter contare nella mia carriera oltre duemila procedure di trapianti, oltre ai tanti effettuati dai miei allievi, il Prof. Spadea ed il Dr. Mosca. Vinto nel 1982 il Concorso per Professore Associato, ottenni l’insegnamento di Oftalmologia Pediatrica, che ricoprii fino al 1986 sempre a Roma. Poi il concorso nazionale per Prof. Ordinario vinto nel 1986 e la chiamata presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di L’Aquila e la Direzione dell’Ottica Fisiopatologica nel 1986 e della Clinica Oculistica nel 1987 con la riorganizzazione della struttura assistenziale, prima al vecchio Ospedale e successivamente nel nuovo Policlinico di Coppito. Anni formativi e di grande impegno, immagino. Dal 2004 Direttore dell’Istituto di Of-

talmologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, al Policlinico Gemelli, in un momento in cui le strutture assistenziali si modificavano sensibilmente, passando dal vecchio concetto di tanti letti di degenza e ricoveri di lunga durata, a strutture di day hospital, con un incremento esponenziale della attività sugli “out patients”, sia per le attività di diagnostica che per quelle clinico assistenziali mediche e chirurgiche. Come possiamo sintetizzare tutti questi anni? Per quanto riguarda i 18 anni trascorsi a L’Aquila, le tappe fondamentali raggiunte con i collaboratori trovati lì e con i “ragazzi partiti da Roma”, sopra tutti Blasi, Marullo, Spadea, Sabetti e Pintucci sono state: - L’istituzione della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia e della Scuola di Ortottica, prime in assoluto nella regione Abruzzo, da cui si doveva fino ad allora emigrare per conseguire tali titoli di studio. - La Fondazione Banca degli Occhi de L’Aquila, Centro di Riferimento per la Regione Abruzzo per il prelievo ed il trapianto di cornea, ottenuta grazie ad un finanziamento della Regione Abruzzo, a riconoscimento dell’intensa attività chirurgica nel settore specifico. fi - L’istituzione di un Servizio di Oncologia Oculare che offriva la possibilità (ottenuta con decreto comunale e regionale) di applicare placche di Rutenio per la brachiterapia dei tumori endobulbari, prima sede nel Centro-Sud. - In defi finitiva, grazie a tali “eccellenze”, oltre che all’istituzione della chirurgia rifrattiva con Laser ad eccimeri, il raggiungimento di un traguardo enorme per una piccola città decentrata come L’Aquila: il 60 % di pazienti da fuori Regione, oltre ai fuori Provincia. Come ha gestito questa rivoluzione, mantenendo però alti i livelli di assistenza? Tornato finalmente a Roma, al Policlinico Gemelli, ho messo subito in pratica quanto a avevo appreso in tanti anni di attività clinica “sul campo” e soprattutto quanto l’Amministrazione dell’Ospedale di L’Aquila (allora molto effi ficiente…) ci aveva fatto apprendere, in tema di management sanitario, con ripetuti corsi espletati da docen-

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ti della Bocconi di Milano a domicilio, presso l’Ospedale aquilano. Così portai subito i letti di degenza da 44 trovati al mio arrivo, a 8 letti per ricovero ordinario e 22 per Day-Surgery. Vennero così trasformate le attività chirurgiche prevalentemente in Day Surgery e chirurgia ambulatoriale, riducendo la degenza media da 7.2 giorni a 2.4 ed aumentando di pari passo il peso delle procedure chirurgiche, allestendo 3 sale operatorie, più la sala operatoria per il laser a femtosecondi ed il laser ad eccimeri. Oltre a ciò, gli spazi guadagnati con la riduzione dei posti letto, sono stati utilizzati per gli ambulatori speciali al II piano, decongestionando così l’ambulatorio divisionale, situato al I piano.

quila. La Prof.ssa Blasi, con la sua riconosciuta competenza ed esperienza ha preso in mano la Direzione di quel servizio, incrementandola sempre più. Vengono lì espletate appunto le procedure di Brachiterapia con Placche di Rutenio e di Iodio, la TTT (termoterapia trans pupillare), la chemioterapia topica, la immunoterapia iniettiva, la chirurgia conservativa e demolitiva dei tumori oculari oltre alla chirurgia ricostruttiva. Il Servizio attrae pazienti di ogni parte d’Italia e, per dare un’idea dei volumi di attività, svolge un’attività ambulatoriale per circa 15 pazienti oncologici al giorno, con una media di 8/10 nuovi casi di melanoma uveale al mese.

Attività chirurgica

Polo Nazionale postazione di training

Come si concilia tutto questo con un’intensa attività scientifica? Il livello dell’attività scientifi fica è stato mantenuto nonostante questa mole di attività clinica, grazie all’impegno dei miei collaboratori, coordinati da un eccellente ricercatore, come il Prof. Falsini. I vecchi amori ritornano e così da qualche anno nella Sua Clinica è nato un centro di oncologia oculare, una piccola eccellenza. Che attività vi vengono svolte? Il servizio di Oncologia Oculare è uno dei nostri fiori all’occhiello. Ho dovuto faticare con le pratiche burocratiche per ottenere i permessi per la brachiterapia con Placche di Rutenio e di Iodio, iniziando tale attività, in attesa dell’arrivo, quanto mai opportuno e tempestivo della Prof.ssa Blasi, chiamata per trasferimento presso la nostra Facoltà dall’Università di L’A-

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Infine, da qualche tempo, possedete un Laser a femtosecondi per le attività di chirurgia corneale. Che indicazioni suggerisce? Che risultati avete? Dal 2005, avendo compreso le grandi potenzialità di questa macchina, ho dotato, grazie al sostegno della mia Istituzione, la Clinica Oculistica del Gemelli del Laser a Femtosecondi (Intralase). Dopo 7 anni di utilizzo, possiamo senz’altro concludere che le indicazioni più entusiasmanti sono per le cosiddette I-Lasik per la correzione delle miopie, degli astigmatismi e soprattutto delle ipermetropie medio-elevate, non correggibili con altre tecniche. Altre indicazioni che offrono ottimi risultati, ripetibili e prevedibili, sono le cheratoplastiche lamellari, per quanto riguarda degenerazioni eredofamiliari della cornea, le opacità post infettive e post traumatiche.


LE V I S C O INTERVISTE

Ingresso Polo Nazionale

Il tutto monitorato dalle notizie forniteci, per la scelta dell’approccio, dalla microscopia confocale e dall’OCT del segmento anteriore. Per quanto riguarda il cheratocono e le patologie ectasiche, i risultati sono meno buoni e le cheratoplastiche lamellari manuali (in particolare la tecnica Big Bubble) danni risultati migliori, così come, quando indicate, la “vecchia” ma pur sempre valida, cheratoplastica perforante. Per concludere desiderò però ricordare tutti i miei validissimi collaboratori che operano nei vari settori della Clinica e senza dei quali non avrei potuto raggiungere i livelli che tutti insieme abbiamo ottenuto: - I Dottori Angelo M. Minnella, Andrea Scupola, Guglielmo D’Amico, Tomaso Caporossi per la

Retina Medica e Chirurgica, oltre al Prof. Francesco Focosi, recentemente andato in quiescenza e che fino a tale data ha coordinato il settore. - La Prof.ssa Maria Antonietta Blasi, la Dr.ssa Monica Pagliara per l’Oncologia Oculare - I Dott. Fernando Molle e Domenico Lepore per la Retinopatia del Prematuro (ROP) e per la Retina chirurgica. - Il Dott. Luigi Mosca per la Cornea - La Dr.ssa Romina Fasciani per la Cornea e per l’Ipovisione - I Dott. Andrea Giudice e. Tommaso Salgarello per il Glaucoma - La Dr.sse Anna Dickmann e la Annabella Salerni per l’Oftalmologia Pediatrica - Il Dott. Gustavo Savino per l’Oftalmologia Pediatrica e per l’Oftalmoplastica. - Il Prof. Benedetto Falsini per l’Elettrofisiologia fi e la Neuroftalmologia. - La Dr.ssa Chiara Manganelli per le malattie infiammatorie ed autoimmuni - Il Dott. Erasmo Merendino per il Reparto di degenza e per la Day Surgery - La Dr.ssa Carmela Grazia Caputo per l’ecografia fi oculare Essi hanno anche permesso un’attività di addestramento degli specializzandi tale da immettere “sul mercato” specialisti completi, anche dal punto di vista chirurgico, così come imporrebbero le norme ministeriali… E così, dopo 2 ore di chiacchierata amichevole e informale, il Prof. Balestrazzi mi ha invitato per un gito nelle varie Strutture, tutte belle e ben organizzate. E in me, quanta nostalgia. Lì, al cosiddetto 2° P, avevo cominciato il mio internato da studente e lì nel 1976 mi sono laureato. Sigh!! Vittorio Picardo

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Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile F F

Rosalia Giustolisi F Simone De Gaetano F Mariateresa Staltari F Jessica Marchiori F Federica Mirra Paola Mazzotta F Gianluca Aloe F Olga Mastrangelo F Corrado Balacco Gabrieli

Dipartimento di Oftalmologia, Facoltà di Medicina, Università “Sapienza” di Roma

RIASSUNTO Scopo del lavoro: Valutare la risposta in termini anatomici e funzionali al trattamento combinato con terapia fotodinamica con verterporfi firina (PDT-V) e Ranibizumab per via intravitreale nei pazienti con Retinal Angiomatous Proliferation (RAP) correlata alla degenerazione maculare legata all’età (DMLE). Tipo di studio: Studio prospettico randomizzato, monocentrico, case series, open-label. Materiali e Metodi: 6 occhi affetti da RAP correlata a DMLE sono stati trattati con terapia combinata ovvero con somministrazione nello stesso giorno di PDT-V e Ranibizumab 0.5mg per via intravitreale, riservando ulteriori iniezioni intravitreali per le lesioni ancora in fase attiva. Il follow-up è stato eseguito con visite ogni 4 settimane comprendenti la misurazione della Best Corrected Visual Acuity (BCVA), la Tomografia fi a Coerenza Ottica (OCT) con valutazione del Central Macular Thickness (CMT) e la Fluorangiografia fi (FAG). La durata totale dello studio è di 12 mesi. Risultati: La BCVA iniziale media è di 27,8 (LogMar 0,576) (DS±14,6) lettere che a T12 diventa 33,3 (LogMar 0,466) (DS±16,6) con un guadagno medio di 5,5 lettere (LogMar 1,01). In T0 ovvero alla baseline il CMT medio è di 393,8μm(±84,7), che dopo il trattamento in T12 diviene 250,7 μm (±82,4). La riduzione media è di 143,2 μm. Per quel che riguarda la presenza di leakage alla FAG in T12 si osserva assenza in 4 occhi (66,6%), mentre in 2 occhi vi è persistenza (33,3%). I pazienti che entro il T12 necessitano di ritrattamento sono il 33,3 % (2 occhi su 6). Il numero di IVT necessarie è stata in media di 2,7 ad occhio. Discussione e Conclusioni: Dal nostro studio emerge come esista un miglioramento sia funzionale che anatomico evidente fin dal primo mese di follow-up dopo il primo trattamento. Ciò si manifesta in modo particolarmente eclatante all’OCT sotto forma di risoluzione dell’edema intraretinico. Il trattamento si è dimostrato sicuro sia dal punto di vista oculare che sistemico.

PAROLE CHIAVE DMLE PDT-V RAP Ranibizumab KEY WORDS DMLE PDT-V RAP Ranibizumab

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ABSTRACT Purpose: To evaluate the efficacy and safety of the combination of Photodynamic Therapy (PDT) with standard fluence verteporfin and Ranibizumab 0.5mg administered on the same day, in patients with the neovascolar AMD (Aged Macular Degeneration) known as RAP (Retinal angiomatous proliferation). Type of study: Open-label, monocentric, randomized case series trial. Materials and Methods: 6 eyes of 6 patients were consecutively enrolled and treated with combined therapy defined as standard fluence PDT and intravitreal Ranibizumab 0.5mg on the same day. More injection were administrated as needed. Best corrected visual acuity (BCVA), central macular thickness (CMT) on optical coherence tomography (OCT) and Fluorescein angiography (FAG) were examined before and after treatment every 4 weeks. Patients were followed-up for twelve months. Results: The mean baseline BCVA (± standard deviation, SD) was 27,8 (LogMar 0,576) (±14,6) (p=), at 12 months after treatment mean BCVA was 33,3 (LogMar 0,466 ) (±16,6) (p=). The mean CMT at baseline was 393,8 μm (±82,4) (p=) at 12 months was 250,7 μm (±82,4) (p=). The mean reduction was 142,2 μm. At 12 months in 4 eyes (66,6%) there was the absence of leakage on FAG. After 12 months, the rate of retreated eyes was 33,3 % (2 of 6 eyes). Discussion and Conclusion: In conclusion the treatment shows a functional and anatomical improvement since the first month after treatment. OCT shows this improvement as a great reduction of intraretinal edema. No ocular or systemic adverse effects from treatment were encountered.

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Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile

>> Introduzione Nella DMLE la neovascolarizzazione coroideale (CNV) prolifera attraverso l’epitelio pigmentato retinico (EPR), infiltra fi la retina e comunica con la circolazione retinica costituendo un’anastomosi retino-coroideale1. Il processo inverso si verifi fica in una parte di pazienti affetti dalla forma neovascolare. Questa forma distinta di DMLE che si associa alla proliferazione dei capillari retinici e ad una risposta telengectasica dei vasi contigui è stata definita fi 2 RAP (Retinal angiomatous proliferation) . È possibile distinguere tre stadi di RAP in base a criteri clinici e angiografici: fi stadio 1, proliferazione di capillari intraretinici originati da un complesso retinico profondo (Neovascolarizzazione intraretinica); stadio 2, crescita di capillari retinici nello spazio subretinico (Neovascolarizzazione subretinica) con (stadio II B) o senza (stadio II A) distacco dell’epitelio pigmentato (DEP); stadio 3, anastomosi tra neovasi retinici e coroideali. La RAP è qualche volta definita fi come neovascolarizzazione di tipo 3 secondo la classificazione fi anatomica descritta da Gass, differenziandola dalla tipo1 (neovascolarizzazione occulta) e dalla tipo 2 (neovascolarizzazione classica)4-5. Questa patologia interessa approssimativamente il 12-15% dei pazienti con diagnosi di AMD neovascolare6. Le manifestazioni cliniche includono emorragie pre/intraretiniche, essudati, edema intraretinico e distacco sieroso dell’epitelio pigmentato retinico. La crescita dei neovasi aberranti all’interno o al di sotto della retina è causa di un irreversibile danno retinico e perdita della visione. Il naturale decorso della RAP differisce da quello dell’AMD essudativa tipica ed ha una prognosi peggiore7. Tra le diverse opzioni terapeutiche la fotocoagulazione laser, la termoterapia transpupillare e l’ablazione chirurgica non si sono dimostrate efficaci fi mentre la terapia fotodinamica ha dimostrato un successo limitato7-14. Studi recenti hanno dimostrato che l’utilizzo di agenti anti-VEGF (Ranibizumab, Pegaptanib sodico, Bevacizumab) per via intravitreale blocca la progressione della CNV riducendo il leakage vascolare e migliora l’acuità visiva15-18.

Corticosteroidi come il triamcinolone e il desametasone hanno dimostrato avere effetti antiangiogenetici, antinfiammatori fi e anti-VEGF19. Una nuova opzione terapeutica è costituita dalla terapia combinata con PDT-V e farmaci antiVEGF e/o antinfi fiammatori (Triamcinolone) per 20-22 via intravitreale . Lo scopo del nostro studio è valutare la risposta in termini anatomici e funzionali alla terapia combinata con PDT-V e Ranibizumab per via intravitreale nei pazienti con RAP.

>> Materiali e Metodi Il nostro è uno studio prospettico randomizzato, monocentrico, case series, in cui 6 occhi affetti da RAP correlata a DMLE sono stati trattati con terapia combinata secondo il nostro modello, ovvero con la somministrazione nello stesso giorno di terapia fotodinamica con verterporfifi rins e ranibizumab 0.5mg per via intravitreale riservando ulteriori iniezioni intravitreali per le lesioni ancora in fase attiva. Tutti i pazienti risultati eleggibili per lo studio hanno firmato fi il consenso informato. Questo studio non ha specifi fiche limitazioni circa il numero di pazienti arruolati ed è in linea con le Good Clinical Practice e Declaration of Helsinki. Criteri di inclusione comprendono una Best Corrected Visual Acuity (BCVA) t 10 lettere ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopaty Study), CNV maculare correlata a DMLE di tipo classico, prevalentemente classico od occulta, Greatest Linear Dimension (GLD) d 5400μm, età t 55 anni e presenza di una RAP correlata a DMLE in fase attiva, defi finita come la presenza di edema alla tomografia fi a coerenza ottica (OCT) e di leakage alla fluorangiografi fia (FAG). Criteri di esclusione sono stati precedenti trattamenti con bevacizumab o pegaptanib. Non sono stati esclusi pazienti precedentemente trattati con PDT-V. Sono stati esclusi pazienti affetti da diabete non controllato, disordini della coagulazione, accidenti cerebrovascolari, embolia polmonare o trombosi venosa, ipertensione sistemica non controllata, insufficienza fi renale cronica, infarto del miocardio nei precedenti 6 mesi o interventi chirurgici nei 6 mesi antecedenti il trattamento, qualsiasi affezione oculare capace

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R. Giustolisi, S.De Gaetano, M. Staltari, J. Marchiori, F. Mirra, P. Mazzotta, G. Aloe, O. Mastrangelo, C. Balacco Gabrieli

Figura 1 PBCVA media: follow-up di 12 mesi

Figura 2 CMT medio: follow-up 12 mesi

di infl fluire sull’acuità visiva come glaucoma, strie angioidi, traumi, coroiditi, patologia ereditarie, afachia, precedente chirurgia vitreoretinica. Gli occhi arruolati sono stati sottoposti mensilmente a visita di controllo comprendente la misurazione della BCVA, intesa come logaritmo del minimo angolo di risoluzione (LogMAR) misurata su tavole di Bailey-Lawson secondo la procedura ETDRS, valutazione dello spessore retinico centrale, attuata mediante esame OCTHRT ed esame angiografico fi con fluoresceina e verde di indocianina. La terapia laser fotodinamica è stata condotta secondo gli standard internazionali: dose di farmaco pari a 6mg/m2 ricostituito in acqua sterile; volume totale di infusione pari a 30ml (aggiunta di soluzione di glucosio al 5% al volume di farmaco ricostituito); tempo di infusione di 10 minuti (velocità 3ml al minuto); luce laser con lunghezza d’onda 689nm(colore rosso), intensità 600mW/cm2, dose 50 J/cm2; inizio applicazione laser pari a 15 minuti dopo l’inizio dell’infusione; tempo di esposizione al laser di 83 secondi. La terapia intravitreale con ranibizumab è attuata con flaconcini da usare una sola volta, solo per uso intravitreale. Il ranibizumab è stato som-

ministrato da un oculista qualifi ficato, esperto in iniezioni intravitreali. La dose raccomandata per ranibizumab è 0.5mg (0.05 ml). L’iniezione è attuata a ore 6 a 3.5/4 mm dal limbus, in strette condizioni di asepsi. Prima del trattamento, il paziente deve essere istruito ad instillarsi gocce antibiotiche (quattro volte al giorno nei 3 giorni precedenti e successivi ad ogni iniezione). In generale dopo il primo ciclo di trattamento abbiamo considerato migliorati o peggiorati i pazienti in base a: valutazione dell’acuità visiva misurata in lettere e linee ETDRS, per cui consideriamo migliorati i pazienti con incremento t di 10 lettere (pari a 2 linee ETDRS), peggiorati i pazienti con perdita t di 10 lettere e stabili i restanti (cambiamento inferiore alle 2 linee); valutazione dello spessore retinico centrale misurata mediante OCT-HRT, da cui consideriamo migliorati i pazienti con riduzione dello spessore t 10%, peggiorati i pazienti con incremento dello spessore t 10%, stabili i rimanenti; presenza di attività della membrana all’esame fluorangiografico fi e al verde d’indocianina. Il ritrattamento è previsto qualora siano presenti segni di attività della lesione quali presenza di leakage alla FAG ed edema maculare all’OCT.

tabella 1 Tabella riassuntiva dei pazienti trattati Paziente

Sesso

Età

BCVA Baseline

1 2 3 4 5 6

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F M F M F M

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79 84 89 72 72 75

10 34 45 10 38 30

BCVA a Modifica 1 anno Lettere ETDRS 10 46 41 14 46 43

0 12 -4 4 8 13

CMT Baseline 511 414 275 403 440 320

CMTa Modifica 1 anno CMT 148 478 466 136 133 143

-363 64 191 -267 -307 -177

Ritrattamento

no sì sì no no no


Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile

>> Risultati Abbiamo considerato globalmente 6 occhi di sei pazienti affetti da RAP trattati con terapia combinata. L’età media è 78,5 anni (±6,8), il rapporto M:F è 1:1. I parametri da noi considerati sono stati: • valutazione della BCVA in linee ETDRS • valutazione dello spessore centrale retinico all’OCT-HRT. • presenza di leakage alla FAG • necessità di ritrattamenti Tutti i parametri sono stati valutati alla baseline (T0) e poi mensilmente per un totale di 12 mesi. Per quel che riguarda la valutazione della BCVA mediante tabella di Bailey-Lovie (ETDRS) alla baseline la BCVA media è di 27,8 (LogMar 0,576) (DS±14,6) lettere che a T12 diventa 33,3 (LogMar 0,466) (DS±16,6) con un guadagno medio di 5,5 lettere (LogMar 1,01). In T12, 2 pazienti pari al 33,3% hanno un guadagno in lettere t10 lettere pari a 2 linee ETDRS, nessun paziente ha una perdita t10 lettere,mentre i restanti 4 pazienti pari al 66,6 % si mantengono stabili (Figura 1). Il secondo parametro da noi considerato è lo spessore retinico centrale valutato tramite OCTHRT. In T0 ovvero alla baseline lo spessore retinico centrale medio è in media di 393,8μm (±84,7), che dopo il trattamento in T12 diviene 250,7 μm (±82,4). La riduzione media è di 143,2 μm. In T6 su 6 pazienti trattati abbiamo riscontrato in 4 pazienti una riduzione dello spessore > del

10% pari al 66,6% del totale, in 2 pazienti un incremento dello spessore retinico > del 10% pari al 33,3% (Figura 2). Per quel che riguarda la presenza/assenza di leakage alla FAG, in T12 potremo osservare assenza in 4 occhi (66,6%) dei casi, mentre in 2 occhi vi è persistenza (33,3%). La percentuale di pazienti che entro il T12 necessitano di ritrattamento è del 33,3 % (2 pazienti su 6). In T12 su sei pazienti la quota totale di IVT necessarie è stata in media di 2,7 (Tabelle 1 e 2).

>> Discussione e Conclusioni Allo stato attuale non esistono studi randomizzati controllati sulle varie opzioni terapeutiche disponibili per il trattamento delle RAP. Relativamente al trattamento fotocoagulativo, Hartnett et al, hanno dimostrato l’efficacia fi del laser focale nello stabilizzare della lesione, ma non nell’incremento dell’acuità visiva, inoltre il suo effetto ha una durata limitata nel tempo23. Lo studio condotto da Bottoni et al. mostra come a 24 mesi, il 25% dei 12 occhi trattati mostra una chiusura dei neovasi7. È diffi ficile prevedere l’andamento delle RAP trattate con la terapia fotodinamica con verterporfirina in quanto la PDT ha come target la CNV (neovascolarizzazione coroidale) e non i vasi retinici che sono invece tipici della RAP. Inoltre il rischio di lacerazioni acute retiniche è maggiore nei pazienti con RAP associata a DEP. L’evidenza

tabella 2 Terapia combinata Ranibizumab e PDT: B. C.V.A., Esame OCT, fluorangiografi fia. Modifi fiche anatomiche e necessità di ritrattamento a 1 anno dal trattamento. Numero di occhi trattati (totale 6) BCVA a 1 anno: Guadagno t10 lettere invariato Perdita di t10 letters CMT modifi fiche a 1 anno: Diminuzione del 10% o più Invariato Aumento del 10% o più FAG leakage: modifiche fi a 1 anno Assenza Persistenza Necessità di ritrattamento

4 (66,6%) 2 (33,3%) 0 (0%) 4 (66,6%) 0 (0%) 2 (33,3%) 4 (66,6%) 2 (33,2%) 2 (33,3%)

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Rosalia Giustolisi, Simone De Gaetano, Mariateresa Staltari, Jessica Marchiori, Federica Mirra, Paola Mazzotta, Gianluca Aloe, Olga Mastrangelo, Corrado Balacco Gabrieli

di vari studi dimostra una perdita media di -10 lettere al sesto mese24-25. L’aumento dell’espressione del VEGF è l’evento iniziatore della neovascolarizzazione retinica profonda propria delle RAP. Tutti e tre gli agenti anti-VEGF attualmente disponibili (ranibizumab, bevacizumab e pegaptanib sodium) hanno dimostrato effi ficacia nel ridurre il leakage vascolare ed aumentare l’acuità visiva. Lo studio condotto da Gharbya et al. analizza l’effi ficacia a breve termine del bevacizumab (protocollo comprendente tre iniezioni mensili in tre mesi). Al dodicesimo mese la BCVA media è signifi ficativamente migliorata, con l’88.2% dei pazienti che guadagna una o più linee ETDRS, mentre il CMT medio è significativamente fi ridot26 to rispetto alla baseline . Anche l’utilizzo del ranibizumab ha dimostrato la sua effi ficacia in diversi studi. Kromann et al. hanno utilizzato un protocollo che prevedeva tre iniezioni in tre mesi (la cosiddetta loading dose o fase di caricamento) seguita da ulteriori iniezioni in caso di leakage persistente alla FAG. I loro risultati mostrano che il miglioramento dell’acuità visiva inizia già dopo 4 settimane dalla prima iniezione ma è più pronunciato al terzo mese conclusa la fase di caricamento27. Gli effetti dei corticosteroidi sono principalmente dovuti alla loro capacità di controllare la cascata infi fiammatoria. Gli effetti del triamcinolone si esplicano in una riduzione dell’essudazione e dal decremento del fluido sottoretinico, ma non arresta permanentemente la crescita dei neovasi, l’effetto del triamcinolone è infatti limitato nel tempo. La possibilità di associare il triamcinolone ad altre opzioni terapeutiche potrebbe quindi dimostrarsi maggiormente efficace. fi Vari studi valutano gli effetti della combinazione di IVTA (Intravitreal Triamcinolone) e PDT. Questi dimostrano la stabilizzazione a 6 mesi della lesione associata ad un incremento dell’incidenza di aumento della IOP e di cataratta28-29.

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Un altro possibile protocollo di terapia combinata prevede l’associazione di farmaci anti-VEGF e PDT-V. Rouvas et al. hanno studiato l’associazione del ranibizumab e della PDT alla baseline in cui la PDT è effettuata 7±2 giorni dopo l’iniezione di ranibizumab, seguita da altre due iniezioni al mese 1 e 2 (loading dose). I risultati mostrano un 38.4% di pazienti che hanno migliorato la loro BCVA, un 23% peggiorano mentre i restanti rimangono stabili21. Nel nostro studio 6 occhi affetti da RAP correlata ad AMD sono stati trattati con terapia combinata secondo il nostro protocollo che prevede la somministrazione nello stesso giorno di terapia fotodinamica e ranibizumab 0.5mg per via intravitreale alla baseline, riservando ulteriori iniezioni intravitreali per le lesioni ancora in fase attiva. I nostri risultati mostrano al dodicesimo mese di follow-up un miglioramento valutato in termini di BCVA t10 lettere nel 33,3% degli occhi. I restanti occhi pari al 66,6% si mantengono stabili, nessuno peggiora. Per quel che riguarda lo spessore retinico centrale valutato tramite OCT su 6 pazienti trattati abbiamo riscontrato in 4 occhi una riduzione dello spessore t 10% pari al 66,6% del totale, in 2 occhi un incremento dello spessore retinico t del 10% pari al 33,3%. Uniformemente ai risultati dell’OCT la FAG mostra in 4 occhi la completa risoluzione del leakage fluoresceinico (66,6%) mentre in due occhi è presente evidenza di leakage con segni di attività della membrana neovascolare. (Vedi tabelle 1 e 2). 2 Dal nostro studio emerge come esista un miglioramento sia funzionale che anatomico evidente fin dal primo mese di follow-up dopo il primo trattamento. Ciò si manifesta in modo particolarmente eclatante all’OCT sotto forma di risoluzione dell’edema intraretinico (Figura 2). Non si sono evidenziati effetti avversi oculari e/o sistemici a seguito del trattamento.


Terapia combinata con fotodinamica-verterporfirina e Ranibizumab intravitreale per il trattamento della Retinal Angiomatous Proliferation correlata alla degenerazione maculare senile

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Emicrania oftalmica con “aura” e pervietà del forame ovale: studio clinico Vito Gasparri F Walter Calcatelli F Elisabetta Calcatelli

F

Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, Unità Operativa Complessa di Oculistica, Roma

RIASSUNTO L’emicrania oftalmica con e senza aura è una patologia molto frequente. Spesso il paziente si rivolge all’oculista perchè la sintomatologia prodromica è caratterizzata da disturbi visivi, come fosfeni e riduzione transitoria del campo visivo, dovuti ad eccitazione della porzione occipitale del cervello. Già da tempo è stata messa in relazione l’emicrania con aura e la pervietà del forame ovale. Questa anomalia cardiaca sembra essere anche la causa di disturbi vascolari cerebrali e retinici nei giovani. Finora i dati in Letteratura sono stati riportati soprattutto da cardiologi e neurologi. Ci è sembrato utile evidenziare anche un contributo oftalmologico. Abbiamo pertanto descritto un nostro studio su 10 pazienti affetti da emicrania;si è rilevato che il 40% di essi presentava un forame ovale pervio e in un caso un paziente aveva avuto un problema vascolare retinico e alterazioni di tipo ischemico alla RMN dell’encefalo. È quindi utile, nei pazienti soggetti a ripetuti episodi di emicrania oftalmica con aura, studiare l’integrità del setto interatriale attraverso doppler transcranico con contrasto, completando eventualmente le indagini con ecocardiogramma transesofageo. ABSTRACT The ophthalmic migraine with and without aura is a very frequent pathology. Often the patient comes to the ophthalmologist because the prodromal symptoms are characterized by visual disturbances such as phosphenes and transient reduction of the visual field due to excitation of the occipital portion of the brain. For some time, it had been linked to the migraine with aura and the patent foramen ovale. Furthermore, this cardiac anomaly appears to cause brain and retinal vascular disorders in young people. The data so far has been reported in the literature mainly by cardiologists and neurologists. It seemed useful to us to also place in evidence an ophthalmological contribution. We have, therefore, described our study of ten patients with migraines where we found that 40% of them had a patent foramen ovale and in one case a patient had also had a vascular retinal problem and showed alterations of an ischemic type of the RMN of the brain. It is useful, therefore, in patients with repeated episodes of ophthalmic migraine with aura to study also the integrity of the interatrial septum with Transcranial Doppler with contrast, then eventually completing the investigations with transesophageal echocardiogram.

PAROLE CHIAVE pervietà forame ovale emicrania ictus doppler trancranico KEY WORDS patent foramen ovale migraine stroke transcranial doppler

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L’emicrania è una patologia caratterizzata da attacchi intermittenti di cefalea, associati a manifestazioni vegetative. È più frequente nelle donne di età compresa tra i 15 e i 25 anni, con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini. Si ritiene che la predominanza femminile sia legata a fattori endocrino-metabolici capaci di innescare le crisi. La frequenza familiare sembra aumentata soprattutto in un tipo di emicrania, definita fi “emiplegica familiare”.

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Diversi fattori possono scatenare l’attacco: stress, cambiamenti del ritmo sonno-veglia, alimentazione (alcool, cioccolato, frutti tropicali, formaggio, ecc.), caffeina (astinenza improvvisa dopo consumo elevato), rumore, freddo e cambiamenti ormonali (mestruazioni, contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva nel climaterio/ menopausa). L’emicrania oftalmica con aura, che spesso induce i pazienti a chiedere una visita oculistica, si presenta con prodromi riferiti a fenomeni ecci-


Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico

tatori a livello occipitale, come fosfeni, scotomi fino ad arrivare ad episodi di emianopsia transitoria. Dopo 20-30 min. diminuiscono i fenomeni visivi e inizia la fase algica, associata spesso a nausea e malessere generale.

Figura 1 Crisi di emicrania

Talvolta, nella cosiddetta “emicrania oftalmica senza cefalea”, l’”aura” non è seguita da sintomatologia dolorosa. Già da qualche anno è stata evidenziata da diversi Autori, soprattutto cardiologi e neurologi, l’associazione tra emicrania con aura,deficit fi circolatori cerebrali (stroke) e pervietà del forame ovale (patent foramen ovale - PFO). Inoltre sono stati descritti fenomeni embolici retinici, più frequenti in giovani pazienti con storia di emicrania con aura e PFO. Il forame ovale pervio è presente nel 30% circa dei soggetti sani e in condizioni normali non da shunt, poiché la pressione atriale sinistra mantiePervietà del forame ovale: ricordi anatomici Nel feto, i polmoni non hanno la funzione di ossigenare il sangue e l’ossigeno è trasportato dal circolo ematico ombelicale della placenta. Attraverso una comunicazione tra atrio destro e atrio sinistro (forame ovale), il sangue raggiunge il versante sinistro del cuore e il sistema arterioso. Soltanto una piccola percentuale attraversa la via fisiologica dei polmoni. Alla nascita, al primo vagito del neonato, i polmoni si espandono e aspirano aria. La pressione all’interno dell’atrio destro si riduce improvvisamente e permette la chiusura della valvola tra i due atri, che si completa nei giorni successivi. Talvolta questa valvola non si chiude del tutto e permane un’apertura di dimensioni variabili.

ne accollata la membrana. Soltanto in determinate situazioni, quando la pressione atriale destra eccede quella sinistra si verifica fi uno shunt destro-sinistro a livello del setto interatriale. Così materiale embolico può passare dal sistema venoso a quello arterioso (“embolia paradossa”). Il primo caso di “embolia paradossa” attraverso il PFO è stato descritto da Cohnheim nel 1877: l’embolo fu evidenziato in corrispondenza dell’arteria cerebrale media in un paziente con trombosi venosa profonda della gamba. Tra i vari studi sull’argomento ve ne è uno svolto nell’ University Hospital di Berna dove neurologi e cardiologi hanno sottoposto a ecocardiografia fi transesofagea 183 individui,di cui 93 con una storia di emicrania con aura da circa 18 anni. La pervietà del forame ovale era presente in 44 pazienti con storia di emicrania e soltanto in 16 pazienti sani . Anche in altri lavori è stato messa in correlazione questa anomalia congenita con l’emicrania con aura e con eventi ischemici transitori, soprattutto nei giovani ed è stato riscontrato che i soggetti con PFO possono presentare episodi di emicrania con aura, con un’incidenza da 2 a 5 volte superiore rispetto al resto della popolazione. Dai dati in Letteratura si è visto inoltre che l’emicrania oftalmica con aura era più frequente nei pazienti con PFO associato ad aneurisma del setto interatriale (ASA); mentre erano scarsi i dati riguardanti l’associazione tra ASA isolato ed emicrania.

PFO

Atrio sinistro Atrio destro

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Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli

Da un’analisi retrospettiva Wilmshurst vide che, nel 50% dei pazienti in cui il PFO era stato chiuso per sospetta embolia paradossa, l’emicrania cessava. Uno studio randomizzato, MIST I (Migraine Intervention with Starfl flex Technology I), non ha trovato differenze statisticamente significative fi tra chiusura percutanea e placebo nella scomparsa totale dell’emicrania, mentre ha mostrato differenze significative fi nella riduzione sia dei giorni che dell’entità delle cefalee, a favore del gruppo trattato con chiusura percutanea (79% contro 40%). Figura 2 Difficoltà fi di concentrazione

Tra le ipotesi avanzate per spiegare l’aumento di incidenza di emicrania, soprattutto con aura, in pazienti con PFO, una evidenzia che il passaggio di piccoli emboli venosi attraverso il forame ovale possa favorire l’insorgere di un’onda di depolarizzazione,alla base dell’emicrania. Un recente studio ha dimostrato un’incidenza maggiore di lesioni alla RMN encefalo nei pazienti con emicrania rispetto ai controlli. Secondo un’altra ipotesi, sostanze chimiche vasoattive inducenti l’emicrania, passando attraverso il forame, arrivano direttamente nella Figura 3 Ecocardiogramma transesofageo prima (A) e dopo (B) infusione endovenosa di soluzione fisiologica miscelata con aria in PFO

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circolazione sistemica, senza essere fi filtrate a livello polmonare.

>> Esami diagnostici Gli esami utili per evidenziare la pervietà del forame ovale vengono eseguiti con infusione di contrasto (aria ed emagel) e con la manovra di Valsalva (condizione che crea un aumento della pressione nelle cavità destre e quindi possibile shunt destro-sinistro). L’ecodoppler transcranico è un esame non invasivo, che viene eseguito su un’arteria cerebrale, in genere l’arteria cerebrale media. La positività dell’esame è data dalla comparsa di “spike” durante manovra di Valsalva o dal rilevamento di alterazioni della normale onda flussimetrica, per il passaggio di microbolle di aria,per shunt destro-sinistro,dopo iniezione endovenosa di soluzione fisiologica miscelata con aria (“bubble test”). Un altro esame fondamentale per la diagnosi è l’ecocardiogramma transesofageo. Questa metodica, a differenza dell’ecocardiogramma transtoracico, permette di esaminare, da una posizione più vicina, il cuore, evitando strutture della gabbia toracica che potrebbero inficiare fi il risultato. L’esame prevede l’introduzione di una sonda in esofago, che per il paziente equivale all’esecuzione di una comune gastroscopia.

>> Materiali e Metodi Abbiamo reclutato 10 pazienti di età compresa tra 18 e 52 anni, 7 femmine e 3 maschi, che riferivano in anamnesi sintomatologia emicranica con aura almeno una volta al mese da più di cinque anni. B


Emicrania oftalmica con “aura” e pervieta’ del forame ovale: studio clinico

Figura 4 Fluorangiografia fi retinica: esiti di occlusione vascolare con macroaneurisma in paziente con PFO

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a un esame oculistico completo e ad esami volti ad escludere altre patologie vascolari: • screening trombofilico VES – Emocromo –PCR – Sideremia, Ferritina – PT, PTT, INR e Ratio – Fibrinogeno – LAC – Antitrombina III (ATIII), Proteina C (PC), Proteina S (PS) – Mutazioni del fattore V di Leiden, della metilenetetraidrofaolatoriduttasi (MTHFR) – Omocisteinemia – Anticorpi anticardiolipina (IgG/IgM) – D Dimero • controllo della pressione arteriosa • ECG Soltanto 4 pazienti erano modici fumatori (meno di 10 sigarette al dì). Nessuna delle donne faceva uso di contraccettivi orali.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a ecodoppler transcranico con “bubble test” e con manovra di Valsalva. Quattro di essi presentavano positività all’esame per pervietà del forame ovale che successivamente è stata accertata con ecocardiogramma transesofageo. Uno dei quattro pazienti aveva avuto anche un’alterazione vascolare retinica con formazione di macroaneurisma e presentava alla RMN una lesione lacunare a livello del braccio posteriore della capsula interna. Su indicazione dei colleghi cardiologi due dei quattro pazienti sono stati operati, mentre agli altri due è stata prescritta terapia con antiaggreganti. Tutti i pazienti trattati hanno riferito netta riduzione del numero degli episodi emicranici in un follow-up che ad oggi è di oltre un anno.

Pervietà del forame ovale: indicazioni terapeutiche L’intervento di chiusura del forame ovale pervio viene eseguito per via percutanea, mediante un catetere che si introduce dalla vena femorale a livello inguinale e che permette di posizionare un dispositivo ad “ombrello” per chiudere l’apertura interatriale a cielo chiuso.

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Vito Gasparri, Walter Calcatelli, Elisabetta Calcatelli

>> Discussione e Conclusioni È consigliabile, per i pazienti con storia di emicrania ricorrente, soprattutto con aura, effettuare una valutazione dei fattori di rischio aggiuntivi per patologie vascolari, quali il fumo, la pressione arteriosa, la terapia anticoncezionale, lo studio della coagulazione e della trombofilia. fi Inoltre è opportuno effettuare altri esami per evidenziare un’eventuale PFO cardiaco. Per questo, come riferito, un primo esame di semplice esecuzione è il doppler transcranico, eseguito mediante iniezione endovenosa di soluzione fisiologica miscelata con aria, associata a manovra di Valsalva. Ovviamente i pazienti con PFO andranno indirizzati ai colleghi cardiologi, per l’esatta valutazione della patologia e dell’indicazione terapeutica. Anche se la chiusura del forame ovale sembra contribuire al miglioramento dell’emicrania, non

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vi sono ancora in Letteratura evidenze suffi ficienti per avere delle conclusioni definitive. fi La sola sintomatologia emicranica con aura, secondo alcuni Autori, non costituisce indicazione alla chiusura della comunicazione interatriale, ad eccezione di categorie a rischio, come i subacquei (“embolia gassosa”). Lo studio da noi presentato riporta una casistica molto limitata, che andrà ampliata e perfezionata nel tempo. I risultati ottenuti concordano con i dati della Letteratura ed è interessante il rilievo della presenza di PFO nel paziente con esiti di patologia vascolare retinica: coincidenza o causa del problema? Concludendo, ci è sembrato utile riportare un contributo oftalmologico su una patologia,che ci coinvolge direttamente, perché spesso i pazienti si rivolgono all’oculista spaventati da “scotomi scintillanti” associati a emicrania.

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Bromfenac sodico sesquidrato

Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Yellox 0,9 mg/ml collirio, soluzione 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Un ml di soluzione contiene 0,9 mg di bromfenac (come sodio sesquidrato). Una goccia contiene approssimativamente 33 microgrammi di bromfenac. Eccipiente: ogni ml di soluzione contiene 50 microgrammi di benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione. Soluzione gialla limpida. pH: 8,1-8,5; osmolalità: 270-330 mOsmol/kg 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Trattamento dell’infiammazione oculare postoperatoria dopo estrazione di cataratta nell’adulto. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Uso negli adulti, anziani compresi. La dose è di una goccia di Yellox nell’occhio o negli occhi interessati due volte al giorno, a iniziare dal giorno successivo all’intervento di cataratta e proseguendo nelle prime 2 settimane di postoperatorio. La durata del trattamento non deve superare le 2 settimane, perché non sono disponibili dati di sicurezza per trattamenti di durata superiore. Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia del bromfenac nei pazienti pediatrici non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili. Insufficienza epatica e renale Yellox non è stato studiato nei pazienti con epatopatia o insufficienza renale. Modo di somministrazione Per uso oftalmico. Nel caso in cui si utilizzi più di un medicinale oftalmico per uso topico, i medicinali devono essere somministrati a distanza di almeno 5 minuti l’uno dall’altro. Per prevenire la contaminazione del contagocce e della soluzione occorre prestare attenzione a non toccare le palpebre, le aree circostanti o altre superfici il contagocce del flacone. Istruire il paziente a tenere il flacone saldamente chiuso quando non viene utilizzato. Durante il trattamento con Yellox non devono essere indossate lenti a contatto (vedere paragrafo 4.4). 4.3 Controindicazioni Yellox non deve essere utilizzato nei pazienti con ipersensibilità nota al bromfenac, ad uno qualsiasi degli eccipienti o ad altri medicinali antinfiammatori non steroidei (FANS). Yellox è controindicato nei pazienti nei quali l’acido acetilsalicilico o altri medicinali inibitori della prostaglandina-sintetasi precipitano crisi di asma, orticaria o rinite acuta. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego Tutti i FANS per uso topico possono rallentare o ritardare il processo di guarigione come i corticosteroidi per uso topico. L’uso concomitante di FANS e steroidi per uso topico può aumentare il rischio di disturbi del processo di guarigione. Yellox contiene sodio solfito che può indurre reazioni di tipo allergico, comprendenti sintomi di anafilassi ed episodi di asma con pericolo di vita oppure meno gravi nei pazienti suscettibili. Sensibilità crociata Esiste il rischio potenziale di sensibilità crociata all’acido acetilsalicilico, ai derivati dell’acido fenilacetico e ad altri FANS. Si deve quindi usare cautela nel trattamento di persone che in precedenza si sono mostrate sensibili a questi medicinali e i potenziali rischi e benefici devono essere valutati con attenzione. Persone suscettibili Nei pazienti suscettibili, l’impiego continuato di FANS per uso topico, compreso Yellox, può indurre degenerazione epiteliale, assottigliamento corneale, erosione corneale, ulcerazione corneale o perforazione corneale. Tali eventi possono compromettere la vista. I pazienti con evidenza di degenerazione dell’epitelio corneale devono interrompere immediatamente l’impiego dei FANS per uso topico ed essere sottoposti a stretto monitoraggio dello stato di salute della cornea. Di conseguenza, nei pazienti a rischio l’uso concomitante di corticosteroidi per uso oftalmico e FANS può aumentare il rischio di eventi avversi a carico della cornea. Esperienza post-marketing L’esperienza post-marketing con i FANS per uso topico suggerisce che i pazienti sottoposti a interventi impegnativi sull’occhio e con denervazione corneale, difetti dell’epitelio corneale, diabete mellito e malattie della superficie oculare, ad es. sindrome dell’occhio secco, artrite reumatoide o ripetuti interventi chirurgici sull’occhio in un breve arco di tempo possono presentare un rischio aumentato di reazioni avverse a carico della cornea, che possono compromettere la vista. I FANS per uso topico devono essere utilizzati con cautela in questi pazienti. È stato segnalato che i FANS per uso oftalmico possono causare un aumento delle emorragie nei tessuti oculari (ifema incluso) associate alla chirurgia oculare. Yellox deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con nota tendenza alle emorragie o trattati con altri medicinali che possono prolungare il tempo di emorragia. Infezione oculare Un’infezione oculare acuta può essere mascherata dall’uso topico di medicinali antinfiammatori. Uso di lenti a contatto In generale, si sconsiglia l’uso delle lenti a contatto nel periodo postoperatorio dopo intervento di cataratta. Pertanto, i pazienti devono essere informati di non indossare lenti a contatto durante il trattamento con Yellox. Eccipienti Poiché Yellox contiene benzalconio cloruro, in caso di uso frequente o prolungato è necessario uno stretto monitoraggio. Il benzalconio cloruro altera il colore delle lenti a contatto morbide. Il contatto con lenti a contatto morbide deve essere evitato. È stato segnalato che il benzalconio cloruro causa irritazione oculare, cheratopatia puntata e/o cheratopatia ulcerativa tossica. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione Non sono stati effettuati studi di interazione formali, ma non sono state segnalate interazioni con i colliri antibiotici utilizzati in occasione degli interventi chirurgici.

4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento Gravidanza Non vi sono dati adeguati relativi all’uso di bromfenac in donne in gravidanza. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è conosciuto. Poiché, dopo il trattamento con Yellox, l’esposizione sistemica nelle donne non in gravidanza è trascurabile, il rischio durante la gravidanza può essere considerato basso. Tuttavia, a causa dei noti effetti dei medicinali inibitori della biosintesi delle prostaglandine sul sistema cardiovascolare fetale (chiusura del dotto arterioso), deve essere evitato l’uso di Yellox durante il terzo trimestre di gravidanza. In generale, l’uso di Yellox non è raccomandato durante la gravidanza, a meno che i benefici non superino i potenziali rischi. Allattamento Non è noto se il bromfenac o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno. Gli studi sugli animali hanno mostrato che il bromfenac è escreto nel latte del ratto in seguito alla somministrazione di dosi orali molto elevate (vedere paragrafo 5.3). Non si ritiene che bromfenac possa causare effetti su neonati/lattanti, dal momento che l’esposizione sistemica a bromfenac di donne che allattano è trascurabile. Yellox può essere usato durante l’allattamento. Fertilità Negli studi sugli animali non sono stati osservati effetti del bromfenac sulla fertilità. Inoltre, l’esposizione sistemica al bromfenac è trascurabile; pertanto non è necessario effettuare test di gravidanza o adottare misure contraccettive. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Al momento dell’instillazione può verificarsi un transitorio offuscamento della vista. In caso di offuscamento della vista al momento dell’instillazione, astenersi dalla guida o dall’uso di macchinari fino a che la vista non sia tornata nitida. 4.8 Effetti indesiderati Sommario del profilo di sicurezza In base a un’analisi condotta su tutti i pazienti trattati con Yellox in uno studio clinico per il trattamento dell’infiammazione postoperatoria in seguito a chirurgia di cataratta (n=973, di cui n=356 in studi effettuati negli USA e n=617 in studi effettuati in Giappone), un totale del 3,4% dei pazienti (6,7% negli studi condotti in USA e 1,3% negli studi giapponesi) ha manifestato una o più reazioni avverse. Le reazioni più comuni o più importanti negli studi analizzati congiuntamente sono state sensazione anomala nell’occhio (0,5%), erosione corneale (lieve o moderata) (0,4%), prurito oculare (0,4%), dolore oculare (0,3%) e arrossamento oculare (0,3%). Reazioni avverse a carico della cornea sono state osservate solo nella popolazione giapponese. Raramente le reazioni avverse hanno causato un’interruzione del trattamento, con un totale di 8 pazienti (0,8%) che ha interrotto prematuramente il trattamento in uno studio a causa di una reazione avversa. Questi hanno compreso 3 pazienti (0,3%) con lieve erosione corneale, 2 pazienti (0,2%) con edema palpebrale e, rispettivamente, 1 paziente (0,1%) con sensazione anomala nell’occhio, edema corneale o prurito oculare. Elenco tabellare delle reazioni avverse Le seguenti reazioni avverse sono classificate in base alla convenzione seguente: molto comune (*1/10), comune (*1/100, < 1/10), non comune (*1/1.000, < 1/100), raro (*1/10.000, < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità. La tabella sottostante riporta le reazioni avverse in base alla classificazione per sistemi e organi e alla frequenza. I pazienti con evidenza di degenerazione dell’epitelio corneale devono interrompere immediatamente l’uso di Yellox ed essere sottoposti a stretto monitoraggio dello stato di salute della cornea (vedere paragrafo 4.4). 4.9 Sovradosaggio In caso di ingestione accidentale di Yellox, devono essere assunti liquidi per diluire il medicinale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: oftalmologici, agenti antinfiammatori, non steroidei, codice ATC: S01BC11 Meccanismo d’azione Il bromfenac è un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS), dotato di attività antinfiammatoria che si ritiene dovuta alla sua capacità di bloccare la sintesi delle prostaglandine soprattutto tramite l’inibizione della ciclossigenasi 2 (COX-2). La ciclossigenasi 1 (COX-1) è inibita solo in lieve misura. In vitro, il bromfenac ha inibito la sintesi delle prostaglandine nel corpo ciliare dell’iride di coniglio. I valori di IC50 sono stati più bassi per il bromfenac (1,1 μM) in confronto all’indometacina (4,2 μM) e al pranoprofene (11,9 μM). A concentrazioni di 0,02%, 0,05%, 0,1% e 0,2%, il bromfenac ha inibito pressoché tutti i segni di infiammazione oculare in un modello di uveite sperimentale nel coniglio. Efficacia clinica Due studi multicentrici di fase II, randomizzati, in doppio cieco, a gruppi paralleli sono stati condotti in Giappone e due studi multicentrici di fase III, randomizzati (2:1), in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllati con placebo sono stati condotti negli USA per determinare la sicurezza ed efficacia clinica di Yellox somministrato due volte al giorno nel trattamento dell’infiammazione postoperatoria in pazienti sottoposti a chirurgia di cataratta. In questi studi, la sostanza oggetto di studio è stata somministrata approssimativamente 24 ore dopo l’intervento di cataratta e per un periodo massimo di 14 giorni. L’efficacia del trattamento è stata determinata per un massimo di 29 giorni. Una percentuale significativamente maggiore di pazienti nel gruppo Yellox, pari al 64,0% vs. 43,3% nel gruppo placebo (p<0,0001), ha presentato una regressione completa dell’infiammazione oculare il giorno 15 dello studio. È stato riscontato un numero significativamente minore di cellule e flare in camera anteriore nelle prime 2 settimane postoperatorie (85,1% di pazienti con punteggio di flare )1) vs. placebo (52%). La differenza di percentuale di regressione dell’infiammazione è stata già evidente il giorno 3. In un ampio studio ben controllato condotto in Giappone, Yellox si è dimostrato efficace come il pranoprofene soluzione oftalmica. Popolazione pediatrica L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con Yellox in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per l’infiammazione oculare postoperatoria (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico). 5.2 Proprietà farmacocinetiche Assorbimento Il bromfenac permea con efficacia la cornea dei pazienti con cataratta: una dose singola ha indotto un picco medio di concentrazione nell’umore acqueo di 79±68 ng/ml a 150-180 minuti dopo la somministrazione. Queste concentrazioni si sono mantenute per 12 ore nell’umore acqueo con livelli misurabili fino a 24 ore nei principali tessuti oculari, retina compresa. Dopo due somministrazioni giornaliere di bromfenac collirio, le concentrazioni plasmatiche non sono state quantificabili.


Distribuzione Il bromfenac presenta un alto legame alle proteine plasmatiche. In vitro, il 99,8% è stato legato alle proteine nel plasma umano. Non è stato osservato alcun legame biologicamente rilevante con la melanina in vitro. Gli studi condotti nel coniglio con bromfenac radiomarcato hanno dimostrato che le concentrazioni maggiori dopo somministrazione topica si osservano nella cornea, seguita dalla congiuntiva e dall’umore acqueo. Nel cristallino e nel corpo vitreo sono state osservate solo concentrazioni basse. Biotrasformazione Gli studi in vitro indicano che il bromfenac è metabolizzato principalmente dal CYP2C9, che è assente sia nel corpo irido-ciliare, sia nella retina/coroide e i livelli di questo enzima nella cornea sono inferiori all’1% in confronto ai corrispondenti livelli epatici. Nelle persone trattate per via orale, il composto parentale immodificato è il componente principale nel plasma. Sono stati identificati diversi metaboliti coniugati e non coniugati e l’ammide ciclica è il metabolita principale nelle urine. Escrezione Dopo somministrazione oculare, l’emivita del bromfenac nell’umore acqueo è di 1,4 h e indica una rapida eliminazione. Dopo somministrazione orale di 14C-bromfenac a volontari sani, l’escrezione urinaria è stata

Bromfenac sodico sesquidrato

Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA

Frequenza

Reazioni avverse

Patologie dell’occhio

Non comune

Riduzione dell’acuità visiva Retinopatia emorragica Difetto dell’epitelio corneale** Erosione corneale (lieve o moderata) Disturbo dell’epitelio corneale Edema corneale Essudati retinici Dolore oculare Emorragia palpebrale Offuscamento della vista Fotofobia Edema palpebrale Secrezione oculare Prurito oculare Irritazione oculare Arrossamento oculare Iperemia congiuntivale Sensazione anomala nell’occhio Fastidio oculare

Raro

Perforazione corneale* Ulcera corneale* Erosione corneale, grave* Scleromalacia* Infiltrati corneale* Disturbo corneale* Cicatrice corneale*

Non comune

Epistassi Tosse Drenaggio dei seni nasali

Raro

Asma*

Non comune

Gonfiore del viso

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Acido borico, Borace, Sodio solfito anidro (E221), Tiloxapol, Povidone, Benzalconio cloruro, Disodio edetato, Acqua per preparazioni iniettabili, Sodio idrossido (per regolare il pH) 6.2 Incompatibilità Non pertinente. 6.3 Periodo di validità Non aperto: 24 mesi Eliminare il prodotto non utilizzato 4 settimane dopo la prima apertura. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Non conservare a temperatura superiore ai 25°C. 6.5 Natura e contenuto del contenitore 5 ml di soluzione in un flacone comprimibile in plastica polietilene con contagocce e tappo a vite in

polietilene. Confezione da 1 flacone. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento Nessuna istruzione particolare. Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Croma Pharma GmbH Industriezeile 6 A-2100 Leobendorf Austria Tel.: +43 (0)22 62 684 68 0 Fax.: +43 (0)22 62 684 68 15 Email: office@croma.at 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO EU/1/11/692/001 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE / RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 18.05.2011 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO 12.2011 Medicinale soggetto a prescrizione medica (RR) Regime di dispensazione: Classe C Prezzo al pubblico: €15,00 Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia Europea dei Medicinali http://www.ema.europa.eu

Depositato presso AIFA in data 17/01/2012

la via principale di escrezione della sostanza radioattiva con l’82% circa, mentre l’escrezione fecale è stata del 13% circa della dose. 5.3 Dati preclinici di sicurezza I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicità a dosi ripetute, genotossicità e potenziale cancerogeno. Tuttavia, la somministrazione orale di 0,9 mg/kg/die nel ratto (900 volte la dose oftalmica raccomandata) ha causato letalità embrio-fetale, aumento della mortalità neonatale e ridotta crescita postnatale. I conigli in gravidanza trattati per via orale con 7,5 mg/kg/die (7.500 volte la dose oftalmica raccomandata) hanno presentato un aumento delle perdite post-impianto (vedere paragrafo 4.6). Gli studi sugli animali hanno dimostrato che il bromfenac è escreto nel latte dopo somministrazione orale di dosi di 2,35 mg/kg, pari a 2.350 volte la dose oftalmica raccomandata. Tuttavia, dopo somministrazione oculare, i livelli plasmatici non sono stati rilevabili (vedere paragrafo 5.2).

Cod. RCPY01

*Grave, rapporti isolati dall’esperienza post-marketing in oltre 20 milioni di pazienti ** Osservato con quattro dosi giornaliere


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FABIANO Gruppo Editoriale Reg. San Giovanni, 40 – 14053 Canelli (AT) e-mail: viscochirurgia@fgeditore.it Segreteria di Redazione: Pierpaola Eraldi - Tel. 0141 827836 - Fax 0141 827831



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