GIORNALE ITALIANO DI
Periodico Quadrimestrale a Carattere Scientifico di Educazione Continua in Oftalmologia
Volume XIII
1/2021 Giugno
COVID-19 e Retina: a narrative review
Risposte anatomiche e funzionali ad una singola iniezione di Bevacizumab in pazienti con degenerazione maculare legata all’età essudativa non responsivi all’attuale terapia anti-angiogenetica: una serie di casi
Impiego di brolucizumab nel trattamento della neovascolarizzazione coroideale secondaria a degenerazione maculare essudativa: caso clinico
Triamcinolone acetonide intravitreale nel trattamento dell’edema maculare in paziente con membrana epiretinica secondaria a chirurgia per distacco di retina
FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)
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GIORNALE ITALIANO DI
Editors Claudio Azzolini Marco Borgioli Vito De Molfetta
Volume XIII
1/2021 Giugno
Sommario
Associate Editor Simone Donati
3 Presentazione
Direttore responsabile Ferdinando Fabiano
4 COVID -19 e Retina: a narrative review Sebastiano Ceriani, Edoardo Apolloni, Simone Donati
12 Risposte anatomiche e funzionali ad una singola iniezione di Bevacizumab in pazienti con degenerazione maculare legata all’età essudativa non responsivi all’attuale terapia anti-angiogenetica: una serie di casi
Silvio Zuccarini, Marco Borgioli, Luca Borgioli, Alessandro Crisà, Luca Menabuoni, Fabrizio Puce
Editore FGE srl Fabiano Gruppo Editoriale
Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 20089 Rozzano (MI) Sede legale: Regione Rivelle, 7/F 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 Fax 0141 856013
20 Impiego di brolucizumab nel trattamento
della neovascolarizzazione coroideale secondaria a degenerazione maculare essudativa: caso clinico Silvio Zuccarini, Fabrizio Puce
26 Triamcinolone acetonide intravitreale nel trattamento dell’edema maculare in paziente con membrana epiretinica secondaria a chirurgia per distacco di retina Maria Tecla Crisci, Chiara Nardella
Stampa Giuseppe Lang Arti grafiche srl Genova Registrazione al Tribunale di Asti N. 2 del 5 Febbraio 2020 ISSN 2035-9101 In copertina: Figure dalle pag. 8, 22, 28
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LA PROFILASSI
IN UNA GOCCIA. IL NOSTRO IMPEGNO.
PROGETTARE PER INNOVARE.
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VitreoRetina
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Presentazione
Claudio Azzolini
Marco Borgioli
Vito De Molfetta
Cari Colleghi pubblichiamo questo primo fascicolo del 2021 con entusiasmo e con la speranza di essere usciti ormai dalla fase critica della pandemia. Le nostre attività cliniche, sia ambulatoriali che chirurgiche, sono riprese in quasi tutte le realtà regionali e abbiamo voglia di tornare a vederci e a confrontarci nei nostri appuntamenti congressuali. Abbiamo avviato nuove forme di formazione a distanza e di confronto scientifico che ci hanno visti all’inizio un po’ impreparati ed impacciati. Successivamente sono diventate un canale di comunicazione, relazione, discussione in ogni ambito della nostra specialità. Tutto questo ha giovato alla nostra formazione scientifica e alla nostra crescita professionale. È lo stesso obiettivo che ci proponiamo con questa rivista, un supporto per i medici più giovani che vogliono esprimere le loro esperienze, una voce per coloro che hanno più anni di attività clinica e di insegnamento e che vogliono condividere il loro sapere con review o editoriali. In questo numero troverete alcune esperienze cliniche con l’utilizzo dello steroide intravitreale in supporto alle complicanze della chirurgia vitreoretinica; illustreremo con alcuni casi clinici e uno studio preliminare le potenzialità di brolucizumab, un nuovo promettente farmaco intravitreale nella gestione delle maculopatie; potrete in ultimo leggere un interessante revisione della letteratura internazionale relativa al coinvolgimento della retina e del vitreo in pazienti affetti da COVID-19. Vi auguriamo buona lettura e buona ripresa!
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
Sebastiano Ceriani
COVID-19 e Retina: a narrative review
Riassunto
Il virus SARS CoV-2 ha mostrato un tropismo per molti tessuti, al di là dell’apparato respiratorio. Tale interessamento ha provocato molte manifestazioni patologiche che hanno determinato quadro clinici molte volte inusuali o complessi da interpretare. Anche l’occhio è stato interessato sia sulla sua superficie sia nei segmenti più posteriori. Il nostro lavoro di revisione si pone l’obiettivo di verificare e organizzare gli articoli pubblicati in letteratura per dare un quadro il più completo possibile sulle manifestazioni e sulle patologie della retina direttamente collegate con il COVID-19.
Parole chiave
Sars-CoV-2; retina; occlusione vascolare retinica
Introduzione
Sono ormai trascorsi mesi dal 31 dicembre 2019, quando le autorità cinesi segnalarono all’OMS il verificarsi di numerosi casi di una misteriosa polmonite nella città di Wuhan, nel distretto di Hubei. L’eziologia precisa della malattia venne identificata il 7 Gennaio del 2020, quando un nuovo tipo di Coronavirus fu isolato nei laboratori cinesi e definito Sars-CoV-21 (Severe Acute Respiratory Sindrome CoronaVirus 2), mentre la malattia ad esso associata fu nominata COVID-19 ( Coronavirus Disease 2019). La nuova entità virale si dimostrò da subito fortemente infettiva per la specie umana, tanto che l’OMS, l’11 Marzo del 2020, fu costretta a dichiarare la pandemia di Sars-CoV-22.
Fisiopatologia della malattia
Il quadro clinico più tipico della malattia si caratterizza per i seguenti sintomi e segni: tosse secca, febbre alta (>38°C), astenia, vomito, mialgia, alterazione dell’olfatto, produzione di espettorato,
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Sebastiano Ceriani, Edoardo Appolloni, Simone Donati Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università dell’Insubria, Varese UOC Oftalmologia, ASST Sette Laghi – Varese
Abstract
SARS CoV-2 virus has shown tropism for many human tissues, beyond the respiratory system. This involvement has caused many pathological manifestations that have resulted in clinical features that are often unusual or complex to interpret. The eye was also affected both on its surface and in the more posterior segments. Our review work aims to verify and organize the articles published in the literature to give as complete a picture as possible on the manifestations and pathologies of the retina directly related to COVID-19.
Keywords
SARS-CoV-2; retina; retinal vascular occlusion
cefalea, dispnea, emottisi e diarrea3. I mesi trascorsi ci hanno permesso di comprendere meglio e di definire in maniera più precisa, oltre alle caratteristiche della nuova patologia, anche le possibili vie di trasmissione e i diversi tropismi del virus per i vari tessuti e organi del corpo umano. In particolare, si è visto come Sars-Cov-2 penetri all’interno sia degli pneumociti3 sia delle cellule endoteliali4, risultando quindi presente non solo a livello dell’apparato respiratorio, ma anche all’interno di altri organi e tessuti, come il cuore, l’intestino, i reni e l’encefalo. La caratteristica comune alle cellule bersaglio del Sars-Cov-2 è l’espressione di una specifica molecola recettoriale, ACE-2, che viene usata dall’agente virale per penetrare nella cellula, determinandone così l’infezione3. La proprietà di Sars-Cov-2 di entrare all’interno delle cellule endoteliali ha portato alla formazione di quadri di endotelite e vasculite. Queste tipologie di manifestazioni portano alla formazione di ede-
ma, congestione e trombosi dei piccoli vasi che può sfociare in una disfunzione microvascolare e in un’ischemia d’organo come esito finale della patologia4. Questi riscontri clinici hanno portato a un cambio di prospettiva nell’analisi della patologia da COVID-19; essa non può più essere considerata solamente una malattia del sistema respiratorio, ma una vera e propria patologia dal coinvolgimento sistemico. È quindi evidente che anche in campo oftalmologico siano numerose le pubblicazioni che mostrano come Sars-Cov-2 sia in grado di infettare anche l’occhio in molte delle sue componenti: lacrime5, congiuntiva6, secrezioni congiuntivali7 e retina. Il tropismo retinico del Sars-Cov-2 è stato dimostrato per la prima volta da Casagrande et Al.8, che, nel loro studio su 14 pazienti deceduti affetti da COVID-19, hanno rilevato la presenza, in 3 dei campioni raccolti, di RNA del virus. La presenza di ACE-2 a livello della retina giustificherebbe il tropismo di Sars-Cov-2 per il tessuto retinico o per la sua rete vascolare.
Scopo del lavoro
Il nostro lavoro di revisione della letteratura si è posto l’obiettivo di verificare e organizzare gli articoli pubblicati su PUBMED per dare un quadro il più completo possibile sulle manifestazioni e sulle patologie della retina direttamente collegate con il COVID-19. Se è vero, infatti, che le manifestazioni più diffuse a livello oculare sono quelle che colpiscono la superficie dell’occhio (Es: congiuntiviti), non mancano in letteratura i report di un coinvolgimento retinico da parte del virus. La varietà dei casi clinici ha però reso necessaria un’organizzazione del materiale scientifico, sia per quanto riguarda l’esame obiettivo e l’imaging retinico, sia per le categorie patologiche che possono manifestarsi.
Risultati della revisione
COVID 19 e vascolarizzazione retinica Una delle alterazioni più studiate e più riportate in letteratura è la microangiopatia retinica determinata da Sars-Cov-2. Come detto in precedenza, il virus è in grado di penetrare all’interno delle cellule endoteliali e proprio questa caratteristica sembrerebbe essere alla base delle manifestazioni che
poi vengono rilevate durante l’esame obiettivo e le analisi di imaging. La disfunzione endoteliale porterebbe sia a vasocostrizione sia al mantenimento di uno stato pro-coagulante con una conseguente alterazione micro-vascolare fino all’ischemia d’organo. Le complicanze trombotiche che possono poi insorgere sarebbero alla base dei deficit di perfusione e della patologia vascolare retinica9. L’esame al fundus oculi presenta diverse caratteristiche che sono state descritte dagli studi da noi presi in considerazione. In particolare, tra i reperti più frequentemente rilevati, troviamo gli essudati cotonosi retinici (o Cotton Wool Spots, CWS), che vengono mostrati da Landecho et Al.10. Nel loro studio su 27 pazienti affetti da COVID 19, riportano 6 casi di CWS, di cui 5 monolaterali e uno bilaterale. Allo stesso modo, Invernizzi et Al.11 descrivono la presenza di CWS all’esame del fundus in 4 pazienti su 54 totali affetti da COVID 19. Nello stesso studio, vengono anche riportati altri 3 segni che è possibile rilevare, ossia le emorragie retiniche (5 casi su 54), la presenza di dilatazione venosa (15 casi su 54) e di vasi tortuosi (7 casi su 54). Figura 1 È interessante notare come alcuni studi abbiano evidenziato un ispessimento patologico del RNFL, che è allo stesso livello dei CWS. Questa corrispondenza potrebbe suggerire un diffuso coinvolgimento subclinico a carattere ischemico dello RNFL da parte di Sars-CoV-212. I segni della microangiopatia non sono solamente visibili all’esame del fundus oculi, ma anche agli esami strumentali. I primi ad analizzare i reperti OCT nei pazienti con COVID-19 furono Marinho et Al.13. Nel loro studio, hanno sottoposto ad esame OCT 12 pazienti dopo 11-33 giorni dall’inizio dei sintomi di COVID-19, in ognuno dei quali sono state rilevati degli spot iperriflettenti a livello dello strato delle cellule ganglionari e plessiforme interno. Sebbene la natura di questi spot non venga chiarita all’interno dell’articolo, possiamo notare come anche altri autori abbiano già provato a spiegare l’origine di questi reperti OCT associati ad altre tipologie di patologie retiniche, come l’edema maculare diabetico. In particolare, Bolz et Al.14 ipotizzano che siano degli essudati di lipidi e proteine determinati dall’alterazione della barriera emato-retinica, precursori della Volume XIII - 1/2021
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Figura 1: Fotografia del Fundus oculi di un paziente con COVID-19. Si apprezzano vene dilatate (teste di freccia bianche) e vasi tortuosi (teste di freccia nere) (A), un’emorragia retinica (freccia nera) (B) e un cotton wool spot (freccia bianca) (C). Tratta da: Invernizzi A, Torre A, Parrulli S, Zicarelli F, Schiuma M, Colombo V, Giacomelli A, Cigada M, Milazzo L, Ridolfo A, Faggion I, Cordier L, Oldani M, Marini S, Villa P, Rizzardini G, Galli M, Antinori S, Staurenghi G, Meroni L. Retinal findings in patients with COVID-19: Results from the SERPICO-19 study. EClinicalMedicine. 2020 Oct;27:100550.
formazione di essudati duri. Tutte queste evidenze rafforzano ulteriormente l’ipotesi della presenza di una disfunzione endoteliale generalizzata a livello retinico, rilevabile nei vari procedimenti diagnostici di un accurato esame oftalmologico. Altri risultati interessanti sono arrivati dall’esame OCT-A, i due parametri che sono stati maggiormente presi in considerazione sono la Vessel Density (VD) e l’area della Foveal Avascular Zone (FAZ). In particolare, Zamora et Al.12 hanno compiuto uno studio OCT-A su 25 pazienti ricoverati per polmonite da COVID 19, a distanza di 14 giorni dalla dimissione, confrontando i loro valori di VD e FAZ con quelli di una coorte di pazienti sani. I risultati hanno evidenziato una diminuzione della VD sia nel plesso capillare superficiale (a livello foveale e parafoveale) sia nel plesso capillare profondo (a livello parafoveale). Anche nella misurazione della FAZ sono state rilevate delle alterazioni, in particolare, è stato riportato un allargamento di tale area nel plesso capillare superficiale. Figura 2 In parziale accordo con queste valutazioni, ci sono anche gli studi di Hazar et Al.9 su una popolazione di pazienti dimessi dopo COVID 19, che, oltre alla diminuzione parafoveale di VD, mettono in evidenza una riduzione di questo valore anche in alcuni quadranti più periferici della retina, come per esempio quello superiore o quello inferiore. La
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differenza rispetto all’analisi precedente è che, in questo caso, non viene rilevata alcuna significativa differenza nella forma e nelle dimensioni della FAZ. E’ interessante notare come le alterazioni vascolari retiniche che sono state rilevate in questi studi non siano presenti solo in fase acuta o dopo pochi giorni dall’infezione da Sars Cov2, ma siano state riscontrate anche a distanza di settimane e mesi dalla risoluzione della malattia. Bilbao-Malavé et Al.15, in una loro coorte di pazienti guariti dopo COVID 19, hanno riportato che a distanza di sei mesi dall’infezione, la VD a livello del plesso capillare superficiale (foveale e parafoveale) è rimasta ridotta in maniera significativa rispetto al gruppo controllo; allo stesso modo il plesso capillare profondo foveale ha mostrato una VD diminuita rispetto al gruppo controllo. Anche la FAZ è risultata modificata, presentando a distanza di sei mesi un aumento delle sue dimensioni. Occorre specificare che non tutti gli studi vanno nella stessa direzione di quelli citati fino ad ora. Savastano et Al.16, nel loro studio su 70 pazienti post-COVID-19, a un mese dalla dimissione, non hanno rilevato alcuna differenza rilevante rispetto ad un gruppo di 22 pazienti controllo, non solo nella VD, ma anche nella Vessel Perfusion (VP). Gli autori ipotizzano che questa differenza rispetto agli studi
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Figura 2: Confronto tra paziente con COVID-19 (superiore) e un controllo della stessa età, dello stesso sesso e occhio (riga inferiore). Sono rappresentate le retinografie del fundus (colonna di sinistra), le mappe OCTA di vessel density (colonna in mezzo) e le immagini OCTA del plesso capillare superficiale (colonna a destra). Si nota un CWS nella retinografia del fundus (freccia verde). Si osserva una ridotta vessel density (15.38 vs. 30.08) e una FAZ allargata (225.8 vs. 189,2 µm2) nel paziente con COVID-19. Tratta da: González-Zamora J,et al. Retinal Microvascular Impairment in COVID-19 Bilateral Pneumonia Assessed by Optical Coherence Tomography Angiography. Biomedicines. 2021 Mar 2;9(3):247.
descritti in precedenza, potrebbe essere dovuta all’alta prevalenza nelle popolazioni studiate di altre patologie che possono aver influenzato i parametri di VD e VP, tra queste ricordano: patologie immunologiche, obesità, patologie cardiovascolari e diabete. Una specifica entità patologica che è stata associata all’infezione da COVID-19 è stata l’occlusione venosa retinica. Come detto in precedenza, il virus Sars-CoV-2 è in grado di infettare le cellule endoteliali, determinando uno stato pro-coagulativo e pro-infiammatorio. Questa condizione aumenta la probabilità, sia nei soggetti sani che nei soggetti a rischio di patologie cardio-vascolari, di sviluppare fenomeni tromboembolici17. In questo contesto si inseriscono allora diversi casi riportati in letteratura di
questa patologia, con variabilità di manifestazione e di presentazione. Gaba et Al.18 riportano il caso di un uomo di 40 anni, con fattori di rischio come obesità ed ipertensione, che presenta, oltre ai classici sintomi dell’infezione da COVID-19, anche dolore al polpaccio e visione offuscata in entrambi gli occhi. Dopo essere stato sottoposto ad analisi del fondo dell’occhio, viene diagnosticata un’occlusione venosa retinica centrale bilaterale. In un altro caso, quello descritto da Yahalomi et Al.19, lo stesso tipo di manifestazione è stata riscontrata in un solo occhio. Figura 3 La variabilità della presentazione non si limita però solo a questo, infatti sono stati riportati casi di occlusione di branca20 o anche di occlusione venosa emi-retinica21. Volume XIII - 1/2021
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Figura 3: Immagine a sinistra: FAG dell’occhio di sinistra in fase precoce: marcato ritardo del tempo di transito artero-venoso, masking da parte di emorragie retiniche. Immagine a destra: FAG dell’occhio di sinistra a 47 secondi: marcato ritardo di riempimento venoso, staining delle vene dilatate tortuose e masking da parte delle emorragie retiniche, leakage del disco ottico. Non ci sono evidenze di ampie aree capillari non perfuse. Quadro compatibile con CRVO non ischemica. Tratto da: Yahalomi T, Pikkel J, Arnon R, Pessach Y. Central retinal vein occlusion in a young healthy COVID-19 patient: A case report. Am J Ophthalmol Case Rep. 2020 Dec;20:100992.
Una possibile variante clinica dell’occlusione venosa retinica potrebbe essere alla base del case report di Insausti-García et Al.22, che descrivono un caso di papilloflebite secondaria ad infezione da COVID-19. Il quadro insorgeva in un paziente di 40 anni con un lieve decremento della sensibilità del campo visivo nel suo occhio sinistro. All’esame del fondo era possibile apprezzare edema del disco ottico, emorragie retiniche e tortuosità dei vasi. Gli autori ipotizzano che la disfunzione endoteliale e lo stato pro-coagulativo indotto da Sars-Cov-2 potrebbero essere alla base del quadro clinico descritto nell’articolo. Figura 4 In ultima analisi citiamo lo studio di Invernizzi et Al.11 In questo lavoro è stato fotografato ed analizzato il fondo oculare di 54 pazienti affetti da COVID 19. Su queste immagini sono stati valutati diversi parametri, tra cui il diametro medio delle arterie (MAD) e delle vene (MVD) retiniche. Il risultato ottenuto è stato l’aumento di entrambi i diametri medi, sia di arterie che di vene. Le motivazioni portate dagli autori sono state diverse: per quanto riguarda il versante venoso, l’ipotesi è che sia un allargamento passivo dovuto ad un drenaggio alterato, mentre, per quanto riguarda il versante arterioso, la mancanza di O2 e l’aumento di CO2, determinati dall’infezione virale, potrebbero aver portato ad una dilatazione
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attiva delle arterie per garantire un maggiore afflusso di sangue e un più adeguato scambio di gas. In aggiunta, è necessario specificare che entrambe,
Figura 4: Retinografia: Edema del disco ottico, vasodilatazione e tortuosità venosa retinica, emorragie epiretiniche in tutti i quadranti. Tratto da: Insausti-García A, Reche-Sainz JA, Ruiz-Arranz C, López Vázquez Á, Ferro-Osuna M. Papillophlebitis in a COVID-19 patient: Inflammation and hypercoagulable state. Eur J Ophthalmol. 2020 Jul 30:1120672120947591.
COVID-19 E RETINA: A NARRATIVE REVIEW
vene e arterie, sono influenzate dal rilascio di mediatori dell’infiammazione, che possono aver contribuito ad aumentarne il diametro. COVID 19 e uvea posteriore Il Sars-Cov-2 si è dimostrato in grado di interessare anche la componente uveale oltre alla vascolarizzazione retinica propria. Nella nostra revisione abbiamo come obiettivo quello di considerare il coinvolgimento retinico e, per questi motivi, andremo a considerare solamente gli articoli in cui vengono riportati o pazienti con uveiti posteriori o pazienti con panuveiti. Providência et Al.23 sono tra i primi a descrivere il coinvolgimento dell’uvea in una paziente di 41 anni un mese dopo una lieve infezione da COVID-19. La donna riferiva visione offuscata e metamorfopsia e, dopo essere stata sottoposta ad angiografia con fluoresceina e con verde d’indocianina, autofluorescenza del fondo oculare e OCT, veniva diagnosticato un quadro di coroidite serpiginosa. Benito-Pascual et Al.24 riportano invece il caso di una donna di 60 anni che presentava dolore oculare, visione offuscata e arrossamento dell’occhio di sinistra. Il processo diagnostico ha portato alla diagnosi di panuveite associata a neurite. L’elemento interessante è che la donna ha sviluppato solo successivamente la sintomatologia classica da COVID-19, infatti dieci giorni dopo l’insorgenza del quadro clinico oculare, ha cominciato ad avere tosse secca e dispnea. Questa particolare cronologia sintomatologica individua la panuveite come un possibile raro sintomo di esordio della malattia da COVID-19. In letteratura vengono riportati anche due casi di uveite posteriore: il primo associato alla sindrome di Adie25, mentre il secondo inserito in un contesto di infiammazione generalizzata del segmento posteriore26. I casi in letteratura sono pochi e va quindi considerata come una manifestazione rara dell’infezione da Sars-Cov-2, tuttavia, è giusto prestare molta attenzione a questi quadri clinici, sia per la severità della patologia sia per la possibile associazione con COVID-19, in modo da attuare una diagnosi efficace e adeguata. COVID 19 e maculopatia ischemica La prossima categoria di patologie che andremo a
descrivere è piuttosto varia e comprende i quadri clinici delle neuro-retinopatie, delle retinopatie e delle maculopatie susseguenti a COVID-19. Un reperto comune a diversi studi presi in considerazione è la Paracentral Acute Middle Maculopathy (PAMM), che sembrerebbe legata a disordini della vascolarizzazione retinica, come l’occlusione venosa e arteriosa27, ad ulteriore conferma dell’alterazione vascolare indotta sistemicamente da Sars-Cov-2. In particolare, Gascon et Al.27, riportano il caso di un paziente di 53 anni che presentava perdita acuta della vista, scotoma e discromatopsia nell’occhio di sinistra, dopo essere entrato in contatto, 8 giorni prima, con alcune persone positive a COVID-19. Dagli esami condotti è risultata la presenza non solo di PAMM, ma anche di acute macular neuroretinopathy (AMN), due reperti che a volte possono essere associati. La stessa AMN sembrerebbe un’altra patologia determinata da una disfunzione microvascolare28, in linea con le alterazioni microangiopatiche descritte nelle righe precedenti. Oltre a questi rilievi, viene descritta la presenza di liquido sottoretinico subfoveale, mentre all’esame del fundus oculi sono riportate emorragie retiniche, alcune di queste con un punto bianco centrale, chiamate Roth spots. La natura del punto bianco centrale è dovuta alla presenza di fibrina e di aggregati piastrinici, che gli autori associano alla disfunzione protrombotica indotta dall’infezione virale. Anche Virgo et Al.29 presentano due casi, uno con PAMM e uno con AMN, la differenza con il report precedente è che, al posto di presentarsi in acuto, nei due casi clinici presi in considerazione, possono essere considerate come delle complicanze post-infettive. La PAMM si è infatti presentata in una donna caucasica di 37 anni a 35 giorni dall’inizio dei sintomi di COVID-19, mentre la AMN in un maschio caucasico di 32 anni a 14 giorni dallo sviluppo dei sintomi. Un altro caso di PAMM è stato descritto da Padhy et Al.30, i quali, oltre ai reperti oftalmici, sono andati a rilevare anche i livelli di D-dimero e, trovandoli elevati, hanno ipotizzato la correlazione fra l’insorgenza della PAMM e gli alti valori del D-dimero stesso. Oltre a questi due quadri, in letteratura viene riportato un caso di maculopatia cistoide bilaterale31, in una donna di 26 anni africana. Essa lamentava Volume XIII - 1/2021
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visione offuscata negli ultimi 7 seguita da astenia, anosmia, febbre, tosse e dispnea, qualche giorno dopo l’insorgenza dei sintomi oculari. Il reperto OCT dimostra la presenza di distacco foveale sieroso e di cisti intra-retiniche nello strato nucleare interno, nello strato plessiforme interno ed esterno. La donna ha rifiutato di sottoporsi ad analisi PCR per COVID-19, ma il quadro polmonare TC e la sintomatologia rendono molto verosimile la diagnosi. Figura 5 E’ interessante quello che è risultato anche dal quadro fluoroangiografico, ossia la totale assenza di leakage e quindi di alterazione della barriera emato-retinica. Questo reperto esclude alterazioni vascolari alla base della formazione delle cisti e del distacco foveale. Gli autori ipotizzano che il virus potrebbe aver infettato le cellule di Müller e l’epitelio pigmentato retinico, provocandone una disfunzione alla base dei reperti OCT ottenuti.
Conclusioni
La revisione della letteratura compiuta in questo lavoro ha dimostrato come la retina sia un possibile target da parte di Sars-Cov-2. Le manifestazioni cliniche sono diverse e possono presentarsi in associazione con il resto della sintomatologia da COVID-19. La cronologia di manifestazione dei vari sintomi fornisce degli spunti non solo per il trattamento
della patologia oculare ma anche per la diagnosi stessa di infezione. La conoscenza dei quadri clinici elencati in precedenza potrebbe essere utile per indirizzare la diagnosi di COVID-19 in pazienti asintomatici o che non presentano la classica malattia respiratoria, aumentando quindi l’efficienza e l’efficacia degli ospedali. Un aiuto in questo senso potrebbe anche provenire dalle valutazioni OCT-A, infatti, come descritto in precedenza, la diminuzione della VD e l’aumento delle dimensioni della FAZ possono contribuire alla diagnostica dell’infezione virale. Crediamo sia importante avere una visione completa delle alterazioni retiniche, perché, anche se più rare rispetto ad altre manifestazioni, devono essere diagnosticate sia per curare la patologia oculare stessa, sia per condurre al meglio tutti quei provvedimenti di isolamento del malato atti a proteggere le persone non infette dal contagio.
Indirizzo per la corrispondenza
Prof. Simone Donati Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università dell’Insubria, Varese UOC Oftalmologia, ASST Sette Laghi – Varese email: simone.donati@uninsubria.it
Figura 5: scansione OCT che mostra in OS edema maculare cistoide con liquido sottoretinico foveale. Tratto da: To, L. & Editor, T. H. E. Bilateral cystoid maculopathy as first manifestation of SARS-CoV-2. 44, 249–251 (2021).
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COVID-19 E RETINA: A NARRATIVE REVIEW
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
Silvio Zuccarini
Risposte anatomiche e funzionali ad una singola iniezione di Bevacizumab in pazienti con degenerazione maculare legata all’età essudativa non responsivi all’attuale terapia anti-angiogenetica: una serie di casi
Silvio Zuccarini*, Marco Borgioli*, Luca Borgioli**, Alessandro Crisà*, Luca Menabuoni*, Fabrizio Puce* *Casa di Cura “Villa Donatello”, Sesto Fiorentino (FI) **Divisione oculistica Ospedale Civile A. Murri Fermo
Riassunto
Scopo dello studio: descrivere una serie di casi di riposte sia anatomiche che funzionali all’iniezione intravitreale di Brolucizumab in pazienti affetti da degenerazione maculare essudativa non responsivi alla terapia con anti-VEGF. Casistica: 9 pazienti affetti da degenerazione maculare essudativa (w-AMD) già sottoposti a trattamento con anti-VEGF (aflibercept, bevacizumab o ranibizumab) ma con persistenza di fluido intraretinico oppure con frequenti recidive di raccolte di fluido negli strati retinici interni. Questi Pazienti sono stati trattati con Brolucizumab intravitreale ed esaminati per 4 settimane dopo l’iniezione. In tutti questi pazienti tranne 1 non abbiamo riscontrato segni di attività di malattia, ottenendo un completo assorbimento del fluido intraretinico in 7 casi. Lo spessore retinico maculare e l’acuità visive sono notevolmente migliorati e tali risultati si sono mantenuti per 12 settimane in un sottogruppo di 3 Pazienti. Non sono state registrate reazioni averse. Conclusioni: Il trattamento con Brolucizumab per via intravitreale è risultato un approccio terapeutico efficace nei pazienti affetti da degenerazione maculare essudativa assicurando un miglioramento sia sul piano anatomico che funzionale.
Parole chiave
Degenerazione maculare essudativa, anti-VEGF, brolucizumab, serie di casi
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Abstract
Purpose: To report a case series of anatomical and functional responses to intravitreal injection with brolucizumab in patients with wet age-related macular degeneration and not responding to anti-VEGF therapy. Case Series: Nine patients with wAMD undergoing treatment with anti-VEGF therapy (aflibercept, bevacizumab or ranibizumab) but with either fluid persistence or frequent fluid recurrences in retinal compartments. Patients were switched to intravitreal brolucizumab and examined four weeks post-injection. No signs of active disease were observed in all but one patient, with complete IRF/SRF resorption in seven patients. Central macular thickness and visual acuity significantly improved, and changes were sustained for up to 12 weeks in a subset of three patients. No adverse reactions were observed. Conclusion: Brolucizumab administered intravitreally appears to be an effective treatment in wet AMD patients, leading to both early anatomical and functional improvements.
Keywords
wAMD, macular degeneration, anti-VEGF, brolucizumab, case report.
Introduzione e descrizione del caso clinico
La degenerazione maculare legata all’età di tipo essudativo (w-AMD) è una patologia degenerative cronica caratterizzata dalla crescita patologica di vasi capillari che, perdendo liquido e fluido nei diversi strati retinici interni, portano ad una Perdita di acuità visiva 1,2. Il fluido accumulato nello spazio intrareitnico (IRF), nello spazio sottoretinico (SRF) o al di sotto dell’epitelio pigmentato (sub-RPE) è utilizzato come bio-marcatore dell’attività della lesione. Il trattamento della w-AMD è basato sull’impiego di farmaci contro il fattore di crescita endoteliale (anti-VEGF) allo scopo di controllare l’essudazione dai capillari, per minimizzare l’attività della lesione e, di conseguenza, evitare la perdita dell’acuità visiva (AV) 3,4,5,6,7,8. La neovascolarizzazione secondaria a degenerazione maculare (w-AMD) richiede un trattamento continuo poichè rimane attiva per anni9. Studi randomizzati controllati hanno dimostrato che circa nel 40-50% dei pazienti, SRF e IRF sono ancora presenti dopo 2 anni di trattamento 10,11. Studi osservazionali, retrospettivi, a lungo termine, hanno riportato che il 40% dei pazienti mostrava ancora segni di attività al termine dello studio stesso 12. Il quadro dell’attività della w-AMD è spesso imprevedibile e, pertanto, i pazienti devono essere continuamente monitorati e trattati per evitare una perdita permanente del visus 13,14,15, che rappresenta un importante fardello sia per I pazienti che per I medici. I Pazienti trattati con anti-VEGF, spesso hanno bisogno di schemi di trattamento personalizzati 16,17 e, alcuni, dopo anni di iniezioni, non rispondono adeguatamente al trattamento. L’assenza di risposta (sia con persistenza del fluido o con recidive) può essere dovuta a fenomeni di tachifilassi, alterazioni delle caratteristiche della membrana (ad esempio un aumento della fibrosi che agisce come ostacolo al riassorbimento), alterazioni corniche della parete vasale, modificazioni nel tipo della lesione nel corso del tempo oppure una frequenza di trattamento inadeguata 19,20 . Quindi diventa necessario un cambio di terapia, fondamentale per ripristinare il controllo della malattia. L’acuità visiva, spesso, non si modifica, al contrario il cambio di farmaco coincide con un netto miglioramento anantomico 20,21. Nei Pazienti che hanno mostrato persisitenza del fluido,
nonostante 3 iniezioni mensili di bevacizumab, il cambio sia con aflibercept che con ranibizumab ha mostrato effetti paragonabili tra loro e il miglioramento anatomico era già evidente dopo 1 sola iniezione 22,23. Il Brolucizumab al dosaggio di 6 mg (Beovu, Novartis AG, Basel, Svizzera) è un frammento a singola catena di un anticorpo monoclonale, una nuova generazione di anti-VEGF per il trattamento della w-AMD con efficacia comprovata nel riassorbimento del fluido e con una lunga durata d’azione. Brolucizumab ha mostrato ottimi risultati nel ridurre il rischio di sottotrattamento con perdita dell’acuità visive; I risultati degli studi HAWK e HARRIER 24 hanno evidenziato che I pazienti trattati con brolucizumab (somministrato ad intervalli di 8 e 12 settimane dopo una prima fase di carico di 3 iniezioni in 3 mesi) hanno ottenuto una riduzione significative dello spessore del fluido intrareitnico centrale (CST) e l’assenza di SRF e/o di IRF dopo 48 e 95 settimane settimane dopo l’iniezione, paragonati a quelli trattati ocn aflibercept 24. I dati hanno mostrato, inoltre, che l’attività della lesione è cessata in un tempo inferiore con brolucizumab rispetto ad aflibercept 24. L’uso di brolucizumab in pazienti che non hanno mostrato una risposta agl altri anti-VEGF disponibili, diventa un’opzione concreta per tenere la patologia sotto controllo e preservare l’acuità visiva. L’osservazione preliminare di pazienti convertiti a brolucizumab è già presente in letteratura 26,27 e conferma l’efficacia di tale farmaco nel controllare la raccolta di fluido. Comunque è necessario raccogliere una quantità maggiore di dati per caratterizzare l’efficacia del brolucizumab e la rapidità di azione nei pazienti che raggiungono un riassoribimento completo del fluido, incluso l’impatto sui risultati più important per i pazienti come ad esempio l’acuità visive. Noi abbiamo riportato le risposte, anatomica e funzionale, osservate in un Gruppo di pazienti affetti da w-AMD con persistenza o recidiva di fluido a distanza di 1 mese da una singola iniezione di brolucizumab presso il nostro Centro.
Metodi Disegno dello studio
L’uso di brolucizumab nel trattamento della w-AMD, è stato introdotto, ufficialmente, a partire da Ottobre Volume XIII - 1/2021
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2020. Abbiamo analizzato, restrospettivamente, i dati di 9 pazienti, affetti da w-AMD che sono stati convertiti a brolucizumab in quanto non responsivi agli altri anti-VEGF. Tutti i pazienti reclutati sono stati trattati e seguiti presso la Casa di Cura “Villa Donatello” di Firenze. Al momento del reclutamento dei Pazienti, quindi prima dell’iniezione di brolucizumab, sono stati raccolti dati demografici e clinici dei pazienti: età, genere, trattamenti precedenti (anti-VEGF impiegato, durata del trattamento, numero di iniezioni, intervallo tra le iniezioni e tempo trascorso tra l’ultima iniezione e la prima iniezione di brolucizumab), acuità visive, spessore foveale centrale (SFC), tipo di lesione, presenza di fluido intraretinico (IRF), sottoretinico (SRF) o sotto l’epitelio pigmentato (sub-EPR), fibrosi, fibrosi sottoretinica e presenza di materiale iperriflettente sottoretinico (MIS). Dopo la prima iniezione di brolucizumab, i pazienti sono stati esaminati dopo 1 settimana e dopo 1 mese per determinare la presenza di cambiamenti anatomici e funzionali usando metodologie standard (oftalmoscopia con lampada a fessura, OCT strutturale e angio, esame del fundus oculi, e misurazione dell’acuità visiva).Inoltre 3 pazienti sono stati sottoposti ad un follow-up più lungo. A causa della possibilità di fenomeni infiammatori intraoculari (IOI), vasculiti o occlusion retiniche, tutti I pazienti sono stati informati ed istruiti a riferire entro 24 ore dall’iniezione la comparsa di uno o più di questi sintomi: riduzione del visus, presenza di miodesopsie, dolore oculare, comparsa di scotomi o annebbiamento visivo. Tutti i Pazienti hanno dato il loro consenso scritto a ricevere la somministrazione del farmaco. Criteri di inclusione dei Pazienti Lo studio ha incluso solo pazienti affetti da w-AMD non responsivi agli altri anti-VEGF (ad esempio con persistenza di fluido o frequenti recidive) sottoposti ad iniezione intravitreale di brolucizumab per la prima volta a Dicembre 2020 e a visita di controllo dopo 1 mese dall’iniezione. I Pazienti affetti da maculopatie di tipo differente da w-AMD o che hanno ricevuto l’iniezione di brolucizumab dopo Dicembre 2020 sono stati esclusi. Risultati dello studio Il risultato primario preso in considerazione è stata
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la proporzione di pazienti che non presentavano più sia SRF che IRF a distanza di 1 mese dall’iniezione. Il risultato secondario osservato è stato la proporzione di pazienti con riduzione di SRF o IRF a distanza di 1 mese e la proporzione di pazienti con risoluzione del fluido sotto l’EPR presente al momento dell’arruolamento, la proporzione di pazienti senza segni di attività di malattia, il tempo medio di inattivazione e la differenza media di SFC e AV prima e dopo 1 mese dall’iniezione
Risultati Caratteristiche dei Pazienti al momento dell’inclusione Un totale di 9 pazienti è stato considerate elegibile e quindi incluso nello studio. Tutti I Pazienti non avevano segni nè sintomi di infiammazioni oculari sia all’inizio che alla fine dello studio. Le caratteritiche demografiche, cliniche e la storia dei pregressi trattamenti sono riassunti nella tabella 1 Prima di virare su brolucizumab, 6 pazienti sono stati trattati con una singola somministrazione di anti-VEGF tra cui aflibercept (2), bevacizumab (2) e ranibizumab (2). I restanti Pazienti , sono passati da aflibercept a bevacizumab (1), da bevacizumab ad aflibercept (1) e da ranibizumab ad aflibercept (1) Risultati anatomici e funzionali dopo 1 mese dall’iniezione Tutti i Pazienti sono stati valutati a distanza di 1 mese dall’iniezione di brolucizumab. Non abbiamo rilevato alcun segno di attività di malattia in 8 pazienti (88,9%); in 7 pazienti (77,8%) IRF e SRF erano assenti mentre in 1 paziente (11,1% del totale), il fluido era riassorbito solo in parte. Il fluido al di sotto dell’EPR si mostrava riassorbito in tutti i pazienti (3). Lo spessore foveale centrale (SFC) appariva ridotto da 398,4 µm prima dell’iniezione a 258,3 µm dopo 1 mese. Parallelamente l’acuità visive (AV) è migliorata significativamente da 54,4 lettere prima dell’iniezione a 72,8 a distanza di 1 mese. Nei 3 pazienti esaminati dopo 60, 62 e 92 giorni dall’iniezione, non abbiamo rilevato segni di ripresa di malattia o recidiva di raccolte di fluido e l’acuità visive si è mantenuta stabile. Nel periodo preso in consderazione, non sono stati rilevati
RISPOSTE ANATOMICHE E FUNZIONALI AD UNA SINGOLA INIEZIONE DI BEVACIZUMAB IN PAZIENTI CON DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ ESSUDATIVA NON RESPONSIVI ALL’ATTUALE TERAPIA ANTI-ANGIOGENETICA: UNA SERIE DI CASI
Caratteristiche
Dati
Età media (anni)
77.2
Genere femminile no. (%)
7 (77.8)
Profilo clinico Acuità visiva media (lettere)
54.4
SFC medio (μm)
389.4
Tipo di lesione angiografica n° (%) 1
4 (44.4)
2
5 (55.6)
IRF, no. (%)
6 (66.7)
SRF, no. (%)
7 (77.8)
Fluido sub-EPR fluid, no. (%)
3 (33.3)
Fibrosi, no. (%)
3 (33.3)
Fibrosi sottoretinicha no. (%)
1 (11.1)
MIS, no. (%)
1 (11.1)
Trattamento anti-VEGF precedente all’iniezione di brolucizumab Durata media di trattamento (mesi)
9.9
Num. medio di iniezioni
5.7
Intervallo tra l’ultima somministrazione (mesi)
2
Tempo trascorso tra l’ultima iniezione e la somm di brolucizumab (mesi)
3.1
Razionale della scelta di brolucizumab Persistenza di fluido
4
Recidive frequenti
Tabella 1: no.= numero; μm= micron; AV= acuità visiva; SFC= spessore foveale centrale; IRF= fluido intraretinico; SRF= fluodo sottoretinico; EPR= epitelio pigmentato retinico; MIS= materiale iperriflettente sottoretinico.
eventi avversi (infiammazioni intraoculari, vasculitis, occlusion vascolari). Nelle figure 1-A-B-C-D sono riportate le immagini OCT di uno dei pazienti sopradescritti.
Discussione
Abbiamo potuto osservare signifcativi miglioramenti anatomici nei pazienti convertiti a trattamento con brolucizumab, in accord coi dati reperibili
in letteratura 26,27,28. Questi includono una risuzione significative del SFC e un pressochè complete assorbimento del fluido nella gran parte dei pazienti. Benchè questi parametri siano stati valutati a solo 1 mese dall’iniezione, in alcuni pazienti, la risposta al trattamento dovrebbe essere misurata prima di 4 settimane poiché c’è una correlazione tra la risuzione del SFC e il tempo trascorso dall’ultima Volume XIII - 1/2021
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Figura 1 A: situazione prima dell’iniezione di brolucizumab
Figura 1 B: follow up 1 mese dopo l’iniezione di brolu cizumab
Figura 1 C: follow up 2 mesi dopo l’iniezione di brolucizumab
iniezione 29,30,31. Nel gruppo di pazienti preso in esame, la risposta è stata rapida e I miglioramenti anantomici erano già evidenti, in media, dopo solo 2 settimane dall’iniezione. Inoltre, nel sottogruppo di pazienti seguiti per oltre 4 settimane, i miglioramenti sono perdurati per un periodo variabile tr 8 e 12 settimane dall’iniezione. Questi risultati sono in accordo con quanto riportato negli studi HAWK e HARRIER, dove la malattia è rimansta sotto controllo per almeno 12 settimane in oltre il 50% dei pazienti trattati. Un effetto così duraturo suggerisce che i pazienti possaano essere trattai a intervalli di 12 settimane che rappresenta un miglioramento importante per ridurre il peso della terapia considerando che, prima del cambio di farmaco, la malattia non era efficacemente controllata trattando i pazienti ogni
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Figura 1 D: follow up 4 mesi dopo l’iniezione di brolucizumab
8 settimane. Nella nostra casistica abbiamo registrato un miglioramento significativo anche in termini di acuità visiva; questo dato appare in contrasto con un case report recente in cui 6 pazienti non riscontravano alcun miglioramento dell’acuità visiva 27. Inoltre in un’analisi retrospettiva di 172 occhi, l’acuità visiva non è migliorata anche dopo 3 iniezioni di brolucizumab 22. Esistono 2 possibili spiegazioni per questi dati: il basso numero di casi di questo studio e il follow-up relativamente breve paragonato agli studi sopracitati (9,9 mesi e almeno 2 anni rispettivamente). Non abbiamo registrato eventi avversi nel periodo di follo-up considerate; comunque questo dato potrebbe essere in relazione al campione esiguo e al breve periodo di osservazione. Un comitato indipendente di revisione della sicurezza ha
RISPOSTE ANATOMICHE E FUNZIONALI AD UNA SINGOLA INIEZIONE DI BEVACIZUMAB IN PAZIENTI CON DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ ESSUDATIVA NON RESPONSIVI ALL’ATTUALE TERAPIA ANTI-ANGIOGENETICA: UNA SERIE DI CASI
analizzato l’incidenza di eventi avversi correlati ai dati degli studi HAWK e HARRIER ed ha osservato un’incidenza di vasculitis del 3% e di occlusion vascolari retiniche del 2% con un rischio di severa perdita di visus di 1 caso su 200 30,31. In questo contest, è importante considerare anche il rapport tra possiblità di un evento avverso ed I benefici: in questo studio la decisione di iniziare la terapia con brolucizumab è stata presa in quei pazienti che non avevano più una risposta agli altri anti-VEGF a dispetto della regolarità delle somministrazioni. Naturalmente è necessario uno stretta osservazione del Paziente ed è auspicabile che eventi avversi di carattere infiammatorio possano essere gestiti con successo se prontamente riconosciuti e trattati. Questo studio restropettivo, comunque, ha alcuni limiti. A dispetto degli importanti miglioramenti registrati, il campione era piccolo ed i cambiamenti registrati hanno un intervallo ampio. Allo scopo di caratterizzare meglio l’efficacia e la sicurezza di brolucizumab nella pratica clinica, i pazienti sottoposti a tale terapia dovrebbero essere seguiti più
a lungo. Inoltre, sarebbe utile reclutare pazienti mai trattati con anti-VEGF per verificare l’effettiva superiorità di brolucizumab e ottimizzare il trattamento di w-AMD riducendo l’impegno della terapia sia per I pazienti che per i medici 25,26. In conclusione, brolucizumab ha dimostrato di essere immediatamente efficace dopo una sola iniezione e quindi si pone come una valida opzione per i pazienti affetti da w-AMD.
Indirizzo per la corrispondenza
Dott. Fabrizio Puce Casa di cura “Villa Donatello” Sesto Fiorentino (FI) fabriziopuce.oculista@gmail.com
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RISPOSTE ANATOMICHE E FUNZIONALI AD UNA SINGOLA INIEZIONE DI BEVACIZUMAB IN PAZIENTI CON DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ ESSUDATIVA NON RESPONSIVI ALL’ATTUALE TERAPIA ANTI-ANGIOGENETICA: UNA SERIE DI CASI
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
Fabrizio Puce
Impiego di brolucizumab nel trattamento della neovascolarizzazione coroideale secondaria a degenerazione maculare essudativa: caso clinico
Silvio Zuccarini Fabrizio Puce Casa di Cura “Villa Donatello”, Sesto Fiorentino (FI)
Riassunto
Scopo dello studio: Descrivere la risposta anatomica e funzionale all’iniezione intravitreale con brolucizumab in un paziente con degenerazione maculare senile essudativa non responder ai farmaci anti-VEGF in uso. Case Report: Paziente di 79 anni affetto da wAMD in trattamento con terapia anti-VEGF (aflibercept, bevacizumab e ranibizumab) con persistenza di edema e frequenti recidive. Il paziente è passato a brolucizumab intravitreale ed è stato esaminato quattro settimane dopo l’iniezione. Non sono stati osservati segni di malattia attiva, con completo riassorbimento IRF/SRF. Lo spessore maculare centrale e l’acuità visiva sono significativamente migliorati e i cambiamenti sono stati mantenuti fino a 12 settimane. Non sono state osservate reazioni avverse. Conclusioni: Brolucizumab somministrato per via intravitreale si è mostrato un trattamento efficace nel controllo della AMD essudativa, con miglioramenti sia anatomici che funzionali precoci.
Parole chiave
degenerazione maculare “umida” – antivegef – brolucizumab – caso clinico.
Introduzione e descrizione del caso clinico
La degenerazione maculare legata all’età (DMLE) è attualmente considerata la prima causa di ce-
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Abstract
Purpose: To report a case of anatomical and functional responses to intravitreal injection with brolucizumab in a patient with wet age-related macular degeneration and not responding to usual anti-VEGF therapy. Case Report: A 79 years-old patient affected by wAMD undergoing treatment with anti-VEGF therapy (aflibercept, bevacizumab and ranibizumab) but and with fluid persistence and frequent fluid recurrences in retinal compartments and with poor functional results. Patient was switched to intravitreal brolucizumab and examined four weeks post-injection. No signs of active disease were observed, with complete IRF/ SRF resorption. Central macular thickness and visual acuity significantly improved, and changes were sustained for up to 12 weeks. No adverse reactions were observed. Conclusion: Brolucizumab administered intravitreally appears to be an effective treatment in wet AMD patients, leading to both early anatomical and functional improvements.
Keywords
wAMD, macular degeneration, anti-VEGF, brolucizumab, case report.
cità centrale nei paesi di maggior benessere e la terza in assoluto. Indicativamente il 5% della cecità mondiale è attribuibile alla DMLE, una percentuale che sale però al 41% nei paesi con alto
tenore di vita. Inoltre, è un’importante causa d’ipovisione. Nel 10-15% dei casi si sviluppa la cosiddetta forma “umida”, caratterizzata dallo sviluppo di capillari anomali, di neovasi a partenza dalla coriocapillare. I neovasi, avendo una parete molto fragile, sono permeabili al plasma e possono dare origine, quindi, a distacchi sierosi dell’epitelio pigmentato retinico (DEP). Inoltre, si possono rompere facilmente, provocando un’emorragia intra-retinica. I ripetuti episodi emorragici e la conseguente riparazione tissutale sono responsabili della formazione di una cicatrice centrale più o meno estesa, compromettendo progressivamente la visione centrale (atrofia maculare). Il presente articolo intende descrivere il caso clinico di una paziente affetta da DMLE, di tipo essudativo, che non aveva risposto in maniera soddisfacente agli usuali farmaci anti-VEGF (vascular endothelial growth factor) è stata pertanto trattata con una nuova molecola ovvero il Brolucizumab.
Caso clinico
Paziente di 79 anni, di sesso femminile. L’anamnesi patologica remota della paziente annovera un’ipertensione arteriosa e un’ipercolesterolemia, entrambe in controllo farmacologico. La prima diagnosi di DMLE essudativa è stata posta circa tre anni fa nell’occhio sinistro, mentre l’occhio destro appariva sano. Nonostante la paziente sia stata trattata in occhio sinistro con iniezioni ripetute di anti-VEGF (bevacizumab) per via intravitreale la patologia è esitata in un distacco cronico dell’EPR maculare, che ha ridotto l’acuità visiva in quell’occhio a 2/10. A ogni controllo la paziente è stata sottoposta a visita oculistica completa con esame OCT-A (optical coherence tomography-angiography). Circa un anno fa, la suddetta patologia ha colpito anche l’occhio destro. Poiché la paziente non aveva risposto efficacemente al farmaco precedentemente impiegato nell’occhio sinistro, si è deciso di cambiare terapia con un altro farmaco anti-VEGF (aflibercept). Dopo un’iniziale risposta sia sul piano anatomico sia funzionale, con riduzione della trama neovascolare all’OCT-A, del fluido intraretinico all’OCT strutturale e un miglioramento dell’acuità visiva, la paziente successivamente ha mostrato un incremento delle recidive e una riduzione dell’efficacia, evidenziata dalla persistenza della trama neovascolare con OCT-A, un nuovo incre-
mento del fluido intraretinico all’OCT strutturale e un conseguente mancato miglioramento dell’acuità visiva. Infatti, all’esordio della patologia, l’acuità visiva con la miglior correzione (BCVA) era di 3/10, 30 giorni dopo la prima iniezione di aflibercept, era arrivata a 7/10 ma, successivamente, pur aumentando il numero di iniezioni non si sono ottenuti mai valori oltre i 5/10; inoltre la paziente lamentava metamorfopsie che persistevano anche al migliorare dell’acuità visiva e del quadro OCT-A. Pertanto, all’inizio di Ottobre 2020 per la persistenza di fluido intraretinico, è stato deciso di trattare la paziente con brolucizumab; si è trattato quindi di uno dei primi casi trattati con questa molecola. Quando è stato deciso di effettuare lo switch terapeutico con brolucizumab, il visus della paziente era di 5/10 con la migliore correzione. Appena sette giorni dopo dalla prima iniezione con brolucizumab, la paziente, sottoposta a un controllo, presentava un visus di 8–9/10 e un netto riassorbimento del fluido intraretinico maculare all’OCT-A. A un mese dall’iniezione di brolucizumab, l’acuità visiva della paziente era di 10/10 senza più metamorfopsie e il fluido intraretinico era del tutto scomparso, tanto che la fovea aveva riacquisito la sua fisiologica anatomia.
Imaging
L’OCT-A prima dell’iniezione (Figura 1) mostra una neovascolarizzazione coroideale iuxta-foveale con raccolta di fluido intraretinico sub-foveale con un piccolo distacco dell’epitelio pigmentato (DEP) al margine nasale. Tale raccolta non si era mai del tutto riassorbita con i precedenti trattamenti.
Discussione
Il caso illustrato si riferisce ad una paziente affetta da degenerazione maculare essudativa in entrambi gli occhi. L’occhio sinistro affetto da oltre tre anni era esitato in una degenerazione maculare atrofica nonostante la terapia intravitreale usuale attuata mentre l’occhio destro in cui la patologia era iniziata da circa un anno fu trattata con i vari anti-VEGEF disponibili, infatti né i ripetuti cicli di iniezioni dello stesso farmaco né i vari switch di molecole hanno consentito un buon recupero anatomico e funzionale. Inoltre, la frequenza delle iniezioni andava progressivamente aumentando (otto IVT in un anno), con una riduzione altrettanto Volume XIII - 1/2021
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Figura 1: Prima della iniezione intravitreale di brolucizumab
Figura 2: Dopo sette giorni dall’iniezione di brolucizumab, si osserva un completo riassorbimento del fluido intraretinico e dei due DEP osservati al baseline
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IMPIEGO DI BROLUCIZUMAB NEL TRATTAMENTO DELLA NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE SECONDARIA A DEGENERAZIONE MACULARE ESSUDATIVA: CASO CLINICO
Figura 3: Dopo 30 giorni dall’iniezione, l’anatomia della fovea si era ulteriormente regolarizzata, senza evidenza né della neovascolarizzazione né del fluido intraretinico
progressiva dell’efficacia. Queste sono le motivazioni che ci hanno indotti a optare per uno switch con brolucizumab. Poichè si trattava di uno dei primi casi trattati con questa molecola e la paziente è monocola funzionale, abbiamo deciso di ricontrollarla dopo una settimana dall’iniezione. Fin da subito, abbiamo potuto osservare un’ottima risposta al farmaco con un netto miglioramento sia della BCVA sia del profilo retinico osservato con OCT-A, senza alcun segno o sintomo di reazione avversa. Tali risultati si sono mantenuti anche a distanza di un mese dall’iniezione: pieno recupero funzionale sia da lontano sia da vicino, assenza di metamorfopsie e completo riassorbimento del fluido intraretinico.
Conclusione
Nel caso clinico illustrato, brolucizumab si è dimostrato estremamente efficace già i primi giorni
dopo la somministrazione. L’efficacia iniziale si è mantenuta nel tempo (30gg), permettendo di ottenere una regressione della lesione neovascolare, un riassorbimento del fluido intraretinico e un recupero funzionale eccellente con un’ottima tollerabilità. Tale osservazione clinica, del tutto preliminare ci stimola ad effettuare uno studio su larga scala e con un follow-up adeguato onde verificare l’efficacia di questa nuova molecola a lungo termine.
Indirizzo per la corrispondenza
Dott. Fabrizio Puce Servizio di oftalmologia casa di cura “Villa Donatello” via Attilio Ragionieri 101 50019 Sesto Fiorentino (FI)
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Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) Sede opertiva: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) – Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it
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ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI PARTE II - SEGMENTO POSTERIORE ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI PARTE I SEGMENTO ANTERIORE NOVITÀ
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ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI PARTE II PARTE II SEGMENTO - SEGMENTO POSTERIORE POSTERIORE
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Maria Tecla Crisci
Triamcinolone acetonide intravitreale nel trattamento dell’edema maculare in paziente con membrana epiretinica secondaria a chirurgia per distacco di retina Riassunto
Introduzione: Questo caso clinico ha lo scopo di illustrare l’efficacia del triamcinolone acetonide 80 mg/ml intravitreale (intravitreal triamcinolone acetonide 80mg-IVTA80) nel ridurre l’edema maculare cistoide (cystoid macular dystrophy-CMD) in un paziente affetto da membrana epiretinica (epiretinal membrane-ERM) secondaria a chirurgia per distacco di retina regmatogeno (retinal detachment-RD): vitrectomia posteriore (pars plana vitrectomy-PPV), piombaggio sclerale (scleral buckling-SB) e metodiche di retinopessia. Case report: Una donna di 76 anni pseudofachica affetta da ERM post chirurgica è stata sottoposta a 3 IVTA 80 (4 mg) nell’arco di 3 anni al fine di ridurre l’edema maculare cistoide (CMD). La valutazione pre e post trattamento comprendeva la visita oculistica completata da OCT spectral domain con valutazione dello spessore maculare centrale (central macular thickness-CMT), delle alterazioni nel pattern di adesione della membrana epiretinica, delle condizioni dello strato IS/OS e del visus (best corrected visual acuity-BCVA). Discussione: Si è registrata una riduzione del CMT con relativo incremento della BCVA dopo ogni IVTA80 il cui effetto si è mantenuto per circa 6/8 mesi, con notevole miglioramento rispetto al baseline dopo 3 anni di follow- up di entrambi i parametri. Le caratteristiche di adesione della ERM si sono mantenute costanti mentre si è notata una riorganizzazione dello strato IS/ OS.
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Maria Tecla Crisci, Chiara Nardella Microchirurgia Villa Massimo - Roma
Conclusioni: In considerazione dei risultati ottenuti, questo studio sottolinea l’utilità della terapia intravitreale con IVTA80 in pazienti pseudofachici affetti da ERM secondaria a chirurgia vitreoretinica complicata da CMD.
Parole chiave
steroide intravitreale, membrana epiretinica, distacco di retina
Introduzione
La prima descrizione delle ERM risale al 1865 ad opera di Iwanoff 1, mentre la prima classificazione morfologica fu descritta nel 1987 da Gass2 in base alle caratteristiche cliniche: cellophane, crinkled cellophane e macular pucker e, in aggiunta, la sindrome da trazione vitreo maculare (vitreomacular traction-VMT) che rappresenta un’entità di maculopatia trazionale a sé stante. L’utilizzo della metodica OCT ha ulteriormente migliorato lo studio delle strutture anatomiche della macula e dell’interfaccia vitreo retinica, consentendone classificazioni su base morfologica molto più dettagliate. All’esame OCT la ERM viene definita come una banda iperriflettente, anteriore alla retina neurosensoriale, che può essere diffusamente o focalmente adesa alla stessa. Essa può determinare: VMT, CMD, pseudo foro maculare (pseudo macular hole-MPH), foro
Abstract
Purpose: To evaluate the effectiveness of Intravitreal Triamcinolone Acetonide 80 (IVTA80) by reducing the cystoid macular dystrophy (CMD) after retinal detachment (RD) repair. Case Report: A retrospective case of a pseudophakic patient who developed a postoperative epiretinal membrane (ERM) and CMD secondary to retinal detachment surgery. The patient received 3 IVTA 80 (4 mg) during 3 years follow up in order to reduce CMD. Main outcome measures included best corrected visual acuity (BCVA), macular morphology and central macular thickness (CMT); morphological parameters were determined by spectral domain optical coherence tomography (OCT). Discussion: our study showed the increase of BCVA and CMT decrease as well as a stability of adhesion pattern of ERM after IVTA80- The IS/OS structure appeared rearranged. Conclusions: Steroids are able to control intraocular inflammation, due to the mechanical distortion of ERM and thus also accelerate the resolution of macular edema after surgery for primary RD.
Keywords
intravitreal steroid, epiretinal membrane, retinal detachment
lamellare (lamellar hole-LMH), disorganizzazione o difetti dello strato IS/OS. La formazione delle ERM è dovuta alla migrazione e proliferazione sulla superficie retinica di cellule dell’epitelio pigmentato retinico (retinal pigment epithelium-RPE), cellule gliali, tessuto connettivo perivascolare e ialociti, tutte queste cellule vengono disperse nella cavità vitrea in seguito a rotture della retina. La genesi dell’edema maculare e il suo mantenimento sarebbe secondario ad una eziologia di carattere vascolare ed infiammatorio. Le ERM sono caratterizzate quindi dalla formazione sulla superficie maculare di tessuto anomalo avascolare e fibrocellulare e vengono distinte in: ● Idiopatiche quando non sono associate ad altre patologie oculari, sono dovute per lo più
alla proliferazione gliale secondaria a micro lacerazioni della membrana limitante interna durante il processo di distacco posteriore di vitreo (posterior vitreous detachment-PVD). In questi casi il distacco vitreale genererebbe un foro nella limitante interna attraverso il quale le cellule della glia prolifererebbero sulla superficie retinica. Un secondo elemento è dato dalla persistenza di ialoide posteriore adesa alla ILM e che determina la presenza di ialociti e fibrociti. PVD parziale o più spesso completo è stato riscontrato in una percentuale che va dal 60 al 90% degli occhi con gliosi preretinica maculare idiopatica. Risultano bilaterali con una frequenza dal 10 al 20%, l’età media di comparsa è intorno ai 65 anni ● Secondarie quando si associano a: alterazioni vascolari (occlusioni vascolari, retinopatia diabetica), infiammazioni, chirurgia vitreoretinica (PPV e/o SB e metodiche di retinopessia) o traumi. Il denominatore comune che ne determina lo sviluppo può essere ravvisato in un danno tissutale e nella successiva riparazione. Una possibile causa della crescita e progressione potrebbe essere rappresentata dalla presenza nelle membrane epiretiniche del fattore di crescita vascolare endoteliale (vascular endothelial growth factor-VEGF). Inoltre, la presenza di CMD più marcata nelle forme non idiopatiche e di PVD parziale deve sempre far sospettare una ERM secondaria. Esami istologici delle ERM secondarie hanno dimostrato la presenza di cellule della glia, del RPE e di origine fibroblastica, componente cellulare più limitata, scarsa rispetto alle ERM idiopatiche e di natura prevalentemente collagenica. In queste membrane epiretiniche è stata inoltre evidenziata la presenza di proteine di adesione cellulare (cd34), markers di proliferazione cellulare (ki67), markers di cellule staminali neurali (nestina); queste ultime associate quasi esclusivamente ad ERM secondarie come espressione di fenomeni infiammatori/proliferativi 3-4. Yazici AT. et al. 5, tabelle 1-5, hanno studiato le differenti caratteristiche morfologiche tra ERM idiopatiche e secondarie di 293 occhi di 236 pazienti. Queste sono state distinte in gradi in base alla progressione, al CMT, alla BCVA, alle
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VitreoRetina
Idiopathic ERM
Secondary ERM
Diffuse (n)
Focal (n)
Total n(%)
Diffuse (n)
Focal (n)
Total n(%)
Grade 0
26
0
26(20.8)
31
0
31(18.5)
Grade 1
61
19
80(64.0)
102
16
118(70.2)
Grade 2
9
10
19(15.2)
12
7
19(11.3)
Tabella 1: Grado di progressione in relazione al pattern di adesione delle ERM idiopatiche e secondarie.
Idiopathic ERM (n=125)
Secondary ERM (n=168)
P
Age (mean 6 ± SD) years
67.07 ±9.5
62.89 ±10.7
0.001
CMT (mean 6 ± SD), μm
319 ±115
356 ± 152
0.024
BCVA (mean ± SD)
0.46± 0.28
0.27 ± 0.27
<0.001
CMD, n (%)
8 (6)
71 (42)
0.0001
LH, n (%)
5 (4)
5 (3)
0.503
MPH, n (%)
11 (9)
6 (4)
0.076
Vitremaculartraction, n (%)
5 (4)
17 (10)
0.071
Partial PVD, n (%)
6 (5)
6 (4)
0.001
Absence of PVD, n (%)
2 (2)
35 (21)
0.470
Tabella 2: Comparazione tra parametri di studio in ERM idiopatiche e secondarie.
Idiopathic ERM
CMT (mean 6 SD), μm BCVA (mean 6 SD)
Secondary ERM
Grade 0 (n = 26)
Grade 1 (n = 80)
Grade 2 (n = 19)
Grade 0 (n = 31)
Grade 1 (n = 118)
Grade 2 (n = 19)
234 ±63
319 ± 105
442 ± 110
306 ± 120
306 ± 120
478 ± 233
0.64 ± 0.30
0.45 ± 0.27
0.28 ± 0.17
0.37 ± 0.34
0.27 ± 0.25
0.19 ± 0.23
Tabella 3: Differenza tra CTM e BCV relativa alla progressione in gradi in ERM idiopatiche e secondarie.
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Volume XIII - 1/2021
TRIAMCINOLONE ACETONIDE INTRAVITREALE NEL TRATTAMENTO DELL’EDEMA MACULARE IN PAZIENTE CON MEMBRANA EPIRETINICA SECONDARIA A CHIRURGIA PER DISTACCO DI RETINA
Idiopathic ERM
Secondary ERM
CMT (mean ± SD), µm
BCVA (mean ± SD)
CMT (mean ± SD), µm
BCVA (mean ± SD)
Diffuse attachment
307 ± 121
0.50 ± 0.29
357 ± 149
0.27 ± 0.27
Focal attachment
360 ± 82
0.36 ± 0.22
355 ± 171
0.32 ± 0.25
P
0.009
0.03
0.97
0.203
Tabella 4: Correlazione tra CMT e BCVA in base al pattern di adesione della ERM in entrambi i gruppi.
CMT (mean ± SD), μm
BCVA (mean ± SD)
Intact IS/OS junction
300 ± 91
0.50 ± 0.28
Defective IS/OSjunction
382 ± 169
0.20 ± 0.21
P
<0.001
<0.001
Tabella 5: Correlazione tra CMT e BCVA in base alla morfologia di IS/OS
caratteristiche di adesione della membrana e all’integrità dello strato IS/OS, con differenze significativamente sensibili tra ERM idiopatiche e secondarie. Dalle tabelle si evince che l’adesione diffusa è più frequente in entrambi i gruppi (ERM idiopatiche e secondarie) rispetto alle adesioni focali, aumentando queste ultime con la progressione del grado di ERM. La presenza di LMH e MPH è simile in entrambi i gruppi mentre il CMD è più frequente nelle forme secondarie. Nelle forme idiopatiche la BCVA e il CMT aumentano significativamente col grado di ERM mentre nelle forme secondarie il BCVA e il CMT non sono significativamente correlati col grado di ERM. La maggior presenza di CMD nelle forme secondarie è primariamente dovuta ad alterazioni vascolari ed infiammatorie e non necessariamente alla preesistenza di una ERM, la cui genesi sarebbe anch’essa secondaria a fenomeni di angio ed istoflogosi. E’ da considerare inol-
tre il fatto che la presenza di PVD totale può essere un fattore protettivo verso lo sviluppo di neovascolarizzazione e flogosi, mentre un PVD parziale esporrebbe maggiormente la macula all’azione di citochine e radicali liberi e alla riduzione di ossigenazione e apporto di sostanze nutritive. Tale situazione determinerebbe inoltre un’azione meccanica di distanziamento della retina neurosensoriale dal sistema di drenaggio dell’RPE: ciò spiegherebbe la presenza di CMD associata a trazione vitreo maculare anche in assenza di leakage capillare alla fluorangiografia 6. Incidenza e caratteristiche delle ERM e CMD dopo chirurgia per RD Le più comuni complicanze dopo la chirurgia per distacco retinico sono CMD e ERM, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, pur con sensibili differenze di incidenza. L’incidenza di ERM secondaria a chirurgia viVolume XIII - 1/2021
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
treo/retinica è molto dibattuta. Alcuni studi riportano percentuali tra 3,5 e 8% dopo SB 7-89-10 con lieve aumento se si effettua drenaggio del liquido sottoretinico, e tra 3,6 % e 12,8% dopo sola PPV 11-12. Viene riportata una percentuale di CMD di circa il 15%, indipendentemente dalla tecnica chirurgica, con aumento delle percentuali di entrambe le complicanze dopo chirurgia combinata intorno al 20% 13. Tale incremento sarebbe dovuto a fattori biomeccanici associati a SB con produzione di elementi infiammatori secondari alla prolungata manipolazione dei tessuti. Secondo le più comprovate ipotesi, cellule dell’RPE e fibroblasti verrebbero disperse più liberamente ed in maggior misura dopo PPV ed evacuazione del fluido sottoretinico attraverso retinotomie periferiche o posteriori; inoltre l’utilizzo di gas tamponanti e la posizione prona obbligata concentrerebbero tali cellule sull’area maculare favorendo la formazione delle ERM 14 anche se altri autori sottolineano nella sola PPV un ritardo del leakage capillare probabilmente proprio a seguito del tamponamento con gas 15.
Recenti studi riportano percentuali di CMD intorno al 29% dopo PPV 20G associato a SB e dal 5 al 7% dopo PPV 25G senza SB; tali percentuali risultano d’altro canto molto variabili anche in base ai criteri di inclusione utilizzati dai diversi autori 16. Peraltro, è molto importante notare che pochi studi hanno utilizzato metodica OCT ad alta risoluzione per la valutazione postoperatoria, come invece Schocket et al. 17 i quali riportano un’incidenza di sviluppo di ERM del 59% Tabella 6 13. Tutti gli autori sono concordi nello stabilire che lo sviluppo di ERM sia inoltre fortemente significativo come fattore di rischio per lo sviluppo di CMD. La presenza di vaste e multiple rotture retiniche (maggiori di 3 diametri papillari) come anche di distacchi con macula-on risulta aumentare significativamente la percentuale di ERM 18 mentre sembra essere meno significativa la localizzazione delle rotture. D’altro canto le ERM secondarie a chirurgia vitreoretinica risultano sintomatiche solo intorno al 15% e necessitano di chirurgia maculare 19. Tabella 6.
Study
Surgery
No. eyes
Study type
ERM incidence,%
CME incidence,%
Martínez-Castillo et al (27) (2012)
20-G PPV
307
Prospective
9.0
NA
Schneider et al (28) (2012)
20/23-G PPV
174
Retrospective
11.8
2.2
Schaal et al (15) (2011)
20-G PPV± SB
1,226
Retrospective
18
29
Kunikata and Nishida (29) (2010)
25-G PPV
84
Retrospective
7.1
NA
Bourla et al (30) (2010)
25-G PPV
42
Retrospective
6.0
NA
Katira et al (31) (2008)
20-G PPV
141
Retrospective
12.0
NA
Horozoglu et al (32) (2007)
25-G PPV
15
Retrospective
7
7
Olivera and Reis (33) (2007)
23-G silicone
20
Retrospective
5
5
Ibaraa et al (1) (2005)
25-G PPV
45
Retrospective
NA
4.5
Cox et al (34) (1995)
20-G silicone/gas
336
Retrospective
15
NA
Uemura et al (35) (1992)
20-G PPV
268
Retrospective
6.1
NA
Tabella 6: Legenda: CME = cystoid macular edema; ERM = epiretinal membrane; NA = not applicable; PPV = pars plana vitrectomy; SB = scleral buckling
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TRIAMCINOLONE ACETONIDE INTRAVITREALE NEL TRATTAMENTO DELL’EDEMA MACULARE IN PAZIENTE CON MEMBRANA EPIRETINICA SECONDARIA A CHIRURGIA PER DISTACCO DI RETINA
Caso clinico
Nel marzo 2015 paziente di 76 anni, di sesso femminile, pseudofachica, si è rivolta al nostro reparto per calo visiva dopo intervento per distacco di retina regmatogeno localizzato nell’emiretina nasale, macula-off, con grossa rottura retinica nel settore supero nasale. La paziente era stata sottoposta a due interventi di chirurgia vitreo retinica, inizialmente un posizionamento di SB nel gennaio 2014, in seguito una facovitrectomia 23 G con impianto di IOl e tamponamento con gas, per recidiva del RD e ripetute sedute di fotocoagulazione argon laser. A circa 11 mesi dopo l’ultimo trattamento di retinopessia laser la paziente giungeva alla nostra osservazione presentando una ERM con diffusa adesione maculare complicata da CMD. La paziente è stata sottoposta a visita preliminare completa di OCT spectral domain (widefield enface, high detailed B-scans, 5 micron resolution in tissue):
- BCVA 20/150 - Tono oculare 17 mmhg, in terapia con timololo topico - Fondo oculare: esiti di chirurgia sclerale e cerchiaggio argon laser presente per 360° - OCT: presenza di ERM completamente adesa alla superficie maculare complicata con CMD, CMT di 692 µm e disorganizzazione dello strato IS/OS (fig.1 a). La paziente è stata sottoposta a 3 IVTA80 (4 mg) (aprile 2015, novembre 2015 e settembre 2016) con intervallo temporale di circa 7/10 mesi per recidiva del CMD (fig.1 b-e) e relativo decremento della BCVA. L’intervallo intercorso tra l’ultima IVTA80 e l’ultimo follow-up è stato di 18 mesi (fig.1 f). Il tono oculare si è mantenuto costante durante tutto il periodo di follow-up nonostante in letteratura venga riportata una percentuale di ipertono oculare (intraocular pressure IOP) intorno al 32%. Tabella 7 20. Non si sono verificate reazioni avverse.
Discussione
Grafico 1: Andamento CMT durante il follow-up
Il caso riportato evidenziava nel corso dei ripetuti controlli una marcata riduzione del CMT, incremento della BCVA fino a 20/30 dopo ogni IVTA80 con mantenimento del risultato per circa 6 mesi e riorganizzazione dello strato IS/OS. A distanza di circa 6/7 mesi dopo ogni IVTA80, in fase di recidiva di CMD, nonostante venisse osservato un incremento del CMT, la BCVA si manteneva più alta e il CMT più basso rispetto al baseline come anche le condizioni morfologiche dello strato IS/OS risultavano comunque migliorate (fig.1 a-b). In relazione a tali considerazioni veniva prolungato l’intervallo tra
IVT
%OHT*
eyes
occurrence
FLUOCINOLONE Imp. 0.59 mg
66% >21
190
2/4th week
TRIAMC. A. 4 mg
32% >21
3654
2/12th week
DEX Imp. 0.7 mg
15% >25
746
8th week
Tabella 7: Incremento IOP dopo steroidi intravitreali *OHT (ocular hypertension) Volume XIII - 1/2021
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
Figura 1: (a) radial lines 692 µm; baseline 09/04/2015 (b) radial lines 340 µm; 3 mesi dopo la 1 IVTA80; 22/07/2015 (c) radial lines 413 µm; 5 mesi dopo la 1 IVTA80; 10/09/2015 (d) radial lines 556 µm; 7 mesi dopo la 1 IVTA80; 12/11/2015 (e) radial lines 615 µm; 10 mesi dopo la 2 IVTA80; 08/09/2016 (f) radial lines 551 µm; 18 mesi dopo la 3 IVTA80; 13/03/2018
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TRIAMCINOLONE ACETONIDE INTRAVITREALE NEL TRATTAMENTO DELL’EDEMA MACULARE IN PAZIENTE CON MEMBRANA EPIRETINICA SECONDARIA A CHIRURGIA PER DISTACCO DI RETINA
le IVTA80. Durante l’ultimo follow-up, a 18 mesi dall’ultima IVTA80, nonostante venisse osservato un incremento del CMT (551µm), la BCVA era di circa 20/50 rispetto ai 20/150 del baseline, ciò probabilmente in relazione alla stabilità di riorganizzazione dello strato IS/OS oltreché alla riduzione del CTM rispetto al baseline del 20,4%, da 692µm a 551µm (Grafico 1).
Conclusioni
Considerato che la persistenza dell’edema maculare in presenza di ERM dopo chirurgia per RD è come già accennato dovuta al cronico leakage vascolare secondario a fenomeni infiammatori e meccanici conseguenti alla manipolazione del tessuto retinico nonché allo stesso RD, si è scelto di utilizzare in questa paziente, come trattamen-
to non chirurgico per l’edema maculare ricorrente, la terapia intravitreale steroidea. In particolare, abbiamo utilizzato triamcinolone acetonide 80 mg/ml che presenta, se confrontato con altri steroidi, un’elevata capacità antiinfiammatoria e antifibroblastica dovuta alla presenza del gruppo 16/17 acetonide anche se in possesso di un solo gruppo fluoruro. Tabella 8 21. Abbiamo dunque supposto una possibile riduzione non solo del CMT ma dello spessore e tensione della stessa membrana epiretinica in virtù dell’elevata azione antifibroblastica del triamcinolone. Altra importante considerazione risiede nel fatto che la disorganizzazione dello strato IS/OS preoperatoria si sia risolta dopo IVTA80 e che questo risultato si sia mantenuto costante anche dopo recidiva dell’edema nei periodi inter IVTA80 15;
Tabella 8: Attività antiinfiammatoria e antifibroblastica dei diversi steroidi Volume XIII - 1/2021
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GIORNALE ITALIANO DI
VitreoRetina
ciò potrebbe spiegare il mantenimento del recupero visivo nonostante un incremento nel tempo del CMT. È noto come infatti gli steroidi riducano sia le fasi precoci di infiammazione come l’angioflogosi, riducendo la permeabilità dei capillari, la migrazione dei leucociti la deposizione di
fibrina come anche le fasi tardive quale l’istoflogosi, secondaria a proliferazione dei fibroblasti e alla deposizione di collagene. La lunga durata di effetto della terapia IVTA80 con mantenimento della BCVA potrebbero confermare questa ipotesi 22.
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apportare eventuali modifiche, qualora fosse necessario, previa comunicazione all’Autore. Figure, grafici, tabelle. Le figure, le tabelle e i grafici devono essere corredate di titolo e breve didascalia. Le didascalie devono essere elencate insieme dopo la bibliografia. Le figure, le tabelle e i grafici devono essere numerati in ordine progressivo nell’ordine di citazione nel testo. Dopo l’accettazione del lavoro, le figure saranno richieste anche in formalo jpeg o tiff con una risoluzione minima di 300 dpi. Per figure, disegni e grafici ripresi da opere già pubblicate occorre menzionare la fonte originale; la loro riproduzione sarà effettuata sotto la responsabilità degli Autori i quali, tranne che per documenti di pubblico dominio, devono essere in possesso della necessaria autorizzazione. Qualora si utilizzino fotografie di pazienti, questi non dovranno essere identificabili, oppure l’immagine dovrà essere seguita dalla dicitura che «ne è stato consentito l’uso» e l’Autore ne è legalmente responsabile. Conflitto di interessi. Occorre riportare nel lesto eventuali conflitti d’interesse per contributi ricevuti per lo svolgimento del lavoro. Bibliografia. I riferimenti bibliografici devono essere numerati di seguito, nell’ordine in cui essi vengono menzionati per la prima volta nel testo. Essi devono essere individuali nel lesto, nelle tavole e nelle legende con numeri arabi tra parentesi in apice. I riferimenti bibliografici presenti solo in tavole o in legende di illustrazioni dovrebbero essere citati per esteso e non inseriti nella bibliografia dell’articolo. Osservazioni non pubblicate e comunicazioni personali non possono essere usate come riferimenti bibliografici; riferimenti riguardanti comunicazioni scritte possono essere inseriti tra parentesi nel testo. Articoli accettati, ma non ancora pubblicati, possono essere inclusi tra i riferimenti bibliografici indicando il giornale/rivista ed aggiungendo «in corso di stampa» (tra parentesi). I riferimenti bibliografici devono essere verificali dagli Autori con le documentazioni originali. Elencare tutti gli Autori se in numero di 6 o inferiore a 6; se 7 o più elencare solo i primi 3 seguiti da «et al.» come nell’esempio che segue: 1) Spears JR, Henney C, Preevski P, et al. Reperfusion microvascular ischemia attenuated with aqueous oxygen infusion in a porcine coronary occlusion model. Circulation 1999;100:512-5. Avvertenze. l vocaboli in lingua straniera e in latino dovranno essere scritti in corsivo (salvo diversa indicazione degli Autori). In tutti i casi in cui appare un’abbreviazione nel testo (come per gli acronimi), questa dovrà essere preceduta dalle parole per esteso, salvo il caso di simboli o unità di misura standard. La redazione si riserva il di ritto di apportare al testo modifiche di uniformità grafica-redazionale. I manoscritti respinti non saranno restituiti, ma, a richiesta, sarà restituita l’iconografia allegata. I lavori che non rispettino le norme sopra indicate saranno restituiti agli Autori.
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