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Il mito del Superuomo
INTRODUZIONE "lo sono l'impero alla fine della decadenza" (P.Verlaine) Oggetto del mio elaborato é il "mito del Superuomo" di Nietzsche, forzatamente piegato da D'Annunzio, letterato che si colloca nel nostro Decadentismo, alle sue teorie, attraverso l'analisi dell'ambiente culturale europeo ed in particolar modo italiano tra fine Ottocento e inizio Novecento. Lo scenario alla fine del secolo XIX può essere riassunto nello scontro tra due tendenze ideologiche: una in declino, di carattere razionalista, umanitario e progressi sta , nata dall' incontro tra il positivismo e il socialismo riformista; l'altra, innovatrice, che si richiama a filosofie dell'azione con una carica aggressiva e agonistica, e afferma la supremazia della forza sul di ri tto e sulla solidarietà, la necessità e la bellezza della lotta e della guerra, la subordinazione dei bisogni sociali all'interesse nazionale, la necessità di un governo forte. Il pensiero del filosofo tedesco Nietzsche, incentrato sulla critica radicale a tutti i valori tradizionali, viene interpretato, in realtà, in funzione politica, ridotto a idee di sopraffazione sociale giustificate dalla pretesa superiorità di un individuo slegato dalla morale comune e dalla massa anonima. La tendenza "aristocratica" del filosofo , che si rifletterà ne "l'esteti.smo militante" di D'Annunzio, l'ideolo9,.iadell'età degli imperialismi che accompagnò l'Europa nel suo precipitare verso la tragedia del nazismo e delle due guerre mondiali. Il colonialismo, nato come risposta alla necessità di ristrutturazione capitalistica, necessariamente si associa con il militarismo e il razzismo che determina una serie di tensioni fra i vari stati e popoli che fanno presagire il conflitto. In tale contesto gli intellettuali ricercano, o almeè
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no Cl provano, nUOVl strumenti per la lettura corretta della realtà, quella sociale e individuale. La ri volta contro la tradizione sfociò nel Decadentismo, identificato come la svolta del Novecento, movimento nato dal bisogno di rottura con le vecchie tradizioni ottocentesche o illuministe, positiviste o romantiche. Abbandonato l'obiettivo di una narrativa "scientifica", i decadenti riscoprono la dimensione del sogno e dell'immaginifico, si allontanano dalla realtà storica in nome di una visione puramente estetica della vita, frutto di una ricerca dell'essenza delle cose, della discesa nella realtà più profonda. L'estetismo della fine. del secolo, che si rifletterà nel protagonista del romarizo "Controcorrente" di Huysmans, considerato il manifesto del Decadentismo europeo, non si limitò al culto della bellezza secondo i canoni del romanticismo, ma si basò su uno stile di vita improntato all'eleganza, alla raffinatezza, alla sensualità. Questo è il tema predominante del romanzo "Il Piacere" di D'Annunzio o de "The Picture of Dorian Gray" di Oscar Wilde. Il decadentismo, accogliendo le pulsioni della vita interiore e del mistero, dà origine a diverse correnti o poetiche particolari, quali il Simbolismo, l'Estetismo, l'Impressionismo, il Surrealismo, il Dadaismo e, nell'ambito italiano, il Panismo, l'Ermetismo, il Futurismo e il Crepuscolarismo. Le direzioni di ricerca sono varie e tuttavia si possono legare a due momenti della cultura europea : Simbolismo ed Estetismo, i cui maggiori rappresentanti in Italia sono Pascoli e D'Annunzio. In realtà anche in Italia non c'è una corrente unificante, ma piuttosto poetiche individuali: quella del "Superuomo" in D'Annunzio, del "fanciullino" in Pascoli, del "santo" in Fogazzaro. Elemento unificante, possiamo dire, è la ricerca di nuovi strumenti espressivi in contrapposizione alla sciatteria de11 'ultimo romanticismo, è il ri fiuto aristocratico della società contemporanea in ciò che essa ha di abitudinario. L'intellettuale, e più specificatamente il poeta, non è più il vate del Romanticismo che guidava il popolo, né il cantore della bellezza del Rinascimento, né il convinto sostenitore della "ratio scientifica" illuministica. E' un veggente, capace di intuire la realtà, scavando nell'interiorità umana, e di cogliere il mistero dell'ignoto, in solitudine. Ecco i nuovi strumenti conoscitivi: intuizione a arte. L'intuizione, saltando i vari piani di conoscenze della logica, consente di penetrare
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direttamente nelle cose; l'arte, servendosi de11'intuizione, diventerà conoscenza autentica del reale e sarà in grado di esprimere l'inconscio e l'irrazionale attraverso folgorazioni improvvise. Da qui grande importanza alla poesia, caratterizzata da un forte individualismo e soggettivismo. Portavoce di questo mondo di suggestioni cui dava vigore una forte ideologia nazionalista ed imperialista, fu Gabriele D'Annunzio. Influenzato da una lettura parziale e superficiale di Nietzsche, ne accentua le norme di comportamento e di morale connesse all'idea del Superuomo: rovescia l'elemento aristocratico tipico del decadentismo in spettacolo da offrire al pubblico e lo fa creando anzitutto il mito di se stesso, l'intellettuale più celebre e chiacchierato dell 'epoca in Italia. Egli tenne conto con grande tempismo delle esperienze letterarie straniere contemporanee sia in prosa che in poesia, senza però sentirne profondamente i valori. COS1, se Andrea Sper-e lli , il protagonista del romanzo "Il piacere" (1889), rappresenta l'uomo raffinato e colto, amante dell'arte e delle donne, Claudio Cantelmo impersona il superuomo nelle "Vergini delle rocce" (1895), mentre nel Notturno (1921) prevale un ripiegamento dell'autore su se stesso, assieme a una tematica più intima e riflessiva. Si allentano le componenti superomistiche e l'Autore scopre un altro se stesso in una dimensione più vera.
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FRIEDRICH
W. NIETZSCHE
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L'IMPORTANZA
DEL NEL
PENSIERO PANORAMA EUROPEO
DI NIETZSCHE
Il penSIero filosofico di Nietzsche ha rappresentato per decenni il bisogno di rinnovamento, di una ricerca di valori, di una rinascita della civiltĂ europea necessaria per affrontare il torbido nichilismo nel qua-
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le la società moderna era entrata. Nietzsche divenne cosi. il f i losofo della crisi, il fondatore d'un modo di pensare nuovo, il miglior interprete della fine di un mondo e del bisogno di emancipazione di tutta un'epoca. Profeta insieme della decadenza e della rinascita, dette origine alle interpretazioni più discordi, che si tradurranno nelle influenze più diverse. Volta a volta materialista o antipositivista, esistenzialista o profeta del nazismo, il filosofo condivide tutte le ambiguità delle avanguardie intellettuali e artistiche borghesi del primo novecento e non a caso diverrà oggetto, in Italia, dell'interpretazione estetizzante di Gabriele D'Annunzio, esercitando un indiscutibile fascino anche sui futuristi. Nietzsche non fu l'estensore di un vangelo della violenza, ma intese porre le condizioni di sviluppo di una civiltà e di un'idea de11'uomo radicalmente rinnovate. Fu uno scrittore asistematico, estremamente originale, la cui produzione si staglia solitaria nel panorama della storia della filosofia moderna e contemporanea. Le opere della maturità, in particolare, sono scritte con uno stile aforistico e poetico: Ii ri smo , tono profetico e filosofia si mescolano in maniera i nes+r cob i le, rendendo spesso di ff i cile e riduttiva l'interpretazione. Rimane costante nell'opera di Nietzsche un'ambiguità di fondo, un'ambiguità socio-politica che ha dato adito a contrastanti strumentalizzazioni politiche. Il f i losofo, infatti, non speci f i cò mai espressamente chi debba essere il soggetto, ad esempio, della volontà di potenza. Molti critici hanno identificato il superuomo in una umanità vivente in modo libero e creativo, ma, molti altri lo hanno limitato ad un'élite che esercita la sua volontà di potenza non solo nei riguardi del caos del mondo, ma anche verso il prossimo. A ciò bisogna aggiungere il problema degli scritti postumi: la ricostruzione sistematica operata dalla sorella Elisabeth e da uno dei discepoli di Nietzsche, oltre a essere ideologicamente discutibile e largamente responsabile delle interpretazioni naziste del pensiero del filosofo, va contro il suo rifiuto netto di ogni sistema filosofico e contro il fascino vivissimo per la forma del frammento e dell'aforisma. L'edizione critica di tutti gli scritti di Nietzsche, a cura di due italiani, (olli e Vattimo, ha restituito, però, l'integrità dei frammenti secondo un ordine cronologico e ha dimostrato come "La volontà di potenza" pubblicata nel 1906 è un'opera profondamente mani polata e addomesticata. ì
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LA MORTE
DI DIO
Con la profezia dell'uomo folle Nietzsche ha voluto mettere in evidenza ciò a cui sta andando incontro la società occidentale. Gli uomini dell'occidente non hanno più bisogno di Dio e, anche inconsciamente, hanno smesso di credere; quindi sono gli stessi uomini dell'occidente cristiano ad averlo ucciso e' non il f i losofo. Egli si rifiuta di fuggire le conseguenze della morte di Dio, ormai più nulla ~ chiaro, sempre più sicuramente si delinea il nulla. Il nichilismo è alle porte, è inevitabile poiché ciò che faceva vivere l'uomo, ossia tutti i valori come la verità, la giustizia, l'amore, la morale, la reli qione...che avevano le loro radici in Dio, spariscono con lui. Se ciò non si può impedire, non per questo bisogna abbassare le braccia. Nietzsche rifiuta questa soluzione che sarebbe quella dei deboli e dei vili. Ciò che è successo è catastrofico per l'uomo come è adesso, ma potrebbe diventare un evento positivo e felice se l'uomo riuscisse ad assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto. Il nichilismo e la morte di Dio rappresentano una tappa dolorosa ma che è segno di nuove vittorie. L'uomo non può vivere in mezzo ad una distesa di rovine: come dunque cancellare l'ombra di Dio senza lasciare l'uomo a compiacersi di fronte al "nulla infinito del nichilismo"? Qual è questa soluzione? Superarsi. Divenire un Oltreuomo. "lo vi insegno l'Oltreuomo. L'uomo è Qualcosa che deve essere superato. Tutti gli Dei sono morti. Noi vogliamo che l'Oltreuomo viva". Fin dai filosofi greci Socrate e Platone, la filosofia ha sempre predicato la sottomissione; alle filosofie sono poi subentrate efficacemente le religioni, in particolare la religione cristiana, che ha potentemente contribui to a trasformare l'uomo in un "aborto sublime". È ormqi tempo di rovesciare tutto allo scopo di permettere all'uomo di diventare finalmente ciò che deve essere: un Oltreuomo.
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LA SOLUZIONE ALLA MORTE DI DIO: L'OLTREUOMO E LA VOLONTA DI POTENZA ....
"L'uomo è un cavo teso tra la bestia e l'oltreuomo, un cavo al di sopra di un abisso". È questa l'immagine chiave con cui Nietzsche tratteggia il concetto di
Oltreuomo nell'opera "Cosi parlò Zaratustra", un. rinnovamento interiore che si realizza attraverso l'apertura a nuovi valori. L'Oltreuomo nietzschiano è l'uomo che riesce ad affrontare il caos della vita senza rifugiarsi nelle comode certezze costruite dall'uomo, quali la figura di Dio, la morale cristiana e la storia; si configura quindi come un'entità umana che sa superare le difficoltà della vita proprio perché le accetta, rappresenta una forma di umanità collocata totalmente oltre l'uomo qual è oggi che tende invece a fuggire di.fronte alla vita. L'01treuomo accetta di vivere il proprio presente ma anche di rivivere il proprio passato, poiché, secondo Nietzsche, non esiste un filo conduttore che lega la storia: non c'è dunque un progresso ma un "eterno ritorno dell'identico". In ultima istanza L'Oltreuomo è reso dalla parabola delle tre metamorfosi: l'uomo comune è un cammello che piega la testa alla storia e alla metafisica; questo si trasforma successivamente in un leone, caratterizzato da una forza distruttrice, dunque negativa, e infine nel fanciullo: l'incarnazione dello spirito dionisiaco che vive libero dalle categorie del bene e del male. Essenziale nell'Ubermensch è la volontà di potenza. La volontà di potenza è ciò che permette all'Oltreuomo di accettare e vivere veramente la vita, il desiderio di creare e rinnovare in continuazione i valori da seguire abbandonandosi ad una pulsione vitale infinita: la volontà di potenza è dunque "volontà di vita". Tale concetto è espresso in modo esauriente nello Zarathustra ove è scritto: "dove ho trovato la vita, ho trovato anche la volontà di potenza". La volontà di potenza è
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mettere i.n atto tutto ci.ò che è potenzi.ale nell'uomo, schi.acci.ato dalla morale dei. deboli., degli. schi.avi..
LA STRUMENTALIZZAZIONE
che è ri.masto·
DI NIETZSCHE
La lettura completa di.'Ni.etzsche è suffi.ci.ente ad escludere le false i nterpretazi.oni. che vorrebbero fare di. lui. i.l pre~ursore del razzi.smo anti.semi.tae del sogno hi.tleri.ano. Ni.etzsche non apprezzava affatto i. tedeschi.! Certo, anche lui. era tedesco, ma se ne rammari.cava, non esi.tando a di.re a proposi.to di. Schopenhauer: "fu tedesco solo per caso, come lo sono i.o". Nemi.co acerri.mo di. tutti. i. nazi.onali.smi.,lo è i.n parti.colare di. quello dei. tedeschi. i. quali., "al posto della cultura hanno messo la folli.a poli.ti.ca e nazi.onale"; con vi.olenza poi. denunci.a le loro due i.mbeci.lli.tò: "l'i.mbeci.lli.tò anti.-francese e l'i.mbeci.lli.tòanti.-ebrai.ca", i.l che faceva di. lui. un profondo ammi.ratore di. questi. due popoli. e delle loro culture. Il concetto di. 01 treuomo e di. volontò di. potenza furono i.nterpretati. i.n mani.era aberrante i.n parti.colare modo dal nazi.onalsoci.ali.smo, che li. uti.li.zzò per avvalorare la teori.a dell'esi.stenza di. una razza ari.ana pura, desti.nata a conqui.stare e gui.dare i.l mondo. L'Oltreuomo non è bi.ologi.camente superi.ore agli. altri., solo che i.n lui. la vi.ta sovrabbonda e la volontò di. potenza si. di.spi.ega totalmente. La volontò di. potenza non è desi.deri.o di. domi.nare bensi desi.deri.o di. creazi.one, di. conoscenza: "la volontò di. potenza non consi.ste nel bramare, e neanche nel prendere, bensi nel creare e nel dare". Il Nazi.onalsoci.ali.smo di.storse totalmente l'i.dea di. volontò di. potenza, facendolo di.veni.re un si.noni.modi. volontò di. potere, bramosi.a di. prevalere sugli. altri.. Per quanto ri.guarda i.l concetto di. Oltreuomo i.l Nazi.smo ha deli.neato questa fi.gura nel popolo ari.ano che, secondo Hi.tler, trami.te ogni. mezzo, anche la vi.olenza, avrebbe ri.ordi.nato i.l mondo secondo la di.fferenza raZZlale. Il pi.ano hi.tleri.ano prevedeva i.nfatti.la salvaguardi.a dell'ari.anesi.mo ed i.l totale anni.entamento delle razze "i.nferi.ori.",gli. "Untermenschen" ("sottouomi.ni.").
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Il nazismo identificò nell'ebraismo la fonte di tutti i mali che affliggevano la Germania: a causa di questa concezione oltre sei milioni di ebrei morirono nei campi di sterminio.
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GABRIELE
D'ANNUNZIO
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IDEOLOGIA
DI UNO SCRITTORE
D'AZIONE
"Mi sento spinto a ristabilire l'ordine gerarchico nel secolo del suffragio universale, cioè nel secolo in cui ognuno pensa di credere di avere il diritto di giudicare tutto e tutti" Testimone ed interprete di aspetti fondamentali della crisi della società italiana tra fine Ottocento e inizi Novecento, grazie alla sua sensibilità artistica dispcnibi le a recepire le suggestioni letterarie più
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diverse, Gabriele D'Annunzio dà or t qt ne ad una poetica nuova, in grado di stupire e allo stesso tempo di assumere la dimensione aristocratica in contrasto con una società non protagonista, che dovrà essere soggetta alla figura del "SUPERUOMO", da cui verrà educata alla religione dell'arte. Un personaggio perciò raffinato, impegnato a soddisfare lo spirito estetizzante proprio delle classi aristocratiche, che si alimenta di dell'edonismo, bellezza, e panismo, cioè tendenza ad identificarsi nella natura. E' la costruzione di una vita inimitabile, vissuta come un'opera d'arte, che mira a divenire un vero e proprio mito di massa: è la volontà di dominio; il disprezzo del pericolo, l'amore per la violenza e la guerra acanto al culto della bellezza. La raffinatezza dannunziana si rivela anche nello stile, nel linguaggio, nella ricercatezza della parola in grado di ammaliare, nell'esaltazione del potere dominatore della stessa. "Il verso è tutto", scrive D'Annunzio ne "Il Piacere": parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincidono. L'analogia, la metafora, la sinestesia, sono le tecniche espressive atte a ristabilire il contatto tra uomo e natura, a scavalcare i limiti fatti dalla civiltà democratizzante. L'arte è insomma anche uno strumento privilegiato per superare il divario tra civiltà e natura, tra cultura e istinto: "Natura e Arte sono un dio bifronte". D'Annunzio aboli. ogni separazione tra arte e vita: l'arte fornisce le aspirazioni e gli ideali ai quali lo stile di vita dell'artista deve conformarsi. Adeguando il proprio standard di vita a un modello neoaristocratico, in CUl convivono sperpero e lusso atteggiamenti dandistici ed eroica azione militare, edonismo raffinato e sensuale con accumulo esagerato degli oggetti pi~ eccentrici e vistosi, egli fa del suo stile "inimitabile" un mito, sapientemente costruito e alimentato per giovani insoddisfatti della propria realtà, ma provvisti di studi classici quanto basta per apprezzare il linguaggio e dei riferimenti culturali sofisticati anche se spesso vuoti. Suggestionare con il suo stile la massa, che pure egli disprezza, suscitare ammi rato stupore nella piccola borghesia mediamente colta è l'effetto di un repertorio di gesti e di convenzioni che permettono al dandy di trasformarsi in Superuomo in un mondo di ideali. fragili.: attinge alla cultura classica la figura simboli.ca del poeta-vate che trova nuovo vigore nelle nascenti filosofie irrazionalicome quella di Njetzsche.
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IL SUPERUOMO "Il mondo è la rappresentazione di pochi uomini superiorl, i quali 10 hanno creato e quindi ampliato e ornato nel corso del tempo e andranno sempre più ampliandolo e ornandolo nel futuro. Il mondo quale oggi appare, è un dono magnifico largito dai pochi ai molti, dai liberi agli schiavi: da coloro che pensano è sentono a coloro che debbono lavorare" ("Le Vergini delle Rocce") L'idea dannunziana di "SUPERUOMO" deriva da quella elaborata dal filosofo tedesco Nietzsche, dal quale recepì sia il richiamo a una grecità carica di pulsioni irrazionali sia il "mito del "superuomo". In D'Annunzio l'Obermensch di Nietzsche trova la sua perfetta identificazione con l'artista: non è tanto la vita a tenere dietro all'arte, ma l'arte a seguire le eccentricità della vita. Ne "Il Piacere" (1888) l'estetismo sensuale di moda in Europa, teorizzato da Huysman con il romanzo "A ritroso" del 1884, si fonde con il bellicismo, che non ha più solamente motivazioni nazionalistiche ma diventa celebrazione della violenza e della strage. L'esteta unisce, perciò, il culto della forza, intesa come "prima legge della natura, indistruttibile, i noboli b i Le", a quello della bellezza, trasformandosi da dandy in superuomo, un individuo proteso all'affermazione di sé, al di fuori di ogni remora di ordine morale e sociale. Al di sopra delle plebi, egli, pertanto, avanzerà nella vita portato da una "quadriga imperiale" ("Volontà, Voluttà .....), energie che saranno poi convogliate sul terreno della politica per la realizzazione di un'impresa titanica. L'ideologia superomistica trova la sua esposIzIone programmatica ne "Le vergini delle rocce" (1896) e nel "Fuoco" (1900), in cui è forte la denuncia dei limiti della realtà borghese nel nuovo stato unitario, una demolizione dei principi democratici ed egualitari, del parlamentarismo e dello spirito affaristi.co e speculativo che contamina il valore della bellezza che pochi sono in grado di apprezzare. D'Annunzio arriva perciò
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ad auspicare l'affermazione di una nuova classe dirigente aristocratica che si elevi verso una forma ideale di esistenza, e comandi il paese attraverso il culto del bello e dell'azione eroica, al di sopra delle leggi, proclami la giustizia della ineguaglianza dell'istinto di lotta di predominio. Questa élite deve portare l'Italia, culla della cultura latina e perciò europea, di nuovo al comando del mondo, di nuovo ai fasti imperiali dell'antica Roma ("Le vergini delle rocce"). Egli perciò insiste sui temi della grandezza, dell'orgoglio e dell'eroismo "estetizzante". L'interpretazione dannunziana del pensiero di Nietzsche è volta, quindi, a recuperare i valori che il recente corso positivistico-materialistico e democratico ha distrutto. L'immagine romanzesca del superuomo apparve per la prima volta nel 1892 in un articolo pubblicato su "Il Mattino" di Napoli, "la bestia elettiva", nel quale D'Annunzio presenta Nietzsche come "il grande rivoluzionario aristocratico".
I SUPERUOMINI IMPERFETTI DEI ROMANZI: "IL TRINFO DELLA MORTE", "LE VERGINI DELLE ROCCE", "IL FUOCO" , "FORSE CHE si FORSE CHE NO" Il primo romanzo in cui inizia a delinearsi la figura del superuomo è il "Trionfo della morte", pubblicato nel 1894, dove non viene ancora proposta compiutamente la nuova figura mi t i co , ma c'è la ricerca ansiosa e frustrata di nuove soluzioni. L'opera è incentrata sul rapporto contraddittorio ed ambiguo tra Giorgio Aurispa, che cerca di trovare l'equilibrio tra superomismo e misticismo, e aspira a realizzare una vita nuova, e l'amante Ippolita Sanzio, sentita come la "nemica", primigenia forza della natura che rende schiavo il maschio. Il tutto sullo sfondo "dionisiaco" delle terre abruzzesi. Giorgio vive, quindi, il rapp~rto con l'amante come limitazione, come ostacolo e solo con la morte si libererà da tale condizione. Giorgio Aurispa, il protagonista, l'eroe, è ancora un esteta simile ad Andrea Sperelli ("Il Piacere"), che non è all'altezza delle proprie aspirazioni perché malato nella volontà. Viene inaugurato così un motivo, quello dell'inetto, che sarà sviluppato ampiamente nella narrativa italiana del primo Novecento da autori come Luigi Piran-
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dello e Italo Svevo. Nel frattempo D'Annunzio scopre, insieme a Nietzsche, la musica di Wagner: auspica una prosa con elementi musicali cosi. vari "da poter gareggiare con la grande orchestra di Wagner nel suggerire ciò che solo la musica può suggerire". Il protagonista, Giorgio Aurispa, ammiratore di Wagner e in particolare di Tristano e Isotta, simbolo di amore e morte, incapace di salvezza, uccide se stesso e la donna: la vicenda di Tristano e Isotta, esaltata dalla suggestione della musica, cui D'Annunzio dedica riflessioni molto ampie, fa da modello alla tragedia di Giorgio, e Ippolita. Ben diversamente si pongono i protagonisti dei. due successivi romonz t , "Le vergini delle rocce", pubblicato sul "Convito" nel 1895, e "Il fuo~, redatto nel 1900, non a caso definiti rispettivamente dal critico Carlo Salinari il «manifesto politico» e il «manifesto estetico» del superuomo dannunziano. Claudio Cantelmo, protagonista del primo romanzo, vagheggia una rinascita dello spirito creatore della nobiltà rinascimentale della guerra e della cultura, capace di bloccare il percorso verso la democrazia imboccato dalla società dopo la Rivoluzione francese. Al valore dell'uguaglianza egli contrappone, infatti, quello della disuguaglianza: il suo ideale politico si riassume in un potere in mano a "pochi uomini superiori", capaci di creare la società e la bellezza anche a beneficio delle masse. Obiettivo di Contelmo diventa, quindi, quello di sposare una delle tre principesse borboniche (appunto le vergini delle rocce) per realizzare il grandioso progetto di generare quell'individuo eccezionale, superiore, capace di diventare il nuovo "re di Roma". L'opera , tutta in prima persona, delinea l'ideologia e le aspirazioni di un aristocratico musicista guidato dall'insegnamento socratico a godere delle bellezze caduche e da quello nietzschiano a operare il riscatto dei pochi uomini superiori. Ne "Le vergini delle rocce", quindi, superuomini, responsabi li, grazie alla loro sensib i Ii. tà, gui.dare l'cr-ì s+ocr-oz i o al comando dello stato. "Il fuoco", pur narrato in terza persona, é percorsa da allusioni. autobi.ografiche, a parti.re dalla relazi.one amorosa del protagonista, Steli.o Effrena, con l'attri.ce Foscari.na, i.ncui é riconoscibile quella dell'autore con Eleonora Duse. L' "tmcqirri fi.co" Stelio l'arti.sta capace non solo di. comunicare alla masse una nuova arte, ma anche di. trasmettere è
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loro un più porte empito di rigenerazione della stirpe. Egli Vlve, lnfatti, nella certezza della propria superiorità sui comuni esseri umani, della propria capacità di dominare la realtà e l'arte, e sente pienamente di avere, perciò, il diritto assoluto al godimento del piacere e della bellezza. L'obiettivo di Steli o è, quindi, la creazione di un'opera teatrale sublime in cui si fondano la musica e poesia, sull'esempio di Wagner e superandolo. L'amante dl protagonista, la grande attrice Foscari nn , accetta pienamente questa superiorità del protagonista e vive, quindi, escl.usivomente in funzione della realizzazione delle grandi aspettative artistiche dell'uomo. Nel "Forse che si forse che no" il protagonista, Paolo Tarsis, trova il riscatto e la gloria grazie ad un eroico volo aereo. La macchina diviene, in tal modo, il mezzo che consente al superuomo la sua affermazione. Paolo è la reincarnazione dei superuomini precedenti ma, a differenza di questi, non appartiene ad una nobile casata ma è un borghese estraneo agli influssi decadenti e dedito all'azione. Questo romanzo rappresenta la piena adesione di D'Annunzi.o alla contemporaneità e gli strumenti della tecnologia moderna diventano cosi oggetto di letteratura, riverberando un atteggiamento culturale assai sentito in quegli anni, in primo luogo dal movimento dei futuristi, che esaltavano il dinamismo della modernità e i valori dell'individualismo. Anche in questo romanzo sono presenti elementi autobiografici, come l'esperienza del volo che D'AnnunZlO ha sperimentato e avrà occasione di ripetere prove anche al limite del rischio come il volo su Vienna o la beffa di Buccari.
Dalla ncerca della comunione immediata con le forze primiqenie della vita, accogliendo e vivendo l'esistenza molteplice della natura, D'Annunzio approda al panismo: un dissolversi dell'io, un immergersi totale nelle cose, abbandonandosi alla suggestione dei sensi e dell'infinito; per un altro verso è una nuove creazione poetica della realtà. '11 desiderio di rivelare una sensibilità particolare non è in contrapposizione all'esaltazione del Superuomo. Infatti comune ad entrambi gli atteggiamenti è l'esaltazione di quella che lo stesso D'Annunzio chiamò "la quadriga imperiale" della sua anima, cioè l'unione di "Voluttà" e istinto, orgoglio e volontà. Comune è l'esaltazione del poeta come artefice di un mondo nuovo, anche attraverso la costruzione di immagini, suoni, sensa-
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Mentre l'Ital i o scendeva in guerra (24 maggio 1915) trascinata dal radiosomaggismo, stava sorgendo, quindi, anche una nuova oratoria, che non aveva bisogno dei fatti ma dell'immaginazione, e che attraverso la mistica di un capo carismatico comunicava a ciascuno la forza di una coerenza fittizia, la certezza di un rito collettivo. Nell'eloquenza dell'esteta, che si proclamava ora non pi u "un grido e un allarme" ma "un sempl ice compagno tra compagni", prendeva forma lo stile moderno della propaganda, del discorso politico di massa non più rivolto ad un'éli.te ma ad una comunità di compagni di cui si condivide il destino nella magia degli slogan e delle parole d'ordine. Anche la parola, insomma, si faceva gesto, ebbrezza d'azione, istante assolato da consumare in sé stesso, nella forza sensuale di una presenza aggressiva come in uno spettacolo di delirio o di entusiasmo rituali. Nonostante il suo "viso grinzoso di vecchietto richiamato" la guerra fece di D'Annunzio un eroe di nuovo giovane, per quanto non si possa negare che egli rimase sempre un "avventuriero privilegiato", estraneo agli orrori putridi e comuni della trincea, ma pronto a sfidare la morte con la logica singolare del giocatore d'azzardo. Esempi di eroismo furono l'impresa di Buccari e il volo su Vienna. Alla fine della guerra il tenente colonnello D'Annunzio lasciava il fronte in un "misto di gioia e di scontento", col sospetto che la vittoria potesse venire tradita e la vecchia politica riprendesse il suo corso come se l'evento della guerra non fosse stato il crepuscolo del mondo borghese e l'inizio di una rivoluzione. Lo assillava soprattutto la questione della Dalmazia e dell 'Adriatico, per la quale iniziò subito una nuova campagna di stampa contro le trattative diplomatiche in corso, assumendo ancora il ruolo di agitatore delle coscienze, di interprete della febbre nazionalistica nello scontro delle generazioni: nessuno meglio di D'Annunzio, che era l'eroe della guerra poteva parlare alla massa dei reduci insoddisfatti, dei giovani che avevano combattuto e ora aovevano rassegnarsi al grigiore della vita comune declassati in un contesto sociale incerto e precario. Mentre c'era già chi salutava in lui "il solo Duce del popolo ital i ono e intrepido", la posizione negoziale ital i ono alla Conferenza di Pace di Parigi fini con l'indebolirsi, in quanto Fiume non era compresa nei compensi territoriali del Patto di Londra (stipulato tra il governo italiano e quello inglese il 26 aprile 1915), come
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sosteneva invece Vittorio Emanuele Orlando. L'Italia fu accusata di imperialismo e la città di Fiume divenne città-stato, presidiata da un corpo di occupazione alleato. La mancata assegnazione all'Italia di Fiume e della Dalmazia contribui ad alimentare il mito della "vittoria mutilata": in molti ambienti si diffuse la convinzione che gli oltre seicentomi la morti della guerra erano stati "traditi", mandati i nut i lmente al macello, e tre anni di sofferenze erano servite solo a distruggere l'Impero asburgico ai confini d'Italia per costruirne uno nuovo e ancora più ostile ad essa. ,In questo frangente fu decisivo l'intervento di D'Annunzio, che non avendo mai rinunciato a rivendicare i diritti dell'Ital i o su Fiume, prese l'iniziati va: a Venezia' il "poeta-soldato" raggruppò gli ufficiali che facevano parte di un nucleo d'agitazione che aveva per motto "O Fiume o morte!", con i quali organizzò l'offensiva. Con a capo 9000 legionari irregolari e volontari, tra cui nazionalisti, frange estreme del sindacalismo rivoluzionario e alcuni gruppi fascisti, D'Annunzio parti da Ronchi, nei pressi della cittadina dalmata di Monfalcone e, attraverso una marcia di circa 70 km, raggiunse Fiume, prendendone il possesso il 12 settembre 1919, mentre le forze di occupazione franco-anglo-americane preferirono astenersi da interventi armati.
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1/ Così D'Annunzio scriveva a Mussolini l'II settembre 1919: iniziava l'impresa di Fiume
I legionari speravano in tal modo di facilitare l'annessione al Regno d'Italia della città, ma il governo italiano, però, non seppe opporsi XIX
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efficacemente a questo atto di forza e d'insubordinazione dell'esercito, mettendo cosi in luce la fragilità dello Stato liberale e dando ulteriore forza ai gruppi più reazionari. Badoglio, incaricato di prendere misure contro gli occupanti, si limitò ad attuare un blocco degli approvvigionamenti che fu facilmente aggirato da una campagna di raccolta fondi attuata dal direttore de "Il Popolo d'Italia", Benito Mussolini.
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Mentre l'impresa fiumana incontrava crescente favore presso gli ambienti militari e le forze antidemocratiche, il presidente del Consiglio Nitti pronunciò un duro discorso di condanna, nel quale sostenne che "l'Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterari dei vones i i" . Mussolini, sempre più vicino alla questione irredentista e nazionalista, giunse a dichiarare, d'altro canto che "il suo discorso è spaventosamente vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla ppura che egli ha degli alleati. Quest'uomo presenta continuamente un'Italia vile e tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacalli di Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosi piccini, che diminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E' più facile il contrario". Il vero governo d'Ital t o , secondo Musso lini, quindi, era a Fiume, non a Roma. Il 20 settembre 1919 D'Annunzio ottenne i pieni poteri e il 16 ottobre, incalzato dall'incessante blocco milita-
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re de11'esercito regio, dichiarò Fiume una "piazzaforte in tempo di guerra". Il plebiscito del 26 ottobre 1919 segnò il trionfo di D'Annunzio che ottenne 6999 voti favorevol i all'annessione su 7155 cittadini fiumani votanti. Sull'onda del successo D'Annunzio espresse a Mussol i ni un proprio progetto: marciare su Roma alla testa dei suoi uomini e impadronirsi del potere. ~ussolini, non certo l'articolista di D'Annunzio, in questo momento più popolare di lui, convinse il "poeta-soldato" del fallimento dell'azione. Compl ice la diffusa situazione di incertezza sia in Italia (caduta del governo Nitti, maggio 1920) che all'estero, l'occupazione di Fiume proseguì. per mesi e l'8 settembre 1920 D'Annunzio istituì. la "Reggenza Italiana del Carnaro", dotandola una costituzione, la "Carta del Carnaro", scritta dal capo di gabinetto Alceste De Ambris ma rimaneggiata personalmente dal Vate; allo stesso tempo si pose a capo del nuovo governo, proclamandosi Duce. Di fronte alla proclamazione dello stato corporativo dannunziano vennero intavolate dirette trattative diplomatiche tra i due regni di Italia e Jugoslavia al fine di trovare un accordo sui confini e di regolare la questione fiumana. L'accordo internazionale fu infine siglato il 12 novembre 1920 col Trattato di Rapallo, fortemente voluto dal nuovo presidente del consiglio Giovanni Giolitti, che, in politica estera, ebbe cura di ricomporre la frattura diplomatica causata dalla spedizione di Fiume, rinunciando al mandato sull'Albania e promuovendo una campagna militare di sgombera della città. Con il trattato gli stati firmatari riconobbero e garantirono l'indipendenza dello Stato libero di Fiume, che avrebbe dovuto sostituire la ~ genza Italiana del Carnaro, ma al contempo negoziarono clausole segrete
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che avrebbero attribuito la ceSSlone alla Jugoslavia del delta del fiume Eneo e del bacino di Porto Baross. Il 31 dicembre, al termine del "Natale di sangue", durante il quale sanguinosi furono gli scontri armati tra l'eserci to regio e i legionari, vista la sconfitta, D'Annunzio firmò la resa: la Iugoslavia ebbe la Dalmazia (eccetto Zara) e Fiume diventò uno Stato libero e indipendente. Anche se la base fascista aveva partecipato alla Reggenza del Carnaro Mussolini si mostrò, in un secondo momento contrario e distaccato dinanzi agli occhi delL'op inione pubblica, appoggiando l'operato di Giolitti per due motivi: .legittimazione del movimento fascista agli occhi della legalità; • dimostrazione del l 'inefficacia della diplomazia e dei parlamen +or i
Pochi anni più tardi alcuni tra i legionari confluirono nelle file fasciste. Come stabilito nel Trattato di Rapallo la città di Fiume venne annessa all'Italia nel 1924, incrementando la popolarità di Mussolini e del Fascismo.
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