La formazione del giovane Croce

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Marco Martini

La formazione del giovane Croce

Edizioni ISSUU.COM


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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio, 14, 80132, Napoli, Anno Accademico 2002/03. Seminario di Filosofia. Relatore: PROF. MARIO AGRIMI (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”). Giornate di studio: da lunedì 18 a venerdì 22 novembre 2002. Tema del Seminario: LA FORMAZIONE DEL GIOVANE CROCE 1. Tra erudizione e filosofia. 2. Il rapporto con Labriola e l’incontro con il marxismo. 3. Croce, Labriola, Gentile. 4. La tesi di estetica e l’esigenza “sistematica”. 5. La fondazione de << La Critica >> e la “rinascita” dell’Idealismo. Fondamentale bibliografia relativa al Corso. (Atti del Convegno a cura del Dott. Marco Martini). 1. Tra erudizione e filosofia (lun.18/11/2002 h. 17,30-19,30). Quest’anno ricorre il 50° anniversario della morte di Benedetto Croce (1952-2002). Agrimi è un celebre studioso della cultura italiana del ‘700 tesa a confluire nel pensiero crociano; è docente all’Università di Napoli “L’Orientale”, di cui è stato anche rettore. Croce è un intellettuale come Hegel conscio del tempo in cui vive, come si evince dal Contributo alla critica di me stesso: la lettura di Marx gli suggerì quella di Hegel, per la necessità di risalire alle fonti. Verso la metà del 1815 Croce scrisse, da neutralista qual era di fronte alla prima guerra mondiale, Teoria e storia della storiografia, in cui emerge la tesi per cui la tesi per cui la storia, illuminata dalla filosofia, “è sempre storia contemporanea”. Il Contributo alla critica di me stesso è un’opera giovanile, ma non ‘autobiografica’ in senso stretto: è infatti una biografia intellettuale. Croce rifiuta i generi delle confessioni, delle memorie, dei ricordi. Scrisse anche le Memorie della mia vita, un testo poco studiato, un manoscritto poi utilizzato da Croce stesso nel Contributo alla critica di me stesso, in cui, riprendendo un pensiero di Goethe, sostiene che lo storico, come fa storia degli altri, deve fare anche quella di se stesso. Dal 1895 al 1900 si svolge il dibattito sulla critica al marxismo: Croce scrive Materialismo storico ed economia marxista (1900), in cui si distacca dal pensiero marxiano, al quale si era avvicinato da giovane grazie al suo incontro con Labriola. L’individuo è “poca cosa” fuori del “tutto”, scrive Croce, e la storia di noi stessi è fatta alla luce del “sentire presente”: sono questi temi crociani destinati ad avere ampio sviluppo in seguito, con la tesi della perenne contemporaneità della storia e con la tesi dell’universalità dell’arte, in cui l’uno è “nel tutto” grazie al sentimento. Nella concezione estetica crociana il sentimento è infatti il contenuto dell’immagine, che senza il sentimento è “vuota”. Croce distingue inoltre la storia dalle memorie, che sono solo “cronache” della nostra vita. La storia non è neanche “apologia”. Nel 1938 Croce pubblica La storia come pensiero e come azione: la conoscenza storica si completa con il bisogno dell’agire, la filosofia coincide con la storia. L’errore, per Croce, non esiste, dal momento in cui viene riconosciuto come tale: in tal caso è infatti ricondotto al vero. Si notano, sia in Croce che in gentile, anche influssi del razionalismo cartesiano e spinoziano: Gentile considera come errore anche il male e la natura, che vengono superati e ricondotti al Vero, al Bene, allo Spirito. Conoscere storicamente il passato significa quindi riscattarsi dall’errore. 2. Il rapporto con Labriola e l’incontro con il marxismo (mart. 19/11/02 h. 17,30-19,30). Gennaro Sasso è il più grande studioso di Croce, ed in questi giorni (19-29 novembre 2002) h inaugurato una mostra a Palazzo Filomarino della Rocca, presso l’Istituto di Studi Storici “Benedetto Croce”, nella strada omonima, a Napoli. Nel giovane Croce balenò l’idea del suicidio dopo il terremoto di Casamicciola, in cui perse la sorella ed entrambi i genitori.


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Nel 1876 cade l’ultimo ministero Minghetti e prende il potere la Sinistra storica; Croce si forma in casa dello zio Silvio Spaventa, in questo clima culturale. Casa Spaventa è frequentata anche da Antonio Labriola. Già sedicenne, Croce assisteva alle lezioni sulla logica hegeliana di Bertrando Spaventa, ma non solo non si appassionò ad Hegel, ma lo ritenne addirittura incomprensibile per la difficoltà oggettiva dei suoi scritti. Il giovane Croce frequentava anche le lezioni di Labriola, allora herbertiano: Croce s’interessò, in particolare, alla morale di Herbart, di tendenza kantiana. La formazione del giovane Croce è di tipo erudito. Nel 1884-85 Croce è a Roma, presso i parenti Spaventa: lo zio Silvio Spaventa ne è il tutore, dopo il terremoto ischitano di Casamicciola, avvenuto nell’agosto 1883. Nel 1886 Croce si trasferisce a Napoli, frequenta la “Società Napoletana di Storia Patria” e viene notato dagli intellettuali napoletani come giovane studioso (si noti che Croce non si laureò mai). A Napoli Benedetto s’interessa degli affari di famiglia e riprende i rapporti con il fratello, scampato al terremoto perché fortunatamente assente da Ischia. A Napoli Croce fa l’erudita. Dal 1886 al 1895 Croce ha nuovi rapporti con Antonio Labriola (che morirà nel 1904). Nel maggio 1895 giunge a Croce un manoscritto di Labriola: è uno studio sul Manifesto del partito comunista di Marx. Il marxismo, per Labriola, andava ben distinto dal Positivismo: del Positivismo Labriola accettava il metodo scientifico, ma rifiutava il materialismo, perché il materialismo del marxismo è economicismo ed è quindi diverso dal materialismo chimico, fisico e biologico positivista. La critica crociana del Positivismo è mediata da Labriola. Croce dimostra di essere anche un attento lettore Marx, in particolar modo del III° libro de Il capitale. Già nel 1936-37 Croce sa bene cos’è il socialismo dell’Un ione Sovietica: un sistema totalitario. Labriola, a differenza dei marxisti ortodossi come Kautzky e Plechanov, sostiene che non si può ridurre la sovrastruttura alla base economica, perché esiste una storia, come la storia delle idee, dei processi di coscienza, che non è riducibile all’economia. Questa posizione sarà ripresa da Lenin e da Gramsci (cfr. A. Labriola, Del materialismo storico, 1897). Di fronte alla scelta tra monarchia e repubblica Croce sostenne, per il referendum del 2 giugno 1946, che entrambi i regimi possono degenerare: in questo riprende Aristotele, che sosteneva la corruttibilità delle forme di governo, sia dell’aristocrazia che della democrazia. A Napoli la monarchia conquista il 70% dei voti. Croce prende le distanze dal Decadentismo dannunziano imperialista, da un lato, e dal marxismo dall’altro, dimostrandosi seguace degli ideali del Risorgimento. Nel marxismo Croce vede infatti la prosecuzione e l’attuazione pratica degli ideali del Risorgimento; il marxismo non è quindi una sorta di “metafisica”. Croce comprende la crisi liberale di fine secolo, comprende l’incapacità di Giolitti, Bonomi e Facta, è consapevole della frattura tra popolari e socialisti. Con ritardi si accorse del pericolo fascista e scrisse il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”. Omodeo e De Ruggiero rappresentano l’esempio eclatante di due grandi intellettuali meridionali che sono stati gentiliani: solo dopo molto tempo si sono staccati da Gentile. De Gennaro è invece un intellettuale che ha mantenuto una posizione intermedia tra Croce e Gentile. Il carteggio tra Croce e Gentile, negli anni ’20, è intenso e riguarda quella riforma scolastica iniziata da Croce e portata a compimento da Gentile. Spesso i rapporti indiretti tra Croce e Gentile sono “cifrati”: ad esempio, da una riflessione crociana su Cecco Angiolieri si deducono implicit riferimenti a Gentile e viceversa. 3. Croce, Labriola, Gentile (giov. 21/11/02 h. 17,30-19,30). Sasso, Cotroneo, Tessitore, Agrimi sono i principali studiosi di Croce. La monarchia ha mantenuto un filo conduttore di legalità in Italia, evitando possibili disastri anarchici, come Croce afferma in una nota lettera, ricca di calore umano e di stima, rivolta ad Alcide De Gasperi. Fu a favore della monarchia, ma con moderazione: non ha mai pensato a rimettere sul trono Vittorio Emanuele III, ma semmai il figlio, sotto reggenza. Gentile è ancora laureando a Pisa, allievo di Francesco Jaja ed Alessandro D’Ancona, con cui si laurea, che compone un saggio sulla commedia del ‘500 che invia a Croce. Dal 1898 c’è già un carteggio tra Croce e Gentile. Anche Gentile si colloca nel dibattito europeo sul marxismo e per questo prese contatti con Labriola, ma non ne suscitò l’ammirazione. La differenza fondamentale tra


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Croce e Gentile consiste nel fatto che il primo guarda all’Europa, mentre il secondo si chiude, con l’attualismo, nella cultura italiana. Entrambi rappresentarono comunque un momento cruciale per la storia della filosofia italiana tra fine ‘800 e primo ‘900. Croce ebbe un alto valore morale della patria e si oppose al fascismo convinto del fatto che “non c’è patria senza libertà”. Gentile si interpone tra Croce e Labriola, evidenziando il fatto che la differenza tra i due è notevole e che Croce non stava comprendendo la filosofia marxiana della prassi. Gentile sembrava quasi volere inasprire il rapporto tra Croce e Labriola. Croce, con il tempo, nota come la dialettica marxiana tradisca il principio stesso della dialettica, arrestando la storia con l’avvento della società socialista; a Marx è quindi mancata quella possibilità di “ricaduta”, “ricorso” che Vico aveva, con estrema originalità, intuito. Marx ha avuto il pregio di spiegare le strutture economiche profonde delle società. Nell’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale Croce può definitivamente rompere con il marxismo, che aveva annoverato l’arte, e quindi intuizione e sentimento, nella sovrastruttura. Gentile tuttavia respinge la dialettica crociana come sintesi degli opposti e nesso dei distinti, perché lo Spirito è uno ed unito: Gentile si dimostra quindi più vicino ad Hegel rispetto a Croce. Per Croce la filosofia marxiana della prassi spezza il nesso tra pensiero ed azione, dando importanza solo all’azione. L’unica attività dello Spirito, per Gentile, è il pensiero attuale, cioè il pensiero pensante: il “pensato” viene “archiviato”, con evidenti prese di distanza dalla filosofia platonica. 4. La tesi di estetica e l’esigenza “sistematica” (ven. 22/11/02 h. 17,30-18,30). Croce elabora la propria concezione della storia riprendendo il pensiero vichiano, in base al quale la matematica è scienza fittizia e la fisica non è scienza umana, ma sola divina, perché conoscere significa “scire per causas”. L’uomo ha quindi conoscenza solo della storia, unica vera scienza umana. La storia, aggiunge Croce, non è cronaca, che è invece “storia senza problemi”, semplice narrazione dei fatti. L’estetica crociana riprende i canoni di Baumgarten (cfr. Aesthetica, 1750): Croce studia Baumgarten. Tra il 1902 ed il 1903 Croce fonda <<La Critica>> ed ha già progettato la sua concezione estetica. Nella Logica come scienza del concetto puro Croce sostiene l’identità e la perfetta corrispondenza tra pensiero ed espressione: chi non sa esprimere un concetto, non lo possiede. Croce afferma inoltre l’unità dell’arte e nega la separazione delle arti e dei generi letterari. L’identità tra intuizione ed espressione corrisponde, in ambito estetico, a quella tra forma e contenuto, attività teoretica e pratica, filosofia e storia, che è la vita dello spirito: è quin contenuta, in embrione, l’identità tra pensiero ed azione, che è la storia. 5. La fondazione de <<La Critica>> e la “rinascita” dell’Idealismo (ven. 22/11/02 h. 18,3019,30). Nel 1903, a Napoli, Croce scrive anche un taccuino, intitolato “La rinascita dell’Idealismo”. Mentre in Italia vi è un vero e proprio rilancio dell’hegelismo, in Germania, dopo la Destra e la Sinistra hegeliana, con Marx, che appartiene a questa seconda corrente, l’hegelismo si spegne. Dai taccuini di Croce si è appreso che Mussolini avrebbe chiesto a Gentile di invitare Croce a diventare ministro della Pubblica Istruzione; Croce, da parte sua, avrebbe fatto sapere a Mussolini, tramite Gentile, di non avere questa intenzione: il ministero, di conseguenza, fu affidato dal duce a Gentile, che accettò l’incarico, portando a compimento quella riforma scolastica già progettata da Croce nel 1920-21, quando era ministro della Pubblica Istruzione durante l’ultimo governo Giolitti. Croce, immerso nei suoi studi speculativi, non si era inizialmente accorto del ‘mostro’ che gli stava nascendo accanto: il fascismo. Prese le distanze definitive dal fascismo quando si rese conto che era un regime dittatoriale e violento, dopo il delitto Matteotti, avvenuto nel giungo 1924; anche Gentile prese le debite distanze, ma rimase poi fedele al regime, e questo causò la rottura tra i due. Napoli, alla fine dell’Ottocento, è un crogiolo di cultura con Augusto Vera, Francesco De Sanctis, Bertrando Spaventa, Benedetto Croce: non mancano contatti tra Napoli e la cultura fiorentina e


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toscana di quel periodo, rappresentata da grandi intellettuali quali il linguista Pio Rajna, Annibale Pastore, Comparetti, Chiappelli, lo stesso Pasquale Villari, insigne meridionalista con le Lettere meridionali e Di chi la colpa? O sia la pace e la guerra, ma anche studioso di Machiavelli e di Savonarola e ministro della Pubblica Istruzione (elaborò una riforma scolastica mai entrata in vigore) nel Gabinetto Di Rudinì. Sono questi i ‘grandi nomi’ che lavorano a Firenze tra fine Ottocento e primo Novecento. FONDAMENTALE BIBLIOGRAFIA RELATIVA AL CORSO (TESTI CROCIANI):

- Croce B., Contributo alla critica di me stesso; - Croce B., Primi saggi, II edizione, Bari, Laterza, 1927.


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