Realismo ed utopia in Machiavelli e More

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Marco Martini

Realismo ed utopia in Machiavelli e More

Edizioni ISSUU.COM NICCOLO’ MACHIAVELLI: VITA ED OPERE.


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Niccolò Machiavelli nacque a Firenze nel 1469 e, fin da giovane, riceve un’educazione umanistica, anche se non conosce il greco. Manifestò uno spiccato interesse per l’attività politica, in una Firenze travagliata da una forte crisi politica ed istituzionale: nel 1492, oltre alla scoperta dell’America ed al crollo di Granada, ultima roccaforte musulmana in Spagna, muore Lorenzo il Magnifico; nel 1494 vengono cacciati i Medici da Firenze e si forma la repubblica savonaroliana, che si conclude nel 1498 con il rogo del frate Gerolamo Savonarola. Nello stesso 1498, chiamato da Ludovico il Moro, Carlo VIII di Francia invade il ducato di Milano. Proprio dal 1498 Machiavelli entra servizio della Repubblica fiorentina come segretario della seconda cancelleria e conserva per 15 anni questo incarico; come diplomatico ed ambasciatore fu inviato in Francia e presso Massimiliano d’Asburgo. Ebbe modo di conoscere da vicino personaggi come Cesare Borgia, nota come “duca Valentino”, (figlio del papa Alessandro VI Borgia), che stava costruendo uno Stato in Romagna e nell’Italia centrale. Machiavelli si sposò con Marietta Corsini, dalla quale ebbe 5 figli. Nel 1512 cade la Repubblica fiorentina e tornano i Medici: Machiavelli fu torturato, esiliato e quindi espulso dalla vita politica fiorentina: nel 1513 fu confinato nella sua villa dell’Albergaccio, a San Casciano, in Val di Pesa, presso Firenze. Mantenne, in questo periodo, una vivace corrispondenza epistolare con l’amico Francesco Vettori, come testimoniato dalla nota lettera del 10 dicembre 1513, e si dedicò alla lettura dei classici latini. Nel 1513 pubblica il Principe, suo capolavoro politico, e lo dedica a Lorenzo II de’ Medici (detto “Lorenzino”), con la vana speranza di essere riabilitato nei suoi incarichi politici. Scrive, in esilio, tutte le sue grandi opere (Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, Istorie fiorentine, Dialoghi dell’Arte della guerra, Mandragola, Vita di Castruccio Castracani, Favola di Belfagor Arcidiavolo, Clizia, traduce l’ Andria di Terenzio, ecc.). In questo periodo Machiavelli rientra nella vita politica, ma con incarichi di poco conto. Nel 1527 Roma viene saccheggiata dai lanzichenecchi di Carlo V d’Asburgo ed a Firenze cadono i Medici: si restaura la Repubblica e Machiavelli spera di essere riabilitato nel suo incarico di ambasciatore, ma il suo recente avvicinamento ai Medici gli comporterà invece il suo definitivo distacco da qualsiasi ufficio. Prostrato da quest’amara delusione, morì nello stesso 1527. A) OPERE POLITICHE. I) IL PRINCIPE: TEMATICHE E STRUTTURA. Composto nell’esilio di san Casciano, in Val di Pesa, presso Firenze, nel 1513, è un piccolo trattato politico, costituito da 26 capitoli. La nuova scienza politica fondata da Machiavelli parte da una concezione pessimistica e naturalistica dell’uomo: l’uomo è sempre uguale a sé stesso, nel tempo resta immutato nella sua natura, che è cattiva, ingrata, volubile, simulatrice e sleale. Occorre perciò, quando una repubblica è corrotta (si noti che Machiavelli mostra simpatie repubblicane e considera il ricorso al principe solo quando lo Stato è corrotto) un uomo che si assurgerà a capo dello Stato per forza di intelligenza e volontà sugli altri uomini. L’uomo crea la storia. Il principe dovrà comportarsi, se il bene dello Stato lo richiede, in modo altrettanto ipocrita e simulatore. In ogni caso, è sempre meglio essere temuti che amati. Il principe dovrà essere ‘golpe’ e ‘lione’, ossia astuzia e forza. Politica e morale risultano separate: non si può trattare la politica in dipendenza della morale. La politica è scissa anche dalla religione. La religione non è considerata negativamente, ma è inefficace a reggere le nazioni. L’uomo domina gli eventi con la virtù, che non ha un significato morale, ma che consiste nel sapersi comportare a seconda delle contingenze. La religione è considerata “instrumentum regni”, in quanto dev’essere utilizzata dal principe per catturare il consenso delle masse, e questo soprattutto nella penisola italiana, ove ha un forte peso nelle azioni morali e politiche del popolo, ma è inaffidabile per reggere lo Stato, in modo particolare la religione cattolica, che è basata sul perdono e la carità, ed ha quindi reso debole il mondo ed ha indebolito la virtù politica, volendo inseguire il giusto piuttosto che l’utile. In Italia, Machiavelli considera poi il papato un elemento di opposizione al processo di unificazione politica nazionale. Dell’Umanesimo Machiavelli fa propri i sgg. concetti: 1) la politica è considerata come una scienza autonoma, a sé stante; 2) valorizza l’intelligenza dei singoli, che si elevano sopra la massa; 3) esalta la sovranità dell’uomo nella sfera terrena, aldilà di ogni idealità trascendente.


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Contro la virtù umana può elevarsi, talvolta, la fortuna, che è instabile. La fortuna non è il fato degli antichi, ma è l’imponderabile possibilità che le azioni umane meglio meditate possano fallire. L’agire umano è infatti determinato al 50% dalla virtù ed al 50% dalla fortuna. In Machiavelli non vi è cinismo ed il pensatore fiorentino non è insensibile alle leggi morali: ‘il fine giustifica i mezzi’ non è una frase propria di Machiavelli, anche se rappresenta la sintesi del suo pensiero, ma gli è stata attribuita dai critici del secolo successivo. Machiavelli fa propria la grande lezione di Leonardo, suo contemporaneo, sul ‘metodo sperimentale’: la politica viene esaminata, analizzata come una scienza, e per questo il principe è talvolta costretto (“necessitato”) ad operare contro ogni senso religioso e morale. Nel Principe, infatti, spesso si contrappone una possibilità “A” ad una possibilità “B” (metodo sperimentale). Machiavelli sconsiglia inoltre l’uso di milizie mercenarie, in quanto infedeli e vincolate al miglior offerente: compito primo del capo di Stato sarà quindi quello di costituire un esercito nazionale (cfr. anche Dialoghi dell’Arte della guerra). Capp. I° / IX° - Si esaminano i vari tipi di principato. Alla formazione dei vari principati si può arrivare con la forza, con la legalità e con la fortuna: in ogni caso si devono sempre tenere presenti le possibili ingiurie. Nel cap. VII°, particolarmente importante, si esalta l’opera di Cesare Borgia, detto il “principe Valentino”, figlio del papa Alessandro VI° Borgia (uomo di nota spregiudicatezza politica e morale), l’uomo che meglio ha saputo usare le due armi dell’astuzia e della forza nella reggenza dello Stato. Capp. XII° / XIV° - Si condannano le milizia mercenarie, infedeli. Il principe deve costituire un esercito nazionale, seguendo l’esempio della Roma repubblicana, da Machiavelli studiata e considerata modello ideale di Stato (cfr. Dialoghi dell’Arte della guerra). Cap. XV° - Si parla di come si debba comportare un principe con i sudditi e con gli amici. Per evitare la “ruina” sua e del suo Stato, il principe deve studiare la verità nei suoi concreti effetti (la “verità effettuale”). Solo così il principe potrà ottenere la “preservazione sua e del suo principato”. Capp. XVIII° / XXIV° - Si rielaborano le tematiche del XV° capitolo circa la “verità effettuale” (andare oltre l’apparenza). Capp. XXV° / XXVI° - Si esamina la situazione politica italiana contemporanea e si intravede in Lorenzo II° de’ Medici (detto “Lorenzino”), cui l’opera è dedicata, il liberatore dai “barbari” (stranieri). II) I DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO. E’ una personale rielaborazione della storia romana narrata da Tito Livio nei primi 10 libri dell’opera Ab Urbe còndita (Dalla fondazione di Roma). Machiavelli vuol trarre frutto dagli insegnamenti politici dei Romani. Il trattato è composto da tre libri: 1° libro - si trattano l’origine e la costituzione interna dello Stato repubblicano; 2° libro - si parla dell’organizzazione militare e dell’espansione territoriale dello Stato repubblicano; 3° libro - si studiano le cause che determinano stabilità, progresso e decadenza dello Stato repubblicano. Rispetto al Principe, la teoria politica di Machiavelli è qui più matura e profonda: se a fondare lo Stato è bene che intervenga l’opera di uno solo, a mantenerlo è necessario l’operato di più persone, affinché lo Stato non sia sottoposto a pericoli. III) I DIALOGHI DELL’ARTE DELLA GUERRA. E’ un’opera politica redatta in forma dialogica ed articolata in sei dialoghi, in cui Machiavelli, parlando della guerra, distingue quattro tipi di milizie: 1) proprie (le migliori e le più fedeli); 2) mercenarie (le più pericolose perché vendute al miglior offerente); 3) ausiliarie (pongono l’esercito in balìa dei suoi aiuti); 4) miste (infiacchiscono l’esercito). L’opera, ricca di riferimenti alla storia antica, esalta la Roma repubblicana come modello ideale di Stato, poiché ha saputo formare un esercito nazionale. La decadenza della Roma imperiale si spiega invece, per Machiavelli, con l’adozione delle milizie mercenarie.


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B) OPERE STORICHE. I) LA VITA DI CASTRUCCIO CASTRACANI. Si parla di Castruccio Castracani come modello di condottiero, ma in quest’opera, spesso, la fantasia si sostituisce alla storia: Machiavelli insiste infatti sugli aspetti della vita del condottiero lucchese che maggiormente gli interessano per dimostrare la sua tesi. II) LE ISTORIE FIORENTINE. E’ un’opera a carattere storico in cui emerge il concetto umanistico di disprezzo per il popolo e di esaltazione della intelligenza del singolo, che si eleva sopra la massa. Gli intellettuali, e non il popolo ignorante, secondo Machiavelli, fanno la storia. Tuttavia, come nella Vita di Castruccio Castracani, anche nelle Istorie fiorentine vi è più apologia che storia: l’apologia è l’interpretazione spregiudicata del passato diretta a fini personali, tendenti a dimostrare, in quest’opera: 1) l’inutilità delle congiure, che erano invece assai ricorrenti nel Cinquecento; 2) la condanna delle truppe mercenarie (anche queste assai in uso nel ‘500, come ci testimonia il conflitto franco-asburgico); 3) la concezione della storia come frutto di singoli individui, e non del popolo. E’ quest’ultimo un concetto, come si è già detto, tipico della cultura umanistico-rinascimentale. Dal punto di vista storico, quest’opera, in otto libri, è importante per ricostruire la storia di Firenze fino alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492). Dalla Vita di Castruccio Castracani e dalle Istorie fiorentine si deduce come Machiavelli non si preoccupi molto della veridicità dei fatti storici che riferisce e dell’esattezza delle fonti da cui attinge: sotto questo aspetto è sicuramente più attendibile l’analisi storica del Guicciardini, certamente più serio del Machiavelli anche come storiografo. L’analisi guicciardiniana dei documenti storici è infatti rigorosa, scientifica, oggettiva e quindi migliore di quella machiavelliana. C) OPERE LETTERARIE. I) LA MANDRAGOLA. E’ considerata la commedia migliore del secolo e la continuazione del Principe sulla base dell’idea che ‘il fine giustifica i mezzi’. E’ da tenere presente, in proposito, che il Cinquecento italiano risulta piuttosto povero nel settore teatrale, a differenza dei capolavori europei di questo periodo, che trovano i più celebri commediografi in Moliere (Jean-Baptiste Poquelin) in Francia, William Shakespeare in Inghilterra e Pedro Calderon de la Barca in Spagna. Il mondo della Mandragola è pieno di ipocriti, parassiti, malvagi: emerge la medesima concezione pessimistica dell’uomo presente nel Principe. La trama è semplice: il vecchio Nicia Calfucci, marito di Lucrezia, desidera invano dei figli; il giovane Callimaco, agevolato da un frate, Timòteo, e da un parassita che gli è debitore, Ligurio, fa credere al vecchio Nicia che il problema si possa risolvere facendo bere alla bella e giovane Lucrezia una pozione speciale, preparata con un’erba, appunto la mandragola. Tuttavia, per precauzione, è bene che sia un estraneo a fare l’amore con Lucrezia per la prima volta, perché la mandragola potrebbe provocare la morte del primo amante. All’insaputa di Nicia, questo “estraneo” è appunto Callimaco. L’imbroglio riesce anche grazie alla complicità della madre di Lucrezia. Lo sciocco Nicia ringrazia Callimaco, lo invita a pranzo e gli promette che potrà venirlo a trovare nella sua ricca casa, perché per lui ci sarà sempre una stanza. Alla fine, tutti vanno in chiesa con fra’ Timoteo, che ha ricevuto denaro per convincere Lucrezia della moralità dell’azione, per una preghiera di ringraziamento a Dio per l’avvenuto “miracolo”. La burla, la scaltrezza e la spregiudicatezza vengono esaltate. L’utilità del fine viene raggiunta, quindi, indipendentemente dalla moralità dei mezzi: in questo senso si può affermare che la Mandragola prosegue il Principe. Da notare che anche la Chiesa, tramite fra’ Timòteo, è complice dell’inganno: per questo motivo la commedia sarà immediatamente iscritta, dalla Chiesa, all’indice dei libri proibiti. II) LA FAVOLA DI BELFAGOR ARCIDIAVOLO. E’ una novella e rientra, pertanto, nelle opere letterarie dell’autore e testimonia l’impegno del pensatore fiorentino anche nel genere della novellistica. Tende ai motteggi, alla burla, all’arguzia. La trama è semplice: il diavolo Belfagor si reca sulla terra per vedere se veramente i mariti sono vittime delle mogli e, dopo 10 anni di matrimonio con una fiorentina, preferisce tornare all’inferno.


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D) REALISMO ED UTOPIA: MACHIAVELLI E THOMAS MORE. Tommaso Moro, pensatore politico inglese contemporaneo di Machiavelli, nell’Utopia, sua opera fondamentale, vagheggia l’esistenza di uno Stato ideale, un’isola di nome “Utopia”, in cui tutti gli abitanti (gli “utopiani”) vivono felicemente: non esiste la proprietà privata, non esiste il denaro, ma il baratto di oggetti ed animali e l’oro ed i preziosi sono strumenti di gioco nelle mani dei bambini; si può cambiare lavoro, in modo da non radicarsi a nessuna forma di proprietà ed è lecito svolgere la professione che si desidera. “Utopia” è un termine greco che significa “luogo che è in nessun luogo”: nella lingua corrente ( u topos ); nella lingua corrente è diventato sinonimo di ‘irrealizzabile’. E’ doveroso osservare, in proposito, che studi recenti hanno rovesciato o comunque discusso tale rigida impostazione (cfr. I. Comparato, Modelli nella storia del pensiero politico, Olschki, Firenze). Machiavelli è uno scrupoloso indagatore della realtà politica, ma ricerca i modelli della repubblica fiorentina nella repubblica romana, mentre Moro, pur ipotizzando l’esistenza di uno Stato ideale, ricerca le radici del modello politico inglese nell’Inghilterra del suo tempo. Sembra pertanto cadere il paradigma tradizionale, che vedeva Machiavelli e Moro rispettivamente come pensatori realista ed utopico. E) LA ‘FORTUNA’ DI MACHIAVELLI. Il Principe, appena pubblicato, fu immediatamente condannato dalla Chiesa e messo all’indice (come anche la Mandragola, come si è visto, per le accuse mosse alla corruzione del clero). Nel XVII° secolo s’inizierà una vasta campagna antimachiavellica con l’opera Della Ragion di Stato di Giovanni Botero. Botero sostiene che la politica deve tener conto della morale, perché “il principe deve inseguire maggiormente il giusto che non l’utile”. Il principe dev’essere, a questo fine, assistito da un “consiglio di coscienza” composto da esperti di diritto ecclesiastico. Si consideri che Botero vive nel clima della Controriforma e risente, come si è notato, di tale situazione politica. F) MACHIAVELLI E GUICCIARDINI. Francesco Guicciardini, pensatore politico fiorentino contemporaneo di Machiavelli, nella sua opera Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli intono alla prima Deca di Tito Livio, concorda con Machiavelli sulla politica intesa come scienza autonoma dalla religione e dalla morale, ma sostiene che non ci si può affidare a regole universali, poiché gli eventi cambiano continuamente, dal momento che l’uomo insegue sempre il suo “particulare” interesse. Guicciardini dissente inoltre da Machiavelli sulla necessità di uno Stato unitario, ma sostiene invece l’opportunità di un sistema di repubbliche aristocratiche, indipendenti tra di loro e dallo straniero, sia pure in reciproca collaborazione in caso di guerra contro un invasore straniero. La tesi guicciardiniana sul “particulare” emerge anche nei Ricordi politici e civili, un compendio di 403 massime a carattere morale che biasimano la decadenza della nostra penisola, teatro di guerra durante il conflitto francoasburgico: nel VI° “Ricordo” si afferma che “E’ grave errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente e, per dire così, per regola, perché quasi tutte hanno distinzione e eccezione per la varietà delle circunstanze, le quali non si possono fermare con una medesima misura: e queste distinzione e eccezione non si truovano scritte in su libri, ma bisogna le insegni la discrezione”. La “discrezione” è infatti la capacità di “discernere”, distinguere caso per caso. Di particolare importanza sono anche la Storia d’Italia (soprattutto il Proemio) e la Relazione di Spagna; in questa ultima opera sono riportate le notizie del Guicciardini circa la sua missione di ambasciatore in Spagna. G) CENNI SULLA TRATTATISTICA. Si ricordino, in questo campo, nel primo ‘500, il Galateo di Monsignor Giovanni Della Casa e Il Cortegiano di Baldesar Castiglione; il primo insiste sul buon comportamento da tenere a tavola, mentre il secondo ricerca il modello del perfetto uomo di corte, come Machiavelli aveva ricercato il modello del perfetto uomo politico: si esaminano quindi le categorie rinascimentali di “modello” e di “perfezione”. GENERI DELLE OPERE DI NICCOLO’ MACHIAVELLI


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1) Opere politiche: a) Principe; b) Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio; c) Dialoghi dell’arte della guerra. 2) Opere storiche: 3) Opere letterarie:

a) Istorie fiorentine; b) Vita di Castruccio Castracani. a) Mandragola; b) Favola di Belfagor Arcidiavolo.


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