Trattato di teologia fondamentale

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MARCO MARTINI

TRATTATO DI TEOLOGIA FONDAMENTALE

EDIZIONI ISSUU.COM


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CORSO DI TEOLOGIA FONDAMENTALE

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PRESENTAZIONE

Nella 1° parte del corso ci chiederemo: che cosa è la Rivelazione; _ qua1i sono i contenuti essenziali del messaggio cristiano; _ in cosa consiste la risposta della fede a Dio che è venuto a noi e ci ha parlato; _ che cosa è la teologia in quanto scienza della fede e della·rivelazione.

Nella 2° parte, per fondare ragionevolmente la fede e la teologia, ci chiederemo se la Rivelazione è una realtà, oppure un mito o una favola.

Concluderemo che la Rivelazione è un fenomeno storicamente celio: cioè Dio è veramente intervenuto nella nostra storia, con quella rivelazione, di cui la Chiesa è la depositaria e autentica mediatrice per essere la nostra salvezza.


PROGRAMMA

1) L'UOMO IN CERCA DI SALVEZZA - Situazione dell 'uomo contemporaneo - L'anelito alla salvezza è stato ed è universale - Le religioni sono una risposta al bisogno di salvezza - Il cristianesimo è la via particolare della "salvezza plenaria"

2) LA RIVELAZIONE - Cosa è la rivelazione -Etimologia e concetto - Vie della rivelazione - Fasi della rivelazione - La Bibbia: libro sacro della rivelazione ebraico - cristiana - Contenuto essenziale della rivelazione - Rivelazione ancora aperta, oppure chiusa?

.3) LA FEDE, RISPOSTA DELL'UOMO ALLA RIVELAZIONE - Cosa è la fede? Cosa significa credere? -Come si arriva alla fede -Progressi e regressi neI1a vita di fede - Difficoltà a credere oggi


- Fede e comunità - Fede e azione 4) LA TEOLhGIA, DELLA FEDE

APPROFONDIMENTO

DELLA

RIVELAZIONE

E

- Etimologia - Definizione - Oggetto della teologia - Su cosa si fonda e su cosa lavora la teologia - Fondamenti perenni della teologia (parola di Dio scritta e Sacra Tradizione) - Il contributo della ragione - Divisione della teologia 5) LE FONTI: DOCUMENTI ANTICHI CHE PARLANO DI GESU' - Fonti non cristiane - Fonti cristiane non canoniche - Fonti canoniche - I vangeli: valore storico e attendibilità - I segni che Cristo offre a noi, oggi, perché gli crediamo

Conclusioni:

Solo l'Amore, che è Dio stesso, può ridare all'umanità contemporanea, la speranza e la gioia. Solo l'Amore, nell 'evento Gesù Cristo, è credibile.


L'UOMO IN CERCA DI SALVEZZA

La Costituzione pastorale Gaudium e Spes (GS) espnme l'apertura della Chiesa verso il mondo. Con la GS viene superata la contrapposizione dualistica tra Chiesa e mondo. Dialogo e solidarietà costituiscono l'asse portante del documento conciliare. Al nA la GS mette in evidenza la condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo. Nel documento si afferma: 1) che l'umanità vive un periodo nuovo caratterizzato da profonde trasformazioni sociali e culturali che hanno portato riflessi anche nella vita religiosa; 2) che c'è stato un progresso della scienza,dell'economia e della tecnica, tuttavia una gran parte dell 'umanità è ancora oggi tormentata dalla fame, dalla miseria e dall'analfabetismo; 3) che si sono affermate nuove forme di schiavitù sociale e psichica e che permangono gravi contrasti politici, sociali, economici, razziali e ideologici. Al n? 9 d) la G.S. afferma inoltre che il mondo si presenta potente e debole, capace di operare il meglio o il peggio. In mezzo agli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo, rimane uno squilibrio di fondo: lo squilibrio dell'uomo ed il problema della salvezza. La situazione, dalla celebrazione del Vaticano II ad oggi, si è aggravata ulteriormente. Riflessioni nella vita religiosa: l'uomo ha sostituito il vero Dio con altri dei., che hanno illuso e promesso la felicità. In questi ultimi decenni stiamo assistendo a quello che viene definito il "crepuscolo degli dei" Stanno infatti crollando e mettendo quindi in crisi l'uomo moderno, i "grandi miti" o dei

Grandi Miti: benessere, progresso scientifico e tecnico, la libertà • BENESSERE: il benessere non ha portato e non sta portando all 'uomo la felicità che aveva promesso ed a cui ogni uomo aspira. Anzi, possiamo dire che con il crescere del benessere materiale è cresciuto il malessere spirituale dell 'uomo. (malessere fatto di solitudine, ansia, insoddisfazione) tanto che nei paesi in cui è maggiore il benessere è maggiore anche il ricorso al suicidio ed alla droga. • IL PROGRESSO: al progresso scientifico non ha corrisposto un progresso culturale e morale, infatti non siamo diventati né più umani né più fraterni, anzi è cresciuto l'egoismo individuale e di gruppo. E' aumentata l'indifferenza e la


chiusura ai bisogni degli altri ed alla sofferenza. La scienza ha certamente risolto certi problemi, ma ne ha creato altri più gravi e terribili: spettro del1a distruzione totale dell'uomo e della vita, per mezzo delle armi atomiche. • LA LIBERTA': la libertà assoluta, svincolata da ogni rapporto con Dio e la legge moralt\ ha portato al libertinaggio che degenera nell ' egoismo e nell'edonismo. L'uomo di oggi, in questa situazione, è inquieto e disorientato: sente sempre più impellente ed urgente il bisogno di essere salvato. E' come un naufrago in mezzo al mare che cerca di aggrapparsi a qualcosa che ]0 salvi. L'uomo potrà trovare la salvezza? Dove la troverà? Chi potrà offrirgliela? Inoltre l'uomo non conosce più se stesso: non sa più rispondere alle domande fondamentali: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Perché c'è il dolore e la morte? Sono domande fondamentali, universali e costanti: sfuggire a queste domande significa rinunciare ad esistere. Non si può vivere senza cercare e dare un senso alla propria vita. Da un'indagine risulta che in Italia, nel 60% dei casi, a tentare il suicidio non siano malati di mente o depressi psichici, ma persone che hanno smarrito il senso della vita. • La nostra società inoltre, è tutta protesa a dare risposte su COME vivere, ma è sorda e cieca sul PERCHE' vivere. Alle domande di senso sono possibili 3 risposte: l) L'uomo è indifferente, vive alla giornata, si butta a capofitto nel lavoro, nello studio, nello sport senza concedersi momenti di riflessione. 2) Molti trovano il senso della propria vita nelle razionalità e nelle propria esperienza: si impegnano per la conquista e la difesa dei grandi valori umani. C'è chi si dedica alla ricerca scientifica; chi al bene del prossimo; chi nelle lotte politiche per la liberazione degli oppressi. Sono risposte IMMANENTI, cioè dentro il mondo. La storia però testimonia che, da sempre, alcuni uomini, in tutti i tempi, hanno mirato più in alto trovando il senso della loro vita in una realtà TRASCENDENTE, cioè che supera la singola persona, il mondo, la storia. 3) Risposta religiosa: l'uomo, dopo aver constatato la propria finitezza, intuisce la possibilità dell'esistenza di qualcosa o qualcuno che lo trascende e che dà un senso alla vita. La risposta al radicale bisogno di senso, è stata elaborata ed offerta dalle religioni Nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate (NA) al n.l leggiamo che le religioni sono una risposta al bisogno di salvezza: sono tentativi di redenzione. Al n.2 dello stesso documento si afferma che le religioni si sforzano di superare l'inquietudine del cuore umano, proponendo vie. Per gli uomini che non conoscono il cristianesimo, queste religioni restano l'unica via di salvezza: Dio continua ad offrire la salvezza mediante esse. 2


, Sebbene il Concilio riconosca in tutte le religioni un valore salvifico, tuttavia afferma che il CRISTIANESIMO E' LA VIA PARTICOLARE DELLA SALVEZZA PLENARIA ( NA n.2 ). Perché? Perché, diversamente dalle altre religioni, non parte dal basso, cioè dallo sforzo uman~ ma è RIVELAZIONE DIVINA: viene da DIO stesso, che scende e si china sull'uomo. L'uomo di oggi può quindi trovare la salvezza nel Suo Signore e Maestro, che è la chiave, il centro e il fine dell 'uomo nonché di tutta la storia, (GS n.l O)

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LA RlVELAZIONE

Cosa è la rivelazione? La rivelazione è la prima realtà del cristianesimo: il mistero che ci comunica tutti gli altri mistei E' I'avvenimerito decisivo che ci fa conoscere la salvezza e i mezzi per raggiungerla. E' la l" categoria su cui si fonda ogni ricerca teologica. La parola rivelazione deriva dal latino "retro velum dare" e dal greco "apokaljptein" e significa "scoprire ciò che è nascosto" , "togliere il velo". In termini generali la rivelazione è la manifestazione di una realtà pnma sconosciuta, oscura, nascosta. Può essere umana se avviene da uomo a uomo; divina se è Dio a manifestarsi. Per quanto riguarda la rivelazione divina, bisogna sempre tenere presente che, anche quando Dio si rivela, resta comunque un MISTERO: un mistero insondabile, da scoprire progressivamente, in una esperienza di fede che esige un' adesione vitale. La rivelazione divina è quindi, la manifestazione di Dio e dei suoi disegni che sono velati alla ragione umana e segreti perché misteriosi. IlMagistero della Chiesa dedica alla rivelazione divina un intero documento: la Costituzione dogmatica DEI VERBUM. (DV). Il dettato conciliare e quello biblico sul quale si fonda il Magistero, descrivono la Rivelazione con la categoria della parola anzi del dialogo amichevole. Già il PROEMIO della DV, facendo proprie le parole di S. Giovanni, contiene in germe tutto ciò che il l capitolo della Costituzione afferma sulla Rivelazione. Infatti troviamo in esso: l'oggetto, il modo, la trasmissione e la finalità. I) L'oggetto: la vita eterna. E' Dio stesso che si apre agli uomini e si comunica ad essi come Verità e Vita. 2) Il modo: la vita eterna di Dio si manifestò a noi in Cristo. 3) La trasmissione: l'annuncio di S. Giovanni è una testimonianza e così è l'annuncio della Chiesa. 4) La finalità: la Koinonia, cioè la comunione con il Padre e il Figlio. La D.V. al n.2 inizia a parlare della Rivelazione con la frase" Piacque a.Dio" : questa frase pone l'accento sulla libera e gratuita iniziativa di Dio. La Rivelazione è GRAZIA. Con questa attività personale, libera e gratuita, Dio viene a contatto con gli uomini per dialogare con loro e in vista di una precisa fmalità: la comunione di vita. La D.V. afferma qundi che l'attività rivelatrice di Dio include 3 aspetti fondamentali: la manifestazione, l'appello, la comunicazione. ?

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MANIFESTAZIONE: Dio invisibile e nascosto, mosso dalla Sua bontà esce dal suo mistero ed entra nella storia. Rompe il silenzio che lo avvolge e parla all'uomo per comunicare ciò che Egli è e vuole essere per lui, secondo il suo disegno di salvezza. Parla alI'uomo come farebbe un amico con degli amici ( dialogo amicale): Dio volendosi rivelare ha assunto il linguaggio umano dell' amicizia. La manifestazione però, non è fine a se stessa: include un appello. APPELLO: Dio chiama, invita l'uomo a stringere un'alleanza d'Amore, una comunione d'Amicizia con Lui Trinità. COMUNICAZIONE: L'attività rivelatrice termina con la comunicazione di Dio, il quale "si dà" a quanti rispondono al suo appello e lo riconoscono come il Signore e il Salvatore. La Rivelazione è perciò un evento: un EVENTO DI SALVEZZA, nel quale il Dio Vivente si apre all'uomo per farlo partecipe della Sua stessa Vita.

VIE DELLA RIVELAZIONE L'uomo può entrare in contatto con Dio e lo può conoscere vitalmente, alla maniera biblica, solo se Dio gli viene incontro e gli si manifesta in una forma umanamente e storicamente intelligibile. Le vie sono 2: 1) una NATURALE o COSMICA, cioè attraverso la testimonianza del mondo creato: è rivolta a tutti gli uomini; 2) una SOPRANNATURALE, Rivelazione propriamente detta, cioè attraverso la rivelazione storica e personale.

LA RIVELAZIONE COSMICA La Rivelazione e la creazione sono 2 realtà spesso accostate nella S. Scrittura, nei Padri della Chiesa e nei documenti del Magistero. La creazione vi è presentata come un tipo di manifestazione divina e anche come Parola di Dio. " Nello studio dei rapporti tra creazione e rivelazione si devono considerare 3 questioni: ~ l) Per quale via il popolo ebraico ha conosciuto il Dio Creatore: per le opere della creazione o per gli avvenimenti nella storia? 2) In che modo le opere della creazione sono manifestazione di Dio e quale è la natura di questa manifestazione? 3) Quali sono i punti d'incontro e di divergenza tra la rivelazione naturale e quella soprannaturale?

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1) DAL DIO DELLA STORIA AL DIO DELLA CREAZIONE Nell' Antico Testamento noi troviamo che di fatto il popolo ebraico ha conosciuto il Dio Creatore, non partendo dall'universo attraverso una riflessione metafisica, ma attraverso gli interventi di Dio nella storia. Dal Dio della storia è risalito al Dio della creazione. Cronologicamente il Dio dell'Alleanza è stato conosciuto prima del Dio della Creazione. Dio si è rivelato al popolo innanzi tutto come il Dio Salvatore che libera il suo popolo dalla schiavitù per fare Alleanza con Lui. Perciò l'idea di creazione sarà sempre associata a questa idea di salvezza e di potenza. La creazione apparirà come la proiezione nel passato della potenza di Dio esercitata nella storia e come il l " atto della storia della salvezza. La liberazione dall'Egitto e lo stabilirsi del popolo nella terra di Canaan presuppongono che Dio sia padrone della natura e dei popoli della terra. Soltanto in un 2 momento, attraverso la riflessione ispirata, il popolo ha compreso che, se Dio è padrone di tutto e dispone di tutto, è perché ha suscitato dal nulla tutte le cose. E' perché Dio è creatore di tutte le cose, che agisce continuamente nella natura e dirige la storia di Israele. Poiché, la creazione è stata compresa partendo dalla storia della salvezza, resterà sempre associata a questa storia e spiegata alla luce di questa storia, specialmente alla luce dell 'Esodo e dell'Alleanza. L'origine del mondo è concepita come una specie di esodo preistorico, come una manifestazione della potenza di Dio e un pegno delle sue future vittorie. CREAZIONE, ESODO e SALVEZZA ESCATOLOGICA costituiscono 3 momenti di uno stesso trionfo di Dio e questi 3 momenti si illuminano reciprocamente ( Is. 44,24-28). Per Israele, dunque, la creazione è il I? capitolo della storia della salvezza. E' il Dio della storia che esso contempla nel Dio della creazione. La stessa cosa si può dire del cristiano che contempla nell 'univfrso l'opera del Cristo, nel quale tutte le cose hanno essere e consistenza ( Col. 1,16). 0

2) LA CREAZIONE COME MANIFESTAZIONE DI DIO Accanto a questa conoscenza di Dio Creatore partendo dal Dio della storia e della fede, il Magistero della Chiesa, sempre appoggiandosi sulla S. Scrittura parla di una manifestazione di Dio e di una conoscenza autentica di Dio al di fuori di ogni rivelazione 'positiva. La D.V. al n.3 distingue una duplice manifestazione di Dio basandosi sulla Scrittura: Rom. 1, 19-20. San Paolo nella lettera ai Rom. 1,19-20 afferma che la creazione è una manifestazione permanente di Dio e delle Sue perfezioni. 6


La conoscenza di Dio di cui parla Paolo non è il frutto della rivelazione ebraica o cristiana, ma si tratta di una conoscenza acquisita con il lume della ragione, riflettendo sulle opere della creazione. Infatti Dio, prendendo personalmente l'iniziativa, ha manifestato agli uomini quanto si può conoscere di Lui, perché la creazione è come un libro aperto nel quale possiamo leggere continuamente le perfezioni di Dio. L'intelligenza, partendo da ciò che ha sotto gli occhi, intuisce ciò che non vede, osservando il mondo, tutti gli uomini vi dovrebbero riconoscere la potenza e la maestà del Suo Autore: se non ve la trovano sono inescusabili.

IL CONCETTO DI RIVELAZIONE NEL VATICANO I E NEL VATICANO II I! Vaticano I nella Costituzione Dogmatica DEI FILIUS (D.F), distingue 2 tipi di manifestazione divina e perciò 2 vie di accesso alla conoscenza di Dio. La D.F" afferma: l) la possibilità, non la dimostrazione, della conoscenza di Dio con il lume della ragione; 2) la possibilità di tale conoscenza è radicata nella stessa natura dell 'uomo e non viene mai meno, nemmeno quando l'uomo ha peccato; 3) il mezzo che permette alla ragione di conoscere Dio con certezza è quello delle creature. Solo in seguito la D.F. parla di rivelazione soprannaturale come di un intervento libero e amoroso di Dio, che introduce l'uomo nell'iNtimità con Lui e con il Suo disegno. I! Vaticano I difendeva la ragione, contro coloro che la umiliavano negandole ogni possibilità di arrivare, per via ascendente, alla conoscenza di Dio. Difendeva però la rivelazione soprannaturale contro coloro che accordavano alla ragione piena autonomia e piena sufficienza, riducendo la rivelazione cristiana ad una realtà puramente immanente all'uomo. La prospettiva del Vaticano II nella D.V. è capovoltau parla subito della rivelazione personale e storica di Dio culminante in Gesù Cristo (D.V. 2-4), nonché della fede come adeguata risposta alla rivelazione soprannaturale (D.V. 5); solo alla fme del capitolo l (D.V. 6) recupera il dato del Vaticano I sulla rivelazione naturale e sulla possibilità dell'uomo di conoscere Dio. • Un recupero importante per il nostro tempo, quando si pensi alla pretesa scientifica dell' ateismo contemporaneo. Dal confronto dei 2 testi conciliari emergono alcune differenze: 1) " Piacque a Dio": nella D.F. il "Piacque a Dio" vuole sottolineare il contrasto tra lo sforzo religioso dell'uomo alla ricerca di Dio ( At. 17,26-31) e il dono che Dio fa all'uomo rivelando se stesso in Cristo. Nella D.V. il " Piacque a Dio" apre in assoluto il discorso sulla rivelazione e pone l'accento sulla libera e gratuita iniziativa di Dio nel suo atto di rivelarsi: la rivelazione è grazia; 7


2) "Rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà": Circa l'oggetto della rivelazione, la D.V. segue la D.F. La rivelazione, prima di far conoscere qualcosa, ci mette di fronte a Qualcuno, il Dio Vivente in Gesù Cristo. Tuttavia la D.V. sostituisce la parola "decreti" con il termine paolino il "mistero della sua volontà": si vuole con ciò evocare tutto intero il disegno salvifico svelato e attuato in Cristo ( carattere cristocentrico della rivelazione) e si vuole sottolineare l'unità tra rivelazione e salvezza, che viene espressa dalla proposizione "mediante il quale gli uomini hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina"; 3) "Parla agli uomini come ad amici": di ciò non c'è traccia nel Vaticano I . Alcuni Padri del Concilio Vaticano II fecero osservare che era forse eccessivo dire che " Dio parla agli uomini come ad amici" e avrebbero preferito l'espressione" come a figli", ma la formula "come ad amici", ugualmente biblica, rimase nel testo defmitivo. Essa esprime quella risonanza personalistica e amicale di tutta la rivelazione biblica, che la D.V. ama riproporre anche nell 'ultimo capitolo (n.21).

4) RIVELAZIONE NATIJRALE E SOPRANNATIJRALE: Basandosi sulla S. Scrittura e sul Magistero, i teologi distinguono una duplice forma di rivelazione: una naturale, l'altra soprannaturale e propriamente detta. La conoscenza di Dio per mezzo del mondo è già rivelazione, perché è un dono di Dio e comporta, da parte dell'uomo, un omaggio religioso. Arriva alle soglie del mistero, ma non vi entra. La rivelazione soprannaturale invece, ha come principio l'avvicinarsi benevolo e gratuito del Dio Uno e Trino ed ha un fme immediato: la fede. Questa rivelazione inaugura un dialogo, un'amicizia, una comunione ed una partecipazione di bene tra Dio e la sua creatura. In defmitiva ciò che distingue le 2 forme di rivelazione è che nella sola rivelazione soprannaturale si realizzano in pieno i concetti di parola e di testimonianza.

, LA RIVELAZIONE SOPRANNATIJRALE E' la rivelazione propriamente detta. E' Dio in persona che, liberamente interviene in un dato punto della storia e dello spazio, che agisce e che parla , che si abbassa fino a noi, adattandosi al nostro linguaggio, assumendo la nostra vita e perfino la nostra debolezza.

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Come noi siamo abituati a comunicare con gli altri mediante suoni articolati o mediante segni grafici o gesti significativi, così Dio, a più riprese, ha comunicato con gli uomini mediante parole ed eventi. La rivelazione, afferma il Concilio nella D.V. 2 si è compiuta con EVENTI E PAROLE: Dio si è fatto conoscere attraverso l'esperienza storica della sua presenza. 1) LE PAROLE: quelle che Dio ha detto direttamente ad Abramo, a Mosè, ai profeti, agli apostoli, a persone suscitate, mosse ed ispirate da Lui, per essere gli interpreti nella storia dei Suoi gesti e dei Suoi voleri. Ognuna di quelle parole divine, sotto forma umana, non sono suoni vani, ma parole in azione. La parola ( DABAR in ebraico) del Dio Vivente é sempre attiva: opera salvezza nella storia; svela il misterioso disegno di Dio nella vicenda storica e in essa fa conoscere il Suo volto; impegna l'uomo, lo salva. ~ 2) GLI EVENTI: Per comunicare con gli uomini a Dio non basta la parola dell' amicizia e dell' amore, Egli pone in atto una presenza operante: Dio rivela agendo.(Gen. 1). La D.V. al n02 afferma che "eventi" e "parole" , questi due modi della rivelazione sono intimamente connessi: esiste una mutua interdipendenza, si integrano e si illuminano a vicenda. In altri termini, l'evento che è già in se stesso rivelatore, dona solidità e consistenza alla parola e, il senso degli eventi giunge a maturazione nelle parole. Certamente l'uomo rivela se stesso attraverso i suoi gesti più che con le sue parole. Le azioni umane sono ambigue, passibili cioè di molti sensi e molte interpretazioni. Non siamo in grado di interpretare in termini sicuri i gesti altrui, i perché, le intenzioni, il senso di ciò che fanno. Il fatto umano resta ambiguo, a motivo della sua densità e unicità. Come si risolve l'ambiguità dell'agire? Il mezzo ordinario per risolvere l'ambiguità delle gesta umane (e divine) è la parola che le interpreta. L'interpretazione dei fatti avviene nella rivelazione, come del resto nella vita e nella storia degli uomini, mediante una PAROLA CHE PRECEDE IL FATTO e manifesta l'intenzione e il senso di ciò che uno si appresta a compiere, oppure una PAROLA CHE SEGUE IL FATTO e lo interpreta nel suo siFificato conforme all'intenzione dell' agente. Le PAROLE proclamano e spiegano il mistero contenuto nei fatti. Prendi un esempio dall'AT e dal NT. E' la P rola rivolta da Dio a Mosè che interpreta l'Esodo come la l ° tappa del lungo cammi o verso la terra promessa. "Dio qi fece uscire di là per condurci nel paese che aveva giurato ai nostri padri di dardf' (Dt .6,23) e non "perfarci morire difame nel deserto" (Es. 16,3). E' la ~arola di Pietro, al mattino di Pentecoste, che attesta che gli apostoli non sono ubriac91' ma sotto l'effetto dello Spirito Santo (At. 2,15). /

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I FATTI, a loro volta, confermano la verità delle Parole. L'esodo conferma la promessa fatta da Dio a Mosè di voler salvare il suo popolo. Lo Spirito Santo conferma la promessa fatta da Gesù agli apostoli di non volere lasciarli soli. La struttura della rivelazione soprannaturale è SACRAMENTALE: fatti spiegati per mezzo di una parola. La connessione tra evento e parola conduce alla saldatura tra rivelazione e salvezza. L'intero capitolo l ? della D.V. collega intimamente la rivelazione e il suo scopo: Dio si rivela allo scopo di unire a se l'uomo e comunicargli la sua stessa Vita, cioè allo scopo di salvarlo. Parole ed eventi costituiscono insieme l'attuazione progressiva della salvezza.

LA STORIA: LUOGO DELLA RIVELAZIONE La rivelazione, in quanto intreccio di eventi e parole, è storica. Il Dio dell' AT e NT è un Dio che fa irruzione nel campo della storia umana e vi si manifesta con le grandi opere che vi compie. Gli Ebrei sono stati i primi a contrapporre ad una concezione ciclica del tempo, una concezione lineare. Sono stati anche i primi a valorizzare la storia come Epifania di Dio. E' in Israele che avviene per la I" volta l'incontro della rivelazione con la storia. Per Israele il tempo è lineare: ha un inizio e una [me. La salvezza si attua in una storia temporale: è legata ad una successione di avvenimenti che si svolgono secondo un piano divino e si incamminano verso un fatto unico: la morte e la risurrezione del Cristo. Israele vive nella natura, ma il suo centro di attenzione è la storia. Ciò che conta non è tanto il ciclo annuale dove tutto ricomincia, ma ciò che Dio fa, ha fatto e farà secondo le sue promesse. Se Israele ha rotto con la concezione ciclica del tempo, è perché ha incontrato Dio nella sua storia, che questo incontro ha avuto luogo un giorno e che ha rovesciato la sua esistenza. La STORIA è dunque il LUOGO DELLA RIVELAZIONt. Il giudaismo, il cristianesimo e l'Islam sono le sole religioni che rivendicano una rivelazione fondata sulla base della storia. Tale concezione di una rivelazione nella storia ha un duplice effetto: l) Valorizzare l'a storia. Se Dio interviene nella storia per manifestare la sua volontà, gli stessi avvenimenti storici acquistano una nuova dimensione: diventano portatori delle intenzioni di Dio e danno alla storia un significato, una direzione;

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2) L'idea di una rivelazione nella storia dà anche alla rivelazione un carattere intenso di attualizzazione. Dio è colui che in ogni momento può intervenire e può cambiare il corso degli avvenimenti. Egli è vicino, è qui, imprevedibile nei suoi interventi come nei suoi effetti. Bisogna sempre attendersi la Sua venuta. Se la rivelazione avviene nella storia e attraverso la storia, allora vuol dire che esiste una STORIA DELLA RIVELAZIONE. La D.V. afferma il carattere storico-progressivo della rivelazione biblica e ne descrive le tappe più salienti.

FASI DELLA RIVELAZIONE: Sugli interventi di Dio nella storia noi non possiamo dire né predire nulla. Tutto dipende dalla Sua libera decisione. La rivelazione è un avvenimento libero e gratuito. Gli interventi di Dio si scaglionano nel corso di molti secoli. Dio non ha detto né fatto tutto in una sola volta: Egli è intervenuto nel momento opportuno da Lui scelto. Contemporaneamente alla rivelazione cosmica, la prima manifestazione diretta di Dio, si ha con le ORIGINI della storia umana: Dio sul far della sera, scendeva nel paradiso terrestre a conversare familiarmente con gli uormm (Gen.3,8). Sempre alle origini si ha un secondo intervento soprannaturale: Dio fa intravedere ai primi uomini, che si erano ribellati a Lui ed erano infelici, la speranza di una vittoria sul male che li affligge, con una promessa : Gen. 3,1 5 questo versetto è chiamato proto-vangelo (= primo lieto annuncio della salvezza). La TERZA TAPP A della rivelazione soprannaturale si ha dopo secoli e secoli, con la persona storica di ABRAMO (sec. XVIII a.C.), con il quale Dio apre il dialogo con l'umanità. Dio lo sceglie, lo chiama, lo manda verso la terra di Canaan. L'incamminarsi di Abramo fu la "risposta" all'appello di Dio (Gen. 12,1). Ad Abramo vecchio, Dio fa la promessa di una benedizione per tutte le genti nella sua discendenza. La famiglia di Giacobbe si trasferisce da Cam\an in Egitto, dové il figlio Giuseppe è stato elevato ai fastigi della corte faraonica, allora guidata dagli Hyksos di razza semita (doinazione Hyksos: dal 1720 a11552 s.C.). Poi cala il silenzio, per diversi secoli. Talvolta la storia sembra fermarsi, specialmente quando tutto procede per ilmeglio. Ma agli inizi del sec. XIII a.C. accade una crisi salutare. I nuovi Faraoni, non più semiti, condannano alla schiavitù gli stranieri discendenti da Giacobbe.

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Ancora un "chiamato", di nome MOSE', riascolta nel deserto la voce del DIO dei PADRl, che riaccende in lui e nei fratelli ebrei perseguitati la sete della libertà. Esodo fu quello di Abramo; ESODO è ancor più quello di Mosè, il quale guida questa volta non un clan ma tutto il popolo sui sentieri della libertà. Il Dio dei Padri ha rotto il suo silenzio e Mosè ne ha carpito il nome: Jahvé, che significa ((Colui che è là, che è presente" per agire e portare a compimento l'antica promessa (Es. 3,13) Il Dio di Mosè è lo stesso Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: Dio è passato per salvare, Israele passa dalla schiavitù alla libertà. E' la prima Pasqua, che significa passaggio. Mosè guida i liberati attraverso il deserto fino al Sinai, dove Israele vive un'esperienza decisiva. Un popolo intero ode la voce di Dio (Dt. 4,33), che tramite Mosè lo convoca a stabilire un Patto, un'ALLEANZA (Es. 19-24). Dio vuole essere "il Dio d'Israele", per fare di Israele "il popolo di Do". Con l'elezione e la vocazione di Israele, Dio entra sempre più nella storia di questo popolo. Egli lo educa pazientemente, lo istruisce, lo forma, insegnandogli a riconoscerlo come PADRE e ad aspettare la SAL VEZZA. Purtroppo non è facile per Israele restare fedele e allora Dio suscita i PROFETI, ai quali affida la Sua Parola. Essi diventano i suoi inviati speciali. I Profeti guideranno il popolo di Dio attraverso l'esilio babilonese (587 538 a.C.) verso il suo rinnovamento. Terminato l'esilio, GIUNTA LA PIENEZZA DEI TEMPI, (Ga1.4,4) arriva la Parola delle Parole, GESU', che in ebraico significa "IL SIGNORE SALVA". Egli è il "si" definitivo alla Parola del Padre. Tutte le parole e i fatti dell' A.T. non avevano altro scopo che preparare l'accadimento di questa Parola Unica, Totale. Gesù Cristo è l'ultima Parola della Rivelazione: Egli è tutta la Rivelazione. Da Abramo a Gesù Cristo si traccia una linea, a poco a poco appare un disegno che è il piano divino, l'economia della salvezza. Questo disegno, prima limitato a Israele, si allarga fino alle proporzioni della intera umanità, poi, nella Chiesa tende ad incorporare gli uomini di tutti i tempi. Cristo è il nuovo Adamo, il nuovb Mosè: tutto si compie nell 'avvenimento unico del Cristo; tutto è detto nella Parola del Figlio. L'incarnazione del Figlio fa precipitare il ritmo della storia: Dio si esprime in una sola volta e totalmente (Ebr. l, l).

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RIVELAZIONE E SALVEZZA DEFINITIVE? La storia della rivelazione è un'economia, un disegno, cammina cioè verso un punto culminante e definitivo che è Cristo e il N.T. nella sua interezza. Ma in che senso va intesa questa defmitività della rivelazione? La D.V. al n° 4 afferma che in Cristo la storia della salvezza è pervenuta al suo termine e, in senso stretto, anche la storia della salvezza è compiuta. Il N. T. non è semplicemente un Il? testamento, come dice il Concilio, ma è alleanza nuova e definitiva. Si afferma perciò che non c'è da aspettarsi un'altra rivelazione pubblica, anche se non esclude rivelazioni private. Il Concilio ha distinto la Rivelazione definitiva, fatta agli uomini nella loro condizione terrena e temporale, dalla manifestazione del Signore glorioso alla fme dei tempi, che è di natura diversa ed è oggetto di attesa. Detto questo, va però affermato che il carattere defmitivo della rivelazioneeconomia cristiana, comporta ed esige uno sviluppo di comprensione e di attuazione, come dice il cap, II della D.V. sulla Tradizione (DV n 8b). Il mistero di fristo è fecondo e non cessa di illuminare le situazioni sempre mutevoli della storia degli uomini. Anche se nel Cristo implicitamente ci venne tutto, la mente umana non può tuttavia afferrare e comprendere totalmente il mistero. Da qui nasce la riflessione amorosa della Chiesa per scoprire le inesauribili ricchezze del "deposito della rivelazione", per applicarle alle nuove situazioni, per ritradurla nel linguaggio della gente di ogni tempo: riflessione che avviene mediante l'assistenza dello Spirito Santo e porta un continuo SVILUPPO DOGMATICO. 0

LA BIBBIA: LIBRO DELLA RIVELAZIONE EBRAICO - CRISTIANA La Bibbia conserva e trasmette la rivelazione di Dio, destinata agli uomini tutti i tempi. La Bibbia è "la messa in scritto della Bella notizia della salvezza" (DV, 7); è la parola amicale indirizzata da Dio agli uomini nella storia e attraverso la storia, appunto contenuta ed espressa in modo speciale nei libri ispirati ( DV, 8 e Il). La fede cristiana non si accontenta di affermare che la Bibbia contiene la Rivelazione di Dio ma proclama che la sacra scrittura è Parola di Dio, in quanto scritta per ispirazione dello Spirito Santo (DV, 9).

L'ISPIRAZIONE:

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L'intima connessione tra Spirito di Dio e Parola scritta appare in embrione in alcuni testi dell' A.T. Secondo Is. 34,16 nel" libro di Jahvè", ossia nella parola profeti ca scritta, operano la bocca e lo Spirito di Jahvè. Il N. T. eredita dall'A. T. il vincolo tra Parola di Dio anche scritta e lo Spirito di Dio e lo applica agli scritti dell'antica alleanza. Si dice (At. 4,25) che" Dio per mezzo dello Spirito Santo parlò per bocca di Davide ". In 2 scritti del N.T. si parla esplicitamente dell'azione dello Spirito di Dio nella Parola scritta. - 2 Pietro l, 19-21: I profeti parlavano da parte di Dio, perché mossi dallo Spirito Santo. Conseguentemente la loro profezia, 'nel suo aspetto esteriore è solo parola umana, ma nella sua intima natura è Parola di Dio. Per questo la parola dei profeti, che è Parola di Dio non consente un'Interpretazione privata, arbitraria. - 2 Timoteo 3, 14-17: Il N.T. si pronuncia sull'ispirazione divina della Sacra Scrittura, eroe sull' origine divina non solo del contenuto dei libri della Bibbia, la rivelazione di Dio, ma anche dello strumento privilegiato che la conserva e la trasmette. La D.V. n? Il afferma: La Bibbia è ispirata da Dio e Dio ne è l'autore principale, per cui lo Spirito Santo si dà premura che sia veramente la Parola di Dio ad essere espressa dallo scrittore sacro. La Bibbia è Parola di Dio in parole umane. Come dobbiamo raffigurarci l'ispirazione della Bibbia? La D.V. Il conserva l'idea di strumentalità applicata agli scrittori sacri (agendo Egli in essi e per loro mezzo) nel senso che Dio, per comunicare il suo messaggio di salvezza agli uomini, si serve dei suoi intermediari che sono gli scrittori sacri. Tuttavia non chiama gli agiografi "strum~nti" bensì "veri autori", per significare che l'ispirazione non elimina né sostituisce la piena, libera, consapevole attività dell'autore umano, quindi non si risolve in una semplice "dettatura" da parte di Dio. Gli agiografi non sono strumenti inerti e passivi nelle mani di Dio, conoscono la fatica dello scrivere.

LA VERITA' DELLA SACRA SCRITTURA: Una delle conseguenze Scrittura.

primarie

dell'ispirazione

è la Verità della

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Solo in virtù dell'ispirazione i libri sacri della Bibbia sono per noi Parola di Dio in linguaggio umano e offrono all'uomo la verità senza errore che lo guida alla salvezza. La I" e vera contestazione del principio della verità della Scrittura avviene in epoca moderna con il caso Galilei. Con il far girare la terra attorno al sole, Galileo , a parere dei suoi giudici, attribuiva un errore alla Bibbia che sembrava affermare il contrario (Giosuè lO, 12-14). In verità Galileo affermava: o

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Il problema dell 'inerranza della Bibbia divenne ancora più acuto nel XIX sec. Con il progresso delle scienze. (teoria evoluzionistica di Darwin). La D.V. Il afferma che, tramite gli scrittori sacri, Dio vuole comunicarci la Sua VERlTA' SAL VIFICA, in modo che i libri della Scrittura la contengano "fermamente, fedelmente e senza errore". " In vista della nostra salvezza" della D.V. Il costituisce il PRINCIPIO FORMALE secondo cui va giudicato quello che Dio intende comunicare e quello che l'agiografo vuole esprimere, Con tale principio formale, si possono e si debbono risolvere le difficoltà delle inesattezze geografiche e cronologiche della Bibbia. Comunicare la "verità salvifica" è l'oggetto formale permanente della Scrittura. Non si va alla Scrittura semplicemente perché essa non sbaglia, ma perché in essa ci è dato incontrare il "Verbum salutis" ,cioè la " PAROLA DELLA SALVEZZA". Il Vaticano II ha reso un servizio storico alla fede dei cristiani con il "Nostrae salutis causa" . (D.V.ll). Il cristiano che crede nell'ispirazione e nella verità del messaggio biblico, deve saper rendere ragione oggi di questa sua fede .

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Un contenuto importante della rivelazione è l'ESCATOLOGIA, una volta chiamati i 4 NUOVISSIMI: morte, giudizio, paradiso, inferno.

PERCHE' C'E'LA MORTE? La morte corporale è naturale, ma per la fede è (salario) del peccato. Come conseguenza del peccato originale, la morte è entrata nel mondo (Gen.3,19). Sebbene l'uomo possedesse una natura mortale, Dio lo aveva destinato a non monre. La morte era contraria ai disegni di Dio Creatore. Perciò la morte è l'ultimo nemico dell'uomo a dover essere sconfitto. Anche Gesù ha subito la morte, propria della condizione umana, ma la sua obbedienza ha trasformato la maledizione della morte in benedizione. Con la Sua morte ha sconfitto la morte, aprendo a tutti la possibilità della salvezza. La morte può essere vinta da chi, come Gesù, vince il peccato. Quindi proclamiamo la morte dopo aver annunciato la speranza della resurrezione.

COS'E' LA MORTE? E' la fme del pellegrinaggio terreno dell'uomo. E' la fine del tempo di grazia e di misericordia che Dio offre all'uomo, affinché realizzi la sua vocazione e il suo destino ultimo. La morte pone fme alla vita dell'uomo come tempo •aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina rivelata in Cristo (Qo 12,1-7). Quando è finito l'unico corso della nostra vita terrena, ritorniamo' più a vivere altre vite terrene.

noi non

In Ebr. 9,27: non c'è reincarnazione. La carne è il cardine della salvezza. Noi crediamo nel Verbo fatto carne per riscattare la carne

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COSA SUCCEDE DOPO LA MORTE? Con la morte l'anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione finale, Dio, nella sua onnipotenza e in forza della risurrezione di Cristo, tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Questa è la nostra fede: il credo cristiano culmina con la proclamazione nella resurrezione dei morti e nella vita eterna. Noi crediamo e speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo che li risusciterà nell'ultimo giorno. In 1 Cor. 15, 22 Cristo, primizia di coloro che sono morti. La resurrezione progressivamente.

dei morti è stata RIVELATA

da Dio al suo popolo

La speranza nella resurrezione corporea dei morti si è imposta come conseguenza della fede in un Dio Creatore dell'uomo tutto intero ( anima e corpo). Inoltre il Creatore del cielo e della terra è anche Colui che è fedele alla sua alleanza con Abramo e con la sua discendenza. In questa duplice prospettiva comincerà ad esprimersi la fede nella risurrezione dei morti. Nell'Antico Testamento i martiri Maccabei nelle loro prove confessano questa fede (2 Mac. 7,9-14 e 2 Mac. 9,9) Nel nuovo Testamento Gesù insegna ai farisei che speravano nella risurrezione. Ai Sadducei che la negavano Gesù dice che sono in errore, perché Dio non è un Dio dei morti, ma dei vivi (Mt. 22,32). Inoltre Gesù lega la fede della resurrezione alla sua stessa Persona. (Gv. 11,25): lo sono la Resurrezione e la Vita. Noi risusciteremo come Lui, con Lui e per mezzo di Lui.

CHI RISUSClTERA'

(Gv. 5,28-29)

Tutti gli uomini che sono morti, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.

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COME RISORGEREMO?

(lCor. 15,44)

Il come supera le possibilità della nostra intelligenza e della nostra immaginazione, è accessibile solo nella fede. Cristo è risorto con il proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, tutti risorgeremo con un corpo glorioso. QUANDO? Cl Tes. 4,14) Defmitivamente nell 'ultimo giorno alla fme del mondo. L a risurrezione di morti è associata alla Parusia.

QUALE E' LA CONDIZIONE DEI DEFUNTI TRA LA MORTE E LA RISURREZIONE UNIVERSALE? Per questo problema è intervenuta, nel 1979, la Congregazione per la dottrina della fede. Ogni uomo, fmo al momento della sua morte, riceve nella sua ANIMA IMMORTALE la RETRIBUZIONE ETERNA m un GIUDIZIO PARTICOLARE: per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo o si dannerà immediatamente. L'essenziale perciò si compie subito. Questo GIUDIZIO PARTICOLARE su cosa si baserà? A CIascuno il frutto delle San Giovanni della Croce, scnve

sue

aZlO111 CMt.

25,31).

"Alla sera della vita, saremo

giudicati sul! 'amore" .

Tra la morte individuale e la risurrezione universale, si parla di un vero e proprio STADIO INTERMEDIO COSCIENTE, non di pura attesa nel sonno, ma neppure di completezza, sia perché Cristo non si è ancora manifestato gloriosamente, sia perché l'uomo non è intero.

SENTENZA IMMEDIATA - COMPIMENTO FUTURO Non si può stabilire di quale proporzione e qualità sarà il completamento che le caratterizzerà con la parusia e il giudizio fmale.

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IL GIUDIZIO PARTICOLARE IL CIELO: Coloro che muoiono in grazia e che sono purificati vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedano così come egli è, faccia a faccia ( 1 Giov.3.2). Il cielo, cioè questa comunione di amore con Dio è il fine ultimo dell 'uomo, è lo stato di felicità suprema e definitiva. Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini (Gen. 3,2; Ap.2,7)

Coro 18,4 ; Le. 23,43 ;

LA PURIFICAZIONE FINALE O PURGATORIO Coloro che muoiono nella grazia e nell' amicizia di Dio, ma non sono perfettamente purificati, sebbene siamo certi della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella grazia del Cielo. La Chiesa chiama PURGATORIO questa purificazione fmale degli eletti. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio nei Concilii di Firenze e di Trento, rifacendosi alle Scritture ( 1 Cor. 3,15; Me 12,31-32) Questo insegnamento poggia anche sulla pratica delle preghiere per i defunti di culla Scrittura parla (2 Mac. 12,41) La Chiesa ha onorato, fin dai primi tempi, la memoria dei defunti e ha offerto per loro SUFFRAGI, in particolare il sacrificio eucaristico. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze, le opere di penitenza a favore dei defunti.

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L'INFERNO: LA MORTE ETERNA Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente amarl.o.

di

Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi (l Gv. 3.15) Morire in peccato mortale senza essere pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da Lui per una nostra libera scelta. Questo stato di defmitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio si chiama inferno. Gesù parla ripetutamente della Geenna, del fuoco (ML 25,41) La Chiesa afferma l'esistenza dell'inferno e della sua eternità. Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno, questa è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine.

IL GIUDIZIO FINALE La risurrezione di tutti i morti (dei giusti e degli ingiusti), precederà il giudizio finale. Allora ci sarà la separazione (M!. 25,31) In Gv. 5,28-29 il giudizio finale manifesterà il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena. Il giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Solo il Padre ne conosce l'ora e il giorno (M!. 24,35) Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo glorificati in corpo e anima e lo stesso universo sarà rinnovato.

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Questo misterioso rinnovamento che trasformerà l'umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l'espressione ''NUOVI CIELI e una terra nuova" (2Pt. 3,13) In questo nuovo universo, Dio dimorerà in mezzo agli uommi (Ap. 21,4)

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LA FEDE, RISPOSTA DELL'UOMO ALLA RIVELAZIONE

Alla rivelazione, all'automanifestazione di Dio per noi e per la nostra salvezza, l'uomo risponde con l'adesione e la sottomissione di sé, con l'accettazione cioè di un nuovo rapporto personale, di cui inizio e radice è la FEDE. CHE COSA E' LA FEDE? COSA SIGNIFICA CREDERE? La fede è, prima di tutto, un DONO di Dio interamente GRATIJITO. San Paolo insiste molto su questo carattere gratuito della fede. n Concilio Vaticano II nella DV. n. 5 parla della fede cosi': "A Dio che si rivela è dovuta 1'obbedienza della fede, con la quale l'uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestandogli il pieno ossequio dell' intelletto, della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da Lui". Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, ci vogliono gli aiuti interiori dello S.Santo, che muova il cuore e lo volga a Dio, che apra gli occhi della mente. Il Concilio mira ad una fede matura, perfetta, di cui mette in risalto con insistenza il carattere profondamente PERSONALE, LIBERO e TOTALE. Secondo la DV. la rivelazione non è solo un complesso di verità e di norme, ma è Dio stesso che entra nella storia, perché vuole stringerei in comunione con Sé. La fede vuole la risposta adeguata a questo Dio che ci parla e ci manifesta il suo progetto. La fede, quindi, non è semplice accettazione passiva di un complesso di verità, ma essa è, prima di tutto, l'INCONTRO con una PERSONA presente, che mi invita e mi attrae. E' mettersi davanti a Lui, è riconoscerlo, con l'aiuto della sua grazia come l'ALTRO al quale l'uomo è unito e che costituisce la sorgente e il fine del nostro destino personale. La fede è perciò riconoscimento, stima, relazione personale, dialogo e quindi ascolto amoroso, scelta, adesione. Senza dubbio è anche credere un complesso di contenuti, ma la fede è soprattutto accoglienza di una Persona vivente, accettazione di Cristo, unico Salvatore. CREDERE è vedere in Cristo che mi viene incontro Colui che mi completa, che mi realizza, che mi appaga. La fede è il "SI" di Abramo, il "SI" di Mosè, il "SI" di Giuseppe, il "FIAT" di Maria. "SI" che vuole dire '''credere in Dio", ossia darsi, affidarsi e abbandonarsi totalmente a Lui, come il bambino si abbandona nelle braccia della mamma e si lascia portare dove vuole lei, perché si sente al sicuro.

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Il Concilio parla di OBBEDIENZA: ossia il darsi a Dio della persone tutta intera (intelletto, volontà, cuore, corpo, presente e avvenire, in maniera radicale, assoluta, definitiva). Nella fede quindi ci sono due aspetti complementari: un aspetto negativo di spoliazione, di abbandono, di umiltà - un aspetto positivo di fiducia, di dono, di impegno totale. Come ogni dono di Dio, la fede esige che l'uomo cessi di contare su sé stesso. Credere significa non contare più su di sé per contare solo su Dio.

Nel momento in cui l'uomo si affida al Signore e si fida di Lui totalmente e ciecamente, la fede diventa ALLEANZA o comunione d'Amore, fusione cioè di due volontà: della mia volontà con la volontà di Dio, cosi' ad arrivare ad avere il cuore di Cristo, a vedere tutto e tutti con gli occhi e il cuore di Gesù. Nella misura in cui la fede diventa effettiva fusione con il Signore, essa è anche partecipazione della sua potenza. "Tutto è possibile a chi crede" (Mc. 9,22-23).

COME SI ARRIVA ALLA FEDE? La fede, adesione personale e totale a Lui e al suo messaggio, è quindi accettazione del MISTERO, che, per la sua troppo lumin-osità, abbaglia la mia intelligenza ed è incapace a recepirlo da sola. Da qui l'oscurità che è una caratteristica essenziale della fede. In questa situazione l'intelligenza, per arrivare a dire di "si" ha bisogno della buona volontà che l'aiuti e la spinga. La VOLONTA' ha dunque una parte essenziale nella genesi e nella conservazione della fede, la quale è perciò LIBERA. Dio che ha creato l'uomo libero, vuole un assenso e un amore volontario e libero. La libertà nell'atto di fede è stata affermata anche dal Vaticano II nella "Dichiarazione sulla libertà religiosa" ("Dignitatis Humanae" n. lO). INTELLIGENZA APERTA e VOLONTA' LIBERA e ben disposta non bastano per arrivare alla fede. Questa non è il risultato della semplice attività umana: è il FRUTTO dell'azione combinata di Dio e dell 'uomo, più di Dio che dell 'uomo (DV n. 5). E' lo S. Santo che dà a TUTTI la gioia di aderire alla Parola di Dio e di viverla. Se solo sotto l'influsso della Grazia si può giungere alla fede, l'aver fede non deve essere il vanto di nessuno. 24


I fedeli non possono ritenersi una specie di "club degli eletti" che guardano con sufficienza e giudicano chi non è fedele.

PROGRESSI E REGRESSI NELLA VITA DI FEDE

Dio non si limita a concedere la grazia della fede, ma la perfeziona mediante i suoi doni continui, perché giunga anche all'eroismo della fede, come i martiri. In tutto questo processo di sviluppo Dio lascia sempre libero l'uomo: di qui la necessità della corrispondenza alla grazia di Dio. La fede, al suo sorgere, è qualcosa di embrionale, che deve diventare cosciente, adulta, matura, responsabile. La fede nel suo evolversi passa attraverso diverse fasi: può arrivare ad essere uno stato solidamente acquisito, può risolversi in un continuo combattimento fino a spegnersi.

Purtroppo la fede si può anche perdere. Certi regressi nella fede sino a perderla, non sono sicuramente da attribuire a Dio. Quando uno perde la fede, ciò avviene per sua iniziativa. Il Signore da parte sua, non può lasciare incompiuto il proprio piano: Dio non abbandona, se prima non è abbandonato. Lo S. Santo offre a tutti, o prima o poi, i suoi doni, in modo non solo da aiutarci a conservare la fede, ma da condurci ad un progresso nella penetrazione della rivelazione e nell'adesione ad essa. Tutto questo però si realizzerà se VORREMO: occorrerà cioè la nostra cooperazione all'azione dello S. Santo.

DIFFICOLTA' A CREDERE OGGI

Le cause permanenti del! 'incredulità sono: l'IGNORANZA" in genere e quella religiosa in particolare, dovuta alla mancanza di istruzione o di educazione della propria fede. _ L'IRRIFLESSIONE totale, caratterizzata dalla superficialità, dalla esteriorità, dalla mancanza di silenzio interiore e preghiera. 25


La SUPERBIA: credere significa riconoscersi creature, ammettere i propri limiti, all' opposto del superbo, che tende invece all' autosufficienza, all' assoluta autonomia. - Lo SCANDALO DEI CREDENTI, soprattutto di coloro che dovrebbero essere le "guide" degli altri. Le cattive DISPOSIZIONI della VOLONTA', determinato dalle paSSIOnI non domate e in particolare dalla concupiscenza. L'indifferenza religiosa e l'ateismo, caratteristici del nostro secolo, si estendono sempre più. L'ateismo, che oggi è per il credente una continua tentazione, potrebbe tuttavia essere anche l'occasione per un risveglio della propria fede. Eliminate quelle che Buber chiama "le scimmie di Dio", ossia le immagini e le concezioni indegne di Lui, l'uomo raggiungerà la maturità e ritroverà il Dio di Gesù Cristo.

FEDE ANCHE TRA I NON CREDENTI?

Contrariamente alle apparenze, ci può essere una fede rudimentale anche fra i non credenti e i non praticanti. Dio, volendo sinceramente TUTTI salvi, dà a tutti le grazie necessarie e sufficienti perché arrivino, se vogliono, almeno a credere " che Egli esiste e che dà la ricompensa a quelli che lo cercano". Ci potrebbe essere un barlume di fede perfmo tra coloro che si professano atei, poiché spesso essi negano non il vero Dio, ma una caricatura di Dio, un idolo.

LA CRESCITA DELLA FEDE

La fede va conservata e deve crescere. In che modo? La crescita della fede può avvenire per tre vie: l) la VIA SACRAMENTALE che, aumentando la grazia, aumenta anche le virtù infuse 2) la VIA della PREGHIERA 3) la VIA degli ATTI PROPRI DELLA FEDE, cioè la libera accettazione della verità rivelata e soprattutto l'abbandono totale a Dio. Importante per la crescita della fede è anche lo STUDIO delle cose sacre, purchè umile, serio, onesto e soprattutto la MEDITAZIONE della Bibbia. 26


La Parola di Dio sostiene e dà vigore alla chiesa e, per i figli della chiesa, dà saldezza della fede. (DV.n.21). Perciò tutta la chiesa deve stare" in religioso ascolto della Parola di Dio e, primo fra tutti, il Magistero della chiesa, il quale non è superiore alla Parola di Dio, ma bensi' al suo servizio". (DV.n.lO).

FEDE E COMUNITA' Con l'ascolto della Parola, urto dei mezzi per la conservazione e lo sviluppo della fede, è la comunione con la fede della comunità. La fede, che è essenzialmente personale, non è una vita solitaria: è un bene della comunità a cui partecipano gli individui. Non si incontra Dio se si pretende di andare a Lui separandosi dagli altri, estraniandosi dalla Comunità. Se è la fede che fa la comunità, è altrettanto vero che è la comunità che fa la fede. Più una comunità sarà credente, viva, impegnata e più dalla ricchezza attingeranno i singoli. La comunità ecclesiale è il "luogo normale" della fede: il cristiano è un "uomo di Chiesa". La Chiesa è il terreno che ci sostiene.

FEDE, SPERANZA E CARITA' Anima della fede è il desiderio di arrivare alla pace con Dio e all'unione immediata con Lui nella vita eterna, esse, quindi non può esistere separata dalla speranza e dalla fiducia. La fede è autenticamente tale nella carità verso Dio e verso gli uomini. Solo nella carità la fede raggiunge la sua pienezza.

FEDE E AZIONE Le opere non sono semplicemente un segno, una manifestazione della fede, ma solo la RISPOSTA stessa della fede. "La fede senza le opere è morta" (Giac. 2,17) Credere oggi significa partecipare fmo in fondo alla crisi e alla ricerca dell'uomo contemporaneo, condividere la sua passione di giustizia e di fratellanza, non solo 27


attraverso la testimonianza di un impegno personale, ma anche attraverso lo sforzo comunitario per trasformare le strutture della società, in modo da preparare un futuro autenticamente umano e più conforme al piano divino della salvezza. La salvezza da procurare all 'uomo non è salvezza spirituale, ma è salvezza di tutto l'uomo, anche del corpo, di tutti gli uomini, anche della società: è liberazione totale. Nella G.S. n° 43, il Concilio ricorda" Il cristiano che trascurasse i suoi impegni temporali, trascurerebbe i suoi doveri verso Dio e verso il prossimo e metterebbe a pericolo la propria salvezza eterna".

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APPROFONDIMENTO

TEOLOGIA, DELLA RIVELAZIONE E DELLA FEDE

La fede non va solo conservata, ma pure approfondita. Se è adesione al mistero, è anche ricerca. Lo scopo della teologia è approfondire contenuto della fede.

metodicamente

e scientificamente

il

ETIMOLOGIA E DEFINIZIONE: La parola Teologia significa discorso intorno alla divinità, discorso su Dio. Oggi per Teologia si intende la scienza che tratta di Dio e di tutto ciò che dice rapporto a Lui come al suo principio e al suo fine. Ogni disciplina che possiede un oggetto e un metodo proprio e conduca ad una sintesi comunicabile si indica con il nome di SCIENZA. Quindi la TEOLOGIA è una scienza: essa ha infatti il suo oggetto, il suo metodo, la sua unità e la sua sistematizzazione. La differenza fra la scienza teologica e le altre scienze sta nel fatto che la Teologia ha per oggetto DATI SOPRANNATURALI, conoscibili solo mediante la fede ( la ragione si mette al servizio della fede), mentre le scienze umane studiano DATI conoscibili naturalmente con la ragione. - Di Dio e del divino si può parlare fondandoci solo sulla ragione e su ciò che essa può arrivare a conoscere di Lui attraverso il creato. In questo caso avremo la TEOLOGIA NATURALE o TEODICEA, che è la vetta più alta della filosofia. - Di Dio, dell 'uomo e del mondo si può parlare alla luce della fede e quindi della rivelazione e allora abbiamo la TEOLOGIA SOPRANNATURALE, che si può definire" la scienza della rivelazione", cioè la scienza di ciò che Dio ci ha rivelato con gesti e parole e che noi dobbiamo credere. - A costituire la Teologia concorrono due elementi: - il carattere scientifico - il dato rivelato, che ne è l'oggetto e la luce, sotto la quale ci si muove.

OGGETTO DELLA TEOLOGIA: l) L'oggetto materiale della teologia è quello stesso della fede: è il contenuto della rivelazione, cioè Dio. La fede lo considera come "credibile", mentre la teologia in quanto "intellegibile", cioè in quanto avente senso e valore al1a luce della fede e della ragione.

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2) L'oggetto formale quod, cioè l'aspetto particolare sotto il quale Dio Vivente. Il Dio di cui parla la teologia non è un concetto muto, ma il Dio Vivente, le cui parole e i cui gesti riempiono Quindi l'oggetto formale della teologia è il Dio della salvezza, per mezzo del Cristo.

SU COSA SI FONDA

E SU COSA LAVORA

lo si considera è il astratto, né un Dio i Due Testamenti. il Dio che ci salva

LA TEOLOGIA?

La Teologia si fonda e lavora sui cosi detti "DATI della RlVELAZIONE". La Teologia è infatti la scienza della fede e quindi della Rivelazione. Il dato rivelato costituisce l'oggetto della teologia. Fare della teologia vuole dire mettersi alla scuola della Parola di Dio, per renderei conto del piano di salvezza, per ricercare alla sua luce la soluzione dei fondamentali problemi umani. 1) La PAROLA DI DIO è e deve essere il FONDAMENTO PERENNE della teologia. Il teologo parla di Dio, dell'uomo e del mondo, ma secondo quello che Dio stesso ha detto. La Teologia non può mai diventare una scienza autonoma, ma deve sempre servire umilmente la Parola di Dio. Per questo la Teologia è essenzialmente" soprannaturale". La D.V. n? 21: riafferma l'importanza fondamentale della Scrittura per la teologia. 2) La PAROLA DI DIO è inoltre per la teologia FORZA di RINGIOVANIMENTO. La Parola di Dio è sempre viva e feconda, perciò tuffarsi in essa è ringiovanire sempre. 3) La PAROLA DI DIO è l'ANIMA della teologia. Come l'anima è il principio di unità e di vita dell' organismo, cosi' la Parola di Dio deve fornire la trama a tutta la teologia, che abbia le stesse fmalità della Rivelazione, cioè la nostra salvezza. La Rivelazione è contenuta nella Bibbia (parola di Dio scritta) e nella Tradizione (Parola di Dio tramandata). L'una e l'altra costituiscono assieme il cosidetto " DEPOSITO DELLA RIVELAZIONE", che in Cristo ha la sua fonte e la sua scaturigine. Fra Bibbia e Tradizione non c'è contrasto e non si tratta neppure di due fonti parallele: tutto quello che è nella Bibbia è incluso anche nella Tradizione. Gesù non ha scritto nulla: il suo insegnamento lo ha consegnato, a viva voce: agli apostoli i quali lo hanno, a loro volta, tramandato per scritto e a voce. Parola scritta e tramandata sono state consegnate alla Chiesa, il cui compito è quello di conservare integralmente, interpretare fedelmente e difendere il " DEPOSITO" ricevuto. Il Magistero è l'organo di trasmissione della Parola di Dio. " La Teologia, insegna il Concilio, si basa, come su fondamento perenne sulla Parola di Dio scritta unitamente alla Sacra Tradizione" (D.V. n. 24). 30


PUO' LA TEOLOGIA

CATTOLICA

FARE A MENO DEL MAGISTERO

ECCLESIASTICO? Assolutamente no. Cristo non ha consegnato il suo messaggio di salvezza ai singoli uomini credenti, lasciati liberi di interpretarlo e di viverlo a piacimento; lo ha affidato agli Il, a Pietro e agli altri apostoli, costituiti da Cristo stesso PASTORI della comunità dei credenti. Questo servizio non si esaurisce con la morte degli apostoli, ma continua. La Teologia PROTESTANTE, che non riconosce nella Chiesa e nei suoi pastori dei "maestri" ed è ancorata alla "sola Scrittura", non tiene conto né della Tradizione, né del magistero ecclesiastico. La "sola Scrittura" e il "libero esame" di essa, sono due linee fondamentali. La Teologia ORTODOSSA, che riconosce anche la Tradizione, ammette solo un magistero infallibile legato ai Concili ecumenici ( per gli ortodossi solo i primi sette concili sono ecumenici). Non riconosce nel Papa un primato di giurisdizione su tutta la Chiesa e la prerogativa della infallibilità. 21 La Teologia CATTOLICA, riconosce come Rivelazione la Bibbia e la Tradizione e nel Papa da solo e nei Vescovi uniti al Papa un Magistero sempre autentico e, a certe condizioni, infallibile.

QUALE CONTRIBUTO PUO' OFFRIRE LA RAGIONE ALLA TEOLOGIA?

La teologia lavora sul dato della Rivelazione, alla luce dell'insegnamento del magistero ecclesiastico, da cui non si può prescindere. Ma la ragione non può essere estranea alla teologia. La teologia la fa l'uomo e l'uomo, per definizione, è un essere ragionevole.

I principali contributi della ragione sono: 1) Fornisce alla teologia concetti e termini, che però devono essere epurati all~ luce della rivelazione. Concetti e termini che, applicati dalle creature a Dio, hanno un valore non univoco, né equivoco, ma analogico. Non univoco, perché Dio è infinito e la creatura è finita. Non equivoco, perché altrimenti non potrei conoscere nulla di Dio o quello che conosco e affermo è falso. Valore analogico, cioè in parte coincidente e in parte no. Quando dico che Dio è "persona", questo termine è analogico: in parte coincide e in parte no, con il 31


concetto di persona applicato all'uomo. 2) Aiuta non a dimostrare i misteri, ma a mettere in risalto la non-assurdità di essi. Qui per "mistero" si intende una verità o una realtà che supera la capacità conoscitiva e dimostrativa della ragione umana: per es. la Trinità, l'Incarnazione. Si tratta di realtà superiori alla capacità umana per un eccesso di luce, non perché irrazionali o assurde. 3) Offre i motivi di credibilità della Rivelazione e del cristianesimo, in modo che la fede risulti "ragionevole ossequio".

LA TEOLOGIA HA CONOSCIUTO UN PROGRESSO?

Certamente la teologia ha conosciuto, in questi duemila anni, un progresso. Si può paragonare al seme che diventa germoglio, alberello, pianta con rami e fronde. La fede rimane quella, la Rivelazione resta identica, è l'approfondimento cosciente e sistematico della fede e della Rivelazione che progredisce. Si può parlare quindi di "evoluzione" teologica, ma non si tratta di evoluzione eterogenea, bensi' di evoluzione omogenea. L'evoluzione eterogenea presuppone un cambiamento essenziale della fede, mentre quella omogenea suppone un mantenimento essenziale della fede. La verità, se è verità, si può approfondire, si possono in esse scoprire dimensioni o aspetti sconosciuti o dimenticati, ma non può cambiare in se stessa. Lo sviluppo della teologia si opera sotto due spinte: quella dello spirito umano che vuole approfondire la verità e quella della necessità di togliere gli errori e le minacce contro l'ortodossia.(= retta credenza conforme ai dogmi ufficialmente insegnati). Sono da tenere presenti anche la cultura, i segni dei tempi e la sensibilità della comunità cristiana. In determinati ambienti, in determinate culture, possono essere avvertiti determinati problemi, di cui la teologia deve tener conto. Ecco perché oggi abbiamo la teologia della pace, della speranza, della liberazione, del lavoro ecc ..

32


• CHE RAPPORTO ESISTE FRA TEOLOGIA E CULTURA? Certamente un rapporto ci deve essere. Se la teologia è fatta per la salvezza dell'uomo e siccome l'uomo è immerso in una cultura, occorre che la teologia si incontri con essa. Consapevole che la rivelazione cristiana è indirizzata a tutti gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo, il teologo deve essere pronto a ritradurla ed esprimerla in qualsiasi civiltà. Il ponte fra fede e cultura non può però essere gettato a danno della fede , scardinando i principi fondamentali di essa, perché sarebbe un tradire la verità. E' stato il tentativo degli gnostici dei primi secoli e dei modemisti, agli inizi di questo secolo.

DIVISIONE DELLA TEOLOGIA

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j

La Teologia è una scienza unica perché ha un unico oggetto formale: la Rivelazione. La Teologia è insieme teorica e pratica: è la contemplazione dei misteri della salvezza ed edificazione di Cristo in noi. Per comodità, siamo soliti dividere i due aspetti teorico e pratico in due materie distinte che sono la TEOLOGIA DOGMATICA e la TEOLOGIA MORALE. La Teologia dogmatica studia i dogmi ( = verità formalmente rivelate da Dio e come tali proposte a credere solennemente dal Magistero della chiesa) della fede, nei suoi vari trattati. La Teologia morale, sempre fondata sulla rivelazione, presenta i principi cristiani che devono regolare la vita dell'uomo. Quindi la teologia morale risponde alla domanda: che cosa il cristiano deve fare? La TEOLOGIA DOGMATICA o sistematica, quanto alla materia, si può suddividere in diverse discipline, che sono: la teologia biblica, che consiste nel tornare, per approfondirlo, al Kerigma della fede ( = primo annuncio). - La teologia spirituale, che è lo studio della pienezza della vita teologale del, cristiano e dei mezzi per raggiungerla - La teologia pastorale, che studia i principi teologici che devono guidare l'azione concreta pastorale della chiesa e che indica i mezzi per un apostolato efficace - La teologia missionaria, quella ecumenica,ecc. Alla teologia dogmatica detta "speciale" si fa precedere la TEOLOGIA FONDAMENTALE, che ha l'importante compito di presentare la credibilità della fede cattolica, di giustificare di fronte al credente e al non credente l'atto di fede, in modo che risulti un "ragionevole ossequio". 33


Il compito quindi della teologia fondamentale è giustificativo e difensivo (apologetico ). Il metodo preferito è quello "positivo", che invece di essere "deduttivo", come il metodo scolastico tradizionale (un trattato, varie tesi, ogni tesi sistematicamente dimostrata), è preferenzialmente "induttivo" (ricerca nelle fonti della verità e poi, in ultimo, presentazione sistematica). r

,

·

QUALI DISPOSIZIONI TEOLOGICA?

SI

DEBBONO

AVERE

NELLA

RICERCA

Giovanni Paolo II, nel discorso tenuto in S.Pietro nel Nov. 79 ai docenti ed alunni degli Istituti ecclesiastici romani, in occasione dell'apertura dell'anno accademico, dava queste indicazioni, sempre valide: l) La ricerca teologica, più che essere una ricerca fredda ed intelletualistiéa, deve essere una ascensione verso la verità suprema di Dio, rivelatasi in Gesù Cristo. 2) I requisiti perché sia vera ascensione sono: l'UMILTA'. Il teologo, di fronte a Dio deve stare in atteggiamento di ascolto. E' Dio che ha preso l'iniziativa di comunicare la sua parola all 'uomo, affinchè questa Parola sia criterio di comportamento; sia annunciata, approfondita; sia testimoniata con una condotta coerente e fedele. Questa, secondo il Papa è la vocazione del Teologo. 3) L'umiltà apre la strada alla fede: Alla iniziativa di Dio segue la risposta dell'uomo. La fede integra l'intelligenza. Per questo i grandi teologi ( S. Tommaso) hanno costruito le loro opere più pregando che dissertando. Il teologo non può non essere un uomo di preghiera. Il Papa dice: " un autentico impegno teologico non può né cominciare ne concludersi, se non in ginocchio" . 4) Il dialogo di comunione il teologo lo deve coltivare con la Chiesa.

34


LE FONTI

La Rivelazione

ha avuto veramente

luogo? Il Cristo della nostra fede corrisponde

Cristo della storia? Queste domande si possono risolvere rifacendoci

al

alle FONTI, cioè ai documenti antichi

che ci parlano di Gesù. Le FONTI che riguardano la vita di Gesù si dividono in: FONTI NON CRISTIANE e FONTI CRISTIANE Le Fonti non cristiane si suddividono - Fonti giudaiche e Fonti pagane. Le Fonti cristiane si suddividono Fonti apocrife e Fonti canoniche.

in:

in:

LE FONTI NON CRISTIANE: Fonti giudaiche 1) IL TALMUD Con la distruzione di Gerusalemme e dello Stato Giudaico, avvenuta nel 70 d.C .. la vita del giudaismo palestinese rimase rappresentata dalla corrente dei farisei, che si dedicarono a raccogliere e perpetuare la tradizione orale che,' insieme con la Bibbia, formava l'unico patrimonio del giudaismo. I dottori farisei che si dedicarono a questo lavoro lungo i secoli I e III, furono chiamati Tannaiti. Dopo di loro vennero gli Amorei che continuarono l'opera fino alla fine del secolo V. Ai Tannaiti si deve il codice della MISHNA' (= ripetizione) , che una raccolta di tradizioni. Agli Amorei

si deve

il commento

alla

Mishnà

, che si chiama

GHEMARA'

(=

completamento). Dall'unione della Mishnà e delle Ghemarà è nato il TALMUD, di cui esistono due testi: uno palestinese e l'altro babilonese. Il Talmud ci offre quindi un insieme di sentenze,

di decisioni, di fatti che risalgono al

periodo maccabaico. Questi testi presentano leggende e calunnie su Gesù.

2) GIUSEPPE FLA.VIO E' uno storico ebreo. Egli nomina Gesù e i cristiani solo in tre passi del suo libro su le Antichità giudaiche, composto intorno all'anno 93- 94

'35


Le fonti pagane storiche 1) PLINIO IL GIOVANE E' un uomo politico. Il più antico testo latino in cui si trova menzionato Cristo, è la "Lettera-rapporto" inviata verso il 112 all'imperatore Traiano dal nipote del naturalista, allora proconsole in Bitinia. . . Plinio il Giovane domanda come si deve comportare con i cristiani, assai numerosi in • tutta la provincia. 2) TACITO E' uno storico romano. Negli" Annali" incolpa i cristiani ( il cui nome proveniva loro da Cristo) dell'incendio di Roma, avvenuto nel 64 d.C. 3) SVETONIO E' uno storico romano. Nella sua "Vita dei primi dodici Cesari", composta nel 120, al capitolo 16 dove parla della vita di Nerone, accenna ai cristiani martirizzati da questo imperatore e alla nuova ""superstizione". 4) ADRIANO Imperatore dal 117 al 138, chiude la serle delle testimonianze maggiori con due rescritti.

LE FONTI CRISTIANE NON CANONICHE

1) I VANGELI APOCRIFI I vangeli apocrifi (= nascosto) si chiamano cosi' perché il loro vero autore è rimasto segreto o perché sotto il velo della storia nascondono spesso favole o errori. Essi si distinguono in tre classi: a) GNOSTICI (sec. Il) b) DEVOZIONALI (sec. II-V) c) PSEUDO-CANONICI

2) GLI AGRAPHA Gli agrapha (= 'non scritti) sono massime, parole di Cristo non raccolte nei nostri libri canonici. Le loro origini si fanno risalire al Il secolo.

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LE FONTI CRISTIANE CANONICHE Sono gli scritti inseriti nel "CANONE", cioè nell'elenco dei libri che la chiesa ritiene "ispirati", PAROLA DI DIO.

1) LE LETIERE DI SAN PAOLO San Paolo non si è prefisso di narrare la vita di Gesù. Le sue lettere, scritte tra il 51-66, sono indirizzate a cristiani già istruiti al Vangelo, tuttavia da esse si possono ricavare i dati più importanti della vita di Gesù.

2) GLI ATI I DEGLI APOSTOLI In questo libro ( scritto intorno il 63 da Luca), che è un diario della prima comunità cristiana, è riportato lo schema del "Kerigma", cioè del primo annuncio ai non cristiani, la proclamazione pubblica della salvezza che si ha in Cristo crocifisso e risorto e della necessità della fede in LUI." 3) I VANGELI Nella " Dei Verbum, "5,18 si legge che i Vangeli sono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina di Gesù. La tradizione cristiana ne ha riconosciuti autentici solo quattro e precisamente quelli di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni. COSA SIGNIFICA IL TERMINE VANGELO? Il termini

deriva dal greco

evanghelion

che significa

BUONA

NOTIZIA,

LIETO

ANNUNCIO. Tale termine nella cultura greca, indica un lieto annuncio relativo ad eventi di carattere pubblico decisivi per la vita di una persone, o della collettività. (es: una vittoria militare). Il termine vangelo fu usato, più tardi, anche per designare ogni buona notizia riguardante la casa imperiale. Un fatto della vita dell'imperatore era considerato un lieto annuncio per gli uomini. ' Per noi cristiani, il lieto annuncio è una PERSONA: Gesù, il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore. TAPPE DI FORMAZIONE DEI VANGELI 1) Ci furono i FATII: Gesù con la sua vita, la sua predicazione, la sua morte e la sua risurrezione. Gesù non ha lasciato nessun scritto e nemmeno si è preoccupato di incaricare qualcuno di scrivere la sua vita. L'unica raccomandazione che aveva fatto ai suoi discepoli era quella di andare ad annunciare a tutti il suo messaggio. 2) Segui' la PREOICAZIONE ORALE dei discepoli. Dal primo annuncio (Kerigma) si passò ad una catechesi più strutturata.


3) LE TRADIZIONI: Cominciarono a circolare le prime raccolte scritte dei DETTI di Gesù, cioè le parole più significative pronunciate da Gesù.

4) REDAZIONE dei vangeli quali noi li possediamo oggi e che la tradizione attribuisce a Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Per REDAZIONE intendiamo un lavoro di raccolta, di scelta, di organizzazione e di stesura finale del materiale orale e scritto presente nella comunità cristiane ad opera dei singoli evangelisti. ( DEI VERBUM n 19).

PERCHE' FURONO SCRITTI I VANGELI?

Con l'andare degli anni, una redazione del messaggio di Gesù si era resa necessaria: 1) per il venir meno dei testimoni oculari 2) per soddisfare alle esigenze delle nuove comunità nate fuori della palestina, bisognose di riferirsi a documenti scritti oltre che alla predicazione orale. 3) per dare un resoconto ordinato degli avvenimenti accaduti 4) per trasmettere la fede ed edificare la chiesa, secondo il comando di Gesù.

CHE COSA HANNO VOLUTO SCRIVERE? La materia dei vangeli proviene dalla tradizione precedente orale e scritta. Gli Evangelisti non hanno inteso riportarla tutta, ma hanno voluto solo scrivere dei prontuari catechistici. Non hanno quindi scritto una biografia di Cristo. I Vangeli sono dei sommari della predicazione primitiva, di una predicazione atta a suscitare la fede e ad orientare la vita morale.

C'E' DA FIDARSI DEI VANGELI? (ATTENDIBILITA' E CREDIBILITA'

STORICA DEI VANGELI)

Non è un aspetto di secondaria importanza sapere se i vangeli sono credibili, cioè se quanto affermano sia fondato e documentabile. A favore della validità e della credibilità dei vangeli ci sono alcuni fatti: 1) i vangeli ricostruiscono l'ambiente storico, geografico, politico, culturale del tempo di Gesù. I luoghi, i personaggi, le usanze, il modo do vivere descritto dai vangeli corrisponde con esattezza alla realtà della Palestina nel 1 secolo d.C .. 2) Le scoperte archeologiche ( piscina di Siloe, Cafarnao) confermano come esatte le ricostruzioni operate dai vangeli. 3) La scoperta dei manoscritti a Qumran sul Mar Morto nel 1947 attesta che al tempo di Gesù esistevano e si contrapponevano alcune correnti religiose, proprio come narrano i vangeli. 4) I testimoni della vicenda di Gesù ( gli evangelisti) non avrebbero potuto raccontare fatti lontani dalla realtà, perchè sarebbero stati smentiti subito da altri testimoni oculari. 0


Quindi possiamo concludere che i vangeli sono FONTI ATIENDIBILI, AUTENTICHE, - FONDATE su precisi fatti storici. Gli Apostoli e la Chiesa nascente non hanno falsato Gesù. La testimonianza degli evangelisti e di quanti hanno contribuito alla formazione dei vangeli è meritevole di fiducia perché oggettivamente fondata, mentre non lo è il pregiudizio sistematico di sospetto. Contro gli errori di ieri e di oggi, il Concilio Vaticano Il nella DEI VERBUM al n. 19 afferma che i Vangeli trasmettono fedelmente quanto Gesù, Figlio di Dio operò e insegnò per la salvezza eterna di tutti.

AUTENTICITA' DEI TESTI

Dal momento che è passato tanto tempo dalla stesura dei primi documenti evangelici e dagli scritti del Nuovo Testamento, non è sbagliato chiedersi se i libri che possiamo leggere oggi siano fedeli agli originali Non è possibile che, con il passare degli anni, abbiano subito alterazioni e cambiamenti? Purtroppo non possediamo più la prima stesura manoscritta fatta dai rispettivi astori, a causa soprattutto della materia poco resistente ( il papiro) sulla quale furono scritti. Però, . ciò nonostante, il materiale rimasto, sia per il tempo a cui risale, sia per l'abbondanza nella quale è giunto fino a noi, ci offre la piena sicurezza storica che il testo in nostro possesso corrisponde sostanzialmente a quello uscito dalla mani dei loro autori. 1) Dal punto di vista dell'antichità il materiale si può dividere in tre gruppi: codici, papiri, citazioni. Attraverso i codici in pergamena possiamo risalire fino al secolo IV. Pur consentendoci di ritornare molto indietro nel tempo, i codici non ci danno molta sicurezza: dai più antichi alla data di composizione dei Vangeli rimane infatti un intervallo di circa 300 anni. Più indietro ancora è possibile ascendere per mezzo dei Q.illilil. Fra essi ricordiamo: i papiri RYLANDS e BODMER, che traggono il loro nome da quello degli studiosi che li hanno esaminati e risalgono agli anni tra il 110 e il 150 d.C. Essi riportano brani del vangelo di Giovanni, scritto pochissimi anni prima. Nel papiro BOOMER il vangelo di Giovanni è riportato quasi integralmente. Attraverso i papiri possiamo dunque risalire fino a pochi decenni dall'originale. Sempre molto indietro possiamo andare anche attraverso un'altra strada: le citazioni del Vangelo, che si trovano negli antichi scritti cristiani e nei testi liturgici dei primi secoli.

.

2) A questo materiale disponibile va aggiunta un'altra considerazione: l'abbondanza di esso, cioè delle copie pervenute a noi. 3) Per nessuna opera classica abbiamo documenti cosi' antichi e cosi' numerosi come per il testo dei vangeli. Se si ammette l'integrità delle opere classiche, bisogna allora ammettere anche e soprattutto l'integrità per i Vangeli. Dunque si deve ritenere che il testo evangelico, da nOI posseduto, corrisponde sostanzialmente a quello uscito dalle mani dei loro autori.

3)


D 68 Alcune informazioni e testimonianze sulla vita di Gesù dalle fonti non bib iche: il Talmud 'Babilonese (le parole in parentesi tonde sono contenute solo in alcuni manoscritti). Viene tramandato: Alla. vigilia ,(del shabbat [= sabato L~) .deila pasqua si appese [= si crocifisse] Jeshu [= abbreviazione di Jeshua = Gesù] (har:nosri = il nazareno). Un banditore per quaranta giorni andò gridando nei suoi confronti: «Egli (Jeshu han-nosri) esce per essere lapidato, perché ha praticato la magia e ha sobillato e deviato Israele. Chiunque conosca qualcosa a sua discolpa, venga e l'arrechi per lui». Ma non trovarono per lui alcuna discolpa, e lo appesero [alla croce] alla vigilia ( del shabbat e) della pasqua. . , Ulla [un rabbino del IV secolo] disse «Credi tu che egli Cl eshu ha-nosri) sia stato 'uno, per il quale si sarebbe potuto attendere una discolpa? Egli fu _invece un mesit [= uno che conduce all 'idolatria] e il Misericordioso ha detto: Tu non devi avere' misericordia e coprire la sua colpa [cf. D: 13,9] [». Con Jeshu fu diverso, poiché egli stava vicino al regno [= malkut]. (sanhedrin 43a). 1<.. PENNA, L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane, EDB,

-

L

Bologna

21986, p. 244.

• ••••• iJ;;.:!i:2_lI!iiJiiDl'-._~ ••


Alcuni scienziati laici, che quindi non sono stati motivati dalla fede in Gesù, hanno accertato quanto segue:

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• Gesù è veramente esistito, dall'anno 6 a.C. all'anno 30 d.Cr; • in questo periodo governò re Erode il Grande (25 a.C. - 4 a.C.); o in questi anni, prima Quirino e poi Ponzio Pilato erano governatori della Palestina.

nascita di Gesù e, ancora oggi, tutto il mondo occidentale utilizza questa numerazione che specifica gli anni e i secoli avanti Cristo (a.C.) e dopo Cristo (d.C.). Anche la Cina (nel 1911), e la Russia (nel 1919) hanno stabilito di adottare tale calendario.

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Giuseppe Flavio, storico romano di origine ebraica, nell'anno 93 d.C. scrisse:

Svetonio, uno storico romano del II secolo che ricostruì la vita dell'imperatore Claudio, scrisse in un suo documento:

«Claudio espulse

da Roma i Giudei in continua agitazione a causa di Cristo». (Vita di Claudio XJ0I, 4)

I

«Ci fu in quel tempo -: Gesù, uomo sapiente, se si può chiamarlo uomo. Fu infatti operatore di cose straordinarie, maestro degli uomini che accolgono con gioia la verità». (Annchità

Vl1rlakh!?, XX!IT, 3)

Plinio il Giovane, nel 112 d.C. scrisse una lettera all'imperatore Traiano:

«I cristiani erano soliti radunarsi in un giorno stabilito, al! alba per lodare Cristo».

«L'imperatore Nerone dette la colpa dell'incendio di Roma ai "cristiani". Il loro nome deriva da. Cristo». (Cornelio Tacito, Annali xv, 44)

;. "'.


Capitolo 12 -I

cristiani; una comunità di nuovi,

5.1 L'esile traccia nelle carte imperiali di Roma... Il testo più antico è in una lettera (10,96) indirizzata da Plinio il Giovane, allora governatore in Bitinia (l'attuale Turchia nord-occidentale) all'imperatore Traiano. Siamo nel 111-113 d.C. Plinio chiede come comportarsi nei confronti di un movimento di grande «pertinacia e inflessibile ostinazione», quello appunto dei cristiani, accusati di turbativa dell'ordine pubblico. Essisi riunivano «in un giorno stabilito prima dell'alba» (forse la domenica) e proclamavano un «canto a Cristo come a un Dio, vincolandosi al giuramento di non compiere malvagità». Famoso è poi il passo degli Annales di Tacito, storico romano vissuto tra il 55 e il 125 circa d.C., il quale, intorno al 115-120, evocando l'incendio di Roma del 64 annotava che «Nerone chiamò colpevoli e condannò ai tormenti più atroci, coloro che il volgo chiamava cristiani. .. che prendevano nome da Cristo, condannato a morte a opera del procuratore Ponzio Pilato, sotto l'impero di Tiberio.» (15,44). Un altro storico Svetonio, nella sua Vita di Claudio (intorno al 121 d.C.) ricordava che «i giudei, che tumultuavano continuamente per istigazione di Cristo, furono cacciati da Roma» (n. 25). Può darsi che Svetonio attribuisca a Cristo in modo anacronistico e sbrigativo la responsabilità delle tensioni causate dai cristiani, da lui confusi con gli ebrei della città.

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I Crocefissior. I San Pietro, I I quadro dipi I da Caravag I nel 1601.

5.2 ... e nei documenti giudaici Giuseppe Flavio, storico filoromano, vissuto tra il 37 e il 100 d.C. offre un ritratto di Gesù, noto come Testimonium F1avianum: Gesù fu uomo saggio, se pur conviene chiamarlo uomo. Infatti egli compiva opere straordinarie, ammaestrava gli uomini che con gioia accolgono lo verità e convinse molti giudei e greci. tgli era il Cristo. Dopo che Pilato, dietro accusa dei maggiori responsabili del nostro popolo, lo condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin dall'inizio lo avevano amato. Apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i profeti di Dio detto queste cose di lui e moltissime altre meraviglie. Ancora fino ad oggi non è scomparsa lo tribù dei cristiani che da lu.prende nome. 18,63-6411 Una traccia esile, certo: sufficiente per stabilire che un tale Gesù detto Cristo è nato verso il 750 dalla fondazione di Roma, è vissuto in una lontana e turbolenta regione dell'Impero Romano, la Palestina, ed è morto come un malfattore ai tempi dell'imperatore Tiberio.P Ma per un'indagine storica sulla vita di Gesù che non si limiti a qualche vaga notizia, non ci resta che utilizzare, con l'aiuto di tutti gli strumenti della critica letteraria, i testi cristiani che parlano di Lui.

11. Vedi G. F. vasi, La Buona velia, Monda, Milano. 12. Si tenga c' che dello st. Cesare Augu primo impera romano, cono ma l'esistenza da 4 autori: Pii co, Tacito, Sv nio e Appiano scrivono da l 120 anni dop sua morte.

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Sezione 4 - 1/ Dio di Gesù

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Le testimonianze cristiane .

In ordine cronologico le testimonianze cristiane sono: - le lettere di San Paolo, composte tra il 56 e il 6S d.C.; - il Vangelo di Marco, composto, probabilmente a Roma, verso la fine degli anni 60 d.C.; - il Vangelo di Matteo, degli anni 70-80 d.C., redatto all'inmolto simili; vengono chiamati sinottici (dal greco terno di comunità ebree consynoptik6s, che significa "con una sola occhiata"), vertite, probabilmente de II'Aperché nell'antichità spesso venivano scritti su tre sia Minore; colonne affiancate per permettere di verificare le - il Vangelo di Luca, della stessa somiglianze. È Marco l'inventore di questo nuovo epoca di quello di Matteo, genere letterario, il Vangelo, un genere che verrà scritto in comunità di pagani poi ripreso anche dagli altri evangelisti. Matteo e convertiti di cultura ellenista; Luca utilizzano il materiale di Marco e altre fonti, - il Vangelo di Giovanni è molto spesso comuni a tutti e due. Il Vangelo di Giovanpiù tardivo; fu scritto, probani, scritto dopo la morte degli apostoli nella cobilmente a Efeso, sul finire del munità cristiana dove era ancora viva la predicaprimo secolo: siamo ormai alla zione dell'apostolo Giovanni, è volutamente un'oterza generazione cristiana; è pera di completamento e di riflessione teologica. ricco di preziosi dati storici che completano i primi tre Vangeli. Meno numerosi e importanti sono i dati storici su Gesù contenuti nelle altre lettere del Nuovo Testamento, negli Atti degli Apostoli, e nel-

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6.1

Non cronache, ma "testimonianze/l

Questi testi non sono mai una cronaca degli avvenimenti della vita di Gesù. Sono piuttosto l'esposizione ordinata di una raccolta di testimonianze credibili, realizzata da alcune comunità cristiane che, stimolate da problemi della loro vita comunitaria di fede, ripescano nella loro memoria storica di Gesù proprio gli avvenimenti che possono costituire una risposta alle loro difficoltà. L'unico modo di ricostruire storicamente la figura di Gesù è quello di accettare questi limiti, anzi di farli diventare dei punti di forza. Si tratta di vedere Gesù non direttamente, in una pretesa obiettività storica 13, ma attraverso gli occhi degli apostoli, attraverso la vita delle prime comunità cristiane: è un'impresa possibile e che ha dato risultati estremamente positivi nella ricerca storiografica del dopoguerra.

13. L'obbiettività storica non esiste mai: da un testimone storico possiamo pretendere soltanto la possibilità per noi di raggiugere la verità dei dati, non una impossibile oggettività dello "sguardo" sui dati. In fondo è più obiettivo un testimone di cui è evidente e misurabile la "parzialità", che uno che si proclami "imparziale" taut

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