Marco Martini
Un secolo dalla Grande Guerra
Edizioni ISSUU.COM
SEMINARIO DI STORIA CONTEMPORANEA - A.A. 2013/14: UN SECOLO DALLA GRANDE GUERRA. Marzo-aprile-maggio 2014, Comitato Culturale “Angelo Corsetti” di Pietrasanta (LU), Università di Firenze, Scuola Normale Superiore di Pisa, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Università di Siena, Liceo Classico “Pellegrino Rossi” di Massa. Film di riferimento: La Grande Guerra, di M. Monicelli, con A. Sordi, V. Gassman e Silvana Mangano (visione merc. 12/03/2014 h. 15,00). 1. Il contesto e le cause della guerra (Prof. Zeffiro Ciuffoletti, ordinario di Storia del Risorgimento, Università di Firenze), giov. 20/03/2014 h. 16,00. 2. Il fronte italiano (Dott. Christian Satto (Scuola Normale Superiore di Pisa), merc. 26/03/2014 h. 16. 3. Le voci dei protagonisti al fronte (Dott. Gianluca Corradi, Biblioteca Nazionale di Firenze), merc. 02/04/2014 h. 16,00. 4. I trattati di pace e le loro conseguenze (Prof. M. Degl’Innocenti, Università di Siena), lun. 14/04/2014 h. 16,00. Conclusione del seminario e rinfresco finale: merc. 28/05/2014 h. 17,00.
1. Il contesto e le cause della guerra (Prof. Zeffiro Ciuffoletti, ordinario di Storia del Risorgimento, Università di Firenze). La pace di Versailles fu considerata la “pace dei vincitori”: la Germania fu considerata l’unica responsabile del conflitto e per questo fu anche eccessivamente sanzionata, ma il quadro relativo alle cause ed al contesto della guerra è assai più complesso. Si diffonde innanzitutto l’illusione di una guerra breve, che si sarebbe conclusa entro pochi mesi, entro il Natale dello stesso 1914. Lo storico inglese Christopher Clark, nel suo voluminoso studio di ben 716 pagine I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, indaga le cause profonde della prima guerra mondiale ed afferma che nessuno, né ministri, né intellettuali, nell’estate del 1914 si sarebbero mai immaginati che tale conflitto assumesse la durata e le proporzioni che ha realmente assunto. Le cause sono complesse e molteplici, diversificate anche sul piano geografico. Tra il 1931 ed il 1932 in Austria vi è un crogiuolo di intellettuali che si interrogano sulle cause della Grande Guerra: sono proprio questi intellettuali che costituiscono la base dello studio di Clark (in particolare 3 libri di questi studiosi austriaci). Le nazioni protagoniste del conflitto entrano in guerra senza nemmeno accorgersene, come appunto dei “sonnambuli”. Intere giovani generazioni sono spazzate via dalla guerra, 30 milioni di persone sono mobilitate, tantissimi sono i feriti mutilati e i dispersi. La Germania avrà 1.900.000 morti (aveva il contingente di truppe più numeroso), la sconfinata Russia 1-700.000 morti, la Francia 1.400.000, l’Austria-Ungheria e l’Inghilterra, rispettivamente, più di 1.000.000, l’Italia 600.000, la Serbia 400.000. A queste cifre vanno aggiunti 7.000.000 di invalidi permanenti, 15.000.000 di feriti (tra questi vi sono coloro che sono contaminati dal gas). Nella sola battaglia della Marna del 1914 abbiamo 220.000 morti tedeschi e 300.000 morti francesi; dopo questa storica battaglia, la guerra assume sempre più le connotazioni di guerra di trincea, logoramento e usura, più che di movimento e di “Blitz-Krieg”. Coloro che sono infettati dai gas tossici muoiono di terribili dolori brucianti ai polmoni, come ci illustra lo scrittore-soldato Enrico Maria Remarque nel suo celebre Niente di nuovo sul fronte occidentale; molti malati muoiono anche dopo il ritorno a casa. A questi si aggiungono altri 15.000.000 di dispersi ed altri 3.000.000 per la malattia spagnola, tuttora sconosciuta. Questo è il tragico decalogo più aggiornato della Grande Guerra, sulla quale quest’anno, proprio in occasione del centenario del suo scoppio, stanno
proliferando le pubblicazioni. Nel corso degli anni la guerra si allarga, fino agli U.S.A., che fanno sbarcare in Europa più di 1.000.000 di soldati, con vettovaglie, autoblinde, armi. La Grande Guerra, per Ciuffoletti, apre le porte alle 3 forme di totalitarismo novecentesco europeo: fascismo, nazionalsocialismo, stalinismo, e sempre da questo conflitto avrebbero preso piede le guerre di indipendenza post-coloniale. Ciuffoletti afferma quindi, contestando la tesi marxista di Hobsbawm (Il secolo breve), che il Novecento è attraversato dalle conseguenze della prima guerra mondiale. Nel 1918 sono crollati gli Imperi centrali, ma non gli Stati Uniti, che saranno messi fortemente in crisi solo l’11 settembre 2001 dall’attentato alle Twin Towers, secondo Ciuffoletti, tesi fortemente contestata. Gavrilo Princip è un serbo-croato un nazionalista di appena 16 anni compiuti, non un ananrchico: faceva parte de “La Mano Nera”, fondata nel 1911, con radici ben profonde. Il capo dell’organizzazione era il capo dei servizi segreti dello Stato Maggiore serbo. L’attentato avviene a Sarajevo, una città-simbolo della Bosnia, dove per secoli si erano fronteggiati turchi e cristiani; alla fine del ‘600 fu incendiata dai cristiani contro i musulmani. Sarajevo è il crogiuolo di 3 culture: cristiana, islamica e liberty, quest’ultima dovuta agli Asburgo, sotto i quali vi sono ben 13 differenti etnie. Nel 1882, con il congresso di Berlino, Sarajevo era stata assegnata all’Impero AustroUngarico. Il nazionalismo è quindi la causa fondamentale della Grande Guerra, per Ciuffoletti, concetto che era sfuggito di mano a Marx nel Manifesto del partito comunista (1848), ma non a Cesare balbo ne Le speranze d’Italia (1844). Il Giappone, ad esempio, ha adottato, le primo ‘900, il modello di Stato-nazione dalla Germania, e l’idea di nazione, di cui tanto parla Chabod nel suo omonimo noto studio, era presente anche nei “14 Punti” di Wilson del 1919, che hanno avuto alle spalle le idee di Mazzini, del quale il Presidente americano era un profondo ammiratore, tant’è vero che a Genova andò a rendergli omaggio sulla tomba. L’Impero guglielmino dà forza all’esecutivo, ma non al parlamento, che viene quasi esautorato, “tacnica” già adottata alla fine dell’Ottocento da Bismarck. Per gli storici liberali, il nazionalismo è quindi la molla scatenante della Grande Guerra. La Serbia respinse infatti l’ultimatum austriaco perché gli ispettori austriaci sul territorio serbo avrebbero violato l’identità nazionale serba. Lenin considera invece la prima guerra mondiale come l’ultimo frutto del capitalismo ottocentesco; altri vedono la “scintilla” del conflitto nella guerra di Libia appena conclusa (1911-12), segno dello sgretolamento progressivo dell’Impero ottomano. Gian Enrico Rusconi, nel suo libro 1914: attacco a Occidente, afferma che le conseguenze dell’attentato di Sarajevo, del quale rivaluta la portata, non sono calcolabili: su questa tesi concorda anche Ciuffoletti. L’aspirazione dei popoli alla propria identità nazionale è quindi la molla scatenante della Grande Guerra, per Ciuffoletti e per gli storici liberali, e quello che caratterizza il nuovo nazionalismo del primo ‘900 è il ruolo delle masse, che è invece ancora molto scarso nel secolo precedente. I socialisti non vogliono in realtà la pace, secondo Ciuffoletti, ma solo trasformare la guerra in una guerra rivoluzionaria. La Grande Guerra fu un conflitto di civiltà all’interno della stessa civiltà occidentale: fu la catastrofe dell’Occidente, dalla quale l’Occidente non può tornare indietro. La consapevolezza di ciò, per Ciuffoletti, è l’unico modo per non essere “sonnambuli”, vittime delle ideologie del ‘900. 2 . Il fronte italiano (Dott. Christian Satto, (Scuola Normale Superiore di Pisa), merc. 26/03/2014. Il 28 giugno 1914 è l’anniversario del matrimonio di Francesco Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe. Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, si era sposato nel 1900 e nel 1914 fu vittima di un attentato da parte del serbo Gavrilo Princip, che mirava all’indipendenza della Bosnia ed a costruire un grande Stato slavo, progetto che si realizzerà solo alla fine del conflitto, nel 1919. Francesco Ferdinando aveva un progetto, in senso federalista, di riorganizzazione dell’Impero, e questo non era gradito a Francesco Giuseppe, detto “Cecco Beppe”. La Triplice Alleanza era un patto difensivo, siglato da Italia, Austria e Germania, rinnovabile ogni 5 anni, inaugurato per volontà di Bismarck. Tra Italia ed Austria-Ungheria vi era un’alleanza anomala, in quanto l’Austria rappresentava per l’Italia il vecchio nemico risorgimentale, ma tale alleanza era motivata dalla volontà di Bismarck di isolare la Francia, come si era evinto già dal Patto dei 3 imperatori del 1873 tra Austria, Russia e Germania e dal Congresso di Berlino del 1875. La Triplice Intesa era
inizialmente un’alleanza tra Francia e Russia e solo in seguito si aggiunse l’Inghilterra. Le 2 crisi marocchine del 1905-06 e del 1910-11 intensificarono l’alleanza franco-inglese perché la Russia non poteva intervenire in aiuto della Francia in Marocco in quanto impegnata nel conflitto russogiapponese del 1905, dal quale uscirà fortemente distrutta. Inoltre, sempre nel 1905, la Russia è scossa dalla rivoluzione interna e dalla “domenica di sangue” del 9 gennaio 1905. Il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, in quanto questa rifiuta alcune clausole dell’ultimatum austriaco, ma l’Italia interverrà nel conflitto solo nel 1915 e si appellerà, per la neutralità, al fatto che la Triplice Alleanza era un patto difensivo ed al fatto che non era stata preventivamente avvertita della dichiarazione di guerra. Nel 1915 si sviluppa in Italia un forte dibattito tra neutralisti (cattolici, pr motivi religiosi e perché non si può combattere contro uno Stato cattolico come l’Austria, socialisti riformisti, per motivi ideologici di pacifismo socialista, sanciti nella II Internazionale del 1889, e liberali, perché temono che la guerra possa nuocere all’economia) ed interventisti (alcuni intellettuali nazionalisti, quali Verga, D’Annunzio, Pirandello, Marinetti, Papini, Prezzolini, Corradini, irredentisti, socialisti massimalisti soreliani insurrezionalisti, come Mussolini). I liberali giolittiani sono contrari alla guerra, mentre il re Vittorio Emanuele III è favorevole. Sidney Sonnino è ministro degli esteri dal 1914, il 26 aprile 1915 firma il patto segreto di Londra con l’Inghilterra, seguono le “radiose giornate di maggio” e i due discorsi di D’Annunzio a favore della guerra, a Quarto dei Mille ed a Roma. Il parlamento, neutralista, delega il governo a decidere, ed il 24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria. Il comando delle truppe italiane è affidato al cinico generale Cadorna; l’Italia ha ottenuto la promessa, dall’Inghilterra, in caso di vittoria, di ottenere Trento e Trieste, ma non Fiume. L’esercito italiano era già indebolito dalla precedente guerra di Libia, nell’agosto 1916 prende Gorizia, ma al costo di 21000 uomini. L’Italia, tra il 1915 ed il 1917 combatte 12 battaglie sull’Isonzo, fino a Caporetto. Na. Oltre 700 furono le condanne a morte fatte eseguire da Cadorna ai soldati italiani per diserzione. Altre battaglie furono combattute in montagna, sulle 3 cime di Lavaredo, dagli alpini. Nel 1916 il conservatore Antonio Salandra succede a Boselli, e forma un governo di unità nazionale, nel quale Sonnino è ancora ministro degli esteri. Nel 1916 Sonnino dichiara guerra alla Germania. Tra i bombardamenti più cruenti vi fu quello di Asiago. Si diffonde la canzone “Tapum”, con riferimento al rumore emesso dai fucili austriaci. In Italia si sviluppa una guerra di trincea, Musil descrive la guerra di trincea come un evento disumano. In trincea si convive con i morti decomposti, gli escrementi, i pidocchi, senza cambi di biancheria. Si teme la propaganda bellicistica della Chiesa e dei socialisti, per questo si fucilano i soldati che indugiano all’idea di morire per la patria. Il 1917 è l’anno della svolta: entrano in guerra gli Stati Uniti, che aiutano gli inglesi nella guerra contro i sottomarini tedeschi U-BOOTE, esce la Russia dal conflitto, scossa dalla rivoluzione interna, l’Italia è sconfitta a Caporetto dalle truppe austro-tedesche, e Cadorna dà la colpa di ciò ai soldati italiani, vittima della propaganda disfattista, ma il nuovo capo del governo Vittorio Emanuele Orlando destituisce Cadorna e lo sostituisce con Armando Diaz, molto più umano con le truppe. Le ultime battaglie sono quelle del solstizio (giugno 1918) e di Vittorio Veneto (24 ottobre 1918), che segna la definitiva vittoria italiana, siglata con l’armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918, entrato in vigore il 4 novembre. Importante fu anche il ruolo delle donne nella grande guerra, molte furono infatti impiegate come centraliniste. Tra i 5 trattati di pace, l’Italia fu interessata a quello di Saint-Germain del 1919, fortemente punitivo per l’Austria. Ma il clima instabile creatosi alla fine del conflitto porterà presto ai totalitarismi ed al II° conflitto mondiale (Cfr. E. Gentile, Due colpi di pistola dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della grande guerra, Laterza, 2014, acquistabile anche in e-book).
3. Le voci dei protagonisti al fronte (Dott. Gianluca Corradi, Direttore della Biblioteca Nazionale di Firenze), merc. 02/04/2014. Quasi 4000 (esattamente 3912) sono i documenti originali della grande guerra, tra libri, riviste, cartoline, biografie, memorie e diari, canzoni, lettere al e dal fronte (molto importanti furono infatti i generi letterari della memorialistica e della diaristica). Per motivi legali, le 9 biblioteche europee (Firenze, Parigi, Berlino, la “British Library” di Londra) che hanno curato l’edizione di tutte le fonti primarie della prima guerra mondiale, non hanno potuto pubblicare testimonianze di autori morti dopo il 1954 (come il giornalista de “La Nazione” Prezzolini), in quanto è necessario un arco di 70 anni di tempo. Il lavoro, iniziato nel 2011, si concluderà nel maggio 2014, in occasione del centenario dello scoppio del conflitto. Si tratta di materiale tutto compreso fra il 1914 ed il 1919. Spesso i soldati al fronte, ignoranti e capaci di parlare solo il loro dialetto locale, non si comprendevano nemmeno tra loro (l’unificazione linguistica avverrà infatti solo negli anni ’50 grazie alla televisione), spesso si fanno leggere e scrivere le lettere che ricevono o inviano dai pochi alfabetizzati, spesso questa guerra assomiglia ancora ad una guerra risorgimentale, combattuta a piedi, a cavallo, in bicicletta (come per la presa di Gorizia dell’agosto 1916). Moltissima letteratura del periodo è intrisa di retorica patriottica perché fino a Caporetto i soldati non hanno maturato la reale consapevolezza dei motivi per cui sono partiti per la guerra. Ben 12 milioni sono i ragazzi che frequentano le scuole inferiori e di conseguenza anche la manualistica scolastica è interessata all’enfasi della guerra e nei libri di testo si esaltano il patriottismo, l’eroismo, l’idea del sacrificio per la patria. E’ la retorica risorgimentale che, passando attraverso la grande guerra, confluirà poi nel fascismo. Non mancano vignette satiriche che ironizzano sul Kaiser Guglielmo II Hoenzollern e su Francesco Giuseppe I d’Austria, definiti “i due carnefici”. Anche la canzone e la musica hanno lo scopo di motivare gli italiani alla guerra (i canti degli alpini, dei bersaglieri, la leggenda del Piave, alla quale farà da contraltare, dopo la presa di Gorizia, costata all’Italia 21000 morti, la canzone pacifista “O Gorizia tu sei maledetta”, ripresa dai movimenti studenteschi negli anni ’70). Dopo Caporetto ed il 1917 la situazione cambierà: le truppe maturano l’idea di un massacro ingiustificato e sui cieli d’Austria si gettano volantini italiani scritti in tedesco, come nelle trincee italiane si lanciano volantini austriaci scritti in italiano, nei quali si cerca reciprocamente di convincere l’avversario a non combattere questa guerra. Sorgono anche, in questo contesto, molte associazioni di volontariato a sostegno dei soldati e dei reduci, vengono, ad esempio, inviati al fronte degli “scalda-rancio”, e dopo Caporetto la stessa stampa comincia a dare il via ad una campagna antibellicista; tutta la stampa era comunque sottoposta a censura, si censurava tutto ciò che non era in linea con la versione ufficiale dello Stato sabaudo. 4. I trattati di pace e le loro conseguenze (Prof. M. Degl’Innocenti, Università di Siena), lun. 14/04/2014. La Grande Guerra è una guerra mondiale, in quanto vi partecipano tantissimi Paesi, ivi compresi la Cina ed il Giappone, ed una “guerra totale”, in quanto fu lunga e sanguinosa e fu un conflitto non solo militare, ma anche civile, sociale, economico, con 10 milioni di morti e 21 milioni di feriti: non c’è famiglia che non abbia un morto o un ferito o un mutilato. Alla fine del conflitto finisce la diplomazia segreta del patto di Londra, come stabilito dai 14 Punti di Wilson. A Versailles si riuniscono i primi ministri, Clemanceau, Lloyd George, Vittorio Emanuele Orlando, Wilson. Fondamentale fu il ruolo della stampa, sia prima che dopo la guerra, e dell’opinione pubblica. Fu anche la prima guerra combattuta con mezzi moderni. La Germania, alla fine della guerra, riconosce di essere stata la responsabile del conflitto e i danni complessivi ammontano a migliaia di milioni di sterline. L’Unione Sovietica non pagherà debiti, perché uscita dal conflitto a causa della Rivoluzione interna. Alla fine, solo 1/6 di quanto richiesto alla Germania sarà realmente corrisposto dai tedeschi. Dopo la guerra, il problema è quello della ricostruzione e della riconversione industriale. Al termine del conflitto, gli U.S.A. sono la potenza economicamente egemone. Alsazia e Lorena tornano alla Francia: trionfa quindi il revanscismo sul pangermanesimo. La Polonia diventa uno Stato molto esteso, anche a danno della Germania, con la Pomerania e il distretto di
Tasken, preso alla Cecoslovacchia, altro Stato che nasce, insieme all’Austria, ridotta d’estensione, all’Ungheria, alla Jugoslavia, alla Turchia. La Jugoslavia nasce come Stato multinazionale, piuttosto debole, costituito da serbi, croati, montenegrini, istriani, sloveni, bosniaci. L’estensione della Polonia alimenterà l’odio dei tedeschi verso i polacchi. Instabilità politica e disoccupazione costituiscono l’incubatrice di violenti movimenti nazionalistici, e ad alimentare tale quadro di instabilità contribuisce l’assenza degli Stati Uniti nella Società delle Nazioni, in quanto, in seno al Congresso, era prevalsa una isolazionista e favorevole quindi al disinteresse nei confronti dei problemi europei, fedele alla dottrina di Monroe del 1823, sintetizzabile nel motto “L’Europa agli europei, l’America agli americani”. L’U.R.S.S. non farà parte della Società delle Nazioni fino al 1933, quando cioè si avvertirà il pericolo nazista, in quanto l’Unione Sovietica considerava la Società delle Nazioni “un’avventura capitalistica”; l’Inghilterra invece ne fa parte, ma è poca interessata, in quanto immersa nei suoi traffici commerciali, e così la Francia fa la “parte del leone”, mentre viene calpestato il principio wilsoniano di autodeterminazione dei popoli, elemento che si ripresenterà anche alla fine del II° conflitto mondiale. Turchia, Bulgaria e Germania subiscono la “pace dei vincitori”, soprattutto la Germania, e questo alimenterà l’odio dei tedeschi. Nel 1922-23 Kemal Pascià, detto Ataturk, sconfiggerà duramente i greci, che saranno costretti all’esilio dalla Turchia, e proseguì nel massacro del popolo armeno, già iniziato dal governo dei Giovani Turchi dopo Maometto V, con l’intento di modernizzare l’impero ottomano. L’Inghilterra si annette Mesopotamia e Palestina, mentre alla Francia sono ceduti Libano e Siria. Agli ebrei viene dato un “territorio nazionale” in cui abitare, la Palestina, ma non ancora uno Stato, che nascerà soltanto nel 1948; al momento, in Palestina, vivono poche migliaia di ebrei. Lo storico Arno Majer affermò che la grande guerra era esplosa più per motivi interni che esteri: in Italia, ad esempio, si vuole sconfiggere definitivamente la tradizione liberale, che aveva governato dal 1861 al 1914. Alla fine della guerra l’Italia si ritrova potenza vincitrice, ma diventerà presto il crogiuolo del nazionalismo violento che la porterà al fascismo, all’isolamento dalla Francia e dall’Inghilterra ed alla seconda guerra mondiale, nella quale entrerà, a fianco della Germania nazista, del tutto impreparata, convinta di condurre una sua “guerra parallela”, volta alla conquista della Grecia, come emergerà dal noto discorso di Mussolini, poi disatteso dai fatti, “Spezzeremo le reni alla Grecia”.