L’economia dell’attenzione di Filippo Menczer e Thomas Hills
Illustrazione di Cristina Spanò
Capire come algoritmi e manipolatori sfruttano le nostre vulnerabilità cognitive ci permette di reagire
Partiamo da un esempio: quello di Andy, una persona che ha paura di contrarre COVID-19. Dato che non può leggere tutti gli articoli che vede sull’argomento, si affida ai suggerimenti degli amici più fidati. Quando uno di loro sostiene su Facebook che la paura della pandemia è un’esagerazione, Andy all’inizio rifiuta l’idea. Poi però l’albergo in cui lavora chiude i battenti, e con il suo impiego a rischio Andy inizia a chiedersi quanto sia davvero grave la minaccia del nuovo virus. Dopotutto nessuno di quelli che conosce è morto. Un collega segnala un articolo in cui si afferma che lo «spauracchio» di COVID è stato creato da Big Pharma in collusione con alcuni politici corrotti, una tesi che si sposa bene con la sfiducia che Andy prova nei confronti del governo. Una ricerca sul Web lo porta ben presto ad articoli che sostengono che COVID-19 sia non più grave dell’influenza. Su Internet, Andy entra a far parte di un gruppo di persone che sono state licenziate o temono di esserlo e nel giro di poco tempo si ritrova, come molti di loro, a chiedersi: «Ma quale pandemia?». Quando scopre che numerosi suoi nuovi amici intendono Copia di 8ccb7ec56439dd59ee23cdaad523b08b
le Scienze
partecipare a una manifestazione per chiedere la fine delle misure restrittive anti-COVID, decide di unirsi a loro. In quella grande protesta quasi nessuno indossa la mascherina, e neppure Andy lo fa. Quando sua sorella gli chiede com’è andata la manifestazione, Andy condivide la convinzione che ormai è diventata parte della sua identità: COVID è una bufala. Questo esempio illustra bene il campo minato dei pregiudizi cognitivi. Preferiamo le informazioni che provengono da persone di cui ci fidiamo, dal nostro cosiddetto endogruppo. Prestiamo più attenzione e siamo più portati a condividere le informazioni che riguardano un rischio, nel caso di Andy il rischio di perdere il lavoro. Cerchiamo e ricordiamo cose che si adattano bene con quello che già sappiamo e capiamo. Questi bias sono prodotti del nostro passato evolutivo e per decine di migliaia di anni ci sono stati utili. Le persone che si comportavano seguendo questi bias (per esempio evitando la riva dello stagno, con la sua vegetazione incolta, dove qualcuno aveva detto di aver visto una vipera) avevano
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I quaderni