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Founder of African Path Safaris, Author & Conservationist Gianni Bauce

Ingegneri Ambientali a Quattro Zampe

(Gianni Bauce) Fotografía: Afiican Path Safaris

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In Zimbabwe, viaggiando verso nord, dell’capitale Harare, dopo circa 300 chilometri, ci si affaccia sull’estremo margine settentrionale dell’altopiano chiamato The Great Dyke, che occupa buona parte del paese. Mentre a sud scende dolcemente nella piana del Lowveld e nelle colline di Matopo, a nord termina improvvisamente a strapiombo sulla valle dello Zambesi. La strada asfaltata che porta verso Chirundu ed il confine con lo Zambia scende tortuosa e ripida per circa 800 metri di altezza in soli sette chilometri e percorrendola ci si domanda chi sia stato l’ingegnere che per prima ha progettato una simile opera sfidando la gravità e la natura. L’ingegnere in questione, o meglio il team di ingegneri, sono personaggi un po’ paffutelli, ingannevolmente goffi a causa della loro mole, con grandi orecchie a forma di africa ed un naso lungo che si fonde col labbro superiore formando una proboscide: sono gli elefanti africani. Migliaia di anni prima che l’uomo inventasse la ruota, gli elefanti della valle dello Zambesi risalivano la ripida scarpata per raggiungere l’erba fresca

dell’ altipiano durante la stagione più arida, per poi ridiscendere verso il grande fiume al ritorno delle piogge. Migliaia di zampe a forma di colonna hanno percorso per millenni i sentieri tracciati dai primi pachidermi che hanno esplorato la via, creando quello che qui chiamiamo un “sentiero deglli elefanti”. Gli elefanti sono animali molto abitudinari e seguono rotte consolidate nei secoli, che le matriarche - le femmine anziane che guidano i branchi – hanno appreso e che conoscono a memoria, guidando i loro branchi verso i pascoli migliori e le acque più dolci. Questi sentieri vengono utilizzati da un’infinità di altri animali, troppo piccoli per poter aprire piste tra la boscaglia fitta, come invece fanno gli elefanti. Tra questi utilizzatori c’è anche l’uomo, che col tempo ha ampliato la carreggiata di queste vie e addirittura ne ha asfaltate alcune. Qui in Zimbabwe sono parecchi gli antichi sentieri degli elefanti trasformati poi in strade: la strada per Chirundu che discende l’altopiano è una di queste, così come quella che risale l’altopiano a sud, attraverso il passo di Boterekwe. Il contributo degli elefanti all’ambiente ed alle altre specie viventi, non si limita all’apertura di piste, delle quali usufruiscono poi moltissime altre specie. Gli elefanti, grazie alle loro dimensioni ed alla lunga proboscide, raggiungono rami degli alberi inarrivabili per altri animali e quando li spezzano portandoli a terra, rendono disponibile del cibo per altre specie che altrimenti non avrebbero potuto raggiungere. La stessa cosa accade quando abbattono un albero, lavorando anche come giardinieri della boscaglia, sfoltendo la vegetazione e consentendo al foraggio di ricrescere.

Fotografía: Afiican Path Safaris

La dieta degli elefanti si basa su un ventaglio di piante, erbe, baccelli, fiori, frutti, cortecce ed un’infinità di altri prodotti vegetali che spaziano in una gamma vastissima di specie botaniche. Tuttavia, il loro apparato digestivo è poco efficiente ed il 60% di ciò che ingeriscono non viene processato e digerito, ma viene espulso praticamente intatto. Nelle fatte degli elefanti si trovano frutti, semi, baccelli e residui vegetali non digeriti, dei quali numerose altre specie si possono cibare: babbuini, francolini, cercopitechi sono soltanto allcuni di coloro che approfittano di queste “razioni alimentari” a portata di mano. Molti semi contenuti nelle fatte di elefante, germogliano anche grazie al passaggio attraverso i succhi gastrici dell’animale, il quale, essendo un mammifero dalla grande mobilità, è in grado di ingerire semi di una pianta e “seminarli” attraverso le fece a distanze che possono raggiungere anche i 100 chilometri, favorendo la dispersione dei semi e la diffusione delle piante. Anche l’uomo fa uso delle fatte di elefante essicate al sole: fumarle o inalarne il fumo costituisce un ottimo rimedio per raffreddore, tosse, mal di gola e tutti i piccoli disturbi dell’apparato respiratorio, mentre la medicina tradizione sostiene che un decotto di fatte facilita il parto. In periodi di siccità, quando la maggor parte dei fiumi africani sono inariditi, l’acqua scorre ancora nel sottosuolo, sotto i loro letti sabbiosi e gli elefanti lo sanno bene. E’ frequente vederli scavare pozzi profondi con le loro zanne e le loro proboscidi, fino a che trovano il prezioso liquido. Una volta dissetati, essi abbandonano il pozzo che può essere quindi utilizzato da altri animali assetati. La loro passione per l’acqua li porta ad immergersi spesso e addirittura giocare durante il bagno. I loro corpi enormi e le loro zampe possenti provocano lo smottamento del fondale, facendo risalire sostanze nutritive altrimenti sepolte, di cui beneficia la fauna acquatica. Ecco perché questo animale viene definito “l’ingegnere ambientale” delle boscaglie: la sua presenza e la sua attività risultano di estremo beneficio per l’ambiente e questo pachiderma rappresenta una “specie ombrello” sotto la quale trovano riparo e risorse molte altre specie. L’elefante non è l’unico ingegnere della booscaglia: anche l’ippopotamo compie un buon lavoro aprendo sentieri, soprattutto lungo gli argini dei fiumi. L’ippopotamo, infatti, a causa della

sua pelle spessa ma molto permeabile, dissipa liquidi molto più rapidamente di qualsiasi altro mammifero, perciò è costretto a spendere tutto il giorno in acqua per proteggersi dalla disidratazione. Ma la sera, quando il sole tramonta, si reca sulla terraferma per pascolare, utilizzando i sentieri che incide negli argini. Queste vie rappresentano ottime vie di scolo e drenaggio dell’acqua piovana verso i fiumi o le pozze, che in tal modo si rigenerano, mentre contemporaneamente si evita la stagnazione dell’acqua nella boscaglia. Anche questo paffuto abitante dei fiumi smuove il fondale rendendo disponibili i nutriente alla fauna acquatica, arricchendoli con le sue feci. Talvolta, glli ippopotami defecano anche sulla terraferma, provvedendo alla dispersione dei semi come molti altri mega-erbivori, ed a fertilizzare il suolo. Tra questi troviamo anche le due specie di rinoceronti africani, quello bianco e quello nero, i quali, oltre a spargere semi e fertilizzare il suolo attraverso le loro feci, rappresentano una “specie ombrello” perché necessitano di grandi spazi ben conservati, una risorsa di cui godono centinaia di altre specie animali e vegetali. Un gran lavoro, insomma, per questi ingegneri ecologici un po’ particolari, che non indossano caschi antinfortunistici e tute da lavoro, né tantomeno si avvalgono di plichi di disegni tecnici, ma che comunque svolgono un compito importantissimo per la conservazione dell’ambiente. Un compito che, spesso, nemmeno i nostri migliori tecnici sono in grado di assolvere.

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