Tesi di Laurea Magistrale in Architettura

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A mia madre

che prima mi ha donato la vita e poi mi ha donato la sua

Ai becchi

unica certezza della mia vita

e a tutti quelli che

condividono con me le emozioni di una notte stellata africana



In collaborazione con Relatrice

Rosalba Belibani Assistente

Fiamma Ficcadenti

Relatore estero

Thomas Auer


01

TANZANIA. STORIA E CULTURA

02

NECESSITA’. STANDARD E VITA MEDIA

03

GEOGRAFIA E CLIMA


INDICE 04

MATERIALI

05

PROGETTARE IN AFRICA


L

a Tanzania come la conosciamo noi è uno Stato relativamente recente, o almeno lo è la tipologia di Stato cui noi siamo normalmente abituati. Il territorio riguardante l’attuale Tanzania, infatti, ha una storia molto antica che di seguito troverete illustrata in poche pillole. Vi domanderete: perché mai iniziare una tesi di architettura con un excursus storico così dettagliato? Vi rispondo subito. Trattandosi di una terra per lo più incontaminata (se non da culture non tipicamente africane), mi è venuto spontaneo voler classificare quali caratteristiche della cultura del luogo provenissero da tradizioni autoctone e quali, invece, fossero state acquisite da altre culture. Quello che sarà illustrato all’interno di questa tesi deve, quindi, rifarsi necessariamente alle nozioni storiche e culturali riportate di seguito.

1.STORIA

Come punto di partenza ho deciso di iniziare dall’epoca del Medioevo, poiché tutto il periodo storico precedente è noto alla maggior parte delle persone (riferendomi in tal caso all’importanza del continente Africano per la nascita della specie umana e il conseguente sviluppo di tribù native dell’Africa centrorientale, quali i Bantù). Tra il XIII e il XV secolo d.C., la regione riguardante l’attuale Tanzania prosperava grazie alla presenza di Arabi e Persiani su questo territorio. Queste due popolazioni orientali avevano, infatti, conquistato il territorio con il solo fine di utilizzare la sua posizione tattica per il commercio dell’oro e dell’avorio. Questa è chiamata Epoca Shirazi e durante questo periodo sono state fondate alcune città, tra cui Zanzibar e Kilwa. Solamente nel 1498 il portoghese Vasco de Gama raggiunge e conquista il Mozambico e parte dell’attuale Tanzania. La presenza dei portoghesi nell’Africa centrorientale

prosegue fino al XVIII secolo, quando il sultanato di Oman (regione a sud ovest della penisola Arabica), decide di allearsi con gli indigeni nella lotta contro i portoghesi. Nel 1840 il sultano di Oman sposta la sua capitale a Zanzibar, e con questa dà inizio alla tratta commerciale tra il Lago Tanganica, l’Africa centrale e l’Estremo Oriente, oltre a dare inizio alla famigerata tratta degli schiavi. In questo periodo i territori più ambiti erano comunque stati quelli della Tanzania orientale, verso le coste. La parte più interna, infatti, non era stata esplorata per bene fino al 1848, quando si dice che il tedesco Johannes Rebmann sia stato il primo europeo a vedere il Kilimanjaro. Nel 1866, poi, l’inglese David Livingstone parte da Zanzibar alla scoperta delle sorgenti del Nilo. Egli, purtroppo, è dato per disperso fino a quando, nel 1871, viene ritrovato da Henry Morton Stanley sulle sponde del Lago Tanganica (da cui le celebri parole: Il dottor Livingstone, suppongo? ). Nel 1877 iniziano le spedizioni di colonizzazione bwwelghe, da cui nascono ben due città importanti: Kigoma e Mpala. Nel frattempo, intorno al 1884, il tedesco Karl Peters tenta dei negoziati con i capi locali per convincerli ad accettare la protezione tedesca contro gli invasori belgi, ponendo le basi per una futura colonizzazione. Contemporaneamente, gli inglesi stringono un accordo con il sultanato di Zanzibar, convincendolo nel 1876 ad abolire la tratta degli schiavi. Nel 1884, durante la Conferenza di Berlino, i belgi, i tedeschi e gli inglesi si contendono la Tanzania. I belgi si fanno presto indietro, dopo aver ottenuto il dominio sul bacino del fiume Congo. Ai tedeschi, invece, vengono dati i territori corrispondenti a Burundi, Rwanda e Tanganika (ossia l’attuale Tanzania priva


01 TANZANIA STORIA E CULTURA


della regione di Zanzibar). Nel 1890 è quindi stipulato il Trattato di HelgolandZanzibar, in cui i tedeschi rinunciano ufficialmente alla zona di Zanzibar, cedendo il dominio coloniale agli inglesi. Questi ultimi adottano un governo indiretto, lasciando il sultanato libero di operare a piacimento. Il dominio tedesco durò fino alla Prima Guerra Mondiale. Durante questo periodo vennero co A seguito della Prima Guerra Mondiale, molte delle infrastrutture costruite dai tedeschi erano state distrutte, in quanto la guerra si era svolta anche sulle terre di confine tra le colonie. I vincitori della guerra, come sappiamo, furono gli inglesi. È cosi che nel 1920 fondarono la Colonia Tanganika. Anche questa volta gli inglesi prediligono un governo indiretto, promuovendo la nascita di istituzioni ed organizzazioni con a capo persone del luogo, permettendo gradualmente al popolo tanzanese di entrare a far parte degli organi amministrativi. Parecchi anni più tardi, nel 1946, le Nazioni Unite confermano il dominio coloniale del Tanganika agli inglesi. Nel 1954, però, Julius Nyerere (uno dei soli due autoctoni ad aver ricevuto a quel tempo un’istruzione universitaria) fonda il partito Tanganyka African National Union (TANU), dando inizio al percorso verso l’indipendenza. Nel 1961 finalmente Nyerere ottiene l’indipendenza e diventa Primo Ministro. Soli due anni dopo anche Zanzibar ottiene l’indipendenza dall’Inghilterra, diventando una monarchia costituzionale sotto il governo del sultano (ASP). Infine, nel 1964, il Tanganika e Zanzibar si uniscono in un’unica Repubblica, ribattezzata Tanzania. Da quest’unione deriva anche la nascita di un nuovo partito: il Chama Cha Mapinduzi (CCM), fusione del TANU e dell’ASP, ed attuale partito presidenziale.

2.Cultura

Citando Julius Nyerere, mi viene subito da cercare quali siano i cardini della cultura tanzanese, ossia a quali temi essi siano più legati. Mi è stato facile individuarne subito cinque: la religione,il cibo, il matrimonio, l’educazione dei figli, e l’arte. Questi temi influenzano inevitabilmente anche il progettista che decide di operare in questa terra, in quanto ogni progetto non può prescindere dalla cultura e le abitudini del luogo. “La cultura è l’essenza e lo spirito di ogni nazione; un paese che manca della propria cultura non è molto più di un gruppo di persone, senza lo spirito che lo rende una nazione ” Per quanto riguarda la cultura del cibo, ogni loro pasto deve essere rigorosamente accompagnato da carboidrati, che siano mais, riso, cassava o sorgo. Il piatto principale è affiancato da pesce, manzo, capra, pollo o montone insieme a svariate verdure tra cui: fagioli, spinaci, zucca, patate dolci o foglie di manioca. Nella zona della costa e a sudovest viene privilegiato il riso, mentre nella zona a nordovest viene privilegiato l’ugali (composto di mais e sorgo). C’è da notare che il mais fu introdotto in Africa solo in epoca coloniale (tra il XVI e il XVII sec.), sostituendo l’uso del miglio in molte ricette, come quella dell’ugali. Molti sono i cibi che ormai fanno parte della cultura tanzanese, ma sono di origine indiana, tra cui il chapati (tipico pane indiano), le samosa (involtini ripieni di carne) ed il riso speziato. Le samosa, insieme ai mishikaki (spiedini di carne di origine turca) vengono venduti spesso come street food, insieme a banane fritte, patate dolci, pop corn, pannocchie di mais e pesce secco. La stessa cura della tradizione che hanno per il cibo la possiamo trovare nell’educazione dei figli. In tutta la Nazione,


infatti, essa è affidata ai genitori come ai parenti più stretti, agli amici e ai vicini di casa. Le donne , il cui abito tradizionale è il Kanga (ossia un panno rettangolare simile al nostro concetto di “pareo”), utilizzano un secondo Kanga che, avvolto intorno al corpo partendo dalla schiena, tiene il bambino ben fermo, facendoli simpaticamente assomigliare a dei gusci di tartaruga. Le femmine della famiglia iniziano ad occuparsi dei fratelli e sorelle più piccoli già in età molto giovane, al fine di aiutare la madre. Fino all’età di 5-6 anni circa i bambini hanno più contatto con figure femminili. L’educazione che ricevono è abbastanza rigida ed è apprezzato non manifestare emozioni in pubblico, specialmente in caso di coppie di giovani. Allo stesso tempo, è usuale vedere amici dello stesso sesso tenersi per mano. Come in tutte le culture, inoltre , la figura dell’anziano è molto rispettata e onorata. Ovviamente, condizione necessaria al mettere su famiglia è il matrimonio. La celebrazione del matrimonio viene organizzata come un rito sacro che deve essere perfetto in ogni suo aspetto; i vestiti indossati dagli sposi cambiano per gruppo etcnico in modello e colore. Normalmente il matrimonio è organizzato dai genitori degli sposi e può impiegare anche diversi mesi. Di solito la sposa è concessa in matrimonio attraverso una dote di bestiame, soldi, vestiti o birra di banana artigianale. La sua dote è decisa in accordo tra le due famiglie di sposi. Altro tema caro alla popolazione tanzanese è l’arte e la danza. Girando per la Tanzania è facile scoprire piccole baracche di artigiani che si cimentano nella pittura su vasi e nella realizzazione di cestini, coltelli, stuoie e tappeti. Sono inoltre molto rinomate le perfomance teatrali di danza e musica, specialmente di alcune tribù (come lo Snake Dance della tribù Sukuma). Questo è un tema talmente importante per loro che, a

volte, il governo finanzia viaggi all’estero per alcuni gruppi di artisti, al fine di sponsorizzarli. Infine voglio citare la religione, tema caro alla popolazione tanzanese. Troviamo per lo più cristiani (tra cui cattolici, protestanti e anglicani, a causa delle colonie tedesche e inglesi), mussulmani (a Zanzibar, a causa della dominazione araba) e religioni indigene. La religione scandisce la loro vita e incide quindi anche l’opera del progettista.


N

ella nostra vita di tutti i giorni siamo soliti dare per scontato alcune delle “comodità” che il progresso ha portato nelle nostre case. In particolare mi riferisco a quanto sia normale per noi il concetto di acqua corrente dentro casa o di energia elettrica o, ancora, di cucina. Siamo inoltre abitutati a concepire una zona abitativa non solo per la presenza di case ma anche per la presenza di servizi quali scuole, supermercati, luoghi di svago o interesse sociale, ospedali, chiese e quant’altro. Capita spesso, anzi, che se viene a mancare anche solo uno di questi servizi, automaticamente ci viene da classificare quel posto come “invivibile”. A questo proposito, vorrei far rifletterE il lettore su che percentuale di popolazione al mondo vive in queste “lussuose” condizioni; il mondo è diviso in circa 200 stati, ma l’80% della ricchezza mondiale si concentra solo in 50 di questi. Stiamo parlando della famosa divisione tra Nord e Sud del mondo. Anche se siamo soliti pensare che il più degli stati risiedano nella zona Nord del mondo (quella “economicamente sviluppata”), dobbiamo renderci conto che solo 50 dei 200 stati mondiali si posizionano lì. Questo vuol dire che solo un quarto del mondo non si trova in situazioni di sottosviluppo o di fame, mentre i restanti tre quarti vive in queste condizioni. Mentre, ad esempio, in Italia nel 1968 veniva eminata la Legge Ponte sugli standard abitativi minimi, in Tanzania si era appena ottenuta l’indipendenza da quelle che erano state le colonie inglesi. Citando, appunto, la Legge Ponte, troviamo qui per la prima volta la definizione di “standard abitativi”, ossia una quantità di mq minimi per abitante (18 mq) che comprendono 9 mq di verde pubblico, 4.5 mq dedicati all’istruzione, 2.5 di attività collettive e 2 mq relativi a servizi sanitari o culturali. Questo serve

al lettore solo per farsi un’idea di quanto possa essere diverso il modo di pensare la città tra il nord e il sud del mondo. Ma cosa ci rende tanto diversi da chi è nato nel sud del mondo? Niente. O forse solo la fortuna e il caso. Viene di conseguenza, quindi, che chi si avventura nella progettazione in Africa debba avere come fine ultimo quello di trattare questi territori come se si trovassero in Italia, Francia o Inghilterra, senza diminuire o eliminare del tutto degli standard abitativi che sono stati studiati pensando alla persona come essere umano, e non come cittadino del Nord del mondo. Con questa premessa, vorrei ora citare ancora una volta la legge italiana, in particolare il D.M. del 5 Luglio 1975, relativo agli standard abitativi minimi degli alloggi residenziali; in questo decreto troviamo alcuni dati interessanti, tra cui la metratura minima relativa ad una camera singola (9 mq), una doppia (14 mq), un bagno dotato di WC, lavabo, bidet e doccia (9 mq) e un soggiorno (14 mq). Inoltre troviamo indicato che la temperatura media all’interno dell’abitazione deve essere garantita intorno ai 21°C. Questi sono dati di riferimento, da utilizzare per non progettare troppo nè in eccesso nè in difetto, ma mantenendo una qualità della vita alta nonostante si stia progettando in un paese dal PIL decisamente basso. Spostandoci ora in Africa, è mia premura mostrare una breve panoramica della situazione attuale e delle aspettative di vita relative ad un abitante di questo meraviglioso Paese. Ripercorrendo a ritroso la sua storia, abbiamo visto che la Tanzania riesce ad ottenere l’indipendenza dall’Inghilterra solo nel tardo 1964; da allora, il governo tanzanese ha posto come uno dei principali obiettivi del paese la lotta alla povertà. Attualmente la Tanzania


02 NECESSITA’ STANDARD E VITA MEDIA


è il 7° paese più povero del mondo, con un reddito medio che non basta nemmeno a coprire i bisogni fondamentali come cibo e salute. Parlando in termini di percentuali c’è da pensare che il 50% della popolazione è in stato di povertà, mentre il 36% in stato di poverta assoluta. La malnutrizione è diffusa a partire dagli adulti, in particolare dalle madri che, di conseguenza, mettono al mondo bambini sottopeso dalla nascita. Tra i bambini al di sotto dei 5 anni di età, il 43% ha uno sviluppo inferiore alla media, il 30% è sottopeso e il 7% è fisicamente deperito.

decisamente insalubre) ha bisogno del nostro intervento. A seguire sono illustrate alcune tabelle in cui possiamo analizzare con più precisione l’attuale stato in cui vive il popolo tanzanese. Nella fig IIb è illustrato, in percentuale, il tasso di povertà per anno e zona territoriale. Nello specifico notiamo che viene scelta Dar er Salaam, ossia la capitale economica della Tanzania (mentre la capitale ufficiale resta Dodoma). Nella fig IIc invece, troviamo alcuni dati interessanti, sempre in percentuale, circa le famiglie e la loro casa. Come possiamo

Questi presupposti, come d’altronde le tabelle che riporterò a seguire, servono al progettista per comprendere a pieno l’ambiente in cui si troverà a lavorare e quali sono i bisogni primari da soddisfare. Nella fig. IIa, come spiegato in precendenza, possiamo osservare la divisione mondiale tra Nord e Sud del mondo. Anche solo a colpo d’occhio è possibile rendersi conto della reale situazione economica mondiale. Quello che noi pensiamo essere un problema secondario, una povertà marginale, in realtà è una presenza più che mai ingente, che necessità di un repentino intervento di aiuto e sostegno. In questo testo non si vuole di certo che il lettore pensi al sud del mondo come ad un luogo non civilizzato, bensì proprio perchè civilizzato ma sotto sviluppato (ossia con un PIL troppo basso ed uno stile di vita medio

notare, la percentuale di abitazioni munite di elettricità è drasticamente bassa, come lo sono le abitazioni munite di acqua potabile (la percentuale, infatti, si riferisce ad acqua entro 1 Km di percorrenza). Inoltre, un dato importante è quello relativo all’educazione, da cui possiamo facilmente evincere quanto sia ancora difficile ricevere una buona istruzione in Tanzania. Nella fig IId troviamo un’altra tipologia di tabella; in questo caso abbiamo una colonna dedicata alla Tanzania in generale, una dedicata alla terra ferma e l’ultima per l’isola di Zanzibar. Questo è un dato significativo perchè è sintomo di quanto l’isola di Zanzibar abbia una vita quasi indipendente da ciò che accade sulla terra ferma. La presenza fino a tempi recenti del popolo arabo e, successivamente, la corsa alla “conquista” delle spiagge di Zanzibar da parte di

Fig. IIa


finanziatori europei, l’ha portata ad avere uno stile di vita completamente diverso dall’entroterra. Da una parte abbiamo la Zanzibar dei grandi hotel, mentre al di là del cancello del Resort la vita è povera e insalubre, quasi peggio che sulla terra ferma. Si noti a tal proposito la quantità in milioni di popolazione nell’entroterra

e a Zanzibar, e si paragonino a tal punto i risultati sottostanti. Infine osserviamo la fig IIe, dove possiamo notare l’alto proliferare delll’HIV che ancora grava sul popolo Tanzanese, sintomo evidente dell’ignoranza che dilaga su tale argomento e della mancanza di un buon apparato sanitario nazionale.


P

rima di analizzare con cura le problematiche e le soluzioni che questo testo vuole affrontare sulla progettazione in Tanzania, ho pensato di dedicare questo e il seguente capitolo ad un’analisi più generale del concetto di Regione Tropicale e delle sue caratteristiche. Parlando di “Regione Tropicale”, qui vedremo le principali caratteristiche geografiche e climatiche della zona cui fa parte la nostra amata Tanzania. In primo luogo, dobbiamo restringere il campo d’azione individuando quali regioni appartengono effettivamente alla fascia tropicale. Per definizione, tale zona corrisponde tra la latitudine 23°27’ a nord e a sud dell’equatore (rispettivamente il Tropico del Cancro e del Capricorno). Qui il sole cade perpendicolare in due giorni precisi: il 22 Giugno sul Tropico del Cancro e il 23 Dicembre sul Tropico del Capricorno. Al contrario, a nord e a sud di questa regione non riscontriamo mai questo fenomeno. Giusto per attirare un pò l’attenzione del lettore, vorrei sottolineare che l’Africa è l’unico continente ad appartenere quasi del tutto alla regione tropicale; è qui che possiamo incontrare alcune tra le montagne più alte del mondo (il Kilimanjaro con i suoi 5895 m di altezza) e alcuni tra i più lunghi fiumi del mondo (il Nilo, 6671 Km). Ma cosa provoca questo particolare clima nelle regioni tropicali? In poche parole, le vaste masse d’aria originate nell’emisfero nord e sud, si incontrano nella fascia tropicale, creando una corrente che ondeggia a cavallo dell’equatore : durante il periodo estivo dell’emisfero nord questa corrente si sposta verso nord, al contrario durante il periodo estivo dell’emisfero sud la corrente si sposta verso sud. Lo spostamento, inoltre, verso l’est dell’Africa, l’India e il Sud Est dell’Asia è causato dai molto rinomani venti Monsoni. In questo modo, le temperature fluttuano leggermente in prossimità dell’equatore

e di conseguenza (nelle zone di clima umido) l’escursione termica è minima. Al contrario, nelle zone tropicali di clima secco, l’escursione termica è maggiore e molto rilevante. Di conseguenza, è evidente che quando si progetta in questi climi non ci si può riferire solamente alla temperatura media (Tm) giornaliera della località in esame, ma bisogna considerare anche le temperature massime e minime e la percentuale di umidità relativa (UR). Un esempio: Gerusalemme: Tm= 24.5° C Tmax = 41° C Tmin = 10.5° C UR= 49% (no piogge, notti fresche) Guayaquil Tm = 24.5° C (Ecuador): Tmax = 31° C Tmin = 19° C UR= 79% (piogge frequenti) Il lettore avrà di certo notato l’alta temperatura massima riscontrata a Gerusalemme; è infatti tipico delle regioni tropicali secche di raggiungere anche i 50° C. Questo è possibile solo grazie alla bassa percentuale di umidità relativa presente nell’aria (in caso contrario il corpo umano non riuscirebbe a sostenere tali temperature). Diverse condizioni metereologiche e climatiche si riflettono anche sulla flora e sulla fauna. Nelle zone aride troviamo principalmente deserti che però, al contrario di quanto si possa pensare, presentano una varietà di specie animali e vegetali molto significativa, capaci di vivere anche con una soglia minima di umidità relativa pari al 10%. Per le zone tropicali a clima umido la questione è più complessa. L’alternarsi di mesi di “secca” a periodi di grandi piogge trasforma inevitabilmente anche il paesaggio. Piante comuni di queste zone solo il Bamboo, la Tectona e la Mangrovia importanti sia dal punto di vista naturalistico che dal punto


03 CLIMA E GEOGRAFIA


di vista economico. Chiaramente, la definizione data in precedenza di regione Tropicale non è abbastanza ai fini di una buona progettazione. Bisogna, infatti, tener conto della presenza di un macroclima ed un microclima che sono influenzat da fattori quali la topografia e la civilizzazione di un luogo per mezzo dell’azione umana. Inoltre, per determinare le condizioni climatiche bisogna tener presente non solo la temperatura e le precipitazioni, ma anche fattori quali l’umidità, la densità delle nuvole, il vento, la pressione dell’aria e più di tutti l’intensità della radiazione solare. Si deve inoltre considerare che, quando si vanno a ricercare ,questi dati sono generalmente riferiti a porzioni di territorio troppo ampie. Di conseguenza, è bene che il progettista si cimenti nel conoscere il clima specifico del luogo e, in particolare, l’esperienza diretta degli abitanti. Cercando di classificare in una maniera generale le tipologie climatiche mondiali, possiamo dividere la regione tropicale in due grandi famiglie di climi: i climi caldo umidi ed i climi caldo aridi. I primi sono caratterizzati da un’alta umidità relativa (a volte superiore al 90%), piogge frequenti

ed abbondanti e uno sbalzo termico che va dai 18° C ai 38° C. I secondi, invece, sono caratterizzati da un’umidità relativa particolarmente bassa (a volte anche il 10%) e un forte sbalzo termico tra giorno/ notte ed inverno/estate, con picchi di 0° C d’inverno e 50° C d’estate. Inoltre, in questo secondo caso, va considerato nella progettazione che lo sbalzo termico tra giorno e notte può arrivare anche a 20° C. In linea generale, infine, possiamo dire che i climi caldi umidi si trovano nella fascia che va dalla 15° latitudine a nord alla 15° latitudine a sud dell’Equatore. Allo stesso tempo, tra la 15° e la 30° latitudine nord e sud troviamo i climi caldo secchi. Ma questa classificazione non è abbastanza dettagliata per il tipo di progettazione che ci stiamo accingendo a compiere; ecco quindi che ci troviamo a dover suddividere ancora una volta in zone secondarie i due climi precedentemente analizzati. Avremo quindi: Climi caldi umidi - la regione della Foresta equatoriale - la regione dei Monsoni e delle Savane umide Climi caldi secchi - la regione delle Savane secche - la regione dei deserti e dei semi deserti Nella fig. IIIb possiamo notare la distribuzione delle varie tipologie climatiche su tutta la regione tropicale. Nella fig. IIIc possiamo vedere un riassunto delle principali caratteristiche per ogni tipologia climatica.

Fig. IIIa

Precipitazioni annuali sul suolo africano (mm)


Fig. IIIb






I

n questo capitolo analizzaremo quali materiali sono più adatti alla costruzione nella regione tropicale e, parallelamente, studieremo la loro reazione a questi particolari climi. Per prima cosa, vorrei far riflettere il lettore sull’importanza della scelta dei materiali quando si decide di progettare in Africa; oltre alle normali considerazioni cui siamo abituati, bisogna tener presente anche che, sebbene alcuni materiali siano adatti per questi climi, molti altri problemi subentrano al momento della scelta. In primo luogo dobbiamo pensare alla reperibilità del materiale e, a questo proposito, questo testo vuole suggerire di scegliere sempre il materiale più reperibile in loco, a sostegno della teoria del Cradle to Cradle. In particolare, uno dei principali obiettivi dell’analisi e del progetto illustrati in questo testo, si riferiscono al primo livello di integrazione dell’approccio Cradle to Cradle: - Minimizzare l’uso di risorse materiali - Minimizzare l’uso di risorse energetiche (in particolare trasporti e produzione) - Selezionare le fonti energetiche, le

Fig. IVa

risorse e i processi a basso impatto ambientale (Per un’ulteriore approfondimento si veda: “Edifici Sostenibili” ,Consuelo Nava) Successivamente, la nostra scelta deve dipendere anche da un altro problema comune nella progettazione in Africa: la mano d’opera. Non potendoci affidare a carpentieri professionisti e specializzati, di conseguenza anche le nostre scelte progettuali dovranno correre in parallelo alla praticità e semplicità di messa in opera del progetto. Inoltre, dovremo considerare alcuni fattori relativi alla suscettibilità di questi materiali di fronte ad esseri viventi di vario genere (tra cui anche termiti, funghi e muffe). Per ultimo, ma decisamente non meno importante, dobbiamo considerare le caratteristiche climatiche del luogo non solo ai fini del benessere termoigrometrico, bensì anche ai fini di una progettazione strutturalmente efficiente e resistente. Per i motivi sopra citati, i materiali e i metodi di costruzione tradizionale sono ancora ampiamente in uso nel continente africano. Analizzeremo ora diverse tipologie di materiali, compresi alcuni prodotti di scarto dell’industria agricola potranno essere utilizzati e poi trasformati in utili materiali da costruzione. Per permettere una maggiore praticità di lettura, essi verrano riportati sotto forma di tabella, indicando per ogni materiale caratteristiche fisiche e tecniche


04 MATERIALI


Materiali

Applicazione

FOGLIE DI PALMA

Normalmente vengono usate come rivestimento per le coperture, intrecciate e pressate. Possono essere usate anche come isolante e come materiale da costruzione per porte e finestre.

CANNA E BAMBOO

Usati spesso negli edifici tradizionali grazie alla loro facile applicazione e lavorazione, oltre che al basso costo. Il diametro del bamboo va da 1 cm a 30 cm, rendendolo utile anche alla carpenteria e al rinforzo del calcestruzzo (oltre che ad elementi di costruzione per tetto e pavimento).

LEGNO

Usato spesso in progetti di piccola o media taglia, viene ancora applicato con i metodi indigeni tradizionali in forma di tronchi o griglie. Utilizzato, inoltre, per costruzioni miste legno/mattone, legno/argilla.

ARGILLA E LATERITE

Nei climi caldo aridi troviamo spesso l’argilla, mentre nei climi caldo umidi troviamo spesso la laterite. Le tecniche costruttive combaciano: si tratta di edifici di max 3 piani realizzati in terra (argilla o laterite) compressata, oppure in blocchi di terra senza alcun rinforzo. Nei climi caldo umidi è possibile osservare anche edifici in legno ricoperti di argilla. A volte possiamo trovare anche blocchi di terra stabilizzati con una mixture di cemento o gesso (circa 3-20%)


Risposta climatica

Densità

Durabilità

Vantaggioso l’uso in climi caldo In fibre o in pannelli umidi. Impermeabili. Assicurano circa 300 Kg/m3. una buona ventilazione e non possiedono inerzia termica. Riflettività media 20%.

Soggetti all’attacco di termiti, insetti e funghi. Altamente infiammabili. Hanno una durata di circa 3 anni, estendibili fino a 15 anni se trattati chimicamente.

Vantaggioso l’uso in climi caldo umidi. Impermeabili. Assicurano una buona venitlazione e possiedono una bassissima inerzia termica. Riflettività media 20%.

Bamboo 650 Kg/m3

Come nel caso del legno, sono suscettibili all’attacco di insetti, funghi e fuoco. Possono inoltre ospitare nidi per piccoli animali. Deterioramento del bamboo di circa 2-3 anni, prima se viene a contatto diretto con il suolo. Aumentano la loro durata se trattati chimicamente.

Ha una grande resistenza agli agenti climatici e con buona manutenzione ed un’installazione appropriata ha un’ottima resistenza a piogga e umidità. Capacità di isolazione termica media e minima inerzia termica.

Legno Balsa 200 Kg/m3

Questa tipologia di costruzioni possono essere danneggiate dalla costante esposizione alla pioggia. Hanno un’ottima proprietà di isolamento termico e sono molto resistenti al vento. Riflettività circa 20%.

Argilla compressa 2100 Kg/m3

Canna 130-180 Kg/m3

Legnum Vitae 1250 Kg/m3

Ha una buona stabilità meccanica ed è facile da riparare. Purtroppo è soggetto a termiti, muffe e funghi. Molto infiammabile, specialmente nei climi caldo aridi. Per assicurare le prestanze tecniche e minimizzare i possibili attacchi biologici, è buona norma mantenere l’umidità interna del legno entro il 12%.

Resistenza meccanica media. Bassa resistenza all’umidità, di conseguenza necessita di manutenzione alla fine Argilla mista a paglia della stagione delle piogge. Aumenta di 1600 Kg/m3 gran lunga la sua durabilità se mista a materiali stabilizzanti, oltre a ridurre Laterite in blocchi il pericolo di termiti. Alta resistenza a 2100 Kg/m3 compressione: 40 N/mm2


Materiali

Applicazione

PRODOTTI D’ARGILLA

Vengono usati in tutta la regione tropicale. Caratterizzano la tradizione costruttiva in forma di mattoni o tegole. L’argilla, modellata e lasciata seccare o cotta, prende forma in muri, tetti e pavimenti. Non solo è un materiale molto economico (disponendone ovunque in Africa), ma è facilmente realizzabile in loco, guadagnandosi il primo posto nella classifica dei consigliati di questo testo.

BLOCCHI DI CALCESTRUZZO

Processo di produzione e realizzazione comune al calcestruzzo; blocchi armati o realizzati con una mistura di pomice o minerali areati. Le costruzioni vengono lasciate a nudo o rivestite. Importante la precisione del processo produttivo (soprattutto nella fase di presa dell’impasto) , da cui il lettore evincerà l’impossibilità di realizzazione nel nostro caso.

RAME

I maggiori giacimenti di rame si trovano proprio in Africa, ma la maggior parte della materia grezza viene esportata. I metodi di lavorazione sono gli stessi usati in tutto il resto del mondo. Adatto per la realizzazione di impianti idraulici e presenta un’alta resistenza alla corrosione per gli impianti di scarico.

FERROCEMENTO

Grazie alla sua economicità e alla facilità di messa in opera, è consigliato quando non si dispone di mano d’opera professionale. La facile reperibilità di questi materiali ne diminuisce fortemente il costo di trasporto. Viene usato nella costruzione di edifici agricoli, taniche di raccolta dell’acqua e case popolari. La tecnica di realizzazione è semplice e consiste nell’applicare della sabbia mista a cemento (2:1) su di una rete di ferro spessa da 1.5 cm a 5 cm. Come nel caso del calcestruzzo, l’unico problema è riuscire a gestire in maniera ottimale l’asciugatura del composto.


Risposta climatica

Densità

Durabilità

Realizzato nel modo corretto, Varia da 1200 Kg/m3 può assicurare una completa a 2300 Kg/m3 impermeabilità e resistenza all’umidità. Presenta un’alta inerzia termica e, di conseguenza una bassa conduttività termica che ne garantisce la proprietà isolante. Per climi caldo umidi è consigliato l’uso di mattoni forati (25-50%). Riflettività 40%

Resistenza a compressione da 10 a 180 N/mm2. Impermeabile. Resistente al fuoco. La trama dei mattoni deve essere pensata per evitare l’insorgere di nidi di animali o piccoli roditori. Inoltre, se lasciata continuamente bagnata può presentare alghe o funghi (caso raro).

Senza un’adeguata intonacatura Varia da 1000 Kg/m3 non assicura la totale a 1700 Kg/m3 impermeabilità. Bassa conduttività e inerzia termica variabile in funzione della densità.

Resistenza a compressione tra 7 e 40 N/mm2. Resistente al fuoco. Può presentare fessure e cedimenti in presenza di umidità o sbalzi di temperatura. Nei climi caldo umidi è soggetto all’attacco di alghe.

Ermetico ed impermeabile. Segue 8900 Kg/m3 solo all’argento per massima conduttività termica. Riflettività 75% (nuovo), 35% (vecchio).

Ottima durabilità. Nei climi caldo umidi osserviamo la rapida formazione di una patina protettiva. Controindicato solo in presenza di salsedine nell’aria che ne diminuisce la durabilità. La sua proprietà battericida e funghicida assicura la totale assenza di microrganismi e, di conseguenza, può essere usato come materiale protettivo intorno al legno.

Impermeabile. Bassa conduttività Varia da 2100 Kg/m3 termica e buona capacità di a 2300 Kg/m3 inerzia. Riflettività circa 40%..

Buona resistenza meccanica. Resistente al fuoco. Rischio di perdita di resistenza per un’eccessiva asciugatura. Di conseguenza, è consigliato lasciare il prodotto lontano da sole e vento per almeno 7 giorni. In climi caldo umidi può essere soggetto ad alghe, eluso dall’utilizzo di vernici chimiche.


Materiali

Applicazione

VETRO

Le lastre di vetro vengono prodotte in quasi tutta la regione tropicale. Chiaramente, la qualità del vetro cambia considerevolmente al cambiare di Stato e, inoltre, vetri speciali e di grandi dimensioni vengono sempre importati. Trattandosi della regione tropicale, l’uso del vetro è ammissibile solo se propriamente schermato. Si vuole mostrare nell’immagine qui sotto una tabella riepilogativa di particolari tipi di vetro, nonostante sia ovvio che l’applicazione è molto ristretta nel continente africano.

BUCCE E POLVERE DI RISO

Viene usato come isolante o come elemento legante nella produzione del calcestruzzo, sostituendo il costoso cemento Portland.

NOCI DI COCCO

Le fibre e il nocciolo delle noci di cocco possono essere usati come rivestimento di pareti e tetto (tra i 15 e i 35 cm), se associati ad additivi che lo rendono resistente agli agenti meterologici.

BAGASSA

Residuo della lavorazione della canna da zucchero, costituito dalla sola parte fibrosa.

FOGLIE DI BANANO

Vengono usate principalmente come materiale da copertura per garantire un buon senso estetico .


Risposta climatica

Densità

Durabilità

Bassa conduttività termica. Le Circa 2500 Kg/m3 radiazioni solari sono trasformate in radiazioni termiche all’interno dell’ambiente.

Oltre ad essere di difficile reperibilità, presenta un altissimo rischio di rottura durante il trasporto. Inoltre, sabbia e polvere ne deteriorano l’aspetto. Per ultimo, ma non meno comune nella regione tropicale, è spesso soggetto a rottura da parte di volatili.

Una volta asciutta e bruciata, Varia da 400 Kg/m3 la polvere di riso lavora come a 600 Kg/m3 ottimo legante e risponde bene al contatto con il suolo.

Il calcestruzzo ottenuto dalla polvere di riso presenta una buona impermeabilità e un’ottima capacità isolante.

Altamente resistente all’acqua Varia da 400 Kg/m3 se le fibre di cocco sono miste a a 600 Kg/m3 resine liquide provenienti dagli anacardi.

Alta resistenza al fuoco, nonchè alta resistenza a termiti e funghi.

Come nel caso delle fibre di cocco, Varia da 400 Kg/m3 aggiungendo una percentuale di a 600 Kg/m3 resina pari al 10% del peso totale della bagassa, otterremo un materiale impermeabile.

Alta impermeabilità.

Una volta cotte in acqua mista a Varia da 400 Kg/m3 laterite ne risulta un materiale a 600 Kg/m3 impermeabile.

Alta impermeabilità.


D

opo questa breve panoramica, in questo capitolo si vuole illustrare al lettore quali problematiche bisogna considerare quando si decide di progettare in Africa. In primo luogo, bisogna considerare che è necessario riferirsi sempre ad osservazioni ed analisi dello specifico luogo di progetto in quanto, come abbiamo già detto in precedenza, i dati relativi al micro clima spesso non sono abbastanza dettagliati e comprendono un raggio di territorio studiato ancora troppo ampio. Detto questo, ci sono alcuni fattori che vanno considerati prima di approcciarsi alla progettazione e che, per comodità di comprensione, verranno di seguito illustrati in tre grandi categorie. La prima categoria è quella relativa ai fattori che possono incidere sul benessere fisico e psicologico degli occupanti, e sono: • • • • • • •

radiazione solare riverbero del sole temperatura media e percepita precipitazioni umidità velocità dell’aria qualità dell’aria

In secondo luogo, bisogna considerare quei fenomeni naturali che potrebbero compromettere la stabilità dell’edificio, ossia: • • • •

terremoti raffiche di vento inondazioni agenti biologici (es. termiti, funghi e muffe)

Per ultimo, ma di certo di grande importanza, si devono considerare quei fattori che mettono a rischio l’integrità dei materiali con cui noi decidiamo di costruire:

• • • • • •

radiazione solare temperatura umidità forti o continue piogge direzione e forza del vento conseguenze fisiche dovute alla percentuale di nubi nel cielo

Di seguito affronteremo singolarmente le tematiche principali che ogni progettista dovrebbe conoscere.

1.RADIAZIONE SOLARE

La radiazione solare è la principale causa della variazione del clima nel mondo e del bilancio termico della terra. Tale energia, pari al 100% dalla fonte primaria (il sole), viene così distribuita (Fig. Va): •

radiazione diffusa: è quella radiazione che arriva a terra non direttamente dal sole, ma per mezzo dell’atmosfera (es. gas o nubi) radiazione incidente: è quella radiazione che nel suo viaggio ha incontrato un ostacolo ed ha perso la sua energia, non riuscendo a raggiungere il suolo radiazione riflessa: è quella parte di radiazione che, una volta toccato il suolo, non viene assorbita da quest’ultimo, ma viene riflessa radiazione assorbita: è quella parte di radiazione che, raggiunto il suolo, viene assorbita ed è causa del crescente aumento della sua temperatura

Chiaramente, muovendoci sulla crosta terrestre, le percentuali relative ad ogni tipo di radiazione cambieranno in funzione della posizione geografica, delle condizioni metereologiche e della conformazione territoriale (sia geografica che architettonica). In linea teorica, avremo la maggior intensità di radiazione incidente dove il sole risulta


05 PROGETTARE IN AFRICA


essere perpendicolare e più vicino alla terra (ossia il Tropico del Cancro e del Capricorno). Questo però non deve farci sfuggire che avremo dei cambiamenti nell’angolo di incidenza relativo in queste zone, dipendente da fattori quali le

Fig. Va

stagioni, l’ora del giorno e l’altitudine. Ad ogni modo, in linea generale il progettista dovrà riferirsi a tre fattori ben precisi per dimensionare il carico di energia proveniente dal sole, ossia: durata, intensità ed angolo di incidenza della radiazione solare. • Durata: la durata delle radiazioni solari durante il giorno può essere calcolata mediante uno specifico misuratore. Il valore massimo che riscontreremo sarà 90%. La durata dipende da alcuni valori, quali: la stagione, la latitudine e la percentuale di nubi nel cielo. Si consideri che, ad esempio, nei tropici il sole nasce e muore intorno al 18° sotto l’orizzonte. • Intensità: per intensità intendiamo la somma di tutte i fattori componenti la radiazione solare

e che, direttamente o non, influenzano il nostro progetto (ossia le quattro tipologie di radiazione). • Angolo d’incidenza: l’angolo d’incidenza è determinato dalla posizione del sole e dipende dalle stagioni, dall’ora del giorno e dalla latitudine. Di seguito sono illustrate alcune regole generali per proteggere il nostro progetto dall’eccessiva radiazione, ossia: - le aperture in facciata devono essere disposte sul lato nord o sud dell’edificio, per evitare che il sole quando si trova sulle basse latitudini possa surriscaldare troppo l’edificio. - nei climi caldo umidi, quando il cielo è chiuso completamente dalle nuvole, la radiazione solare diventa fastidiosa anche in maniera diretta ed è meglio schermare sia le bucature che le facciate per intero. - nei climi caldo secchi è necessario, invece, schermare le bucature in modo da avere un muro compatto Per essere sicuri .di aver preso tutte le precauzioni possibili, bisogna analizzare ogni facciata singolarmente e non, come si è soliti fare, prototipare la nostra analisi ed adattarne il risultato a tutto l’edificio. Inoltre è necessario conoscere quando la maggior radiazione solare si presenterà, e come l’edificio reagirà a tale attacco solare. A tal fine è necessario conoscere l’angolo d’incidenza della radiazione solare, determinabile attraverso tre metodi: • metodo diretto: mediante l’uso di un particolare strumento, il sestante. Esso misura la latitudine del sole e la sua scala è di 60° (da cui il nome). • metodo matematico: è un procedimento particolarmente laborioso, anche se restituisce risultati precisi


metodo grafico: tale metodo è quello più facile e adatto alla progettazione architettonica e verrà quindi illustrato di seguito.

1.1 Diagramma solare Il diagramma mostra l’azimuth e l’altitudine del sole, in ogni ora del giorno, durante tutto l’anno. In particolare, per azimuth intendiamo la declinazione del sole dal nord, ossia l’angolo sotteso all’arco di meridiano celeste compreso tra l’equatore celeste e la posizione del sole. Esso viene misurato in gradi partendo da nord e procedendo in senso orario fino a farvi ritorno. L’altitudine, invece, è l’angolo compreso tra l’orizzonte e il sole; esso può essere letto in una scala che va da 0° a 90° sull’asse nord-sud del diagramma. Per quanto riguarda gli archi tracciati da est ad ovest, essi rappresentano il percorso del sole attraverso i giorni dell’anno. In particolare troviamo illustrato il 22 Giugno e il 22 Dicembre, ossia rispettivamente il solstizio d’estate (in cui si ha massima declinazione) e il solstizio d’inverno (minima declinazione). Si vuole far riflettere il lettore che però, se si decide di progettare in Africa, può capitare di dover ragionare in maniera inversa sull’evolversi del ciclo solare. Verrà da sè che il solstizio estivo boreale corrisponderà al solstizio invernale australe e, allo stesso modo, in corrispondenza del solstizio invernale boreale si avrà il solstizio estivo australe. Inoltre, sempre sulla porzione di grafico corrispondente agli archi da est ad ovest,

Fig. Vb

Solstizio estivo boreale Solstizio invernale australe

notiamo delle linee tracciate verticali: le ore del giorno. Chiaramente, la linea delle ore del giorno passante esattamente per l’asse nord sud indicherà l’ora reale locale del mezzogiorno. Si consideri, inoltre, che il tempo solare si sposta di un’ora ogni 15° di longitudine, ma nella realtà noi calibriamo il nostro orologio per Stato e non per meridiano. Di conseguenza, per essere precisi, dovremmo calcolare la differenza tra l’ora legata al nostro orologio e quella matematica legata al meridiano e, successivamente, moltiplicare il

Fig. Vd

risultato per quattro per ottenere i minuti in eccesso o in difetto. Un esempio pratico può essere far riflettere il lettore sul fatto che, se una località tende ad est del meridiano del tempo, il suo mezzogiorno sarà prima delle 12:00, mentre se tende ad ovest sarà dopo le 12:00. Dar Er Salaam, Tanzania 7° sud 39° est Meridiano del tempo per la Tanzania 45° est.

Fig. Vc

Solstizio invernale boreale Solstizio estivo australe


45°-39°=6° 6x4=24 Mezzogiorno solare reale: 12:24 Detto questo, cerchiamo ora di capire come applicare questo strumento alla nostra progettazione; di seguito verrà illustrato un esempio di analisi di facciata mediante diagramma solare. La località scelta sarà sempre Dar Er Salaam (7° sud, 39°est). Passo I : Si determini l’ombra orizzontale, l’ombra verticale e l’angolo di incidenza in un arco temporale ben preciso (in questo caso si analizzi il 22 Giugno alle ore 16:00). Preso il diagramma solare di Dar Er Salaam, si noti che il mezzogiorno reale indicato nel mezzo corrisponde alle 12:24, di conseguenza siamo certi che le ore 16:00 del nostro diagramma solare siano quelle reali. Si vuole, inoltre, analizzare l’ombra del giorno 22 Giugno, quindi andremo ad evidenziare il punto di intersezione tra la curva del 22 Giugno e quella delle ore 16:00 (punto A). A questo punto, per conoscere l’angolo di incidenza solare che colpirà la nostra facciata non ci resta che puntare il compasso nel centro del diagramma solare (punto d’osservazione O) con apertura OA fino ad incontrare l’asse dell’altitudine. (asse verticale Nord Sud). Il nostro risultato sarà 30°. In questa fase di analisi, inoltre, possiamo conoscere l’azimut semplicemente prolungando il

Fig. Ve

segmento OA fino al cerchio esterno del diagramma, identificandolo con 301° (fig Ve). Passo II: Si analizzi ora l’incidenza solare che colpisce una determinata facciata, in termini di angolo di incidenza e periodo di incidenza (si ipotizzi l’orientamento della facciata come illustrato sul diagramma solare). Per prima cosa tracciamo sul diagramma solare l’orientamento della nostra facciata e, ragionando sempre in maniera antioraria, identificheremo la

Fig. Vf

porzione di diagramma che ci indica il periodo di incidenza solare sulla nostra facciata (fig Vf). Ora, avvalendoci di un altro diagramma, ossia il goniometro che indica l’angolo delle ombre sulla facciata (fig Vg), riusciremo ad individuare l’angolo verticale ed orizzontale dell’ombra. alle ore 16:00 Semplicemente sovrapponendo il goniometro alla linea indicante la nostra facciata, potremo indivudiare facilmente l’angolo orizzontale prolungando il segmento OA fino alla semicirconferenza esterna del goniometro, mentre per quanto riguarda l’angolo verticale dovremo seguire la curva del goniomentro corrispondente alle ore 16:00, fino ad incontrare la verticale passante per il centro del goniometro (fig Vh). I due risultati sono rispettivamente 66°


Fig. Vl

Fig. Vg

Fig. Vh

per l’angolo verticale e 76° per l’angolo orizzontale. Questi due dati verranno utilizzati nell’analisi delle ombre in facciata come possiamo osservare nelle seguenti immagini (fig. Vi, fig Vl). Una volta compreso il procedimento diretto per conoscere l’angolo dell’ombra, possiamo ragionare in maniera indiretta presupponendo una tipologia di

schermatura e verificando che questa non protegga la bucatura per eccesso o per difetto. Ma come verificarlo? Passo III: Verificare che una determinata schermatura sia appropriata ai fini delle richieste progettuali. Partendo dalla sezione dell’infisso in esame (fig Vm), possiamo conoscere l’angolo massimo di incidenza dell’ombra semplicemente unendo lo spigolo inferiore della finestra con lo spigolo esterno della schermatura. Si consideri che in un primo esame è stata considerata solo la schermatura orizzontale. In un sistema di riferimento in cui la parete cui appartiene l’infisso coincide con il 90° grado e, al

Fig. Vm

Fig. Vi

contempo, il piano perpendicolare ad essa (coincidente con il davanzale della finestra) corrisponde al grado 0°, possiamo identificare quale sia l’angolo massimo dell’ombra da ritracciare successivamente


sul nostro goniometro (ossia, in questo caso, 48.5°). Ora non ci resta che sovrapporre il risultato ottenuto sul nostro diagramma solare. Ossia, andremo ad evidenziare l’angolo di incidenza sul nostro goniometro e, successivamente, andremo a posizionare il goniometro sul nostro diagramma solare come abbiamo fatto in precedenza. Questo, per intersezione tra i due grafici, ci permette di capire l’arco di protezione temporale che la nostra schermatura ci assicura. Di conseguenza, il risultato (fig Vn) sarà che la schermatura orizzontale così pensata garantirà un’ombreggiatura sulla bucatura fino alle ore 16:45 del giorno 22 Giugno. Chiaramente noi non siamo soddisfatti del risultato, in quanto sappiamo che superata quell’ora il carico termico solare sarà ancora rilevante. Di conseguenza, siamo costretti ad aumentare

Fig. Vp

la nostra schermatura. Decidiamo quindi, per esempio, di applicare anche una piccola schermatura verticale che porta l’angolo di ombreggiamento a 30°. Automaticamente questo ci permette di avere ombra sulla bucatura fino alle ore 17:24, come illustrato nel grafico (fig Vo). Questo ci permette di “giocare” con ombre e schermature fino a che non siamo soddisfatti del risultato.

Chiaramente il procedimento che si è eseguito in sezione verticale si può ripetere per la sezione orizzontale. Stiamo quindi parlando dell’angolo di ombreggiamento che al passo II abbiamo identificato sull’arco di circonferenza del goniometro. Di conseguenza dovremo solo individuare l’angolo orizzontale della nostra schermatura sul goniometro e sovrapporre il nostro risultato sul diagramma solare per scoprire il periodo di ombreggiamento totale della nostra schermatura. Di seguito viene mostrata la pianta dell’infisso precedentemente preso in esame (fig Vp) e il diagramma solare risultante da tali schermature (fig Vq, fig Vr). 1.2 Riflessione e assorbimento Un altro problema rilevante nella regione tropicale è l’alta intesità della luce e dell’abbagliamento. Sia per climi caldo umidi che per climi caldo secchi si deve progettare in modo da non arrecare tale disturbo all’occhio umano. Nel primo caso l’abbagliamento è spesso provocato dall’umidità presente nell’aria, nel secondo caso invece dalla superficie del terreno e degli edifici circostanti che riflette la luce solare. In entrambi i casi, comunque, una buona soluzione è circondare il nostro progetto di cespugli o piante alte che prevengono l’abbagliamento sia dal suolo che dal cielo. In particolare, se ci troviamo in un clima caldo secco privati della vegetazione, la temperatura del suolo crescerà in maniera repentina. Dobbiamo quindi, in ogni caso, considerare che le superfici di riflessione prossime ad una bucatura siano di colore scuro, onde evitare l’abbagliamento. Invece, se ci troviamo in un clima caldo umido, dobbiamo considerare che parte dell’energia del sole viene assorbita dalle nuvole e dall’umidità. Di conseguenza dovremo assicurare sempre bucature più grandi possibili per la ventilazione, ma allo


Fig. Vn

Fig. Vq

Fig. Vo

Fig. Vr


stesso tempo protette dall’abbagliamento. Di seguito troverete una tabella riepilogativa (fig Vs) dei principali

Fig. Vs

presenza o meno di nubi, smog o polveri nell’aria) e morfologia del territorio (prevalenza di terra o acqua, ad esempio). Si consideri che, in linea generale, possiamo considerare le due ore successive allo zenith del sole quelle a temperatura più alta, mentre le due ore precedenti l’alba quelle a temperatura più bassa. Inoltre, un dato importante ai fini progettuali è la quantità in percentuale di energia riflessa (43%) e assorbita (57%). Quest’ultima viene ripartita tra energia assorbita dall’atmosfera (14%) ed energia assorbita dalla superficie terrestre (43%). A questo punto, si vuole far ragionare il lettore sul perchè (a parità di regione tropicale) nei climi caldo umidi non ci sia un elevato sbalzo termico tra giorno e notte, mentre nei climi caldo secchi la differenza di temperatura tra giorno e notte è notevole. Qual’è l’elemento principale che li differenzia? L’umidità. Proprio “grazie” all’umidità nei climi caldo umidi il calore accumulato durante

Fig. Vt materiali da costruzione o rivestimento, con illustrata la loro percentuale di assorbimento e riflessione dell’energia solare. Tali dati vanno presi in considerazione non solo al fine di evitare l’abbagliamento, ma anche di assicurare un buon comfort igrometrico.

2.LA TEMPERATURA

A questo punto della nostra analisi sarà facile capire che la variazione di temperatura sul globo terrestre dipende da molteplici fattori tra cui: latitudine, cambio delle stagioni, atmosfera (ossia

il giorno dal suolo e dagli edifici viene rilasciato e trattenuto nell’atmosfera, riducendo lo sbalzo termico tra giorno e notte. Al contrario in climi caldo secchi questo non accade e, di conseguenza, le nostre scelte progettuali si dovranno adattare a tali problematiche. Nella fig Vt si vuole aiutare il lettore a comprendere il concetto precedentemente espresso. Analizziamo, quindi, la figura da sinistra verso destra tenendo in considerazione che tale schema indica le condizioni notturne


di progetto. Il primo contenitore di aria contiene una percentuale molto bassa di umidità, corrispondete quindi ad un clima caldo secco. Come possiamo vedere la temperatura è molto bassa, da cui lo sbalzo termico tra giorno e notte. Mano a mano che la percentuale di umidità aumenta nel nostro recipiente d’aria, anche la temperatura aumenta e, di conseguenza, assume le caratteristiche di una tipica notte in clima caldo umido. Passiamo ora a considerare le condizioni termiche interne derivanti dallo scambio termico tra interno ed esterno. Si consideri che nella regione tropicale, le facciate est ed ovest sono quelle maggiormente affette dalla radiazione solare. Il calore accumulato dalla parete per diversi fattori quali il materiale, il colore e la sua morfologia, penetrerà facilmente all’interno se non vengono prese adeguate precauzioni. Ad esempio, è di grande aiuto creare delle correnti di aria superficiali alla parete in modo da abbassarne la temperatura. Oltre ai carichi termici provenienti dall’esterno, però, dobbiamo tener conto anche di quelli provenienti dall’interno come persone, animali, elettrodomestici o illuminazione. Si consideri, ad esempio, che una persona produce circa 70 W/h dormendo, 100-160 W/h sotto lavoro leggero e 600 W/h sotto lavoro manuale pesante. Inoltre, alcune semplici regole aiutano la progettazione in climi tropicali; ad esempio,nei climi caldo secchi è buona norma differenziare la zona giorno dalla zona notte. Nella zona giorno i muri dovranno essere progettati come grandi accumulatori termici, mentre la zona notte dovrà presentare la caratteristica opposta. In questo modo avremo la temperatura ottimale durante tutto lo scorrere del giorno nella parte della casa più utilizzata. Possiamo quindi concludere che

il comfort igrometrico non dipende solamente dalla temperatura dell’aria, ma anche dalla quantità di umidità relativa presente in essa. In particolare, si consideri che l’ambiente inizia ad essere disagevole per il genere umano quando si supera il 50% di umidità relativa nell’aria. E’ dopo questo valore infatti, che l’uomo ha difficoltà nella sudorazione.

3.MOVIMENTI DEL VENTO

I venti relativi al micro clima non sono da sottovalutare in fase progettuale e, anzi, alcune misure di sicurezza andranno prese di certo. Chiaramente il vento prossimo al terreno avrà un’intensità di certo differente a quello dei piani più alti; si consideri, inoltre, che la vegetazione, la topografia e gli edifici limitrofi fungono da ostacoli e deviazioni per il vento. Ad esempio, se pensiamo ad una foresta densa come quelle tipiche dei climi umidi, dobbiamo considerare che la velocità del vento verrà attenuata del 20-40% per un raggio di foresta di 30 m, del 50% per un raggio di 60 m e del 93% per un raggio di 120 m. Questo dato va considerato sia a vantaggio che a svantaggio della progettazione, in funzione della località e delle esigenze progettuali. Spostandoci in un’ambientazione cittadina, si consideri che il vento a livello stradale ha circa un terzo della velocità del vento in spazi aperti. Inoltre, gli edifici alti creano una specie di scudo dal vento per gli edifici bassi retrostanti, provocando un effetto mulinello alle loro spalle che invertirà la direzione del vento (fig Vu). Dopo aver incontrato un edificio alto, il vento necessita di uno spazio pari a circa sette volte l’altezza di tale edificio per recuperare la sua velocità originaria. Bisogna mettere in considerazione in questa analisi, ai fini di un buon comfort termoigrometrico interno dell’edificio in quanto la ventilazione ne ricopre un ruolo fondamentale. A tal proposito si consideri


che la direzione prevalente del vento sarà uno dei fattori cardine che influenzeranno l’orientamento dell’edificio.

Fig. Vu In particolare, nei climi caldo umidi si dovrà assicurare la miglior ventilazione possibile durante tutto il giorno, mentre nei climi caldo secchi la si dovrà assicurare solo nei momenti più freddi della giornata.

4.PRECIPITAZIONI

Nelle zone tropicali le precipitazioni sono circoscritte al periodo delle grandi piogge, con una media di due volte l’anno in corrispondenza dell’equatore. Mano a mano che ci si allontana dalla zona equatoriale le precipitazioni si accorciano in durata ma aumentano in frequenza annua, fino a coincidere con una grande stagione delle piogge in corrispondenza del Tropico del Cancro e del Capricorno. Tali precipitazioni si manifestano all’improvviso con grande intensità sia in portata d’acqua che in forte vento. Sarà quindi necessario studiare un adeguato sistema di scolo e, in generale, di smaltimento di imponenti quantità d’acqua. Inoltre, manifestandosi improvvisamente in queste quantità,. qualsiasi tipo di terreno (anche il più permeabile) risulterebbe quasi

impermeabile una volta colpito da tale mole d’acqua. A causa di queste “inondazioni” d’acqua, il terreno potrebbe facilmente presentare cedimenti fino a, in casi estremi, mostrare le fondamenta dell’edificio. Nel caso, poi, che si stia costruendo su di un pendio, è bene che le costruzioni siano posizionate in modo da non permettere all’acqua (e alla terra) che provengono dalla cima di acquisire velocità, in quanto ad un’alta velocità è collegata anche un’alta proprietà erosiva. Ricordando, inoltre, che gli edifici vengono orientati in funzione del vento predominante, è qui che dobbiamo considerare lo svantaggio di tale scelta progettuale. Viene di conseguenza che orientare l’edificio in tal maniera comporta la facile entrata d’acqua piovana all’interno dell’edificio. Tale fenomeno va di certo evitato mediante apposite precauzioni e schermature; in tal caso possono essere usate le stesse schermature solari, appositamente rinforzate per combattere la tenacia delle piogge. Banalmente bisogna aggiungere che anche le coperture devono essere progettate di conseguenza, garantendo una struttura resistente al vento, all’erosione delle piogge e, non meno importante, all’inquinamento acustico dato da queste ultime.

5.SABBIE E POLVERI

Come si può ben immaginare, in territori aridi o dal terreno argilloso, il forte vento porta con sè anche sabbia e polveri più o meno sottili. Queste polveri, oltre ad essere fastidiose all’essere umano nella respirazione e nella vista, provocano danni notevoli all’edificio. Oltre all’effetto di erosione da parte di queste, si deve anche considerare l’accumulo di sabbia e polveri nei pertugi delle facciate o nei tetti. Tale accumulo si può presto trasformare in melma con l’avvento delle


piogge se non viene ben pianificato un metodo di smaltimento o, meglio ancora, un metodo per evitare tale accumulo. Un’ottima soluzione può essere quella di schermare il più possibile le facciate, lasciando l’edificio aperto dall’interno per mezzo di corti. Altrimenti, l’unica soluzione plausibile rimane quella di erigere una “doppia facciata” a qualche metro dall’edificio (max 6 metri) di altezza pari o superiore all’edificio in esame, che schermi quest’ultimo dalle raffiche di sabbia. Le stesse considerazioni si possono fare nel caso in cui si decida di usare della vegetazione al posto del muro Si consideri però, ovviamente, che queste ultime due soluzioni non permettono al vento di raggiungere l’edificio e, di conseguenza, non permettono la ventilazione naturale

Fig. Vv

Fig. Vz

dell’edificio. In definitiva, la precauzione migliore risulta sempre l’uso di persiane o elementi similari che possono essere aperte o chiuse in funzione dell’esigenza.. Di seguito troviamo illustrate alcune delle osservazioni fatte in precedenza (fig. Vv, fig Vz).

6.AGENTI BIOLOGICI

Per agenti biologici si intendono insetti (termiti, vespe, mosche), animali (topi, pipistrelli, volatili in generale), funghi o muffe. Il progettista deve considerare la possibilità di agenti biologici nel momento in cui si approccia al progetto in quanto, ad esempio, gli insetti potrebbero fare il proprio nido o creare un allevamento nelle vicinanze del nostro edificio provocando fastidio agli abitanti.


Nei casi più drammatici (come nel caso di termiti), persino la struttura portante del nostro edificio può essere danneggiata, compromettendone l’integrità strutturale. Nel caso di formiche, il rischio di danneggiamento alla struttura non persiste, ma risultano estremamente fastidiose per gli occupanti. Si devono quindi prendere precauzioni al fine di non permettergli di entrare all’interno dell’abitazione. Nel caso di funghi e muffe, è facile rintracciarne la presenza a causa delle efflorescenze che si manifestano su pareti e copertura. Essi sono sintomo di un’eccessiva percentuale di umidità nell’aria; ne consegue che per evitare l’insorgere di muffe e funghi si debba assicurare una percentuale di UR massima intorno al 50%. Nel caso di presenza di termiti, la situazione diventa più complessa. Le termiti, infatti, possono facilmente causare danni strutturali all’edificio e, per questo motivo, importanti precauzioni devono essere prese in fase progettuale. Considerata l’alta probabilità di attacco da parte di termiti nella regione tropicale, qui di seguito si approfondirà il tema riguardo conseguenze e precauzioni derivanti dalla presenza di questo insetto. Le termiti vivono maggiormente nelle zone a clima temperato e, nello specifico, nella regione tropicale Il loro habitat preferito comprende il sottosuolo a partire da una temperatura di 10°C, fino ad un’altitudine di 1800 m s.l.m. Superata tale quota, l’habitat diventa invivibile per questo insetto e quindi non ci saranno rischi per il nostro edificio. Come ci si accorge che il nostro edificio è stato attaccato dalle termiti? Ci sono varie manifestazioni di tale attacco; in primo luogo dobbiamo considerare che le termiti hanno bisogno di vivere nel suolo, motivo per il quale non creano nidi direttamente nell’edificio

ma lo usano solo come “trasporto” per raggiungere, ad esempio, le coperture realizzate in legno. Infatti, le termiti si cibano principalmente di legno e sabbia, motivo per il quale le possiamo trovare nel terreno e vicino ad elementi in legno. Purtroppo, sono particolarmente abili a tracciare dei percorsi che le conducano dal nido del terreno fino alla zona in cui c’è del cibo. Manifestazioni di questo attacco non sono sempre esplicite: a volte è facile individuarne il percorso quando la struttura portante dell’edificio è il calcestruzzo, in quanto non riescono a penetrarlo. Nel caso, invece, di struttura in legno, accade spesso che le termiti si aprano un canale all’interno della parete, semplicemente mangiandone l’interno mano a mano. Possiamo renderci conto di questo fenomeno solo grazie alla presenza di polvere pallida di legno alla base della nostra parete. Alle volte, se la parete in legno è ricoperta da vernice, risulterà ancora più difficile notarne la presenza in quanto sono abili nel “rosicchiare” l’interno della parete lasciando una sottile buccia esterna (in questo caso la vernice, negli altri casi uno strato molto fino di legno). Nel caso in cui la struttura portante dell’edificio in legno tocchi direttamente il suolo o sia a contatto con fondamenta in mattoni, l’edificio è ad alto rischio di attacco. Inoltre, altri materiali come seta, cotone, lino, iuta e lana sono spesso attaccati e mangiati dalle termiti. Vetro e metallo, al contrario, non sono attaccati dalle termiti ma, a causa della malta che producono per costruire i loro percorsi, tali materiali possono subire danneggiamenti. Gli unici materiali che non possono essere danneggiati in alcun modo dalle termiti sono: calcestruzzo, mattoni in terra cotta o cruda e pietra.


6.1 Misure di precauzione Si vogliono ora analizzare le principali misure di precauzione da insetti ed animali. La prima precauzione è quella relativa alla scelta del sito. La presenza di una folta vegetazione o di conche nel terreno in cui può ristagnare l’acqua, creano l’habitat ideale per animali ed insetti. Nel caso di zanzare e volatili in generale, si deve evitare la presenza di acqua stagnante e, in aggiunta, si può considerare l’ipotesi di apporre delle retine alle finestre, consapevoli del fatto, però, che tale sistema riduce la ventilazione naturale all’interno dell’edificio. Nel caso di ratti e pipistrelli, le precauzioni possibili sono quelle di evitare pertugi in cui possano entrare e, soprattutto, evitare la presenza di cibo all’aria aperta. Infine, nel caso di termiti, si devono programmare misure di precauzione in fase progettuale in quanto, se l’edificio viene attaccato da termiti, risulta molto oneroso portarlo nuovamente in vita. a) Sistemi di drenaggio del suolo e costruzione su piloni In questo caso si deve assicurare un buon sistema di drenaggio affinchè l’acqua non stagni e sia un buon habitat per le termiti. Inoltre, può essere utile far poggiare la nostra costruzione su

Fig. Vy

piloni o su soletta in calcestruzzo, in modo da non far toccare l’edificio con il suolo. Tale calcestruzzo dovrà essere del tutto omogeneo e privo di incanalature, in modo da poter essere controllato rapidamente anche dall’occhio meno esperto. (fig Vy, fig Vk) b) Repellenti chimici In questo caso si vuole suggerire di usare composti chimici termitirepellenti che proteggono il nostro edificio con un sottile film di veleno per le termiti. Purtroppo questo metodo non è molto affidabile nel tempo (ha una durata massima di 5-9 anni, dopo di che va reiterato) e in più, nella regione tropicale, le forti piogge stagionali possono facilmente lavare l’edificio da questi repellenti, rendendolo nuovamente a rischio termiti. In ogni caso, i repellenti più adatti a tale scopo sono: creosote oil, sodium arsenate, pentachlorophenol, sodium pentachlorophenate, copper naphthenate, benzene hexachloride e dieldrin. c) Controlli in fase di costruzione In fase di costruzione si può evitare l’insorgere di termiti controllando a fondo il sito, eliminando eventuali nidi od eventuali residui di carta e legno che potrebbero attirarle. Inoltre, è

Fig. Vk


bene controllare in fase di costruzione che nessuna parte dell’edificio possa toccare direttamente il terreno. d) Scelte progettuali Purtroppo, oltre alle termiti di terra, esiste anche una specie di termiti volanti, motivo per il quale qualsiasi tipo di precauzione può non essere utile del tutto. L’unica precauzione chiaramente efficace è quella di scegliere di costruire con materiali che non fanno parte dell’alimentazione di una termite, ossia terra, mattoni e pietra. (fig Vw, fig Vx)

Fig. Vw

Fig. Vx


IDA ICE Software

periodo di studio:anno 2015

UniversitĂ La Sapienza FacoltĂ di Architettura

Studente: Maria Terzano Relatore: prof. arch. Rosalba Belibani Correlatore: prof. ing. Francesco Mancini

Technische Universitaet Muenchen Fakultaet fuer Architektur

Correlatore estero: prof. Dipl. Ing. Thomas Auer

Allegato ANALISI TERMICA DINAMICA di cinque differenti tipologie abitative



LOCALITA’ DI PROGETTO

LOCALITA’ DI ANALISI

Kibwigwa, Regione di Kigoma

Makindu, Regione di Makueni

Entroterra Tanzania Clima Tropicale

Entroterra Kenya Clima Tropicale


VOLTE A BOTTE Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA A: Mattone pieno lambda 0,7 w/mk densità 1600 kg/m3

TIPOLOGIA B: Mattone alleggerito lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


TIPOLOGIA C: Terra cruda lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3

TIPOLOGIA D: Terra cruda alleggerita lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


VOLTE A CROCIERA

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA A: Mattone pieno lambda 0,7 w/mk densità 1600 kg/m3


TIPOLOGIA B: Mattone alleggerito lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


VOLTE A CROCIERA

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA C: Terra cruda lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


TIPOLOGIA D: Terra cruda alleggerita lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


VOLTE A FALDA in legno

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA A: Mattone pieno lambda 0,7 w/mk densità 1600 kg/m3


TIPOLOGIA B: Mattone alleggerito lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


VOLTE A FALDA in legno

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA C: Terra cruda lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


TIPOLOGIA D: Terra cruda alleggerita lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


COPERTURA PIANA

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA A: Mattone pieno lambda 0,7 w/mk densità 1600 kg/m3


TIPOLOGIA B: Mattone alleggerito lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


COPERTURA PIANA

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA C: Terra cruda lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


TIPOLOGIA D: Terra cruda alleggerita lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


COPERTURA A PIRAMIDE

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA A: Mattone pieno lambda 0,7 w/mk densità 1600 kg/m3


TIPOLOGIA B: Mattone alleggerito lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3


COPERTURA A PIRAMIDE

Località di progetto: Kibwigwa (Entroterra Tanzania) Località di simulazione: Makindu (Entroterra Kenya) Clima: Tropicale Periodo delle grandi piogge: Ottobre-Aprile Esposizione porta: Nord Esposizione finestra: Sud

TIPOLOGIA C: Terra cruda lambda 0,18 w/mk densità 800 kg/m3


TIPOLOGIA D: Terra cruda alleggerita lambda 0,18 w/mk densitĂ 800 kg/m3







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