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oradour sur Glane
Il villaggio che urla in silenzio
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fotografie di Mario De Marinis
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oradour sur Glane
Il villaggio che urla in silenzio
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fotografie di Mario De Marinis
oradour sur Glane Il villaggio che urla in silenzio
Quel silenzio, un silenzio incombente, penetrante, assordante è lì, che permea ogni cosa, varco il cancello, quel cancello che divide la storia di un eccidio dal mondo attuale. Era il 10 Giugno 1944 la 2ª divisione corazzata SS Das Reich, entrò nel villaggio francese e come rappresaglia per l’uccisione, da parte di alcuni maquisards (partigiani), dello Sturmbannführer Helmut Kämpfe, 642 persone vennero trucidate senza nessuna pietà ed il paese dato alle fiamme. Dopo la fine della guerra, il villaggio non fu più ricostruito e divenne un memoriale, un museo delle atrocità.
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Le strade, la stazione, l’ufficio postale, il forno del pane, l’officina, le singole case seppur vuote e diroccate, trasmettono ancora oggi la sensazione della vita interrotta: le suppellettili arrugginite sono ancora lì fra le mura domestiche, pentole e padelle sono ancora posate nei caminetti, gli attrezzi da lavoro emergono dal muschio e dall’erba, macchine da cucire sparse qua e là fanno immaginare la vita delle donne, massaie in tempo di guerra, mamme sempre, mogli e compagne di uomini semplici, parte di una piccola comunità uscita quasi indenne da quella scellerata guerra, fino a quel giorno del 1944. In un istante tutto cambiò. Alle 14,45 i soldati avevano già raggruppato tutte le persone presenti, 15 minuti dopo partì l’ordine di portare donne e bambini all’interno della chiesa, circa 400 persone furono fatte sdraiare a terra, venne posata una bomba al centro della navata e quando fu chiaro a tutte le donne, che si trattava di un ordigno, si diffuse il panico e la prima che si alzò con il bimbo fra le braccia, fu falciata da una mitragliata. Dopo l’esplosione l’incendio che divampò fece crollare parte del tetto. Impressionante vedere oggi la campana mezza fusa dall’enorme calore scaturito dall’impeto del fuoco. Contemporaneamente furono trucidati il resto degli altri abitanti, imprigionati nelle case, nelle rimesse, nelle stalle, infine tutto fu dato alle fiamme. Dalla chiesa si salvò soltanto una fanciulla, che si fece scivolare da una finestrella, un’altra donna che la seguiva con il figlio in braccio venne tradita dal pianto del bimbo e uccisa a colpi di fucile. Tra le vittime anche nove italiani, tra cui una madre con 7 dei suoi 9 figli. Mi dirigo all’uscita e quel silenzio, quel silenzio incombente, penetrante, assordante ora fa parte di me, mi fermo per leggere la targa posta a perenne memoria: “A ses Enfants morts pour la France Gardons le fidéle souvenir de nos 642 martyrs, hommes e femmes, enfants massacrèe et brulès par le troupes nazies le 10 juin 1944”.
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JamĂŠnez Deredia - (Lucca)
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