libro del crep di gio-promo prime 30 pagine

Page 1

Il soggetto storico nel postcontemporaneo: Lo slancio della coscienza e del fare

“negare è il lusso dei pochi, affermare è il credo dei popoli”

VADEVECUM DEL PENSIERO POSTSTORICO -ARTE DELL'ANIMA-FORZA DEL TEMPO-SAGGEZZA DELLA STORIA-


...né qualcosa di non scritto che serpeggia lungo gli instancabili sonni, travolti dal nefasto gioco delle parti, il primo tra gli ultimi ti scolpisce il tuo onorato mausoleo, poiché all'anima che crea non è dato perire per mano di infami pastori di verità. La fulgida epifania di una fine ormai scritta si configura nell'ancestrale simbolismo di rune celesti, uomini dei mari che ti hanno cercata, dolce creatura dell'uomo d'occidente. Il pianto per noi è cosa grande se paragonato alla saggezza degli ultimi profeti rivelatori, dietro agli ammassi delle conoscenze perdute..... Ora io ti conosco fine senza tempo, dai mari dell'infinito io ti vedo nella tua più instabile bellezza, o umanità.... Perdona coloro che non ti vedono perché di essi il mondo è solo uno specchio delle loro fatali ragioni. Umanità che al crepuscolo si porge, non ti chinare sul senso della fine ma volgiti sullo splendore della conoscenza, l'inizio dell'uomo nuovo, dell'uomo traghettatore dei suoi simili verso il suo spirito nascosto, intercesso dal peccato del sapere, non più fulmini nei cieli della notte tempestosa, ma solo l'alba di un giorno come gli altri...crepuscolo di nuovo, alba finale..tempo finito...cuore sopito.. mente feconda...oltre non c'è più senso ma solo stelle......

Il Crepuscolo di Giove Anno ∑ dell'era poststorica

2


Prefazione al libro(guida alla lettura) Il tempo dei grandi sistemi è ormai finito, di quei sistemi che pensavano la totalità nella sua essenza, nella sua epifania fulminante che tanto l'Ottocento ha tenuto a definire e analizzare. Sarebbe eretico da parte di questo breviario di parole e concetti poter spiegare la realtà, la realtà dello Spirito, con definizioni valide nella sua interezza. Ma è possibile guardare il presente, quel presente che se potesse avere un tratto distintivo, sarebbe di certo la frammentarietà del suo sviluppo: L'indecisione e il nichilismo nell'etica e la formalità agonale nella sua politica. Il tempo delle passioni e degli ideali fa parte di un passato ormai contestualmente storicizzato e sarebbe anacronistico, inadatto e non commensurabile un apporto d'idealismi, seppur mitigati dall'intuizionismo quasi artistico del pensiero, ad un tempo e ad una generazione che vive il dissidio tra un passato storico-mentale così caratterizzante ma che ha fondato le basi della nostra compresente aridità di stimoli culturali e la vacuità di ogni gabbia della gnosi. Il muro contro cui è lecito sbattere la testa, quello dell'anima sognante o almeno ispirata, è ormai fatto di una gomma che assorbe e cicatrizza tutti gli sprazzi di lucida perversione del senso interiore, quasi come vivere in mezzo a flebili corde che si rompono al semplice sfioramento. Non voglio dilungarmi su eventuali significati o interpretazioni dello scritto ma volevo solo ricordare che da ciò che leggerete traetene solo dubbio, perché ciò che scrivo non vuole essere il mondo ma un mondo, il mondo dell'interiorità riflessa nella sua esteriore barriera di manifestazione. Non serviranno analisi psicologiche o qualsiasi forma di ricognizione strutturale per comprendere il testo: esso è semplice come lo sbatter d'ali.....(anche se devo ammettere che in molti punti resto ambiguo e altamente sospensivo nelle definizioni perché non posseggo certezze assolute e la mia coscienza m'impone di limitare le mie speculazioni e lasciare all'altrui giudizio le conclusioni più logicamente derivabili). Nota: il suddetto libro non è protetto da leggi sulla tutela dei diritti intellettuali(e formalmente non segue i canoni dell'edizione libraria). Il Perché? Perché sinceramente non amo il fatto che la diffusione del sapere debba essere messa sotto l'infamante egida dell'economia di mercato che tende a massimizzare i profitti su materiali scadenti ma popolari...e poi perché gli editori ti obbligano a pagare le prime centinaia di libri stampati e io sono uno spiantato.. se poi la S.I.A.E. vorrà reclamare, faccia pure: spero che almeno questo scritto sia stato utile a qualcuno......se queste motivazioni possono bastare, buona lettura.

Mario (Paolo) Lio


Indice di consultazione Pagg. -Primi accenni di pensiero corroborante -definizioni 6 Chi è l'Uomo? 8 Perché Uno scopo? 12 (Differenze) tra vita inconscia e vita pratica -Le ingloriose certezze 15 La sorgente della vanità intellettuale 17 Umiltà e processo catartico -Lo Spirito della Caverna 20 Il Crepuscolo della ragione 22 Parole,Parole,Parole -Lo Spirito del Mare 25 Il Sublime come aspirazione 29 Cattiva fiducia e speranza indefessa Corpo centrale della teoria storico-spirituale 30 40 65 80 85 109 118 123 134 140 160 170

capitolo 1 “Senza “(l'adorazione del nichilismo giustificazionista) capitolo 2 “L'artigiano dei fatti “ capitolo 3 “Il carattere assuntivo dei nostri pensieri sul tempo” capitolo 4 “Scazonte favella” capitolo 5 “Perché voglio un mondo fondato sul dubbio? capitolo 6 “La Storia chiama, gli uomini non sentono” capitolo 7 “Coltiva il tuo sogno”(ricerca tardoromantica del nulla) capitolo 8 “Creazione di uno spazio di umanità” capitolo 9 “Accanimento alla garanzia di monotonia” capitolo 10 “Che pensare?” capitolo 11 “Probabile fine dell'era poststorica”(il mito del pensiero debole) capitolo 12 “Lo slancio verso...” 4


Temi di discussione 175 177 179 184 189 193 196 200 205 211 214 216 220 223 225 230 235 238

Il Bello e il Potere Materialismo e Politica Fede e abitudine I sogni infranti della borghesia Gioventù e forma La retorica del bellimbusto L'esistenza e gli scopi di vita Politica madre della Verità Punizioni e Premi La vecchiaia e la società I nostalgismi e la paura del futuro Il mondo femminile Solitudine e Libertà La cabala della vita La strada del successo Rivalutazione della sofistica Principio d'autorità Vanità Cultuale e Culturale

-Compendio 100 tesi idealismo poststorico -le 10 domande(e risposte) flash del nostro tempo -Indice analitico delle Idee -Conclusioni


Chi è l'uomo?

L'uomo è....ed è già qualcosa. Il cercare insistentemente una definizione univoca di cosa sia l'uomo per me è una domanda posta malamente: il perché lo si può ricercare nel fatto che l'uomo non è un semplice ente del “creato” ma è soprattutto un agente consapevole, un realizzatore di progetti e di volontà trasformative. Così a me pare inutile domandarsi di una definizione essenziale dell'uomo, preferendo una certo più utile e meno esistenzialistica definizione dell'uomo come portatore, portatore d'istanze volitive, perché è questo il fulcro della determinazione degli uomini: adotterei come definizione provvisoria, cavalcando un certo semplicismo espressivo, il seguente motto assertorio: ”l'uomo non è ma è ciò che fa”. É presumibile che questo lasci a desiderare nell'introduzione delle mie idee ma è necessario sottolineare che io aborro sentenziosamente ogni forma di psicologismo ed esistenzialismo decadente: secondo un'ottica aperta con la civitas romana, io credo fermamente nella non divisibilità tra uomo-essere e uomo-agire. Un connubio d'individuo e società (per cui è insensato decentrare l'uomo dalla sua funzione politica) e ne consegue un intricato rapporto di bilanciamento tra le ricerche dell'individuo nella sua coscienza interiore e la sua definizione attorno al mondo delle “cose umane”. L'uomo è pertanto un individuo definibile, un individuo non reale finché non opera all'interno della realtà umana. Quest'ultimo spunto ontologico mi sembra che renda chiarissimo come io non ami le degenerazioni esistenzialistiche della definizione dell'uomo e come io , forse impropriamente, preferisca deferire l'idea di uomo alla sua funzione attiva, alla sua socialità arrivando a definire nulla la sua esistenza se non correlata da un attento agire.

6


Poste tali premesse orientative, io credo fermamente nel pensiero che recita che l'uomo è un'asse di collegamento tra ciò che deve essere e ciò che è, in quanto ogni nostra istanza esistenziale si configura nel segno della nostra volontà, capacità plasmante di prefigurare progettualmente il nostro avvenire possibile, e niente può destare da questo nostro modo di concepire la vita se non la vita stessa: un malanno che affligge la ricerca dell'uomo è sempre stato la sua locabilità, il sapersi inquadrare in una realtà in cui è stato “gettato”. E se questo fosse il nostro unico modo di espiare i nostri peccati di umana anelità? Nella nostra tormentata e contorta condotta esistenziale troviamo sollievo solo dall'accrescere le nostre credenze, credenze che possono riguardare il nostro modo di condurre la propria vita, credenze che s'insinuano nel momento che cerchiamo risposte a domande che possono essere segno d'instabilità e frammentarietà del vissuto. Ma credenza vuol dire anche ripararsi dietro le scatole cinesi del disfattismo, dell'approvazione dell'assurdo come testamento delle intenzioni o peggio nel nichilismo intellettualisticamente giustificato. Ora come non mai il corso delle nostre possibilità si affaccia su un orizzonte di piatta voracità di disconoscenza verso la vita e gli altri, verso il mondo e le sue cose, verso soprattutto noi stessi. Quindi l'uomo è ciò, fino a che non siamo in grado di estrapolare l'uomo dall'umanità, e questo è un altro discorso. Su quest'ultimo punto vorrei introdurvi ad un mio espediente iconografico che userò spesso nel libro: tratterò gli argomenti ritenuti necessariamente complessi con immagini ad effetto per riportare in luce aspetti che la prosa discorsiva non riesce a dar giustizia.


Esperia prodotto 1 A tal proposito vi voglio mostrare con i tratti immaginifici una delle mie visione avvenute nel novembre nel 2005 in una notte d'intenso freddo alle pendici del monte catalfano. Ecco: un flusso intenso di energie inebria il bimbo comparso di fronte a me. Si volse lo sguardo verso di me e mi diresse col suo corpo un laconico messaggio. lo presi e lo raccolsi tra le mie braccia:cadde dalla rupe..io ero stato il carnefice di se stesso medesimo. Perché uno scopo? Inevitabilmente è chiaro che quando parliamo di scopi rientriamo in una categoria del vivente che presuppone un fine, un destino segnato o prefisso, che si vuole addurre con tale guida dell'esistenza, quindi uno scopo. Io voglio invece porvi la scelta di seguire un modello, un insieme d'idee presenti nell'anima dell'individuo che precedentemente ha trovato riflettendo sulla sua natura e quindi sulla sua essenza umana. Affermando questo, risulta vario e non necessario il legame tra ciò che si è e ciò che si è destinati a fare, eliminando così ogni forma di finalismo insito nella natura stessa del soggetto: infatti ciò che siamo è una selezione di ciò che siamo o possiamo essere e non integriamo globalmente nella scelta di vita l'intero apparato di nostre percezioni, constatazioni e rivelazioni interiori. Una scelta selettiva è il nostro scopo, dettato dalla circostanza, dalle possibilità contingenti e dalle possibilità strutturabili se seguiamo una logica di fortificazione dell'animo. L'animo di ognuno, l'animo di chi nel profondo ha ricercato la sua lente d'ingrandimento delle proprie percezioni è il limite oltre cui noi viviamo. 8


Qualcuno può insinuare che abbia volutamente lasciare scarno l'aspetto emotivo e casualistico della scelta: è vero e non lo nego ma vorrei mostrarvi come questo elemento caratteristico non sia mio “scopo” nell'esaminare poiché io credo nella fermezza della continuità: posso generare azioni su scelte non perfettamente calcolate e fortemente suscettibili ma le conseguenze di tali comportamenti sfuggirebbero alla conclusione di edificazione volitiva e si prefigurerebbe uno stato d'incontrollabilità delle vicende umane, cosa che non può essere messa nel conto di una progettualità operante bensì in uno stato di passività degli eventi che di certo non aiuta a stabilire cosa è giusto o sbagliato fare (intendendo giusto come più appropriato ai motivi della scelta scatenante). Ma uno scopo può essere spiegazione del tutto? Possibile è che noi crediamo fino in fondo ad entità immateriali che spesso inducono a gesti che nella contingenza non prospettano ragionevoli evoluzioni? Umano è definizione di poco conto se dimentichiamo l'extra, quel pizzico di imprendibilità fatta realtà affinché noi possiam giostrarci con le eristiche(spesso rimangono sul tracciato della retorica molti presupposti morali). L'extra, seppur scisso nella generazione esistenziale come elemento estraneo alle caratterizzazioni naturali dell'ente uomo, è a sua volta nel processo rigenerativo di comprensione della vita umana il fondamento strutturale della comprensione sistematica del processo conoscitivo e progettuale. A meno che questo extra non cada nella contraddizione di essere e non essere nell'istanza del suo concepimento, salda indissociabilmente l'uomo dalla sua proiezione conoscitiva e progettuale. A che punto è visibile il percorso di materializzazione dell'extra? Quando strutturiamo l'extra, riconduciamo l'uomo alla sua essenza generante, inducendo i singoli alla loro invocazione totalizzante e ricostruendo per filo e per segno la stabilità che fa di noi possibili costruttori di irrealtà.


Come può essere stabilità una fondazione di uno scopo se esso stesso è arbitrario( seppur mitigato da segni predestinativi parziali)? La risposta è contenuta nella domanda: l'arbitrio, il soggetto che sceglie nei limiti del suo arbitrio, è il massimo esperimento di cognizione di scopo e di sua fondazione.

Volendo accettare una provocazione esistenzialista negativa, è possibile spiegare il senso di nulla e vuoto nel momento vita? Senza soffermarsi su tutte quelle speculazioni intellettualistiche che fondano il nulla e la noia come “garanti” dell'esistenza, è possibile riconoscere durante una piccola analisi della vita un certo vuoto , sopratutto se si ha avuto l'occasione di smitizzare molte facoltà dell'esistere e molte “increspature” quali l'amore, l'amicizia, gli ideali e tutte quelle prerogative dello Spirito. La possibilità che tutti noi siamo vincolati ad un destino è ragionevolmente accettabile sul piano della volontà? Sì, perché tutto quello che è inscritto lungo un percorso “formato” impone necessariamente una ricerca dei motivi conduttori, dei leit-motiv ideali, strutturando volta per volta la possibilità di stabilire cosa è giusto fare e cosa non è giusto in relazione allo scopo che deve essere compreso nella sua totalità nel momento in cui questo si rivela nei particolari. Lo Spirito genera lo scopo? Lo Spirito è lo scopo, essenzialmente è il valore entro cui costruire un valido esperimento di reale e consapevole costrutto di formazione da applicare assuntivamente nel corso dell'esistenza e nel corso dello sviluppo dell'esistenza stessa. 10


Ma lo scopo è il riflesso di ogni nostra inconscia pulsione? In parte, il resto è il prodotto di vari fattori culturali e di varie aspirazioni(mitigate anch'esse dall'ambiente) che creano all'interno dell'elaborazione il risultato determinante di selezioni. Le frange politiche anacronistiche possono ritenersi depositari di uno scopo realmente effettivo? Dalla base storica esse dipendono, se l'arco storico di riferimento non le appoggia, risulta evidente che perdono ogni ragion d'essere e di conseguenza non hanno effettive ragioni, ma solo esasperazioni graduali. Perché tu autore di questo libro, che hai fatto della Volontà un simulacro dell'azione umana, puoi pretendere di poter insegnare all'altrui pensiero uno scopo? Io vagheggio sullo scopo, lo Scopo non è in mia dote conoscere ma solo far riconoscere come facoltà preponderante per una serie di costruzioni successive che ramificano lo strato intellettivo e procedurale delle nostre azioni. Dio ha un ruolo in questo scopo? Tralasciando la sterile e inconcludente disputa sull'esistenza o meno di Dio e sulla sua effettiva capacità di influenzare l'Uomo, il fatto stesso che può esser pensato, che può essere usato come scopo di guerre e di lotte, lo fa a tutti gli effetti promotore di molte azioni per un gran numero d'individui...il problema è quanto si è consapevoli di ciò ma dubito fortemente che questo possa esser risolutivo ma non importa...Dio esiste già come idea e le idee sono realtà a dispetto di quanto si creda perché muovono persone se non popoli per ottenerne quello che suggeriscono..perciò....


(Differenze) tra vita inconscia e vita pratica Realtà perennemente messe agli antipodi dallo studio sull'uomo e il suo essere, l'inconscio e l'agire umano sono stati spesso dissociati per definizione ritenendo pregiudizialmente che ciò che rimane sotterraneo non può esser motore di azioni. Una certa psicanalisi,sopratutto junghiana, ha posto in discussione il ruolo attivo e performante della vita psichica creando quell'intreccio tra sussulti dell'inconscio e agire “normale”(non necessariamente legato quindi a stati patologici)rilevando come l'inconscio sia, con il linguaggio, uno degli operatori fondamentali della dimensione umana e uno dei connettori della disciplina dell'uomo come costruttore di società. Il tutto è riassumibile in un'idea affascinante sull'uomo: vivendo in un processo di continuo adattamento e rielaborazione degli stimoli, non può semplicemente acquisire consciamente le informazioni ma possiede dei modelli comuni di riferimenti che creano anche realtà distanti dalla semplici condizioni di vita e suggerisce all'uomo-comunità(inteso quindi nell'insieme degli uomini) percorsi in qualche modo tracciati, fugando i dubbi su un'ipotetica “tabula rasa” e di contro limitando di molto le perverse considerazioni innatistiche che non aiutano a capirci meglio(gli atti di fede lasciamoli alle azioni di un certo tipo, nella conoscenza sono orientativi ma non esaustivi). Ora si potrebbe rilevare da queste ultime parole che l'inconscio preformante è anch'esso innatismo e addirittura meccanicismo del pensiero: sarebbe ambedue le cose se parlassimo di un hardware con il suo sistema operativo ma qui stiamo parlando di tracce non necessariamente percorribili e stiamo dimenticando che in precedenza ho sottolineato, seppur con tratti di forte fallibilità, la caratteristica emotiva e casuale di molte azioni, 12


dettate più da contingenze che da elaborazioni a lungo raggio, che dimostrano inequivocabilmente la non riduzione dell'uomo, e del suo inconscio, allo stato di meccanismi(una legge più teorica che empirica dimostra che le macchine non possono commettere errori volontari, cioè fare “scelte” che possono dare risultati contrastanti con le premesse). C'è da parlare di logica? La Logica ha poco spazio in questo contesto poiché essa è ordine degli stati coscienti in elaborazione(addirittura Aristotele presumeva che era impossibile non constatare la contraddizione per affermare un'identità). Quindi quanto influisce nella realtà del nostro agire pratico lo stato inconscio? Estremamente poiché nulla può sfuggire ad un processo, progresso di “selezione” , ed alcuni osano affermare che la nostra volontà si esprime solo nell'inconscio in quanto la coscienza è solo un esecutore materiale di scelte e desideri già fissati precludendo la nostra possibilità effettuale ad un solo artificio del conscio. Nella difficoltà di definire paletti ed altro, è indubbia la posizione di rilievo che riveste quella topica della nostra mente a cui noi abbiamo dato l'etichetta “indecifrabile e sconosciuta”, ma questo non deve scoraggiare nessuno nel cercare di trovare il filo conduttore, l'ordine di sistema che velatamente o meno c'impartisce il meandro più oscuro del globo intellettivo. I sentimenti in questo processo dove sono rintracciabili? Essi sono rintracciabili nella loro pregnanza, nel loro essere depositari di impressioni che marchiano aspetti rispetto ad altri: è risaputo che un dato conoscere è legato nell'immagazzinamento al trasporto emotivo pendendo su di esso la stigmate del ricordo.


Possiamo educare il nostro inconscio a guidarci nel nostro conscio? Anche se non scientificamente attendibile, esistono tecniche di tipo meditativo che trasportano lo stato cosciente in una dimensione che pare essere quella slegata dalla circonvenzione della realtà sensoriale, perciò provate a stabilire un senso interno con elaborazioni e variazioni del vostro stato cosciente tramite la perdita della varietà sensoriale con metodi e stimoli delle trance ipnotiche o sciamaniche, e forse scoprirete una realtà complessa come semplice della vostra dimensione individuale. Mentre l'inconscio “agisce” e il conscio rielabora, l'irrazionale ha sede nell'agire pratico? A molti piace considerare certi gesti e pensieri come irrazionali ma sono solo etichette più ideologiche che altro. Tutto è riconducile a logiche precise sia che valga per gesti assurdi che per orrori contro l'umanità: a tal proposito vorrei sottolineare come il cosiddetto Irrazionalismo, strato culturale a cavallo tra '800 e '900, è stato considerato alla base di molte “sciagure” della storia recente, ma non è una forma ideologica d'irrazionalità ma solo una modalità espressiva e culturale che si dissociava dalla mentalità borghese-democratica, con evidenti tratti destrofili, che in un modo e nell'altro hanno permesso all'uomo di oggi di maturare la visione del mondo di oggi. Per dirla in altre parole, il nazismo è criticabile solo se esso viene posto sotto un profilo politico e umano ma non può essere definito come irrazionale anzi nel Reich è esistita la forma più evoluta ed efficiente di Stato e tutto il resto non è da imputare alla follia o alla smania di grandezza del quasi pittore Hitler ma da logiche evoluzioni di condizioni storiche, politiche,economiche e culturali che, senza citare le solite teorie del What if, sarebbe stato difficile non riscontrare lungo la storia della Germania novecentesca. Il mondo di oggi non è il trionfo del Bene assoluto,è solo quello della Società Democraticoborghese(anche se in fin dei conti risulta la migliore degli ultimi 10000 anni....)

14


La sorgente della vanità intellettuale Sapere non è Potere, Sapere è consapevolezza; Il Potere appartiene a chi sa contorcere la tua come la mia consapevolezza....... Purtroppo molti credono che Il Sapere comporti un elevamento ma sbagliano miseramente, infatti la conoscenza rileva le più meschine realtà dell'uomo e al massimo dovrebbe renderci più umili però non succede spesso, certuni(soprattutto i provincialotti o chi vive in una dimensione molto “ovattata”) crede che l'essere facoltosi mentalmente li estragga per vocazione dalla “massa incolta”( non accorgendosi che poi rientrano anch'essi in una massa seppur meno “incolta”) e discettano sul mondo come fosse un'argilla e loro degli scadenti “Pigmalioni” che modellano idee e “certezze” sul reale con una tale arroganza che gli Dei Olimpici sembrano i borgatari di una qualsiasi metropoli italiana: d'altronde si trovano più stupidi tra le file dei primi banche che degli ultimi perché adagiandosi col tempo nel loro status tralasciano la portentosa dote dell'umiltà per accostarsi deficientemente a quella della Vanità.... Mi si può opinare a questo punto il fatto che anche l'autore è stato irretito da queste trame ma vi posso rispondere recisamente che se avessi avuto questo “male” non mi sarei esposto in solitaria e con grande desiderio di dialogo, avrei fatto come molti dell'ambiente umanistico, avrei snobbato voi lettori e sarei andato in qualche pub da intellettuali a bermi il mio vino trendy con la posa da artista fallito dei bar...(l'esibizionismo può essere una buona critica ma credo che a lungo andare sia più deleterio di quanto chi osserva l'esibizionista si accorga)....nonostante tutto ciò, credo che la cultura sia un valore aggiunto alla vita e sottolineo aggiunto perché non può essere assolutizzato: diverrebbe un feticcio come negli ultimi tempo sta diventando tutto ciò che può essere massificato.... Dovremmo ora capire come sia possibile una Vanità nella cultura e soprattutto cosa può scatenarla e quindi vi lascio alla lettura di tre ipotesi che ho formulato: spero siano utili nell'argomentare e capire quest'aspetto.... (spero che lo scritto che leggerete non vi appaia come un banale pamphlet sociologico, penso che se riflettete bene forse la realtà non è tanto difforme da ciò che ho cercato di schematizzare...)


16

Ragione 1 Compensazioni La Vanità trabocca in persone che devono sopperire a mancanze di stima e di forza, quindi è possibile che alcune persone, magari dall'aspetto fisico non eccezionale, s'intellettualizzino per poter suscitare fascino e ammirazione, ma questo oltre che alla vanità comporterebbe anche una personalità difficile e debole, di certo non sicura di quello che fa e pertanto sarebbe ascrivibile ad un tipo d'intellettuale sociale, cioè a quella persona che vive costantemente dell'approvazione altrui. Ragione 2 Induzione Spesso i climi familiari creano i prototipi d'intellettuale, gli intellettualoidi volgarmente detti, cioè persone cresciute con un ambiente sereno ed “aristocratico”.Queste persone vivono sempre sulla falsariga in cui sono stati immessi sin dalla nascita o dal momento in cui vengono “imboccati”, pertanto risultano facilmente smascherabili in quanto il lavorio mentale che fanno è spesso più un assorbimento d'idee altrui (ed essi sono particolarmente rintracciabili nella sinistra chic politicamente o nella desta radicale caratterizzata dall'integralismo cattolico). Definiti anche di seconda generazione, in politica abbondano perché in qualche modo seguono le orme dei genitori o dei fratelli/sorelle più grandi. Difficili da trattare, sono i più boriosi e ipercritici(nei riguardi altrui ovviamente). Ragione 3 La Divergenza Sono i veri intellettuali, anzi loro possono essere a tutti gli effetti dei pensatori e se hanno un minimo di carisma possono divenire maître à pense. Nascono e si sviluppano tra difficoltà e ostacoli culturali, sono i promotori di nuova linfa creativa ma purtroppo sono sempre i più svalutati all'inizio. La maggior parte di loro lascia piccole tracce di sé in chi li conosce e spesso è il massimo che riescono a fare. La loro istituzionalizzazione e il loro riconoscimento sociale avviene solo grazie alla contestualità storica: per esempio, con le dovute riserve del caso, un Gesù ai nostri giorni farebbe sorridere o addirittura disgustare(d'altronde dall'aspetto e dai concetti molti lo potrebbero etichettare come un hippy un po' pazzo). In conclusione la terza ragione esprime il vero intellettuale, colui che addossandosi le contraddizioni del suo tempo ed elevandosi atemporalmente dalle condizioni contingenti, riesce a dare al mondo una visione più netta delle nebulose manifestazioni dello sconosciuto mondo in cui viviamo.


Umiltà e processo catartico Tra tutto ciò che può essere ascrivibile entro i limiti della nostra possibilità, l'analisi di se stessi molto probabilmente è il punto principale, il risvolto conclusivo di una ricerca che si conduce dietro le nostre possibilità. Ma per ottenere massimi vantaggi da una discriminazione di noi stessi, è necessario maneggiare con cura una facoltà non naturale ma costruita nel tempo: l'Umiltà. Questa cara compagna di sfide, che segna dall'aurora il prosieguo di tutto l'agire, è difficile da gestire come da ricondurre sui nostri passi, avvelenati spesso dall'ego eccessivo e dalla cecità appagante della nostra visione, però è possibile costruire con un determinato processo catartico. Il suddetto processo catartico e in generale una tipologia di simili stati è originato dalla necessità di riflettere attentamente sull'adeguatezza ed efficacia delle proprie scelte, sopratutto quando queste influiscono su una realtà in cui il nostro operato è necessario che sia adeguatamente elaborato e risolutamente deciso. Proverò in questo contesto a dare alcune linee-guida per approntare al meglio un processo catartico che possa dare utili miglioramenti nella nostra personale considerazione di noi stessi e del nostro personale agire. Schematizziamo in tre passaggi il predetto processo: Acquisizione esperienziale-confronto substrato personalemitigazione delle istanze interiori con limiti esterni( una difforme dialettica pratica per intenderci).


18 Acquisizione esperienziale Nel corso degli eventi, una ragionata acquisizione è possibile solo se si riduce (col principio di parsimonia) il superfluo e il pletorico dal punto di vista formale, traendo anche dalle impressioni del senso interiore, una globale visione che permetta di astrarre il succo delle conoscenze che serviranno a rielaborare la situazione ed eventualmente modificarla con i possibili schemi alternativi che la nostra mente riuscirà a suggerirci. Fatto ciò, che banalmente avviene quasi allo stato inconsapevole(infatti il difficile è rendere ciò analiticamente cosciente) è necessario costruire una rete ideale degli elementi e fare un confronto “ragionato” con esperienze pregresse simili(per simili si deve intendere come interscambiabili nel senso che queste esperienze presenti devono poter essere ricostruibili anche in situazioni precedenti da noi vissute).Ora possiamo passare alla fase successiva... Confronto substrato personale Tramite un intenso stato eccitativo della mente( disponete la vostra mente in modo tale che questa sia univocamente indirizzata nell'analisi del fatto preso in soggetto); ora elaborate gli aspetti secondari, quelli che appaiono superficiali e di minore importanza, per eliminare con certezza eventuali aspetti che in realtà potrebbero evocare aspetti secondari che invece hanno una loro consistenza. Raggiunta la sintesi procedurale, bisogna restringere il ventaglio di possibilità di soluzione che il caso richiede. Adesso dovete prendere l'Umiltà( è concettualmente brutale come espressione ma credo sia chiaro il senso) e filtrate le vostre possibilità basandovi sui fatti accaduti e adesso fate un esercizio contrario al vostro ego: colpevolizzatevi, cioè ritenetevi inefficienti a risolvere la questione(troverete i vostri limiti, se sarete onesti con voi stessi, e troverete più chiaro e meno goliardico il vostro modo di constatare i fatti).Così potete avere una consapevolezza nuova e potete giungere alla fine del processo.. Mitigazione delle istanze interiori con limiti esterni adesso potete dare una spinta al vostro stato “avvilito” ed energizzare ora le convinzioni sotterranee che avevate alla luce di una certa “moderazione”.Con molta probabilità, seguendo questo iter psicologico potrete dare prova di una maturità decisionale tipica di chi ha forse più esperienza di voi. D'altronde la maturità decisionale non scaturisce solo dalla conoscenza schematica di cui si ha esperienza ma sopratutto dalla pazienza e dall'umiltà di essere sempre in gioco nel dare giudizio(in altre parole, meglio evitare i piedistalli cercando di mettersi sempre in gioco, sopratutto minando le nostre certezze inossidabili...).


A questo punto della nostra analisi, dobbiamo considerare, all'interno dello sviluppo di un processo catartico, anche le pratiche meditative e le attitudini spiritualistiche. C'è una dimensione, non necessariamente slegata alla condizione naturale, quindi non necessariamente collocabile entro realtà soprannaturali, ma che può influire sull'armonia psichica, ed ho ritenuto necessario trattare concisamente quest'argomento. Lo Spirito, o almeno l'animo degli uomini, in momenti di trasformazione del sé, riscontra limiti invalicabili quando vuole dare una razionalità integrale, e quindi cerca di sopperire ad un bisogno di “luce nell'oscuro mondo”. La società scientista e tecnologica relega quest'aspetto a semplici superstizioni e pratiche da uomini “deboli” di mente. Ma purtroppo anche loro vivono fideisticamente la Scienza, con postulati basati non tanto sulla verificabilità ma sull'incapacità a determinare oltre( es. gli enti primitivi) e soprattutto questa esasperazione della mente logica è un parossismo dell'incertezza che pone inevitabilmente un'approfondita conoscenza come quella presente. La trance meditativa, la catarsi ipnotica, l'esasperazione al limite delle possibilità umane, non sono semplici fenomeni di manifestazione parareligiosa ma sono soprattutto strumenti con cui l'uomo cerca di scoprire il “vero” dietro la realtà che pare apodittica per gli occhi ma non per la mente. Quindi sono tutti da ritenere come valori aggiunti: potrebbero essere un male solo se si vivessero come un credo assoluto ma il discorso vale anche per la Scienza e La Religione...nessun ministro di fede o di scienze può arrogarsi la dignità di essere depositario di verità indiscutibili perché come insegna l'epistemologo Popper, la scienza nel suo metodo deve essere “falsificabile” rilevando come gli assolutismi non devono essere utilizzati come repertorio di


efficiente Verità. Poi l'importante è la ricerca della verità, se c'è... Il Crepuscolo della Ragione

Passano giorni, le culture e le esperienze e tutto sembra apparire come un continuo “già visto”. Perché? Forse è dovuto ad una scarsa rigenerazione della novità in un contesto storico-culturale che si è adagiato sulla riscoperta del vintage culturale oppure siamo immersi in un brodo di parossistico di relativismo che non dà margine a qualche libertà di credere in certezze, o forse siamo stati disabituati a voler prendere delle posizioni relegando all'altrui giudizio e potere di decidere come giudicare e considerare il mondo tutto intorno a noi. Che pensare? Posso pensare io, dal basso delle mie riflessioni, che molto probabilmente lo strato culturale che si è formato come una muffa intorno alle nostre intenzioni possa definirsi come “ritardante delle responsabilità”. Vediamo che cosa intendo: Spesso capita che rimandiamo ad altre persone il peso dei nostri giudizi, come se l'alterità di giudizio altrui possa esser maggiormente incisiva e logica rispetto alla propria, creando così una catena di comunicazione intermentale il cui denominatore è la frammentazione di un giudizio su varie persone che tendono a ridurre al minimo il giudizio e la riflessione propri e supportino quasi solo formalmente il parere giunto così scarnificato. Questo può essere sintomo anche di una certa massificazione delle opinioni, già di per sé molto superficiali e contraddittorie, che tende al solito principio d'autorità, in questo caso l'inconsistente voce del senso comune, che rende legittima agli occhi di chi ne fa uso il giudizio. Questo piccolo discorso, questo particolare aspetto, mostra, nella vita di tutti i giorni, come tendiamo a non accordare una scarsa attività di riflessione, una saggezza con considerevoli deficit, e una superba sicurezza che pone come ovvie certe considerazioni. Attenzione però, in questa sede non voglio fare l'elogio dello scetticismo,


anch'esso estremamente pericoloso poiché non vuole porsi in giudizio, ma desiderio rilevare come la nostra ragione, il nostro quindi modo di procedere e giudicare nel corso delle nostre esperienze, tenda in questi tempi ad essere sempre più delocalizzato, spersonalizzato a favore di un millantato nichilismo conoscitivo che invece di dare maggiore spazio ad altre possibilità di giudizio, dà stimolo a visioni oggettivamente vaghe e spesso contraddittorie, solo perché l'opinione dominante nel circolo d'influenza in cui siamo ascrivibili c'impone subdolamente di seguire. Se tutto questo può esser considerato come legittimo da voi lettori, vi introduco brevemente ad una definizione che ha posto le basi, o per meglio dire le architravi, dell'impalcatura concettuale del Crepuscolo di Giove: Il Crepuscolo della Ragione Perché Crepuscolo della Ragione? La ragione ha bisogno di un unico “alimento” per essere nutrito: la responsabilità personale e l'umiltà. Può sembrare semplicistico, ma credo che nella pratica questo sia un ottimo modo di definire i contorni di un male che sta eclissando il nostro modo di giudicare, ed agire di conseguenza, compromettendo la sanità di una buona dialettica e di una costruttiva ricerca di una società migliore. L'eclissi della ragione, che tratterò sistematicamente nel corpo centrale del libro, si caratterizza per alcuni di questi aspetti. Vi mostrerò un elenco che spero vi faccia prendere immediata coscienza degli effetti di questo mio paventato Crepuscolo della Ragione. (Per un'analisi analitica rimando gentilmente, come ho appena detto, al corpo centrale del testo che state leggendo). La Ragione si eclissa spesso quando: -”sputare “ sentenze soprattutto se suggerite da un astratto senso del giusto. -farsi prendere dalla passionalità nel perorare la propria causa(anche se può esser considerato nobile, spesso gli istinti accavallano la ragionevolezza). -identificarsi in movimenti senza mai metterli in discussione( si può essere leali con l'organizzazione ma non fedeli ai limiti dell'acriticità). -Usare modalità di partecipazione ad attività, specie di protesta, se seguono il solito copione ripetuto annualmente, rivela o incapacità di rinnovarsi o faziosità ai limiti della stupidità(in politica non conta il modo ma il risultato). Altri aspetti verranno esposti(con maggiore riflessione) successivamente .


22 Parole, Parole, Parole Il linguaggio dell'attacco, il linguaggio della difesa, il linguaggio della contesa. I dibattiti, in particolar modo quelli visibili tramite il vecchio tubo catodico, sono la più alta espressione della democrazia formale (e sottolineo formale). Il linguaggio, astro cadente di verità non evidenti, è l'arma con cui il mondo si forgia e si distrugge: il logos fatto soffio è l'anima di tutti noi. Nella lunga storia in cui gli attriti tra uomini si son fatti carne insanguinata, le gesta e le movenze di spettacolare tribolazione sono divenute esaltazioni della lingua forbita di pochi uomini. La predicazione su Dio, il mantenimento scorretto tra sigle di verità e contorte approvazioni della materialità, all'unisono molti si sognano di rivedere i flussi del mentale nella goliardia del reale. Proposizioni concatenate, logica autosufficiente, un preludio all'estinzione dell'intuizione. Il fatto è fatto, il senso è non fatto, il fatto è senso del non fatto. Risse da strada si vedono nei solchi della nostra individuale espansione: velleità di puro conforto nella macchina della comunicazione per assurdo.


Lo sconforto dietro l'appagamento è la radice di un senso di vuoto. Nel profondo pensiero che lascia noi liberi di non credere, la solita guida di interi pensieri si incuneano nella follia di essere e vivere. Qualcuno può generare un Sole dalle sue parole? Qualcuno può vedere il Sole sorgere dal Buio? Qualcuno può aspettare la notte dal Crepuscolo di un giorno come gli altri? Non c'è verità che non dica a tutti noi di mentire su ella. Non dimenticate quanto è vano il nostro bisogno di parlare. Interrotto dalla mestizia, mi accingo a sfogliare il cammino del tempo: una nascita, un incurvamento, un asse di caduta, un risveglio. Poche parole Troppe parole Ancora non so, ma deve essere tale. Possibilità oltre i limiti in cui tutto può essere. Ancora è

23


In questa sterminata esigenza di verità, in questo mare in cui il tutto si possa afferrare con presunzione di verità, il tutto si nasconde dietro noi come noi ci nascondiamo dietro al tutto.

La Giustizia è una scatola cinese: non vederla è capirla. Scorre con forza la linfa della sagace abilità di prevedere il flusso inconstante della vana realtà. Chi ipotizza un'inferiorità della materia, cadrà nel vuoto. Chi vede nuvole sotto il cielo, chi suggerisce pioggia nei deserti, ha perso le ali dell'infinità.

Una lunga marcia, una risoluta marcia verso la sostanza, una risoluta certezza verso confini dietro la forza instancabile.

Ora tutto ha un senso, dietro ad un epitaffio di dolore e calore intimamente umano, si scontrano le certezze di quel carro di superiorità oltre i confini della saggezza vuota. La caduta degli idoli è l'inizio di una torre, la torre della Babilonia dell'espero viandante. Fine a noi uomini che cerchiamo patria tra gli stranieri.


Il Sublime come aspirazione Oltre...questo forse è una specie d'imperativo categorico ma per certi aspetti è l'inevitabile tesi di un teorema mentale che include lo sforzo soggettivo nel “completamento” di se stesso. Seguendo la formula dell'atemporalità che ho accennato precedentemente, è ovvio che i miei sforzi si protraggano in nome di un confine, di un fine ultimo che allo stesso tempo è l'inizio, il capoverso di una prestabilita volontà di cambiamento. Vorrei introdurvi, in questa parte finale della sezione propedeutica e introduttiva del mio libro, alcuni elementi che verranno spesso enunciati, sotto forma di discorso dialogico con l'intimità spirituale, dimodoché possiate concepire anticipatamente l'aspetto spirituale della mia idea crepuscolare. Introduciamo adesso l'idea di aspirazione come guida totale dell'esistenza umana. “ Io aspiro a qualcosa perché ho posto a oggetto del mio vivere il soggetto di me stesso medesimo” Nel tormentato e confuso periodare che io possa costruire nel corso di questo “ambulante” vademecum di pensiero poststorico, scorgerete chiaramente come il motore di mie prospettive sia dettato dalla decisa volontà di perseguire un ideale, talora nobile e mistico talora carnale e pragmatico, che nel corso della mia esistenza ha motivato eccellentemente ogni mia spinta propulsiva nell'affrontare testardamente processi e umiliazioni necessari al compimento della causa: l'aspirazione verso l'alterità riconducibile all'esasperazione del mio essere. Che cosa intendo con ciò? Intendo pienamente mostrarvi come sia possibile concepire il mondo attorno basandomi sull'estraneazione del mio stesso modo soggettivo di guardarlo e questo è possibile solo se riesca a isolare contestualmente quello che dal mio giudizio mi appare estraneo nella sua formulazione e acquisizione ma che io credo non a torto di aver subito, “metabolizzato”, nel corso del processo d'affermazione della mia identità; Parlo di mia identità perché sono a conoscenza esclusiva del singolo che si porge a autoanalisi di se stesso e pertanto non mi azzardo a giudicare sontuosamente quale possano essere gli elementi che per l'altrui analisi possano essere considerati “estranei” ( però credo che la metodica sia corretta almeno nella processualità). Ho rilevato, procedendo analiticamente a ciò che nebulosamente detto poc'anzi, che gli elementi esterni a me si dovessero ricercare lungo il confine delle azioni che riguardassero le scelte di fondo di capovolgimenti dell'esistenza: cioè ho cercato di capire quali azioni mi hanno portato a rivoluzionare aspetti e modi di vivere che in


qualche modo hanno messo in discussione la mia visione globale e il criterio di giudizio. Per visione totale è da intendersi quella base da cui estraggo i miei giudizi( esperienze passate, opinioni convalidate e riflessioni fatte sui vari argomenti) mentre per criterio di giudizio si deve intendere l'approccio usato per “pesare” le varie situazioni che richiedono il mio giudizio. Non volendo esaminare ( e mostrare) platealmente quali eventi e pensieri mi si sono intercalati durante questo processo, posso dirvi con sicurezza che le linee-guida che mi hanno accompagnato sono state tre: -comparatio cogitandi: ho posto su due colonne mentali parallele la vita psichica di quando ero bambino e la vita vita psichica( travagliata) adolescenziale, esaminando con particolare cura le congruenze ( che sono in qualche modo il preludio al riconoscimento della mia identità) e le differenze ( che allo stesso modo, a mio giudizio, sono gli elementi che in misura maggiore o minore son da attribuirsi ad una cognizione di movimenti esterni e non necessariamente generati dalla mia volontà e riflessione psichica. -Egomachia o il valzer dell'ego: processo che consta della schematizzazione delle pulsioni( e pensieri) contrastanti al fine di evitare incongruenze nella selezione di un eventuale sintesi da costruire nella fase successiva del mio pensiero. Questa fase la vorrei meglio esplicitare con questo esempio dimostrativo: nel corso di un'ipotetica esistenza, il singolo x ha avuto due opinioni riguardo il medesimo oggetto di giudizio e che il giro di boa sia avvenuto quando questo soggeto ha vissuto ( o è stato accostato) l'argomento che ha suscitato nel corso della sua esistenza questo dualismo doxastico ( sottolineo inoltre che nel campo delle opinioni, che di certo non sono verità ma assunte come tali, è bene operare di sintesi per ottenere un giudizio almeno conforme ad una certa praticità d'agire); Prendiamo il caso della morte e il modo con cui viene percepita ed interiorizzata: non avendo esperienza ravvicinata della morte, si poteva avere una visone realistica o funzionalista riassumibile con il solito “succede” dando una caratterizzazione sterile e naturalistica del fenomeno; in una fase successiva, si ha l'avvicinamento con questo evento e si capovolge la visione: ora essa è giudicabile come nefasta e per certi aspetti incute una paura sentita percettibilmente. La sintesi da operare, con i dovuti limiti del caso e della sensibilità dell'agente riflettente, segue due meccanismi semplici nella teorizzazione ma complessi nell'attuazione: prima comparo le due opinioni contestualizzandoli con gli eventi ad esse collegabili, distaccandole dalla loro assolutizzazione e rendendole relative, poi richiamo il principio di determinazione pragmatica che recita “ so che è così ma in che misura io possa evitare o modificare ciò?”. Mantenendosi il più possibile austeri nel giudizio emotivo e cercando di oggettivare come se fosse un problema di rilevanza collettiva ( è una realtà condivisa da tutti dovrebbe essere il pensiero di fondo) cerco di delimitare il campo delle possibilità che mi permettono di interagire con questo fenomeno: nel caso della morte si potrebbe sintetizzare, dopo aver seguito il metodo esposto, “la morte è naturale e inevitabile ragion per cui io non posso evitarla ma ho la possibilità di converso di modificare la mia vita in modo tale


da inibire la paura esistenziale verso la fine rendere appieno l'esistenza stessa: allora converrà giudicare la morte realisticamente inevitabile ma posso costruire la vita senza il pensiero fisso dell'inesorabile, cosa ben differente da un vuoto carpe diem volgare( è sempre una forma di paura resa motto di vita) cercando stoicamente di perseguire le mie paure per trasformarle in punti di rilancio per accedere a premi e ricompense maggiori. Così facendo si sradica l'idea che esistono solo dualismi come piacere/dolore e si riesce a far compenetrare ( e rendere giusta proporzione pragmatica) aspetti dell'esistenza che le opinioni prima di questa sintesi tendeva ad escludere come antitetici. Passiamo ora, alla luce di questa consapevolezza, al terzo punto. Progetto di vita e opportunità di opinione: è la fase conclusiva ma sempre flessibile a cui volevo condurvi. Dobbiamo imparare a dar un senso alla vita costruendoci sopra un progetto di vita, costruita sopratutto non tanto sul dovere o sul piacere bensì sul determinare l'identità. Quindi è vano ai fini di una buona vita perseguire sogni o in caso contrario necessità ma si deve procedere gradualmente all'esasperazione e manifestazione delle egomachie per installarle lungo il percorso di vita e rendere pragmatiche le aspirazioni e le difficoltà che si presentano. Il tutto può essere fatto eliminando il personalismo delle opinioni con la necessità del momento, rendendosi addirittura voltagabbana in base alle circostanze. Con questo non voglio fare un elogio all'opportunismo perché non faccio riferimento alcuno al modo di relazionarsi all'altrui persona ma mi riferisco al modo di considerare gli eventi: potrebbe essere considerata una specie di tecnica “prova ed errore” e lo è per certi versi, ma solo all'inizio, fino a che voi riusciate autonomamente a dare un percorso coordinato alle vostre opinioni. Ritornando al presupposto iniziale, e riconosciute le estraneità che si sono manifestate lungo questo iter, adesso vorrei mettervi nella situazione in cui il vostro progetto di vita risulti essere a prima vista troppo idealistico o estremamente slegato dalle considerazioni pragmatiche di cui facevo accenno precedentemente e mi riferisco all'idea di sublime come motore dell'esistenza. Posto che il Sublime o la pretesa di ascendere ed esso non implichi necessariamente una declinazione verso forme velate o meno di spiritualismi nelle definizioni correnti, il Sublime è da intendersi come meta orientativa di un processo di accrescimento interiore in vista di sempre maggiori risultati costruttivi nel segno della spiritualità interiore e nella pragmatica assunzione di principi e valori. Detta in altro modo, è spingersi oltre alle proprie possibilità per aumentare il limite delle possibilità. Se ancora non è chiaro, in ultima istanza, voler prodigarsi per raggiungere un etereo e poco chiaro sublime con lo scopo non tanto di perseguire lo stesso ma per superare le possibilità pratica, puntualizzando sul fatto non importa molto quello che è in quanto tale ma quali benefici può dare alla nostra vita eticopratica( ricordate che all'inizio del libro parlavo dell'inscindibilità tra uomo-essere e uomo-agire?).


Ragion per cui, vivere di sublime significa soprattutto avanzare nello sviluppo delle capacità personali di stabilire una prassi matura e capace di raggiungere sempre maggiori risultati piuttosto che una romanticheria dello spirito che celebra l'infinito con slanci ideali che rischiano di essere solo specchi per le allodole ai tanti fantasiosi dello spirito. Questo sublime del resto si concentra sulla stabilità che si ottiene dall'egomachia e dal superamento delle contraddizioni formali, e permette di ricondurre agevolmente ogni novità che si presenta lungo il corso dell'esperienza. Spero che il paradosso paventato descritto dall'intitolazione del paragrafo sia stato compreso come falso perché aspirare al sublime significa innanzitutto massimizzare ed equilibrare l'agire pratico fondando nella coscienza una spinta sempre più accelerante verso ed oltre le proprie possibilità. In ultimo vi anticipo che l'impossibile è il dominio entro cui agire in questo tempo perché è adesso che si rivela l'anima dell'individuo poststorico, quello di saper giocare con i paletti posti dalla ragione per rendere la ragione stessa alla stregua dei suoi stessi limiti cioè crescere e rendersi flessibile alla stessa maniera con cui noi sfidiamo i suoi limiti. Sperando che tutto ciò che ho detto non sia sembrato astruso o al peggio banale o ancor peggio contraddittorio, vi consiglio dal basso del mio pensiero di seguire, o almeno provare, questo metodo di chiarificazione delle proprie idee, perché a mio avviso credo che se prima non diamo un ordine un autonomia ai nostri pensieri vizieremmo ogni nostro costrutto mentale di formalismo ed avremmo in qual caso una tendenza a “vestire” i pensieri come fossero degli abiti più che ad interagire e mettere in continua discussione gli stessi.


Cattiva fiducia e speranza indefessa Si crede a poco o forse non si crede a nulla: molto probabilmente non siamo disposte a recepire le novità perché viviamo immersi in una dimensione in cui tutto ciò che deve essere creduto lo può essere solo se questo è rappresentato da figure autorevoli o come istituzionalmente credibili. Il cambiamento di ogni stato di cose è segnato dal suo inizio da due possibili percorsi: o viene assunto acriticamente, con una fiducia riposta estremamente malsana per giudicare rettamente l'evento, o con una procedurale logica di presenza costante e tenace quando questa non ha appigli alti ma deve spuntare dal basso come i funghi. Certamente la prima, visto che è caldeggiata dalle strutture della società, ha maggiore margine di sviluppo( e maggiore sostegno e consenso) ma a lungo andare quest'approvazione può incrinarsi nel momento in cui la forma lascia il posto alla sostanza e lì troviamo la prova del nove, la fase in cui si evidenziano le possibili defezioni. Altro discorso è quello che parte dal basso che, passando varie difficoltà e lavoro, se riesce a raggiungere il piano alto può definirsi da subito maturo ed effettivamente abile poiché la “gavetta” è forgiata da una speranza indefessa, con particolare volontà di raggiungere una meta, che la rende stabile, e soprattutto sostenuta da persone capaci che hanno messo in gioco prima di tutto se stessi( spesso le azioni dall'alto papavero sono “appioppate a gente messa l' per inscenare leadership più che ad orientare realmente questo cambiamento). Non si può negare d'altronde che anche dal basso certi movimenti e spinte, acquisite le forze per ergersi, si corrompano rovinosamente ma questo è un altro discorso che tratterò più avanti. Si è concluso il percorso propedeutico per accogliere con uno spirito umile il corpo del libro che tra poche pagine vi esporrò. Come intermezzo, vi introduco alla lettura del concetto di Crepuscolo Culturale dimodoché l'analisi storica possa essere completata da questa settoriale discettazione di carattere prettamente culturale. Buon prosieguo di lettura......


-Il Crepuscolo di GiovePensiero e Azione nell'era del nichilismo e dell'apparenza ipostatica

Capitolo 1 SENZA (l'adorazione del nichilismo giustificazionista) Senza.............................Senza fondo è quel tempo che non riesce a dimenticare il futuro Senza.............................Senza è quella speranza indefessa di poter ricostruire lo spirito umano dalla materia e dalla materialità coercitiva Senza.............................Senza spirito è quell'uomo che non sa reggere il suo destino senza giustificare il suo fallimento con la temporalità Senza.............................Senza oblio è il passaggio da una terra desolata a una incolta e popolata

Sentimenti che fustigano dalla nascita bimbi indifesi senza una patria a cui assecondare i loro angelici canti di ribellione, senza martiri pronti a sopravvivere alla morte perché dolce è il mistero della vita eternamente limitata, senza è il gioco dei paradossi con funi ripiegate sui soggetti profondamente imbrigliati con occhi struggenti di sangue eroico, la lucida sensazione di profonda verità, l'ebrezza del tuo limite sensoriale con cui puoi fustigare i vortici delle nostre catene, oltre c'è solo l'impossibile...senza tu rimarrai nel sodalizio con una terra vuota e meschina dietro le fanciulle del sorriso beffardo.

30


C' è sempre una situazione di mancanza di forza nel “ciclo” delle idee sul mondo, nel modo di concepirlo per intendersi, e quindi ci si ritrova in una fase di certezza assolutizzante che apparentemente ha pochi elementi che possono mettere in discussione “l'impalcatura” concettuale che nel periodo di riferimento è molto à la page. Dopo questa fase, solitamente, come è facilmente intuibile, si sviluppa una fase che è descrivibile dietro una parabola discendente. La vigoria, dietro ogni possibile giustificazione, scema inevitabilmente secondo un rapporto proporzionale inverso rispetto alla disillusione provocata dall'insoddisfazione dei propositi non raggiunti ( oggi come oggi è sempre più strumentale l'adozione di certe concezioni poiché non è più idealizzabile un codice etico-politico ispirato alla sola appartenenza o a qualche altra forma di romanticismo autoriflettente). Quest'ultima fase, spesso indicativamente concepita come decadente o, in ultima istanza di sopravvivenza revisionata, si pone sotto critica. La domanda da porsi a questo punto è una ed è chiaro come questa sia il perno delle mie successive elaborazioni. Da cosa è derivato questo senso di smarrimento, d'incertezza che fustiga gli uomini nella misura in cui tutti possono ritrovarsi in un continuo confronto con un certo vuoto di significati? Nella mia ricerca filosofica ed esperienziale, dopo innumerevoli contraddizioni, antinomie di pensiero dettate dalla mia giovane età, ho rilevato come causa, necessaria ma non sufficiente, il malessere dell'acriticità sistemica. Che cosa intendo? Intendo semplicemente che l'impianto di considerazione, di riflessione e di presa di coscienza intorno al nucleo delle percezioni del singolo rispetto al mondo è ridotto a frammentarie considerazioni particolari che non soddisfano l'innato bisogno di


ricostituire i nessi sistemici che costellano la rete di connessioni, e spiegazioni, intorno al mondo umano. Seppur progredisce insistentemente la coscienza naturale, con una coscienza volgare di nozioni scientifiche su larga scala, la maggior parte degli uomini si smarrisce nel dare un valore e una soluzione a interrogativi ascrivibili all'antica metafisica; Precisiamo però che i bisogni metafisici non riguardano solo quelli riguardanti il soprasensibile o il trasceso alle nostre possibilità di esperire e neanche, a questo punto, a ricerche esistenzialistiche che potrebbero dare aggettivazioni negative sullo stato dell'uomo di oggi. Io declino questo pensiero metafisico a quelle pratiche intellettive e pragmatiche che concernano l'uomo come fautore all'interno del suo tempo. Potrebbe apparire come esistenzialistica questa visione, ma nego questa definizione in quanto il riferimento delle mie riflessioni, dal primo all'ultimo capitolo, è il ruolo e non l'essere dell'uomo, senza fare dicotomie tra enti ed esseri o al contrario sviluppare dialettiche sintetiche su soggetti e oggetti. Ciò che mi preme, irrimediabilmente, risolutamente, è la disposizione degli uomini in una realtà pervasa da uno spirito astrattamente relativistico, materialmente particolaristico, come del resto credo che sia il tempo che ho denominato Crepuscolo di Giove. Se mi è concesso, vorrei, nel corso di questa prima analisi, fare una breve digressione per poter farvi comprendere questo concetto “crepuscolare” che vi ho appena nominato. Una realtà crepuscolare, una realtà che pone il suo versante, il suo orizzonte verso la dissoluzione delle sue stesse radici formative, delle sue reali competenze, delle sue fiducie verso il futuro ha come primo difetto o limite la scarsità di proiezioni o, per meglio intenderci, un basso profilo di aspettative, rimandando al presente un ancor più limitata visione delle possibilità. Alcuni autori della postmodernità, tracciando inevitabilmente questo infecondo orizzonte, hanno parlato di “pensiero debole” e hanno


attuato alcuni di essi un processo di decostruzione dei paradigmi del loro presente “spirituale”. Io, dalla mia umile e breve vita, accavallandomi tra i flutti di un millennio carico di storie e significati e un millennio da scoprire e soprattutto comprendere, ho visto, ho intravisto, una parabola discendente della coscienza umana dell'uomo che si proporziona irreversibilmente ad una cognizione di sé stessi parossistica e per certi aspetti vacua. La ricerca del sé, la comprensione di se stessi sul versante della psicologia volgare e dell'esistenzialismo da rivista,

QUESTo SI DEVE CONSIDERARE UN PROMO. IL RESTO DEL LIBRO VERRÁ RESO MANIFESTO NEI PROSSIMI TEMPI. GRAZIE Mario Lio


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.