-L'emancipazione del dibattito critico dalla stagnazione delle strumentalità-

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-L'emancipazione del dibattito critico dalla stagnazione delle strumentalitàLa ricerca rinnovata in un atto di responsabilità politico-civica

Tra corsi e ricorsi storici, è utile, a mio parere, valutare con spirito critico, come costruttivo, una certa fattualità che descriva con puntuale correttezza lo stato del dibattito e della riflessione nel macroambito della cultura e dell'esperienza civicopolitica. Assumerei come riferimento di base l'ambito universitario, deputato alla ricerca e allo sviluppo tecnico-scientifico come spirituale della nostra società. Valutando le istanze che nel breve come nel lungo periodo si sono affacciate sullo scenario delle idee e delle riflessioni, rilevo dal canto mio una stanca come tendenziosamente conservativa scelta di ripercorrere lo strascico dei “classici” come riferimento( o semplicemente esegesi) nel valutare la realtà odierna. L' Università in particolar modo, se non nel campo tecnico-scientifico che per statuto epistemologico non si può permettere un'infruttuosa speculazione delle ricerche, in ambito umanistico non scientifico appare fortemente relegato ai “dominions” consolidati come politica, laboratori ermeneutici o esegesi religiosa. In sostanza le Università, in base alla loro collocazione geografica e dirigenziale, sono stagnate nel loro essere baluardi di poteri politici e non, con una forte tessitura apologetica o peggio recrudescenza dei leit-motiv dei singoli corsi di studio dettati dalla presenza di questo o quest'altro potere forte, affacciandosi al mondo societario come surrogati di realtà extra-universitarie, limitando di fatto le istanze di autonoma ricerca e cambiamento. Cercando di essere concreti e non semplici qualunquisti, la sostanza del discorso si radica sulla forte polarizzazione delle tematiche culturali come della limitata discussione che il mondo accademico propone. Con questo non voglio descrivere come deficitaria la nostra ricerca( nell'ambito delle idee) ma semplicemente percepisco una pericolosa deriva in senso autoreferenziale degli studi, della dialettica(sembra un paradosso) e della riflessione in sé. Se da una parte vediamo una tendenza al pedissequo accostamento di tematiche e studi dei paesi anglofoni, di fatto esautorando in molti campi la genuinità europea o continentale, dall'altra si creano vere e proprie roccaforti di pensieri e culture ormai consolidati in determinati ambienti. Volendo fare un esempio esplicativo di cui posseggo diretta conoscenza, nell'Università degli studi di Palermo, facoltà di lettere e Filosofia, le ricerche sono limitate a progetti gestiti da Professori ordinari “infatuati” dalle influenze anglofone, es. in Filosofia c'è un intenso studio di autori analitici o neoanalitici, limitandosi a costruire esegesi e adeguandosi alla tendenza europea di volgere lo sguardo verso l'altra terra bagnata dall'atlantico. Se può esser legittimo globalizzare la ricerca, collaborando sinergicamente al progetto del momento, è innegabile che questo non può che rendere satellitarie tutte le formazioni e gli istituti cultuali in base alle


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