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PROFESSIONE

by GOLF&TURISMO

GOLF CLUB CLUB

INCONTRI

Nasce il Biogolf

MANUTENZIONE

L’Europa e i fitofarmaci

CAMPI PRATICA

La fabbrica dei golfisti

PERSONAGGI

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore

Alexander von Spoercken e Donato Di Ponziano

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SOMMARIO

PRIMAVERA 2014

PROFESSIONE

GOLF CLUB

EDITORIALE - Il futuro che sta arrivando Fulvio Golob

Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno I - numero 3 - marzo 2014 - 8,00 euro

AITG - Il Meeting di primavera

Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it

NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero

Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Federica Rossi (02 42419315), Roberta Vitale (02 42419236)

VEICOLI ELETTRICI - Fidati del Gringo

Comitato tecnico: Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico) Hanno collaborato a questo numero: Domenico Actis, Paolo Barinetti, Gian Maria Bercelli, Igor Bertola, Stefano Boni, Maurizio Bucarelli, Lucio Colantuoni, Isabella Calogero, Paolo Croce, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Franco Piras, Roberto Roversi, Ernesto Russo, Riccardo Tirotti, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa

Pagliettini, Russo, Tirotti, Barinetti, Bertola, Actis Federica Rossi, Roberta Vitale, Andrea Ronchi Roberta Vitale

PERSONAGGI - Alexander von Spoercken Roberta Vitale

ICS - Tavola Rotonda - Nasce il Biogolf Andrea Ronchi

INTERVISTA - Marisa Crescenzio (Molinetto) Isabella Calogero

SERIOUS GOLFERS - Percorso a ostacoli Filippo Motta

GOLF REGION LAKE GARDA - La prova dei Nove Roberta Vitale

TENDENZE - Sinergie preziose Fulvio Golob

Editore: Go.Tu. Surl Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it Amministratore Delegato: Alessandro Zonca

GOLF E DIRITTO - Tesserati e non tesserati di Lucio Colantuoni e Paolo Montanari

INTERVISTA - Donato di Ponziano Fulvio Golob

DESIGN - Operazione restyling Franco Piras

AMBIENTE & ECOLOGIA - Le verdi tappe del golf Paolo Croce

NORMATIVE - Utilizzo di fitofarmaci Nicola Zeduri

INCHIESTA - Campi pratica: La fabbrica dei golfisti Maurizio Bucarelli

MANUTENZIONE - Direttive europee Roberto Roversi

TAPPETI ERBOSI - Conversione in macroterma Nicola Zeduri

INCHIESTA - Il gioco lento Federica Rossi

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Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

Stampa: Grafica Metelliana Spa Via Gaudio Maiori, Zona Ind. - 84013 Cava dei Tirreni (Salerno) © 2014 Go.Tu. Surl

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EDITORIALE

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Fulvio Golob

Il futuro che sta arrivando Circoli-azienda, macroterme, consorzi e sinergie, gioco lento: questo e molto altro sulle pagine primaverili di Professione GOLF CLUB

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ttacchiamo la nuova stagione con una rivista ricca di contenuti, che speriamo troverete interessante come le precedenti. Vediamo insieme gli argomenti principali di questo numero targato Primavera 2014. Lo aprono come di consueto le pagine di notizie e quelle aa cura dell’AITG, cui fanno seguito un articolo di Roberta Vitale dedicato ad Alexander von Spoercken, presidente dell’EGCOA, l’associazione europea dei proprietari di campi. Ne esce il ritratto di un golf in crescita nel Vecchio Continente, anche se con grossi distinguo fra un Paese e l’altro, ma soprattutto emerge la necessità di rivedere in profondità il modo con cui la gestione di un club è stata portata avanti finora. Da associazioni senza scopo di lucro si sta passando spesso alla nascita di vere e proprie aziende, con bilanci da far quadrare e possibilmente in utile, per ripagare gli imprenditori degli investimenti realizzati. Una lunga e dettagliata intervista di Roberto Roversi all’agronomo Massimo Mocioni, che collabora con la sezione Tappeti Erbosi della Federgolf, affronta un argomento di stringente attualità come quello del nuovo piano europeo per l’utilizzo dei fitofarmaci. La sua adozione è prevista dal prossimo anno, con l’impegno di renderlo operativo dovunque entro il 2017. I circoli che hanno già ottenuto certificazioni ambientali non avranno problemi, ma gli altri dovranno mettersi al passo e anche in fretta. Indispensabile far sapere ai golfisti italiani che queste nuove normative potrebbero, almeno nel periodo iniziale, incidere sulla qualità dei percorsi. Quando gli obiettivi saranno raggiunti, tutto funzionerà meglio e in sintonia ancora migliore con l’ambiente. Su questo fronte segnaliamo l’incontro svoltosi a Roma presso la sede dell’Istituto del Credito Sportivo, promosso dallo stesso ICS e dalla nostra rivista, con la fondamentale regia di Paolo Croce e il sostegno della Federgolf, presente con il vicepresidente Toni Bozzi e il responsabile della sezione Tappeti Erbosi, Alessandro De Luca. Per l’AITG è intervenuto il vicepresidente Riccardo Tirotti. Dall’altra parte del tavolo le maggiori associazioni ambientaliste italiane, coinvolte per percorrere un percorso comune, al termine del quale vorremmo che fosse riconosciuta in pieno l’anima profondamente ecologica del golf. Andrea Ronchi ha riportato la cronaca dell’incontro, cui si aggiunge la prima bozza di un protocollo d’intesa che sarà discusso in un nuovo incontro. Un atro importante articolo di questo numero riguarda i campi pratica. In un’inchiesta di Maurizio Bucarelli e Paolo Emilio Pacciani, abbiamo ascoltato numerosi responsabili di strutture create per iniziare il nostro gioco e collocate in alcuni importanti centri italiani. Ne è venuto fuori un ritratto interessante, con pareri spesso simili, ma anche con differenze di un certo peso. Il dato numero uno è che i campi pratica recitano un ruolo determinante per pro-

vare a far crescere l’esiguo numero di giocatori in Italia, a patto che esista uno stretto e collaborativo rapporto con i golf club della zona, dove i principianti potranno poi provare sul campo tutta la bellezza del nostro sport. Pollice verso quasi unanime per il tesseramento libero, mal digerito dai proprietari delle strutture. In Francia è stato da tempo lanciato un progetto per 100 nuovi campi pratica collocati in zone strategiche, vicino alle principali città per avere un bacino d’utenza adeguato. La Federgolf francese l’ha ideato in vista della Ryder Cup 2018, che dovrebbe fare da traino per un ulteriore sviluppo del golf transalpino. Ne parliamo anche nella lunga intervista con Donato Di Ponziano, che affronta temi di stretta attualità. Fra questi, le sinergie che dovrebbero nascere fra circoli della stessa area territoriale. Qualche risposta inizia ad arrivare, come dimostrano il recente consorzio nella zona del lago di Garda e l’abbinata fra Montecchia e Frassanelle, voluta da Paolo Casati, altri due argomenti che troverete in questo numero. Anche stavolta macroterme in primo piano. Ce ne parla Nicola Zeduri, che racconta punto per punto la felice trasformazione del tappeto erboso sui tre percorsi del Golf Adriatic di Cervia, in Romagna. Un intervento portato a termine partendo dal seme, con risultati di rilievo a fronte di un investimento più contenuto rispetto ad altre metodologie. Ci dedichiamo infine al gioco lento, uno dei problemi di rilevanza maggiore che Federica Rossi ha esaminato partendo da indagini americane. Quello dei tempi lunghi è ormai un fatto incontestabile che sta intaccando negativamente la voglia di giocare. Prendiamo ad esempio il parere di quattro personaggi di spicco del golf europeo. Il primo è David Joy, CEO di England Golf, la massima associazione britannica, che dichiara come la durata di un giro di golf dovrebbe essere dimezzata a due ore, profetizzando che il gioco su nove buche diventerà senza dubbio lo standard più utilizzato. Al suo fianco anche Peter Dawson, capo del Royal & Ancient. “Era abitudine che il golf fosse un’attività concentrata e conclusa nell’arco di mezza giornata – dice Dawson -. Potevi fare colazione in famiglia ed essere di ritorno per pranzo. Oggi invece sono necessari oltre due terzi di un giorno, cosa che sta avendo evidenti riflessi negativi sulla partecipazione. Dobbiamo per forza velocizzare il gioco.” Di identico parere due campioni come Luke Donald e Nicolas Colsaerts, che hanno sollevato il problema del gioco corto con gli enti che controllano il golf in Europa. Gli stessi professionisti visti in televisione sono un pessimo esempio per i giovani, dato che hanno tempi morti a volte lunghissimi prima di effettuare un colpo. E comunque, per entrambi, cinque ore in campo sono davvero troppe. fulvio.golob@professionegolfclub.it

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INCONTRI e AMMINISTRAZIONE

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Associazione Italiana Tecnici di Golf

Il Meeting di primavera Appuntamento di inizio stagione il 10 e 11 marzo al Chervò San Vigilio, con un programma denso di interessanti incontri e dibattiti di Fabrizio Pagliettini

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ari amici, eccoci giunti all’ormai consolidato appuntamento con il Meeting di marzo. Dopo la meravigliosa esperienza internazionale vissuta grazie alla Conferenza del novembre scorso a Roma, il 10 e 11 marzo ci ritroviamo al Golf Club Chervò per una due giorni che si preannuncia ricca di contenuti e opportunità. L’apertura della prima giornata è prevista alle ore 8.30 con l’inizio della registrazione dei partecipanti, accolti dalla nostra nuova Segretaria, Rita Genovese. Grazie alla sua collaborazione l’Associazione ha ufficializzato un servizio di segreteria a disposizione di Associati e Sponsor aperto il mercoledì pomeriggio e il sabato mattina; il numero di riferimento è 327 7147599. Alle 9.30 aprirò ufficialmente il Meeting con una relazione di benvenuto in merito a quanto è stato realizzato in questo primo anno di mandato e agli obiettivi più importanti del prossimo futuro. Entreremo poi nel clima di confronto analizzando gli argomenti che ci hanno suggerito il titolo del nostro incontro: “Insieme per crescere e ripartire: perché credere nell’AITG”. Alle 10.15 uno spazio per la Scuola Nazionale; sarà un momento importante che sancirà un consolidamento del rapporto con AITG e che di fatto aprirà il primo argomento della due giorni: Alessandro

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De Luca ci presenterà la sua relazione: “Ottimizzare la manutenzione in tempo di crisi”; a seguire interverranno Paolo Croce, Alessandro Bertolini, Giovanni Nava; con loro verranno analizzate opportunità tecniche-agronomiche e amministrative con riferimento alla gestione del tappeto erboso in presenza di forti riduzioni di budget. Spazio quindi al dibattito che coinvolgerà sia i Course Manager che i Club Manager. Dopo la pausa pranzo, prevista per le 13.00 circa e dopo aver dedicato un primo doveroso spazio ai nostri preziosi sponsor, ci ritroviamo per un importante incontro con lo Studio Martinelli Rogolino dedicato al delicato argomento “I rapporti tra Immobiliare e Club e le previsioni statutarie”. Nel frattempo l’area course manager avrà modo di provare le macchine e continuare i contatti con le Aziende. Alle ore 17.15, presentazione candidati “Club Manager e Course Manager dell’anno” e consegna delle schede di votazione. È importante dare il massimo risalto a questo premio in quanto i candidati rappresentano simbolicamente ognuno di noi. Alterneremo la presentazione dei nominativi con brevi relazioni di nostri sponsor e ci aspettiamo la massima partecipazione di tutti. A seguire l’Assemblea Sociale, alle ore 18.00 circa, con la presentazione del bilancio e quindi la cena e la premiazione

del Club Manager e del Course Manager dell’Anno. Come già ben sapete ho pensato di invitare alla prima giornata tutti i Presidenti dei Golf nazionali. Lo scopo è quello di trovare le giuste sinergie, di coinvolgerli nel nostro percorso, di farci conoscere meglio e favorire la collaborazione necessaria ad affrontare i numerosi problemi quotidiani. Ritengo che il loro contributo ai vari momenti della prima giornata possa essere determinante. Il giorno successivo ci ritroveremo alle 9.30 per l’atteso appuntamento con Edoardo Cognonato; i suoi interventi sono sempre stati di grande efficacia e quest’anno ci farà riflettere sull’importanza dello spirito associativo e sull’esaltazione del gruppo nei confronti del singolo. Il suo intervento mi consentirà, subito dopo, di affrontare l’argomento del rispetto del Codice Etico, così delicato e difficile da rispettare, ma oltremodo importante da difendere, quale unica possibilità di “distinguo” tra noi e molte altre categorie professionali. A conclusione del meeting Gianfranco Giancarli di Ecoricerche affronta il tema dei corsi di formazione obbligatori, come quelli sulla sicurezza, ma anche di come poter destinare dei contributi obbligatori che ogni Circolo versa allo Stato per finanziare quelli integrativi o di come poter aderire a bandi per ottenere contributi su specifiche attività di formazione.

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I rapporti tra immobiliare e club Un argomento molto delicato e di fondamentale importanza per la vita di ogni circolo, che in tempi recenti ha portato spesso l’Agenzia delle Entrate a verificare il modello organizzativo dei golf club italiani Avv. Ernesto Russo Studio Legale Martinelli Rogolino

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egli ultimi anni l’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria nei confronti dei circoli golf di tutta Italia è stata sempre crescente e, nostro malgrado, non possiamo dire che procedure quali ispezioni o semplici questionari con richieste di chiarimento si siano arrestate. Ciò che ha spesso spinto l’Agenzia delle Entrate a posare la lente di ingrandimento sui golf club è stato il modello organizzativo adottato da molti circoli, senza particolare discrimine in termini di volume d’affari o bacino d’utenza. Questo è senz’altro un punto di criticità che può generare pesanti conseguenze sotto il versante del recupero d’imposta. La costituzione di un’associazione o società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro da parte di persone fisiche o enti che a loro volta sono titolari di quote di una società “immobiliare” proprietaria dei terreni, delle strutture e degli impianti nei quali la prima svolge attività - circostanza talvolta statutariamente prevista come requisito associativo necessario per poter aderire al club - ha spesso indotto l’Amministrazione a contestare l’utilizzo di una struttura elusiva riconducibile alla c.d. interposizione fittizia di persona (di cui agli artt. 36, commi 3 e 37 bis del DPR n. 600/73) che genera il disco-

noscimento dell’esistenza del soggetto sportivo, del quale si presume la fittizia costituzione, e dei costi da questo sostenuti con conseguente recupero di tutti i proventi e relative imposte in capo all’immobiliare. Ecco allora che diventa di fondamentale importanza prestare la dovuta attenzione ad una numerosa serie di elementi caratterizzanti la strutturazione di simili configurazioni organizzative in quanto ove in sede di verifica si dimostrasse che la gestione in capo alla sportiva sia priva di valide ragioni economiche e che sia tesa esclusivamente ad ottenere riduzioni di imposte “altrimenti indebite”, l’Ufficio potrebbe ritenere “simulato” il contratto di affitto di ramo d’azienda che necessariamente è stato posto in essere tra immobiliare e sportiva e ricostruire in capo alla prima il reddito conseguito con relativa quantificazione delle imposte dirette e dell’Iva o, per differenza, farlo in capo alla sportiva facendogli perdere, però, il diritto a qualsivoglia forma agevolativa. Non si può non prestare la gusta attenzione anche agli accordi di gestione dei punti di ristoro, club house o proshop presenti nella struttura, e medesima attenzione deve essere accordata all’analisi della suddivisione dei costi e della quantificazione dei corrispettivi pattuiti per i contratti in essere tra le diverse realtà. Massima cura andrà assicurata inoltre alla stesura ed alla configurazione dello Statuto del golf club. Accanto al pe-

ricolo della contestazione dell’interposizione fittizia di persone c’è, infatti, quello non meno frequente del rilievo della distribuzione indiretta di utili tra i soci del golf club (vietata ex lege) nelle ipotesi in cui fossero statutariamente previste particolari e differenti categorie di soci con il riconoscimento di prerogative diverse a seconda della titolarità o meno di quote dell’immobiliare proprietaria delle strutture con eventuali limiti temporali per l’opzione. Va precisato, inoltre, che qualora si volesse beneficiare della non imponibilità dei corrispettivi versati da associati e/o tesserati, altri “paletti” sarebbero imposti ai golf club dal comma 8, dell’art. 148 del TUIR che prevede, tra gli altri, l’obbligo di incedibilità della quota della sportiva. Ma, qualora una simile previsione non fosse presente anche nello Statuto dell’immobiliare proprietaria ma solo in quella della sportiva i cui associati possono essere solo i titolari di quote dell’immobiliare, la cessione della quota di quest’ultima (legittima ed al valore di mercato) comporterà per il socio cedente l’esclusione dell’associazione (essendo venuto meno il requisito del possesso della quota dell’immobiliare), mentre per il socio cessionario avremo una nuova ammissione nella sportiva, provocando indirettamente una violazione del disposto della norma agevolativa tributaria e prestando il fianco a possibili quanto probabili contestazioni in sede di verifica.

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Anche l’AITG invitata all’87ª World Conference Appunti di viaggio da Orlando per l’incontro annuale organizzato dalla Club Managers Association of America. Strategie comuni per riprendere a crescere e da tutto il mondo tante notizie da raccontare di Riccardo Tirotti Vicepresidente AITG

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640 persone registrate, 70 sessioni di formazione, 27 nazioni rappresentate. Sono questi i numeri della 87ª World Conference, splendidamente organizzata ad Orlando dalla Club Managers Association of America. Un’incredibile occasione di formazione, networking e crescita professionale ma anche di confronto con colleghi di ogni parte del mondo, per fare il punto sulla situazione dell’industria golfistica a livello internazionale, capire quale direzione sta prendendo, studiare le nazioni dove il nostro sport sta crescendo di più ed analizzarne i motivi. Ovviamente in questo momento tale confronto ci vede perdenti ed a tratti il paragone con altre realtà è veramente desolante. Non solo se parliamo dei paesi golfisticamente più evoluti ma anche e soprattutto con quelli culturalmente più vicini a noi. E allora vediamo cosa sta succedendo in giro per il mondo. Cominciamo dagli Stati Uniti. Devo dire che ad Orlando girava un discreto ottimismo. Dopo cinque anni di recessione, a partire dalla fine del 2012 le cose hanno cominciato ad andare meglio. Il numero di campi ha ricominciato a crescere e con questo anche quello dei giocatori, con il traguardo non così lontano di raggiungere nuovamente il numero massimo di golfisti toccato negli scorsi anni. Tali dati positivi sono in parte la conseguenza di un miglioramento generale dell’economia americana ma anche e so-

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prattutto delle strategie comuni e condivise e alla loro capacità di fare sistema. Nel 2009 le maggiori organizzazioni golfistiche americane (tra cui PGA, CMAA, GCSAA, PGA TOUR) hanno fondato un movimento chiamato We Are Golf (www. wearegolf.org) con lo scopo di sensibilizzare le autorità e la popolazione statunitense riguardo i benefici non solo economici, ma anche in termini di occupazione salute e benessere, generati dal golf. Mettendo insieme i dati macroeconomici dell’industria golfistica a stelle e strisce hanno tra l’altro scoperto che oltre due milioni di americani sono occupati grazie al golf e che il fatturato totale generato è di oltre 176 miliardi di dollari. A partire dal 2011 una delegazione di rappresentanti del movimento viene accolta ed ascoltata dal Parlamento statunitense. Per chi fosse interessato il prossimo National Golf Day si terrà il 21 maggio 2014. L’aumento del numero di giocatori è stato ottenuto anche grazie all’apertura dei club alle famiglie, con sempre maggiori servizi offerti a donne e bambini, e alla riduzione dei tempi di gioco. Terminata infatti la corsa ad avere percorsi sempre più lunghi ed impegnativi, l’orientamento di oggi è quello di cercare di ridurre i tempi di gioco anche attraverso l’omologazione e l’utilizzo di battitori avanzati che devono portare il giocatore a poter effettuare 9 buche in giorni feriali in 90 minuti. Tralascio di parlare della Cina, dove il confronto potrebbe prendere una piega veramente imbarazzante. Sappiate solo che sono passati dai 10 campi del 1993 ai 200 del 2003 fino agli attuali 700 (il traguardo del

millesimo percorso verrà raggiunto nel 2016) e che il biglietto da visita di Jim James, general manager dell’Augusta National, è scritto in inglese e cinese!!! Tale impressionante crescita dell’offerta cinese ha sottratto invece clientela ai paesi del sudest asiatico (Thailandia e Malesia in particolare) dove, a fronte di una continua realizzazione di nuovi campi, i numeri di green fee ed i fatturati sono tendenzialmente in calo. Veniamo al vecchio continente, forse quello che sta attraversando le difficoltà maggiori. Sono molte infatti le nazioni europee che hanno avuto una contrazione del mercato, in primis quelle britanniche e scandinave. Ci sono tuttavia delle paesi in controtendenza i cui numeri non risentono minimamente delle difficoltà che sta attraversando l’economia all’interno della comunità europea. Tra queste Germania e Francia sono sicuramente le nazioni che presentano la crescita più importante avendo rispettivamente superato la quota dei 600.000 giocatori la

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Appuntamenti all’estero prima e 400.000 la seconda. Ad Orlando ho parlato molto con i rispettivi rappresentanti delle Associazioni locali e mi sembra che il grande merito rispetto al nostro Paese è quella di essere riusciti a creare un sistema con una maggior differenziazione dell’offerta golfistica rispetto al nostro. A fianco di club privati ed esclusivi sono nate molte strutture per la pratica del golf dal basso impatto economico ed ambientale, con limitati costi di costruzione e manutenzione e, di conseguenza quote di iscrizione alla portata di gran parte della popolazione. In Francia nel 2009 è iniziato un piano per la realizzazione di 100 nuove piccole strutture con campo pratica e massimo 9 buche da realizzarsi in aeree urbane o suburbane con criteri di ecocompatibilità in vista della Ryder Cup del 2018. Dopo solo quattro anni già 67 impianti hanno visto la luce e di questi circa una cinquantina sono nati su iniziativa pubblica e su terreni comunali. Ovviamente tale progetto è promosso dalla Federazione francese in collaborazione con i ministeri dell’ambiente, dell’agricoltura e dello sport. Sempre confrontandomi con il mio collega transalpino ho inoltre scoperto che presso la NGF, società francese che gestisce 45 strutture golfistiche, tutti i maestri di golf sono dipendenti dei club dove lavorano con una media di 65.000 euro di fatturato a fronte di un costo che varia dai 35.000 ai 45.000 euro. Tale significativo cambiamento nel rapporto tra club e tecnico non deve essere visto come un ridimensionamento della figura del professionista ma come l’opportunità per una maggiore collaborazione con le altre figure manageriali dei circolo con il comune obiettivo di portare nuovi praticanti al golf. Come ho avuto modo di dire nell’intervento fatto durante la conferenza diventerà fondamentale per la sopravvivenza del golf italiano riuscire ad abbandonare vecchie tradizioni e trovare il coraggio per percorrere nuove strade e la Conferenza Mondiale sul Club Management è un’occasione incredibile di ispirazione. La prossima edizione si terrà a San Antonio dall’8 al 12 marzo 2015.

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Il gruppo dell’AITG ripreso durante il viaggio in Costa del Sol

A Malaga per studiare la Bermuda Manti erbosi bellissimi e pratiche manutentive all’avanguardia. Ecco come i campi da golf in Costa del Sol stanno superando la crisi che li aveva colpiti. Una delegazione di superintendent italiani è andata a visitarli lo scorso dicembre

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appeti erbosi di alta qualità e graditi ai giocatori. Green, tee e fairway gestiti economicamente in modo efficiente ed in accordo con la natura”: è con questo spirito che la Herbatech ha organizzato la scorso dicembre 2013, in collaborazione con l’Associazione Andalusa dei Greenkeeper, la visita di un gruppo di greenkeeper italiani ai migliori campi in Costa del Sol. Guidati dall’AD di Herbatech, Giuseppe Serenelli, e dal greenkeeper di ciascun campo, la delegazione ha potuto visitare campi quali Valderrama, Finca Cortesin, Las Brisas, Mija Golf, La Quinta ed altri ancora. Particolare interesse hanno destato le pratiche più moderne di gestione della gramigna ibrida, seminata o da stolone. Tra queste, soprattutto, le pratiche di colorazione della bermuda in inverno su fairway con i pigmenti. La colorazione, il

cosiddetto “Liquid Overseeding” sta, infatti, completamente sostituendo le trasemine invernali con i loietti. La tecnica si è resa possibile grazie all’arrivo sul mercato di nuovi pigmenti naturali di alta qualità, molto concentrati (dose 2-3 lt./ha) e, di conseguenza, economicamente più sostenibili dal circolo golfistico. Il Liquid Overseeding permette di economizzare i costi del 70%, se confrontato alle trasemine tradizionali. Naturalmente non sono mancati i momenti ricreativi e di svago. Tra questi la partecipazione alla gara ed al pranzo di Natale degli amici spagnoli dell’Associazione Greenkeeper dell’Andalusia al Santana Golf il 13 dicembre. Tanta voglia di fare, tanto ottimismo. Futuro in crescita. Questo è il messaggio che i greenkeeper italiano hanno potuto cogliere dai loro colleghi. Un buon viatico per cominciare il nuovo anno. E non è poco, dati i tempi.

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La notte prima degli esami Emozioni e ricordi di St Andrews e della prova nella sede del Royal & Ancient, per il severo test sulle regole: dalle tante ore passate sui libri alla cena finale, servita nella clubhouse più famosa del mondo di Paolo Barinetti Segretario Sportivo GC Rapallo

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urante il primo corso da Segretario di golf, Gianfranco Costa, molti anni fa, seppe trasmettermi con la sua grande dote di ironia la passione per le regole del golf. Allora ero studente universitario, sempre incerto se proseguire gli studi o dedicarmi al lavoro e decisi, quasi per gioco, di frequentare la scuola Nazionale di Golf. Scelsi il lavoro per poi ricredermi per tornare all’università. Seguirono nuove esperienze lavorative in altri settori ma il destino, alias Fabrizio Pagliettini, esattamente 10 anni dopo quel gennaio del 1995 mi bussò alla porta per riportarmi al golf di Rapallo dove ancora oggi sono onorato di poter lavorare. L’accordo era quello di specializzarmi nella parte sportiva e da subito mi dedicai allo studio delle regole frequentando via via i vari corsi federali. St Andrews l’ho sempre considerato un sogno, un desiderio nascosto, ma comunque una meta lontana e quasi fuori portata soprattutto per uno come me che sta all’inglese come un diabetico sta ad una torta con la panna. E invece lo scorso novembre arrivò la convocazione per la TARS 2014 (Tournament Administrators and Referees School). Solo il titolo mi metteva angoscia. Il ricevimento della guida alla preparazione dell’esame da parte dell’efficientissima Elinor, segretaria della scuola della R&A, anziché rassicurarmi aumentava esponenzialmente l’ansia. Era la conferma che dovevo confrontarmi con gli scozzesi. Seguirono lunghe notti insonni piegato sul libro delle decisioni. Le regole si materializzavano ovunque, dal pc, dall’iPad, dal let-

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tore CD dell’autoradio e dalle telefonate con i colleghi che avevano già vissuto l’esperienza. Tre mesi di passione subito dimenticati quando il tassista che mi trasportava dall’aeroporto di Edimburgo all’hotel Fairmont, in compagnia di due ragazzi russi e di un distinto signore londinese, ha deciso di farci scendere nel centro di St Andrews. Fatti due passi e oltrepassato un basso steccato bianco mi sono ritrovato in mezzo al fairway della buca 18. Di fronte il mitico ponticello in pietra e sullo sfondo la clubhouse. Il sogno si materializzava. Foto di rito sul ponte all’imbrunire e poi via verso l’hotel per la cena di benvenuto. Il giorno seguente otto ore interessantissime di corso in aula ma ad oggi fatico a ricordare di cosa si è parlato: la mente era sempre proiettata al giorno dopo, il giorno dell’esame. Per cena era previsto un buffet alle ore 17,30 in modo che i delegati potessero avere tutta la serata a disposizione per il ripasso delle regole. Risultato: giunto in camera alle 18,30, svuotato di ogni desiderio di studiare e poco interessato alle trasmissioni della BBC, ho passato la notte insonne a fare la cotoletta nel letto. Finalmente arriva il momento fatidico. L’esame. Un attimo prima di entrare in aula evaporano tutte le ipotesi di collaborazione pianificate con il collega Paolo Santi per aiutarci in caso di difficoltà. La gentile Shona, una degli istruttori della scuola, consegna un foglio con il numero 3 a me ed uno con il numero 17 a Santi. Finisco nel primo banco io e quattro file più dietro lui. Inizia l’esame, alla mia sinistra una ragazza indiana, Suguna, alla mia destra un professionista del LET, Kirsty, di fronte un orologio formato campanile. Il tempo è sempre stata una delle mie più grandi preoccupazioni per l’esame ed ora mi trovo in mezzo a due centometriste

delle regole che in meno di 15 minuti finiscono la prima parte dell’esame. Un incubo! Comunque anche grazie a loro che mi fanno da lepre finisco l’esame per tempo. L’overdose di adrenalina mi porta una sensazione tale di benessere che mi induce, appena finita la prova, ad avvertire casa e amici che tutto era andato bene. Di fatto non avevo nessuna evidenza che il risultato sarebbe stato positivo, ma il solo fatto di aver finito la prova mi rendeva del tutto sollevato dal peso. Nei due giorni seguenti finalmente ho potuto apprezzare l’altissimo livello di professionalità e simpatia con la quale sono state affrontate le varie tematiche oggetto del corso da parte dei docenti. L’ultimo giorno è stato il più emozionante: al mattino abbiamo svolto interessanti esercizi di gruppo, al pomeriggio sessione dedicata ai Role Play e per finire la cena nella storica clubhouse di St Andrews. Qui, dentro il tempio del golf, ho toccato con mano la grandezza di questo magnifico sport. A darne dimostrazione in ogni stanza vi sono esposti ricordi e cimeli di tutta la secolare storia del golf. La cena nella sala da pranzo riservata ai soci mi ha riservato un’inaspettata sorpresa. Quasi fosse un immaginario collegamento con chi mi ha trasmesso la passione per le regole, uno degli istruttori dell’R&A mi ha chiesto di salutargli Gianfranco Costa, esprimendo grande affetto e gratitudine per quanto fatto in questi anni per il golf. Da parte mia non posso dimenticarmi di ringraziare mia moglie per la pazienza dimostrata nel sopportarmi nel periodo dello studio, il golf di Rapallo per avermi sostenuto nella crescita professionale e Giulio Griffi e la Federazione Italiana Golf che mi anno offerto la possibilità di fare questa indimenticabile esperienza.

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Esperienze e notizie

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Ottimismo e crescita professionale Al Golf Club Verona incontro di una settantina di superintendent italiani con i vertici di Herbatech, che hanno presentato una serie di nuovi prodotti per la cura dei tappeti erbosi

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l greenkeeping dei campi da golf italiani non sembra offrire grandi prospettive di sviluppo. L’unica realtà di cui oggi si sente parlare è la contrazione dei budget manutentivi. Non è solo così. Negli ultimi anni la ricerca ha sviluppato nuove tecniche e soluzioni che rispondono sia ai crescenti bisogni di qualità dei tappeti erbosi golfistici, sia alle tendenze sempre più sentite di preservare l’ambiente. Per conoscere queste innovazioni, lo scorso 17 febbraio si sono riuniti una settantina di superintendent al Golf Club Verona in occasione della riunione formativa Herbatech University, evento che l’azienda organizza ogni anno per i propri clienti nel settore del golf. In questa occasione, dopo il

saluto di benvenuto del Presidente del G.C. Verona, Giovanni Glisenti, Giuseppe Serenelli, amministratore delegato Herbatech, ha presentato i nuovi fertilizzanti, Zeotech Mini e Biogel e i nuovi ammendanti Zeochrome e Zeodresser, frutto di esperienze sperimentali universitarie e obbedienti al progetto PNM (Plant Nutritional Management) della FAO. In particolare, Zeochrome estende i benefici dell’arieggiamento tradizionale, integrandoli con una azione rivitalizzante a contatto diretto con le radici. Particolare interesse ha inoltre riscosso la presentazione della nuova linea Herbacolor, a base di pigmenti ad azione biostimolante e protettiva. Alla manifestazione è inoltre intervenuto

Alessandro Bertolini della società Agec Srl, che ha dissertato su un nuovo sistema di realizzazione e gestone dei fairway basato sull’equilibrio tra le specie. La riunione si è quindi conclusa con una visita al bellissimo percorso del circolo, gestito magnificamente da Gino Grassi, che sta, dal 2013, implementando con successo questa nuova tecnica manutentiva.

Dall’alto del Lago Maggiore Diario di bordo del superintendent del Des Iles Borromées, campo in posizione magnifica sulla sponda piemontese del Verbano di Igor Bertola Superintendent GC Des Iles Borromées

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l Golf Des Iles Borromées è un campo 18 buche par 72, un percorso quasi naturale immerso nel bosco a circa 500 metri slm, con un panorama spettacolare sul Lago Maggiore. Il patrimonio arboreo è costituito principalmente da betulle, castagni, faggi e querce, con un’elevata concentrazione nelle zone a bassa manutenzione di erica, ginestre e ginepri. Su fairway e tee mix di Poa, Festuca e Loietto, sui green Agrostide varietà Pencross. Lavoriamo all’aria aperta ogni giorno, immersi nel verde, lontani dal frastuono e dai fumi di una fabbrica, ogni tanto al mattino presto qualche lepre o qualche capriolo ci tiene compagnia… Tre anni fa venne a farci visita un gruppo di ragazzi disabili, di organizzato avevano solo il pranzo… Grazie allo staff organizzammo subito una carovana di golf-cart, li portam-

mo a fare il giro del campo e qualche tiro a golf in campo pratica. Fu un’esperienza bellissima, un momento unico e commovente. In questi ultimi anni l’AITG si è impegnata molto nell’organizzazione di incontri culturali di elevato livello, interpellando numerosi personaggi ai vertici di ogni sezione sia per quello che riguarda Superintendent che per Segretari e Direttori. Il numero dei partecipanti ai meeting è in continua crescita e quindi, di conseguenza, anche la possibilità di raffrontarsi con problemi e novità del settore. Bravi. Il mio staff è composto da quattro collaboratori più il sottoscritto, tutti giovani e in gamba ed abituati ormai a svolgere qualsiasi tipo di mansione. Per dare maggior servizio ed un adeguato riposo settimanale nella stagione estiva, sarei contento di ritornare a sei persone, per avere una manutenzione al top il numero potrebbe salire di un altro paio di unità. Alla ditta esterna mi appoggio soprat-

tutto per quello che riguarda un aiuto in stagione per la parte manuale, dedicata alla pulizia dei fossi, dei laghi e dei sottoboschi. Ho un parco macchine sufficiente, multimarca, e sostituisco i mezzi a necessità. Per la gestione dei dati non uso pc, anche se dovrei… Acquisto e distribuzione di fertilizzanti viene fatta in autonomia. Faccio in preemergenza solo l’antigerminello sui fairway, per l’impiego di altri prodotti li utilizziamo alla comparsa del sintomo. Il mio approvvigionamento idrico viene effettuato da un lago artificiale situato nelle buche più basse del golf e da qualche anno, fortunatamente, prelevo anche da un fiume limitrofo. Effettuo siringing purtroppo saltuariamente, e i consumi di acqua nei periodi di maggior richiesta viaggiano sugli 800/1000 metri cubi giornalieri. Il mio budget si aggira intorno ai 400.000 euro. E come per lo staff, mi piacerebbe se potesse salire di qualche unità…

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Prove sul campo

Arrivano gli Inglesi Incontro a Le Pavoniere, nei pressi di Prato, per la presentazione di alcune macchine all’avanguardia. A cominciare da…

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di Domenico Actis

ccompagnati da un meteo eccellente martedì 29 ottobre, l’organizzazione Campey e il team dei concessionari John Deere, in sinergia con l’importatore Actis e l’impresa Scaffa srl, hanno avuto l’occasione di presentare una linea completa ed innovativa di macchinari destinati principalmente alla rigenerazione del tappeto erboso. Paziente “vittima” il Golf Le Pavoniere e il suo Gianmario Geromino che hanno offerto le loro curatissime superfici di gioco agli interventi spesso poco delicati di macchinari destinati a risolvere problematiche che necessitano di “maniere forti”. Spettatori incolpevoli 130 addetti ai lavori che neppure nelle più rosee previsioni della mia sosta forzata che ha preceduto l’evento, avrei immaginato di incontrare... Attori protagonisti macchinari destinati alla soluzione di problemi di drenaggio che con interventi più o meno profondi e radicali offrono soluzioni che esulano dalla classica bucatura e chiodatura, finalizzati alla riduzione dei tempi di fermo campo conseguenti e, seguendo la tendenza generale, ad una importante riduzione dei costi di intervento. Le due novità assolute della presentazione sono l’invasiva ma risolutiva Koro Top Drain e la rivoluzionaria bucatrice ad aria AIR 2G2. La Top Drain nonostante il peso e la mole si comporta in modo delicato sulle superfici con gravi problemi di drenaggio superficiale; i tre dischi distanziati di 50 cm eseguono scavi con una profondità massima di 22 cm ed una larghezza di 4 cm, ideale per il recupero dell’inerbimento senza ulteriori interventi, inserendo sabbia pressata a riempimento completo dello scavo. Il materiale di risulta

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viene trasportato da un nastro e scaricato su un rimorchio. L’efficienza di intervento emerge da un dato: 400 tonnellate/ha. L’efficienza di questo straordinario macchinario ha convinto Giuseppe Scaffa ad acquistare questo macchinario rendendolo disponibile sul mercato italiano per coloro i quali, magari su una parte limitata del proprio percorso, necessitano di un intervento risolutivo a problemi di drenaggio. Dove invece necessitiamo di un intervento assolutamente non invasivo è sui nostri green, nei quali, con buona pace del preoccupatissimo Gianmario, ha dato prova di eccellente efficienza, in assenza di disturbo delle superfici di gioco, la rivoluzionaria AIR 2G2, che con un forellino di 8 mm ogni 50 cm permette di alleviare in modo efficiente i problemi dovuti alla compattazione delle nostre superfici di gioco. Il principio di funzionamento è semplice quanto rivoluzionario: ogni 50 cm la testa forante che comprende 3 punte distanziate a loro volta di 50 cm lateralmente, si abbassa facendo penetrare meccanicamente dei chiodi cavi che raggiunta la profondità di 10 o di 12 pollici, vengono attraversati da un getto d’aria ad alta pressione che si dilata attraverso lo schema illustrato andando a decom-

pattare in modo efficiente quanto non invasivo l’area circostante. Accanto a queste novità, una serie di macchinari che negli ultimi anni sono divenuti parte integrante di molti parchi macchine, ed in ogni caso, desiderata da molti clienti quali spandisabbia Dakota, sciabolatrici Imants, tagliaradici, ecc... Attori non protagonisti una gamma di trattori gialli e verdi che dall’alto di un’inarrivabile affidabilità, dimostrata sui percorsi nell’ultimo ventennio, sono divenuti fedeli compagni di lavoro, resi disponibili per l’evento dal circolo ospitante oltre che dall’onnipresente Scaffa. Di questa giornata ci resta, al di là di una introduzione tecnica di novità che sicuramente rivedremo sui nostri percorsi, un ricordo di tempo trascorso tra clienti ormai divenuti amici che hanno tra le altre cose assistito ad una staffetta generazionale con la promozione sul campo dell’efficientissimo Roberto Foti, salito nell’Olimpo dei tm della John Deere italiana a sostituire l’iconico Brenno Patacini. Un grazie al circolo ospitante e al Campey Team che ha attraversato l’Europa per noi e a tutti voi che mi avete ricordato che, nonostante il periodo, non esattamente propizio, siamo molto fortunati a fare parte di questo mondo che è sicuramente tra i più interessanti.

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➤ MAREMMA Golf Punta Ala e Golf Club Toscana: l’unione fa la forza! Per attivare la promozione del golf e del turismo della Toscana, due campi della Maremma, il Golf Club Punta Ala e il Golf Club Toscana hanno deciso mettere insieme le proprie forze. Il primo passo è stato trovare delle tariffe agevolate e promozionali: i soci di Punta Ala e Toscana potranno giocare rispettivamente sui due percorsi con un green fee giornaliero di 25 euro per tutto l’anno e green fee + gara 40 euro. Il passaggio successivo è estendere le tariffe agevolate a tutti i campi pratica della Regione e, in particolar modo, al Golf Club Maremma. In ultimo, coinvolgere i tour operator della zona ad ampliare l’attività promozionale verso il pubblico straniero in vacanza in Maremma.

➤ VAL D’AOSTA Fallisce il tentativo di riaprire il golf di Pila, il Comune insiste Dopo una gara deserta, è rimandata l’idea di un «project financing» per l’affidamento in concessione e la successiva gestione da parte di un privato delle nove buche ai 2.000 metri di quota del Leissé, nella località sopra Aosta, è tramontata. “Ma la nostra intenzione è di proseguire con una trattativa privata con le aziende che hanno manifestato interesse” spiega Michel Martinet, sindaco di Gressan, Comune proprietario della struttura. Il project financing prevedeva che un privato si facesse carico delle spese per rimettere in sesto il percorso e le strutture esistenti, in cambio di una gestione dell’intera struttura sportiva per 30 anni, tenendo per sé tutti gli introiti. L’importo a base di gara era di 725 mila euro, e comprendeva 500 mila euro per rifare la clubhouse e gli altri edifici, 70 mila per l’impianto di irrigazione, 70 mila euro per sistemare i terreni.

➤ VAL D’AOSTA Courmayeur: sul golf club ritorna il sereno? Nuova puntata della saga che coinvolge il Golf Club Courmayeur Grandes Jorasses: sul settimanale locale La Vallée Notizie è apparso un articolo che dà per raggiunto un accordo tra il golf club e Riccardo Grande Stevens, proprietario di buona parte dei terreni su cui si sviluppa il percorso. Grazie alla trattativa, “mediata con competenza dal notaio aostano Giampaolo Marcoz” (così recita l’articolo), Grande Stevens avrebbe accettato un’offerta di 25.000 euro (a fronte di una richiesta iniziale di 75.000) per l’affitto dei suoi terreni, impegnandosi a devolvere l’intera cifra in beneficenza. Secondo La Vallée Notizie il prossimo passo sarà l’approvazione del bilancio 2013 e la nomina dell’ex presidente Luciano Barbera alla presidenza onoraria (altro punto, questo, motivo del contendere tra il club e Grande Stevens), dopodiché il direttivo dovrebbe dimettersi con nuove anticipate elezioni.

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✉ Golf shop a Cossato Sabato 15 febbraio ha aperto a Cossato (Biella) grazie all’intraprendenza di Giorgio Del Boca e Mikhael Regis il negozio “Passione Golf”. Il golf shop si trova nella centrale via del Mercato 87, a pochi minuti dal Golf Living Garden.

✉ Via al Golf Campo d’Oglio Dopo un lungo periodo di trattative e ricorsi, finalmente la bella notizia. Il Golf Campo d’Oglio, a Chiari (Brescia), aprirà il campo pratica per fine anno e nella primavera 2015 è in programma la prima gara nel nuovo circolo. Quest’iniziativa è stata promossa della Fondazione Istituto Morcelliano, presidiata da don Alberto Boscaglia. Il progetto dal punto di vista ambientale aveva già ottenuto tutte le autorizzazioni e sviluppato una rete ecologica. Dietro quest’iniziativa, la fondazione si impegna nella costruzione di una scuola per un valore di cinque milioni di euro.

✉ 18 buche per Cavaglià Novità in vista al Golf Club Cavaglià in provincia di Biella. Il campo che oggi dispone di un ottimo percorso da 9 buche con doppie partenze (par 73) e un percorso executive di 6 buche (par 19) durante la stagione avvierà i lavori per diventare un 18 buche par 68. Il nuovo percorso si otterrà mixando i due percorsi già esistenti (9 buche ed executive), modificando alcune delle buche attuali e aggiungendo una vasta area acquistata di recente dalla proprietà che costeggia il percorso executive. La conclusione dei lavori è prevista per il ottobre.

✉ Nazionale in bermuda Con il restyling del manto erboso, il Golf Nazionale di Sutri (VT), il centro tecnico della Federgolf sposa i principi dell’ecosostenibilità pur mantenendo inalterata la giocabilità del suo percorso. Realizzato con la tecnica Erbavoglio Hi-Turf della Hi-Turf Solution, ora il tappeto verde del Nazionale è costituito da una bermudagrass di nuova generazione sviluppata e brevettata dall’Oklahoma State University (USA).

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➤ SICILIA Al cospetto dell’Etna Il primo aprile verrà ufficialmente inaugurato un nuovo percorso in Sicilia. A circa 10 chilometri a sud di Catania, nel comune di Carlentini, in località San Leonardo, entrerà in pieno regime il Golf Le Saie, un 18 buche par 72 poco distante dalla spiaggia. Il nome del golf club richiama i fossi di coinvolgimento delle acque, che ancora oggi attraversano la proprietà e le indirizzano verso l’idrovora che gestisce l’altezza della falda. La realizzazione del percorso è stata affidata alla Sicilverde, una società di riferimento nella realizzazione di campi da golf che in questi anni ha seguito la costruzione dei nuovi percorsi realizzati in Sicilia. Oggi fenicotteri e altri uccelli costieri stanno cominciando a popolare il campo e, nel giro di pochi anni, quello che era un terreno soggetto ad agricoltura intensiva potrà diventare un’oasi naturalistica.

➤ CAMPO PRATICA G-MAT alla conquista del mondo Al PGA Show 2014 di Orlando è stato presentato il G-MAT, un nuovo tappetino che, in campo pratica, permette al giocatore di riprodurre le reali condizioni di fairway e rough. Test scientifici hanno dimostrato che il G-MAT dura molto più di un tappeto tradizionale e, in caso di usura, è possibile sostituire solo le mattonelle rovinate e non l’intero tappeto. Il G-MAT è prodotto interamente in Italia ed è in attesa di approvazione di brevetto internazionale. Per maggiori informazioni visitare il sito internet www.golfgmat.com.

PRIMA AZIENDA IN ITALIA SPECIALIZZATA NEL RECUPERO DELLE PALLINE DA GOLF USATE “Palline da golf & co” srl, è la prima azienda Italiana specializzata nel recupero di palline da golf, dal 1994. La passione per il golf, unita a quella per la subacquea, fanno di questa azienda romana, il punto di riferimento per i migliori golf club Italiani perché, operando da più di 20 anni, custodisce i segreti di un successo che l’hanno resa leader nel settore. Serietà, costanza, precisione, certificazioni sulla legge riguardante la sicurezza sul lavoro, sono solo alcune caratteristiche che descrivono l’attività. Ma, la vera forza, resta la collaborazione, con più di 60 campi da golf Italiani e la fiducia che, i direttori, dimostrano all’azienda per la professionalità, l’esperienza, la puntualità: restando soddisfatti, SEMPRE! Per il recupero, palline da golf & co srl, offre un servizio completamente GRATUITO, ma soprattutto un’opportunità di GUADAGNO. Dopotutto perché perdere qualcosa che giace ancora in buono stato? C’è un tesoro sotto i vostri laghi che noi recuperiamo, selezioniamo, e rivendiamo sul nostro sito online, dal 2001 per maggiori informazioni CLICCATE SU: WWW.RECUPEROPALLINEDAGOLF.IT - WWW.PALLINEDAGOLFUSATE.IT Palline da Golf&Co. Srl - Via Nettunense, km 3500 snc - 00040 Castel Gandolfo Roma staff@pallinedagolfusate.it - cell.347.8789149

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➤ LOMBARDIA Crema Golf ritorna al top

➤ INAUGURAZIONI A Udine inaugurato campo pratica e sito internet rinnovato “Vogliamo dare ampio respiro al nostro club e perciò seguiamo la strada dell’innovazione, avvalendoci di consulenze e di strumentazioni all’avanguardia” ha detto il presidente del GC Udine, Gabriele Lualdi. La nuova area di pratica si sviluppa per oltre 33.000mq su cui si evidenziano due distinte strutture: una dedicata al gioco lungo e una al gioco corto, entrambe dotate di un moderno impianto di irrigazione e simulatore PGM (Professional Golf Machine) che offre al giocatore un ambiente di gioco il più vicino possibile alla realtà, sia per quanto riguarda l’impatto grafico e visivo, sia per la tecnica di gioco. Per pubblicizzare maggiormente le novità del golf, ecco il nuovo sito internet. Facilità di consultazione da mobile e rigore degli elementi caratterizzano questo progetto con un’interfaccia grafica piacevole, snella ed intuitiva.

➤ PROGETTAZIONE E MANUTENZIONE CroceGolf: professionalità al servizio del cliente CroceGolf S.a.s. di Paolo Croce & C. da oltre 30 anni è impegnata nel mondo del golf attraverso l’esperienza maturata dai suoi rappresentanti e collaboratori e con altre forme societarie quali VerdeGolf S.a.s e GreenTech S.r.l. In particolare ha avuto modo di sviluppare un’alta professionalità nei settori della progettazione, costruzione, manutenzione e gestione dei percorsi di golf e delle strutture di supporto (clubhouse, residenze, resort, ecc). Paolo Croce, amministratore e fondatore della CroceGolf è inoltre collaboratore abituale e membro del Comitato Tecnico di Professione Golf Club oltre che Coordinatore della Sezione Tappeti Erbosi della FIG per 17 anni. Autore e coautore di oltre 30 pubblicazioni scientifiche sul tappeto erboso, è consulente per la progettazione, costruzione e manutenzione di percorsi di golf e campi sportivi. Croce è inoltre membro fondatore e certificatore di G.E.O (Golf Environment Organisation).

➤ VENETO No alla vendita del Golf Cansiglio La commissione Affari Istituzionali del Veneto ha respinto la proposta della Giunta di privatizzare il Golf Club Cansiglio, alienando il campo e l’hotel San Marco, chiuso da una ventina d’anni. La Giunta aveva presentato la bozza di delibera che prevedeva la vendita degli impianti e del campo di golf con clubhouse e albergo sulla piana del Cansiglio. L’operazione era stata sconsigliata dalla prima commissione consiliare e poi dalla stessa assemblea che hanno chiesto alla Giunta di mantenere pubblica l’area dell’altopiano, patrimonio storico-culturale ed ambientale di assoluto rilievo. La commissione ha poi invitato la Giunta ad assicurare la continuità dell’attività del campo di golf e a valutare la possibilità di trasferire la proprietà dell’ex struttura alberghiera alle comunità locali qualora fossero interessate a presentare un progetto di recupero e rifunzionalizzazione della struttura.

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Grandi novità al Golf Crema, a meno di mezz’ora dalla tangenziale di Milano, uscita per Paullo. Accanto alle 18 buche da campionato (Daddy), è stato riaperto il bellissimo percorso a nove buche (Mummy), inserito in un contesto

naturale unico, con splendide e antiche piante di alto fusto. Per la prossima stagione, prezzi davvero invitanti e un circuito con tante gare, per vincere la finale che si svolgerà sui percorsi più belli della Repubblica Dominicana nell’autunno 2014.

➤ MILANO Un nuovo campo da golf? Case, negozi, campi di calcio, tennis, equitazione e, probabilmente, anche un enorme campo da golf in direzione Parco agricolo sud. Gli indirizzi progettuali per l’area di Porto di Mare, periferia sud-est della città. Il Comune da poco tempo rilevato tutti i terreni di proprietà del Consorzio canale navigabile MilanoCremona-Po (il contratto definitivo è dello scorso 30 ottobre) per nove milioni di euro, di cui 3,5 milioni di euro saranno però trattenuti dall’amministrazione per svolgere attività di indagine e bonifica sull’area. Il saldo dell’importo sarà effettuato dal Comune solo dopo l’esito di queste operazioni. Alla vicesindaco con delega all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris, non dispiace il nome di «Parco dell’innovazione» per lo sviluppo di Porto di Mare, anche se quel milione di metri quadrati avrà soprattutto una vocazione sportiva. Il Comune in ogni caso non intende sfrattare le società di calcio, tennis ed equitazione che già operano nell’area. La vicesindaco anticipa che «nei terreni vicini al Parco agricolo sud potrebbe essere realizzato un campo da golf». La soluzione dello spazio per il golf potrebbe garantire una completa riqualificazione ambientale dell’area, dove un tempo era situata una discarica abusiva.

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EWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ REGOLE Dall’R&A, l’ok ai telemetri per gli amateur Il comitato agonistico dell’R&A ha deciso di permettere, per il 2014, l’uso di sistemi di misurazione della distanza in occasione dei suoi eventi dedicati agli amateur. L’opzione era di fatto già presente tra le Regole del Golf dal 2006 (vedi la nota alla regola 14-3), ma è stata resa ufficiale solo quest’anno, limitatamente alle gare per amateur firmate R&A (quindi se ne esclude l’utilizzo nell’Open Championship e nelle qualifiche per accedervi). Sembra perciò arrivato il momento di liberalizzare dovunque l’utilizzo dei sistemi di misurazione in gare per dilettanti.

➤ SPONSOR Zach Johnson firma con John Deere Il vincitore del Masters 2007 e numero sette del World Ranking ha firmato un contratto pluriennale con Deere & Company, azienda leader mondiale nella fornitura di prodotti avanzati per la cura del manto erboso. Questo accordo rafforza ulteriormente l’impegno e la volontà di Deere di investe sul golf, diventando tra l’altro title sponsor di un torneo del PGA Tour. Si è detto molto orgoglioso per questa nuova collaborazione il presidente del Worldwide Agriculture & Turf Division di Deere, James Field: “Ammiriamo Zach Johnson per il suo gioco, l’impegno, l’intergrità e l’attaccamento alla famiglia. Tutti valori fondamentali che rispecchiano perfettamente la politica della nostra azienda.

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✉ GRAN BRETAGNA Stella Artois sarà la birra ufficiale al prossimo Open Championship in programma dal 17 al 20 luglio sul percorso del Royal Liverpool Golf Club. La birra belga, già famosa in tutto il Regno Unito, sarà presente per la prima volta nel panorama golfistico.

✉ EMIRATI ARABI UNITI I nuovi dati rilasciati dall’Abu Dhabi Tourism & Culture Authority mostrano come il turismo legato al golf negli Emirati Arabi sia cresciuto del 49%. I risultati ribadiscono il primato degli Emirati come una delle destinazioni golfistiche più desiderate al mondo per clima, percorsi e attrazioni. “Abu Dhabi è il luogo perfetto per la pratica del golf” - ha detto Matteo Manassero, testimonial di Abu Dhabi - “Ogni volta che viaggio vengo inondato di domande sugli Emirati Arabi e dico sempre che sono il luogo ideale per giocare e godersi la propria vacanza grazie a servizi di altissimo livello”.

✉ MESSICO I golfisti del Nord America hanno svariati motivi per essere entusiasti del 2014. Infatti le previsioni parlano dell’apertura di molti nuovi percorsi ma anche della riapertura di molti campi che si sono rinnovati. Fra i più attesi, quello che a Cabo San Lucas (Messico) sarà il primo campo firmato da Tiger Woods a vedere la luce, dopo alcuni progetti mai conclusi.

➤ SCOZIA Certificazione GEO anche a Carnoustie Carnoustie Golf Links è la seconda sede dell’Open Championship a essere premiata con la certificazione GEO (Golf Environment Organisation). La nomina è arrivata dopo la verifica di tutti i parametri necessari, dalla preservazione della natura e dell’acqua al risparmio energico, al controllo dell’inquinamento. Prima di Carnoustie, era stata St. Andrews, nel 2011, a ricevere la certificazione GEO in virtù della sua attenzione all’ecosostenibilità e ai traguardi raggiunti. Questo riconoscimento premia da tre anni la politica ecoambientale perseguita da tempo da St. Andrews Links Trust, che controlla sette campi nella Home of Golf tra cui l’Old Course e il Castle Course.

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➤ TURCHIA Belek, la riviera del golf in Turchia È stato decisamente un ottimo anno per Belek, la località turca che nel 2013 ha registrato mezzo milione di giri giocati, di cui uno strabiliante 98,7% per mano di turisti. Rispetto al 2012, Belek ha incrementato i green fee del 6,9% (31.800 in più), ritornando sulle cifre già ottime del 2011 (529.283 giri, di cui 522.434 giocati da turisti). Situata sulla costa mediterranea a sud della Turchia, nella zona conosciuta come la Riviera del Golf, Belek rappresenta una storia di successo, con un

continuo aumento di visite dal 1995 al 2011. Due momenti “bui”, nel 2006 e soprattutto nel 2012, con una diminuzione di 59mila green fee rispetto al 2011 (che aveva registrato un eccezionale incremento rispetto all’anno precedente del 9,4%), non hanno inciso sull’attenzione internazionale per questa zona, che nel 2013 ha potuto contare su 501.684 ingressi, di cui 495.103 di stranieri, probabilmente attratti dai 10 golf club in tutta la struttura con un totale di 16 percorsi e 270 buche.

➤ HSBC GOLF BUSINESS FORUM Undicesima edizione in aprile ad Abu Dhabi Il Westin Abu Dhabi Golf Resort & Spa ospiterà, dal 28 al 30 aprile, l’undicesima edizione del HSBC Golf Business Forum. L’incontro annovera tutte le più influenti personalità dell’industria del golf mondiale e si preannuncia come un evento entusiasmante e di grande richiamo. Oltre 250 delegati provenienti da 40 paesi in rappresentanza di tutti i settori industriali saranno presenti ad Abu Dhabi. HSBC, uno degli istituti finanziari che maggiormente supportano il golf nel mondo, sarà quindi il nuovo main sponsor del Golf Business Forum. I temi trattati nella convention toccheranno prevalentemente sette aree chiave di particolare rilievo:

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* Innovazione * Performance * Turismo * Comunicazione * Sostenibilità * Leadership * Lo sport del golf I relatori saranno leader delle più grandi aziende coinvolte nell’industria golf, oltre a innovatori e opinionisti di particolare rilievo anche se fuori dall’industria golfistica. Sul sito HSBC Golf Business potrete trovare tutte le informazioni aggiornate e, iscrivendovi alla newsletter, avrete la possibilità di venire costantemente aggiornati con qualsiasi novità inerente al business meeting.

➤ FLORIDA Trump National Doral Resort: pronti a partire Dopo aver investito centinaia di milioni di dollari nel nuovo progetto del Trump National Doral Resort, precedentemente chiamato Doral Country Club, il 6 febbraio il magnate Donald Trump ha drivato per la prima volta dal tee della 1 del celebre Blue Monster. I lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti sotto la direzione di Gil Hanse, architetto del percorso olimpico di Rio de Janeiro. “Il lavoro che stiamo facendo sta dando i suoi frutti. Allungare il percorso e piantare qualche palma in più sarebbe stato sicuramente più semplice ma non era la cosa giusta da fare. I lavori stanno continuando, mancano ancora 800 camere del Resort e altri interventi importanti nei golf”.

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Veicoli elettrici

Fidati del Gringo

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di Roberta Vitale

l nome, in spagnolo, significa “straniero”. Eppure Gringo, la nuova soluzione per la mobilità sul campo pensata da Golfour (società nata dalla passione di quattro amici per questo sport), è rigorosamente made in Italy, con materiali di qualità, e la sua linea elegante è stata concepita e realizzata da un noto designer nostrano che, partendo dalla forma del drive, ha saputo creare un prodotto che ben si ambienta negli spazi del golf. La novità che questo carrello rappresenta è presto spiegata: fino a oggi i giocatori dovevano decidere all’inizio del giro se utilizzare il cart o andare a piedi e, una volta cominciato, non c’era possibilità di cambiare, salvo ritrovarsi alla buca 14 in debito di energie con conseguen-

ze negative per il proprio gioco. Gringo si trasforma. Ossia, può facilmente e dinamicamente diventare un carrello elettrico tradizionale o un cart. Il giocatore può quindi iniziare il suo giro camminando, utilizzando Gringo come carrello elettrico a mano e passare alla modalità trasporto durante i trasferimenti da una buca all’altra o semplicemente perché affaticato. È adatto a giocatori di tutte le età: per i più giovani un mezzo divertente e versatile che permette di effettuare più giri di allenamento privilegiando il gioco agli spostamenti; per i meno giovani la possibilità di passeggiare senza affaticarsi eccessivamente. Gringo è facilissimo da condurre grazie alla stabilità garantita da quattro ruote che tramite uno snodo restano sempre a contatto con il terreno anche in condizioni difficili. Il motore da 800 watt alimen-

tato da batterie 24 volt 42 ampere e disponibile anche in versione “litio”, garantisce una durata di esercizio di 36 buche con un carico fino a 120 kg. Testato su campi particolarmente impervi, consente, in perfetta sicurezza, di superare salite e discese fino 15%; il raggio di sterzata e la retromarcia inoltre rendono agili le manovre anche in spazi ristretti. Smontabile in tre parti, può essere caricato nel bagagliaio di qualsiasi vettura di medie dimensioni. Il prezzo è 2.900 euro ed è possibile ottenere vantaggiosi finanziamenti. Per info: info@golfour.it , www.golfour.it

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18 Alexander von Spoercken, presidente dell’EGCOA

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PERSONAGGI

Alexander von Spoercken

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Il golf in Europa?

È in crescita In queste pagine vi proponiamo l’autorevole parere del presidente dell’Associazione Europea Proprietari di Campi di Golf (EGCOA). L’obiettivo più importante è dare nuovo impulso al golf, che in alcuni Paesi del Vecchio Continente marcia bene, ma in altri sta frenando. Per farlo, bisogna prima capire come lavorare con le Federazioni

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di Roberta Vitale

ll’inizio del 2013, Alexander Baron von Spoercken è volato a Bruxelles per incontrare i rappresentanti dell’Unione Europea. Il Presidente dell’Associazione Europea Proprietari di Campi di Golf (European Golf Course Owners Association) faceva parte di un gruppo di esperti partiti alla volta del Belgio per quello che è stato il primo incontro con gli alti livelli politici del Vecchio Continente. “Abbiamo presentato un’industria unificata e solida, concentrata sull’importanza economica, sociale e ambientale che il golf riveste”, dice von Spoercken. “Nessuno a Bruxelles sapeva che in tutta l’Unione Europea il contributo finanziario del golf è di 50 miliardi di euro l’anno, per un settore che dà lavoro a oltre 400.000 persone. Pensavano che il golf fosse poca cosa, un piccolo ed eccentrico business. Speriamo di averli sorpresi e aiutati a cambiare idea”. L’obiettivo della riunione era di sottolineare l’impatto economico e sociale del golf. Von Spoercken è proprietario di Schloss Lüdersburg (un golf resort di lusso con hotel e 36 buche da campionato più quattro di pratica, a una trentina di chilometri da Amburgo) e Presidente del consiglio di ammi-

nistrazione di Clubhaus AG (società tedesca che sta lanciando GolfCity, un nuovo progetto di campi per chi inizia vicini al centro delle metropoli tedesche), oltre che timoniere dell’EGCOA. Era quindi la persona ideale per perorare a Bruxelles la causa del nostro sport, cosa che ha fatto molto bene vista la risposta delle istituzioni. L’ipotesi è che l’Unione Europea in futuro formulerà e attuerà direttive comuni per tutte le federazioni di golf. Certo von Spoercken è realista sulle difficoltà del progetto: “Un tale cambiamento avverrà nel corso di decenni” dice, “ma abbiamo sicuramente fatto breccia. Il treno è partito, insomma.” L’EGCOA, che rappresenta i proprietari di campi di golf in Europa, ha solo otto anni di vita, ma si sta facendo strada come leader nel settore. A oggi rappresenta più di 1.000 circoli di golf in 13 Paesi, che rappresentano circa il 30% della quota di mercato complessiva nel Vecchio Continente. “Vogliamo aumentare la professionalità nell’industria del golf”, ricorda von Spoercken circa la missione del gruppo. “Fino ad ora in gran parte è stato gestito da dilettanti, bravissimi, per carità, ma un’organizzazione commerciale deve essere in mano a professionisti del mestiere, per ottenere il massimo profitto e sviluppo”. Ma le Federazioni nazionali, che rappresentano la vecchia

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Nelle foto, le prime cittĂ tedesche coinvolte nel progetto Golf City: Berlino (a sinistra), Monaco di Baviera e Colonia (sotto)

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Alexander von Spoercken guardia nel golf, rischiano di frenare l’innovazione. “In molti paesi in tutta Europa il golf tradizionale è difeso dalle Federazioni delle varie nazioni, e questo fa ben poco per aiutare a promuovere la crescita del golf”. Il concetto di business del golf, quindi circoli con fini commerciali, è relativamente recente, risale a 25-30 anni fa. “La situazione in Germania, per esempio, vede il golf come uno sport molto regolamentato,” dice ancora. “Tutti i giocatori devono appartenere a un circolo e ogni club deve essere un membro della Deutsche Golf Verband, la Federgolf tedesca. La DGV quindi limita il numero di golfisti artificialmente”. “Tutti abbiamo bisogno di una crescita sana, grazie a quelli che possiamo definire ‘club circoli’, basati sul sostegno dei membri, ma anche grazie a ‘club azienda’, con fini commerciali, e per farlo dobbiamo intensificare l’azione di lobby già intrapresa. Dobbiamo lavorare insieme per favorire la nascita di campi a 9, 6 e persino 3 buche, dove le restrizioni di tempo non si traducano in una barriera per giocare a golf”. Von Spoercken, che ha co-fondato l’Associazione Tedesca di Proprietari di Golf, ammette che ci vorrà tempo prima che l’EGCOA possa competere con questi monopoli. Ma spera di trovare collaborazione nelle Federazioni per promuovere il gioco. “Non vogliamo opporci a nessuno: vogliamo solo cooperare e collaborare,” continua von Spoercken. “Tutti i soggetti coinvolti nell’industria del golf devono lavorare insieme. È molto, molto importante cercare di convincere le Federazioni che c’è un nuovo sviluppo nel golf che va oltre il concetto di circolo tradizionale, senza scopo di lucro. Sono questi nuovi sviluppi, ossia operazioni commerciali riguardanti il golf, che permetteranno una crescita reale di partecipazione al nostro sport”.

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“Nessuno sostiene che non debbano esistere organizzazioni no profit, nel golf come in qualunque altro settore, ma non può essere loro consentito di detenere il monopolio,” ha detto. “Creano uno svantaggio competitivo che non dovrebbe essere consentito”. La EGCOA si sta battendo anche su un altro fronte, che trova ingiusto: ossia il fatto che ai golf privati sia consentito ottenere sgravi fiscali non concessi a organizzazioni di profitto. Non ogni campo da golf in Europa, tuttavia, si preoccupa per l’IVA. L’industria del golf funziona diversamente nei vari paesi dell’UE.

“È molto importante convincere le Federazioni che c’è un nuovo sviluppo commerciale nel golf” “Bisogna guardare al golf paese per paese”, sottolinea ancora von Spoercken. “Alcuni Paesi stanno vivendo una crescita, alcuni sono stabili e altri sono in calo. In Europa orientale, Polonia e Repubblica Ceca, per esempio, la situazione è molto florida. Lo stesso in Finlandia. Ma alcuni mercati più maturi, come Svezia e Regno Unito, hanno rallentato notevolmente. La sfida del golf in Europa è comune: un diverso atteggiamento del consumatore, una persistente percezione del golf come uno sport elitario e una riduzione complessiva nel reddito disponibile sono gli elementi con cui dovremo confrontarci nei prossimi anni”, conclude il presidente dell’EGCOA.

L’aumento di giocatori passa per un’idea chiamata GolfCity “Voglio liberalizzare e semplificare questo sport”. Sono le parole di Alexander Baron von Spoercken, presidente di ClubHaus AG, una delle realtà golfistiche più interessanti e non solo per la Germania, dove il gruppo ha sede e natali. Il concetto di semplicità il Barone lo intende a tutti i livelli: regole, etichetta, facilità di accesso al golf club, velocità di gioco. L’obiettivo che muove la sua azienda, insomma, è che il golfista torni anche il giorno dopo. Per fare questo, si è inventato alcune interessanti iniziative, attraverso una serie di servizi che mirano a coinvolgere sempre più persone nel mondo del golf. Non solo le immense realtà di Schloss Lüdersburg (Amburgo) e Schloss Nippenburg (Stoccarda), dove la parola stessa richiama al Castello: un insieme di servizi di alto livello, dalle strutture ricettive ai percorsi di golf. Ma soprattutto è l’idea GolfCity ad aver rivoluzionato il concetto di accessibilità a questo sport, di “liberalizzazione del mercato del golf”: Colonia è la prima realtà portata a termine e ha già raccolto l’assenso non solo dei cittadini - quasi due milioni di potenziali clienti che trovano comoda l’esperienza di un percorso a 9 buche a 20 minuti dalla celebre Cattedrale -, ma anche di investitori commerciali, che credono fortemente nel progetto e nell’ampio bacino di utenza che ruota intorno a una città. Perché tutti sono consapevoli che per molti gli ostacoli principali al gioco del golf sono il tempo che richiede, l’esborso economico, le sue regole e l’etichetta complicate: GolfCity Köln Pulheim non ha prezzi di accesso alti, non ci sono restrizioni eccessive e in 9 buche, più 3 di pratica, regala il divertimento di un campo di 18, a pochi minuti dal centro della città. Sono molte le modalità di abbonamento al circolo, secondo le esigenze del golfista, che potrà scegliere anche di passare la sua pausa pranzo ad allenarsi sulle 80 postazioni di campo pratica. Grazie a tutto questo, GolfCity è stato premiato come “Best future golf concept” dalla European Golf Course Owners Association e si prepara ad aprire nuovi battenti a Monaco di Baviera (l’impianto è già in costruzione) e Berlino. Ma sicuramente la corsa di Alexander Baron von Spoercken non si fermerà qui…

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Nasce il Biogolf Nella sede romana di Ics, con un incontro al quale hanno preso parte le maggiori associazioni ambientaliste, è stato fatto un ulteriore passo verso un golf ecosostenibile che fa bene ai conti e all’ambiente foto e testo Andrea Ronchi

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l golf fa bene o male all’ambiente? Una risposta univoca non esiste, specie se si guarda al passato. Nel Bel Paese molti circoli sono stati creati sfruttando speculazioni edilizie con una certa leggerezza per le conseguenze ambientali. Così al golf è stata affibbiata l’etichetta di sport dannoso per l’ambiente per colpa dell’alta necessità di acqua ma anche dei numerosi trattamenti per mantenere l’erba verde... che più verde non si può. La buona volontà di un gruppo di persone particolarmente sensibili all’argomento, unita allo sviluppo di nuove tecnologie, sta facendo cadere questa etichetta. A Roma, nella sede dell’Istituto del Credito Sportivo, a due anni dalla firma di un primo protocollo d’intesa, gli esponenti delle maggiori associazioni ambientaliste, la Federgolf, i rappresentanti di Impegnati nel Verde e dell’Istituto per il Credito Sportivo si sono incontrati per fare il punto sul binomio golf e ambiente. Chiaramente anche noi di Professione GOLF CLUB eravamo presenti all’incontro. È stato presentato Bio Golf, una proposta per la difesa del territorio e dell’ambiente legato tanto alla riconversione dei percorsi esistenti quanto alla creazione di nuovi campi. La realizzazione di para-

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disi artificiali è un concetto oramai superato, come ha confermato Carlo Manca, Direttore Advisory e Studi dell’Istituto del Credito Sportivo: «Il golf, insieme a sci e vela, è uno degli sport a maggior vocazione turistica. Chi viene a giocare vuole un percorso coerente con il paesaggio nel quale si trova. Il concetto vale tanto per il campo quanto per le strutture». Negli ultimi anni in Italia ci sono stati alcuni circoli che hanno provveduto a convertire le proprie essenze erbose, con un notevole risparmio di elementi dannosi all’ambiente e di acqua per l’irrigazione, ma anche di denaro. Per quanto riguarda la creazione di nuovi percorsi la questione è ancora più semplice poiché preparare un percorso secondo criteri di basso impatto ambientale costa meno sia in termini di realizzazione che di gestione, come ha confermato lo stesso Manca: «Grazie al nostro ruolo e alla possibilità di accedere a fondi regionali, possiamo proporre finanziamenti che in alcuni casi riescono ad avere anche tasso zero per le opere di creazione o riconversione ecofriendly». Ma allora come mai la questione, apparentemente così semplice, non è già norma o consuetudine? «L’argomento in questione è di importanza miliare – ci ha spiegato Antonio Bozzi, vicepresidente di Federgolf –. Spesso si è guardato agli altri paesi europei, ma l’Italia ha una situazio-

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Nella foto, l’intervento di apertura dell’incontro, svoltosi a Roma nello scorso gennaio, da parte di Carlo Manca, Direttore Advisory e Studi dell’Istituto del Credito Sportivo, che ha ospitato la tavola rotonda su golf ed ecologia

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Da sinistra: Giuseppe Di Duca, Marta Visentin (GEO), Francesco Carlucci (Federparchi), Vittorio Cogliati Dezza (Legambiente), Alessandro De Luca (Federgolf), Raniero Maggini (WWF). A capotavola, Alessandro Bolis (ICS). ne climatica particolare, una via di mezzo tra quella africana e quella continentale. Guardando soprattutto agli stati Uniti ci siamo resi conto che, grazie alle nuove tecnologie, è possibile fare grossissimi passi avanti. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di abolire i fitofarmaci ma non siamo sempre stati certi di poter far fronte a quest’impegno. Oggi invece, proprio grazie agli ultimi ritrovati, possiamo realizzare Bio Golf e, lavorando insieme, potremmo ottimizzare risorse e tempi». Da alcuni anni è nata Impegnati nel Verde, un’organizzazione indipendente a respiro mondiale, che si pone l’obiettivo di aiutare i circoli verso una gestione eco friendly, come ha confermato Paolo Croce, noto agronomo e promotore dell’in-

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contro: «Girando per incontri in tutto il mondo abbiamo potuto constatare che mentre il nord Europa è al top e il centro a buon punto, il Sud Europa è in uno stato di arretratezza. La nostra proposta è Bio Golf, ovvero un ritorno al passato per il futuro, che può essere uno strumento in grado di aiutarci a difendere il territorio e gestirlo meglio, magari sviluppando il turismo in aree prefissate». La proposta prevede la divisione tra impianti turistici e impianti a basso costo di gestione. I primi non dovranno avere seconde case e strutture di ricezione contenute, meglio se recuperate da costruzioni esistenti. Inoltre la progettazione dovrà tener conto delle potenzialità dell’area, dati i benefici effetti sia per

l’ambiente che per l’economia del luogo. Il comune denominatore tra le due tipologie di impianti è il percorso stesso legato ai rigidi principi di ecocompatibilità del protocollo. Chi ha sempre visto le associazioni ambientaliste come inesorabili cassatori di qualsiasi iniziativa deve ricredersi. Giampiero Sammuri, Presidente Federparchi, ha parlato in toni molto positivi dei campi da golf, portando la propria esperienza: «Ho collaborato alla realizzazione dell’Argentario ma, non nascondo, che sino ad allora avevo guardato con sospetto i campi. Dopo essere stato chiamato mi sono reso conto che, se oltre al campo da golf, si fanno eventi mirati a tutto quanto sta intorno penso il campo da golf possa esse-

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Istituto per il credito Sportivo Golf e natura

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Da sinistra: Antonio Bozzi (Vicepresidente Federgolf), Carlo Manca (ICS), Paolo Croce (agronomo), Fulvio Golob (Professione Golf Club), Riccardo Tirotti (Vicepresidente AITG) re estremamente utile al territorio. Penso, ad esempio, a piante e siepi che possono favorire le aviofauna. Se a questo si uniscono essenze erbose in grado di avere poche necessità noi siamo totalmente favorevoli. Quello che non ci piace, ma non credo interessi neanche alla Federgolf, sono le strutture nate per speculazioni edilizie». Molto positivo anche Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente. «Bisogna impegnarsi a creare e far conoscere il “golf buono”. Il campo sta andando verso questa direzione ma il problema restano le strutture accessorie. “L’immobiliarizzazione”, seppur con la consapevolezza che sarà un investimento a perdere, spesso viene attuata ugualmente perché l’esigenza di utilizzare il capitale disponibi-

le supera la necessità di trarne un utile. La nostra proposta verte su tre punti: creare un protocollo sottoscrivibile dalle amministrazioni che hanno competenza su urbanizzazione. Accanto alle linee guida serve un codice etico (di comportamento) che devono sottoscrivere anche i golf club per creare campi con poco impatto ambientale, economicamente sostenibili e che possano creare golfisti. Il dove è il terzo punto. Le superfici agricole non coltivate devono essere le prime a venire interessate. Poi le aree di bonifiche industriali. Ovvero: non ci sia utilizzo di nuovo suolo». Stabilito che i nuovi impianti, qualora sorgeranno, lo faranno soddisfacendo questi criteri, cosa si può fare con quelliesistenti? La Federazione non può obbliga-

re nessuno, ma senz’altro consigliare un protocollo chiaro garantito da un organo che lo certifica (Impegnati nel Verde e GEO) e che indichi esattamente costi e risparmio legati alla conversione. La strada è già stata percorsa da alcuni circoli lungimiranti, ma è solo l’inizio. Riconversione di essenze erbose, fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, ma anche adeguamento delle strutture verso il risparmio energetico saranno indicati in modo chiaro nel documento con le linee guida che prenderà vita dopo il prossimo incontro, fissato per la seconda metà di marzo e che verrà condiviso con i membri dell’AITG. Noi seguiremo da vicino i prossimi incontri e vi parleremo degli sviluppi sulle nostre pagine.

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Marisa Crescenzio fotografata all’interno del suo circolo, il Molinetto Country Club, alle porte di Milano.

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Marisa Crescenzio

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La gestione? Come quella di un’impresa Chiacchierata a ruota libera con la presidente del Molinetto Country Club, commercialista e golfista appassionata, che sta gestendo con professionalità e determinazione il bel circolo milanese in questo non facile periodo di Isabella Calogero

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l piglio è deciso, da sergente autoritario, e la serietà ferrea, da donna di polso. Ma, nonostante queste due forti connotazioni caratteriali, nulla impedisce a Marisa Crescenzio, da un anno presidente del Molinetto Country Club di Cernusco sul Naviglio (Milano), di possedere anche un innato senso dell’umorismo. Perciò, nonostante trascorra la sua vita immersa tra i conti di un’azienda e il bilancio di un’altra, riesce sempre a trovare due minuti per una sana risata liberatoria. Parli con lei, in gamba e preparata, e dopo cinque minuti viene naturale chiedersi come sia possibile che in Italia siano ancora così poche le donne al timone di un circolo di golf. “La prima risposta che mi viene in mente – dice Marisa Crescenzio - è che le signore devono lavorare il doppio rispetto agli uomini per garantirsi un posto al sole. Ma sarebbe una visione troppo semplicistica della realtà. La verità, dura da accettare, è che ci sono poche persone in giro in grado di gestire un’azienda come un club, e in proporzione le donne golfiste sono in numero notevolmente inferiore rispetto agli uomini. Le faccio un esempio: il Molinetto, il mio circolo, ha un bilancio di due milioni e mezzo di euro circa, 19 dipendenti e, come se non bastasse, dà lavoro anche al gestore del bar, alla società che si occupa delle pulizie e ad altri servizi connessi all’attività del circolo. Far funzionare il tutto non è semplice, si tratta di un incarico a titolo gratuito ma con responsabilità civile e penale a carico del Presidente e far quadrare il cerchio non è questione di sesso ma di professionalità, di profondo amore per il proprio circolo. Sono fortemente contraria alle quote rosa, è un concetto ghettizzante, perché dovrebbe essere solo il buon lavoro che ti deve premiare, nient’altro”. Più o meno si occupa dei conti del Molinetto dal 2001: come è cambiato in tutti questi anni il modo di gestire un circolo? “Per forza di cose, vista la situazione economica italiana, bisogna prestare grandissima attenzione ai conti, innanzi tutto con un drastico contenimento dei costi. Mai prima d’ora il

presidente di un club si era trovato in una condizione come l’attuale. Il golf va gestito come un’azienda e come tale, anche in tempi di crisi, è necessario mantenere la facciata perfetta, pur riducendo le spese. Bisogna essere seri nel proprio lavoro e sono certa che alla lunga il rigore professionale paga. Ma non basta: con amore e dedizione verso il proprio club, si deve anche essere fantasiosi e studiare stimoli e facilitazioni per favorire anche le famiglie e i giovani, senza per questo penalizzare i soci ‘storici” del circolo’. In questo senso, come si è mosso dunque il suo sodalizio? “Direi bene, tanto che dopo aver chiuso in pareggio il 2013, prevedo lo stesso anche per il 2014, nonostante ci sia stata qualche defezione tra i soci, dovuta in gran parte al normale invecchiamento e alla crisi economica che ha rallentato il naturale ricambio. Siamo però riusciti ad arginare l’emorragia arricchendo il ventaglio della nostra offerta e proponendo un circolo da vivere con i propri bambini e in cui la gente si possa sentire a casa propria. Da questo punto di vista, negli anni abbiamo implementato servizi importanti come la palestra, la piscina, i massaggi, il bagno turco e una zona dedicata ai più piccini, anche sotto i sei anni”. Avete dunque investito sulle fasce più giovani…. “Non solo, a dire il vero. Le faccio un esempio: abbiamo costruito bellissime stradine per i cart che si integrano perfettamente con il percorso, allo scopo di facilitare gli anziani a giocare 18 buche senza grandi sforzi e dunque per permettere loro di restare attivi. In effetti abbiamo pensato a tutti. Anche al campo, ovviamente, la cui salute e bellezza devono sempre essere le nostre priorità; negli ultimi anni, oltre al nuovo sistema di irrigazione, abbiamo operato un radicale cambiamento dell’erba con passaggio all’Agrostide L93. Vorrei poi aggiungere che abbiamo anche 14 campi da tennis - aderiamo infatti anche alla FIT - fra cui quattro coperti e, di questi ultimi, due sono appena stati rifatti in terra rossa. Devo dire che la nostra offerta sportiva è più ampia, rispetto ai normali campi da golf.

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Marisa Crescenzio

E sto lavorando molto, insieme ai miei Consiglieri, per incrementare il numero dei soci tennis, altro settore comunque in crisi. Non ho tempo per annoiarmi al Molinetto. Recentemente si è parlato di nuove rendite catastali adottate per i percorsi: vi sono aumentate le tasse in questo senso? “Accidenti! L’IMU è passata da 30.000 a 76.000 euro: più del doppio. Sinceramente eravamo informati che fosse in corso questo rinnovamento e ci aspettavamo un aumento, ma certamente non di queste dimensioni. Purtroppo Cernusco, il comune vicino a Milano dove sorge il Molinetto, vanta aliquote elevate. Ma questo delle rendite catastali non è il male peggiore…”. In che senso? “Il problema maggiore è rappresentato dalle ispezioni dell’Agenzia delle Entrate. Se trovano come nel nostro caso la contabilità perfettamente in ordine, si attaccano a rilievi sui cart o sui carrelli elettrici... E arrivano multe salate. E in tutto questo da parte dell’Agenzia non vi è un’unità di azione, per cui non sai mai cosa aspettarti, come muoverti, cosa sia giusto o sbagliato. Stiamo vivendo in un mondo raffazzonato che sinceramente non mi piace e mi lascia molto perplessa”. Avete avuto aiuto da parte della Federazione? “Fino a poco tempo fa, se devo essere sincera, avrei risposto di no. Dopo aver inviato tutti i verbali ricevuti a Viale Tiziano, il risultato era stato pari a zero. Per fortuna sembra che qualcosa si stia muovendo e che la Federazione si sia decisa a collaborare con i circoli per trovare soluzioni comuni nei confronti degli organismi statali, a cominciare dall’Agenzia delle Entrate. Bisogna avere bene in chiaro una cosa: in Italia il golf non è gestito come dovrebbe essere, ovvero come un’impresa. Per sopravvivere allora devi solo cercare di vivere del tuo e di essere autosufficiente. Che è poi quello che i circoli provano

Marisa Crescenzio con Erminio Viganò e il vicepresidente del Molinetto, Ezio Tridella (a destra)

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Le presidenti del golf italiano Marisa Crescenzio è nata in provincia di Mantova, nel 1947. Sposata, ha due figli. Laureata alla Bocconi in Economia e Commercio, è consulente di numerose aziende a livello internazionale. Handicap 18, è diventata Presidente del Golf Molinetto un anno fa, a marzo 2013. Precedentemente aveva ricoperto la carica di Tesoriere presso lo stesso circolo, dal 2001 al 2005 e dal 2009 al 2013. Non sono numerose le donne al timone dei circoli di golf italiani. Tra queste, oltre a Marisa Crescenzio, vanno ricordate Allegra Agnelli al Royal Park I Roveri, Maria Teresa Corvini a Zoate, Irene Gemmo ad Asiago, Maria Amelia Lolli Ghetti a Margara e Maria Luisa Monti a La Bagnaia.

a fare tutti i santi giorni. Per quanto mi riguarda, la FIG finora non era servita a molto. Avrei potuto dire che forse era inutile, ma sarebbe suonato troppo forte. Adesso spero davvero di poter cambiare il mio giudizio”. E cosa ne pensa della recente iniziativa federale riguardante il tesseramento libero a vita? “Partendo dal presupposto che nessuno da Roma ha contattato noi Presidenti per chiederci un parere, che peraltro da parte mia sarebbe stato più che contrario, d’accordo con il Consiglio abbiamo preso una decisione nel tentativo di tutelare il club che è la seguente: al Molinetto questa storia non funziona. Sei un tesserato libero? Benissimo: hai due anni di tempo per decidere. Al terzo o ti fai socio da qualche parte o da noi non giochi. Punto. È giusto dare la possibilità di avvicinarsi al nostro splendido sport, ma noi circoli dobbiamo quadrare i bilanci e senza soci diventa impossibile.” Per chiudere, riesce a farmi una previsione sulla salute del golf in Italia? “Sinceramente la vedo male, anche se l’interesse verso il nostro sport esiste. Ma il golf sta subendo il riflesso della pessima politica di authority che stiamo vivendo e, rappresentando un bene voluttuario, ovviamente è a rischio di taglio. Insomma, se l’economia italiana non riparte a breve, saranno tempi assai difficili per tutti. Nel frattempo osservo giorno per giorno cosa succede, navigo a vista e siccome la gente guarda anche ai cinque euro, nel mio club provo a proporre una buona politica dei prezzi. Sono quasi certa che chiuderò bene il 2014, ma non voglio addentrarmi nel 2015: per farlo, ci vorrebbe la sfera di cristallo”.

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Il percorso a ostacoli di Domenico Golfista

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n maniera sicuramente provocante, e volutamente, nel numero di marzo di Golf & Turismo mi sono spinto a sostenere che le Regole del Golf sono troppo difficili per il comune giocatore da weekend, che potremmo chiamare Domenico Golfista. Provocazione che nasce dalla considerazione che neppure chi del golf fa una professione è indenne da errori, anche marchiani, sull’applicazione delle stesse. I casi di Rory McIlroy ad Abu Dhabi e di D.A. Point alla AT&T Pro-Am sono gli ultimi in serie di tempo, preceduti dagli episodi che hanno riguardato il numero uno mondiale, Tiger Woods. L’impressione è dunque che le Regole, nella loro continua, naturale evoluzione quadriennale, stiano diventando troppo complesse per aiutare l’accesso di un neofita al golf. E che quindi possano anch’esse diventare un deterrente nella ricerca di nuovi giocatori. Avendo qui più spazio, e rivolgendomi a un pubblico più tecnicamente preparato, vorrei sviluppare questo concetto. In periodi di “magra”, come quelli che stiamo vivendo, lo sport – che comun-

que ha un costo – viene considerato una sorta di spesa voluttuaria. Se quindi ho a disposizione un budget, magari non altissimo, per dedicarmi a qualche attività ludica e voglio provare qualcosa di “nuovo”, dopo essermi attentamente guardato attorno, scopro che per giocare a golf devo: - acquistare attrezzatura (comune a tutti gli sport) - fare delle lezioni (comune a tutti gli sport) - acquisire una minima capacità e quindi… iniziare a praticarlo. È ovviamente su quest’ultimo punto che il golf cade malamente. Acquisita la suddetta abilità, per calcare un percorso devo: - associarmi a un club (tipico del golf se ci limitiamo al livello ludico; negli altri sport si “gioca” e basta) e, grazie al cielo, sotto questo aspetto, la Federazione ha confermato il Tesseramento Libero che aiuta ad abbattere i costi. - ottenuta la “carta verde” devo, ammesso che voglia giocare una qualsiasi forma di competizione (non obbligatorio, sia chiaro), studiare un libretto con 34 Regole, seguire un corso e passare un esame.

Discussione in campo sull’applicazione di una regola fra la capitana della squadra europea, Liselotte Neumann, e due arbitri in un match di quattro palle durante la Solheim Cup 2013, al Colorado Golf Club di Parker (Colorado).

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Questo, negli altri sport, non esiste o esiste in minima parte. L’impressione, posso confermarvelo da uno studio fatto da una società con cui collaboro, è che il golf resti uno sport di difficile accesso. Se una volta era considerato d’élite, oggi è visto come un’attività che impegna troppo tempo e che vive di troppe barriere all’accesso. Direi che queste due valutazioni, tempo e barriere, unite all’intrinseca difficoltà del golf stesso e all’errata visione che non sia un vero sport, allontanino moltissimi dal provarlo. Mi meraviglio quindi che nessuno, in Italia, si sia ancora chiesto seriamente come risolvere questi problemi, ammesso che si desideri veramente aumentare i praticanti. In altre pagine di Professione GOLF CLUB, troverete l’intervista ad Alexander Baron von Spoercken, Chairman CLUBHAUS AG e Presidente dell’ EGCOA, l’Associazione Europea dei Proprietari di Campi di Golf. Ragiona da “proprietario” che vuole fare fruttare il proprio investimento, ma esprime un concetto chiarissimo: “I want to liberalise and simplify this sport. Only two things should matter on a golf course: A golfer has to abide by the rules and etiquette, and he has to gain so much pleasure from the game that he returns the next day” (“Voglio liberalizzare e semplificare questo sport. Solo due cose dovrebbero contare su un campo: il golfista deve attenersi a regole ed etichetta e perciò deve ricavare un tale piacere dal gioco da voler ritornare il giorno dopo”). Due concetti fondamentali, direi: liberalizzazione e divertimento. Liberalizzare significa, indubbiamente, semplificare in ogni forma. Von Spoerchen, meno provocatorio di me, chiede il rispetto – e quindi la conoscenza – delle Regole e dell’Etichetta (quest’ultima, a mio parere, ben più importante). Ma chiede che Domenico Golfista si possa divertire. Ecco quindi che i percorsi devono essere disegnati e preparati per dare allegria, non punire, aiutare a giocare in meno tempo e consentire punteggi che creino euforia e assuefazione. Vogliamo riportare questi due concetti al mondo del golf italiano?

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Tiger Woods controlla insieme a un arbitro il corretto piazzamento della pallina durante l’ultima edizione dell’Open Championship, che lo scorso anno si è svolto sul celebre percorso di Muirfield, in Scozia. Conoscere le Regole e l’Etichetta: d’accordo, ho forse esagerato e non è possibile scendere in campo senza saperle. Ma una volta che conosco come ovviare a un colpo tirato in un ostacolo o in fuori limite e “giocando la palla dove si trova” sempre… ho risolto il 90% dei problemi. Instilliamo questo concetto nei possibili nuovi giocatori e avremo fatto un gran passo avanti. Insegniamo loro però, molto più seriamente, come ci si rapporta a un campo da golf e agli altri giocatori. Etichetta al 100%, per favore! Il punto successivo è ridurre i tempi e fare diver-

tire. In questo caso caschiamo nell’italico malvezzo della gara sempre e comunque. Domenico Golfista arriva nel circolo in cui ha iniziato a giocare, sabato o domenica che sia, perché durante la settimana deve guadagnare per vivere, e trova un centinaio almeno di scalmanati competitors che partecipano alla Coppa del Giocatore Gaudente. Non può partire subito (dopo qualche settimana capirà che è necessario prenotarsi) e, raggiunta quando possibile la piazzola di partenza della buca 1, trova i tee di Campionato. Sui green le bandiere sono negli angoli e i rough altezza

ginocchio: la Coppa del Giocatore Gaudente era una gara di tabellone (!). Potrà mai divertirsi, lui neofita, in queste condizioni? In più gioca alle spalle della gara dove i concorrenti misurano al laser sin da 320 metri di distanza allungando i tempi di gioco a dismisura. Resiste per nove buche, giocate in circa tre ore. Poi, data un’occhiata all’orologio, si rende conto che è ora di tornare a casa. Forse, la domenica success iva, farà una partita di tennis. Circoli italiani, AITG, Presidenti e amici… dobbiamo inventarci qualcosa, credetemi. O saremo sempre i soliti quattro gatti che piangono perché i conti non tornano, i giocatori non aumentano e i circoli chiudono. Per concludere… due righe di un certo Jack Nicklaus… “In today’s society, a game of golf simply takes too long. Instead of playing two rounds of nine holes, we should offer three rounds of six holes. I can spend six to seven hours on a course. Young people don’t do that.” (“Nella società di oggi, una gara di golf dura troppo a lungo. Invece di giocare due giri di nove buche, dovremmo poterne offrire tre da sei. Io sono disposto a trascorrere anche sei o sette ore su un percorso. I giovani invece no.”)

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Nato circa un anno fa, il consorzio dei circoli che si affacciano sul piÚ grande lago italiano sta continuando a fare passi avanti. Il progetto procede con risultati interessanti ed è approdato a una nuova, fondamentale iniziativa, quella della Card che permette di utilizzare tutte le strutture convenzionate

La prova dei Nove

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COMPRENSORI E COLLABORAZIONI

Golf Region Lake Garda

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di Roberta Vitale

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ra i luoghi comuni che piace tanto in particolare a noi italiani, ce n’è uno che ha tutta la potenza della verità. L’unione fa la forza: pare semplice, ma di “comune” questa frase non ha poi molto, considerando l’imperante individualismo… Ebbene, il golf ha dato l’ennesima dimostrazione di essere all’avanguardia: quasi tutti i circoli che ruotano attorno al bacino del Lago di Garda, la più importante area golfistica italiana, hanno infatti deciso lo scorso anno di consorziarsi e di lavorare insieme per un progetto di collaborazione a lunga scadenza. Il primo passo, come ci racconta il presidente dell’Associazione dei golf del lago di Garda, Pietro Apicella, è stato quello di trovare un’etichetta comune, trovata affidandosi all’inglese anche perché il biglietto da visita del gruppo dovrà essere usato spesso anche all’estero. È nata quindi la “Golf Region Lake Garda”, che unisce nove golf club ai massimi livelli nel nostro Paese, alcuni dei quali possono anche contare su splendide strutture ricettive che ci consentono di chiamarli “resort”. I partecipanti al progetto sono, in stretto ordine alfabetico, Arzaga, Bogliaco, Chervò San Vigilio, Colli Berici, Il Colombaro, La Colombera, Franciacorta, Gardagolf e Paradiso del Garda, divisi su due regioni (Lombardia e Veneto) e in grado di proporre un’offerta di ben 180 buche, capaci di entusiasmare giocatori di ogni livello. Non ci sarà certo bisogno di enumerare le bellezze naturali, culturali e artistiche che circondano il più grande lago d’Italia, ma forse non tutti sanno che il Garda è unanimemente riconosciuto a livello europeo come una delle mete turistiche di maggior valore. Sulle sue acque si possono praticare vela, surf, sci nautico, subacquea e da Sirmione a Peschiera, da Desenzano a Salò e Garda, gli spunti di interesse sono davvero moltissimi. Senza considerare un panorama enogastronomico di primissimo ordine. Come sempre in Italia, non è stato facile creare un terreno di collaborazione comune ma i protagonisti di questo accordo alla fine sembrano avercela fatta. In un’area con distanze massime inferiori ai 60 chilometri, i giocatori avranno finalmente la possibilità di provare campi differenti con combinazioni e sconti che renderanno più gradevole la vacanza e aumenteranno il piacere di una parentesi golfistica ad alto livello. Non dimentichiamo inoltre che quella del lago di Garda è un’area con un microclima speciale, come confermano caratteristiche meteorologiche e ambientali tipiche del Mediterraneo, sottolineate da olivi (celebre l’olio di queste zone, dal sapore molto delicato), limoni, vigne, palme e bouganville. In altre parole, è possibile giocare dodici mesi all’anno, se non si incontrano inverni particolarmente rigidi, e comunque il periodo favorevole è molto più lungo che in gran parte dell’Italia settentrionale. Da quest’anno, una novità: la “Golf Region Lake Garda” Card, una tessera acquistabile al prezzo di 100 euro che equivale a otto green fee di 18 buche utilizzabili su tutti i campi del consorzio. Davvero non male per chi ha fame di golf.

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BOLZANO

BOGLIACO TOSCOLANO MADERNO

IL COLOMBARO

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A22 GARDAGOLF SOIANO DEL LAGO

FRANCIACORTA CORTE FRANCA

ARZAGA CALVAGESE DELLA RIVIERA

BERGAMO

COLLI BERICI

A22 BRESCIA

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A4 LA COLOMBERA CASTREZZATO

BRENDOLA

CHERVÒ SAN VIGILIO

PESCHIERA DEL GARDA

POZZOLENGO

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ENA

VICENZA

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Arzaga

Il Colombaro

Il giovane campo, sistemato dal 1998 sulle dolci colline del Lago di Garda e immerso nella tranquillità e nel silenzio della campagna, vanta la firma di Jack Nicklaus II per le prime 18 buche e di Gary Player per le seconde nove. Due percorsi che si compensano creando un contrasto di grande interesse. Completa l’offerta il resort – una residenza del XV secolo – con 84 camere e suite, la SPA con vasta gamma di trattamenti e due ristoranti per una scelta gourmet o più ‘veloce’.

Su progetto di Marco Renga, nacque, nel 2000, questo campo a nove buche pianeggianti, intagliate tra gli ulivi, a pochi chilometri da Salò e nella cornice di un antico casale la cui torretta risale al 1400. Due laghetti interessano altrettante buche e alcuni fiumiciattoli rappresentano le insidie del percorso. A disposizione degli ospiti le strutture ricettive Villenpark Sanghen e l’Agriturismo Il Colombaro, oltre a driving range, pitching e putting green e bunker di pratica.

Bogliaco

La Colombera

Dal 1912, sulle colline occidentali del Garda, sorge il terzo circolo più antico d’Italia. Circondato da una ricca vegetazione mediterranea, gode di una splendida vista sul lago, di un clima decisamente mite e di una deliziosa clubhouse. Il percorso a 18 buche mette alla prova anche il golfista esperto, che deve confrontarsi con colpi insidiosi, in cui è necessaria estrema precisione per centrare i fairway e i green ben difesi. Affascinante la buca 5, dal cui tee si domina il lago.

Nato nel 2007 e inizialmente formato da un ampio campo pratica e da 3 buche, nella primavera 2009 il percorso viene ampliato, arricchito con laghetti e con varie specie di piante autoctone e portato a 9 buche che si integrano amabilmente nel seducente contesto paesaggistico. Grazie al campo pratica, dotato anche di 12 stazioni coperte e 15 scoperte, e al putting e pitching green, è possibile migliorare la propria tecnica sui colpi. L’esperienza si completa al ristorante di cucina regionale, all’hotel, ex casa colonica, ma anche alla scuola equestre.

Chervò San Vigilio A Pozzolengo, tra Sirmione e Desenzano, il resort propone un campo con 27 buche da campionato e nove executive, disegnate dal maggiore architetto tedesco, Kurt Rossknecht. La splendida struttura ricettiva si avvolge attorno a un’antica abbazia del X secolo, affiancata da una clubhouse bella quanto moderna ed efficiente. A disposizione un ormai celebre ristorante, un hotel quattro stelle e un centro benessere premiato a livello mondiale per la qualità dei servizi. A disposizione inoltre unità immobiliari e un centro sportivo con due piscine.

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Colli Berici Il circolo si trova in una posizione privilegiata, a 300 metri di altitudine, racchiuso tra le verdi colline di Brendola e Altavilla. A pochi minuti da Vicenza, la bellissima città di Andrea Palladio, il campo presenta 18 buche con una configurazione vivace e dinamica. Il ristorante, che si affaccia sul golf ed è reso unico dal panorama che lo circonda, propone piatti della tradizione, interpretati dallo chef Giandomenico Zocca, e una carta dei vini di grande pregio.

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COMPRENSORI E COLLABORAZIONI

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Nella pagina accanto, la cartina con la collocazione dei nove circoli che fanno parte del consorzio Golf Region Lake Garda, che vediamo qui sopra. In basso, la nuova Golf Fee Card dei golf club convenzionati.

Franciacorta Sono 27 le buche del campo, dedicato alle “bollicine” di cui va fiera la Franciacorta enologica. I due percorsi storici, denominati “Brut” e “Satèn” portano la prestigiosa firma di Pete Dye, in collaborazione con Marco Croze, mentre il più recente “Rosé” è stato disegnato da Fulvio Bani. I tre percorsi sono caratterizzati da boschi, laghi e dal rilassante panorama offerto dai vigneti della Franciacorta. Grande e accogliente la clubhouse, che propone anche una piscina all’aperto.

Gardagolf Un vero gioiello, spettacolare e tecnico, progettato dagli architetti inglesi Cotton, Pennink, Steel & Partners, fra i più frequentati di tutta Italia. Sono 27 le sue buche, divise nei percorsi Rosso, Bian-

co e Giallo, che si estendono su 110 ettari tra le ricercate bellezze del territorio, quali la Rocca di Manerba, il Castello di Soiano e le colline della Valtenesi. Sede di due edizioni dell’Open d’Italia (1997 e 2003), Gardagolf ha ospitato nei suoi oltre 25 anni di vita manifestazioni di importanza internazionale.

Paradiso del Garda Percorso recente e di moderna concezione, disegnato dal noto architetto americano Jim Fazio, offre 18 buche da campionato e presenta caratteristiche tecniche in grado di soddisfare anche il giocatore più esigente. Numerosi bunker, cinque laghi, di cui uno naturale, e green tra i più belli d’Italia rendono il percorso tecnico e divertente. Importante la struttura ricettiva, con alberghi e residence all’interno del resort.

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Sinergie preziose Dopo Montecchia, Paolo Casati ha acquisito una quota importante a Frassanelle, con l’obiettivo di...

di Fulvio Golob

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el corso del 2013, Paolo Casati, detentore della quota di maggioranza del Golf della Montecchia, ha acquisito anche una quota rilevante del club di Frassanelle, altro circolo padovano. Una sinergia importante quella venutasi così a creare fra due golf club distanti appena una dozzina di chilometri, che hanno mantenuto le proprie identità ma stanno lavorando insieme. Paolo Casati, che inoltre è anche vice presidente della Federgolf , ha idee molto chiare sul futuro delle due strutture e su come dovranno agire in perfetta sintonia. “Stiamo già mettendo in comune molti aspetti della gestione, dal marketing alla cura del verde e dei principali servizi – dice Casati. – In questo modo è possibile ottenere reali risparmi che in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando permettono di non perdere posizioni in fatto di qualità. E anche i soci dimostrano di apprezzare il nuovo assetto dei due circoli”.

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Per loro cosa è cambiato? Direi che se è cambiato qualcosa, può essere solo in meglio. Hanno interessanti agevolazioni e stanno accogliendo con favore i cambiamenti. Ad esempio un socio di Montecchia può giocare a Frassanelle pagando solo 15 euro, che diventano 25 se succede il contrario. Sono green fee lontani dai prezzi standard. In più, quando Frassanelle ha chiuso per un paio di settimane, tutti i suoi soci hanno avuto la bella opportunità di continuare a giocare sulle buche di Montecchia. Quanti sono i soci dei due circoli? Un buon numero, per fortuna in leggero aumento, che ci consente di lavorare bene e di fare anche interventi concreti, integrando le due strutture. A partire dalle macchine per la lavorazione dei campi, che devono sempre essere aggiornate per consentire risparmi in termini economici e di tempo. In questo momento, a fronte di entrate che non crescono o addirittura scendono, la crisi rischia davvero di mettere in ginocchio chi non riesce a controllare i costi. Tutti ci auguriamo che finalmente passi, ma non si può restare fermi sperando di cavarsela senza danni.

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TENDENZE

Gestione, marketing e turismo

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E la politica di abbassare i prezzi a ogni stagione? Spesso, seguendola senza alternative, gli amministratori dei golf club sbagliano. Non ha senso cercare di portar via golfisti agli altri circoli per un pugno di euro. Noi siamo riusciti, dal 2011, a creare un notevole numero di nuovi giocatori e oggi abbiamo un gruppo importante di giovani, quasi un centinaio, a dimostrazione che la strada scelta – quella di miglioramento dell’offerta – è senz’altro giusta per mantenere prezzi utili a un buon bilancio. Il vostro intervento sul tappeto erboso a Montecchia fa parlare molto di sé. Che risultati sta dando? È uno dei punti cruciali del nostro nuovo corso. L’utilizzo di Bermuda Patriot su tutti e tre i percorsi ci ha portato grandi benefici, sia in termini di contenimento costi che di giocabilità. Ora diamo acqua una volta a settimana e in giugno, luglio e agosto Montecchia è comunque in condizioni perfette. Lo stesso discorso vale per l’importante riduzione di sostanze chimiche, positivo sia sul fronte dell’inquinamento sia su quello economico. Siamo stati invitati addirittura in Azerbaigian a parlare dei risultati ottenuti con questa essenza. Ripeterete l’esperienza anche a Frassanelle? Certo. Abbiamo già deciso le tempistiche. Nel 2014 effettueremo il cambio di essenza sulle prime nove, mentre le seconde saranno sistemate l’anno prossimo. In entrambe le occasioni il disagio sarà ridotto a soli due mesi, perché il sistema di conversione a Bermuda Patriot è ormai ben collaudato. E i soci del circolo avranno sempre a disposizione Montecchia per le loro giocate. Si tratta di una svolta ecologica molto importante per Frassanelle e il club ne trarrà grandi benefici.

Su cosa puntate per il futuro? L’obiettivo è offrire servizi di alta qualità, senza appesantire le quote dei soci. Per migliorare i bilanci dobbiamo applicare al meglio le sinergie e puntare sul turismo. Anche a livello internazionale stiamo incontrando sempre meno golfisti “raffinati”, ma un numero crescente di giocatori che guardano con attenzione alle cifre da pagare e ai servizi offerti quando operano le proprie scelte. Inoltre è fondamentale andare a cercare nuovi golfisti che possono arrivare dalla Cina, dalla Corea e da aree lontane. È quello che, già parecchi anni fa, è stato l’obiettivo di Dubai e degli Emirati Arabi. Avete quello che serve per attirare il turismo golfistico? L’Italia rappresenta un richiamo notevole e il miglioramento di strutture e servizi nei nostri golf club può permetterci di arrivare a standard riconosciuti normalmente anche all’estero. Montecchia fa già parte dei Leading Golf of Europe, gruppo d’eccellenza in cui si può entrare solo dopo aver superato test severi. Certo, per farlo bisogna investire, ma con la concreta speranza di rientrare dalle spese con soddisfazione per i risultati ottenuti. Il golf è a tutti gli effetti un prodotto, che bisogna saper realizzare e vendere.

Nelle foto, la magnifica clubhouse di Montecchia e la buca 15 di Frassanelle, un bellissimo par 3

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GOLF e diritto L’angolo giuridico

Tesserati o non tesserati? Cosa succede se un giocatore non in regola con l’iscrizione alla Federgolf accede al campo? E le responsabilità dei Circoli in caso di incidente? Cerchiamo di fare chiarezza su una materia molto delicata Avv. Paolo Montanari

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l giocatore di golf dilettante, ai sensi dell’art. 16 dello Statuto della Federazione Italiana Golf (F.I.G.), è colui che svolge attività sportiva non retribuita e a titolo meramente ricreativo, sotto la giurisdizione della stessa Federazione. L’art. 18 del suddetto Statuto prevede che i Circoli e le Associazioni aggregate che dispongano di campi promozionali o campi pratica per il gioco del golf debbano tesserare tutti i loro soci presso la F.I.G. secondo le norme regolamentari federali. L’inosservanza di questa norma può comportare la cessazione dell’affiliazione dei Circoli o delle Associazioni aggregate di cui sopra alla F.I.G. per radiazione determinata da gravi infrazioni alle norme federali. I giocatori dilettanti si distinguono in: a) principiante (giocatore NON tesserato), b) giocatore non abilitato (NA) all’accesso al campo (tesserato), c) giocatore abilitato all’accesso al campo (GA), giocatore tesserato che ha ottenuto l’abilitazione al campo (carta verde) ma non ha ancora superato l’esame sulle Regole del Golf ed Etichetta, d) giocatore non classificato (NC), giocatore tesserato che ha superato l’esame sulle Regole del Golf e l’Etichetta, e) giocatore classificato, vale a dire giocatore tesserato, già NC, che ha superato la prova del campo mediante gara. In base alla suddetta distinzione l’unico giocatore dilettante NON tesserato è il principiante al quale è consentito l’acces-

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so al campo pratica al fine di acquisire una abilità minima di gioco e la conoscenza di base delle norme di comportamento in campo. I Regolamenti sportivi dei singoli Circoli possono prevedere una normativa più restrittiva sul punto, quale, ad esempio, il consentire l’accesso al campo pratica al neofita solo se accompagnato da un giocatore esperto. Al principiante, inoltre, può essere consentito di accedere al campo se accompagnato da un professionista nei limiti delle necessità didattiche. Anche in questo caso i Regolamenti sportivi dei Circoli possono prevedere delle limitazioni come, ad esempio, limitare questi accessi unicamente nei giorni feriali. Fin qui le regole statutarie della Federazione e i regolamenti sportivi dei Circoli. Cosa succede allora nel caso in cui un giocatore NON in regola con il tesseramento acceda al campo di gioco? Questa situazione nella pratica si può verificare più frequentemente di quanto si possa immaginare tanto che è intervenuta una circolare della F.I.G., la numero 11 del 10.06.2013, che ha richiamato espressamente i Circoli a prestare particolare attenzione nei controlli circa la validità delle tessere ed il Circolo di provenienza dei giocatori frequentatori giornalieri, non soci quindi del Circolo stesso, prima di consentire l’accesso agli impianti. E ciò ovviamente anche per motivi assicurativi e fiscali. Due, pertanto, sono gli elementi di rilievo (tralasciando l’aspetto fiscale su cui si tornerà con un articolo specifico) che de-

rivano per i Circoli da quanto sopra detto: mancato controllo di un requisito fondamentale del giocatore dilettante (tesseramento) con conseguente possibile violazione di obblighi statutari al cui rispetto i Circoli sono tenuti, e mancanza di copertura assicurativa in capo al giocatore. Di questo secondo punto rileva per i Circoli il caso in cui il giocatore arrechi danno a terzi. Le norme di riferimento sono costituite dagli artt. 2043 e segg. del Codice civile, i quali regolano i principi generali della responsabilità extracontrattuale per fatto illecito, la cosiddetta responsabilità “aquiliana”. Siamo in ambito puramente civile in quanto i Circoli possono essere chiamati a rispondere esclusivamente in sede civile, in solido con i giocatori, per gli eventuali danni arrecati dai giocatori stessi a cose altrui o a soggetti terzi. La responsabilità penale è, infatti, solo e sempre personale e grava unicamente sul giocatore. La responsabilità del Circolo, tuttavia, può essere anche di natura contrattuale quando, ad esempio, il soggetto terzo danneggiato è un socio del Circolo stesso (contratto di associazione) o è un frequentatore giornaliero che ha pagato il green fee. La differenza tra l’esercitare un’azione contrattuale o extracontrattuale in un giudizio può essere enorme, soprattutto in tema di onere della prova, ma non è questa, ovviamente, la sede per approfondire questo argomento. I Circoli, per evitare di dover rispondere

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a cura del Centro Studi Diritto Sport diretto dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni - mail: info@csdirsport.com

in proprio ai danni arrecati da un giocatore NON tesserato a cui è stato consentito di accedere al campo, devono prestare la massima attenzione al momento della sottoscrizione della/e polizza/e assicurativa/e e verificare attentamente presso il proprio fiduciario che questi eventi siano effettivamente ricompresi nelle garanzie prestate dall’Ente assicuratore. Quanto sopra detto vale per i Circoli affiliati alla Federazione. Diverso sarebbe il discorso per un Circolo di golf che decidesse di non affiliarsi alla Federazione. I soci di detto Circolo non sarebbero tenuti a tesserarsi presso la Federazione, ove giocassero su campi non affiliati evidentemente, e lo stesso discorso varrebbe per i frequentatori giornalieri, che potrebbero appunto non essere tesserati. A maggior ragione in questo caso si consiglierebbe al Circolo non affiliato e al giocatore non tesserato di munirsi di idonea copertura assicurativa. A questo punto corre l’obbligo compiere una piccola digressione e di riproporre la domanda che da più parti si è sollevata a margine della nascita del cosiddetto “tesseramento libero”, vale a dire del perché se una persona decide di giocare a tennis o di sciare, senza disputare gare, non ha l’obbligo di tesserarsi presso la corrispondente Federazione, mentre se la stessa persona decide di praticare il golf, senza gareggiare, è obbligata a tesserarsi presso la F.I.G. In questo senso è illuminante l’esempio degli Stati Uniti ove una minima parte dei giocatori dilettanti è iscritta alla corrispondente Federazione. Ma torniamo al tema di questo articolo. Altra figura che merita un’attenzione particolare da parte dei Circoli è quella degli accompagnatori. Spesso questi soggetti non sono giocatori di golf e si muovono sul campo senza rendersi perfettamente conto dei pericoli che ci possono essere in alcuni punti del percorso per la vicinanza delle buche. Si raccomanda ai Circoli che consentono la presenza degli accompagnatori di prevedere delle apposite clausole nei contratti assicurativi e di accertarsi che queste clausole vengano effet-

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Accanto al titolo, Lucio Colantuoni, e qui sopra Paolo Montanari, coordinatore presso il CSDS della “Sezione Golf e Diritto” tivamente inserite. Gli accompagnatori NON sono giocatori, caddie o personale addetto alla cura o manutenzione del campo e, come tali, potrebbero non essere ricompresi nelle garanzie assicurative. Per finire, un breve cenno al problema dei giocatori “esteri”. Senza voler entrare nel merito delle problematiche sollevate a proposito del giocatore straniero, estranee all’argomento di questo articolo, qui si vuole solo richiamare l’attenzione dei Circoli circa l’effettività dell’iscrizione ad un Circolo di golf straniero o a una Federazione di golf straniera e delle coperture assicurative ivi previste.

Per prima cosa può non essere semplice per il Circolo italiano verificare la veridicità dell’asserita iscrizione o tesseramento presso un Circolo estero o presso una Federazione estera per ovvi motivi. In secondo luogo ancora più difficile appare la verifica circa le eventuali coperture assicurative offerte dalla suddetta iscrizione o tesseramento. Anche in questo caso si consiglia ai club golfistici di prevedere delle clausole nelle polizze assicurative che manlevino i suddetti Circoli dagli eventuali danni provocati dai soggetti tesserati all’estero, al fine di evitare brutte sorprese!

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Donato Di Ponziano con la Ryder Cup, di cui ha seguito giĂ cinque edizioni come componente del board organizzativo

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I N T E R V I S TA

Donato Di Ponziano

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Percorso di golf con 18... domande a un personaggio che da tempo si è inserito ai vertici tecnici e organizzativi del nostro sport. Di recente ha intrapreso una nuova esperienza al Royal Park come direttore del neonato Performance Center. Di questo e di altro ci parla in una chiacchierata a 360 gradi sul golf italiano e non solo…

LA MISSIONE: CREARE NUOVI GIOCATORI di Fulvio Golob

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er il terzo numero di Professione GOLF CLUB abbiamo intervistato Donato Di Ponziano, uno dei più preparati e impegnati hommes de golf del nostro Paese. Nato a San Remo, ha iniziato a giocare al Circolo degli Ulivi ed è quindi passato professionista nel 1981. Dopo un lungo lavoro come direttore alla Scuola Nazionale della Federgolf, ha fondato il Master in golf management e turismo. Presidente del Comitato organizzatore dell’Open d’Italia dal 2003 al 2011, è componente del board della Ryder Cup dal 2004, dal 2011 presiede la PGA’s of Europe e dal 2012 occupa la carica di vice presidente della PGA Italiana. Un curriculum lunghissimo e ricco di molti altri riconoscimenti e cariche ottenuti in campo nazionale e all’estero. Ecco il “percorso” di 18 domande a cui l’abbiamo sottoposto.

1 - Attraverso i tuoi incarichi all’interno della Pga europea, hai conosciuto realtà golfistiche di ogni tipo. Dove collochi quella del nostro Paese? Il golf italiano ha sempre rappresentato una piccolissima realtà nel panorama golfistico internazionale. Oggi, guardando an-

che ai Paesi continentali, siamo purtroppo obbligati a riscontrare una posizione di assoluta retroguardia. Non mi sembra che esistano al momento i presupposti per un cambiamento sostanziale. Lo dico con estremo dispiacere. Soffriamo persino la competizione con Austria e Svizzera ed è tutto dire, considerando la morfologia del loro territorio, il numero di abitanti e le condizioni climatiche. È una cosa assurda rispetto alla quale non ci sono giustificazioni plausibili.

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- Il Royal Park è senz’altro il circolo italiano maggiormente all’avanguardia, con idee aziendali e di marketing che guardano molto a esperienze internazionali. Da poco hai iniziato un nuovo rapporto con il club torinese per l’area tecnica e di insegnamento. Come lo stai affrontando? Proprio la sua appartenenza al panorama, ristrettissimo, dei circoli che a livello europeo possiedono una forte vocazione commerciale mi ha convinto ad accettare la loro proposta di occuparmi della parte tecnica, col ruolo di direttore del “Performance Center”. Ma il mio intervento spazierà anche in altri campi ed è proprio questo che rappresenta per me una grossa motivazione. Allo stesso tempo, mi diverte la possibilità di lavorare accanto a un team affiatato di esperti di marketing

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Donato Di Ponziano con Paul McGinley, capitano della squadra europea di Ryder Cup che in settembre affronterà quella americana a Gleneagles, in Scozia. A destra è invece con il presidente della Federgolf francese, Jean-Lou Charon. sportivo e golfistico. Lo considero un privilegio che merita il massimo del mio impegno. Le aspettative nei miei confronti sono molto alte, è una nuova responsabilità che necessiterà di tanto lavoro, ma sarà lo stesso che ho sempre dedicato per portare avanti tutti i miei impegni di consulenza tecnica e gestionale in Italia e all’estero.

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- Cosa può e deve fare il professionista di golf per agevolare la crescita del nostro sport? Il professionista è prima di tutto il migliore ambasciatore di tutte le peculiarità che il golf possiede. Deve essere il primo a trasferirle al dilettante poiché nessuno meglio di lui le apprezza e le rispetta. È un lavoro dal contenuto educativo e allo stesso tempo promozionale. Credo sia indispensabile partire dal concetto che il principale obiettivo debba essere il divertimento di chi ha scelto di praticare il nostro sport. Ecco, noi dobbiamo aspirare proprio a questo, all’affermazione del principio che il golf ti fa star meglio, può essere quindi utile al miglioramento della qualità della vita di chi lo pratica. Lo è stato per noi e lo può essere per gli altri. Esiste poi la necessità da parte nostra di essere sufficientemente preparati per soddisfare le esigenze del mercato. Sono compiti che, se espletati nella maniera giusta, valgono il fatto di poter essere chiamati e considerati professionisti di golf.

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- Quali prospettive ha oggi il mercato dell’insegnamento in Europa e in Italia? Il mercato negli ultimi 20 anni è completamente cambiato. L’avvento di internet, la possibilità di viaggiare con più facilità, la maggiore copertura dei media hanno reso fruibili le informazioni tecniche a tutti. In Europa, e quindi anche nel nostro Paese, la figura dell’insegnante sta subendo un cambiamento sostanziale. La chiamerei evoluzione: un mutamento che necessita di maggiori capacità di comunicazione, di maggiore conoscenza degli aspetti propedeutici al gioco, di perfetta comprensione del ruolo di divulgatore e fidelizzatore che l’insegnante deve avere. Oggi vi sono anche più ausili tecnologici a disposizione che rendono, se ben utilizzati, più semplice il processo didattico e quello dell’apprendimento. Il futuro dell’insegnamento sarà un challenge interessante per coloro che sapranno ben interpretarlo, direi diverso da quanto ci siamo abituati a vedere, ma il ruolo del professionista sono certo che manterrà sempre la sua importanza.

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- Un giovane che voglia intraprendere la carriera di professionista nel golf quale prospettive ha? Oggi più di ieri, sia nel gioco che nell’insegnamento, la concorrenza è altissima. Nel gioco non basta il talento per riuscire. Lo standard si è notevolmente alzato rendendo sempre più diffici-

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le e sempre più selettiva la competizione tra giocatori. Servono metodo e disciplina ferrea, così come la perfetta comprensione del contesto in cui ci si muove. Chi non lo capisce non riesce a mantenere la posizione. Non basta la tecnica e a volte non basta neppure la capacità di gestire il gioco sul campo. Bisogna muoversi in modo eccezionale dentro e fuori dal campo. Chi non riesce non va avanti. Questo ci fa capire quanto sia il merito dei nostri portacolori di oggi sul tour europeo maschile e femminile. Nell’insegnamento serve molta più conoscenza rispetto al passato e molta più capacità di trasferirla attraverso un metodo efficace di comunicazione, che deve necessariamente cambiare a seconda di chi ti sta davanti. Il golf è puro individualismo anche nell’applicazione della tecnica. Trovo che insegnare a tutti con lo stesso metodo porti ad una limitazione esagerata delle possibilità concrete di aiutare l’allievo. È una soluzione comoda che può essere anche sinonimo di ignoranza. Quindi la prospettiva per chi osa pensare di poter insegnare è quella di dover essere costantemente aggiornato e saper parlare “lingue” diverse a seconda di chi hai davanti. Può essere plausibile che un individuo grasso rispetto ad uno magro possa fare lo stesso movimento per colpire la palla? Un individuo forte possa avere lo swing di uno debole? E poi un giovane e un vecchio possano usufruire della stessa tecnica? Io dico di no! Il mercato fortunatamente è sempre e comunque un elemento selezionatore.

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- Sei stato nel board di cinque edizioni della Ryder Cup. Che significato tecnico ed economico ha questa manifestazione per il golf europeo? È un torneo dal fascino straordinario, unico direi nel suo genere anche se negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno provato a fargli concorrenza con la “Presidents Cup”. Fortunatamente la storia e la tradizione non si possono inventare e quindi la coppa di Samuel Ryder continuerà in eterno ad essere un evento gollfistico eccezionale. Il suo valore economico diretto, rappresentato dagli incassi degli sponsor, dei diritti televisivi, della vendita degli spazi ospitalità e da quella dei biglietti, vale una trentina di milioni di euro. Poi ci sono i vantaggi economici derivanti dall’indotto che ricade direttamente sul territorio. L’ultima edizione al Medinah ha prodotto una ricaduta economica per Chicago pari a oltre 180 milioni di dollari. Per l’edizione 2010 al Celtic Manor, il Galles ha usufruito di entrate pari a 100 milioni di euro. La Ryder Cup è qualcosa di straordinario e solo vivendola da dentro ti rendi veramente conto della sua eccezionale portata sotto l’aspetto golfistico ed economico.

7 - Per molti anni hai avuto la responsabilità organizzativa dell’Open d’Italia. Come vedi il futuro di questo importante evento nel nostro paese? L’Open d’Italia è la vetrina più importante per il nostro golf nazionale ed è una valida opportunità di visibilità all’estero per il campo che lo ospita. Il peso della sua diffusione in termini di comunicazione ha una valenza significativa per qualsiasi brand, a patto che abbia l’interesse di apparire a livello inter-

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nazionale. I costi vivi per la sua organizzazione sono molto alti, oltre il 50% del budget deve essere destinato al montepremi. In Italia il mercato delle sponsorizzazioni per eventi di questa portata è particolarmente difficile e raggiungere il pareggio è un’impresa a volte titanica. L’obiettivo di non perdere denaro è già un traguardo e l’assenza di margini lucrativi rende poco interessante il coinvolgimento di organizzazioni esterne alla Federazione. D’altra parte il successo di un evento come l’Open lo si misura non tanto attraverso la sua capacità di fare show, quello è un risultato che quasi dovrebbe essere scontato, ma dalla forza di attirare l’interesse di aziende che credono nel suo ruolo quale veicolo utile ad aumentare il prestigio del loro brand e a incrementare le loro vendite. Il futuro credo passi attraverso una Federazione che continui ad organizzare il torneo in casa e, come è già accaduto, riesca a raccogliere la partecipazione di aziende di fama internazionale. Chi lo porta avanti ha comunque un onore eccezionale.

8 - Fai parte del Missionary Panel del Royal&Ancient. Che significato ha avuto per te l’esperienza golfistica in Paesi come ad esempio India e Pakistan? Ho lavorato in una decina di nazioni che avevano la necessità di sviluppare i loro programmi a favore della promozione del golf e del miglioramento del livello tecnico di gioco e dell’insegnamento. Nel 1995 accettai la proposta dell’R&A di recarmi in India per organizzare il sistema educativo a favore dei professionisti. Accettai con qualche titubanza, ma oggi posso dire che l’esperienza è stata eccezionale così come i risultati ottenuti. Dal nostro programma sono usciti giocatori che hanno vinto in tutto il mondo, persino nel Tour americano. Allo stesso tempo, oggi l’India possiede un sistema di insegnamento pari a quello europeo e i frutti si vedono. Dopo quasi vent’anni, continuo a recarmici e per me è sempre un immenso piacere. Anche in Pakistan è stata un’esperienza entusiasmante. Ci sono stato nel periodo di Musharraf e il presidente stesso è venuto ad inaugurare la scuola. Mi rendo conto di quanto sia stato fortunato a vivere esperienze tecniche e umane di questo tipo, in paesi diversissimi dal mio in termini di storia e tradizione. Non finirò mai di ringraziare St. Andrews e la PGA europea per avermene dato l’opportunità.

9 - Gli americani stanno puntando tutto sul coinvolgimento della famiglia e, in particolare, delle donne, che grosso modo quasi dovunque sono al massimo un terzo dei praticanti. Cosa si può fare da noi? Non credo fosse necessario essere dei geni per comprendere che il coinvolgimento delle donne all’interno del nostro sport rappresentasse uno strumento utile ad attirare i mariti ed i figli. Il golf è sicuramente uno degli sport dove la famiglia per intero può trovare la sua soddisfazione sportiva e la dimensione giusta per socializzare. La PGA americana ha saputo interpretare questa realtà creando un programma promozionale che pone al centro del sistema la donna, o meglio la madre di famiglia, con la sua capacità di guidare le preferenze dei figli

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44 e del marito verso il golf e le sue peculiarità. Una scelta ovvia ma utilissima alla crescita dei praticanti. Da noi si può copiare, ma prima è necessario fare un progetto articolato che comprenda la promozione a tutti i livelli.

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- Un problema che sta venendo a galla in ogni parte del mondo è legato al gioco lento. Come affrontarlo e come ridurre la durata di un giro di golf? Del problema ho sentito parlare recentemente persino dal grande Jack Nicklaus. Lui proponeva addirittura di svolgere le gare su 12 buche in maniera che i giocatori potessero concludere il giro in un massimo di 2 ore e mezza. Credo comunque che il problema esista e debba essere affrontato in maniera seria. Gli impegni di lavoro sempre più pressanti e il tempo limitato a disposizione sono deterrenti grandissimi alla pratica del golf. Quante volte si è sentito dire da qualcuno: “Vorrei iniziare ma non ho tempo sufficiente per poterlo fare”; oppure: “Giocherei la gara ma non posso permettermi di dedicare un’intera giornata”. Sono problemi oggettivi che rappresentano ostacoli alla diffusione del golf ma anche alla fidelizzazione dei giocatori. Senza contare che qualcuno è pure costretto a lasciare proprio per mancanza di tempo.

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- La domanda precedente è collegata al ricambio generazionale. I giovani non vogliono stare ore e ore in campo, senza smartphone o tablet. Come possiamo convincerli a giocare a golf? È un problema serio che necessita la massima attenzione, poiché il rischio di un’involuzione generale del numero dei giovani praticanti è altissima. Da quando il vecchio Tom Morris vinse la sua prima gara da professionista, le cose sono cambiate parecchio e le abitudini di chi gioca hanno subito una vera metamorfosi. Ci sono i sostenitori della tradizione a tutti i costi che si scandalizzano di fronte alle proposte di compiere qualche cambiamento a favore del modernismo. Eppure è un’assoluta verità il fatto che i giovani abbiano bisogno di allineare le loro preferenze e abitudini quotidiane anche alla pratica del golf. Possiamo creare per loro momenti di aggregazione più consoni alla loro età ed esigenze; possiamo farli divertire di più e questo deve essere il principio da seguire.

12 - Per la diffusione del golf, fondamentali i campi pubblici, che in Italia non esistono. L’unico esempio è il campo pratica Colonnetti di Torino. Non è davvero troppo poco? Tutte le volte che sento parlare di campi pubblici mi viene in mente quello di Roma inaugurato e reinaugurato dai sindaci Rutelli, Veltroni e Alemanno, ma mai nato. È la storia di una bufala che è anche il trionfo della propaganda. Tutte le volte un mattone, una cazzuola, un po’ di cemento, i giornalisti, le promesse, la spiegazione di dove ci saranno i laghetti con i volatili stanziali, la pista ciclabile per le passeggiate nella natura, la salvaguardia di questa o quell’altra pianta, ecc ecc. Difatti il campo pubblico di Roma, di cui i politici a tutti i livelli parlano da sempre, non si è mai realizzato e al suo posto rimane un’a-

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rea degradata insieme ad un cumulo crescente di detriti, che fa da cornice al solito campo nomadi. Eppure sarebbe bastato costruire un campo con tre buche e un campo pratica in ognuna delle più grandi città italiane e oggi forse qualche golfista in più, utile ai circoli che si stanno svuotando, ci sarebbe stato. Sì, oltre a Colonnetti null’altro ed è davvero troppo poco!

13 - In compenso, negli ultimi 20 anni sono stati realizzati golf club privati in eccesso e in aree sbagliate, che adesso si fanno la guerra fra loro. Ha senso la corsa indifferenziata al ribasso? Ha il senso di un dilettantismo gestionale allo stato puro. Sembra di essere al mercato dove un’offerta a meno la trovi sempre, Tutti a correre al ribasso inconsapevoli di rischiare in ogni caso di morire. Perché avere centinaia di soci che pagano una quota bassa non serve comunque per riuscire a pareggiare i conti di gestione di un campo normale. E alla fine tutti patiscono. Non vi è stata manco l’accortezza di creare un cartello regionale a garanzia del valore degli investimenti economici che sono necessari per realizzare i campi da golf. È roba che non si può credere!

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- Anche in numerosi Paesi golfisticamente evoluti la crisi si è fatta sentire, ma le soluzioni per arginarla sono state diverse da quelle adottate da noi. Ad esempio creando gruppi di circoli e consorzi fra campi per sfruttare sinergie e contenere spese. Perché in Italia è invece così difficile mettersi d’accordo? Non è una novità il fatto che l’italiano non possieda il senso dell’appartenenza alla comunità, che non riesca a fare il gioco di squadra. Preferisce provare a sentirsi realizzato perché è riuscito ad ottenere qualcosa di meglio rispetto al suo vicino. È una politica dispendiosa che mette a rischio tutto e nel frattempo si patisce. C’è da sperare che la necessità della contingenza, oltre ad aguzzare l’ingegno, apra maggiormente alla collaborazione.

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- In Francia c’è il progetto di realizzare 100 campi pratica con buche il più possibile vicino al centro delle città. Dato che da tempo hai contatti con la Federazione Francese, ce ne puoi parlare? Se non sbaglio è un progetto che nasce nel 2008 a sostegno della candidatura della Francia a nazione ospitante della Ryder Cup. La Francia era uno di quei paesi come è oggi l’Italia, nel quale esistevano tanti campi e pochi giocatori. La Federazione francese ha deciso di invertire la rotta creando campi pratica vicino alle grandi città, veri e propri nuovi serbatoi di giocatori da trasferire nei club che stanno patendo. Il principio è semplice: faccio in modo di creare nuovi adepti, che si troveranno nella situazione di poter compiere due scelte differenti: 1) rimanere socio e giocare nei campi regolamentari pagando il green fee quando si desidera giocare in un campo normale; 2) iniziare a giocare a golf nel campo pratica o promozionale che sia e decidere successivamente di spostarsi in un campo di 9 o 18 buche.

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Qui sopra, Donato Di Ponziano fotografato fra due delle più affermate proette italiane, Stefania Croce (a sinistra) e Giulia Sergas, durante l’edizione dell’Open d’Italia femminile svoltasi alle Rovedine (Milano) nel 2009.

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Quale futuro vedi per il golf italiano? Il golf italiano avrebbe bisogno di progetti concreti di espansione rivolti ad aumentare il numero dei praticanti. È indispensabile creare nuovi giocatori e questa dovrebbe essere la parola d’ordine di chi ha in mano le sorti del golf italiano. Se non si capisce che, senza un vero zoccolo duro di golfisti, non si garantisce la presenza di giovani e quindi il futuro del nostro movimento, non si riesce a migliorare la qualità tecnica dei giocatori, non si riesce ad invogliare gli sponsor a sostenere i nostri eventi, non si riesce ad interessare i media alle nostre iniziative. Insomma senza numeri non si fa nulla, è difficile pensare ad un futuro apprezzabile. Siamo ritornati ai numeri del 2007 e non colgo una vera preoccupazione, non vedo il piglio dell’emergenza. È vero che esiste la crisi economica, ma è anche vero che ci sono i margini per recuperare e crescere. Il tesseramento libero, recentemente introdotto con le aperture in termini di tempo, non credo possa rappresentare un elemento di discontinuità rispetto alla mancanza di numeri. Non lo è stato in passato e non vedo come lo possa essere adesso. Serve il giocatore che riempie i circoli vuoti e sostiene la loro sopravvivenza.

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- Indicami tre interventi che servirebbero al golf italiano per crescere. Rispondo ripetendomi e forse dicendo cose scontate, ma

non ci sono segreti. Guardiamo a chi ha fatto meglio di noi perché non è peccato copiare le soluzioni vincenti e mi sembra che la sintesi possa essere: realizziamo campi pratica o campi promozionali in tutte le più importanti città italiane; facciamo un grande progetto finalizzato alla diffusione del golf rispetto a quelle fasce di popolazione che le ricerche di marketing ci indicano come obiettivi raggiungibili; chiediamoci il motivo del perché la gente inizia a giocare e poi non prosegue. Per esempio noi professionisti dobbiamo anticipare il più possibile e promuovere l’accesso in campo dei neofiti. Il golf ha il potere di far innamorare chi lo pratica e questo può accadere solo se riusciamo a far conoscere il campo all’allievo il più presto possibile.

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E qual è il futuro di Donato Di Ponziano? Il golf mi ha dato tantissimo e io credo che la cosa più giusta per me sia quella di mettermi a sua disposizione nelle forme che si presenteranno. Così ho cercato di fare in tutta la mia carriera. La motivazione, ingrediente base per poter fare bene, è ancora tantissima e sono pronto a cimentarmi in nuovi progetti se mi piacciono. Ho vissuto in passato tante esperienze positive lasciando in alcuni casi il certo per l’incerto, ma guardo a ciò che oggi ho riscontrato in fatto di nuove opportunità e non posso che essere soddisfatto.

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Operazione restyling Ovvero, adeguare i campi all’evoluzione del gioco è un must assoluto, per aggiornare senza stravolgere anche i percorsi più belli

di Franco Piras Golf Course Architect Senior Member EIGCA

L’

architettura golfistica risponde a quattro linee progettuali: penal, heroic, strategic e la combinazione di quest’ultime. Le buche disegnate secondo la penal school prevedono una sola via verso la buca, gli ostacoli sono accettati qualsiasi sia il loro livello di difficoltà ed è abilità del giocatore evitarli per non rimanere intrappolato. Nella architettura eroico-strategica il posizionamento e la difficoltà dell’ostacolo sono commisurati al rischio che il giocatore vuol prendere nella stra-

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tegia di gioco e al valore del colpo da effettuare, per cui c’è sempre una proporzione tra risk and reward. Il disegno, la dimensione e il posizionamento degli elementi che compongono il percorso rispondono chiaramente alle volontà progettuali e sono conseguenza degli innumerevoli fattori che il progettista tiene in considerazione nel definirli. Le caratteristiche dei campi possono e devono in tale spirito essere adeguate agli standard manutentivi e tecnologici che si evolvono al passo con i tempi. Settanta anni fa non esistevano gli impianti di irrigazione, le macchine da taglio erano primordiali, la conoscenza dei concetti agronomici, dei prodotti per la cura del prato e la stessa qualità dei tappeti erbo-

si era precaria. Ugualmente la tecnologia applicata all’attrezzatura ha fatto passi incredibili migliorando la ripetitività, la precisione e la gittata dei colpi. I motivi degli interventi di ristrutturazione di un percorso possono essere di varia natura, come ad esempio l’adeguamento all’innovazione tecnologica applicata all’attrezzatura e l’utilizzo di nuovi materiali. Infatti molti campi hanno aggiunto o modificato la posizione dei battitori e degli ostacoli per compensare l’evoluzione e mantenere gli stessi livelli di interesse. Da questi interventi non sono esenti campi famosi quali St. Andrews e Augusta. Altro motivo di ristrutturazione è l’aspetto tecnico volto a creare nuove difficoltà e maggior inte-

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DESIGN

Interventi e modifiche

Pulitura del green della buca 16, l’ultimo par 3 del percorso, all’Augusta National durante il Masters dello scorso anno

resse nel gioco. Campi nati con un basso livello di difficoltà, modificando nel tempo le esigenze pianificano degli interventi quali aggiunta di ostacoli, rifacimento e ampliamento di parti del percorso e di impianti. Altri campi vengono ristrutturati per puri motivi estetici, arricchire e ammodernare viste della club house e scorci del percorso, aggiunta di ostacoli al di fuori delle traiettorie o ridefinizione di quelli esistenti, per dare una migliore percezione visiva dell’intera buca. Le ristrutturazioni più frequenti sono però quelle di carattere funzionale per risolvere problemi agronomici, di drenaggi e più in generale legati alla manutenzione. È questo il caso di green, tee e bunker realizzati secondo criteri obsoleti e

con l’utilizzo di materiali che tendendo alla compattazione creano problemi alla qualità del tappeto, alla giocabilità di alcune aree e allo smaltimento delle acque meteoriche in eccesso. È la sfida che rende interessante il gioco: affrontarlo con quel pizzico di sana follia che viene appagata da un colpo ben riuscito, da un ostacolo superato di un soffio, da una palla che si appoggia alla bandiera in un angolo del green ben difeso è ciò che gratifica il giocatore. La consapevolezza dei propri limiti va spesso in contrasto con la propria fantasia e con il fatto che ogni volta che si tira un colpo può essere quella buona. Il golfista di oggi ambisce a una “golf experience” di qualità, sia dal punto di vista tecnico che

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estetico e non lesina pur di giocare su un percorso all’altezza. Il percorso rappresenta nell’immaginario del progettista un viaggio attraverso le esperienze di gioco e le emozioni che vorrebbe far vivere ai giocatori, in un insieme di situazioni legate da un unico filo conduttore che irrazionalmente trasmette al giocatore la sensazione di piacere. I presidenti e i direttori dei circoli a volte subiscono ingiustificate pressioni di alcuni soci che vorrebbero che il campo si adattasse alla loro capacità nel gioco e si ergono ad architetti di golf ansiosi di lasciare il segno del loro passaggio. Ho assistito a interventi “caserecci” di restyling che non hanno migliorato la qualità dei campi, interventi che non hanno niente a che vedere con il contesto tecnico, paesistico e ambientale e che stonano nel resto del percorso come una macchia di sugo su di una camicia bianca. Non è chiaramente sempre così, molti circoli hanno la lungimiranza di coinvolgere propri soci con competenza e tradizione golfistica, non perché si ergano ad architetti di golf ma affinché siano di supporto al progettista per trasferirgli la conoscenza del percorso e le esigenze del circolo. Mi sento di concludere affermando che la ristrutturazione è una fase necessaria nella vita di un campo e che per avere garanzie di risultato sia in termini di creatività che di qualità di realizzazione è opportuno affidarsi a progettisti qualificati. È importante che essi non siano coinvolti nelle dinamiche del circolo e che gli si richieda un approccio metodologico e professionale, un’analisi dello stato di fatto, un piano organico che riveda non un singolo pezzo del mosaico ma l’insieme dei pezzi che lo compongono (tee, ostacoli, green, sagoma dei fairways ecc), partendo da una lista delle priorità di intervento e un budget per la realizzazione dei lavori, che tenga conto anche della futura manutenzione. E possibilmente… progettisti che non si limitino a mandare solo bei disegni, ma che siano disponibili a frequenti sopralluoghi e presenti in ogni fase del lavoro.

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Le verdi tappe del golf Dai primi convegni, iniziati nel 1989, alle certificazioni e alla Golf Environment Organization

La consegna dell’attestato GEO a Montecchia. Al microfono il segretario generale della Federgolf, Stefano Manca e al tavolo, da destra, Paolo Casati, presidente del circolo veneto e vicepresidente Fig, Franco Chimenti, Presidente Fig, e Antonio Bozzi, vicepresidente vicario Fig con delega a Impianti ed Ecologia

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AMBIENTE & ECOLOGIA 25 anni di progetti

di Paolo Croce

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o ascoltato un autentico sciocchezzaio contro il golf, un’intera giornata di pregiudizi e luoghi comuni... Comunque non ci sentiamo certo imputati, ma protagonisti attivi di benefici anche per l’ambiente”. Era il 1989 e un amareggiato Alberto Mascherpa, Consigliere FIG, ma soprattutto uomo di grande cultura e progettualità, mi forniva, quasi controvoglia, un sintetico resoconto del primo incontro, richiesto dall’ambiente golfistico, con il settore ambientalista del nostro paese. Il convegno “Ambiente, Ecologia e campi da golf” si tenne a Milano esattamente 25 anni fa, e, storicamente, è da ritenersi il primo vero momento di confronto tra il golf e l’arcipelago ambientalista, come veniva definito allora. Tale esordio comunicativo non fu certo benaugurante e rappresentò in qualche modo l’inizio di un rapporto il più delle volte conflittuale, contrastato, ma anche, sia pure occasionalmente, collaborativo. Solo negli ultimi anni esso è andato assumendo toni più sfumati, scemando ormai nella maggior parte dei casi in una più gestibile diffidenza.

La nascita della “Sezione Tappeti Erbosi” In quegli anni, tra la fine degli Ottanta ed i primi Novanta, i nostri interlocutori avevano poca voglia di “sporcarsi” le mani con il golf e in genere la risposta standard ai nostri tentativi di approccio comunicativo era del tipo: “...adesso siamo molti impegnati, magari ne possiamo riparlare...” Non mancavano però personaggi i quali, sia pur molto criticamente, avevano in qualche modo accettato un inizio di dialogo e concesso interviste al nostro mensile “Il Giornale del Golf” edito dalla FIG. Tra questi Chicco Testa, all’epoca Presidente Nazionale di Legambiente, Anna Melone (Legambiente), Anna Donati (Deputato del Gruppo Verde), Staffan De Mistura (Direttore del WWF Nazionale), Paolo Gentilomo (Direttore di Nuova Ecologia) e Alberto Ferruzzi (Presidente della Sezione milanese di Italia Nostra). Nasceva nel frattempo la Green Section della FIG (o per meglio dire la Sezione Tappeti Erbosi) fortemente voluta da Roberto Rivetti e caldamente appoggiata sempre da Alberto Mascherpa. Questo consentì di acquisire un consistente patrimonio d’informazioni e conoscenze tecniche nel settore e conseguentemente ci permise (al sottoscritto e pochi altri) di misurarci anche a livello internazionale sulle problematiche legate ai rapporti fra golf e ambiente. Vi furono i primi incontri organizzati dalla PGA Europea a Penina in Algarve (1991 e 1992), ma con troppo golf e poco ambiente per risultare significativi, e qualche timido contatto federale con Ermete Realacci, successore di Chicco Testa alla guida di Legambiente. Sinceramente ancora poco per fare chiarezza sulle sempre più numerose questioni ambientali sollevate a carico del golf. Una svolta importante si ebbe con Roberto Livraghi. Conquistata la Presidenza FIG ed ottenuta la Vice Presidenza dell’E.G.A. (European Golf Association), l’associazione che raggruppa le

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Federazioni di golf europee, Livraghi volle una presenza italiana all’interno della nascente E.G.A. Ecology Unit. Era il 1994 e, per la prima volta in campo europeo, il golf si occupava ufficialmente di ambiente. A guida del gruppo di tecnici fu posto un ambientalista inglese, il quale, grazie alle esperienze di lavoro in Belgio, parlava un perfetto francese. Ma il bilinguismo di David Stubbs non era il suo solo atout. Abile organizzatore, capace motivatore e appassionato del proprio lavoro, David fu il deus ex machina dell’unità ecologica, una fucina di idee e di progetti che in poco tempo divennero consolidata realtà. Tutti noi, componenti dell’unità proveniente da ogni paese d’Europa, dovemmo molto a David e alla sua efficienza e, per molti di noi, il suo sapere nel settore fu di grande stimolo per le nostre allora esigue conoscenze. Con Stubbs e un altro inglese, per combinazione anche lui bilingue, Jeremy Pern, avemmo poi in seguito bellissime esperienze di lavoro in Egitto e a Mauritius, ma quella è un’altra storia... Il lavoro di quegli anni, concentrato in meeting di lavoro a Bruxelles, residenza di Jo Schatten della Federazione Belga e chairman del gruppo, fu di grande portata, ma probabilmente senza l’incondizionato appoggio di Jaime Ortiz Patino, per noi semplice collega di meeting, ma nel contempo patron di Valderrama, membro del Green Committee di St Andrews, e naturalmente anche appassionato golfista, forse l’Ecology Unit non si sarebbe evoluta in qualcosa di diverso e di più ambizioso. Ricco come Creso, Jimmy così veniva amichevolmente chiamato, era uomo di rara intelligenza e cultura, e fu in buona parte grazie a lui che David Stubbs emancipò in seguito il suo rapporto con l’E.G.A. e diede vita ad una struttura operativa indipendente dalle principali organizzazioni golfistiche (St. Andrews, E.G.A., Federazioni nazionali). Committed to Green, fu inizialmente solo un piano di manutenzione ambientale del tappeto erboso per i percorsi di golf. La sua definizione si ebbe nel 1997 al Le Golf National a Parigi e venne perfezionato con successivi incontri ad Amsterdam e a Vilamoura (Algarve). Il programma era molto ambizioso e ricalcava in parte, con adattamenti alla realtà europea, l’analogo programma di certificazione ambientale della Audubon Society, operante negli States da decenni.

Arrivano gli “Impegnati nel Verde” Nel frattempo in Italia cominciavamo a muoverci, ad uscire dal nostro guscio, ad alimentare nuovi canali comunicativi, da sempre nostro tallone d’Achille. Nel 1996 ad esempio, nell’ambito della Commissione Impianti, presieduta sempre da Roberto Rivetti, si diede vita al gruppo di lavoro Golf & Ambiente, che coinvolse per la prima volta docenti universitari, progettisti di campi da golf, colleghi superintendent, su una indagine di vasta portata all’interno dei club golfistici italiani. A Taormina, nel 1997, venne organizzato un importante Workshop in cui fu presentato un modello di percorso di golf ecocompatibile e cominciammo anche, all’interno della Green Section, a cercare confronti e dialoghi con il mondo arcobaleno italiano. Ancora nello stesso anno a Valderrama, in occasione della Ryder Cup e in presenza di Jacques Santer, allora Presidente del-

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Nelle foto, alcuni scorci dei primi tre percorsi che in Italia hanno ricevuto un attestato di rispetto dell’ambiente come “Impegnati nel Verde”: qui sopra Carimate, a destra Verona e in basso Barlassina. la Commissione Europea, vi fu il lancio internazionale della Committed to Green (Impegnati nel Verde) Foundation e del relativo programma di certificazione. CtG Foundation venne concepita quale associazione senza fini di lucro preposta alla certificazione ambientale dei percorsi di golf europei. Nel 1998 fu organizzato l’Open Europeo di Birdwatching e l’Italia, con solo pochi siti e nessuno in Sardegna (territorio di grande rilievo in questo settore), si classificò seconda dietro alla Spagna. L’anno dopo, nel 1999, ancora a Valderrama (Patino in fondo non era poi un componente così comune del gruppo...) in occasione di un incontro tra scienziati europei e americani impegnati nella ricerca sul tappeto erboso, vi fu la pubblicazione e diffusione di quella che passò alla storia golfistica sotto il nome di “Valderrama Declaration”. Il documento, che vedeva nel golf un importante strumento di sviluppo sostenibile, fu firmato dai principali movimenti golfistici del globo (USGA, R&A, EGA) e dalle principali organizzazioni mondiali in materia di sport e di ambiente: WWF Internazionale, CIO (Comitato Olimpico Internazionale), UNEP (United Nation Environmental Programme) e GEEC (General Environment European Commission). Sempre nel 1999, ma questa volta in Italia, fu finalmente reso pubblico il lavoro svolto nei tre anni precedenti dal gruppo di lavoro Golf & Ambiente. I due opuscoli rispettivamente intitolati “La costruzione ecocompatibile dei percorsi di golf italiani” e “La manutenzione ecocompatibile dei percorsi di golf italiani”, pur essendo ormai datati, sono parte integrante della nostra storia e testimoni silenti del nostro impegno a favore dell’ambiente. Committed to Green emanò il primo vagito nel Bel Paese ad inizio del 2000, quando fu deciso dalla FIG di associare alla

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Commissione Impianti, che nel frattempo era stata affidata ad Antonio Bozzi, altro Consigliere Federale, anche compiti relativi alle problematiche ambientali. Si partì con l’avvalersi della collaborazione di due giovani ed appassionate esperte di ambiente, Sabrina Verde, naturalista specializzata nella vegetazione, e Marta Visentin, naturalista specializzata in ornitologia. Lo sforzo finanziario della FIG si fermò però qui e per l’avvio del progetto il sottoscritto si diede alla ricerca di sponsor e partner commerciali. La caccia ebbe un successo al di là delle aspettative tanto da coinvolgere grandi marchi (un esempio per tutti la Toro Americana). Nel 2000 venne organizzato al Centro Tecnico Federale un grande meeting di tutti i tecnici CtG. In quell’occasione lanciammo l’idea di un Centro di studio Mediterraneo sul tappeto erboso, con importanti risvolti nel settore della ricerca ambientale. Raccogliemmo adesioni favorevoli di Spagna, Portogallo, Grecia e Slovenia, il solito Patino si dimostrò ben disposto al progetto, ma il nostro entusiasmo si scontrò con l’indifferenza più totale del nuovo Presidente FIG Giorgio Fossa.

I primi tre club certificati in Italia Fortunatamente il suo fu un regno più breve del passaggio di una meteora e quantomeno il progetto CtG riprese quota. Verona, Carimate e successivamente Barlassina furono i primi tre golf club a fregiarsi del titolo di “Impegnato nel Verde” e a ottenere la bandierina verde europea. In ambito Green Section ci venne poi l’idea di utilizzare un gruppo di esperti italiani in grado di fare verifiche tecniche prima di inviare la pratica di certificazione a livello europeo. Nacque così il Comitato Tecnico Scientifico, tuttora operante sia pure per altri incarichi e composto da Franco Ajmone Marsan (Università di Torino),

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AMBIENTE & ECOLOGIA 25 anni di progetti

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Alberto Fanfani (Università La Sapienza di Roma), Maria Lodovica Gullino (Università di Torino), Alberto Minelli (Università di Bologna) e Fabio Veronesi (Università di Perugia). In seguito però, anche a causa del sempre più ridotto budget federale a disposizione, il progetto InV si arenò impaludandosi nell’indifferenza un po’ di tutti. Anche a livello internazionale le cose non andavano bene, la Committed to Green Foundation entrò in rotta di collisione con le organizzazioni golfistiche, in particolare R&A, nel tentativo di mantenere la sua credibilità di ente indipendente. Jimmy Patino si dimise dal suo importante ruolo di membro del Green Committee di R & A, e questo in un certo senso fu utile a noi italiani perché il suo posto venne preso da Stefano Manca, allora, come adesso, Segretario Generale della FIG. Poiché Londra si era nel mentre aggiudicata le Olimpiadi 2012, David Stubbs fu attratto dalle sirene del Tamigi e di fronte all’offerta di occuparsi della divisione ambiente dei Giochi Olimpici (nei quali aveva già avuto un’esperienza nel 2000 a Sydney) non seppe resistere.

E infine arrivò GEO… Anche il sottoscritto non resistette all’idea di muoversi con maggiore autonomia rispetto all’ingessata attività federale e lasciò la Fig nel 2004 confidando però di poter dare comunque il proprio apporto di esperienza e passione anche da una posizione più defilata. Non fu proprio così, ma anche questa è un’altra storia... L’anno successivo Impegnati nel Verde si trasformò in un riconoscimento ambientale dato dalla FIG ai Golf Club meritevoli di menzione per la loro opera in campo ambientale. Tale riconoscimento è attivo ancora oggi. Solo nel 2005 a livello europeo si cercò di risorgere dalle ceneri di CtG e su iniziativa di Jonathan Smith (collega di tanti meetings precedenti) si diede vita ad Amsterdam alla Golf Environment Europe, in arte GEE. Toni Bozzi venne cooptato nella

Foundation a sostegno della organizzazione. Anche quelli furono anni di entusiasmi e aspettative, si lavorò duramente in meeting e redazioni di documenti ma, contrariamente a quanto avvenuto con David Stubbs, Jonathan si dimostrò più a suo agio nell’intrecciare rapporti e contatti con R&A, assicurando in un certo senso un futuro migliore alla propria organizzazione. A Pisa nel 2008, presso il GC Cosmopolitan, vi fu un importante incontro di studio e confronto tra tutti i tecnici. In quell’occasione per la prima volta si sperimentò in concreto la metodologia per guidare un percorso alla certificazione internazionale. In quel frangente poi la predetta organizzazione mutò il proprio nome in Golf Environment Organisation con l’obiettivo di estendere la propria influenza a livello globale e non solo continentale. Oggi GEO è una realtà mondiale consolidata, con un Consiglio Direttivo nel quale Toni Bozzi siede a rappresentanza italiana e nel quale il sottoscritto, insieme a Marta Visentin, continua la sua attività in campo ambientale quale GEOSA (Golf Environment Organisation Sustainability Associates), un ruolo con il quale si fornisce assistenza tecnica ai club interessati alla Certificazione Ambientale e dei quali si verifica la candidabilità alla Certificazione. Con il medesimo entusiasmo e passione del 1989 e con il medesimo ruolo di semplice tecnico, nonostante la veneranda età, ci riproviamo a distanza di 25 anni e dopo un misero fallimento nel 2011, con lo stesso spirito collaborativo di sempre, a dialogare ancora una volta per il bene del golf. Ci sono buone premesse e sull’andamento del primo incontro con i rappresentanti delle maggiori organizzazioni ambientaliste italiane potete leggere la cronaca del meeting nelle pagine di questa rivista.

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È nato, non senza fatica, il Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (art. 6 del decreto legislativo 150 del 14 agosto 2012), presentato in febbraio a Verona durante le giornate di Fieragricola. Nel documento luci e ombre: vediamole insieme rienze, innovazioni, progetti, raccontati dai protagonisti del mondo agricolo: produttori, tecnici, ricercatori. opo lunga attesa e non senza È stato un momento interattivo di formail fisiologico “ritardo” che ci zione e di crescita per le aziende e gli imcaratterizza rispetto agli altri prenditori agricoli, organizzato come una Paesi Europei anche l’Italia è serie di talk show: gli ospiti sono stati i magora dotata di un PAN (Piano giori esperti di ogni specifico ambito della sostenibilità agricola. d’Azione Nazionale)! Presso la Fiera di Verona, dal 6 al 9 febbra- L’obiettivo: raccontare come sta evolvenio 2014, Fieragricola ha ospitato ben 18 ap- do l’agricoltura sui fronti economico, ampuntamenti in diretta dedicati al presente e bientale e sociale; offrire tanti spunti per Nella tabella sono riportate in sintesi le espeazioni previste dal Piano e icome target interessati. comprendere produrre con tecnial futuro delle1produzioni sostenibili;

Dott. Nicola Zeduri - Agronomo

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che ecocompatibili e strategie in linea con la direttiva sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari che ha sancito la difesa integrata come obbligatoria a partire dal primo gennaio di quest’anno. Tra i numerosi argomenti trattati si è anche parlato di “Consulenza in agricoltura” con un excursus su come cambierà il ruolo di Tecnici e Professionisti nei prossimi anni, in base al nuovo PAN e al decreto 150 del 14 agosto 2012. L’evento, svolto, tra gli altri, in collaborazione con Collegio Nazionale degli Agrotec-

Tab. n. 1 Target Protezione Salute

Consumatore

operatori agricoli professionali e non

popolazione presente nelle aree agricole

Rilascio Certificato di abilitazione per consulenti, distributori ed utilizzatori professionali

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Campi d’Azione

Azioni Principali

Formazione utilizzatori, consulenti e distributori di PF Vendita dei PF

Informazione e sensibilizzazione

ambiente acquatico e acque potabili

biodiversità ed ecosistemi

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Prescrizioni per la vendita

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Programmi per la sensibilizzazione dei consumatori e degli utilizzatori professionali e non professionali

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Sistema Informativo Nazionale per la Sorveglianza sulle Intossicazioni acute da PF

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Segnalazione del trattamento alla popolazione potenzialmente esposta

Controllo funzionale delle macchine irroratrici di PF

Target Tutela Ambiente popolazione presente nelle aree pubbliche

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Attivazione di insegnamenti ad hoc in corsi di laurea attinenti

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Obbligo del controllo funzionale delle attrezzature utilizzate per il trattamento

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Regolazione delle attrezzature utilizzate per il trattamento presso i Centri Autorizzati

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Divieto di irrorazione aerea

Divieto di irrorazione aerea

Misure specifiche per la tutela dell’ambiente acquatico

Specifiche sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF e misure di mitigazione del rischio per la tutela delle acque superficiali

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Nelle tabelle di queste pagine sono riportate in sintesi le azioni previste dal Piano e i target interessati.

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N O R M AT I V E

Utilizzo di fitofarmaci Target Protezione Salute Campi d’Azione

Misure specifiche per la tutela delle aree protette

Misure per la tutela di aree specifiche

Manipolazione, uso, stoccaggio, smaltimento dei PF

Difesa Fitosanitaria a basso apporto di PF

Azioni Principali

Consumatore

operatori agricoli professionali e non

Target Tutela Ambiente

popolazione presente nelle aree agricole

popolazione presente nelle aree pubbliche

ambiente acquatico e acque potabili

biodiversità ed ecosistemi

Specifiche sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF per la tutela delle acque destinate al consumo umano e delle falde acquifere

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Specifici divieti, sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF nelle aree identificate ai fini della conservazione (dir.79/409/CEE e 92/43/CEE) e nelle altre aree naturali protette (parchi nazionali e regionali, riserve ecc.)

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Specifici divieti, sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF, entro 1 anno dall’entrata in vigore del PAN, nelle Zone Ramsar

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Specifici divieti, sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF nelle aree di accesso al pubblico: parchi, giardini pubblici, campi gioco, campi sportivi, cortili ecc.

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Specifici divieti, sostituzioni e/o limitazioni d’uso dei PF lungo linee ferroviarie e strade

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Tutela dei corpi idrici intesi a scopo ricreativo

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Obblighi per la manipolazione, lo stoccaggio e lo smaltimento dei PF Applicazione delle BPA (Buone Pratiche Agricole) nella gestione dei PF all’interno dell’azienda

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Difesa integrata obbligatoria a partire dal 1 gennaio 2014

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Difesa integrata volontaria

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Agricoltura biologica

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nici, Collegio Nazionale dei Periti Agrari, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, ha delineato alcune linee guida e ha sin d’ora mostrato l’insofferenza di quanti sino ad oggi hanno operato in qualità di Consulenti. I Tecnici italiani, che operano come Consulenti sul territorio previo l’accesso ad un Ordine Professionale e sotto il controllo e la tutela dello stesso (che richiede ai propri Associati un Esame di Stato di ammissione ed aggiornamenti obbligatori) in base alla nuova normativa, anche se con i capelli bianchi e curriculum di tutto rispetto dovranno sottoporsi a nuovi corsi di formazione (si parla di 25 ore) che verranno Organizzati e disciplinati dalle Regioni! Il tutto obbligatoriamente entro il 26 novembre 2015! Viene totalmente ignorato come, al momento, a fronte della presenza in qualità di utilizzatori di fitofarmaci di ben oltre 1.650.000 aziende agricole siano stati rilasciati in Italia solo 250.000 “patentini”! Forse il problema non è formare ulteriormente coloro che già operano a norma di Legge sul mercato, quanto piuttosto far emergere e formare tutti gli altri (stiamo parlando di

oltre 1.400.000 aziende che distribuiscono fitofarmaci senza regolare permesso)! In attesa di chiarezza sull’argomento, alcune Organizzazioni Professionali hanno già anticipato che faranno ricorso ai vari livelli per far abolire/modificare tale norma.Sparita come neve al sole l’ipotesi di “ricetta” da parte dell’Agronomo condotto. Pure fumose le norme che prevedono figure atte a verificare il corretto funzionamento della attrezzature destinate alla distribuzione dei fitofarmaci; “attrezzature ad uso professionale” (in Italia operano oltre 600.000 irroratrici!) dovranno essere revisionate almeno ogni cinque anni sino al 2020 e successivamente ogni tre anni, mentre gli utilizzatori della “pompa a spalla” dovranno essere informati sulla necessità di sostituzione periodica degli ugelli e altri accessori e dei problemi causati dalla mancata manutenzione; facilmente tutto si tradurrà nell’ennesimo “bollino” da pagare ad una officina “autorizzata” (Centri prova autorizzati dalle Regioni) entro il 26 novembre 2016 e del solito corso di cinque ore per informare gli operatori sui “rischi”. Permane il divieto di irrorazione aerea.

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Confermato che l’uso dei pesticidi dovrà essere ridotto al minimo o vietato in aree specifiche quali parchi, giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative e nelle zone vulnerabili per il comparto acqua, andrà privilegiato l’impiego di prodotti a basso rischio, possibilmente NON CLASSIFICATI (indicati come: “manipolare con prudenza”). A questo punto già vigente l’obbligo che tutti gli utilizzatori professionali di pesticidi attuino i principi generali della difesa integrata! Per maggiori dettagli sarà necessario che si esprima l’Organo Legislativo delle varie Regioni, chiamate a regolamentare deroghe e permessi temporanei. La speranza è che nei prossimi mesi il PAN si traduca in “documenti chiari”, possibilmente omogenei a livello di Regioni e di facile “comprensibilità” da parte del fruitore. In attesa dei prossimi sviluppi, non ci resta che cercare di imparare a mantenere i nostri tappeti erbosi in equilibrio ed in salute senza contare sul “facile ricorso” al fitofarmaco! Sul sito di Golf & Turismo potrete trovare il testo integrale del PAN.

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I N C H I E S TA

Campi pratica - Prima puntata

Abbiamo interpellato i titolari di alcune importanti strutture cittadine per avere un quadro aggiornato sulla situazione dei driving range in Italia. Pareri diversi e a volte discordanti, salvo che su due punti: la Federgolf, che dovrebbe fare di piĂš per la promozione, e il tesseramento libero, considerato una vera calamitĂ ...

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I N C H I E S TA

Campi pratica - Prima puntata

Qui sopra, le decine di postazioni di gioco nella struttura a due piani del Centro Nacional de Golf a Madrid di Maurizio Bucarelli

I

l gioco del golf, a differenza di molti altri sport - perché di sport si tratta, anche se in tanti non lo considerano tale - non si pratica in impianti sportivi dotati di dimensioni e caratteristiche standard. Un campo da golf richiede ampie superfici e, adattandosi alla conformazione del territorio su cui viene costruito, non è mai uguale a un altro. La stessa cosa, ovviamente, vale per i campi pratica, anche se in questo caso, visto che non servono grandi aree, molte caratteristiche di base sono uguali tra loro. In Italia i campi pratica sono circa 140, ancora pochi secondo Costantino Rocca, presidente della PGA Italiana e grande sostenitore di queste strutture. “Fosse per me – dice Rocca -, ne costruirei più di uno in ogni città, possi-

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bilmente inseriti in parchi pubblici, dove i neofiti avrebbero la possibilità di provare a imparare il nostro gioco e allo stesso tempo i giocatori più esperti potrebbero allenarsi senza fare grandi spostamenti. Certo, mi rendo conto che il mio può essere considerato un sogno, ma a volte mi chiedo perché in tanti Paesi europei tutto questo è possibile e in Italia no”. Difficile reperire spazi? Costi troppo elevati? Questione di mentalità? Costantino Rocca è consapevole che questi sono tutti fattori che agiscono da freno, ma non può non sottolineare che “gli spazi esistono e il mondo della politica dovrebbe fare molto di più per agevolare le persone che vorrebbero impegnarsi a costruire queste strutture, possibilmente pubbliche e quindi aperte a tutti, con costi molto bassi”. “Ma forse il vero problema che agisce

da ‘blocco’ sta tutto nella terza ipotesi - conclude Rocca -: da noi manca la mentalità giusta per muoversi in una certa direzione e senza questa mentalità viene meno anche la volontà. Conosco persone che investirebbero in campi pratica, ma strada facendo si bloccano davanti alla burocrazia e perdono l’entusiasmo. Un sogno da realizzare comunque ce l’ho: prima o poi avrò un mio campo pratica abbinato a una vera e propria scuola per bambini. Mi piacerebbe insegnare il golf non solo agli adulti, ma anche e soprattutto a ragazzi in età scolare. Il nostro è uno sport che si pratica all’aria aperta e si basa su grandi valori morali, quindi ritengo sciocco perdere ancora tempo prezioso aspettando che i giovani arrivino da soli nei circoli. Credo sia giunto il momento di abbattere certi muri e trovare situazioni favorevoli per coin-

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57 volgere il maggior numero possibile di bambini. Creare campi pratica credo sia una delle soluzioni migliori”. Ma come deve essere il campo pratica ideale? Per Rocca la questione è molto semplice: 250 metri per il gioco lungo, tre-quattro buche corte del tipo pitch & putt e un putting green rappresentano un buon punto di partenza. Una carta d’identità questa che ci porta a Torino dove nel 2005, a fianco di realtà importanti quali Settimo e Grugliasco, è nato il Golf Club Colonnetti, una struttura pubblica, l’unica in Italia. “La nostra è una realtà che sorge nel cuore di Torino, in mezzo a un parco aperto a tutti – dice il responsabile della struttura Luca Dirindin -. La gente passa attraverso il parco e ovviamente la curiosità attira, tanto che da noi i giovani sono in aumento e quest’anno possiamo contare su 30 bambini di sei anni”. Pur non essendo in centro alla città come il Colonnetti, un’altra isola felice per i campi pratica è il Golf Club Mirasole, vale a dire il campo promozionale del Golf Club Le Rovedine, ideato per tutti coloro che intendono avvicinarsi al nostro sport. “Negli anni abbiamo lavorato per migliorare la nostra struttura – dice Franco Piras -. Sono stati fatti investimenti importanti, la gente ha apprezzato e oggi possiamo dire che stiamo raccogliendo i frutti del nostro lavoro. È vero che la crisi economica in atto ha influito su tutti, ma nonostante questo posso affermare che la nostra filosofia ci ha premiati: certo, questi non sono anni di crescita, ma nemmeno si fallisce”. Per inquadrare meglio la realtà dei campi pratica, nell’inchiesta che segue abbiamo posto cinque domande ad alcuni responsabili di queste strutture e come si può leggere non tutti si trovano sulla stessa lunghezza d’onda. Con una piccola eccezione che riguarda la Federazione (il commento unanime è che dovrebbe varare più iniziative promozionali) e un tema più che mai d’attualità, il “tesseramento libero”, considerato da alcuni una vera calamità per il golf. E, in particolare, per i campi pratica.

Le domande 1) Com’è andato il 2013? 2) Come funziona il rapporto con i golf club vicini? 3) Qual è il problema maggiore nella gestione del campo pratica? 4) I giovani sono in aumento o in diminuzione? 5) Quali previsioni per il futuro?

GOLF CLUB Colonnetti Nato nel 2005, è il primo campo pratica pubblico costruito in Italia. All’interno si trovano apposite aree di gioco per i ragazzi in età scolare e postazioni per diversamente abili. Al termine dei vari corsi, per consentire ai ragazzi neofiti e agli adulti di provare l’esperienza di “giocare” sul campo, ci sono anche quattro piccole buche par 3, del tipo pitch & putt. Le dimensioni del campo sono di circa 100 metri di larghezza per una lunghezza di 230 metri.

Risponde Luca Dirindin 1) Nonostante la crisi, il nostro 2013 non si è discostato dall’anno precedente: diciamo che in fatto di movimenti in entrata e in uscita ci siamo posizionati sui dati del 2012 e la cosa non è da sottovalutare. Il nostro campo pratica ha uno stretto rapporto di collaborazione con il Cus Torino e il compito che ci prefiggiamo è di avvicinare i neofiti per poi creare veri e propri golfisti. Per fare questo variamo molte promozioni e devo dire che ultimamente stiamo raccogliendo soddisfazioni. 2) Il rapporto con i circoli vicini è buono, tanto è vero che abbiamo stipulato molte convenzioni e organizziamo anche diversi circuiti di gare: a tale riguardo maggiori informazioni si possono trovare sul nostro sito internet.

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I N C H I E S TA

Campi pratica - Prima puntata 3) La nostra attività si basa molto sul “ricambio” e dal momento che in Italia il golf non è ancora sport popolare, la gente deve essere attratta con iniziative particolari. La nostra è una società senza scopo di lucro, quindi una volta pareggiati i conti siamo più che soddisfatti. Detto questo le maggiori difficoltà sono legate ai costi di gestione che devono tenere conto che da noi la tessera d’iscrizione costa 275 euro all’anno ed è un prezzo veramente basso. Il tesseramento libero? Guardi, il problema non ci tocca più di tanto perché qui arrivano 3-4 volte all’anno e a livello economico non c’è nessuna incidenza negativa. 4) Se parliamo di giovani in età scolare devo dire che stiamo raccogliendo buoni risultati, tanto è vero che quest’anno abbiamo già trenta bambini di sei anni che fanno regolare attività. Spero che a questi se ne aggiungano altri, anche perché la nostra ubicazione al centro di un parco favorisce l’avvicinamento dei curiosi che giornalmente ci chiedono di provare a praticare. 5) In generale i numeri dicono che esiste una contrazione, ma noi, fino a oggi, siamo riusciti a sbarcare il lunario gra-

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zie anche alle numerose promozioni che abbiamo messo in atto. E a proposito di promozioni spero vivamente che anche i vertici del golf si decidano a fare qualcosa d’importante. Il golf è uno sport come tutti gli altri, è appetibile, quindi bisognerebbe imparare dalle altre Federazioni.

GOLF CLUB IL LAGHETTO Fondato nel lontano 1968 è da sempre conosciuto con il nome di Campo Pratica Lucchesi, ed è uno dei più vecchi della Lombardia. Nel 1991 è stato battezzato con il nuovo nome, mantenendo la tradizione di campo pratica. Il percorso è composto da cinque buche par 3 che prevedono tutti gli ostacoli di un campo a 9/18 buche, quindi permettono al golfista di giocare tutti i colpi. Attrezzature: campo pratica a 22 postazioni coperte, 20 scoperte, illuminazione serale, bunker, pitching & putting green di pratica, spogliatoi, pro-shop, bar e ristorante. Tra le manifestazioni più importanti da citare “Bimbingara”, competizione annuale organizzata in collaborazione con il comitato provinciale di Milano e riservata ai bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni che abbiano frequentato un primo corso principianti presso i circoli della provincia di Milano.

Risponde Loredana Lucchesi 1) Il 2013 è stato un anno difficile per tutti, per noi in particolar modo perché oltre ai problemi della crisi economica si sono aggiunti quelli logistici legati alla nuova autostrada Brebemi. I lavori hanno comportato diversi blocchi stradali e per un certo periodo raggiungerci non è stato facile. Ne abbiamo risentito in particolare durante la settimana, mentre nei weekend siamo riusciti ad avere un buon trend. Ovviamente meno giocatori in campo pratica hanno comportato una flessione anche sull’indotto: sono diminuite le lezioni, il lavoro del pro-shop e i consumi del bar. 2) Il rapporto con i circoli vicini lo definirei ottimo. I nostri soci sono bene accetti ovunque, tanto è vero che abbiamo in atto diverse convenzioni. La nostra filosofia è sì creare un golfista, ma da noi si insegna anche a stare in campo: spieghiamo cosa vuole dire l’etichetta e questo viene apprezzato da circoli che poi ospitano i nostri associati. Insomma, noi non vogliamo che i nostri soci siano dei fenomeni sul campo, ma che sappiano comportarsi bene questo sì. Se poi riescono a coniugare le due cose, tanto meglio.

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59 3) Il problema maggiore è che devi sempre combattere con i costi di manutenzione del campo che sono molto alti. La crisi economica ti costringe a fare dei tagli, ma allo stesso tempo devi sapere mantenere nel migliore dei modi la struttura e dare sempre dei buoni servizi al cliente. 4) Guardi, la maggior parte dei nostri soci sono inseriti in una fascia d’età che va dai 25 ai 50 anni e già questa è una bella cosa. Per quanto riguarda i più giovani, nel 2013 abbiamo avuto una piccola flessione dovuta al fatto che alcuni genitori si sono iscritti in altri circoli e ovviamente i figli li hanno seguiti. Nonostante tutto, però, continuiamo ad avere un buon Club dei

Giovani, anche perché puntiamo molto sulla promozione e facciamo diversi corsi e iniziative varie. Per strutture come la nostra, però, il problema è un altro: fai imparare il golf a un giovane che diventa bravo e poi, inevitabilmente, il circolo più importante se lo porta via. Sa cosa mi ha detto qualche giorno fa mio figlio Giorgio che ha 12 anni? “Mamma io resto ancora un anno per vincere e fare un regalo alla nonna, ma poi me ne vado anch’io”. 5) Le previsioni per il 2014? Incrocio le dita e dico che siamo partiti bene. Noi da sempre facciamo la politica dei prezzi bloccati, vale a dire niente sconti e niente aumenti. Puntiamo sull’accoglienza,

sulla cortesia, sul fatto che il nostro socio deve sentirsi a casa sua. Nel 2013 c’è stata una leggera flessione, ma ora siamo arrivati a circa 300 soci e devo registrare una controtendenza interessante: molti dei nuovi arrivati sono neofiti, gente che si è avvicinata al golf per la prima volta. Poi c’è la fascia che definisco lo zoccolo duro e che comprende amici più che soci, i quali hanno deciso di rimanere con noi nonostante le tante offerte dei circoli limitrofi. Sul futuro posso aggiungere una cosa? Spero tanto che si faccia qualcosa per risolvere il problema del tesseramento libero che io considero un grande errore. CONTINUA NEL PROSSIMO NUMERO

CUS PARMA di Paolo Emilio Pacciani

La provincia di Parma ha la fortuna di godere di ben quattro realtà golfistiche vive e vivaci. Oltre a due campi a 18 buche (il Club La Rocca a Sala Baganza e il Salsomaggiore Golf & Country Club, infatti), sono ormai ben radicati sul territorio il Parma Golf a Vigatto, un 9 buche pitch & putt con ampio campo pratica, e la splendida realtà del Cus Parma che, all’interno del campus universitario alle porte della città, ospita una campo pratica e un campo con sei buche executive. Abbiamo fatto il punto della situazione proprio della sezione golfistica del Cus Parma con la segretaria Caterina Zoia, prendendo ad esempio questa realtà legata allo sport universitario che ha altre versioni a Genova e Ferrara.

universitari, quella che sarebbe la nostra mission in quanto sezione del Cus Parma. È un lavoro faticoso riuscire a sfondare fra i giovani e sicuramente possiamo e dobbiamo fare di più e di meglio. Vogliamo allargare l’utenza e abbassare l’età media”.

Com’è andato il 2013 per voi? “Direi abbastanza bene. Abbiamo tesserato circa 60 neofiti e abbiamo chiuso l’anno con 396 soci. Una cifra che mi sembra ragguardevole. Per noi è importante allargare la base dei praticanti perché il nostro compito istituzionale è quello di far avvicinare al golf chi non ha mai giocato prima, attingendo soprattutto fra gli studenti del nostro ateneo. Anche per il 2014 gli sforzi saranno indirizzati ad organizzare numerosi corsi per principianti assoluti”.

Il numero dei giovani praticanti è in aumento o in calo? “Diciamo che è stazionario. Il nostro club dei giovani, che è un po’ il nostro fiore all’occhiello, conta attualmente su una settantina di ragazzi dai 6 ai 18 anni. Abbiamo poi la grande opportunità di Giocampus, il campus estivo del Cus Parma che ospita circa duemila ragazzi dai 5 ai 14 anni ai quali vengono proposti quasi tutti gli sport, compreso il golf. Che fra l’altro risulta sempre nella lista degli sport più graditi dai ragazzi”.

Come sono i rapporti con gli altri club golfistici della zona? “Tutti gli anni facciamo convenzioni che andrebbero ulteriormente migliorate. Abbiamo un ottimo rapporto soprattutto con la realtà di Salsomaggiore che è il nostro campo da 18 buche di riferimento, ma anche con gli altri club”.

Le previsioni per il futuro? “Buone, alla luce dei lavori che ci accingiamo a fare. Stiamo per modificare il percorso rendendolo sempre più piacevole. Cambieremo le prime due buche. Inoltre amplieremo il numero dei corsi per neofiti grazie al ritorno a tempo pieno del maestro Liquorino De Gori, che si va ad affiancare a Luigi Tunnera e Mauro Moraldo. La nostra previsione è di riuscire ad aumentare il numero dei tesserati”.

Qual è il problema più grosso per la vostra gestione? “Quello di reperire sempre nuovi adepti, soprattutto fra gli studenti

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MANUTENZIONE Direttive europee

Amici

dell’ambiente

Entro il 2015 sarà adottato un nuovo piano a livello europeo per l’impiego di fitofarmaci sui tappeti erbosi, con l’obiettivo di renderlo operativo nel giro di un paio di anni. La sua applicazione avrà una ricaduta importante anche sulla gestione dei campi da golf. Vediamo come, in questo incontro con Massimo Mocioni, agronomo che collabora con la Federgolf e l’Università di Torino

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Nella foto delle due pagine di apertura, la 18 di Pebble Beach, par 5 del famoso percorso californiano sul Pacifico di Roberto Roversi

L’

Europa è entrata già da qualche tempo nei campi da golf italiani, ma in futuro la sua presenza e il suo ruolo sembrano prospettarsi ancora più marcati. Non parliamo dell’Europa dell’EGA, quella che governa il golf continentale occupandosi delle regole del gioco, del sistema di gestione dell’handicap, della famigerata “virgola” o di altri argomenti similari. Parliamo, invece, dell’Europa di Bruxelles, quella che conosciamo come UE con il suo corollario di norme e direttive, che tra le sue attenzioni e competenze ha inserito, sia pure all’interno di un settore più vasto, anche i campi da golf, in particolare prendendo in esame ciò che si rende necessario per la loro manutenzione. Da anni esistono direttive europee che disciplinano l’impiego dei prodotti chimici sui tappeti erbosi sportivi, tra i quali rientrano anche quelli dei campi da golf. Si tratta, come è facile desumere, di una questione rilevante e soggetta a continui cambiamenti. La diffusione di una più matura consapevolezza nei confronti dell’ambiente e della sua tutela, ha spinto la comunità europea a innalzare ancora di più l’asticella del limite consentito nell’uso dei prodotti chimici in questo ambito specifico. Così entro il 2015 sarà adottato un nuovo piano europeo per l’impiego dei fitofarmaci sui tappeti erbosi (l’obiettivo è rappresentato dalla loro completa abolizione) con l’impegno di renderlo operativo nei vari stati dal 2017. È evidente che l’applicazione di questo piano,

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alla stesura del quale ogni nazione ha concorso con indicazioni proprie (per l’Italia se ne sono occupati i dicasteri dell’Ambiente e della Sanità, oltre ai vari organismi nazionali di settore), avrà una ricaduta importante anche sulla gestione dei campi da golf, in particolare per quanto riguarda tutte le problematiche collegate alla manutenzione di fairway, green, tee e rough. Il golf italiano, però, si è già messo in cammino sul-

“L’obiettivo è incentivare la lotta integrata o biologica, formare operatori del settore e ridurre, o vietare, l’impiego di prodotti chimici in ambito non strettamente agricolo, come nel golf” la strada di una maggiore sensibilità ambientale coinvolgendo i circoli e le loro strutture interessate. Non a caso diversi golf club del nostro paese hanno ricevuto importanti riconoscimenti europei proprio per il loro impegno nella manutenzione dei percorsi con l’impiego di tecniche e di prodotti rispettosi dell’ambiente. Timidamente si inizia a parlare di “golf-bio”, un obiettivo magari difficile da raggiungere, ma che, in ogni caso, indica una direzione precisa verso la quale indirizzare gli sfor-

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MANUTENZIONE

Direttive europee

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Qui sopra è il turno della 7 dello Stadium, uno dei due campi del PGA Catalunya, considerato ai vertici europei.

zi dei circoli in questo specifico settore. Quelli che non si adegueranno o non coglieranno questa opportunità per mettersi al passo con i tempi e, soprattutto, con le nuove direttive comunitarie, potrebbero andare incontro a più di qualche problema. Per conoscere più da vicino questo argomento, che spesso sfugge all’attenzione del golfista che va sul campo pretendendo in ogni periodo dell’anno fairway sempre verdi e immacolati e green perfetti, abbiamo incontrato un esperto della materia come Massimo Mocioni, un agronomo con un dottorato di ricerca nella difesa dei tappeti erbosi che collabora con la Green Section della Federazione Golf e con l’Università di Torino su progetti e sperimentazioni sempre riguardanti le problematiche dei tappeti erbosi. A lui abbiamo chiesto, prima di tutto, di fare il punto della situazione. “Attualmente sono diverse le direttive emanate dalla Unione Europea che hanno influenza sulla manutenzione dei tappeti erbosi in generale e dei campi da golf in particolare, a partire da quelle relative all’inquinamento delle acque o sulla presenza di nitrati. Ma quella che preoccupa di più, al momento, è la Direttiva 2009/128, che istituisce un quadro d’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile degli agrofarmaci. In questo ambito tutti i Paesi membri sono tenuti a redigere un Piano d’Azione Nazionale, da sottoporre alla Comunità Europea, con l’obiettivo di incentivare la lotta integrata o biologica, formare gli operatori del settore e ridurre, o vietare, l’impiego di prodotti chimici in ambito non strettamente agricolo, come

nel caso dei campi da golf. Attualmente il Piano d’Azione approvato in Italia, e sottoposto all’Unione Europea, vieta l’uso di prodotti fitosanitari in aree “sensibili”, tra i quali gli impianti sportivi, preferendo tecniche alternative di difesa e prodotti biologici. Questo piano sarà progressivamente attuato con leggi e decreti specifici nel corso dei prossimi cinque anni al termine dei quali si farà una verifica dei risultati ottenuti.” Da quanto tempo si è iniziato a parlare delle problematiche ambientali che hanno poi portato all’emanazione di queste direttive? “Da molti anni in ambito europeo le tematiche riguardanti l’ambiente stanno tenendo banco. Le prime indicazioni su un uso più corretto degli agrofarmaci sono state redatte attorno al 2000, quando è stata decisa una completa revisione di tutte le molecole impiegabili e molte di loro, dopo questo intervento, sono state eliminate dal commercio in quanto pericolose per l’uomo, per gli animali e l’ambiente. Ora tutte le etichette dei prodotti, e le relative schede di sicurezza, spiegano dettagliatamente i rischi e i pericoli che l’impiego di quel determinato prodotto può produrre nell’ambiente e in tutti gli organismi.” Come era regolamentato in passato l’uso dei fitofarmaci? “L’impiego di ogni formulato commerciale da sempre deve essere autorizzato dal Ministero della Salute, così come devono essere precisate le colture, tra cui i tappeti erbosi e i campi da golf, su cui tale prodotto può essere utilizzato e le relative do-

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La buca 13 (par 3 da 170 metri) del superlativo percorso di Les Bordes, considerato il più bello di Francia. A destra la “Punch Bowl”, buca 9 del Royal Liverpool (par 4 di 350 metri), campo su cui quest’anno si disputa l’Open Championship. si. Per il tappeto erboso è stato introdotto il cosiddetto “tempo di rientro”, anch’esso indicato in etichetta. Con questo termine si indica il periodo che deve intercorrere tra il trattamento fungicida e la possibilità di utilizzare nuovamente l’area trattata che in genere è compreso tra le 24 e le 48 ore a seconda della pericolosità del prodotto.” C’è stata un’evoluzione nella produzione dei fitofarmaci? Oggi hanno caratteristiche meno invasive? “Sicuramente i prodotti oggi disponibili sono meno pericolosi rispetto a quelli usati 40 o 50 anni fa, anche se questo non significa che gli agrofarmaci possano essere usati con leggerezza. La ricerca ha puntato molto su molecole simili a sostanze naturali, come le strobilurine tra i fungicidi e i piretroidi tra gli insetticidi, proprio per cercare di ridurne la pericolosità e le dosi di impiego che sono oggi molto più basse di un tempo. Molti studi sono stati fatti anche su prodotti biologici, soprattutto per quanto riguarda gli insetticidi. Alcuni di questi sono anche utilizzabili su tappeto erboso.” Le nuove direttive comunitarie previste dal Piano d’Azione Nazionale, quale impatto potranno avere sulle modalità di manutenzione dei campi da golf? “Certamente la progressiva attuazione di queste direttive causerà maggiori problemi di gestione. Diventeranno sempre più importanti le pratiche manutentive adottate al momento opportuno, in modo da attuare vere e proprie strategie di lotta agronomica.”

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La prospettiva sarà quella di avere campi più “sani”, ma meno belli? “I campi saranno più sani grazie a un minore impiego di prodotti chimici, ma non è detto che saranno meno belli. Abbiamo già esempi in Italia di circoli in cui non si usano agrofarmaci sui fairway e sui tee e non per questo sono diventati più brutti o meno giocabili. Un problema più complesso che rischia di presentarsi con l’adozione delle nuove direttive potrebbe essere la gestione dei green dove, per ottenere la necessaria levigatezza del tappeto erboso, spesso è indispensabile ricorrere all’uso di prodotti chimici. Per queste superfici erbose particolari, però, si potrebbero effettuare eventualmente trattamenti localizzati e specifici, preceduti da una diagnosi accurata. Probabilmente i giocatori dovranno abituarsi ad avere qualche disagio a causa delle diverse modalità di manutenzione del percorso e forse ci sarà da fare i conti con qualche macchia in più sui green, ma con un’attenta programmazione a inizio stagione i problemi possono essere ridotti al minimo.” Tra la conoscenza delle normative e le competenze sui prodotti da impiegare, a chi si occupa della manutenzione del campo viene richiesta sempre maggiore professionalità. Qual è il ruolo della Federazione in questo contesto? “Da ormai 25 anni la FIG ha predisposto corsi di formazione per i Superintendent e gli addetti alla manutenzione dei percorsi di golf, dove gli allievi vengono preparati su questi argomenti e sulle migliori tecniche di gestione per ridurre i rischi

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d’attacco di patogeni fungini, insetti e infestanti. Un capitolo importante è dedicato anche alla sostenibilità ambientale dei campi da golf. Oltre a ciò, da molti anni sono state condotte ricerche, in collaborazione con diverse università italiane, per verificare l’adattabilità al nostro clima di specie macroterme da tappeto erboso (in particolare Bermuda), che sono particolarmente resistenti alle malattie fungine e alle carenze idriche. Gli esiti di questi studi hanno portato in molti campi italiani alla conversione dalle tradizionali microterme a questa specie su fairway e tee, ottenendo ottimi risultati. Attualmente sono in corso sperimentazioni per verificare il possibile impiego delle macroterme anche sui green. La Federazione, inoltre, da molti anni con la sua “Green Section” è inserita in progetti per la gestione sostenibile e la certificazione ambientale dei campi da golf.”

“Un aiuto importante dovrà arrivare anche da una diversa e più accentuata sensibilità ambientale dei nostri giocatori, affinché accettino e sopportino qualche piccola imperfezione del tappeto erboso.” Pensa che anche la progettazione dei campi da golf in futuro dovrà tener conto delle diverse modalità di manutenzione imposte dalle nuove normative sull’impiego dei prodotti chimici? “Certamente. I nuovi campi dovranno avere superfici ampie, cercando di limitare il più possibile le zone d’ombra che potrebbero causare una crescita stentata del tappeto erboso e quindi più soggetto a una maggiore sensibilità ai patogeni fungini. Molta attenzione, inoltre, dovrà essere posta nella realizzazione degli impianti d’irrigazione per avere una distribuzione più uniforme e capillare per evitare inutili consumi di acqua, così come dovranno essere attentamente studiati i drenaggi, sia quelli superficiali che sotto-superficiali. La scelta delle specie da utilizzare per il tappeto erboso in fase di costruzione svolge poi, come abbiamo già detto, un ruolo importante finalizzato a ridurre gli input di prodotti fitosanitari.” L’adeguamento e il rispetto delle nuove direttive, oltre ai benefici ambientali, porteranno anche un aumento dei costi? “Non necessariamente, anzi. Forse le spese per alcune pratiche manutentive potranno essere maggiori rispetto al passato, ma saranno compensate dal minore uso di prodotti chimici e di acqua. Conseguentemente, quindi, avremo anche una riduzione nei consumi dell’energia elettrica necessaria per il funzionamento dell’impianto di irrigazione.”

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Cosa succederà in futuro? “Sicuramente i nostri Superintendent hanno le capacità tecniche per affrontare questi problemi nella maniera migliore. Si sta cercando di aumentare il numero delle “armi” a loro disposizione per rispondere al meglio alle esigenze imposte dalle nuove direttive che sicuramente tenderanno in futuro a essere sempre più restrittive. Una di queste è sicuramente la possibilità di avere a disposizione un numero maggiore di specie e varietà da tappeto erboso impiegabili per la realizzazione di nuovi percorsi o per la conversione di vecchi tracciati. Inoltre si stanno facendo molti studi anche sul possibile impiego di prodotti biologici (come induttori di resistenza nella pianta, antagonisti, parassiti naturali) o tecniche di gestione alternative (quale una manutenzione totalmente biologica dei campi da golf), anche se al momento non abbiamo ancora a disposizione prodotti efficaci come quelli chimici. In ogni caso la strada indicata dall’Unione Europea è questa.” L’Europa comprende paesi come l’Italia o la Spagna, che hanno particolari condizioni climatiche, e come la Germania o i Paesi Bassi, dove la situazione del clima è assai diversa. Una normativa unica può creare problemi? “Purtroppo nel sud Europa, proprio per la specificità del clima, i problemi potranno essere maggiori rispetto a quelli che si incontreranno nei paesi più a nord, dove la conduzione dei tappeti erbosi è più semplice per il minore numero di patogeni pericolosi e per l’uso di specie che si sono ben adattate a quei climi. Questo è un dato di fatto. Credo, però, che ci siano gli strumenti e le competenze per fare un buon lavoro anche alle nostre latitudini. Un aiuto importante dovrà arrivare anche da una diversa e più accentuata sensibilità ambientale dei nostri giocatori affinchè accettino e sopportino qualche piccolo danno o imperfezione del tappeto erboso, sapendo che il rovescio della medaglia sarà quello di trovarsi in un ambiente più pulito e più sano.” Inutile sottolineare che l’adeguamento alle nuove norme europee in arrivo significherà, almeno nella fase iniziale, un maggiore impegno per i circoli sia sotto l’aspetto economico (basti pensare ai costi per la conversione del tappeto erboso) che quello delle professionalità impiegate per una manutenzione che richiederà sempre maggiori competenze. E tutto questo accadrà nel bel mezzo di una fase piuttosto critica del movimento golfistico italiano caratterizzata dalla riduzione del numero di giocatori che, come sanno bene i circoli, significa minori entrate per i club. Lo sforzo per seguire la strada che porta al “golf-bio”, però, deve essere assolutamente fatto non solo per rispondere a un’esigenza di rispetto ambientale sempre più sentita, ma anche per dare un’immagine diversa di questo sport spesso descritto come “cattivo” utilizzatore del territorio e poco attento all’ambiente. Forse anche questo può essere un modo con cui il golf italiano può riuscire ad attirare nuovi giocatori.

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Veduta aerea delle buca 3, 4 e 7 dell’Emirates Golf di Dubai, primo percorso che fece gridare al miracolo quando venne inaugurato 25 anni fa in pieno deserto. Oggi il panorama che circonda il campo è completamente cambiato...

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Ecco qui sopra come si presentavano i fairway del percorso Rosso di Cervia dopo il trattamento di taglio e diserbo.

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Interventi in campo

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Sei anni fa il percorso Rosso dell’Adriatic Club di Cervia è stato il primo ad accogliere la Cynodon dactylon, varietà Riviera, che poi è stata estesa agli altri due nove buche del circolo romagnolo. Ecco la “cronaca” dell’intervento, avvenuto seminando la nuova essenza

Conversione in macroterma di fairway e tee Dott. Nicola Zeduri-Agronomo

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nche se la stagione invernale 2013/14 ha fatto registrare campi impraticabili causa eccesso di pioggia e quasi totale assenza di gelo, è ormai sotto gli occhi di tutti i manutentori del verde la tendenza al ripetersi di lunghi periodi di siccità, coincidenti con la stagione estiva, alternati a precipitazioni concentrate, spesso con carattere torrenziale. Lungi dal suscitare allarmismi inutili rispetto al fenomeno di riscaldamento del pianeta ci siamo però trovati a constatare molto pragmaticamente come le “macroterme” si adattino sempre più alle condizioni climatiche registrate nel corso degli ultimi anni in aree sempre più vaste nel nostro Paese. Il campo da golf dell’Adriatic Golf Club Cervia, di 27 buche, posizionato a sud della città di Ravenna, registrava grande presenza di clienti/giocatori durante la stagione estiva, in un momento in cui i fairway, entro la cui composizione floristica hanno grande spazio le microterme Poa annua e Lolium perenne, subivano l’aggressione di molti patogeni (in primis la Magnaporthe poae) e necessitavano di ingenti volumi di acqua di irrigazione. Le considerazioni sopra esposte hanno contribuito a operare la drastica scelta di “conversione in macroterma” del tappeto erboso del campo da golf, a partire delle nove buche più vecchie. Si è optato di intervenire su nove buche alla volta, al fine di garantire la totale agibilità del campo

da golf e la regolare esecuzione del fitto calendario gare programmato. Più, in particolare, si è deciso di fare una conversione in macroterma di fairway e tee del percorso Rosso; la specie scelta per la conversione è il Cynodon dactylon varietà Riviera, gramigna riproducibile per seme, selezionata con caratteristiche di foglie fini ed accentuata resistenza al freddo invernale. Questo tipo di essenza, molto resistente alla siccità e alle malattie fungine, permette di avere un tappeto erboso in ottime condizioni e ad alto livello agonistico soprattutto nel periodo primaverile – estivo quando si verificano i maggiori afflussi di giocatori. Implicito il valore “ambientale” che la qualità di questa essenza manifesta, grazie al sensibile risparmio idrico ed al limitato uso di prodotti antiparassitari e concimi chimici. A consuntivo, è stata registrata una sensibile riduzione dei costi di manutenzione. La scelta della Riviera non fu frutto di argomentazioni “teoriche” ma rispose alla sperimentazione, avviata a partire dall’anno 2004, di diverse specie macroterme presenti sul mercato (riproducibili per rizomi e/o seme), condotte sul posto, ed al successivo allevamento, in vivaio, di circa quattro ettari il primo anno e dieci ettari il secondo di materiale destinato, con soddisfazione, alla vendita diretta da parte della Cooperativa addetta la manutenzione del campo. La programmazione dell’intervento prevedeva che le nove buche rosse fossero interdette al gioco per poco più di due mesi circa, a partire dalla tarda primavera fino all’estate e più precisamente dal 5 maggio al luglio 2008. Le prime operazioni colturali consistevano nell’impiego di diserbanti e

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In alto, la seminatrice a spaglio Befco e, sotto, il top dressig con lo spandisabbia Valentini.

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Conversione in macroterma nell’adozione di tagli “spinti”, e sono state eseguite a partire dal 6 maggio 2008 al fine di creare l’ideale letto di semina della macroterma. L’obiettivo era evitare l’esecuzione di ulteriori lavorazioni del terreno (fresature, livellamenti, etc.), mirando a seminare su “sodo” cioè su una base già resistente e consolidata, che permette di avere un tappeto subito pronto all’uso, calpestabile ed assestato, insomma “giocabile”, nel minor tempo possibile. A seguito del trattamento di taglio e diserbo ovviamente i nove fairway del percorso risultavano di un colore giallo chiaro, molto stridente con i colori tipici di questo periodo dell’ anno. Inaspettatamente il percorso risultava comunque gradito ai giocatori. A partire dal 12 maggio è stata realizzata la semina con seminatrice a spaglio “BEFCO Green site “ con dosaggio di 10 g/mq di Riviera su circa sei ettari di fairway. Il seme, molto piccolo, è stato messo a dimora con la massima precisione possibile, con due passaggi incrociati di seminatrice. Dopo la semina è stato effettuato un top dressig (stesura di un leggero strato di sabbia) con sola sabbia silicea, utilizzando uno spandisabbia Valentini trainato. Per distribuire meglio il materiale inerte si è passata la rete. Completata la semina si è deciso di non distribuire nessun tipo di concime starter o complesso per non favorire lo sviluppo del vecchio tappeto erboso e ridurre al minimo la competizione alla macroterma.

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Nella fase successiva è stata molto importante l’irrigazione: la cura e la dedizione a questa pratica permette di limitare i ristagni idrici e di mantenere nel terreno un dose di umidità idonea alla geminazione. I fairway interessati dall’operazione di riconversione sono serviti da un tipo di impianto “monorango” cioè con un solo irrigatore al centro della pista (che ovviamente non può coprire uniformemente tutta la superficie) e quindi si è dovuto ricorrere ad autobotti e ad irrigatori mobili al fine di garantire la necessaria irrigazione. A distanza di circa 15 di giorni dalla semina si è verificata la germinazione con le prime emergenze del seme di Riviera. Da tener presente come la primavera dell’anno 2008 sia stata molto fredda e piovosa, e ciò abbia rallentato parecchio la germinazione (verificatasi in analoghe esperienze sul posto anche dopo soli 7-10 giorni) e lo sviluppo della macroterma, favorendo altresì la germinazione di essenze spontanee già presenti nel tappeto precedente (in particolare la Poa annua, specie caratterizzata proprio da impressionante “potenziale biotico”, cioè produzione di seme). Alla fine del mese di maggio – prima decade di giugno abbiamo visto, come atteso (erano infatti stati sospesi i trattamenti “antigerminello” ed era venuta a mancare la competizione del tappeto erboso preesistente), crescere nei fairway un po’ di tutto: dal Pabio alla Poa annua, dalla Digitaria all’Elusine indica ed infine alla Gramigna, Cynodon dactiylon com-

Le prime irrigazioni dell’impianto fisso, coadiuvate dall’intervento di autobotti e irrigatori mobili.

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In questa pagina, alcuni punti del percorso di Cervia fotografati un paio di settimane dopo la semina.

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Due mesi circa dopo l’inizio dei lavori, le nove buche, anche se ancora non perfette, risultavano “giocabili”.

munis, non selezionato, a foglia larghissima. Ovviamente cresceva e germinava anche la varietà di Cynodon Riviera . Dalla seconda decade di giugno, quando le temperature hanno iniziato ed essere “coerenti” con il calendario e sono state raggiunte “massime” di 28/30 °C, si è reso visibile il processo di conversione vera e propria e si è fatta evidente “l’aggressione” della Riviera sulle altre specie, con recuperi di terreno apprezzabili quotidianamente. Ovviamente, in questa fase, tutte le operazioni colturali miravano a favorire questa “aggressione”. A partire dalla emissione della seconda foglia di Riviera sono state effettuate fertilizzazioni esclusivamente con azoto (sotto forma di urea). Gli sfalci, possibili dal mese di giugno, sono stati effettuati, a seconda delle varie fasi, entro un “range” compreso tra i 15 e gli 8 mm di profondità, gestiti sempre con il fine di mettere in difficoltà le specie infestanti, come la gramigna comune ed il Pabio, e favorire invece l’accestimento e lo sviluppo della macroterma Riviera. Per quanto riguarda la Poa annua (come ricordato, germinata prontamente su tutto il percorso), lo sviluppo di patogeni prima (in particolare Magnaporthe poae e Fusarium, favorite dalle continue irrigazioni associate ad alte temperature ed elevata umidità atmosferica) e le carenze idriche una volta accestito il tappeto di macroterma (la Poa era molto più esigente), hanno consentito la pressoché totale eliminazione dell’infestante indesiderata. Pur suscitando perplessità negli allarmati Soci del Circolo, la norma adottata è stata quella di non trattare chimicamente le malattie fungine, perché selettive nei confronti delle specie infestanti. La Riviera ha infatti mostrato resistenza

a tutti i patogeni sviluppati durante la stagione estiva. Possiamo tranquillamente affermare che mentre ad inizio giugno la percentuale di Riviera sui nove fairway era circa 30% contro un 70 % di essenze spontanee infestanti, a fine luglio la percentuale di Riviera è passata a circa l’80 % con percentuali del 100% di purezza in alcuni fairway. I fairways all’inizio del mese di luglio risultavano “giocabili”. La manutenzione ordinaria nel mese di luglio consisteva in 3 sfalci settimanali con macchine quintuple Reel Master Toro e concimazioni con urea. Per i tee di partenza si è proceduto invece in maniera diversa rispetto ai fairway. Siccome i tee dovevano essere livellati e ampliati, nella loro area si è diserbato il miscuglio esistente (loietto e poa) con un geodisinfestante. Poi si è formato un cassonetto (immaginate una vasca vuota, con il fondo piano e le sponde verticali in terra, di altezza di circa 15 cm) atto a contenere uno strato di mix soil (miscela di sabbia silicea e torba in proporzione 80/20 ) per uno spessore di 10-15 cm e quindi si è livellato il tutto con un greder su bobcat cingolato. La semina di macroterma varietà Riviera è avvenuta a spaglio (28-29 maggio) con carrellino distributore sempre nel dosaggio di 10-12 gr a mq incrociando i passaggi e coprendo il seme (questa volta non era semina su sodo ma su substrato modificato) passando con le ruote dentate della Sand– pro (trattorino a tre ruote impiegato abitualmente per la rastrellatura della sabbia contenuta nei bunker). A distanza di circa 45 gg dalla semina i tee erano in grado di sostenere il gioco (estremamente concentrato e lesivo del tappeto er-

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A sinistra, gli interventi per la conversione in macroterma dei tee, sui quali è stato steso uno strato di mix soil (una miscela di sabbia silicea e torba), lavorato con un greder su bobcat cingolato, poi seminato manualmente utilizzando un carrellino distributore. Qui sopra, un bel fairway di Cervia in macroterma dopo l’iniziale rodaggio. boso!) sebbene fosse stato pesantemente modificato il substrato, con riporto anche di 20 cm di sabbia e torba. Da osservare come, man mano le temperature si alzavano, la macroterma prendeva vigore e grazie alla sua aggressività abbia sostituito quasi totalmente le specie infestanti fino a raggiungere un grado di tessitura, densità e colore idonei a “fairway” da gioco di elevate prestazioni. Per cronaca, va ricordato che il 5 settembre 2008 sul percorso rosso, oggetto della riconversione in macroterma, sia stata giocata una gara Pro- Am con squadre provenienti da molti Circoli d’Italia, a seguito della quale sono stati registrati unanimi commenti favorevoli dal punto di vista tecnico ed estetico, soprattutto da parte di giocatori professionisti. Il riscontro sopra verificato per gli operatori coinvolti nella drastica riconversione è risultato soddisfacente ed incoraggiante, anche perché i pareri favorevoli espressi da elementi competenti nel gioco del golf vanno ad aggiungersi a quelli di tipo estetico, ambientale, ecologico e, non dimen-

tichiamolo, economico per la manutenzione di un campo da golf . L’uso moderato di risorse idriche e la riduzione quasi totale (un solo trattamento insetticida all’anno) di antiparassitari fanno di questa essenza un “modello” da utilizzare per il futuro; si possono coniugare “qualità e bellezza” del tappeto erboso con esigenze di contenimento del consumo del “bene prezioso acqua” e riduzione dell’inquinamento e dei costi di gestione del campo. Grazie all’esito di quanto messo in opera nel 2008 e a seguito del confronto dei costi sostenuti a Cervia ed in una situazione limitrofa dove sono state impiegate “piantine di macroterma” (con rapporto dei costi di circa 7:1, dove l’1 è il costo dell’operazione “a seme”), negli anni 2009 e 2010 sono state portate a termine le pratiche di riconversione degli altri due percorsi dell’Adriatic Golf Club Cervia. L’operazione strada facendo ha trovato sempre più entusiasti estimatori delle essenze “macroterme”.

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I due sudafricani Charles Schwartzel e, sullo sfondo, George Coetzee, al tee di partenza di una buca, in attesa di poter giocare.

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Quella delle ore e ore trascorse in campo sta diventando una piaga che rischia di mettere in crisi il nostro sport. Secondo una ricerca della National Golf Foundation americana, individuiamo le cause principali che generano il gioco lento e scopriamo i rimedi per combatterle

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rmai in tutto il mondo c’è un problema che colpisce i giocatori, amateur e professionisti, e sta intaccando pesantemente l’armonia e la stabilità del nostro sport: stiamo parlando del gioco lento. Un tempo le cinque ore di gioco venivano superate solo dai dilettanti, oggi la piaga ha colpito anche i professionisti del Tour ma penalità e ammonimenti latitano in entrambi i casi. La lentezza di alcuni golfisti può portare alla frustrazione dei compagni di team. Si perde il ritmo, la concentrazione e si rischia di mandare all’aria quella che doveva essere una piacevole giornata di sport e svago o, peggio ancora, si scoraggiano le persone a proseguire con il golf dedicandosi ad altri sport che richiedono un minor tempo. Una volta, i giocatori erano controllati dai marshall che, con tabella degli orari alla mano, erano pronti a richiamare prima e a penalizzare poi. Ora invece la presenza degli arbitri sui campi è ridotta, anche a causa della limitazione dei costi, e perciò, in caso di gioco lento, si tende a chiudere un occhio. In un recente studio condotto dalla National Golf Foundation (NGF), il gioco lento è stato citato dal 91% degli intervistati come ciò che li infastidisce di più in assoluto e ben il 34% di tutti i giocatori ha dichiarato che lo ‘slow play’ è la causa principale di allontanamento definitivo dal golf. Se questa tendenza venisse portata agli estremi potrebbe andarne di mezzo il reddito di intere comunità. Basti pensare agli Stati Uniti o alla Gran Bretagna, dove piccoli centri abitati vivono di turismo golfistico con il continuo turn over di appassionati provenienti da tutto il mondo.

Per misurare l’effetto del gioco lento sul golf la NGF ha recentemente condotto una ricerca, il ‘Pace of Play Studio’ (studio sui tempi di gioco), diretta a trovare le cause principali nell’incremento della lentezza del gioco e i suoi possibili rimedi. Prima di tutto, secondo l’indagine, un giro medio dovrebbe aggirarsi intorno alle quattro ore e 20 minuti nel fine settimana o in alta stagione, mentre dovrebbe restare sotto le quattro ore durante i giorni infrasettimanali. In realtà, l’87% di tutte le 18 buche giocate in qualsiasi giorno non è durato meno di quattro ore e 30 minuti. Come sottolineato dal recente ‘Pace of Play Studio’, non esiste un’unica causa che genera il gioco lento, ma sono molteplici fattori che, sommati tra loro, portano inesorabilmente i giocatori a trascorrere tempi molto lunghi in campo e, di conseguenza, in molti casi li convincono ad allontanarsi dalla pratica del golf. Ed ecco le cause principali del gioco lento in base alla ricerca della NGF: • I golfisti giocano da tee di partenza non adeguati al loro handicap (57 %) • Passano troppo tempo a cercare le palle perse (56%) • Passano troppo tempo alla buvette (37 %) • Lasciano i carrelli posizionati in modo inadeguato davanti al green (33 %) • Perdite di tempo con gli ostacoli d’acqua (24 % ) • Mancanza di etichetta e di cultura golfistica (17 %) • Dover affrontare colpi ciechi (12 %) • L’intervallo tra un tee time e l’altro è troppo breve (9%)

Phil Mickelson e il suo caddie in attesa durante una gara del World Golf Championship disputata in Cina.

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Il gioco lento

Gli slice fateli in fretta

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Presidente dell’Associazione Italiana Giornalisti Golfisti, dopo aver inseguito per decenni le notizie da cronista (Il Giornale, La Repubblica), poi da caporedattore (La Voce, Corriere della Sera), era convinto che l’età e l’esperienza gli avrebbero regalato più tempo per giocare. Si sbagliava: trascorre più tempo al computer a scrivere storie legate a ferri e palline che a imbucare.

Riprendiamo da Golf & Turismo (aprile 2013) l’editoriale di Marco Dal Fior inserito in un articolato servizio dedicato al gioco lento visto dai giocatori non professionisti

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i avrete visti anche voi. Quelli che arrivano sul tee della 1 tranquilli e sorridenti, per poi farsi sorprendere dalla apparentemente ovvia – ma non per loro - necessità di tirar fuori una pallina dalla sacca. Infilano le mani in quell’armadio ambulante che si ostinano a trascinare per tutte le 18 buche e, tra banane, bibite, creme abbronzanti e sofisticate apparecchiature per la misurazione delle distanze, finalmente trovano l’oggetto della loro ricerca. Ma non è finita: a questo punto realizzano che un tee potrebbe fare al caso loro. Ne analizzano con compiaciuta competenza una manciata studiandone caratteristiche, altezza e colore per poi, alla fine, propendere per una scelta che ritengono adeguata. Il vostro piede destro a questo punto, invece di reggere il peso del backswing e contrastare la rotazione acconsentendovi di accumulare forza esplosiva (come suggerisce il maestro al quale vi affidate nella speranza di migliorare lo score) si agita ritmicamente in alto e in basso, come quello di un batterista impazzito. Avete fretta di giocare, aspettate il vostro turno con impazienza e quello è ancora lì che decide che legno giocare. “È un par 5, con cosa vuoi cominciare, con il putt?” - vi verrebbe da urlargli. Ma vi trattenete: educazione ed etichetta lo impongono. Sono solo le avvisaglie del gioco lento. Spesso basta questa presentazione sul tee per capire che ci vorranno molto tempo e molta pazienza per arrivare al green della 18. Impiegare cinque o sei ore della propria giornata per rincorrere una pallina ed infilarla in buca è un lusso che solo in pochi si possono permettere. È questo il vero scoglio nella diffusione del golf. Quello economico, legato all’acquisto delle azioni e al pagamento delle quote annuali, è stato in larga parte superato. La cosa curiosa è che mentre la media delle quote sociali diminuiva o restava stabile, sono lievitati oltre il tollerabile i tempi di gioco. Lamentarsene non basta. Occorre trovarne le cause e, se possibile, mettere in campo i rimedi. Sulle cause io qualche idea me la sono fatta. So che qualcuno storcerà il naso, ma la categoria dei maestri non può chiamarsi fuori dalla discussione. Accompagnare l’allievo solo nel percorso dal tappetino del campo pratica al tee della buca 1 non basta. Non è mai bastato. Occorre trasmettere, oltre alla sequenza dello swing, tutto quel bagaglio di regole e cultura che fanno del golf uno sport diverso. Il rispetto del campo e il rispetto degli altri sono i due cardini su cui si fonda questa magnifica ossessione. A chi tocca insegnare questi principi

se non ai professionisti che con tanta solerzia inculcano i movimenti corretti per far rotolare la pallina verso la bandiera? Il gioco lento è una clamorosa mancanza di rispetto verso gli altri giocatori e verso i team che seguono. Saper “stare in campo” è il primo passo verso il Gioco, quello con la G maiuscola. E non perdere tempo fa parte di questo bon ton mai abbastanza insegnato. Un secondo ingrediente di questo dilatarsi dei tempi di gioco mi pare di individuarlo nell’indigestione tecnologica che affligge il giocatore moderno. Laser, telemetri e Gps sono senz’altro utili, ma fidarsi di questi strumenti come di totem in grado di neutralizzare slice e toppate è un clamoroso abbaglio. Sul tee di partenza di un par 5 ho visto un tale misurare a che distanza fosse la bandiera. Era un dignitoso e possente terza categoria. Avrebbe potuto sperare di sparare il suo drive – nel migliore dei casi a duecento e qualche metro (cosa che poi non è stata: campanile drammatico e tee delle donne superato di un sospiro): a cosa gli serviva sapere che l’asta era a 487,5 metri da dove stava tirando, se non a perdere tempo? E perché prima di ogni colpo devo assistere basito a rilevazioni topografiche da far invidia a un geometra prima di veder partire slice inguardabili o socket mefitici? Anch’io spesso faccio slice e gancioni, ma almeno li faccio in fretta. Quanto ai rimedi, alcuni sono già stati suggeriti e addirittura sperimentati, dalle gare a 9 buche (non risolvono il problema, ma almeno dimezzano i ritardi) fino ad altri più contestati sotterfugi (buche più grandi, partenze più avanzate). C’è anche chi – prendendo la questione di petto – l’ha buttata sull’atletico: la scorsa estate Gressoney ha tenuto a battesimo in Italia il “Running golf”, ossia il gioco a tempo. Dove nel risultato finale contano il numero dei colpi tirati, ma anche il tempo totale impiegato. I concorrenti sono stati abbondantemente sotto i 45’ per chiudere 9 buche. Ora nessuno chiede di applicare questa formula anche alla Coppa Fragola della domenica. Ma di far rispettare i tempi, questo sì.

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I N C H I E S TA Il gioco lento

Il giocatore americano Olin Browne si rilassa sdraiandosi sulla sua sacca durante il quarto giro del Deutsche Bank Championship, vinto lo scorso anno dallo svedese Henrik Stenson Oltre a questi risultati, un approfondimento con altri gruppi di golfisti ha aggiunto ulteriori motivi che generano lentezza: • I giocatori dovrebbero avere un passo più rapido ed essere già pronti sulla palla quand’è il loro turno di gioco. • Gli amateur tendono a emulare i professionisti atteggiandosi a tali e perdendo tempo nella lettura delle mappette di ogni buca, nel calcolo minuzioso dei metri e nelle eccessive prove prima di ogni colpo. • I giocatori marcano il proprio score prima di lasciare il green e non sul tee successivo, mentre gli altri tirano il loro drive • Ritardi sui tee di partenza • Green troppo veloci • Rough troppo alto per le classiche ‘gare della domenica’ • Scarsa segnaletica sul percorso, che ingenera errori in chi non conosce il campo La soluzione immediata per risolvere questi problemi non c’è, non è possibile avere una bacchetta magica e far sparire in un secondo il fardello del gioco lento. Ma se ci sono tante note negative legate a questo problema, se ne possono trovare altrettante positive per aiutare i numerosi golfisti che, ogni anno, rischiano di allontanarsi dal golf. Ecco qualche consiglio, con relativa importanza percentuale, in base alle risposte ottenute. • I circoli dovrebbero posizionare i tee di partenza in modo adeguato rispetto ai diversi livelli di gioco (47 %) • Sarebbe importante allargare i fairway (40 %) • Fondamentale la conoscenza dell’etichetta da adottare in campo (37 %) • Rough meno alti (35 % ) • Minor numero di ostacoli d’acqua (30 %) • Maggiori intervalli tra un tee time e l’altro (27 %)

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Come si è detto, lo ‘slow play’ è ormai una questione di portata globale che coinvolge non solo gli amateur impegnati ogni week end nei diversi circoli, ma anche i professionisti e le proette di tutto il mondo. A questo proposito Gled D. Nager, presidente della United States Golf Association (USGA) ha promosso per tutto il 2013 la campagna ‘While we’re young’ (Finché siamo giovani) per educare i golfisti e i manager del settore e trovare possibili soluzioni al problema. Tra i portavoce ufficiali, alcune stelle del golf quali Tiger Woods, Arnold Palmer, Annika Sorenstam, Paula Creamer e il celebre coach americano Butch Harmon. Attraverso uno slogan divertente e spensierato si incoraggiavano i golfisti di tutti i livelli ad aderire a un movimento che aiuti a migliorare il ritmo di gioco, riducendo i tempi. Ma il golfista è solo una componente all’interno di un sistema complesso e integrato che determina il gioco lento. Ci sono infatti diversi fattori che contribuiscono a rallentare il ritmo: la progettazione dei campi da golf, la loro configurazione, la gestione del percorso e la segnaletica. La campagna ‘While we’re young’ ha debuttato allo U.S. Open maschile del 2013 ed è proseguita durante gli U.S. Open femminile, Senior, Amateur e sulle emittenti televisive NBC, ESPN e Golf Channel. In conclusione, il tempo è uno dei beni più preziosi e il gioco lento, sempre più di attualità, è diventato uno dei maggiori avversari per la crescita del golf. È perciò necessario che tutti si attivino affinché questo problema sia limitato e il golf non perda altri praticanti. Prima regola da seguire è riconoscere che il gioco lento non è solo colpa… degli altri. E poi, accettata questa realtà, viene tutto il resto.

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