PROFESSIONE
by GOLF&TURISMO
GOLF CLUB CLUB
INCHIESTA
Il nostro posto in Europa MANUTENZIONE
Gli interventi invernali
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore
NUOVI CAMPI
Pramerica Course e Le Saie ECOCOMPATIBILITÀ
Un futuro biologico PROPOSTE
Dieci idee per sviluppare il golf PERSONAGGI
Giuseppe Nava e Achille Ripamonti
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SOMMARIO INVERNO 2013
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GOLF CLUB
Trimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno I - numero 2 - novembre 2013 - 8,00 euro
EDITORIALE - Ma in Italia si gioca a golf? AITG - Parola d’ordine: ottimismo e concretezza
Direttore Responsabile: Fulvio Golob fulvio.golob@professionegolfclub.it
NEWS - Notizie dall’Italia e dall’estero
Redazione: redazione@professionegolfclub.it Andrea Ronchi (02 42419313), Federica Rossi (02 42419315), Roberta Vitale (02 42419236)
INCHIESTA - Il nostro posto in Europa
Comitato tecnico: Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico)
Carlo Manca
Hanno collaborato a questo numero: Gian Maria Bercelli, Stefano Boni, Maurizio Bucarelli, Arnaldo Cocuzza, Lucio Colantuoni, Paolo Croce, Roberto Lanza, James Lovett, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Franco Piras, Roberto Roversi, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan Grafica e impaginazione: Mario Monza (02 42419221) - grafica@publimaster.it Creative Director: Patrizia Chiesa Editore: Go.Tu. Surl Presidente: Alessandro Zonca Vice Presidente: Silvio Conconi Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob Direzione, redazione, amministrazione: Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Telefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 48953252 redazione@professionegolfclub.it amministrazione@professionegolfclub.it Sito web: www.professionegolfclub.it Abbonamenti: 02 424191 - 02 42419217 - abbonamenti@professionegolfclub.it (L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento) Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 Milano Tel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - publimaster@publimaster.it Amministratore Delegato: Alessandro Zonca Responsabile di testata: Alessio Maggini (02 42419249) - alessio.maggini@publimaster.it
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Fulvio Golob
Pagliettini, Antonangeli, Merlano, Panizzolo Federica Rossi
Andrea Ronchi
ICS - Soluzioni per il golf
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SERIOUS GOLFERS - Gioco lento? No, grazie Filippo Motta
PROPOSTE - 10 idee per sviluppare il golf
Federica Rossi
CIRCOLI ITALIANI - Royal Park raddoppia Fulvio Golob
TECNOLOGIA - Una card per tutti gli usi Redazione
NUOVI CAMPI- Al cospetto dell’Etna Franco Piras
ASSOCIAZIONI - Professione Club Manager Arnaldo Cocuzza
GOLF E DIRITTO - Cosa succede con i golf cart?
Lucio Colantuoni
GIUSEPPE NAVA - A Carimate con passione
Roberto Zoldan
INCHIESTA - Stiamo lavorando per voi Roberto Roversi
ACHILLE RIPAMONTI - Il signor L’Albenza Maurizio Bucarelli
MANUTENZIONE - Macroterme anche a Le Fonti Andrea Ronchi
ECOCOMPATIBILITÀ - Un futuro biologico Paolo Croce
MANUTENZIONE - Quando il termometro scende Nicola Zeduri
NUOVI MATERIALI - Così verde che sembra vera
Roberta Vitale
VINCENZO SITÀ - 38 anni fra le Betulle Roberto Lanza
ENERGIE RINNOVABILI - Il sole sul tetto Redazione
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Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo (02 42419229) - nadja.terzolo@professionegolfclub.it Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.
Stampa: Grafica Metelliana Spa Via Gaudio Maiori, Zona Ind. - 84013 Cava dei Tirreni (Salerno) © 2013 Go.Tu. Surl
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EDITORIALE
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Fulvio Golob
Ma in Italia si gioca a golf? Sembra incredibile, ma non bastano oltre 200 campi da nove buche o più per far considerare il nostro Paese una destinazione per un viaggio con sacca a rimorchio…
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l titolo è una domanda incontrata all’inizio della mia esperien- “olè” in quasi il trenta per cento dei casi, ammettendo di aver za professionale nel golf. Con Internet quasi in fasce, o comun- fatto un viaggio in Spagna negli ultimi 12 mesi. que svezzato da poco, girando su un sito americano ero incap- L’indagine, svolta per conto di Reed Exhibition, che organizza giupato in un giornalista che trattava l’Italia come una nazione da sto in Catalogna l’IGTM proprio mentre stiamo andando in macchiterzo mondo in fatto di green e fairway. Doveva intraprendere un na con questo numero, sottolinea come sia sempre la Costa del Sol viaggio in Europa e passare anche da noi, domandandosi se avreb- a fare la parte del leone, con flussi turistici tre volte superiori a Costa be trovato campi alle nostre latitudini. Mi ricordo di avergli scritto Brava e Canarie. Buone presenze anche in altre zone, come l’emercon un certo fervore e malcelata rabbia. Certo che avevamo cam- gente Costa Daurada, le Baleari e il resto dell’Andalusia. pi da golf, non solo pizza e mandolino. E anche circoli mica male. Archiviata la Spagna, arriva il problema vero. I golfisti viaggiatoQuindi giù un bell’elenco con i nomi dei club più prestigiosi, storici, ri mettono infatti in fila Portogallo (17%), Gran Bretagna e Irlanda titolati, magari con campi firmati da Trent Jones, Palmer, Nicklaus (16,1), Turchia (7,5%), Francia (7,1 %) e viaggi a lungo raggio negli e soci tanto per farmi capire meglio. Con buona pace dei bravi ar- Stati Uniti (6,9%). Arriviamo così un totale di 83,1%. chitetti di casa nostra. Venne, vide e perse, Sì ma l’Italia, dov’è? Rimane purtroppo affogarispondendomi sorpreso.:“Avevi ragione, in ta nella voce “altri” che si dividono il restanLa PGA Italiana Italia si gioca davvero a golf. Proprio non me te 16,9 per cento, superata anche dalla Turha la sua “Hall of Fame” lo immaginavo.” chia (!), che di campi al momento ne ha solo Il Consiglio della PGA Italiana ha deciso di Potrebbe sembrarvi una barzelletta, ma non è istituire la sua “Hall of Fame”. Lo scopo, una ventina e che ha “scoperto” il golf in temcosì . Per peggiorare la situazione, tenete pre- ha spiegato il presidente Costantino pi molto recenti, diciamo più o meno da una sente che il giornalista in questione era anche Rocca, è quello di dare un giusto e dozzina d’anni. Sì, ma i percorsi, tranne i tre un esperto di turismo, con tanto di rubrica di meritato riconoscimento a quei giocatori esistenti vicino a Istanbul, sono stati costruiti che negli anni, grazie ai loro eccezionali viaggi su carta stampata e on line. Negli anni, ad hoc nella stessa zona (Belek, vicino ad Anrisultati professionali, hanno contribuito però, le cose sono un po’ cambiate, mi sono allo sviluppo e alla promozione del golf talya, al centro della costa sud del Paese), credetto quando ripensavo all’episodio. Non ci italiano. Dopo attenta valutazione, il ando un vero hub golfistico. Si tratta di campi sono code davanti ai circoli come a San Siro o Consiglio direttivo della Pga Italiana ha belli e scenografici, serviti da alberghi di vari all’Olimpico per i biglietti di un derby, ma ab- deciso di assegnare questo massimo livelli, dal superlusso al due/tre stelle, e vicini riconoscimento del golf italiano a: biamo aperto tanti campi, i golfisti bene o maall’aeroporto di Antalya (poco più di 15 chilole sono aumentati, si parla molto più di golf. metri). Un progetto preciso, supportato da una • Alfonso Angelini Tutte le volte che ho partecipato a convegni • Roberto Bernardini compagnia aerea di grande qualità e in fortissiinternazionali, il risveglio però è stato mol- • Aldo Casera ma espansione (Turkish Airlines), che sul piatto brusco. Per gli stranieri Italia e golf si me- • Alberto Croce to del golf ha messo sette milioni di dollari per • Baldovino Dassù scolano come acqua e olio. All’estero si sa di il primo Open nazionale, cui ha partecipato • Federica Dassù qualche eccellenza assoluta, ma parliamo di • Donato Di Ponziano dietro lauto compenso - anche Tiger Woods. strutture che si contano sulle dita di una ma- • Carlo Grappasonni Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. no. Puntuale come la fame, la nuova ricerca • Ugo Grappasonni Visto che, a differenza di altre nazioni più agrealizzata per conto dell’IGTM (International • Diana Luna giornate e lungimiranti, per i nostri governi il • Matteo Manassero Golf Travel Market) ripropone la fatidica dogolf non esiste o forse addirittura è visto con • Pietro Manca manda del titolo. diffidenza, sono i circoli stessi che devono tro• Edoardo Molinari Per i golfisti europei la Spagna rimane la • Francesco Molinari vare la forza di collaborare fra loro per farci destinazione numero uno in tema di viag- • Francesco Pasquali conoscere all’estero. Il prossimo anno l’IGTM gi. E fin qui nessuna sorpresa, perché sole • Costantino Rocca si svolgerà in Italia, per la pervicace ostinazio• Franco Rosi e temperature da maniche corte la vincone di Carlo Borghi e del Comitato Regionale no anche sui favolosi links anglosassoni e Pur non essendo un professionista, Lombardo, che lo porteranno a Villa Erba, sul irlandesi, che però richiedono il completo in via eccezionale, quale fondatore e lago di Como. Un’occasione da non perdere antipioggia come primo indumento da in- benemerito della Pga Italiana, è stato per non sentirsi chiedere ancora: “Ma in Italia filare in valigia. Giocatori britannici, tede- eletto membro della “Hall of Fame” anche si gioca a golf?” Antonio Roncoroni. schi, scandinavi e francesi hanno risposto fulvio.golob@professionegolfclub.it
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SPECIALE CONFERENZA DI ROMA 2013 Associazione Italiana Tecnici di Golf
Parole d’ordine: ottimismo e concretezza In un momento così difficile, lo spirito di coesione è un valore che tutti dobbiamo mettere in campo. La Conferenza di fine anno ci darà sicuramente spunti interessanti da discutere, ma nel frattempo abbiamo già cercato di saldare rapporti importanti, come quelli con Federgolf e Pgai
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di Fabrizio Pagliettini
ono passati ormai otto mesi dall’insediamento del nuovo Direttivo e da quella giornata di grande emozione nella quale ci avete dato fiducia e ci avete chiesto di proseguire un cammino lungo oltre 40 anni. Devo ammettere che “il peso della responsabilità” si è sentito eccome: dal giorno successivo ci siamo dovuti mettere al lavoro cercando innanzi tutto di “creare un gruppo”, ben sapendo che la base essenziale su cui costruire qualcosa è la fiducia e lo spirito di coesione in seno al Consiglio; questo aspetto è senz’altro stato raggiunto con facilità. Ci ha aiutati il confronto leale, la trasparenza e l’unità di intenti.
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Ognuno di noi ha precise caratteristiche che ho cercato di unire in un unico progetto che possa avvalersi della professionalità del singolo. Sono orgoglioso del clima che si è creato tra di noi, orgoglioso e ottimista sul futuro perché so che da questa coesione possiamo trovare la forza per rispondere alle esigenze della collettività in un momento difficilissimo e delicato; non Vi nascondo la tristezza infinita che mi assale leggendo lettere di colleghi in difficoltà, senza lavoro; o ascoltando la voce di chi fatica a capire cosa succederà domani nel proprio Circolo. Oggi più che mai abbiamo il dovere di provare a fare qualcosa di concreto. Sono certo che la Conferenza di Roma ci darà degli spunti interessanti che però (e questo è un preciso impegno) cerche-
remo di discutere insieme (così come già fatto in diverse riunioni macroregionali) tra di noi. Vi do sin d’ora appuntamento al prossimo meeting primaverile. Sarà probabilmente un meeting “low cost” per ovvi motivi di bilancio, ma dovrà essere nel contempo “ricco” di scambi di opinioni, di confronti e progetti. Inoltre daremo voce proprio a quelle storie di colleghi in difficoltà, cercando di condividere la loro esperienza, ascoltandoli e cercando di dare loro un appoggio e un aiuto. Mi sembra opportuno per motivi di trasparenza metterVi al corrente in merito alle energie impiegate per saldare il rapporto con la Federazione Italiana Golf e con la PGAI. Riteniamo fondamentale consolidare il ruolo che ci compete in seno al movimento golfistico e possiamo dire con soddisfazione che nella prossima riunione sarà portata all’approvazione del Consiglio Federale la nomina di un Consigliere delegato ad avere rapporti con l’AITG. È un risultato concreto che, insieme ad altri piccoli tasselli, ci conforta sul peso e sull’attenzione che la nostra Associazione ha acquisito e potrà avere nel futuro. È stato perfezionato un accordo con lo Studio Legale Martinelli, che riteniamo possa essere di grande aiuto non soltanto per la nostra Professionalità ma per i Circoli che rappresentiamo. Questo aspetto di ampliare gli strumenti in nostro possesso che possano aumentare la credibilità e la stima della nostra categoria tra i Consi-
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5 gli Direttivi dei Circoli è un obiettivo primario. Sarà indispensabile parlare di noi come “gruppo” per accrescere il rispetto verso il singolo. Per questo motivo abbiamo stretto un accordo con Multigolf e saremo partner di un circuito di gare nazionali (a costo zero….) che ci consentirà di promuovere la nostra categoria, parlandone in premiazione, ottenendo spazio nella club house per i nostri banner e per il materiale divulgativo. Ovviamente non mancheranno le gare infrasettimanali a noi riservate, momento “storico” di aggregazione, ma ci è sembrato opportuno entrare nei Circoli nel week end per poter fare comunicazione seria e propositiva a vantaggio di tutta la categoria. Vi avevo promesso un contatto diretto tra un meeting e l’altro: a tal proposito proseguiremo senz’altro le riunioni macroregionali. L’esperimento iniziato lo scorso mese ha funzionato benissimo e abbiamo capito essere un modo molto propositivo per confrontarci e discutere le nostre problematiche. Da inizio anno potremo contare su una segreteria operativa aperta a orari fissi e definiti a disposizione degli associati. Ovviamente questi primi mesi ci sono serviti anche per entrare in possesso della materia e mettere le basi per lavorare con i nostri sistemi e le nostre priorità; abbiamo incontrato difficoltà da addebitare ai passaggi di consegne soprattutto tra i consulenti e i professionisti di riferimento che hanno avuto bisogno di un tempo maggiore del previsto (purtroppo non dipendente da noi) per impostare in modo chiaro la parte amministrativa. Ad oggi siamo finalmente entrati nella fase conclusiva e, appena saremo in possesso degli ultimi elementi mancanti, potremo consentire alla nostra Tesoreria e ai Revisori di lavorare con tranquillità e continuità. Le newsletter sono sempre state un punto di forza della comunicazione a vantaggio degli associati e degli sponsor. Quest’anno spero che tutti abbiamo gradito la formula innovativa inserita nella rivista Professione Golf Club che Vi è stata inviata via posta e la trovate online sul nostro sito; ci è parsa un’opportunità imperdibile di unire il servizio ai
The European Conference on Club Management 2013 “Let’s Beat the Recession” Sheraton Golf Parco dè Medici Golf and Resort - Roma lunedì 18-martedì 19 novembre 2013 Organizzato in collaborazione Associazione Italiana Tecnici di Golf (AITG) e Club Managers Association of Europe (CMAE)
PROGRAMMA CONFERENZA Lunedì 18 novembre 08:00 Apertura Registration Desk 09:30 Apertura Conferenza 09:45 La Direzione del Club in un periodo di crisi 11:15 Coffee Break 11:45 Ridurre i costi di manutenzione del percorso in fase di progettazione 13:00 Lunch 14:15 Prova macchine 14:30 Il Trend del mercato golfistico 16:00 La gestione di un Major – US Open ‘11 16:30 Coffee Break 17:00 Formazione e Crescita Professionale 17:45 Termine sessione formazione 20:00 Cena di Gala
Martedì 19 novembre 09:30 Il Club Manager, una Guida per la Governance del Circoli 10:30 Coffee Break 11:00 Essere Leader nel Club 12:00 Formare il Personale ad un Servizio di Qualità 13:00 Lunch 14:15 Tavola Rotonda area manageriale 14:15 Tavola Rotonda area verde 15:45 Saluto finale 16:00 Chiusura Conferenza
Fabrizio Pagliettini - Jerry Kilby Bill Sanderson
Jeremy Pern
Mike Leemhuis Mike Leemhuis Dr Jason Koenigsfeld
Gregg Patterson
Gregg Patterson Helen Bennett
Gregg Patterson - Fabrizio Pagliettini A cura AITG/S.N.G. Fabrizio Pagliettini - Arnaldo Cocuzza CCM
Il suddetto programma è suscettibile di variazioni. Vi preghiamo consultare il nostro sito internet www.tecnicigolf.org per prendere visione delle eventuali modifiche e di inoltrare all’indirizzo meeting@aitg.it le vostre iscrizioni o richieste di informazioni.
Soci ad una forma di promozione della categoria su una impaginazione preziosa e curata da professionisti del settore. Vorrei dedicare un saluto affettuoso a Marta Maestroni che per motivi lavorativi non può consentirci l’impostazione della Segreteria che vogliamo dare a partire dal 2014. Con professionalità ci ha accompagnato alla Conferenza e, prima di abbandonare il Suo ruolo, dedicherà l’ultimo mese dell’anno per inserire la nuova Segretaria, che avrò il piacere di presentarVi al prossimo Meeting; il Suo apporto è stato per l’AI-
TG un valore aggiunto e prezioso. L’ultimo cenno lo dedico al nostro sito; lo abbiamo impostato per essere strumento vivo e completo: mi aspetto la Vostra collaborazione per renderlo ancora più importante per tutti noi soprattutto con l’utilizzo del forum che mi piacerebbe diventasse un legame ideale tra tutte le segreterie nazionali. Consapevoli però della forza comunicativa e aggregante dei social network, ci impegneremo affinché la nostra pagina su facebook sia periodicamente aggiornata.
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La professionalità dei Circoli Da inizio ottobre è in vigore un importante accordo fra AITG e lo studio legale bolognese Martinelli Rogolino, che vanta un bagaglio ultratrentennale di esperienze nel diritto sportivo di Marco Antonangeli
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l 5 ottobre scorso è stato firmato l’accordo di collaborazione professionale con lo Studio Legale Associato Martinelli Rogolino. Chi fra i soci AITG ha già avuto modo di conoscerlo sicuramente ne avrà apprezzato le capacità professionali, a chi invece questa occasione non l’ha ancora avuta (cosa sotto certi punti di vista non del tutto negativa...) possiamo certamente dire che lo studio Martinelli Rogolino si occupa da oltre un trentennio delle problematiche del diritto sportivo, tributario e del lavoro con particolare riferimento agli Enti non commerciali arrivando ad essere oggi il punto di riferimento di diverse Federazioni Nazionali e di tantissime Associazioni e Società Sportive, tra le quali anche molti Circoli di Golf. In un momento come quello di oggi, dove alle tradizionali problematiche di gestione se ne sono aggiunte di nuove, come ad esempio quelle fiscali, avere la possibilità di potersi confrontare con uno Studio professionale qualificato rappresenta per tutti noi un’opportunità di grande valore. Venendo più al concreto vorrei sintetizzare i contenuti dell’accordo. Gli Associati avranno la possibilità di ricevere newsletter e circolari di approfondimento sulle novità legislative, ma soprattutto di poter usufruire di una attività di sportello svolta mediante risposta a quesiti inviati dai singoli Associati e, ovviamente, aventi come tema la gestione giuridico-fiscale del Club. Vorrei soffermarmi solo un attimo su quest’ultimo
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aspetto per puntualizzare alcuni elementi di sostanza e altri di carattere più operativo. La caratteristica fondamentale che i quesiti dovranno avere, fatta salvo la maggiore o minore specificità, è quella di rappresentare un argomento d’interesse generale. I quesiti potranno essere inviati dagli Associati a una e-mail dedicata dell’Associazione (che sarà attivata subito dopo il Meeting di novembre) e successivamente inviati allo Studio. Il quesito e la successiva risposta saranno pubblicati nell’area riservata del sito AITG e tutti gli Associati ne saranno informati tramite e-mail.
Gli Organi dell’Associazione potranno inoltre contare su una guida e una tutela, a loro riservata, nell’applicazione e interpretazione delle norme di legge e dei Regolamenti CONI e FIG. Lo Studio MR infine sarà presente già al prossimo Meeting primaverile, con uno dei suoi Partner, per un intervento di aggiornamento e confronto sui temi che maggiormente hanno catalizzato l’attenzione degli Associati. Non è la prima volta che l’AITG si avvale della collaborazione con lo Studio Martinelli Rogolino, ma si è voluto modificarne l’impostazione con l’augurio che tut-
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Riunione macroregionale Liguria e basso Piemonte ti gli Associati possano trovare risposte alle proprie problematiche e la possibilità di condividerle con i colleghi ci darà l’opportunità di non disperdere energie e di ottimizzare i nostri tempi sempre più frenetici. I nostri principali interlocutori saranno l’avvocato prof. Guido Martinelli e l’avvocato Ernesto Russo, di cui in calce abbiamo inserito una breve presentazione. GUIDO MARTINELLI: Avvocato presso il foro di Bologna e socio fondatore dello Studio Legale Associato Martinelli Rogolino. Docente di Legislazione sportiva presso l’Università di Ferrara e la Scuola dello Sport del CONI. Svolge attività didattica sulla fiscalità nello sport nei Master sullo sport della Luiss, della Lumsa, dell’Università di Parma e del Sole 24 ore. È condirettore scientifico della rivista “Associazioni e sport” e autore di numerosi volumi di diritto sportivo, tra i quali “Le associazioni sportive: come gestirle” e “L’ordinamento sportivo”. ERNESTO RUSSO: Avvocato presso il foro di Bologna e partner dello Studio Legale Associato Martinelli Rogolino. Presidente del “Centro Studi Fiscalità e Diritto dello Sport”. Docente della Scuola della Sport del CONI e Cultore della materia Legislazione sportiva presso l’Università di Ferrara. Componente del comitato di redazione della rivista “Associazioni e sport” e autore di numerose pubblicazioni sulle problematiche giuridiche e fiscali delle organizzazioni sportive apparse su quotidiani e riviste specializzate nonché del volume “L’ordinamento sportivo”.
Si è svolta nella bellissima sede del Golf Sant’Anna la prima riunione macroregionale AITG, fortemente voluta da tutto il direttivo e dal Presidente Fabrizio Pagliettini
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di Mariano Merlano
uesto primo appuntamento al S. Anna, al quale seguiranno altri nelle diverse macroregioni d’Italia, ha potuto mettere a confronto Direttori-Segretari e Superintendent-Greenkeeper sulle problematiche che interessano realmente i loro Circoli. Si è discusso di sicurezza, dell’importanza del giorno di chiusura a salvaguardia della salute dei giocatori, quote dumping, possibili al-
leanze tra Circoli, promozioni concordate per neofiti e problematiche sulla scontistica di green-fee e golf car. La riunione ha posto le basi per avere una maggior collaborazione tra i club, sempre più indispensabile per la crescita del golf in Italia. Si ringraziano i circoli partecipanti: S.Anna, Arenzano, Filanda, San Remo, Cus Genova, Rapallo, Colline del Gavi, Margara e Valcurone. Un sentito ringraziamento per l’ospitalità ricevuta dal Direttore del Circolo S. Anna, Marco Lucchesi, e dal Greenkeeper, Bruno Ciarlo.
Il gruppo dell’AITG all’ingresso della clubhouse del Golf Club St Anna. Nella pagina accanto Guido Martinelli, nella foto in alto Ernesto Russo.
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Come si prepara il campo per l’Open? Dieci domande aValerio Remondino A colloquio con il Course Manager del Circolo Golf Torino La Mandria, che ha ospitato quest’anno la più importante gara italiana e che nel 2014 ripeterà l’esperienza, prima di passare il testimone a Milano e Roma di Tiziana Panizzolo
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l el primo numero di Professione GOLF CLUB abbiamo pubblicato un articolo relativo al team che, per quattro anni consecutivi, dal 2009 al 2012, ha preparato il campo dell’Open d’Italia al Royal Park I Roveri e diretto da Giovasnni Baima Picit Questa volta tocca invece ai “cugini” del Circolo Golf Torino La Mandria. Il protagonista di questo articolo è Valerio Remondino, 55enne Superintendent del club torinese, in cui è entrato nel 1986. Da 1999 è a capo della squadra che lavora sulle 36 buche del circolo, dopo aver sostituito Enzo Merlo Pich che aveva raggiunto l’età del pensionamento. Ecco le nostre dieci domande e le sue risposte. Descrivici un po’ il tuo campo. Misure, essenze, parco arboreo... Il Circolo Golf Torino vanta un estensione di circa 130 ettari. Tutto il comprensorio arboreo è censito e costantemente monitorato da una ditta specializzata. Abbiamo dei bellissimi filari di farnie di circa 150 anni. Per ciò che riguarda le essenze abbiamo sui green Declaration Agrostis, nei fairway un mix di Loietto, Agrostis e Poa annua, mentre il rough è costituito di Loietto, Festuca e Poa annua.
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Pregi e difetti del tuo lavoro? Ci racconti un aneddoto simpatico che lo riguarda? Se il tipo di lavoro che ti piace è quello che fai, senz’altro è una grande fortuna. Ma il grosso difetto è che poi, anche per passione, ti impegna molto. Un aneddoto risale alla tappa del Challenge che ha ospitato il mio circolo nel 2006. Come per ogni Open, challenge o campionato che facciamo non può mancare la grigliata di chiusura. Avevamo un po’ bevuto e il collega Marco Airaudi non riusciva a chiudere la porta della macchina. Non si era accorto che c’era Matz Lanner che dormiva sul sedile posteriore, che in quell’occasione era referee. Matz Lanner invece partecipò come professionista all’Open d’Italia 1999, battendo il record del campo con uno score di 62. Cosa pensi dell’A.I.T.G.? Come e quanto ritieni possa essere utile per la tua professione? Come in tutti i campi professionali, è importante far parte di un’associazione di categoria che tuteli tutti gli operatori del settore. Ritengo di fondamentale importanza gli incontri, utili per lo scambio di esperienze ed il confronto sulle problematiche che affrontiamo nel quotidiano. Di quanti uomini è composto il tuo staff manutentivo e quale ritieni sia il numero opportuno? Il mio staff è composto di 12 operai. Sarebbe bello avere due operatori a buca come a
St Andrews, anche se mi accontenterei di averne 18 per 36 buche. Deleghi particolari lavori a ditte esterne? Utilizziamo la squadra esterna per opere per le quali non abbiamo i mezzi adeguati, ad esempio le potature con cestello, la pulizia dei bacini idrici, ecc. Oppure interventi come la sistemazione dei danni dei cinghiali, puliture dei canali... Come giudichi il tuo parco macchine e come è organizzata la sostituzione dei vecchi macchinari? Annualmente o in base a necessità? Abbiamo a disposizione un ottimo parco macchine e uno dei nostri operai è meccanico, per cui si occupa della manutenzione. Sotituiamo le macchine secondo necessità. Per la gestione dei dati del campo usi un sofware con un personal computer? Al momento non utilizzo sistemi informatici per la gestione campo, ma mi sto adeguando alle nuove tecnologie. L’acquisto e distribuzione di fertilizzanti e fitofarmaci viene eseguita autonomamente? Sì, in autonomia. L’uso dei prodotti fitosanitari viene eseguito in pre o post emergenza? Solo post emergenza.
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Nella foto sopra, il tee della buca 18 del percorso Blu, al Circolo Golf Torino, incorniciato da farnie di grande altezza. Qui sopra, un momento di lavoro nella preparazione dei collar attorno a un bunker.
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SPECIALE CONFERENZA DI ROMA 2013 Associazione Italiana Tecnici di Golf Parlando invece dei consumi irrigui, effettuate sirynge? Quali sono le vostre fonti d’approvvigionamento idrico? Sì, effettuiamo i sirynge. Per quanto riguarda l’irrigazione, al Circolo Golf Torino abbiamo un bacino idrico alimentato da un canale pubblico, che passa all’interno della proprietà del nostro club. Qual è il tuo budget? Lo ritieni adeguato tutte le operazioni che dovete effettuare durante l’anno? La cifra che abbiamo a disposizione è di circa un milione e 100mila euro. Ritengo che sia sufficiente per le nostre necessità. Rivelaci un po’ di numeri per gestire la manutenzione del campo in vista vista dell’Open d’Italia. Abbiamo in totale 16 operai impiegati un mese prima dell’Open, 12 appartengono alla nostra squadra e invece quattro sono esterni. Il team arriva fino a 24 operai durante la settimana dell’evento perché, oltre ai ragazzi della squadra esterna, ci hanno affiancato quattro colleghi volontari giunti dalla Scozia e quattro ragazzi, per due ore ogni sera, si sono occupati della sistemazione dei divot. Per quanto riguarda le macchine, questi sono i numeri: - 2 triple elicoidali per i pre-rough - 4 quintuple per i fairway - 2 triple rotative per il rough primario
- 2 macchine per i green - 2 macchine per i tee - 2 rulli 2 macchine da bunker - 5 tra gator e kubota In campo invece abbiamo avuto: - 10 cm di altezza taglio del fairway - 8 mm di altezza taglio tee e collar - 3,3 mm altezza taglio green Per l’Open d’Italia Lindt 2013, i costi sostenuti sono stati di circa 100.000 euro. La filosofia dell’European Tour per la preparazione di un campo da Open? A marzo il direttore di torneo ha fatto un sopralluogo sul campo, richiedendoci di modellare i fairway eliminando le anse presenti. Ad aprile con Scott Mc Lean, Super Intendent dell’European Tour, abbiamo programmato i tagli. Rispetto alla manutenzione ordinaria che eseguiamo sul percorso, ci hanno consigliato di eseguire due vertidrain in più sulle landing zone. I punti di forza del Golf Torino? I green duri e veloci come prediligono i giocatori del Tour e le numerose piante che caratterizzano il percorso. E le sue criticità? I bunker sono di facile allagamento durante l’estate, dopo un temporale. Inoltre per l’Open abbiamo ripristinato i 100 drenaggi del percorso.
AITG - I CONTATTI Circolo Golf e Tennis Rapallo Referente: Fabrizio Pagliettini Via G. Mameli, 377 - 16035 Rapallo (GE) Tel. 0185-261777 - Fax: 0185-261779 Country Club Castelgandolfo Referente: Riccardo Tirotti Via di Santo Spirito, 13 00040 Castelgandolfo (Roma) Tel. 06-9312301 - Fax: 06-9312244 Golf Club Bologna Referente: Marco Antonangeli Via Sabattini, 69 - 40050 Monte San Pietro (BO) Tel. 051-969100 - Fax: 051-6720017 Circolo Golf Torino Referente: Tiziana Panizzolo Via Agnelli, 40 - 10070 Fiano (TO) Tel. 011-9235440 - Fax: 011-9235886 Golf & Country Valcurone Referente: Mariano Merlano Via Carona, 1 - 15050 Momperone, Alessandria (AL) Tel. 0131-784514 - Fax: 0131-784001 Circolo Golf Margara Referente: Maurizio Novella Via Tenuta Margara - 15043 Fubine (AL) Tel. 0131-778555 - Fax: 0131-778772 Le Robinie Golf Club Referente: Renato Tiraboschi Via per Busto, 9 - 21058 Solbiate Olona (VA) Tel. 0331-329260 - Fax: 0331-620887
La bagnatura a mano di un green al Circolo Golf Torino, durante la preparazione del campo per l’Open d’Italia.
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➤ ACAYA Fermo il resort in inverno: se ne riparla in aprile Un duro colpo per il turismo salentino: a Lecce, il Double Tree by Hilton Acaya Golf Resort chiuderà il 24 novembre in vista di un’eventuale riapertura la prossima primavera. A casa tutti i dipendenti, almeno fino ad aprile. Purtroppo non è bastato ammortizzare l’aspetto attrattivo della grande struttura 4 stelle con la cassa integrazione in deroga e nemmeno ridurre l’orario di apertura e avviare un primo ridimensionamento. A condurre all’attuale e provvisorio epilogo sembra aver concorso un mix di fattori che, nel Salento, non ha concesso spazio a molte altre strutture. Ma, a dispetto di ogni perplessità, è pur vero che sul golf-resort, nella provincia di Lecce, si continua a investire. Componente del consorzio Costa del Salento, la EdilSud spa di Fernando Toma sta, infatti, per aprire una struttura con golf a Melissano, sfruttando le agevolazioni del Piano Turismo. La società sta investendo 3,4 milioni di euro per la ristrutturazione di “Casino Donna Rosa”, che diventerà albergo a 4 stelle con 94 posti letto, 2 sale riunioni da 300 posti e club house a servizio di un campo da golf con 3 buche. Il termine dei lavori è fissato a giugno 2014, l’entrata a regime nel 2015. È un investimento che ruota intorno all’attività golfistica sfruttando le potenzialità del campo da golf esistente e improntato a rappresentare buoni margini di crescita e di sviluppo del mercato turistico in generale. Verranno venduti terreni sui quali costruire villette a schiera e ville singole.
➤ CASTELFALFI IN CRESCITA Preissman e Moroder per 27 buche d’autore Situato al centro della favolosa Tenuta di Castelfalfi (a Montaione, in provincia di Firenze), antico borgo nel cuore della Toscana che emerge da un letargo decennale grazie ad un attento progetto di ristrutturazione, il golf club è oggi considerato uno più belli di tutta la regione. Il progetto delle 36 buche (delle quali le 18 del Mountain Course e le prime 9 buche del Lake Course sono già giocabili) è stato disegnato e sviluppato dai famosi architetti Rainer Preissman e Wilfried Moroder ed è nato dall’idea di avere un tracciato adatto alle esigenze di tutti i giocatori, qualunque sia il loro handicap, ma pur sempre coinvolgente sia tecnicamente che strategicamente. All’interno del Toscana Resort Castelfalfi sono operativi l’hotel La Tabaccaia con le sue 31 camere ed un design contemporaneo studiato per esaltare l’impronta tradizionale dell’edificio, ex manifattura di sigari Toscani, e la trattoria e pizzeria Il Rosmarino, dove si possono gustare specialità locali oltre ai vini e all’olio prodotti nella tenuta. Di prossima apertura anche un altro l’albergo, pronto per accogliere chiunque voglia assaporare e godersi le bellezza naturali e le affascinanti tradizioni di questo luogo fuori dal tempo.
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✉ Chiusura a Roma Il 30 settembre 2013 il Golf Club Arco di Costantino ha definitivamente cessato l’attività. Tutti i dipendenti del circolo romano, situato nell’area nord, sulla via Flaminia, sono stati lasciati a casa e al momento pare non ci siano possibilità per una futura riapertura. La Proprietà ha confermato l’incapacità di proseguire l’attività golfistica a causa di problemi di carattere economico, ma non ha lasciato trapelare nulla di più.
✉ Problemi a Salerno Le Costiere Persano Golf Resort sta giungendo inesorabilmente alla sua fine. Il fallimento dell’Italian Golf Development, la società che ha realizzato l’impianto inaugurato nel 2011 a Serre, in provincia di Salerno, con un investimento iniziale di dodici milioni di euro, di cui sei di fondi europei del Pit turismo, ormai incombe come una spada di Damocle. Da undici mesi ormai, cinque dei quattordici dipendenti sono rimasti senza stipendio, mentre gli altri nove hanno preferito invece incrociare le braccia e protestare attivando le organizzazioni sindacali. La situazione si è fatta scabrosa nel momento in cui l’amministratore delegato della società, Alessandro Schiavone, ha comunicato al sindaco di Serre, Franco Mennella, la decisione di avviare le procedure per il fallimento. A lottare per il golf club è l’ex sindaco di Serre, Palmiro Cornetta, che nell’impianto golfistico ha sempre creduto: “Bisogna cercare di evitare il fallimento - dice - ed è necessario agire subito con un atto di forza. La Regione Campania deve chiedere la rescissione del contratto e la restituzione dei fondi europei, mentre il Comune deve acquisire d’autorità l’impianto e gestirlo con un partner esperto. La società è venuta meno ad un preciso obbligo contrattuale: l’impianto avrebbe dovuto funzionare per dieci anni e prima di cinque anni non era consentito alcun tipo di cessione”.
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➤ COMUNI FIORITI Un premio anche ai golf club. E lo vince il Royal Park I Roveri Il 13 ottobre si è svolta a Savigliano (Cuneo) la premiazione nazionale del circuito “Comuni Fioriti 2013” promosso dall’Associazione Produttori Florovaisti. Quest’anno la premiazione è stata tenuta nella cittadina della provincia Granda perché
il circuito dei Comuni Fioriti, oggi nazionale, nacque dieci anni fa con le prime tre edizioni “sperimentali” proprio in Piemonte; e, non meno importante, perché Savigliano ha avuto il merito di conquistare lo scorso anno la medaglia d’argento
➤ CORTINA D’AMPEZZO Aiuti per le seconde nove buche Il golf club di Cortina d’Ampezzo (Belluno) chiede ai suoi soci di supportare la realizzazione del secondo percorso di 9 buche, anche se le perdite si accumulano. Nei giorni scorsi, infatti, secondo quanto ricostruito da “ilmondo. it”, un’assemblea straordinaria della Cortina srl, proprietaria del campo ampezzano, ha deliberato una ricapitalizzazione da 4,6 a 6,8 milioni di euro, pari a 2,1 milioni di valore nominale con un sovraprezzo di altri 2 milioni. Nel dettaglio, la singola
quota da sottoscrivere sarà di 35.000 euro. Gli azionisti del golf di Cortina sono per lo più volti noti dell’imprenditoria e della finanza: Giuliano Adreani (Publitalia 80), Guido Barilla, Roberto Bertazzoni (Smeg), i fratelli De Rigo, Andrea De Vido di Finint, Giuseppe Gazzoni Frascara, Vittorio Grilli (ex ministro dell’Economia) l’editore Carlo Perrone, Paolo Scaroni (ceo Eni) e Maurizio Tamagnini, capo del Fondo Strategico Italiano.
al circuito europeo ‘Entente Florale’. Novità di quest’anno la sezione “Campi da Golf Fioriti”, che ha visto competere, da nord a sud, i green più floreali d’Italia in una sfida all’insegna della passione per lo sport e per la natura. Il vincitore è stato il Royal Park I Roveri, circolo di Fiano Torinese ricco di storia e tradizione nonché percorso che ha ospitato quattro edizioni dell’Open d’Italia. Due premi speciali sono stati invece assegnati al Golf Club di Claviere, in provincia di Torino, e al Golf Club di Garlenda, vicino a Savona. Nel corso della giornata sono stati assegnati altri importanti premi: quello per
la “Provincia più Fiorita” (in base alla percentuale del numero dei comuni iscritti) è andato a Biella; il “Fiore d’Oro” è stato assegnato a Transacqua; altre targhe sono andate a Grado per il ‘rispetto dell’ambiente’; a Trento per i ‘ponti fioriti’; a Cervia e Transacqua per i molti anni di collaborazione; a Mezzolombardo per il progetto ragazzi dai 17 ai 20 anni per la manutenzione del verde; a Limone Piemonte e Savigliano per l’ospitalità; a Merano per la ‘tutela delle alberature, manutenzione e sfruttamento intelligente delle risorse naturali; alle riviste “Il Mio Giardino” e “Giardini” per la collaborazione.
➤ CREMA Riaperto il “Mummy”, bello e storico campo lombardo Sabato 14 settembre, presso il circolo Golf Crema Resort, si è celebrata la riapertura del “Mummy”, lo storico percorso che è stato riportato in vita dopo oltre 20 mesi di lavoro. A fare da padrone di casa, il presidente Fabrizio Gargioni con i partner Carlo Carozza e Cesare Fogliazza, impegnati in un ambizioso progetto di sviluppo del Circolo. Il “Mummy” è un percorso 18 buche che, con i suoi 6.580 metri di lunghezza, è uno dei più estesi su scala Nazionale, oltre che essere particolarmente suggestivo dal punto di vista paesaggistico.
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➤ UDINE Continua l’impegno ecologico del circolo friulano, con la certificazione GEO Golf ed eco-sostenibilità, un legame sempre più solido, rafforzatosi ulteriormente con la recente assegnazione della prestigiosa certificazione europea GEO per il Golf Club Udine. Il circolo friulano è il secondo impianto golfistico in Italia (il primo è stato il Golf Club La Pinetina in provincia di Como nel febbraio 2010) a ottenere il massimo riconoscimento in fatto di tutela ambientale dalla GEO (Golf Environment Organisation). Quest’ultima è la nota organizzazione no-profit e non governativa che si pone l’obiettivo di incentivare la difesa del territorio nel golf, innalzando gli standard ambientali, fornendo soluzioni pratiche e valutando le prestazioni di chi opera nel settore golfistico. Già premiato nel 2005 del Certificato Nazionale “Impegnati nel Verde”, il Golf Club Udine si è posto nuovamente in evidenza per il suo impegno attivo nella tutela dell’ambiente. “È stata una sfida affascinante – commenta il presidente del circolo Gabriele Lualdi – portata avanti con scrupolosa attenzione nel rispetto di una tematica così importante. È per noi motivo di grande soddisfazione figurare fra i primi circoli in Italia ad aver raggiunto questo obiettivo.” La sensibilità ambientale del bel circolo friulano aveva trovato, come già detto, gratificazione con il Certificato Nazionale Impegnati nel Verde del 2005. Da quel momento, il greenkeeper Mauro Mantovani e tutto lo staff del circolo si sono posti il traguardo della certificazione europea GEO. Le tecniche di manutenzione e irrigazione del percorso, associate alle modalità di consumo energetico, sono sicuramente i punti di maggior rilievo. Ora, in vista della revisione triennale, il Golf Club Udine dovrà mantenere inalterati gli standard qualitativi e operare anche nuovi interventi, a partire dalla classificazione di tutte le piante presenti. La campagna di sensibilizzazione che la Federazione Italiana Golf sta portando avanti insieme a “Impegnati nel verde” = continua a dare ottimi frutti; sono infatti 14 i circoli italiani in attesa della Certificazione GEO.
➤ SARDEGNA - Cento ettari per 18 buche In Sardegna, incuranti degli strali ambientalisti e in controtendenza con alcune visioni rigidamente “ecologiche”, Franco Tegas e Mariano Muggianu, sindaci rispettivamente di Talana e Triei, due comuni nell’entroterra dell’Ogliastra, hanno intenzione di formalizzare un’offerta che, secondo le loro intenzioni, dovrebbe cambiare le sorti dei rispettivi paesi, altrimenti condannati a inesorabile spopolamento. I primi cittadini hanno infatti deciso di mettere sul mercato cento ettari di territorio comunale, cinquanta a testa, da destinare a un campo da golf da 18 buche. “Tutto è ancora da definire - afferma Tegas, esponente del Pdl a capo di una lista civica, imprenditore nel ramo supermercati a Tortolì -. Si andrà verso un contratto trentennale, con un canone che ipotizziamo in centomila euro l’anno. Non proprio tanto se si pensa all’area che verrà concessa. L’altro aspetto positivo riguarda l’assunzione di personale: contiamo che, con l’impianto a regime, qui possano trovare occupazione almeno quaranta di persone, una cifra importante per i nostri paesi”. Anche il sindaco di Triei, Mariano Muggianu, direttore didattico, è convinto della bontà del progetto. “Abbiamo inserito la proposta nel piano urbanistico. Crediamo così di poter entrare nei flussi turistici che al momento ci tagliano fuori. Quello del golf è un turismo rivolto a una classe medio-alta, ma rispetto a un tempo oggi questo sport è davvero più popolare. Noi facciamo un’offerta, poi sarà l’imprenditore che sposerà l’iniziativa e valuterà i pro e i contro”.
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➤ JOHN DEERE Un nuovo AD in Italia Cambio della guardia al vertice di John Deere. Presente nella filiale italiana dal 2012 come direttore generale finanziario, Marzio Devalle è stato scelto per guidare, dallo scorso primo novembre, John Deere Italiana. Fra gli obiettivi con cui Devalle inizia il suo nuovo incarico al vertice della società c’è quello di confermare una posizione di leadership nel mercato italiano e migliorare il portfolio di prodotti e servizi. Importante a questo riguardo la sua formazione professionale (si è laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino) e l’esperienza acquisita, oltre alla conoscenza della rete dei concessionari John Deere. Il predecessore di Devalle, Gaston Trajtenberg, sempre dal primo novembre, ha assunto l’incarico di country manager Argentina di John Deere.
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EWS - NEWS - NEWS - NEWS ➤ GOLF WORLD ALLIANCE Un accordo a livello “globale”
✉ GERMANIA
Parigi, Milano, Dallas, Amsterdam, Vienna, Madrid, Stoccolma. Queste le sette nazioni che, il 10 settembre 2013, hanno firmato l’atto costitutivo della Golf World Alliance©. Una vera innovazione nel mondo dello sport e del tempo libero: è nato il primo programma di affiliazione mondiale. Nei paesaggi ricchi di storia del Latrobe Golf and Country Club (Pennsylvania, USA), proprietà e residenza di Arnold Palmer, alcuni fra i principali operatori golfistici internazionali hanno messo le basi per percorrere insieme la strada per il futuro, creando la possibilità per i propri associati di giocare negli Stati membri dell’Alleanza, in ogni percorso affiliato, come se fossero a casa propria. Tutto questo a partire da novembre 2013. Le imprese fondatrici sono: Access Global Golf and Travel (USA), Global Green (Spagna), Burgolf (Olanda), International Golf Corporation (Italia), LeClub Golf Sweden (Svezia), NGFGolf (Francia), Reiters (Austria). Giocare in tutto il mondo con i vantaggi riservati a un vero e proprio socio non è mai stato così facile: chi si associa in uno dei percorsi parte della Golf World Alliance© potrà decidere in qualsiasi momento di acquistare un upgrade sull’abbonamento annuale per accedere al programma Golf World Member©. L’upgrade ha un prezzo fisso uguale in tutto il mondo ed è stabilito in 99 euro (IVA esclusa) per l’Europa e 120 dollari (escluse tasse) per gli Stati Uniti. Inoltre, ciascuno Stato fondatore attiverà uno speciale servizio gratuito di prenotazione tee time per tutti i percorsi affiliati: basterà telefonare all’operatore golfistico del proprio Paese per prenotare comodamente e gratuitamente il proprio green fee in tutto il mondo.
➤ PHIL MICKELSON La firma di “Lefty” sulle novità di Torrey Pines Il progetto della Phil Mickelson Design per la ristrutturazione del North Course di Torrey Pines a San Diego (California), sembra avere una svolta. Nel disegno di Mickelson si vorrebbero integrare più aree sabbiose e naturali alla tipica zona del vicino Torrey Pines State Park. Il North Course è il percorso più popolare
tra i campi di San Diego e ospita ogni anno 82.000 giri. Il desiderio del campione di golf è di offrire una maggiore giocabilità per i golfisti medi senza dimenticare l’aspetto paesaggistico del luogo. Particolare attenzione sarà rivolta alla manutenzione del percorso, l’estensione della buca 8 da un
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par 4 a un par 5 e l’allungamento della 9 che, in questo modo, diventa un impegnativo par 4. Il nuovo progetto proporrebbe anche la modernizzazione di alcuni bunker e green del percorso, oltre che la volontà di ribaltare il giro regolamentare in modo da avere un finale ancora più spettacolare.
In Germania è iniziato il progetto del Golf Club Amburgo-Oberalsterf ad opera dello studio Krause Golf Design. In un’area di 105 ettari, a circa 25 minuti dall’aeroporto di Amburgo, sorgerà un nuovo percorso a 18 buche che sarà aperto al pubblico nella primavera del 2015.
✉ UNGHERIA Il ricco industriale Gábor Szeles ha promesso la costruzione di un campo da golf a Zalacsány in Ungheria. I lavori sono già iniziati con la trasformazione del castello Batthyány, precedentemente abbandonato, in un hotel con centro benessere e 400 ville, oltre che la costruzione del campo da golf progettato dal Robert Trent Jones Jr. Il tutto sarà ultimato entro il 2016. A seguito di questa nuova iniziativa, secondo Szeles l’’Ungheria avrà finalmente una crescita esponenziale che aspetta da lungo tempo.
✉ INGHILTERRA La presenza di anfibi rari non ha fermato la costruzione del nuovo campo da golf a Durham, nel nord dell’Inghilterra. Erano circolate alcuni voci che davano sospesi i lavori per il nuovo percorso a causa di alcune specie protette nel Regno Unito. Al contrario, lo sviluppo del campo sta continuando con la semina dei tee di partenza, dei green e dei fairway. Il nuovo golf sarà aperto nel 2014 grazie alla Ramside Estates, società alberghiera a conduzione familiare.
✉ IRLANDA Nella parte più a ovest dell’Irlanda, nella penisola di Mullet, il Carne Golf Links è la meta perfetta per i golfisti più avventurosi che vogliono vivere l’esperienza di giocare su un campo attraversato da dune ripide e massicce. Oltre alle 18 buche dell’irlandese Eddie Hackett, è in opera la realizzazione di altre 9 buche tra le dune e con il progettista scozzese Ally McIntosh.
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➤ IRAN E anche a Teheran si ritorna a parlare di golf... Dopo oltre 30 anni, l’Iran avrà un nuovo campo da golf; il progetto è stato affidato all’architetto
australiano Phil Ryan che ha completato la prima fase di costruzione. Il campo da golf
sorgerà vicino alla città di Parand, a circa 25 chilometri a sud di Teheran e a 15 minuti dall’aeroporto della città. I lavori erano iniziati nei primi mesi del 2012, ma avevano poi avuto uno stallo di più di un anno a causa della situazione economica del Paese. Ora
✉ URUGUAY che i rapporti con il mondo occidentale stanno migliorando, Ryan ha potuto visitare recentemente l’area e controllare lo stato delle prime buche. Le strade e le infrastrutture sono già operative e una club house provvisoria aprirà a metà del prossimo anno.
➤ PREVENZIONE Si è spenta l’era del fuoco: inizia l’era di Firet Energy Firet Energy è il primo sistema estinguente progettato per ambienti chiusi in contesti civili e industriali, completamente automatico e che protegge 24 ore su 24 i quadri elettrici e i server Firet Energy spegne definitivamente l’era del fuoco e rivoluziona il mondo dei sistemi di sicurezza antincendio in contesti civili e industriali. Firet Energy è infatti il primo dispositivo estinguente completamente automatico, ideale da installare all’interno di quadri elettrici e server. Progettato per ambienti chiusi, grazie alla sua robustezza, alla miscela ecologica, alle dimensioni ridotte e alla facilità d’installazione, rappresenta una innovazione nel mercato dei sistemi antincendio. A differenza dei dispositivi tradizionali, Firet Energy estingue il fuoco prima che si sviluppi, in maniera automatica, senza la necessità di un intervento manuale: la protezione dell’integrità e del valore dei beni è garantita
24 ore su 24. Firet Energy è facile da installare: non richiede collegamenti elettrici e personale specializzato. Il sistema brevettato nasce intorno a un rivoluzionario ugello ad alta tenuta, completamente meccanico e senza parti mobili, che agisce come rilevatore d’incendio. L’impiego di un particolare polimero per la sua realizzazione garantisce, al raggiungimento di una temperatura predefinita, il rilascio automatico e controllato dell’agente estinguente. Firet Energy può essere installato in posizione orizzontale o verticale, con l’ugello rivolto verso il centro dell’area da proteggere. Firet Energy non è un estintore: è il sistema antincendio automatico più piccolo al mondo, ideale per proteggere ambienti e vani piccoli e chiusi. Dalla nautica al residenziale, dagli ambienti industriali a quelli per la raccolta ecologica, dai quadri elettrici all’automotive, Firet è la protezione naturale sempre attiva, 24 ore su 24. I benefici esclusivi dell’innovazione Firet, permettono di soffocare il fuoco prima che si sviluppi, salvaguardando i beni e prevenendo il loro deterioramento. www.firetitalia.com
Lo studio di progettazione di Angel Cabrera è pronto per inaugurare il suo primo progetto di design nel gennaio 2014. Il vincitore Major è stato ingaggiato da Alejandro Bulgheroni, presidente del Los Tajamares Golf Club, per ristrutturare parte del percorso a Punta del Este, in Uruguay. I lavori comprendono l’allungamento del campo, che arriverà a 7.000 metri, le modifiche ai fairway, ai bunker e ai green.
✉ GIAPPONE Tokyo ospiterà le Olimpiadi 2020, avendo battuto la concorrenza di Madrid e Istambul. Gli organizzatori hanno confermato che lo storico campo di Kasumigaseki, appena fuori dalla città, ospiterà la competizione durante i Giochi di fine decennio. Sono già partite le modifiche al percorso, che vedrà l’integrazione di altre nove buche, per un campo che alla fine dei lavori misurerà ben 7.308 metri di lunghezza.
✉ COREA DEL SUD La nazione dell’Estremo Oriente sta per raggiungere un grande traguardo: l’apertura del suo 500esimo campo da golf. In pochi anni il Paese ha visto crescere esponenzialmente il golf passando dai 369 percorsi nel 2009 ai 440 nel 2011, fino ad arrivare ai 500 l’anno prossimo. L’incremento è dovuto a un preciso progetto statale. Dato che i giocatori nel 2009 erano già ben quattro milioni, erano costrettti a volare all’estero per soddisfare la propria passione, con spese fuori dai confini che sfioravano il miliardo di dollari. Da qui l’incentivo alla costruzione dei campi, per frenare questa uscita “golfistica” di capitali.
✉ ABU DHABI Si svolgerà negli Emirati Arabi dal 28 al 30 aprile 2014 la nuova edizione del Golf Business Forum, appuntamento di grandissima rilevanza per tutti gli operatori golfistici. Sede del convegno il Westin Abu Dhabi Golf Resort & Spa.
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➤ GIULIO CAVALSANI Una vita intera dedicata al golf È scomparso all’età di 97 anni, lasciando un grande contributo al golf italiano. Giulio Cavalsani si avvicinò al golf facendo il portabastoni al Golf Club Milano e successivamente iniziò a giocare. Poi la passione per il nostro sport cambiò radicalmente la sua vita. Divenne prima giocatore scratch (giocò per 9 anni nella nazionale, chiamato dal suo capitano “Cavallo sicuro” nelle più importanti competizioni internazionali: 34 incontri giocati, 31 vinti, 1 pareggiato e 2 persi). E in seguito grazie all’amore per il golf, dopo aver studiato l’architettura golfistica in America, coniugando l’abilità di giocatore con l’amore per la natura divenne il primo progettista di campi di golf italiano. Progettò e diresse i lavori del Golf Club Milano (riprogettò il campo, realizzando 9 buche più modificando 13 buche esistenti e portando il campo alle attuali 27), di Monticello, di Punta Ala, de le Rovedine (modificando sei buche delle esistenti e realizzando 9 buche in totale), del Lamborghini (progettò il campo). Inoltre negli anni Settanta divenne consulente per la manutenzione dei maggiori campi da golf italiani, nei quali realizzò anche numerosi restyling. A seguito dei numerosi viaggi studio all’estero, nel 1972 fondò l’associazione dei segretari dei campi di golf, al fine di riunire i dirigenti responsabili della gestione dei golf per condividere e imparare la difficile professione. Divenne presidente dell’associazione e rimase in carica fino a metà degli anni Ottanta. Durante la sua attività all’interno dell’associazione organizzò i primi meeting su mantenimento e cura dei tappeti erbosi, invitando tecnici qualificati come ad esempio J. B. Beard. Precursore dei tempi realizzò a Punta Ala (1964) il primo impianto d’irrigazione semiautomatico in Europa, importando direttamente questa tecnologia dall’America. Sempre a Punta Ala per la prima volta seminò il tappeto erboso del percorso in macroterme (la qualità Zoysia Japonica). Giudice arbitro internazionale, fu presente a numerosi Open dando il proprio personale contributo. Ha organizzato il Fiat Trophy Open al Golf Club I Roveri, su incarico diretto della famiglia Agnelli. Per il suo passato sportivo è stato insignito delle seguenti benemerenze: 1967 medaglia di bronzo al valore atletico del C.O.N.I. 1974 Cavaliere all’ordine di merito della Repubblica Italiana 1996 Stella d’argento al merito sportivo Ricordato dagli amici come grande sportivo, uomo di rettitudine e correttezza, ha a lasciato il proprio contributo tangibile a tutto il golf italiano. Grazie Giulio.
✉ MONACO DI BAVIERA Mercedes-Benz punta sempre più in alto. La casa automobilista già attiva da anni nel settore golfistico, potrebbe presto entrare in collaborazione con Ez-Go e Textron. Il nuovo progetto precede una nuova idea di golf cart con lettore multimediale, monitor touch-screen, fari a led e sedili riscaldabili e raffreddabili. In più ci sarà la possibilità di abbandonare il classici volante a favore di un joystick. Chi continua ancora a pensare che l’hover-craft di Bubba Watson sia qualcosa di assolutamente speciale?
✉ INDIA Nella città indiana di Shillong, in una delle aree golfistiche più consolidate del Paese, è stato inaugurato un nuovo campo a 18 buche. Il percorso di 6.000 metri e a 1.600 metri di altitudine, ha recentemente ricevuto il riconoscimento da parte dell’Unione Indiana Golf.
✉ NUOVA ZELANDA La città neozelandese di Christchurch, devastata da un potente terremoto nel 2011, vedrà la costruzione del Whisper Creek, un nuovo progetto golfistico che comprenderà un campo a 18 buche, disegnate dall’architetto Guy Hockey, e 157 ettari per un complesso residenziale. Grazie all’imprenditore Thomas Na, la città della Nuova Zelanda potrà in futuro contare su un resort con 141 ville e 113 appartamenti, una piscina interna riscaldata con idromassaggio e sauna e 41 ettari di parco ecologico con pista ciclabile e cavalli.
✉ MESSICO Dopo tre false partenze, Tiger Woods dovrebbe finalmente fare il suo debutto come progettista di campi da golf con Diamante, un nuovo percorso all’interno di Cabo San Lucas, in Messico. Si tratta di un resort che già dispone di un altro bellissimo percorso, il Dunes di David Love III.
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Una splendida veduta aerea di Kingsbarns, meraviglioso percorso scozzese a pochi chilometri da St Andrews. Disegnato da Kyle Phillips (autore anche dei due campi di Verdura, in Sicilia), viene considerato da molti come il pi첫 bello realizzato nel XXI secolo.
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Troppo spesso sentiamo volare numeri a caso e raramente la fotografia del golf all’italiana esce in maniera corretta durante infinite discussioni fra addetti ai lavori. In realtà continuiamo a inseguire con poco successo nazioni che dovremmo tranquillamente precedere nella mappa del golf continentale. Proviamo a capire perché
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Uno dei più importanti percorsi dei Paesi Bassi, il Kennemer G & CC, già sede del KLM Open. L’Olanda è il Paese europeo con il maggior numero di giocatori in media per circolo, quasi 1.700, numero incredibile se raffrontato con i nostri 355.
di Andrea Ronchi
I circoli in attività
numeri rappresentano uno splendido strumento per fotografare il benessere di un’impresa ma anche le tendenze di un mercato. Rapporti, percentuali e proporzioni ci possono indicare le direzioni da seguire per dirigere la nave verso una rotta sicura o un naufragio certo. Nel primo numero di Professione Golf Club abbiamo toccato l’argomento golf italiano proponendovi un’analisi della situazione interna, mettendo in evidenza il numero di golfisti, la distribuzione dei percorsi e la potenzialità di crescita del golf del Belpaese. I numeri sono come le ciliege, uno tira l’altro, e così ci siamo immersi nel sito dell’EGA analizzando e confrontando l’Italia con 43 nazioni dell’Eurozona.
Il numero di percorsi (esclusi i campi pratica) del nostro Paese (278) ci posiziona al nono posto dietro a Spagna (345) e prima dei Paesi Bassi (229). Guardando la conformazione degli Stati però notiamo come chi viene dopo di noi in classifica è più piccolo o ha un clima che permette di giocare pochi mesi all’anno. Oppure fa parte di Paesi che hanno convissuto per 50 anni con la politica comunista, quindi non proprio affine al golf. Inoltre molte nazioni che ci precedono hanno un mix di percorsi pubblici e privati, la Germania ad esempio ha circa 500 club privati e oltre 200 pubblici, spesso a nove buche, che permettono a chiunque di giocare (anche a chi non ha mai tirato un colpo!). Se ci limitassimo ad analizzare il dato dei percorsi la soluzione per la crescita sarebbe quella di creare nuovi cam-
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pi. Invece incrociamo inesorabilmente il dato con quello dei giocatori e la prospettiva cambia all’istante.
I giocatori in campo Il numero di praticanti in Italia (inferiore a 100mila e fra questi sappiamo molti sono non giocatori ma frequentatori di club) ci fa scendere al 14° posto. Non solo siamo posizionati dietro ma abbiamo anche un grosso divario da tutti i Paesi industrializzati. Se l’Inghilterra fa storia a sé, possiamo forse prendere come termine di paragone la Germania (635mila). Troppo forte economicamente? Passiamo allora alla Francia, che di giocatori ne ha circa 423mila. O preferite l’Austria con quasi 105mila “carrellanti”, nonostante abbia solo otto milioni di abitanti contro i nostri 60? Anche la Spagna, in teoria in crisi come noi, ci surclassa con quasi 314 mila giocatori.
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23 Tesserati e non tesserati Incrociando i dati dei percorsi e quello dei giocatori la situazione diventa ancora meno esaltante. L’Italia scende al 24° posto con 355 giocatori di media per circolo. Certo, siamo appena dietro Inghilterra (401,7) e Scozia (404) ma il dato in questo caso non è confrontabile con il nostro. E qui è indispensabile aprire una bella parentesi. A differenza di noi, in Gran Bretagna i giocatori non sono tutti tesserati, in quanto non esiste un obbligo tassativo e nemmeno una Federazione golfistica come la intendiamo noi. Il dato complessivo ufficiale del Regno Unito si riferisce solo ai giocatori che sono iscritti alle varie associazioni quali EGU (English Golf Union), LGU (Ladies Golf Union), SGU (Scottish Golf Union), GUI (Golfing Union of Ireland) e GUW (Golf Union of Wales). In realtà questo milione e passa di praticanti non è che una parte minoritaria di tutto il movimento golfistico, valutabile fra in quasi quattro milioni di praticanti, la maggior parte dei quali non sono iscritti a nessuna associazione o federazione, dato che porterebbe a triplicare i giocatori medi per circolo. Ci sembra importante sottolineare inoltre come proprio la Scozia, che quest’anno ha ospitato l’Open Championship maschile e femminile, lo Scottish Open, il Dunhill Championship e che nel 2014 sarà sede a Gleneagles della Ryder Cup, ha pensato di dover investire su comunicazione e promozione per aumentare il numero di golfisti perché questi straordinari eventi da soli non sono sufficienti. La classifica del rapporto fra giocatori e campi è guidata dall’Olanda con 1969,5 (sì, avete letto bene…) soci medi per circolo. A noi, che spesso non abbiamo problemi di prenotazione dei tee time, sorge spontanea la domanda su come facciano a giocare tutti. Anche avere così tanti soci può rappresentare un problema, esattamente all’opposto di quanto avviene in Italia. Ma ecco allora che i Paesi Bassi sono corsi ai ripari e, nonostante le dimensioni ridotte (sono
Abitanti medi per ogni campo di golf Nazione Islanda Scozia Irlanda Galles Svezia Inghilterra Norvegia Danimarca Liechtenstein Finlandia Austria Paesi Bassi Svizzera Lussemburgo Repubblica Ceca Cipro Germania Francia Portogallo Spagna Belgio Slovenia Estonia ITALIA Slovacchia Malta Lituania Ungheria Bulgaria Grecia Polonia Macedonia Kazakistan Albania Serbia Turchia Romania Israele Russia Azerbaigian Ucraina
Campi
Giocatori
65 560 416 153 436 1.867 177 188 1 129 156 229 95 6 96 10 719 583 87 345 80 13 8 278 16 1 6 15 7 8 27 1 8 1 2 19 5 2 17 1 4
16.641 226.217 208.130 51.445 482.476 750.004 110.362 152.972 467 144.221 104.736 388.493 85.758 3.890 55.547 1.464 635.097 422.761 14.198 313.787 57.074 8.762 2.247 98.824 7.516 557 500 1.419 639 1.830 3.257 90 650 64 618 6.248 714 1.015 1.080 40 547
Popolazione Giocatori/Campi 323.000 5.313.000 4.593.000 3.063.000 9.555.000 53.012.000 5.063.000 5.602.000 36.281 5.421.000 8.414.000 16.788.000 8.014.000 537.000 10.513.000 1.117.000 80.399.000 65.350.000 10.487.000 46.704.000 11.035.000 2.055.000 1.286.000 59.685.000 5.410.000 452.000 2.955.000 9.942.000 7.364.000 10.815.000 38.186.000 2.058.000 16.967.000 2.821.000 7.186.000 75.627.000 20.121.000 8.051.000 143.400.000 9.356.000 44.854.000
4.969 9.488 11.041 20.020 21.915 28.394 28.605 29.798 36.281 42.023 53.936 73.310 84.358 89.500 109.510 111.700 111.821 112.093 120.540 135.374 137.938 158.077 160.750 214.694 338.125 452.000 492.500 662.800 1.052.000 1.351.875 1.414.296 2.058.000 2.120.875 2.821.000 3.593.000 3.980.368 4.024.200 4.025.500 8.435.294 9.356.000 11.213.500
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Statistiche e classifiche più piccoli di Piemonte e Lombardia), hanno individuato 70 aree dove potranno nascere nuovi percorsi.
Libertà di gioco Quanti credono che lo scarso numero di golfisti in Italia sia legato alla crisi sbagliano, poiché questa situazione ci accompagna da sempre. Quali sono i veri motivi? È perché si pensa sia uno sport caro? Le radici della credenza che il golf sia uno sport elitario affondano nella politica di chiusura e restrizione adottata per decenni dai circoli stessi. Quote azionarie, fondi perduti, speculazioni edilizie e quote associative molto alte sono gli ingredienti che non hanno permesso ai curiosi di avvicinarsi ai cancelli, spesso chiusi e sorvegliati, dei
golf club. Però anche questa motivazione da sola non basta a spiegare la penuria di giocatori. Anche in Austria, Danimarca e Germania il golf è considerato uno sport costoso, eppure queste nazioni ci surclassano. Perché? Il merito va a una reale politica di apertura attuata dalle federazioni con il placet dei circoli privati. Parliamo di creazione di campi pubblici ma anche di libertà assoluta di gioco, senza tessere obbligatorie di qualsiasi genere, e incentivazione all’apertura di campi pratica.
L’obiettivo principale: creare nuovi golfisti I circoli hanno troppo spesso paura di perdere soci e tentano di trattenerli con sconti o promozioni, quando non si pro-
va addirittura a conquistare i soci altrui. Questa però non è la soluzione. Bisogna invece inesorabilmente aumentare il numero di giocatori e questo obiettivo da perseguire non può essere demandato alla sola Federgolf o ai soli club. Ci vuole un lavoro comune in cui qualcuno indica la rotta e tutti gli altri poi remano nella stessa direzione. Aprire campi pubblici non è impresa facile, come ha confermato lo stesso presidente della Federgolf, Franco Chimenti: “Eravamo già pronti a brindare per l’avviamento di progetti che avevano avuto l’approvazione e i permessi dalle giunte comunali. Poi cambiano i partiti che guidano i consigli e quelle stesse autorizzazioni diventano carta straccia. Abbiamo riposto lo spumante in fri-
La buca 7 dello Stadium Course al PGA Catalunya di Girona, considerato da molti il più bel campo di Spagna.
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Campi e giocatori: i dati ufficiali dell’EGA Nazione Inghilterra Germania Svezia Francia Paesi Bassi Spagna Scozia Irlanda Danimarca Finlandia Norvegia Austria ITALIA Svizzera Belgio Repubblica Ceca Galles Islanda Portogallo Slovenia Slovacchia Turchia Lussemburgo Polonia Estonia Grecia Cipro Ungheria Russia Israele Romania Kazakistan Bulgaria Serbia Malta Ucraina Lituania Liechtenstein Macedonia Albania Azerbaigian
Campi
Giocatori
Uomini
Donne
Junior
Totale
1.867 719 436 583 229 345 560 416 188 129 177 156 278 95 80 96 153 65 87 13 16 19 6 27 8 8 10 15 17 2 5 8 7 2 1 4 6 1 1 1 1
750.004 635.097 482.476 422.761 388.493 313.787 226.217 208.130 152.972 144.221 110.362 104.736 98.824 85.758 57.074 55.547 51.445 16.641 14.198 8.762 7.516 6.248 3.890 3.257 2.247 1.830 1.464 1.419 1.080 1.015 714 650 639 618 557 547 500 467 90 64 40
584.884 362.301 303.223 270.304 245.552 192.645 167.521 140.018 98.908 87.378 74.844 58.117 64.875 49.902 33.897 33.122 40.100 10.329 10.363 5.232 4.522 2.295 2.185 2.470 1.625 1.100 1.025 880 709 824 520 500 543 367 406 394 300 301 65 60 40
102.337 222.191 128.149 107.647 124.505 81.175 34.655 40.439 43.966 39.500 25.531 36.615 22.612 28.259 17.516 14.841 6.300 4.214 2.599 2.320 1.819 1.031 1.131 549 403 230 322 263 184 165 91 50 64 91 145 46 100 151 10 2 -
62.783 50.605 51.104 44.810 18.436 39.967 24.041 27.673 10.098 17.343 9.987 10.004 11.337 7.597 5.661 7.584 5.036 2.098 1.236 1.210 1.175 2.922 574 238 219 500 117 276 187 26 103 100 122 160 6 107 100 15 15 2 -
53.012.000 80.399.000 9.555.000 65.350.000 16.788.000 46.704.000 5.313.000 4.593.000 5.602.000 5.421.000 5.063.000 8.414.000 59.685.000 8.014.000 11.035.000 10.513.000 3.063.000 323.000 10.487.000 2.055.000 5.410.000 75.627.000 537.000 38.186.000 1.286.000 10.815.000 1.117.000 9.942.000 143.400.000 8.051.000 20.121.000 16.967.000 7.364.000 7.186.000 452.000 44.854.000 2.955.000 36.281 2.058.000
Questa, come le altre tabelle, è stata realizzata utilizzando i dati ufficiali EGA (European Golf Association), a cui abbiamo aggiunto ad esempio la rilevazione sulla popolazione (nelle pagine precedenti). È però necessaria una precisazione: qui sopra si parla solo di giocatori tesserati alle varie federazioni, associazioni o unioni golfistiche. In realtà nelle quattro nazioni che compongono la Gran Bretagna i giocatori sono stimati in quattro milioni, come del resto in Germania si ritiene che esista più di un milione di praticanti. E questo succede in molti altri stati.
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Statistiche e classifiche
Giocatori medi per campo Nazione
Campi Giocatori
Paesi Bassi 229 Finlandia 129 Svezia 436 Spagna 345 Svizzera 95 Germania 719 Danimarca 188 Francia 583 Belgio 80 Slovenia 13 Austria 156 Lussemburgo 6 Norvegia 177 Repubblica Ceca 96 Malta 1 Israele 2 Irlanda 416 Slovacchia 16 Liechtenstein 1 Scozia* 560 Inghilterra* 1.867 Italia 278 Galles* 153 Turchia 19 Serbia 2 Estonia 8 Islanda 65 Grecia 8 Portogallo 87 Cipro 10 Romania 5 Ucraina 4 Polonia 27 Ungheria 15 Bulgaria 7 Macedonia 1 Lituania 6 Kazakistan 8 Albania 1 Russia 17 Azerbagian 1
388.493 144.221 482.476 313.787 85.758 635.097 152.972 422.761 57.074 8.762 104.736 3.890 110.362 55.547 557 1.015 208.130 7.516 467 226.217 750.004 98.824 51.445 6.248 618 2.247 16.641 1.830 14.198 1.464 714 547 3.257 1.419 639 90 500 650 64 1.080 40
Uomini 245.552 87.378 303.223 192.645 49.902 362.301 98.908 270.304 33.897 5.232 58.117 2.185 74.844 33.122 406 824 140.018 4.522 301 167.521 584.884 64.875 40.100 2.295 367 1.625 10.329 1.100 10.363 1.025 520 394 2.470 880 543 65 300 500 60 709 40
Donne
Junior
Giocatori/Campi
124.505 18.436 39.500 17.343 128.149 51.104 81.175 39.967 28.259 7.597 222.191 50.605 43.966 10.098 107.647 44.810 17.516 5.661 2.320 1.210 36.615 10.004 1.131 574 25.531 9.987 14.841 7.584 145 6 165 26 40.439 27.673 1.819 1.175 151 15 34.655 24.041 102.337 62.783 22.612 11.337 6.300 5.036 1.031 2.922 91 160 403 219 4.214 2.098 230 500 2.599 1.236 322 117 91 103 46 107 549 238 263 276 64 122 10 15 100 100 50 100 2 2 184 187 -
1696,5 1118,0 1106,6 909,5 902,7 883,3 813,7 725,1 713,4 674,0 671,4 648,3 623,5 578,6 557,0 507,5 500,3 469,8 467,0 404,0 401,7 355,5 336,2 328,8 309,0 280,9 256,0 228,8 163,2 146,4 142,8 136,8 120,6 94,6 91,3 90,0 83,3 81,3 64,0 63,5 40,0
*) Dato relativo ai soli giocatori tesserati a un’unione o a un’associazione. I golfisti in Gran Bretagna, comprendendo anche quelli nordirlandesi, sono in realtà valutabili in un numero fra tre e quattro volte superiore, attorno ai quattro milioni.
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go e ricominciato tutto dal principio”. Si sa, in Italia va così. Chi assume una nuova carica sembra abbia come primo incarico quello di ribaltare tutto ciò che è stato fatto da chi lo ha preceduto. I campi pratica però sono più facili e meno costosi da realizzare. Ad esempio IMG, celebre società mondiale di gestione e comunicazione in ambito sportivo, ha format già sperimentati per la creazione di strutture “chiavi in mano”. Driving range vicini ai centri delle città possono essere ramificazioni dei golf club stessi tenendo impegnati maestri e addetti al campo. La Francia, che spesso prendiamo come paragone, ha una gestione in parte differente dalla nostra. I circoli rivestono un ruolo fondamentale. Sono vere e proprie imprese. Ad esempio, in molti casi, assumono maestri che sono a disposizione dello stesso golf club. Questi possono dare i primi rudimenti, spesso gratuitamente, a quanti vogliono provare, ma anche accompagnare squadre agonistiche e occuparsi dell’attività giovanile. Sono i circoli a investire nei propri giovani incentivandoli e tenendoli legati a sé. È necessario liberarsi dalla paura di perdere seguito e creare politiche comuni. Anche la Federazione deve fare la propria parte, ad esempio rendendo meno complicato l’accesso ai percorsi (riparliamo ad esempio degli esami delle regole, simili a tesi di laurea), incentivando l’attività giovanile e coordinando la promozione. Il primo passo potrebbe essere riassumere i risultati di ciò che non va e portare proposte ispirate ai Paesi dove i progetti hanno già funzionato. Bisogna fare in fretta perché, a quanto sentiamo nei circoli, gli scogli si avvicinano.
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ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO Mutui e finanziamenti
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Soluzioni per il golf di Carlo Manca
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ra i quasi 23.000 finanziamenti concessi dall’Istituto per il Credito Sportivo in 54 anni di storia per oltre 7 miliardi e 200 milioni di euro, al valore nominale e non attualizzato, gli interventi per il golf mantengono una posizione di rilievo, in particolare nell’ultimo decennio nel corso del quale il golf in Italia ha avuto grande sviluppo. Il Golf Nazionale a Sutri (VT) finanziato alla Federazione Italiana Golf è tra questi. Un rapido cenno sulla natura dell’Istituto per il Credito Sportivo è indispensabile per comprenderne la capacità operativa. Quale unica banca di diritto pubblico del nostro Paese, il Credito Sportivo eroga finanziamenti a condizioni più vantaggiose rispetto agli altri operatori bancari, privilegiando la finalità del miglioramento dell’impiantistica sportiva nazionale rispetto al profitto. Il principale ambito di operatività del Credito Sportivo definito nello statuto come il finanziamento della “costruzione, l’ampliamento, l’attrezzatura ed il miglioramento di impianti sportivi e/o strumentali all’attività sportiva, ivi compresa l’acquisizione delle relative aree e l’acquisto di immobili da destinare ad attività sportive o strumentali a queste”, si traduce nel mondo del golf nella possibilità di finanziare la costruzione del campo da golf, della club house, del ricovero dei macchinari di manutenzione del campo e di tutte le strutture accessorie del complesso golfistico, compresa una foresteria commisurata alla reali esigenze dell’utenza. Sono finanziabili gli interventi di ampliamento, ristrutturazione e completamento sulle strutture di campi già esistenti, compresa la sostituzione del tappeto erboso con le macroterme, per la quale sono previste condizioni particolarmente agevolate in considerazione degli effetti positivi di tale intervento sull’utilizzo di risorse idriche ed energetiche. L’ampio ambito operativo consente di finanziare anche l’acquisto di macchinari agricoli per il campo ed i golf carts. La previsione dell’accesso al credito a “ogni soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive” consente il ricorso al Credito Sportivo sia alla Associazione Sportiva Dilettantistica che alla Società Immo-
biliare proprietaria del complesso, secondo la struttura tradizionale dei campi da golf italiano. Ma l’accesso al credito si estende anche a qualsiasi tipo di società che anche indirettamente persegue finalità sportive, come quelle ad esempio nel settore alberghiero o nel real estate. Gli interventi possono essere finanziati con mutui fino a 25 anni se erogati ad enti locali, e 20 per i soggetti diversi da questi come quelli privati indicati in precedenza, a tasso fisso o tasso variabile. La previsione di un tasso fisso per finanziamenti fino a 20 anni fa dei mutui del Credito Sportivo uno strumento molto interessante proprio per quei circoli che, nella pianificazione degli investimenti, hanno bisogno di riferimenti certi in termini di oneri finanziari nei propri bilanci. Le condizioni dei finanziamenti ICS sono rese ancor più appetibili dalla concessione di contributi in conto interessi pari all’1% che abbattono sensibilmente gli interessi e sono riconosciuti in ragione di una Convenzione in essere con la Federgolf che è costantemente e ininterrottamente rinnovata dal 1988. Nel caso della sostituzione del tappeto erboso con macroterma, il contributo arriva all’1,20%. Per meglio comprendere il ruolo dell’Istituto per il Credito Sportivo può essere utile fare riferimento ad alcuni casi concreti nei quali la banca è intervenuta, senza menzionare i soggetti che hanno contratto mutui ICS, e a come le esigenze di credito sono state risolte. Il primo caso è quello di un’associazione sportiva dilettantistica che ha in comodato il complesso golfistico da una S.p.A. Immobiliare. I soci dell’associazione sono azionisti della S.p.A. Immobiliare, con un sistema che presenta una pressoché totale coincidenza tra soci della ASD e della S.p.A., replicando una soluzione adottata da molti circoli. L’Associazione, con base sociale consolidata e fidelizzata, ha programmato interventi in più anni per l’adeguamento del campo a standard coerenti con i campi di nuova generazione con un aumento della lunghezza richiesto dall’evoluzione dei materiali di gioco. Oltre agli interventi sul campo la Associazione ha pianificato interventi sulla club house e strutture accessorie. L’intervento del Credito Sportivo si è articolato in sei finanziamenti, per oltre 4 milioni di euro, il primo dei quali concesso nel 2003 e l’ultimo nel 2012. Ogni mutuo è sta-
to strutturato coerentemente con le finalità alle quali è stato destinato. I primi due finanziamenti, per interventi strutturali sul campo di gioco e sull’impianto di irrigazione, hanno durata decennale e sono stati stipulati a tasso fisso. Il terzo, contratto con ammortamento in otto anni per l’acquisto di macchine agricole per la manutenzione del campo di gioco, è stato regolato ad un tasso variabile che, unitamente alla durata più corta correlata alla vita media dei macchinari, si riteneva più adatto alla specifica operazione. Il quarto, per interventi di ristrutturazione della club house e per la sostituzione del tappeto erboso con macroterme, di nuovo a 10 anni ed a tasso variabile. Il quinto e il sesto per ristrutturazione del campo e per l’ampliamento del deposito sacche, a 10 anni e a tasso fisso. Tutti i mutui sono assistiti dal contributo negli interessi dell’1% riconosciuto ai sensi della convenzione in essere con la F.I.G., che ha reso ulteriormente vantaggiosi i tassi per tempo applicati al di sotto di quelli praticati dal resto del settore bancario. Tutti i finanziamenti sono stati garantiti dalla S.p.A. immobiliare proprietaria del complesso. Si è consolidato così un vero e proprio rapporto di partnership tra Associazione Dilettantistica, tipologia di soggetto che difficilmente avrebbe accesso al credito presso il resto del settore bancario, e ICS che, operando da oltre 50 anni nel settore dello sport, è in grado di comprenderne le peculiarità che vanno oltre gli aspetti formali e di intervenire con soluzioni adatte ad ogni esigenza. Il secondo caso riguarda un’operazione, richiesta da un’Associazione Sportiva Dilettantistica, da concludere in tempi brevissimi: l’acquisto di venti golf cart, per una spesa di 120 mila euro. Il mutuo è stato concesso in tempi rapidissimi, a 5 anni, con tasso fisso pari al 3,84.%, al netto del contributo negli interessi concesso ai sensi della Convenzione con la F.I.G. L’operazione è stata garantita da una fideiussione personale di un membro del Comitato Direttivo e non da una garanzia ipotecaria rilasciata alla S.p.A. immobiliare, per accelerare i tempi di erogazione. Sono solo due dei molti esempi concreti di intervento di ICS nel golf, e che confermano la capacità della banca di intervenire, con il suo know how qualificato, in un settore particolare con soluzioni personalizzate.
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Filippo Motta
Gioco lento? No, grazie!
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o avuto occasione di leggere, trasmessomi da Fulvio Golob, un interessantissimo intervento di Greg Nathan, Senior Vice President della National Golf Foundation americana ed ex collaboratore d’importanti testate di settore negli States, che analizzava uno dei più grossi problemi che affliggono, in tutto il mondo, lo sport del golf: il gioco lento. Mai come negli ultimi tempi, grazie a quanto si sta tentando di fare nelle gare professionistiche, specie sul PGA Tour ma anche su quello Europeo, l’argomento è stato tanto dibattuto. Lasciando però da parte i problemi dei circuiti professionistici, dove entrano in gioco diversi parametri – dai montepremi alle esigenze televisive – l’analisi di Nathan è stata riportata al golf di tutti i giorni, quello amatoriale. La premessa, doverosa, è che il termine “lento” – riferito al golf – è ovviamente relativo. Tutti i golfisti giocano ad una diversa velocità che dipende da svariati fattori quali l’età, la capacità di gioco, le condizioni di tempo e percorso e, last but not least, la consapevolezza rispetto ad “etichetta” e propria velocità di gioco. Diversi studi, riportati nell’intervento di Greg Nathan, condotti sia da NGF sia da PGA of America, the Golf Course Superintendents Association of America and the Club Managers Association of America, concordano nel definire che il tempo massimo per terminare un giro di 18 buche sia di 4,30 ore. La media riscontrata dai vari studi si è aggirata sulle quattro ore e quindici minuti con lievi differenze derivanti dai tipi di percorso (pubblico, privato, resort) considerati. Le cause di un maggior incremento dei tempi di gioco, fermo restando che chi gioca alla mattina presto è più veloce di chi gioca negli orari centrali della giornata, sono state identificate in: • Tee di partenza troppo lunghi (57%) • Ricerca di palle perse (56%) • Buche che causano “colli di bottiglia” (41%) • Pause per cibo e bevande (buvette) (37%) • Regole sull’utilizzo sentieri golf cart (33%) • Ostacoli d’acqua (24%) • Livello di gioco e mancanza etichetta (17%) • Fairways stretti (15%) • Bunkers/waste areas (14%) • Colpi ciechi (12%) • Intervalli tee times troppo ravvicinati (9%). Citati anche alcuni casi che, a mio parere e per
riportare il caso al golf italiano, paiono d’importanza primaria: • Esempio dei Professionisti del Tour • Giocatori non pronti a giocare al proprio turno • Troppi swing di pratica • Scrittura dello score prima di lasciare il green. Aggiungete poi rough troppo alti e green troppo veloci, mancanza di orologi sul percorso per verificare i propri tempi di gioco, mancanza di Marshal e partenze dei giocatori notoriamente lenti non in coda alle partenze stesse ed ecco che avrete un’immagine precisa delle cause del gioco lento italiano e non. Dimenticavo una delle cause primarie: combattere il gioco lento non è sentito come priorità! Moltissime cause, dunque, che portano a chiedersi se questa battaglia non sia già persa in partenza! Abbandoniamo quindi gli studi teorici e portiamoci sui campi del Bel Paese. Il problema del gioco lento è reale. Conosco diverse persone che dichiarano di non potere dedicare 5 ore e più di gioco, oltre ai tempi di trasferimento da e per il percorso, per uno svago in un momento storico in cui il proprio tempo e la propria attenzione devono essere destinati ad altre priorità. Considerando poi che, per giocare, si deve partecipare a una gara e che la stessa, immancabilmente, produce altro stress… c’è anche chi non gioca più. Ho poi l’impressione, precisa, che per una forma di quieto vivere e di continuo tentativo di soddisfacimento dei propri soci paganti, i Circoli si siano del tutto dimenticati del “pace of play”. Vale forse la pena, quindi, di studiare come migliorare la situazione per rendere più piacevoli i giri di gara e non e per soddisfare, senza stressare, i propri soci. Quella dei tee di partenza diversificati, prevalentemente per categorie anagrafiche, è una possibilità da non perdere. Ed è una chance reale che il tanto vituperato sistema di handicap EGA ci consente di utilizzare senza alcun problema: tee diversi equivalgono a rating diversi e, di conseguenza, a diversi handicap di gioco. Le classifiche non ne risentono e i giocatori super senior o baby possono divertirsi di più impiegando meno tempo. Pensate che Lorenzo Silva, presidente del Circolo Golf Torino, che ha vinto una quantità di titoli italiani da fare invidia a chiunque, dichiara ufficialmente di avere ritrovato il piacere di giocare utilizzando i tee avanzati!
Ovviamente, per fare ciò, la costruzione dei battitori deve essere tale da consentire un vero vantaggio: un paio di metri non cambiano assolutamente nulla! Gli studi americani puntano l’attenzione sulle caratteristiche dei campi. Colli di bottiglia, ostacoli d’acqua, bunker e così via. Questo è un punto che ha grande importanza. Ma che andrebbe studiato in fase di progettazione. Diventa difficile, pur se non impossibile, studiare modifiche su percorsi già esistenti. È però vero che l’altezza del rough può essere tenuta in modo da risolvere due problemi: ricerca delle palle e maggior facilità di gioco. Sulla velocità dei green non mi esprimo perché ritengo che sia solo una questione di abitudine (e perché odio i green lenti). I tee time ravvicinati sono una iattura ma è difficile, se non irrealizzabile in caso di molti concorrenti, aumentare il gap tra le partenze all’ottimale 12 minuti. Mancano, in tanti campi, Marshal che aiutino a velocizzare il gioco. Mancano tabelle dei tempi precise. Manca, sembrerebbe, la volontà delle Segreterie di obbligare i giocatori a rimanere in tempi di gioco ottimali. Certo questo non vale ovunque… ma quasi! Se poi alla buvette si consuma un pasto completo, addio! Ma è l’etichetta, tanto semplice quanto importante, che darebbe un impulso prioritario a un miglioramento della situazione. Ma chi insegna più l’Etichetta? Amici Pro, qui – perdonatemi – la colpa è spesso vostra! Datevi da fare e dateci una mano reale a insegnare quelle poche regole di comportamento che trasformano un giocatore qualunque in un giocatore di golf! Tempi di gioco più rapidi, com’è chiaro, consentirebbero più giocatori in campo, maggiori entrate e maggiore soddisfazione dei giocatori. Quindi non si capisce perché non darsi da fare per risolvere il problema. La Federazione Francese, Paese dove si coniò il famoso detto “joué mal mais joué vite”, qualche anno fa fece una grande campagna contro il gioco lento. E vinse. Noi dobbiamo ancora muoverci e, sempre di più, credo che un incontro/tavola rotonda tra AITG, Direttori/Segretari e Commissioni Sportive/Consigli Direttivi dei Circoli debba essere fatto al più presto. Per fissare regole comuni, studiare passi concreti e impostare nuove linee guida. Lo organizziamo, direttore Fulvio Golob, col patrocinio di Professione Golf Club?
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Alla ricerca di nuovi giocatori
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10 idee per sviluppare il golf Leggendo qua e là , fra riviste straniere e internet, abbiamo trovato qualche spunto su cui riflettere e che potrebbe essere messo in pratica per cercare di arginare la crisi. Puntando su giovani, famiglie, nuove formule di gioco, tee avanzati e... di Federica Rossi
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iamo tutti concordi sul fatto che il golf italiano stia vivendo una profonda crisi che coinvolge i circoli dello Stivale. Confrontandoci con diversi siti internet, riviste di settore di varie parti del mondo, abbiamo capito che sviluppare idee creative e innovative potrebbe essere la scintilla che possa aiutare il nostro sport. Per questo abbiamo stilato un piccolo decalogo delle cose che si potrebbero fare, puntando principalmente su iniziative rivolte ai giovani e alle famiglie. Le idee potrebbero essere davvero tante e forse sarebbe il caso di avere un po’ più di fan-
tasia e di intraprendenza, andando oltre gli schemi fissi. Come diceva Steve Jobs, “Think different”!
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Per incentivare a giocare bisognerebbe introdurre anche nuove modalità di gare, per renderle più veloci, soprattutto per i più giovani. Jack Nicklaus ha già sperimentato un’idea del genere facendo giocare nel suo campo in Florida una competizione di 12 buche, raddoppiando le dimensioni delle buche e accorciando, di conseguenza, il tempo di gioco. Il pensiero della leggenda del golf mondiale non è quello di stravolgere la filosofia del nostro sport, ma di attirare sempre nuovi giocatori e far crescere il golf con una modalità più divertente, facile e veloce.
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Per avere sempre nuovi soci, i circoli s’inventano ogni tipo di quota agevolata. Un giocatore dovrebbe iscriversi a un club soprattutto per la bellezza del percorso, per le strutture che offre, dal ristorante al pro shop, dal campo pratica all’area riservata alla zona approcci e putting green, alla palestra, alla spa, a... Bisogna cercare quindi di rendere il circolo il più attraente possibile puntando su manutenzione ed estetica, ma anche su altri fondamentali servizi accessori.
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Il golf deve partire dai giovani. Spesso il padre o la madre smettono di giocare perché non sono disposti a dedicare al golf cinque o sei ore (più doccia, spostamenti e soste varie al bar o al risto-
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Bernhard Langer con un giovane allievo. Per far crescere il golf è fondamentale coinvolgere bambini e ragazzi. rante) senza coinvolgere i propri figli. Sarebbe opportuno trovare grandi agevolazioni per le famiglie con bambini al seguito. A cominciare da un programma che permetta agli juniores di giocare gratuitamente 365 giorni all’anno se accompagnati da un adulto pagante. In questo modo le famiglie passerebbero più tempo insieme, aiutando lo sviluppo del golf.
tende a giocare sempre meno. L’idea è perciò quella di creare un programma di lavoro dove il 60/70% dell’apprendimento sia gratuito o sostenuto con un costo minimo. I circoli dovrebbero trovare un accordo con i professionisti in modo da attivare corsi collettivi con bonus gratuiti per tutti coloro che volessero migliorare il proprio gioco.
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Il golf è divertimento, passione, è un modo per stare in contatto con la natura e condividere ore con gli amici e la famiglia. Spesso però, soprattutto durante le gare, una tranquilla partita si può trasformare in un’Odissea per le troppe ore passate sul percorso, ore che sforano di parecchio il tempo necessario per svolgere le 18 buche regolamentari. Una soluzione quindi potrebbe quella di ridurre la lunghezza delle buche con tee di partenza avanzati, soprattutto per bambini e giovanissimi, terza categoria e ultraseniores. Così facendo, diventerebbe più facile prendere il green con un ferro 8 piuttosto che con ferro 5 o addirittura un legno. I golfisti farebbero risultati più bassi, risparmierebbero tempo e si divertirebbero di più.
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Con ogni probabilità, il golf è lo sport più difficile da imparare e mantenere con l’allenamento. Però, a causa dei costi che bisogna sostenere, il golfista
Non lo dicono, ma molte persone sono alla ricerca dell’anima gemella proprio sul campo da golf. L’idea potrebbe essere creare circuiti di 9 buche che in qualche modo favoriscano questi incontri, con uomini e donne di diverse età. In questo caso il golf non sarebbe l’unica priorità ma aumenterebbe la popolarità del circolo ospitante.
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Un campo da golf è costruito su un terreno che va dai 50 ai 120 ettari, un grande spazio a disposizione su cui organizzare altre attività. Nel campo pratica, ad esempio, si potrebbero programmare concerti estivi, in grado di attirare anche un vasto pubblico che non hai mai visto un circolo. Alcune riviste americane si chiedono perché non organizzare un mercato il sabato mattina nel parcheggio, sfruttare i laghetti per un torneo di pesca e ancora creare un piccolo orto botanico per coinvolgere i bambini delle scuole della zona?
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Ormai siamo nell’era digitale e per questo è necessario continuare a stare al passo con i tempi. Esistono già applicazioni che forniscono tutte le informazioni sulla lunghezza del campo nel quale si va a giocare. Ma sono necessarie altre funzionalità che permettano di arricchire l’esperienza del golfista. Pensiamo se sul nostro smartphone avessimo un’applicazione di ‘e-coaching’ con un professionista che si trova da tutt’altra parte e possa dare suggerimenti, consigli sul colpo e analizzare lo swing telematicamente.
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Sempre per aiutare i genitori che hanno la passione del golf, sarebbe utile che il circolo creasse un’area abilitata a piccola nursery per i bambini più piccoli, in cui farli giocare sotto lo sguardo vigile di un’educatrice. In questo modo, le mamme avrebbero tutto il tempo di giocare, dedicarsi a se stesse e invitare altre amiche al circolo.
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A molte proette piace l’idea di coinvolgere enti di beneficenza nei loro eventi golfistici. Il circolo potrebbe metterebbe a disposizione il suo spazio per l’organizzazione della giornata benefica. Si dovrebbe quindi collaborare maggiormente con le professioniste per raccogliere fondi e far conoscere il circolo a gente che non ha mai visitato un golf club.
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Golf Environment Organisation (G.E.O.) è un’organizzazione internazionale no-profit non governativa impegnata nella promozione del golf sostenibile riconosciuta dal C.I.O. e dalle maggiori associazioni che operano nel golf (R&A, EGA, PGA, European Tour, Federazioni Nazionali) e che proteggono la natura (WWF internazionale).
Circoli italiani “GEO CERTIFIED”: Golf Club La Pinetina (2010-2013) - Golf Club Udine (2011) - Golf della Montecchia (2013)
GEO E IMPEGNATI NEL VERDE: LO SAPEVATE CHE... Il Circolo Golf Torino, sede dell’ultimo Open d’Italia, rientra tra i 39 golf club attualmente iscritti alla certificazione ambientale GEO. E come ogni circolo iscritto a GEO che si rispetti è molto attento alla gestione e alla valorizzazione del proprio patrimonio ambientale. Basti pensare che tutti gli alberi presenti sul percorso sono stati censiti, valutati e muniti di una targhetta di riconoscimento alla quale corrisponde una specifica scheda di manutenzione. Inoltre sul sito web del circolo è possibile consultare una sezione apposita nella quale sono elencate e descritte in maniera dettagliata le principali specie botaniche ed animali rilevabili sul percorso. Centinaia di alberi di pregio tra querce, frassini, betulle che sembra siano lì proprio a ricordarci di come fosse gran parte della Pianura Padana secoli fa, ma anche arbusti, ampie zone incolte e un lago, quello della Risera, di oltre 6 ettari e mezzo di estensione: il tutto concorre a creare un habitat perfetto per numerose specie di rettili, anfibi, mammiferi, uccelli. Un patrimonio naturalistico di inestimabile valore che merita senz’altro di essere identificato in un prossimo futuro con il marchio GEO Certified. Nella foto a sinistra, uno splendido esemplare di Frassino comune tra il green della 6 e il tee della 7 del Percorso Blu.
Stefano Boni
Per informazioni: www.federgolf.it/impiantiedecologia www.golfenvironment.org
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Royal Park raddoppia
Inaugurate le seconde 18 buche del celebre circolo torinese con il percorso Pramerica, disegnato da Hurdzan & Fry
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Nuovi campi
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di Fulvio Golob enerdì 25 ottobre, al Royal Park I Roveri la presidente del circolo, Allegra Agnelli, e il direttore, Angelo Siniscalco, hanno tagliato il nastro tricolore nella cerimonia che ha segnato la definitiva apertura del secondo percorso di 18 buche. Accanto al celebre e splendido Robert Trent Jones Sr del 1971, teatro di ben quattro edizioni consecutive dell’Open d’Italia, è ora pronto per il gioco il campo firmato dai due architetti americani Michael Hurdzan e Dana Fry, che si presenta molto differente dal suo titolato compagno. Michael Hurdzan, padre di alcuni dei migliori campi da golf del Nord America, è stato eletto “Architect of the Year” nel 1999 e nel 2001, mentre il designer Dana Fry, è suo partner dal 1997. Il loro studio nel 2010 è stato inca-
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ricato di progettare l’Erin Hills Course, che ospiterà lo US Open del 2017. Grande novità quella della denominazione “Pramerica Course”, che si deve all’accordo fra il club torinese e Pramerica Life Spa, compagnia italiana ramo vita del gruppo statunitense Prudential Financial Inc. La tipologia del percorso, molto aperto e con buche di ampio respiro, rappresenta un bell’esempio di stile e di design moderno, combinati con il rispetto del territorio proverbiale nei progetti di Hurdzan & Fry. In questo modo, il Royal Park I Roveri dispone oggi di due grandi espressioni golfistiche, diverse e complementari, perfette per trascorrere un bel weekend fra fairway e green. Dal punto di vista delle essenze utilizzate, il Pramerica Course utilizza una miscela di Agrostis A1 e A4 sui green. Sempre in Agrostis anche tappeto erboso del fairway, nella varietà L93. Per quanto riguarda le parti più esterne del percorso,
Il green della buca 10, par 4 del percorso Pramerica, forse la più bella del nuovo campo aperto al Royal Park I Roveri
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Nuovi campi
il primo rough è composto da Poa, Loietto e Festuca, mentre il rough vero e proprio è interamente in Festuca rubra. Fornitore per le sementi è Federico Tuberga di Tempo Verde, Carmagnola (Torino) Decisamente lungo, il Pramerica Course fa segnare sulla scorecard 6.672 metri dai tee bianchi, 6.165 dai gialli, 5.792 dai neri e 5.411 dai rossi per 72 colpi equamente divisi fra prime e seconde nove. Si comincia con un bel par 5 attorno ai 500 metri e si finisce con la buca più difficile, complicata dai suoi 400 metri di lunghezza a inizio green: è un par 4 con leggera salita, con la bandiera difesa sulla destra da un gigantesco bunker. In mezzo buche varie e interessanti, fra cui cinque caratterizzate da ostacoli d’acqua. Le più belle a nostro avviso sono la 2 e la 10, entrambe par 4, la prima uno scenografico dogleg a sinistra (lato su cui si trova un esteso lago) e la seconda con green rialzato davanti al quale si trovano un piccolo stagno e un ruscello. Percorso non facile ma divertente, con gli ostacoli sempre in bella evidenza, il “Pramerica” è senza dubbio un test interessante per giocatori di buon livello. I bunker sono complessivamente 74, con la 13 (la più lunga, 550 metri) che si aggiudica il titolo di primatista in quanto a sand trap (dieci).
Nelle foto, dall’alto in basso: Donna Allegra Agnelli, presidente del circolo Royal Park I Roveri, taglia il nastro tricolore inaugurando, insieme al direttore del club Angelo Siniscalco, il nuovo percorso Pramerica; la buca 3, un par 3 di 210 metri; la grande e accogliente club house del circolo torinese
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Segreteria e gestione
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Una card per tutti gli usi Il sistema Skidata del Royal Park, al momento unico in Italia, è stato studiato per iscriversi alle gare, permettere ai soci di usufruire dei servizi e consentire al circolo controlli rapidi e precisi
A
l Royal Park I Roveri di Torino - in collaborazione con SKIDATA, un’azienda austriaca leader nel settore dei sistemi di ingresso - è stato di recente installato l’innovativo Keydetector Gate: un sistema hi-tech che permette ai soci di accedere al Circolo, iscriversi alle gare e usufruire dei servizi con una semplice card, come ad esempio prendere un secchio di palline in campo pratica. La procedura avviene tramite l’utilizzo di video touch screen e la facilissima lettura della carta per mezzo di uno scanner, permettendo di scegliere e selezionare la gara a cui ci si vuole iscrivere e i partner con cui si vuole partecipare. L’utilizzo della card può essere allargato a qualunque tipo di transazione (ad esempio bar e ristorante) o di servizio. Il Royal Park I Roveri è per il momen-
to l’unico circolo in Italia dotato di un sistema tecnologico di questo tipo, che permette di velocizzare le procedure di registrazione e migliorare la rilevazione della partecipazione. Il sistema Keydetector Gate, infatti, risponde all’esigenza del club di documentare le presenze giornaliere e l’utilizzo della struttura tramite una rilevazione precisa e discreta. Grazie al controllo non invasivo, i soci accedono con la loro keycard e vengono allo stesso tempo registrati. Ovviamente, il successo di rilevazione della presenza dei soci dipende dall‘effettivo utilizzo della carta. Per ottimizzarne l’impiego, è stata introdotta come card esclusiva nel Circolo. Infatti, la tessera soci del Royal Park è una keycard multiuso che consente non solo l‘accesso al campo da golf ma può essere utilizzata anche allo Juventus Sta-
dium, in aree sciistiche o sui mezzi di trasporto pubblico. Questo concetto è stato adottato anche nel caso dei Daily Green Fee, dove gli ospiti giornalieri vengono registrati nella memoria elettronica del Custom Relationship Management (CRM), che gestisce i rapporti con la clientela. I “soci per un giorno” ricevono in segreteria una card con la quale si possono muovere liberamente sul campo. Grazie all’installazione della tecnologia Keydetector Gate, il Royal Park I Roveri si conferma come club all’avanguardia a livello nazionale, non solo dal punto di vista della struttura e dei percorsi di gioco, ma anche per l’eccellenza e per la funzionalità dei servizi offerti.
INFO: www.royalparkgolf.it tel. 011 923 5500.
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Il primo dicembre verrà ufficialmente inaugurato un nuovo percorso (l’ottavo) in Sicilia. Ce ne parla l’architetto che l’ha realizzato
Al cospetto
dell’Etna PIRAS LA SAIE 3.indd 38
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NUOVI CAMPI Le Saie
di Franco Piras Golf Course Architect Senior Member EIGCA
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n nuovo Championship Course si aggiunge all’offerta golfistica Siciliana. Infatti il 1° dicembre verrà inaugurato l’ultimo percorso che ho disegnato, lungo la spiaggia, circa 10 chilometri a sud dell’aeroporto di Catania, nel comune di Carlentini in località San Leonardo. Con le sue 18 buche par 72 ed oltre 6.500 metri rappresenta l’ottavo percorso realizzato nell’isola, di cui sei aperti al gioco negli ultimi cinque anni. Un segnale positivo in un settore che sembra essere “al palo” in Italia come nel resto del mondo. Hanno deciso di chiamarlo “Le Saie”, richiamando il nome dei fossi di convogliamento delle acque che ancora oggi attraversano la proprietà e le indirizzano verso l’idrovora che gestisce l’altezza della falda. Infatti il terreno oggetto dell’intervento, utilizzato precedentemente per culture intensive, era totalmente in piano a meno di un metro sul livello del mare, in prossimità della foce del fiume San Leonardo, addossato al suo argine fuori quota. E al di sotto di un cotico argilloso, sabbie e falda quasi affiorante la cui altezza viene mantenuta a livello di sicurezza dall’i-
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drovora attraverso il reticolo di saie. Un sito non semplice, caratterizzato non solo dal problema della falda che ha condizionato i movimenti terra, la modellazione e le quote di consegna della rete drenante, ma anche dalle caratteristiche del sito, una tavola senza un albero o alcun tratto caratterizzante del paesaggio, bloccato dai vincoli ambientali e dal divieto di importare materiale dall’esterno. Spesso in Italia, per innumerevoli motivi, la fase di costruzione non va mai come auspica il progettista e quando va bene si impiega… il doppio del previsto. In questa circostanza non è andata così male e la realizzazione del percorso tra soste e riprese si è comunque svolta in un arco temporale accettabile. A oggi è stato completato il comparto golfistico ma l’hotel da oltre 200 camere e le RTA (Residenze Turistico Alberghiere) che completano il Resort sono ancora in fase di costruzione e si auspica che vedano la luce entro il 2014. La mancanza di queste infrastrutture non pregiudica né vincola l’attività golfistica che come logistica e organizzazione è autonoma dal Resort. Il campo avrà sì una vocazione turistica, ma è destinato anche a diventare punto di riferimento di Catania, che unita ai comuni limitrofi raggiunge quasi un milione di abitanti e ad oggi è priva di un campo da golf nell’area periurbana. Il completamento del progetto è avvenu-
Franco Piras, autore di questo articolo, fra Salvatore Leonardi (a sinistra) e Marcus Dickey, rispettivamente superintendent e direttore del campo a 18 buche di Carlentini (SR), a dieci minuti dall’aeroporto di Catania. A sinistra, una buca davanti all’imponente sagoma dell’Etna.
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NUOVI CAMPI Le Saie
Qui sopra, una veduta della buca 3 del percorso di Carlentini. A destra, Franco Piras fotografato accanto a una delle “saie”, i fossi di convogliamento delle acque che hanno dato il nome al campo siciliano. to grazie all’entusiasmo e determinazione di un imprenditore catanese, l’ingegnere Orazio Bosco che con la sua società Tecnis è attivo nel campo delle costruzioni immobiliari e delle grandi opere civili e che, subentrato ai precedenti soci, ha consentito ai lavori di riprendere dopo fasi di stallo e ha portato a compimento il campo. La realizzazione del percorso è stata affidata alla Sicilverde, una società di riferimento nella realizzazione di campi da golf che in questi anni ha seguito, in tutto o in parte, la costruzione dei nuovi percorsi realizzati in Sicilia. L’ing. Bosco ha inoltre chiamato a dirigere la sua squadra Markus Dickey, un Golf Manager di comprovata competenza, e Salvatore Leonardi, un “veterano” tra i superintendent italiani con 25 anni di trincea sulle spalle. Sono certo che faranno bene e che lascio il “mio” campo in buone mani. Personalmente ho effettuato recentemente il sopralluogo finale e per la prima volta ho giocato tutte le buche e nella giusta successione. Ebbene, devo confessare che è stata un esperienza piacevole. La vista d’insieme mi ha trasferito una sensazione di armonia con il territorio, l’Etna troneggia alle spalle con la
sua imponenza e maestosità ed è spesso all’orizzonte nei colpi al green, mentre il rumore della risacca e la brezza di mare riempiono l’aria di rumori e sapori mediterranei. L’aspetto generale è quello di un links. Il campo dispone di fairway ampi in macroterme (Riviera) circondati da ampie aree in fase di rinaturalizzazione dove la vegetazione mediterranea autoctona cresce rigogliosa e colorata nel corso delle stagioni. Le buche si succedono con armonia e varietà: cinque par 5 e altrettanti par 3 evitano la monotonia nel flusso del gioco, i green in agrostis (L93) leggermente sopraelevati rispetto al piano di campagna sono ampi e ondulati, protetti da bunker grandi e profondi. Di quando in quando qualche buca più difficile e qualcun altra più delicata, tutte con problematiche di gioco diverse ed interessanti, che mantengono sempre alta l’attenzione e la concentrazione nel gioco. Il campo dai tee più arretrati è impegnativo e ben si adatterà a manifestazioni di livello tecnico elevato. I cinque laghi sono stati realizzati scavando a bagno nella falda salmastra. Variano in altezza nel corso dell’anno e non sono utilizzabili ai fini ir-
rigui. Per scelta non influenzano il gioco ad eccezione che in due buche ed hanno avuto la funzione prevalente di generare i 300.000 metri cubi di materiale utilizzati per portare le zone di gioco a quote di sicurezza, caratterizzare il territorio e riqualificare l’ambiente creando un nuovo habitat alla flora mediterranea e alla fauna terricola e avicola. Oggi fenicotteri e altri uccelli costieri anche di passo stanno cominciando a popolare il campo, cercando nella ricostituita macchia mediterranea aree di riproduzione e nidificazione. Sono fiducioso che nel giro di pochi anni quello che era un terreno soggetto ad agricoltura intensiva diventerà un’oasi naturalistica. Personalmente mi sono divertito nel giocarlo. Anche gli amici e compagni di gioco che mi hanno accompagnato da Milano con entusiasmo, in un “tour de force” in giornata per provarlo in anteprima, lo hanno apprezzato e non hanno trovato alcuna buca brutta o arrangiata in qualche modo. Ma come sempre… “ a mama sua scarafagin parea carin” !! Che altro dire del campo? Certo non starebbe a me parlarne al di là delle considerazioni tecniche. Lascio dunque gli aspetti emozionali, estetici e la valutazione della “golfing experience” a chi avrà il piacere di togliersi la curiosità di andare a provarlo.
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ASSOCIAZIONI CMAE e CMAA
Professione Club Manager Dai tempi di Old Tom Morris, la carica direttiva in un circolo di golf ha ovviamente subìto un’evoluzione. Ma cura dei clienti, gestione dei dipendenti e continuo aggiornamento restano alla base del lavoro di Arnaldo Cocuzza
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el settore dei club sportivi il ruolo del coordinatore generale delle attività amministrative, sociali e sportive è ricoperto da una figura la quale, in base all’estrazione ed al profilo, viene individuata con titoli che vanno dal tradizionale “club secretary” britannico, al “direttore di club” diffuso in Europa continentale al “general manager” nord americano. In molti casi, soprattutto nel passato, il Segretario di un club è anche un socio che a titolo gratuito s’incarica di svolgere le mansioni direttive della struttura. Il club manager moderno è chiamato a gestire, in stretta relazione con il consiglio direttivo/proprietà, impianti estesi ed a volte complessi, programmare la manutenzione di ettari di campi da golf, oltre a diversi edifici dedicati a molteplici attività. Inoltre organizza servizi sportivi e di tempo libero per soci ed ospiti di club, gestisce il personale dipendente e gli eventuali collaboratori esterni, rappresenta il club presso la comunità locale, presso gli organi regionali e nazionali; non per ultimo gestisce in modo efficiente e prudente le finanze del club.
La figura del primo Club Manager completo, il nostro precursore Alcuni anni orsono acquistai la biografia di Old Tom Morris e rimasi colpito da come questo famoso scozzese sia riuscito ad influenzare il gioco del golf sia in Europa che
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negli Stati Uniti e per questo ritengo che meriti una citazione per la carriera da manager più che da giocatore. La persona che intraprese il ruolo di coordinatore di tutte le attività di un club (e che club!) fu Tom Morris nel lontano 1852 quando, dopo aver iniziato come apprendista costruttore di palle e bastoni, prese a tenere nota degli handicap dei gentlemen membri di St. Andrews. Non si limitò soltanto a questo, assunse anche l’oneroso incarico di mantenitore del verde (“keeper of the green”) del percorso che dettò, da lì a poco, gli standard del gioco del golf. Tom Morris svolse le sue funzioni in modo eccellente anche se (questo ci può consolare) le critiche non mancarono neanche a lui. Si va dal “chi crede di essere quello per giudicare la mia capacità di gioco” (gestione handicap), ai primi efficacissimi top dressing di sabbia sui green commentati così: “Cos’è questo, un bunker con una bandiera nel mezzo?!?” Fu così bravo che creò la domanda ed a Prestiwick lo ingaggiarono per svolgere le stesse funzioni e lui fui così bravo da non limitarsi a far diventare Prestwick un grande campo, ma organizzò sullo stesso campo le prime edizioni dell’Open Championship. Ovviamente a St. Andrews dopo cinque anni (1866) lo vollero indietro perché non riuscirono a trovare nessuno che svolgesse tutte le funzioni in modo efficiente quanto lui e questo ritorno fu basato su un’ottima negoziazione di Tom Morris, il quale riuscì ad ottenere la sua paga raddoppiata (50 sterline annue) e l’assunzione di due aiu-
tanti per la manutenzione del campo. Sapete cos’altro ammiro in Old Tom Morris? Essendo stato un fervente credente aveva il compito di leggere la Bibbia nelle funzioni domenicali e per questo impegno riuscì a convincere i Gentlemen di St. Andrews a non giocare alla domenica! Tuttora l’Old Course, nonostante la domanda mondiale crei lista d’attesa, alla domenica resta chiuso.
Le attuali esigenze La corrente crisi economica sta creando uno spartiacque tra i club che hanno deciso di fare a meno di una figura di riferimento, in grado di dirigere la struttura, e quelli che puntano maggiormente sulle competenze di chi, quotidianamente, in modo professionale affronta le impegnative dinamiche del mercato. In alcuni casi, facendo una serena autocritica, i club sono gestiti con metodi ormai non più efficienti ed alcuni direttori di club (come in molte categorie professionali) hanno la loro parte di responsabilità imputabile, a mio avviso, alla scarsa predisposizione allo studio ed all’aggiornamento. Il continuo processo di formazione, pubblicizzato dai colleghi americani definito “lifelong learning process”, è alla base del successo di ogni categoria professionale; apprendere dai libri una materia complessa come quella della gestione di club va oltre la desueta impostazione del lavoro rivolta alla stesura del calendario eventi, all’organizzazione di gare ed al controllo del gioco in campo. Misurare le proprie conoscenze specifiche sulla base di standard
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Nella foto, il Consiglio Direttivo CMAE: secondo da sinistra seduto, il presidente Jorgen Kjllgren, e quarto da sinistra in piedi l’autore di questo articolo, Arnaldo Cocuzza, direttore del Golf Club Milano formativi internazionali consente molto semplicemente di valutare quali sono le aree di competenza nelle quali un manager è preparato e quelle per le quali sono richiesti approfondimenti e pratica. I club sono aziende che, in questo momento di particolare difficoltà, hanno l’esigenza di una guida capace di intercettare le esigenze dei clienti, motivare e migliorare le prestazioni dei dipendenti. Un buon manager riesce inoltre a ricordare costantemente al proprio Consiglio Direttivo l’indirizzo strategico intrapreso affinché lo stesso Consiglio non venga attratto da decisioni apparentemente allettanti, anche se non in linea con il profilo del club e con la “promessa” fatta ai propri soci in quanto questi ultimi si iscrivono ad una palestra, ad un circolo di scacchi o ad un country club per esigenze sportive, ma anche per affinità elettive. Un esempio su tutti è quello che vede alcuni club intraprendere di anno in anno, in base alle esigenze di cassa, iniziative commerciali per attrarre nuovi soci o abbonati a tariffe, a parità di servizi, totalmente diverse tra gli iscritti della medesima categoria. Fuori linea dalla “promessa” associativa. È utile ricordare che il successo di un club è dato dal giusto bilanciamento fra la componente “direttiva”, la componente “sociale” e quella “manageriale”. Credo anche che la migliore descrizione di questo mix sia quella utilizzata dai colleghi americani: Board governs, Manager manages, Members enjoy.
Competenze specifiche Il manager di un golf club, country club, city club o yachting club deve possedere delle conoscenze professionali specifiche ed allo stesso tempo avere alcune doti personali necessarie per lo svolgimento delle funzioni. Associazioni internazionali quali Club Manager of Europe (CMAE) e Club Manager
of America (CMAA) hanno individuato le seguenti competenze “core”: CLUB GOVERNANCE: storia dei club, tipologie di club, tipologie di quote associative, regole e statuti FOOD AND BEVERAGE: livello del servizio, gestione del menù, nutrizione e qualità ingredienti, infrastrutture ACCOUNTING AND FINANCIAL MANAGEMENT: contabilità, investimenti, controllo, analisi finanziaria, tasse HUMAN AND PROFESSIONAL RESOURCES: gestione dipendenti, stili di management, gestione del tempo LEADERSHIP: stili di leadership, immagine professionale, efficacia nelle negoziazione INTER-PERSONAL SKILLS: doti comunicative, le dinamiche del gruppo, gestione dei conflitti MEMBERSHIP AND MARKETING: pubblicazioni interne, relazioni con i media, acquisizione e ritenzione soci SPORTS AND RECREATION MANAGEMENT: gestione golf, gestione eventi, gestione campo ed impianti sport FACILITIES MANAGEMENT: manutenzioni programmate, assicurazioni e gestione rischi, sicurezza ed igiene EXTERNAL AND GOVERNMENTAL INFLUENCES: legislazioni, protezione dati sensibili, norme specifiche club Quasi in ogni nazione esiste l’associazione nazionale dei Club Manager. Gli scopi di tali associazioni di categoria sono fondamentalmente due: - fornire agli associati dei momenti di aggiornamento e percorsi formazione; - creare un network tra gli iscritti; La Vision della CMAE è quello di essere l’organizzazione professionale leader europea nel club management e nel propor-
re programmi di formazione dai contenuti rilevanti, con importanti opportunità di certificazione. I corsi di formazione MDP (Management Development Programmes), realizzati dalla CMAE e forniti in diversi paesi europei in collaborazione con le Federazioni o con le Associazioni di categoria, nascono dall’esperienza pluridecennale dei BMI americani. Gli MDP sono quattro corsi, attualmente tenuti in lingua inglese, da cinque giorni: livello base, secondo livello, golf management, food & beverage ed ai quattro moduli si può aggiungere quello finale su Strategia & Leadership. Completato questo percorso, se il candidato ha i crediti acquisiti per esperienza lavorativa, si può accedere all’esame per la certificazione CCM (Certified Club Manager). La prova si tiene in Europa due volte l’anno, consiste in una giornata intera di test sulle dieci competenze sopra elencate al termine delle quali il candidato affronta un “case history” fornendo soluzioni oggettive ed economicamente sostenibili per la gestione del club descritto nel caso specifico. L’esame si supera con il risultato dal 70% in su con un minimo di 50% di risposte giuste in tutte le “core competencies” ed il titolo dura cinque anni, rinnovabile se il manager totalizza almeno 120 crediti formativi partecipando a conferenze e corsi di formazione del settore. Negli Stati Uniti circa il 30% dei Club Manager sono certificati CCM e se si restringe la statistica nei Country Club più esclusivi e grandi la percentuale supera il 50%. In molti casi il titolo CCM è ritenuto indispensabile per accedere alle selezioni per posti di lavoro di General Manager o Chief Operating Officer.
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GOLF E DIRITTO L’angolo giuridico
Cosa succede con i golf cart? La normativa che riguarda l’utilizzo di vetture, più o meno elettriche, usate sui percorsi di golf non deve certo essere sottovalutata. Ecco tutto quello che è necessario fare per evitare spiacevoli sorprese Lucio Colantuoni
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l primo golf cart elettrico fu costruito negli Stati Uniti nel 1932 ma non ebbe una grande diffusione. Negli anni Trenta e fino alla metà degli anni Cinquanta i golf cart erano utilizzati soprattutto da persone con disabilità che non erano in grado di fare molta strada a piedi. Solo a partire dalla metà degli anni Cinquanta il cart trovò una buona accoglienza tra i golfisti, cosa che facilitò la produzione di diversi modelli. Immaginare, oggi, un campo da golf senza cart sarebbe impossibile. Cerchiamo allora di inquadrare da un punto di vista giuridico l’utilizzo di queste “voiturettes” come vengono simpaticamente chiamate in Francia. I golf cart nella maggioranza dei casi sono oggetto di un contratto di noleggio, che è il contratto con il quale una parte (noleggiatore) si obbliga a far godere ad un altro (noleggiante) una cosa mobile, per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo. Detta fattispecie, seppur molto comune nella quotidianità e diffusissima nella prassi commerciale, non è contemplata dal Codice Civile come “noleggio”. Il noleggio, così come comunemente lo intendiamo, è disciplinato in realtà dalle norme sulla locazione contenute nell’art 1571 e ss. del Codice Civile. Sempre dalla disciplina sulla locazione di beni mobili, vengono tratte poi le obbligazioni in capo alle parti del contratto di noleggio. Si avrà così che il noleggiatore, ai sensi dell’art 1575 cc. dovrà: - Consegnare al noleggiante il bene, oggetto del contratto di noleggio, in buono stato di manutenzione; - Mantenere, anche successivamente, in buono stato il bene noleggiato affinché possa servire all’uso convenuto;
- Garantire un pacifico godimento all’uso del bene. Il noleggiante, ai sensi dell’art 1587 cc. dovrà: - Prendere in consegna la cosa e osservare diligenza nel servirsene; - Restituire al termine del contratto il bene al noleggiatore, nel medesimo stato in cui l’ha ricevuta, salvo il normale deterioramento dovuto all’utilizzo dello stesso oggetto; - Pagare il canone nei termini convenuti. Il mancato rispetto delle obbligazioni di cui sopra, darà luogo ad un inadempimento contrattuale. In particolare merita sottolineare che dal momento della consegna del bene al noleggiante, questi diviene responsabile dell’eventuale danneggiamento o deperimento del golf cart, a meno che non possa dimostrare che il danneggiamento sia avvenuto per causa a lui non imputabile (caso fortuito o forza maggiore). Esclusione di responsabilità questa, che tuttavia prevede che il noleggiante sia responsabile in via indiretta anche della perdita e del deterioramento cagionato da persone che egli ha ammesso (seppur in via temporanea) all’utilizzo del golf cart.
Diverso è il discorso allorché il golf cart sia utilizzato dai lavoratori addetti al gioco, quali i maestri di golf, caddie-master, segretari, giudici, oppure dai lavoratori addetti alla manutenzione del campo. In questo caso l’utilizzo dei cart non sarà più regolato dalle norme in materia di contratto di noleggio. E diverso sarà anche il grado di responsabilità dei circoli di golf in relazione alle diverse fattispecie contrattuali che possono legare i lavoratori di cui sopra ai circoli stessi. Il tema della responsabilità in relazione all’uso dei cart, infatti, non può più essere sottovalutato dai Circoli. Uno studio americano condotto dal 1990 al 2006 ha rilevato un incremento del 132% dei traumi collegati ad incidenti che vedevano coinvolti i cart. Ma quali norme trovano applicazione in Italia? Certamente gli artt. 2043 e segg. Codice civile, i quali regolano i principi generali della responsabilità per fatto illecito, la cosiddetta responsabilità “aquiliana” ma con l’importante esclusione dell’applicabilità dell’art. 2054 c.c. contenente la presunzione di colpa in capo ai conducenti dei veicoli in misura paritaria, salvo prova contraria. Il campo da golf, infatti, non può essere equiparato ad una strada privata adibita o ove sia comunque consentito il traffico di pedoni o veicoli (Cass. Civ. n. 965/1987). Da ciò consegue l’ulteriore importante conseguenza della inapplicabilità della normativa in materia di assicurazione obbligatoria dei veicoli (Decr. Lgt. 209/2005, art. 148). Per quanto concerne l’età richiesta per l’utilizzo dei golf cart, la maggior parte dei circoli si è orientata nel senso di vietarne l’uso ai minori di 18 anni. In realtà si potrebbe limitare detto divieto ai minori di anni 16.
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45 In questo caso, tuttavia, si dovranno usare particolari attenzioni coinvolgendo i soggetti esercenti la potestà parentale sui minori. Premesso quanto sopra, in tema di responsabilità extracontrattuale i Circoli devono prestare particolare attenzione al campo. La maggior parte dei Regolamenti sull’utilizzo dei cart predisposti dai Circoli disciplinano il comportamento che i giocatori devono osservare intorno alle aree di partenza. È esperienza comune che spesso la concitazione del gioco porta a “dimenticare” queste regole perché concentrati sul gioco. È importante, quindi, per i Circoli curare particolarmente la sicurezza di queste aree, predisponendo ove possibile delle zone di sosta per i cart a fianco dei tee di partenza o creando percorsi obbligatori e posizionando cartelli. Lo stesso discorso vale per le aree intorno ai green. Qui, tuttavia, al fine soprattutto di salvaguardare il manto erboso, è frequente l’utilizzo di catenelle o cartelli che impediscono l’avvicinarsi dei cart a queste
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aree. Più articolato è, invece, il discorso riguardante i fairways, Laddove, infatti, esistono percorsi obbligatori per i golf cart, è importante che questi percorsi siano studiati in modo da garantire la più completa sicurezza e siano correttamente mantenuti. Il giocatore che non utilizza questi percorsi, e non il Circolo, si esporrà a responsabilità personale per eventuali incidenti che vedano coinvolti dei cart. Laddove, viceversa, non vi sono percorsi obbligatori, i Circoli devono prestare particolare attenzione e predisporre tutte quelle misure volte almeno a ridurre, essendo impossibile eliminare, le insidie del percorso. Come catenelle o cartelli per impedire l’accesso a zone particolarmente scoscese, avvisi ben visibili indicanti attraversamenti di strade, incroci con altre buche del percorso, laghetti nascosti e così via. Sul punto, tuttavia, occorre essere chiari: è impossibile prevedere e conseguentemente predisporre tutte le misure volte ad evitare incidenti in considerazione anche
della guida spesso spericolata dei novelli Schumacher dei fairways! È quindi, basilare confrontarsi attentamente con il proprio broker assicurativo al fine di far inserire nei contratti di assicurazione quelle clausole che possano tenere indenni e garantire al meglio i Circoli da eventuali richieste di risarcimento dei danni. I Regolamenti sull’uso dei cart predisposti dai Circoli prevedono spesso il divieto di cercare le palline utilizzando appunto i cart. Attenzione perché questo divieto, da solo, non è sufficiente ad esimere da responsabilità i Circoli. Occorre sempre accompagnare questo divieto con le misure e gli accorgimenti sopra descritti. Da ultimo, alcuni circoli permettono ai propri soci di utilizzare cart di loro proprietà. Non viene concluso nessun contratto di noleggio, ma nulla ovviamente cambia in materia di responsabilità extracontrattuale di Circoli. Prof. Avv. Lucio Colantuoni Avv. Paolo Montanari
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PERSONAGGI Giuseppe Nava
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A Carimate
con passione Dopo gli anni di gavetta al circolo de L’Albenza, Nava si è trasferito nel golf brianzolo, fra Como e Milano. Da quel primo incontro sono trascorsi 26 anni, pieni di soddisfazioni e di lavoro, che l’hanno fatto conoscere come uno dei migliori direttori del golf italiano di Roberto Zoldan
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iciamolo subito, fare il direttore di un circolo di golf non è mestiere facile. Bisogna mediare e promuovere, avere buona competenza tecnica di gestione del campo e dell’attività agonistica. Sintonizzare le idee di Presidente, Consiglio, Commissione sportiva. Gestire buoni rapporti con le istituzioni e la vita federale. Ma soprattutto conoscere i meccanismi che aggregano i soci e favorire lo spirito di appartenenza. Far capire a tutti, players e frequentatori, che la vita di un club di golf può diventare un prezioso patrimonio sportivo e umano per tutti, anche per il più umile hcp 36. È il compito di un buon direttore fornito di doti imprenditoriali, gestionali e umane. Simili a quelle del direttore di un grande albergo come il Plaza di New York o La Mamounia di Marrakesh, molta razionalità e buona conoscenza delle caratterialità dei soci che nel nostro Bel Paese sono molte. Sull’altra sponda ci sono i conflitti, la cattiva amministrazione, le lotte tra piccoli clan e vita amara per tutti. Sì, proprio attorno alle 18 buche del fine settimana dove ci si dovrebbe mettere insieme per il tempo libero e le ore liete. Ce lo conferma Giuseppe Nava, detto Beppe, classe 1956, di Barzana di Bergamo, direttore al Golf Club Carimate (Como) dal 1988. Vi arrivò a 31 anni dopo una buona esperienza all’Albenza di Bergamo, dove cominciò come caddie master a 17 anni. Nel grande circolo orobico, prima casa anche di Costantino Rocca, si fece le ossa. Affinò le doti di interlocutore col difficile mondo del golf facendo il consigliere comunale. La politica locale gli insegnò a dialogare sempre con tutti. Con fermezza poi si può arrivare alla sintesi e alle decisioni. Innamorato del suo lavoro, è al circolo dalle 9 al tramonto, un’ora d’auto a venire e un’ora ad andare a casa. Bella
carriera e grande stima nel mondo del golf lombardo. In tanti anni, la notte ha sempre dormito nel suo letto di Barzana, nonostante la lontananza dal luogo di lavoro. Lo hanno aiutato una bella famiglia e una moglie generosa. “In seguito passai alla direzione del circolo”, racconta. Volto disteso, occhi attenti, modi pacati. “Allora ci chiamavamo Segretari di golf, come ancora oggi avviene in Inghilterra, dove il Segretario è una figura importante.” Il termine Direttore è arrivato dagli Usa. Là il Club Manager non si occupa della vita sportiva ma segue l’amministrazione e il food and beverage (quindi club house e ristorazione), mentre il golf è seguito dal Segretario Professionista. “Invece in Europa, in Gran Bretagna in particolare, è il Segretario che da sempre si prende cura del circolo: è il dirigente più importante dopo il presidente. Col Capitano della squadra forma il fulcro del circolo. Seguendo il modello americano abbiamo introdotto il termine Direttore, mantenendo inalterate le mansioni del vecchio Segretario”.
Bergamasco di Barzana, Beppe Nava dirige Carimate dal 1988 e da allora, ogni giorno, in auto percorre due ore di strada andando e tornando dal club Carimate è nella storia del golf italiano. Da 16 anni chiude il bilancio in pareggio. Si è vista crescere nel tempo la qualità nei dettagli e nelle grandi opere con attenzione ai costi, contenuti ora anche da un nuovo im-
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Nella foto qui sopra, la buca 10 di Carimate, titolato golf club comasco che ha superato con soddisfazione i suoi primi 50 anni di attività, essendo stato inaugurato nel 1962. A destra, Giuseppe Nava nel suo ufficio al circolo. pianto d’irrigazione. Il circolo nacque nel 1962 promosso, come l’Olgiata, dalla Società Generale Immobiliare romana. Proponeva all’Italia affluente un modello residenziale nel verde: castello (Visconti), parco, golf, piscina, tennis, equitazione, bocce, giochi per bambini. Parliamo delle mansioni di un bravo direttore. “Deve gestire l’azienda-circolo delegando ma controllando. Tutto e tutti. Partiamo dal quel bene prezioso che è il campo, la grande palestra di gioco. Ci lavora una squadra di nove giovani esperti, formati dalla scuola federale, guidata da un superintendent, Luigi Cignoni. Amano il loro mestiere, sono attenti alle anomalie del verde soprattutto quando richiedono interventi immediati. Le piante furono messe da un architetto giapponese, le buche a livelli diversi vogliono manutenzioni sempre differenti. Un restyling del campo ha rinnovato i green nel corso degli anni. Bunker più numerosi per un percorso più impegnativo, soprattutto alla 7 con green in salita a più livelli. “I ragazzi della squadra verde sanno fare analisi fitopatologiche, sono esperti nei diversi tipi di taglio, conoscono le variazioni della stagione e del terreno. Per rinnovare un campo di 18 buche tra boschi e collina com’è il nostro, disegnato da Pier Luigi Mancinelli, scomparso nel 2001, abbiamo pianificato i lavori per cinque-sette anni. Attenti agli imprevisti e alle malattie dell’erba, al censimento botanico e fitosanitario del patrimonio boschivo ottenendo la qualifica 14.001/Emas che ha adeguato il campo ai parametri ambientali europei. Abbiamo integrato aree di bosco e abbiamo sostituito molti alberi come ci era stato richiesto. Il direttore deve andare ogni giorno sul fairway, controllare, gestire anche le piccole emergenze”.
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Avete ristrutturato l’immobile della club house disegnata da Vico Magistretti, linee moderne e trionfo del bianco, il colore che preferiva. Avete ampliato il ricovero carts e sacche, gli impianti della piscina, che d’estate è molto frequentata. I campi di tennis sono a posto. “I lavori pianificati negli anni sono stati realizzati dall’immobiliare proprietaria dell’intero complesso. La svolta inizia nel 1999 con il presidente Sergio Delli Zotti, artefice del progetto restyling, e continua col successore, Pietro Cioffi. Giuseppe Crippa è presidente dal 2006 e ha concluso la fase delle grandi opere. Carimate si trova al centro di un’area di notevole tradizione imprenditoriale. Avevamo a disposizione tante competenze e si è lavorato bene”. Qui nel 1980 nacque la rivista Parliamo di golf diretta da Renato Blandl. La Fig aveva allora 13 mila tesserati e l’Italia 58 campi. Il circolo vanta un bel palmarès. Parliamo dell’attività agonistica. “Il Segretario sportivo Walter Gorla contatta gli sponsor per il calendario, promuove l’attività agonistica in collaborazione con i maestri per incoraggiare i giovani, dialoga con la Commissione sportiva per lo svolgimento delle gare. Giuseppe Roccucci e Luca Boffi sono responsabili dell’attività giovanile. Il direttore deve osservare con discrezione, dare suggerimenti, riceverne anche. La vita di circolo può nascondere imprevisti e conflitti e chi coordina deve prevenirli. L’agonismo conta: fa arrivare al circolo nuovi soci giovani che, se crescono in dimensione sportiva, portano con sé poi anche i genitori. Anche
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la sanzione sportiva è importante, applicata con saggezza negli episodi meno gravi ma con rigore per le infrazioni più pesanti. La condanna degli illeciti fa crescere la lealtà e il rispetto generale delle regole”. Ci sono saggi di psicologia aziendale che insegnano i cento metodi per tenere insieme le aggregazioni umane. Ecco gli ingredienti dell’accoglienza secondo Giuseppe Nava. “È bene ascoltare sempre le socie. Le mogli decidono del tempo libero di tutta la famiglia. Così come a casa decidono i suoi acquisti, come insegnano i pubblicitari. Poche volte le donne sbagliano. C’è una bella piscina? Vengo anch’io e allora si va tutti al golf. C’è vita sociale? La sera tutti qui a cena anche dopo la gara. La coppia è giovane e ha bambini? Ecco lo spazio protetto per i piccoli. Lui ha strapazzato le coronarie in tanti anni di lavoro? Caro, perché non scendi in campo almeno per 9 buche? I non sportivi amano il circolo ma preferiscono le carte? Ecco i tornei di burraco e di bridge. Il tennis per chi vuole. Il golf rimane la palestra primaria ma tutte le attività che gli fanno corollario tengono il circolo vivo. Buoni i rapporti e buoni i conti. Cosa importante, in questi tempi difficili”. E con il variegato mondo dei vostri 640 soci, come si comporta un Protodirettore tra i più stimati? “Attenzione alle esigenze, sempre diverse, dettate da personalità, ruolo sociale, buona educazione, atteggiamento che porta a un solo obiettivo vincente. Mettere sempre il socio a proprio agio, risolvere i suoi problemi per quanto è possibile. Molti a volte hanno l’esigenza di partire nella stessa ora di punta. Una volta per far contenti tutti i richiedenti strinsi gli intervalli: ore 9.0, 9.5, 9.10, 9.15… La buona educazione stempera la congestione sul tee shot, quelli davanti partono un minuto prima, quelli che seguono un minuto dopo. E tutti si sentono soddisfatti a casa propria, aumenta la fidelizzazione”. La segreteria è protagonista in questo ruolo. “Il socio sa che lì ci sono cortesia e attenzione alle sue esigenze, spesso oltre il dovuto. E rispetta il personale e le regole, senza le quali nessuna aggregazione umana può stare insieme. Le regole vanno sempre ricordate. Su quest’aspetto sono intransigente”. Caddie master e spogliatoi meritano qualche parola. “Il deposito sacche e carts vive momenti di punta nei giorni di gara e gli addetti, gente sveglia, Formichella e Lo Frano, conoscono tutti. Ma per sciogliere gli intoppi i carrelli sono stati numerati e ognuno si prende il proprio da solo. Abbiamo messo in garage una flotta di carts per gli ospiti. Negli spogliatoi lavorano Attilio Zaninelli e Angela Colombo, al circolo rispettivamente da 48 e 29 anni. Soci e ospiti hanno ciascuno l’armadietto con chiave e il campo pratica è gestito dai pro”. La ristorazione in un circolo di rango richiede specializzazione. Nava presenta Angelo Ferrari, il gestore che perfezionò il
mestiere servendo la clientela internazionale di Crans Montana. Originario di Parma, capitale dell’agroalimentare, lavora in coppia con la moglie Brigitte. Spiega la sua formula: capire i soci, conoscerne esigenze e disponibilità al consumo, gusti e abitudini a tavola. Un’enciclopedia di tipologie che non è difficile soddisfare. Basta ricordare o intuire, virtù di ogni buon maître. Dai piatti elaborati a quelli della tradizione con spunti stagionali lombardi, ingredienti sempre di alta qualità, il cuoco di serie A, Paolo Pellegrini, è sulla scena da 21 anni. In cucina c’è anche la signora Ferrari a guardia del buon servizio con personale qualificato e polivalente, pronto sia per la serata invernale con pochi ospiti sia per il ricevimento privato con cento persone. Non è raro concludere 18 buche a Carimate con la frase: ”Fermiamoci qui a cena, ne vale la pena”. Ci si siede sulle storiche sedie laccate rosse di Magistretti prodotte in Inghilterra e commercializzate da Cassina. Sono le sedie che si chiamano proprio Carimate, amate negli anni ’60 dai Beatles e dagli intellettuali d’Oltremanica. I rapporti col personale? Nava è sintetico: “Sono come suggeriscono i moderni manuali di gestione che danno difficili nomi in inglese alle intuizioni del vecchio buon manager. Rapporti umani generosi e corretti. Chiedere il massimo nell’emergenza in cambio di elasticità per le esigenze individuali. Essere solidali nella vita privata. Condividere con chi lavora gioie e dolori. Si diventa amici, salvando la scala gerarchica che diventa alla fine, se tutto funziona, soltanto uno schema burocratico”.
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Tramonto autunnale sulla buca 14 di Prestwick, il campo scozzese che ha ospitato le prime 11 edizioni dell’Open Championship e 24 in totale, l’ultima delle quali nel 1925.
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“Stiamo lavorando per voi” Questa la scritta che dovrebbe comparire in ogni campo durante il periodo degli interventi invernali. Troppo spesso i soci non sanno o non capiscono che, senza i fondamentali lavori “fuori stagione”, tutto il resto dell’anno avrebbero condizioni del campo non ottimali. Per saperne di più, abbiamo parlato con Alessandro De Luca, consulente tecnico della Federgolf e con i responsabili di tre circoli a latitudini differenti: Franciacorta, Olgiata e Verdura
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L’
inverno non è il miglior amico dei golfisti. Si gioca di meno per via delle poche ore di luce e del maltempo più frequente, ci si deve ricoprire di fastidiose maglie e tute impermeabili per difendersi dalle basse temperature e dalla pioggia, i campi, purtroppo, non regalano più le gratificanti distanze estive e anche trovare qualcuno disposto a farci compagnia per una giocata al freddo e a rischio intemperie è sicuramente più complicato. L’arrivo della brutta stagione, però, è anche temuto da chi si deve occupare della cura e della manutenzione dei percorsi perché l’inverno porta con sé problemi e condizioni che possono mettere a repentaglio il buon stato di un campo. In più bisogna intervenire, oltre che per le abituali manutenzioni previste per questo periodo, anche per rimediare ai danni che spesso le calure dell’estate hanno provocato su fairway e green. “Non è poca cosa preparare un campo da golf durante il periodo invernale – spiega il dottor Alessandro De Luca, agronomo e consulente tecnico della Federgolf –. Ci sono tante variabili da prendere in considerazione: il tipo di tracciato, se di montagna, di pianura o collinare, il tipo di gestione, se circolo privato o turistico, la specie di tappeto erboso presente, come è stata l’esta-
te, le caratteristiche costruttive del percorso, come ad esempio l’impianto di irrigazione o il sistema drenante esistente. C’è poi da tenere presente che ogni anno la situazione non è mai la stessa. Gli interventi da eseguire, quindi, devono tener conto di diversi fattori contingenti.” Le operazioni più importanti da pianificare prima dell’inverno cominciano dalla manutenzione dei green realizzati con l’Agrostis stolonifera. Le elevate esigenze idriche di questa specie durante la stagione estiva obbligano a frequenti irrigazioni le quali favoriscono lo sviluppo del feltro. Si tratta di un accumulo di sostanza organica morta che si sviluppa appena al disotto della copertura erbosa e rende i green molto soffici. Oltre a essere deleterio per la qualità del gioco, il feltro crea condizioni sfavorevoli alla crescita del tappeto erboso e aumenta la possibilità di attacchi fungini. “Per rimuovere questo strato – dice De Luca – è fondamentale eseguire a fine estate dei verticutting sui green, seguiti da una carotatura e quindi da un top dressing, cioè da un apporto di sabbia. Si tratta certamente di un’operazione fastidiosa per i giocatori che per un breve periodo di due/tre settimane si ritrovano a giocare su green non in perfetto ordine. È ampiamente dimostrato, però, come questi interventi consentano di migliorare la salute del tappeto erboso, di ridurre drasticamente gli
Qui sopra un links in versione tardo-autunnale, con la neve che fa la sua prima apparizione sul campo
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attacchi fungini e le invasioni delle erbe infestanti. Questo significa evitare l’impiego di fitofarmaci dannosi, oltre che per il bilancio del circolo, soprattutto per la salute e l’ambiente. Da non trascurare, infine, i benefici effetti della carotatura sul drenaggio, elemento fondamentale per la giocabilità dei green soprattutto nel periodo invernale.” Di tutt’altro tipo, invece, il discorso riguardante i fairway. Qui i vari tipi di essenza da tappeto erboso impiegati impongono approcci diversi al problema. Nel caso delle macroterme (la bermuda, tanto per capirci) non ci sono molti lavori da eseguire se non interventi di natura più estetica che di sostanza. Con l’arrivo dell’inverno, infatti, queste varietà di erba tendono a ingiallire e per ovviare si ricorre a una trasemina a base di Lolium perenne, che per tutta la stagione fredda assicura un bel colore verde ai fairway. La questione cambia, però, nel caso di impiego di microterme. “I fairway in microterme possono essere costituiti dal classico miscuglio Poa pratensis-Lolium perenne e Festuca ruba o da sola Agrostis stolonifera – fa notare De Luca –. In entrambi i casi ci possono essere invasioni più o meno accentuate di varie erbe infestanti come la Poa Annua, la gramigna e la Digitaria. Nel periodo estivo, ma anche con l’arrivo dell’autunno, queste erbe disturbano l’omogeneità del manto erboso, favorendo la forma-
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zione di chiazze di terreno nudo. È quindi spesso necessario ricorrere a trasemine autunnali. Quando, invece, il manto erboso è costituito dalla sola Agrostis stolonifera, l’essenza usata anche per i green, è possibile ritrovarci a fare i conti con la presenza di feltro. Per ovviare a questa situazione diventano, quindi, necessari gli stessi interventi previsti per i green, cioè verticutting, carotatura e topdressing con un importante aggravio dei costi. Allo stesso modo dei green omettere questi interventi sui fairway si traduce in un tappeto erboso meno vigoroso e più vulnerabile nei confronti delle avversità.” Ci sono poi certe tipologie di percorso che si trovano alle prese con problemi specifici come nel caso dei campi dove sono presenti tanti alberi. La presenza di un buon patrimonio arboreo certamente impreziosisce e rende più gradevole un campo da golf. Tuttavia alberi e tappeto erboso non sempre sono un buon abbinamento. “Gli alberi – dice De Luca - tolgono luce e acqua al tappeto erboso. Inoltre nel periodo invernale perdono le foglie rendendo più complicata la ricerca della pallina e creando problemi di ‘soffocamento’ al manto erboso. Ci sono alcune piante che perdono le foglie in pochi giorni, ma ve ne sono altre che le perdono in tempi molto più lunghi rendendo la loro raccolta ancora più laboriosa.” Altri problemi collegati alla presenza degli alberi in un campo
La buca 18 dell’East, uno dei due percorsi di Verdura, a Sciacca, in Sicilia. Sullo sfondo, la clubhouse
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A sinistra, due bellissimi scorci del golf di Franciacorta. Qui sopra, una buca dell’Olgiata e Alessandro De Luca (a destra), in compagnia di Ken Mangum, superintendent dell’Atlanta Athletic Club da golf sono rappresentati dalla loro gestione che include potature autunnali, periodici controlli sul loro stato di salute per garantire la sicurezza di chi è sul campo e infine lo smaltimento dei residui vegetali, quali foglie e scarti e di potatura. Altro importantissimo intervento da eseguire prima dell’inverno è il controllo e la pulizia di tutti gli scarichi dei drenaggi. In questo periodo, infatti, la giocabilità di un percorso è condizionata soprattutto dalla presenza di acqua nel terreno che può essere rapidamente eliminata con un efficiente sistema di drenaggio, soprattutto quando è affiancato da interventi di coltivazione quali carotature, forconature e sabbiature. “Inoltre – sottolinea De Luca – l’inverno è il momento ideale per eseguire quei lavori di miglioramento del campo impossibili da realizzare nel periodo di crescita del tappeto erboso. Questi lavori possono includere, ad esempio, l’ampliamento dei tee di partenza, la costruzione di nuovi drenaggi, la riparazione o l’installazione di irrigatori, la messa a dimora di nuovi alberi o anche lavori di officina mirati a ottimizzare il funzionamento del parco macchine.” Fin qui il parere del tecnico che ha come obiettivo la cura del campo. Ma i golfisti cosa ne pensano di tutti questi “intoppi” che intralciano il loro gioco? “Devono avere un po’ pazienza nell’interesse della qualità e della giocabilità del percorso – consiglia l’agronomo della FIG -. Capita spesso che i giocatori si lamentino se a fine estate trovano i green, i tee o i fairway carotati,
ma va spiegato loro che questa è un’operazione indispensabile per garantire le condizioni ottimali del campo durante il resto dell’anno. Un disagio di qualche settimana in cambio di una buona giocabilità in tutte le stagioni è un sacrificio che si può accettare.” Per evitare discussioni e lamentele, in ogni caso, l’approccio migliore sarebbe quello di informare in anticipo i soci sui lavori in programma. Nei confronti dei giocatori esterni, inoltre, sarebbe molto efficace l’applicazione di un green fee scontato nei giorni di maggior disagio. Un altro utile accorgimento suggerito da De Luca è anche quello di predisporre il calendario gare in funzione del programma dei lavori di manutenzione e non viceversa come invece spesso succede. Bisogna sempre ricordare che un percorso mantenuto in modo corretto si traduce in un tappeto erboso di maggiore qualità e anche più sano, che può essere gestito ricorrendo a un impiego minimo o addirittura nullo di fitofarmaci. Una corretta manutenzione invernale, comunque, comporta una certa spesa e, visto il momento attuale, ciò appesantisce il bilancio di un circolo. Lo si deve valutare, però, come un investimento poiché un campo in ordine e giocabile per molti mesi all’anno produce sicuramente maggiori introiti. Secondo De Luca per far comprendere a tutti le esigenze legate alla cura di un percorso di golf sarebbe importante avvicinare sempre di più i giocatori ai superintendent o greenkeeper. In molti per-
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corsi statunitensi, proprio per favorire una maggiore comprensione delle rispettive esigenze, i tecnici che si occupano della manutenzione del campo vengono incentivati a giocare a golf e ad andare periodicamente sul tracciato con il direttore o con il professionista. “Anche in Italia – dice De Luca - dove al momento sono pochissimi i superintendent e i greenkeeper che giocano a golf, se ciò avvenisse si potrebbero ottenere i buoni risultati raggiunti in America.” Il suggerimento è sicuramente interessante e i circoli dovrebbero farne tesoro.
Il nostro Giro d’Italia Come ha spiegato Alessandro De Luca non è sempre facile individuare la strategia più corretta per definire gli interventi di manutenzione necessari in un campo da golf durante il periodo invernale. Le variabili in gioco sono tante e diverse tra loro, soprattutto in considerazione della conformazione geografica del nostro paese. Così abbiamo fatto un piccolo “Giro d’Italia” per conoscere più da vicino il lavoro che viene realizzato. Siamo partiti dal nord con un circolo che negli ultimi anni ha conosciuto un enorme sviluppo, il Golf Club Franciacorta. Costruito poco meno di trent’anni fa a poca distanza dal lago d’Iseo, questo tracciato conta oggi 27 buche. A occuparsi della sua cura, sin dalla realizzazione, è Maurizio Zani. “Qui uno
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dei problemi che dobbiamo affrontare – dice – è che abbiamo nove buche, quelle nuove e disegnate da Fulvio Bani, seminate tutte con l’Agrostis sia sui fairway che sui green, e le diciotto buche del vecchio tracciato nel quale è presente, invece, il classico miscuglio Poa pratensis-Lolium perenne. Questo comporta il dover programmare interventi autunnali diversi. Fortunatamente l’estate appena trascorsa non ha provocato grossi problemi per cui sono state necessarie solo poche trasemine in alcune aree. Con un calendario gare fittissimo (più di 170 nel 2013) non è facile far convivere la giocabilità del campo con gli interventi di manutenzione. Però con una buona organizzazione e un parco macchine molto ampio riusciamo a gestire il tutto senza troppi problemi. Durante l’inverno, inoltre, eseguiamo trattamenti specifici per evitare l’insorgere della Fusarium Nivale, una malattia che colpisce il tappeto erboso con le basse temperature.” Maurizio Zani è anche un buon giocatore di golf e anche lui considera questo elemento importante per svolgere meglio il suo lavoro. Dalla Lombardia ci siamo spostati in uno dei circoli più prestigiosi di Roma e di tutto il golf italiano, il Golf Club Olgiata, che di recente ha realizzato importanti modifiche sul percorso riguardanti sia il disegno di alcune buche che la qualità del tappeto erboso. “Poco più di due anni fa abbiamo cambiato l’erba dei fairway passando alla bermuda e questo ha modificato,
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Nella pagina accanto l’accogliente clubhouse dell’Olgiata, a Roma. Qui sopra, la 18 del West al Verdura, inserito in un grande resort turistico che fa parte del gruppo alberghiero presieduto da Sir Rocco Forte. rispetto al passato, il programma di manutenzione del campo nel periodo autunnale – spiega Cesar Florido, segretario del circolo romano –. Tra gli interventi di maggior rilievo abbiamo l’operazione di trasemina con il Loietto perenne che assicura al percorso un gradevole aspetto anche durante il periodo invernale quando la bermuda va in dormienza e diventa gialla. Oltre ai tradizionali lavori di carotatura dei green, un altro aspetto di particolare rilievo che affrontiamo durante il periodo autunno-inverno è legato alla presenza sul nostro tracciato di moltissimi alberi. Ne abbiamo di diverse specie e questo comporta che il problema della perdita delle foglie persiste per alcuni mesi impegnandoci in un lavoro costante per mantenere pulito il manto erboso sotto le piante. Si tratta di un’operazione che richiede tempo e costi non trascurabili. Infine, per quanto possibile, cerchiamo di programmare gli interventi di manutenzione in relazione al calendario gare del circolo per creare il minor disagio possibile ai giocatori.” Per concludere il nostro viaggio ci siamo trasferiti in Sicilia, al Verdura Golf Resort, il magnifico complesso turistico con due campi da golf realizzato alcuni anni fa vicino a Sciacca. A occuparsi delle 36 buche disegnate dall’architetto Kyle Phillips è Michele Deiana. “Sui percorsi – dice – abbiamo tre tipi di erba diversi: sui tee c’è il Lolium perenne, sui fairway e sul rough c’è la Bermuda, mentre sui green abbiamo la clas-
sica Agrostis. Questa situazione ci impone di realizzare interventi differenziati in base alla qualità dell’essenza da trattare e all’analisi chimica e fisica del terreno. Due sono gli aspetti fondamentali che caratterizzano la gestione e manutenzione del nostro percorso, vale a dire il clima mite e il vento. Le aree che vengono maggiormente monitorate sono quelle dei tee e dei green, realizzati con microterme e quindi più sensibili ad attacchi fungini. Nel periodo invernale dobbiamo prestare attenzione all’insorgere della Microdochium nivale, una malattia che si manifesta con il freddo e che interessa soprattutto i green. Grazie ai trattamenti preventivi, però, questo problema è sotto controllo. Naturalmente poi, tra settembre e ottobre, vengono svolti i tradizionali lavori di verticutting e di carotatura sui green. Sempre in questo periodo provvediamo a eseguire una trasemina del rough primario per consentire anche nei mesi invernali l’uso del golf cart.” D’inverno, quindi, superintendent e greenkeeper, assieme ai loro collaboratori, non vanno certo in letargo, ma, al contrario, devono lavorare a pieno ritmo per assicurare ai campi una manutenzione che poi a primavera possa assicurare ai golfisti fairway immacolati e green levigati. “Stiamo lavorando per voi” sembrano ricordare ai quei giocatori che in una giornata invernale si arrabbiano per un putter sbordato a causa delle imperfezioni dovute alla carotatura del green.
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Da oltre 50 anni, il segretario generale del Circolo di Bergamo è un innamorato del golf. La sua passione per il verde e la cura dei percorsi lo ha portato a essere un riferimento assoluto per tutti quelli che lavorano nel nostro settore. Ecco la sua bella storia fra fairway e green
Il signor
L’Albenza di Maurizio Bucarelli
“S
pesso mi capita di pensare al lungo percorso fatto per arrivare fin qui e, riflettendo, mi rendo conto che la fortuna, mia e de L’Albenza, è stata quella di avere sempre trovato sulla strada presidenti giusti, onesti e competenti”. Achille Ripamonti, segretario generale del Circolo di Almenno San Bartolomeo, un’oasi di verde a pochi chilometri da Bergamo, inizia la chiacchierata rivolgendo un pensiero a chi, negli anni, gli ha permesso di portare avanti un lavoro importante. Il signor Achille (per gli amici) o se preferite “quel signore seduto sul cart con la pipa in bocca” (definizione questa usata da chi frequenta saltuariamente il Golf Bergamo), a L’Albenza ha messo piede per la prima volta nel lontano 1958. “Per la precisione era una giornata soleggiata di fine ottobre – dice Ripamonti -, avevo da poco compiuto undici anni e stavo giocando con i miei coetanei sui prati de L’Albenza, vicino al torrente Lesina, dove spesso andavo a pescare i gamberi. Fui avvicinato da alcuni signori che mi chiesero di raccogliere le loro palline. Incuriosito domandai cosa stessero facendo e così scoprii che esisteva un gioco chiamato golf. La cosa più importante, però, è che quel giorno guadagnai le mie prime cento lire. Vuole sapere se mi regalarono delle palline? No, il golfista è geloso delle sue palline, ma se non ricordo male credo di essermene messa in tasca qualcuna, giusto per avere un ricordo di quella giornata”. L’inverno dopo, nel 1959, su quegli stessi prati iniziarono a costruire le prime nove buche di quello che oggi è chiamato il percorso Giallo de L’Albenza. Nel suo ufficio che si affaccia sul parcheggio situato davanti allaclub house, Achille Ripamonti, nato a Palazzago il 4 luglio 1947, sembra un po’ restio ad aprire il suo libro dei ricordi, ma poi – rotto il ghiaccio - diventa un fiume in piena. Nella sua “stanza dei bottoni” non ci sono molte testimonianze che ripercorrono i tanti anni di
attività, ma una targa c’è e il “signor Achille” è molto affezionato a quell’ottone ingiallito dal tempo che recita testualmente: “1987-88, premio manutenzione campo”. “A questo riconoscimento, il primo di una lunga serie, sono molto affezionato – dice -. Quando lo guardo penso ai tanti sacrifici fatti, alle inevitabili discussioni, alle delusioni, ma anche alle tante gioie per essere riuscito a far diventare il campo di gioco de L’Albenza uno dei più importanti e belli d’Italia”. Ritorniamo all’inizio della storia, a quel mese di ottobre del 1958. Dopo quel primo impatto con il mondo del golf, la mia vita un po’ cambiò. Ovviamente continuai ad andare a scuola, ma le ore che trascorrevo ad accompagnare i giocatori sul campo e a raccogliere le palline aumentarono. Al sabato e alla domenica ero sempre su quei prati verdi, ma non potevo certo considerarmi un vero caddie, anche perché ancora non sapevo nemmeno bene cosa fosse il golf. Poi cosa accadde per far sì che la vita del giovane Achille Ripamonti cambiasse? Era Pasqua del 1961, ricordo ancora tutto bene. A L’Albenza vennero inaugurate le prime nove buche e io iniziai ufficialmente a fare il caddie. Anzi, a 14 anni facevo un po’ il capetto dei caddie, questo grazie ad Aldo Agliati, una persona straordinaria che arrivò da Villa d’Este per dirigere il Circolo e subito mi prese in simpatia. Aldo è morto qualche tempo fa e oggi avrebbe 90 anni: è stato il mio primo maestro e a lui devo tanto”. Solo a lui? Assolutamente no. Devo molto anche all’allora vice presidente Cesare Magnetti che nel 1969 divenne presidente. Lui sì che capiva di golf: oltre a giocare 12 di handicap, aveva anche grandi intuizioni manageriali.
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Nelle foto, due immagini di Bergamo L’Albenza, uno dei migliori circoli di golf italiani e sempre preso come riferimento per il suo eccellente livello di manutenzione, di cui Achille Ripamonti si occupa da decenni. Fu facile l’inserimento nel mondo del golf a un’età così giovare? Facile no, ma avevo tanto entusiasmo e voglia di apprendere. Ero il terz’ultimo di nove fratelli, sei maschi e tre femmine, ed ero l’unico che frequentava il golf. Sapesse quante volte ho dovuto sentire i rimproveri di mia mamma. In ogni caso, vuole sapere una cosa? Facendo il caddie, io guadagnavo come mio fratello maggiore che lavorava in fabbrica.
Detta così potremmo definire la Green Consult un’azienda all’avanguardia: ma c’è un valore aggiunto a tutto questo? Il valore aggiunto sono i risultati che abbiamo conseguito negli anni. Se dovessi scrivere qualcosa sul nostro biglietto da visita non avrei difficoltà a parlare di esperienza, efficienza, serietà e affidabilità. E vi assicuro che questa non è presunzione. Ricorda la sua prima esperienza in questo settore? Ho iniziato 35 anni fa collaborando con il Golf Barlassina, poi il lavoro è arrivato a cascata. Nel campo della consulenza tecnico-agronomica e assistenza alla direzione lavori per ammodernamento dei percorsi, abbiamo lavorato anche con Monticello, Padova, Il Royal Park - I Roveri, Biella, Rapallo, Bogogno, Milano, Villa Condulmer, Castelconturbia, La Pinetina, Varese, Punta Ala, Le Robinie, Arzaga, Marco Simone, Poggio Dei Medici e Golf Cervia… Ma potrei andare avanti perché l’elenco, per mia fortuna, è molto lungo.
Così il caddie Ripamonti iniziò la sua ascesa, tanto da diventare, negli anni, uno dei più importanti e conosciuti consulenti italiani per i tappeti erbosi legati al golf… Nel 1984 ho fondato la Green Consult la cui attività, oggi, è portata avanti più dal dottor Nicola Zeduri che non da me. Si tratta di una società che si occupa delle diverse fasi che concorrono alla realizzazione e manutenzione di un campo da golf e non solo. Per noi la costruzione e la manutenzione di un percorso sono frutto di una progettazione impostata nell’ottica del massimo rispetto dell’ambiente, quindi sulla base di eco compatibilità. Il nostro obbiettivo è esprimersi nel golf con un linguaggio semplice, efficace e tecnicamente interessante, oltre che seguire sempre l’eccellenza per dare un valore aggiunto ai nostri clienti.
“Da 35 anni non metto diserbanti sui fairway. E negli ultimi dieci ne avrò usati sì e no 100 litri”
Insomma, come si ama dire, la Green Consult opera chiavi in mano? Esatto. Facciamo lo studio preliminare di fattibilità e un piano finanziario. Poi c’è la progettazione e lo studio tecnico-agronomico: capitolati, costruzione e direzione dei lavori, manutenzione del verde, ma anche addestramento del personale e organizzazione gestionale del Circolo, secondo metodi e criteri che ogni singola realtà è intenzionata a scegliere.
Molti dei campi che avete seguito hanno ospitato manifestazioni importanti. L’Albenza è stata sede dell’Open d’Italia 1996, a Monticello di Open d’Italia ne hanno fatti addirittura quattro (1987, 1988, 1989, 1992) nel periodo in cui abbiamo collaborato. Poi a Is Molas ci sono stati quelli del 2000 e 2001, infine a Tolcinasco abbiamo seguito quelli del 2005 e 2006”.
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Una divagazione dal golf: la vostra società opera anche nel mondo del calcio. Esatto, dal 1992-1993 abbiamo effettuato consulenze per lo stadio Olimpico di Roma, nel 2009 per il Braglia di Modena e nel 2010 per il Barbera di Palermo. In tempi più recenti anche per il Comunale “Atleti Azzurri d’Italia” di Bergamo. Insomma tante collaborazioni e tanti lavori, ma il fiore all’occhiello rimane il mio primo amore. Immagino si riferisca a L’Albenza. Sì, L’Albenza. Questo campo resta e resterà sempre tra i ricordi più belli. Qui ci ho messo sudore e tanta passione, raccogliendo grandi risultati. Il Circolo è nato nel 1958 e le 9 buche rosse le ho praticamente fatte da solo. Altra grande soddisfazione è stata quella di modificare le 18 buche del percorso, oltre ovviamente alla manutenzione e ai vari interventi a cui ho partecipato personalmente. I campi dove lei ha lavorato, o prestato semplice consulenza, sono tra i migliori d’Italia. A questo punto una domanda sorge spontanea: quali sono le essenze che preferisce? Guardi, le migliori che esistono, purtroppo, si usano poco nel nord Italia: sono le macroterme e, mi creda, rappresentano il futuro. Con questo tipo di essenza serve meno manutenzione, meno acqua, meno trattamenti e di conseguenza una forte riduzione dei costi. Visto che ha toccato l’argomento, ci può dire quanto costa mantenere un campo come quello de L’Albenza? Diciamo 700-750 mila euro all’anno, ovviamente comprendendo anche il personale. Quali sono stati i casi più difficili che ha affrontato e risolto? Fu quasi un azzardo, ma al Golf di Is Molas, in Sardegna, decidemmo di cambiare essenze, passando, primo Circolo in Italia, dalle microterme alle macroterme. Non c’era molta acqua, ma il grande lavoro sul campo ci ripagò dei tanti sacrifici e i risultati furono subito buoni.
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Si parla molto del contenimento dell’irrigazione e dell’irrorazione di anticrittogamici: cosa ne pensa? Ridurre interventi anticrittogamici e diserbanti è stato sempre il mio impegno. Sono oltre 35 anni che non metto diserbanti sui miei fairway. Negli ultimi dieci anni avrò usato sì e no cento litri di diserbante, mentre in altri campi cento litri si usano almeno una volta all’anno. In estate succede spesso di vedere campi rovinati: la sua idea? Quando ci troviamo davanti ad un campo rovinato le cause sono due: troppa acqua e troppa concimazione. Questi sono i due errori che si fanno di frequente. Spesso i verdi sono i vostri peggiori interlocutori: che tipo di rapporto ha con loro? Personalmente non ho mai avuto problemi. Sarei un bugiardo se dicessi il contrario. Posso dirle che ho ottimi rapporti anche con la Forestale, da cui ho ricevuto i complimenti per come lavoriamo. E non dimentichiamoci che prima di essere un golf, la zona dell’Albenza, dove oggi ci sono tre percorsi, era un grande bosco. Pensi che sono così in sintonia con la Forestale che una volta mi hanno perfino chiamato per fare una lezione al loro personale. Vogliamo concludere con una notqa positiva e un rammarico legati al suo Circolo? Di bello posso dire che il Circolo de L’Albenza è diventato un punto di riferimento importante per il golf grazie anche ad un team vincente: mi riferisco al segretario sportivo Paolo Besagno, al segretario amministrativo Paolo Locatelli e a tutto il personale che lavora con grande passione. Grazie a loro, oggi il Golf Bergamo L’Albenza rappresenta un grande risultato a costi ragionevoli. Il rammarico? Da noi è cresciuto e si è affermato il grande Costantino Rocca, ma dopo di lui non siamo più riusciti ad arrivare, a livello agonistico, tra i primi circoli d’Italia. Prima di ritirarmi mi piacerebbe molto vedere il nome de L’Albenza in testa alle classifiche non solo dei migliori campi, ma anche in quelle legate ai risultati sportivi”.
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Macroterme a
Il circolo bolognese ha convertito questa estate nove buche con un nuovo tipo di essenza, la Patriot messa a punto dalla Oklahoma University. Le altre nove saranno rinnovate nell’estate 2014 ®
di Andrea Ronchi
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opo Olgiata, Nazionale, Miglianico e Montecchia anche il Golf Club Le Fonti di Castel San Pietro Terme, nei pressi di Bologna, ha deciso di avvalersi dell’azienda Hi-Turf Solution per modificare il manto erboso del proprio percorso a 18 buche. Le prime nove del circolo emiliano sono già state convertite in macroterme con il sistema brevettato Erbavoglio
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Hi Turf, mentre i lavori per le altre nove proseguiranno nel corso dell’estate 2014. Il Golf delle Fonti con l’investimento effettuato rappresenta oggi un punto di riferimento per la Regione Emilia Romagna, grazie a un tappeto erboso ambientalmente sostenibile e frutto della grande versatilità della cultivar utilizzata, la Patriot® dell’Oklahoma State University, e dell’efficacia del sistema Erbavoglio Hi Turf. Questa tecnologia è il risultato della collaborazione fra mondo accademico e l’impresa. Il riferimento
in particolare riguarda l’Università di Pisa, che studia da oltre due decenni le migliori varietà macroterme di provenienza americana. “Abbiamo deciso di operare questo intervento per rendere il campo più ecocompatibile e abbattere i costi di gestione – racconta il presidente del Golf Club Le Fonti, Ivano Serrantoni –. Siamo molto soddisfatti e continueremo con le altre nove buche per le quali i lavori avranno partiranno nei prossimi mesi”. Hi-Turf Solution produce piante in contenitori alveolari e utilizza la tecnica Er-
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Nuovi tappeti erbosi
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anche a Le Fonti
bavoglio Hi Turf mediante la quale effettua il trapianto di singole piantine della varietà prescelta che consente di avere un tappeto erboso maturo e giocabile in 6-8 settimane. I vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali sono la possibilità di lavorare su un terreno non precedentemente preparato, garanzia di attecchimento pari al 100%, tempi di sospensione del gioco ridotti e prezzi competitivi. A tutto questo si aggiunga che una conversione in macroterme con il sistema Erbavoglio Hi Turf rappresenta un’operazione che consente di ridurre in modo drastico l’uso di acqua, energia, manodopera e fitofarmaci, per rientrare in pochi anni dell’investimento effettuato. Appurato che le macroterme, grazie alle evoluzioni degli ultimi anni, sono ri-
sultate spesso essenza ideale per i circoli dello Stivale, il bivio dopo aver deciso di convertire il proprio manto sta nell’utilizzare un metodo tradizionale o avvalersi di differenti tecnologie. “Il grosso vantaggio nell’utilizzare il nostro sistema sta nella garanzia che permette di avere il campo giocabile entro un paio di mesi dall’inizio dei lavori – ci racconta Luca Pacini, titolare di Hi-Turf Solution –. Le nostre culture sono ibride, non provengono da semi, e hanno peculiarità che quelle da semi non presenta no come ad esempio la resistenza al freddo dell’inverno (si arriva a -15 gradi senza morire). Fare una comparazione di costo tra il nostro sistema e quello con il normale utilizzo del seme non è quindi possibile”.
Nelle foto, alcuni momenti dei lavori sul percorso bolognese de Le Fonti, eseguiti da Hi-Turf Solution, che aveva già effettuato conversioni in macroterme all’Olgiata, a Miglianico, al Nazionale e alla Montecchia.
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Un futuro biologico
Ogni anno, secondo fonti del WWF, in Italia scompaiono 230.000 ettari di verde. Il nostro sport può aiutare a frenare questo drammatico fenomeno, puntando sulla cosiddetta “opzione zero”, cioè la gestione dei manti erbosi al 100% senza prodotti chimici
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di Paolo Croce
ra il luglio del 1969, le prime luci dell’alba di una domenica che si annunciava soffocante, illuminavano il ragazzetto che si apprestava al tee shot della uno delle terze nove da “La Mandria”, come allora veniva chiamato il Golf Torino. Lo attendeva una gara massacrante, la Coppa Maratoneta, 54 buche medal in una sola giornata, e, per inciso, la prima gara di golf della sua vita. Lui non lo sapeva, ma stava per vivere una giornata nel futuro, un assaggio di quello che il golf italiano potrebbe diventare in un arco temporale molto prossimo. Il golf degli anni sessanta, era sicuramente un golf di pionieri, ma non tanto per le palline arcaiche che si usavano (però le B51...) nè per i bastoni primitivi che pretendevano dal golfista sempre il colpo perfetto, pena i safari boschivi o le immersioni nei corsi d’acqua. Per non parlare poi della assurda regola che prevedeva di giocare la pallina dove si trovava, senza, udite, udite, piazzarla mai, neanche in presenza dei solchi delle ruote artigliate del trattore. Le poche volte che si poteva, la palla veniva droppata dalla spalla ed i golf car li si vedeva solo nei film di 007, quando Bond non poteva essere che Sean Connery e nessun altro. Era un golf pionieristico soprattutto sotto il profilo manutentivo del tappeto, nonostante nel caso citato del Golf Torino il percorso poteva contare su un Greenkeeper come Attilio Filippi, uno dei pri-
Il golf potrebbe rappresentare un’importante, seppure non unica, barriera al partito bipolare del cemento, l’unico realmente bipartisan mi Periti Agrari d’Italia e che della Mandria conosceva letteralmente ogni filo d’erba. Tanto per riassumere per i meno pratici: nessun controllo con diserbanti per le erbe infestanti quali il pabio, limitatissimi interventi di controllo per la malattie fungine, rugiada su tutto il tappeto (anche sui greens... e lo Stimpmeter non si sapeva neanche cosa fosse), tagli infrequenti e di non eccelsa qualità visto che l’uso dei macchinari autoportati era molto di là da venire. Il lie della palla una casualità intrinseca del gioco e i rough degni di Livingston all’incontro con Stanley. Insomma, parliamoci chiaro, in quelle condizioni di gioco, tra attrezzatura e condizioni del tappeto erboso, un golfista del terzo millennio non solo avrebbe preteso il rimborso del green fee, ma probabilmente, se proprio non fosse riuscito a fare a meno di bastoni e palline, avrebbe trovato nell’hockey su prato l’amore della sua vita. Eppure anche negli anni Sessanta in Italia si disputavano Campionati dilettanti, Open di professionisti, Gare di circolo, partite tra amici, si battevano record del campo, si giocava, sembrerà strano e forse impossibile per l’ipertecnologico utente dei giorni nostri, comunque a golf.
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Questa premessa è d’obbligo se si vuole cominciare a ragionare senza pregiudizi sul futuro golfistico che ci aspetta, un futuro che, a dispetto di parole di circostanza, non può che essere fortemente in dubbio. Oggi infatti il mondo del golf italiano, e più in generale quello dei tappeti erbosi, soffre di una grave crisi. Azzerate le nuove iniziative, gli impianti esistenti utilizzano sempre minori risorse per la cura e la manutenzione dei loro manti erbosi. In parallelo alla diminuzione di budget, i cambiamenti climatici in atto, (ricordiamo a tutti il fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo), uniti ad una maggiore attenzione alle problematiche ambientali posta dagli utenti, dalla legislazione ambientale, dai mezzi di comunicazione nonché ovviamente dalle Organizzazioni che operano a difesa dell’ambiente, pongono seri interrogativi sul futuro del tappeto erboso nel nostro paese. Il Che Fare? di Leniniana memoria si ripropone con forza per tutti coloro ancora interessati al fatto che nel nostro paese si possa continuare a giocare a golf. Ma le risposte ad una crisi economica devastante, negata per anni, e poi riconosciuta tale solo quando poteva essere troppo tardi per porvi rimedio, dipendono in minima parte dal movimento golfistico. Certo può essere utile avere le idee chiare, capire quali strade gestionali possano intraprendere i circoli per ridurre l’impatto di una forte riduzione di incassi. Può essere utile ad esempio rendersi conto che non esiste una ricetta che funzioni per tutte le situazioni e che non tutto può essere salvato. Un congruo numero di impianti di golf, già nati privi di potenzialità (per ragioni geografiche, bacino di utenza, conformazione del territorio), frutto di iniziative non programmate ed estemporanee, con gravi lacune di progettazione e di costruzione e per lo più gestiti al limite dell’amatorialità, non si vede come possano sopravvivere senza che avvengano profondi e totali cambiamenti al loro interno e senza serie e consistenti perdite economiche. A questi impianti, privi di risorse potenziali, non possiamo certo affidare il futuro del nostro golf. Può essere molto cinico e poco solidale dirlo, perché questo significa preoccupare ulteriormente non solo golfisti, ma soprattutto posti di lavoro, ma soluzioni immediate per tali situazioni non paiono scrutabili all’orizzonte. Per quanto concerne gli “altri” percorsi di golf, quelli frutto di iniziative più ragionate e, come tali, più probabilmente in grado di avere numeri per affrontare magari non il domani, ma forse il dopodomani, l’analisi della crisi, oltre alla coscienza della grave situazione economica, deve poter implicare la consapevolezza degli errori commessi, nonché la necessità di trovare una nuova strada, che, in attesa di un miglioramento dell’economia generale, possa venire incontro alle sempre più pressanti richieste poste dalle stesse tematiche ambientali. La nuova strada potrebbe infatti essere proprio quella di sposare un serio impegno a favore dell’ambiente con lo sviluppo dei nuovi impianti. A febbraio dell’anno scorso avemmo modo di scrivere (“Quale futuro per il golf italiano?” - www.crocegolf.it ) che il golf poteva rappresentare un’importante, sia pure non l’unica, barriera al partito bipolare del cemento, l’unico realmente bipartisan, che, in attesa di tempi migliori, sta scaldando le ruspe per proporre un nuovo e forse definitivo sacco edilizio nel nostro paese. Scrivemmo che, a fronte della scomparsa di 230.000 ettari l’anno (fonte WWF), a
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fronte del collasso ambientale che ci attende causa la devastante impermeabilizzazione dei suoli (sotto gli occhi di tutti i disastri e le emergenze sul nostro territorio alla prima goccia d’acqua), il golf può rappresentare un utile strumento atto ad arginare la colata cementizia ulteriormente in arrivo. Questa proposta è sempre più attuale e ancora decisamente praticabile. Confidando che non sia troppo tardi, il mondo del golf potrebbe rendersi conto che il rispetto dell’ambiente e della salute dei golfisti praticanti sarà l’unica via di uscita da una situazione sempre più drammatica e difficile. Questa “exit strategy” è al momento condivisa solo da pochi pionieri del golf ambientale. Ciò in quanto interessi personali, ignoranza dei problemi, carenza di informazioni, o semplicemente tanta superficialità, costituiscono una complicata barriera alla diffusione e alla promozione della cosiddetta “opzione zero”, cioè la possibilità di condurre una manutenzione del tappeto erboso senza l’apporto di alcun prodotto chimico (siano essi concimi o fitofarmaci) raggiungendo l’obiettivo di una gestione biologica al 100% dei manti erbosi. L’”opzione zero”, unita ad una accurata selezione delle essenze da impiegare, può essere la soluzione definitiva agli ostacoli che sempre più si incontrano al momento di predisporre e pianificare nuove iniziative. Tale proposta, ben vista dalle Amministrazioni pubbliche e dalle Organizzazioni ambientaliste, e tutto sommato tacitamente appoggiata da tutti gli utenti del tappeto erboso più sensibili e più attenti alla propria salute e alla difesa e conservazione dell’ambiente, deve comunque far parte di un piano più ampio all’interno del quale la progettazione e la costruzione di un percorso di golf, o anche di un semplice tappeto erboso, deve essere intesa come un completamento ed una integrazione dell’ambiente circostante e non come una violenza allo stesso. Il BioGolf del resto è una realtà già in alcuni paesi europei, quali Danimarca (divieto totale di uso di fitofarmaci), Svezia e Norvegia
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(forte limitazione nell’uso dei fitofarmaci), Olanda (stop assoluto all’uso dei fitofarmaci entro il 2017, stabilito unilateralmente dalla stessa federazione golf olandese). In Italia si rimane in attesa del PAN, il Piano di Azione Nazionale, elaborato dal Ministero Agricoltura e Foreste, per capire quali saranno i limiti che si vorranno imporre agli agenti chimici sui tappeti erbosi. Entro il 2015 dovrà arrivare una risposta ed i relativi provvedimenti in merito. Se però il movimento golfistico non anticiperà i tempi e si preparerà in anticipo ad un futuro meno chimicamente invasivo, continuerà, come sempre ha fatto, ad inseguire le problematiche e le soluzioni dell’ultimo minuto, anzichè elaborare una propria strategia funzionale ed un conseguente piano di intervento. Il BioGolf del resto esisteva già in una qualche forma nel nostro paese, ed è già stato parte integrante del nostro golf appunto negli anni a partire dal secondo dopoguerra. Ma non possiamo dimenticare che il golf biologico si pratica ad Albisola, sul percorso della Filanda, dal 2005, quando all’apertura del percorso venne imposto l’obbligo di evitare prodotti chimici di sintesi, allo scopo di preservare le sorgenti dell’acquedotto presenti sul percorso. Il BioGolf dunque può essere una proposta vincente per il golf del futuro anche nel nostro paese. Il golf italiano e la Federazione che lo guida dovrebbero fare di questa proposta uno spot promozionale, sul quale impostare una convincente campagna per realizzare nuovi impianti a bassi costi di gestione, per avvicinare al tappeto erboso privo di veleni non solo nuovi utenti e appassionati, ma anche parte di coloro i quali in tutte le sedi possibili hanno sparato ad alzo zero sullo sport dei ricchi, sulla devastazione del territorio, sugli inquinamenti di falde di suoli e di atmosfera. Sotto il profilo costruttivo il disciplinare del BioGolf è estremamente semplice e può essere contenuto in poche righe. In pratica tutti i nuovi campi dovranno rispondere a due tipologie generali: Impianti turistici situati - preferibilmente, ma non necessariamente - in luoghi geografici ad alta vocazione turistica e Impianti a basso costo di gestione - tendenzialmente, ma non necessariamente - collocati in ambiti urbani o comunque aventi un adeguato bacino di utenza.
Impianti turistici L’impianto turistico dovrà essere costituito da almeno un percorso regolamentare a 18 buche con annessa una struttura di supporto per garantire una sostenibilità economica. Tale struttura, così come il vero e proprio percorso di gioco, non potrà che essere progettata, costruita e gestita secondo i canoni della ecocompatibilità e quindi non potrà che essere “leggera” dal punto di vista dell’impatto: nessuna seconda casa (impossibilità di variare la destinazione d’uso); volumetrie di ricezione turistico – alberghiera estremamente contenute, max 200 posti letto, sfruttabili per 12 mesi l’anno; in alternativa (ma da considerarsi opzione preferenziale) accordi per il riutilizzo di strutture già esistenti e sottoutilizzate; tipologia di offerta che interessi adeguatamente tutte le possibilità di spesa dei potenziali utenti (non solo quindi strutture di lusso elevato, ma buona parte aventi 3 o 4 stelle);
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progettazione e costruzione secondo rigidi principi di ecocompatibilità e secondo le linee guida ambientali definite a livello europeo e discusse in ambito nazionale con le principali organizzazioni a difesa dell’ambiente; progettazione, costruzione e gestione della struttura, secondo i più avanzati canoni di risparmio energetico; realizzazione di tappeti erbosi in essenze macroterme ovunque possibile (unico reale fattore limitante l’ombreggiamento) gestione del percorso di gioco secondo il protocollo del BioGolf®, che prevede l’impiego di fertilizzanti naturali organici e di prodotti biologici per il controllo di infestanti, insetti e malattie fungine, di prodotti disabituanti biologici e di prodotti repellenti biologici. Giova a questo punto ricordare che strutture di questo tipo, contrariamente a quanto realizzato sinora, siano le uniche che permettano di associare ad evidenti benefici effetti (flusso economico costante per 12 mesi l’anno, posti di lavori stabili e non legati alla stagionalità, creazione di un indotto permanente e non limitato al mese di agosto, ecc) anche importanti positività ambientali che migliorano l’immagine del gioco del golf nel suo complesso (percorso di golf = piccole volumetrie = creazione di una economia stanziale) contrastando in modo vincente l’attuale paradossale assioma, percorso di golf = colata di cemento.
Impianti a basso costo di gestione Tale tipologia di impianti dovranno invece probabilmente rispondere ai seguenti requisiti: dimensionamento sufficiente alla sola realizzazione del percorso di golf (possibilmente a 18 buche eventualmente a 9 buche); progettazione e costruzione del percorso di gioco secondo rigidi principi di ecocompatibilità e secondo le linee guida am-
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bientali definite a livello europeo e discusse in ambito nazionale con le principali organizzazioni a difesa dell’ambiente; gestione del percorso di gioco secondo il protocollo del BioGolf, che prevede l’impiego di fertilizzanti naturali organici e di prodotti biologici per il controllo di infestanti, insetti e malattie fungine, di prodotti disabituanti biologici e di prodotti repellenti biologici. realizzazione di tappeti erbosi in essenze macroterme ovunque possibile (unico reale fattore limitante l’ombreggiamento) agile e funzionale Club House a supporto con progettazione, costruzione e gestione secondo i più avanzati canoni di risparmio energetico; obbligatorietà di formazione di una scuola di golf aperta a tutti (modalità da definire). Per quanto riguarda la gestione degli impianti esistenti il BioGolf deve considerarsi come un sistema integrato in cui avvenga un’esaltazione delle operazioni agronomiche quali le aerificazioni (carotature, chiodature, forconature, ecc) unita ad una somministrazione di soli prodotti organici naturali quali fertilizzanti e fitosanitari. Certo questo comporta la necessità di una maggiore preparazione specifica dei tecnici addetti, una maggiore sensibilità da parte degli utenti e tanta pazienza da parte di tutti. In pratica si dovrà essere più bravi e tecnologici di quanto non lo siamo stati finora. Ma, se ci si pensa bene, tutto questo lo si faceva già negli anni 60 e, per chi li ha vissuti, non si stava poi così male... Per la cronaca, il ragazzetto delle prime righe vinse la gara, scese di 4 colpi di hcp e si apprestava ad intraprendere una brevissima e poco fortunata mini carriera agonistica. Certo non aveva grandi sogni, nè grandi aspettative, però non poteva certo immaginare che di lui si sarebbe riparlato solo 43 anni più tardi. Ma questa è un’altra storia...
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Quando il termometro scende Vediamo da vicino cosa succede al tappeto erboso con l’arrivo della stagione fredda
Tee shot autunnale su una delle più celebri buche di Carnoustie, la 6, “Hogan’s alley”, uno splendido e insidioso par 5.
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Interventi e precauzioni
Dott. Nicola Zeduri agronomo
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a temperatura di un tappeto erboso è strettamente correlata alla temperatura del substrato e dell’aria. La parte “sotterranea” della pianta è generalmente alla stessa temperatura del substrato nel quale è inserita; tutti i Greenkepeer sanno che i greens, costruiti su di un substrato artificiale composto da mix soil (miscela di sabbia e torba), si raffreddano prima del resto del campo (l’erba spesso ingiallisce vistosamente al primo freddo); in caso di nevicata i greens si liberano dalla neve per ultimi. La parte aerea della pianta può invece presentare differenziazioni rispetto alla temperatura dell’aria anche notevoli, per numerosi fattori: l’intensità luminosa, la presenza o meno di ombra, il grado di umidità, la presenza di vento, etc. La traspirazione della pianta è un efficiente sistema che consente di lottare contro temperature troppo elevate, rendendo possibile il raggiungimento di temperature all’interno della pianta anche di 6-7 °C inferiori rispetto a quelle registrate nell’aria; in quest’ottica va inquadrata l’utilità delle pratiche di syringing (brevi irrigazioni diurne), grazie alle quali si abbassa sensibilmente la temperatura del tappeto, pur senza apportare contributo alcuno al “bilancio idrico della pianta” (l’acqua evapora tutta). Al sopraggiungere del freddo le specie microterme entrano in uno stato di “semi dormienza”, mentre per le macroterme (gramigna etc.) la dormienza è totale; in entrambi i casi la respirazione si riduce e la fotosintesi raggiunge livelli minimi. La maggior parte dei disagi sopportati dalla pianta sono conseguenti all’azione dell’alternanza di gelo e disgelo. Le basse temperature favoriscono infatti la formazione di cristalli di ghiaccio intra o extra cellulari: a causa dei cristalli si producono delle modificazioni meccaniche della struttura protoplasmatica che, sotto l’azione di tensioni, creano necrosi a livello di cellule e tessuti, con lesioni più o meno gravi; il transito su tappeto erboso gelato con carrelli, mezzi da lavoro o anche
semplicemente a piedi può causare lesioni (da lievi imbrunimenti dei tessuti sino ad “ustioni vere e proprie”) che possono permanere anche diversi mesi. La dormienza invernale (molto marcata nelle specie tropicali: Cynodon, Zoysia) corrisponde all’arresto della spinta vegetativa ed alla parziale morte dei tessuti fogliari; alcune cultivar attualmente impiegate (vedi la Riviera, per esempio) mantengono una certa consistenza fogliare, tale da garantire limitati carichi di gioco; altre essenze “perdono” quasi del tutto la lamina fogliare; la “diapausa invernale” può essere parzialmente evitata grazie al ricorso a sostanze di crescita come le gibberelline e/o a fertilizzazione azotate (che peraltro espongono i tappeti erbosi a maggiori danni prodotti da agenti patogeni); in alcune aree del Sud Italia, le temperature registrate nell’inverno (non in tutti gli inverni!) sono sufficienti a garantire un livello minimo di attività fisiologica delle specie macroterme.
Tolleranza alla basse temperature Le graminacee attivano diversi processi morfologici e fisiologici per lottare contro le basse temperature ed acquisire una certa tolleranza; tali processi conferiscono la resistenza massima quando le basse temperature vengono raggiunte con un lento processo, che rende possibile un mutamento progressivo. Repentini sbalzi di temperatura e gelate improvvise (vedi le nevicate registrate in alcune regioni del Nord Italia a ottobre!) sono sempre negative per i tappeti erbosi. In condizioni di arrivo del freddo con gradualità, la taglia delle cellule si riduce e le loro pareti divengono più sottili. Anche i “meccanismi dell’acqua” diventano determinanti: l’acqua viene ridistribuita a livello cellulare, il suo tenore nel citoplasma diminuisce, le proteine protoplasmatiche si modificano in modo da rendere il meno suscettibile possibile al gelo l’acqua contenuta nei tessuti (una sorta di azione antigelo). Assistiamo pure a modificazioni a livello biochimico, con accumulo di glucidi all’interno dei vacuoli ed aumento della pressione osmotica.
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Azione delle pratiche colturali Le piante in crescita, laddove hanno già avviato processi di diminuzione delle riserve glucidiche e di reidratazione, risultano evidentemente meno tolleranti alle basse temperature; per questi motivi bisogna assolutamente evitare di “spingere” troppo il tappeto erboso a fine autunno, effettuando apporti eccessivi di azoto, irrigazioni autunnali tardive, tagli troppo spinti in profondità; vanno agevolati gli smaltimenti delle acque in eccesso, con drenaggi delle zone superficiali del suolo. La presenza di feltro, che tende ad “innalzare” l’apparato radicale delle piante, rende più suscettibili ai danni da gelo i tappeti erbosi. Numerosi fattori sono coinvolti nella tolleranza al freddo delle specie e delle varietà: temperatura del suolo, frequenza e durata del gelo, velocità del disgelo, condizioni atmosferiche durante il disgelo, etc. Si può produrre una tabella delle tolleranze relative alle basse temperature delle specie da tappeto erboso, sottolineando come tale tolleranza risulti molto variabile al variare delle cultivar (vedi tabella nella pagina successiva). In caso di condizioni di gelo e disgelo particolarmente avverse al tappeto erboso, la mortalità può essere immediata e riguardare la totalità delle piante o parte di esse, soprattutto su zone non drenate e/o compattate o in presenza di feltro; in altri casi la situazione di sofferenza emerge alla ripresa vegetativa, concretizzandosi con una parziale perdita di tappeto erboso.
Prevenzione dei rischi di mortalità FATTORI COLTURALI: il fattore principale è legato al mantenimento di un basso livello di contenuto in acqua del substrato; ciò può essere ottenuto grazie alla scelta di una tessitura grossolana del suolo (sabbia grossa) o agevolando il ruscellamento delle acque (rete di drenaggi, movimenti superficiali) e/o eseguendo forature profonde alla fine della stagione autunnale. A livello nutrizionale è di assoluta importanza dotare il tappeto erboso di un livello di azoto sufficiente a mante-
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nere la necessaria attività biologica (propria della specie) evitando di stimolarne la crescita (sono già noti gli effetti deleteri riconducibili all’eccesso di azoto in relazione alla suscettibilità a molti patogeni); il potassio deve essere mantenuto a buon livello, per garantire un corretto rapporto N/K. L’azione delle basse temperature viene attenuata grazie all’adozione di altezze di taglio superiori a quelle abitualmente adottate. L’eliminazione del feltro rende meno suscettibili alle gelate gli apparati radicali (in quanto meno superficiali). L’eventuale ricorso all’impiego di prodotti brachizzanti, riducendo la crescita delle piante, rende possibile il conferimento al tappeto erboso di una maggiore resistenza al freddo (chiaramente il procedimento deve essere valutato nel rapporto benefici/costi). UTILIZZO DEL TAPPETO ERBOSO: in periodo invernale si presentano facilmente due casi: TERRENO BRINATO: è bene posticipare l’utilizzo del tappeto erboso al momento in cui “naturalmente” la brina si scioglie; in alcuni casi (ma è operazione “delicata” e presuppone un buon livello di preparazione degli addetti oltre che la disponibilità di un impianto “preciso”; va effettuata comunque con temperatura dell’aria prossima o appena superiore allo zero) si può ricorrere all’azione antigelo prodotta da una leggera irrigazione (pratica molto utilizzata a difesa degli alberi da frutta). TERRENO COPERTO DA NEVE: va precluso l’utilizzo dell’impianto; è imperativo, per evitare la saturazione del terreno in acqua, di procedere all’eliminazione rapida della neve e/o del ghiaccio; in caso di “previsione di precipitazione nevosa” è consigliata la stesura di teli che ne facilitino la rapida rimozione. Nel caso, ahimè molto più frequente, in cui non si presentano le situazioni sopra descritte, il manutentore si trova costretto a gestire l’utilizzo del proprio impianto valutando di volta in volta la profondità raggiunta dal gelo nel terreno; il momento più delicato è quel-
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Tolleranza alle basse temperature
Specie da tappeto erboso
Eccellente
Poa trivialis Agrostis stolonifera
Buona
Phleum Poa pratensis Agrostis tenuis
Media
Poa annua Festuca rubra Festuca arundinacea Zoysia
Mediocre
Lolium perenne Cynodon dactylon
Bassa
Lolium italicum e multiflorum Paspalum notatum Stenotaphrum secondatum
lo, spesso conseguente a precipitazioni, durante il quale lo strato più superficiale del suolo è sgelato (e rende il tappeto erboso estremamente fragile) e lo strato più profondo è ancora gelato. Va ricordato come l’alternanza gelo-disgelo provochi frequentemente il “sollevamento” del tappeto erboso, che espone così i propri tessuti radicali all’azione del disseccamento; tale inconveniente viene registrato soprattutto laddove il suolo ha una tessitura fine ed un forte tenore d’acqua; in alcuni casi (vedi posa di zolle in autunno, per esempio) è opportuno effettuare rullature precoci all’approssimarsi della stagione primaverile. L’impiego preventivo di prodotti anticrittogamici mirati a contenere lo sviluppo dei comuni patogeni dei tappeti erbosi è buona norma; chiaramente quanto più protratta nel tempo sarà la copertura di neve del tappeto erboso, tanto meno efficaci risulteranno i prodotti impiegati; a nulla vale l’aumento sconsiderato dei dosaggi; fattore aggravante e predisponente l’insorgere delle malattie è sempre lo schiacciamento della neve sui tappeti erbosi (passaggio di piste da sci, gatti delle nevi, etc.). Pratiche “arcaiche” quali la copertura dei greens con fascine di legna o l’impiego, più recente, di materiali quali fogli leggeri di tessuto non tessuto fanno registrare esiti discordanti, causati spesso
da una non facile lettura di tutte le variabili che entrano in gioco: cultivar impiegate, nevosità variabile di anno in anno, andamento termico soprattutto nell’ultima parte dell’inverno, dotazione di azoto a fine autunno, etc.
Riscaldamento del suolo Il riscaldamento del suolo è una pratica sempre più diffusa per i campi da calcio situati nel Nord Europa e gradualmente viene imposta dalle Federazioni Giuoco Calcio alle Squadre Europee che partecipano ai Campionati maggiori (a tutela dei giocatori); il riscaldamento assicura una protezione del terreno dal gelo, favorisce il drenaggio, diminuisce i rischi di compattazione, ma, soprattutto, protegge il tappeto erboso dal gelo e dalla neve. Il tappeto erboso riscaldato può mantenere una certa crescita radicale, con evidente vantaggio in termini di “colore invernale” e di risposta alle lesioni di gioco; la ripresa vegetativa primaverile è molto più vigorosa e precoce. Il riscaldamento del suolo può essere assicurato da cavi elettrici, generalmente interrati a profondità variabili tra i 10 e 15 cm (tenere conto delle forature con Verty drain) e distanti tra loro da 15 a 30 cm. o da tubi di plastica entro cui scorre acqua riscaldata; in certi ambienti è da consigliarsi la pratica del riscaldamento continuo in sostituzione dell’impiego intermittente.
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L’attore Bill Murray (in alto) e il campione sudafricano Charl Schwartzel in tenuta da “basse temperature”. Un altro sistema di riscaldamento (e di raffreddamento in estate) è rappresentato dal un sistema di canalizzazioni nel terreno (sub air) in grado di assicurare il “pompaggio” di aria calda o fresca a seconda delle esigenze; questo sistema presuppone un imponente sistema di tubazioni inserite nel terreno e la presenza di una “centrale di pompaggio”. Pure in uso, la copertura dei campi con teli, sotto i quali viene insufflata aria calda. In tutti i casi il personale deve essere adeguatamente preparato; va inoltre tenuto conto della maggiore possibilità di
insorgenza di malattie dei tappeti erbosi. E, infine, i costi relativi ai sistemi di riscaldamento del suolo risultano comunque elevati. Voglio rilevare un’interessante pratica che sta trovando diffusione laddove vengono allevati tappeti erbosi di macroterme “in purezza”: mi riferisco alla pratica del diserbo invernale che, inefficace sulla macroterma in “letargo”, agisce, seppur lentamente, sulle microterme “inquinanti” (tra cui Poa annua, Lolium, Agrostis, etc.) eliminandole; si evitano così fenomeni di competizione prima-
verile e si rende possibile un più pronto ed omogeneo “green up” (ripresa del verde) primaverile. In conclusione, un tappeto erboso reagirà tanto meglio alle basse temperature quanto più correttamente è stato scelto nella composizione varietale ed impiantato su di un suolo sano, ben drenato, sul quale vengono condotte con equilibrio le ordinarie pratiche di manutenzione; vanno evitate le pratiche atte a stimolare troppo precocemente la ripresa vegetativa primaverile del tappeto erboso, che lo rendono soggetto a gelate tardive.
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La bellissima zona di pratica per gli approcci dell’Amsteldijk Centrum, ad Amstelveen, località nella fascia meridionale della capitale olandese, Amsterdam. L’impianto è stato realizzato con il manto erboso sintetico messo a punto da Southwest Greens.
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CosĂŹ verde
che sembra vera
Southwest Greens negli ultimi venti anni ha installato oltre 20.000 putting green e chipping green in un manto erboso sintetico tra giardini privati, alberghi e circoli di golf. Una moda che ha conquistato tutti, dai professionisti sino alle stelle di Hollywood
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l sogno di ogni golfista: avere sempre un campo a portata... di bastone. Brilliant8 Southwest Greens® Central Europe ha reso questo sogno realtà realizzando un prodotto assolutamente innovativo che in poco tempo ha conquistato davvero tutti, persino i più esigenti in materia, ovvero i professionisti, un manto erboso sintetico nato da un progetto originale di Jack Nicklaus e realizzato dalla sua azienda, la Nicklaus Design®. Nel proprio giardino o in terrazza è ora possibile farsi installare una superficie erbosa sintetica che non ha nulla da invidiare all’erba vera, sia per le proprietà dinamiche sia per le caratteristiche di gioco tipiche dell’erba naturale. Vi basteranno anche solo 30 metri quadri per portare la sensazione di un golf reale dove volete. Brilliant8 ha installato putting green e putting course in case private e in uffici, in alberghi e nei luoghi più disparati. Non esistono limiti all’immaginazione, tanto che un cliente si è fatto addirittura montare un putting green sul tetto di una cantina per vini, mentre un altro si è fatto costruire mini percorsi da 3 buche complete in un’area di circa 700 metri quadri. In qualsiasi circolo troverete manti sintetici ma Southwest Greens by Brilliant8 Green ha invece poco a che vedere con le tradizionali soluzioni. Innanzitutto non ha una durata temporanea, non si usura e ha una serie di vantaggi che lo rendono davvero unico. Non solo evita ogni tipo di lavoro e costo di manutenzione, ma garantisce la qualità dell’erba naturale omologata dalla PGA. Una delle caratteristiche principali di questi speciali green è addirittura la possibilità di regolare la velocità di rotolo della palla, in una fascia misurata dallo Stimpmeter da 9 a 14. Un’altra caratteristica essenziale è la possibilità di renderli ondulati a seconda delle singole esigenze. L’effetto è straordinario, perché oltre alla risposta e al rotolo, identico a quelli di un green naturale, l’effetto estetico è praticamente lo stesso. Altra qualità da non sottovalutare è come, sia che si giochi sul green da 5 o da 200 metri, la palla reagisca normalmente senza lasciare pitch. Negli ultimi 17 anni sono stati costruiti più di 20.000 putting green e chipping green in erba artificiale firmati Southwest Greens®, la maggioranza in giardini privati e in alberghi. Molti circoli di golf li hanno adottati laddove è maggiore lo stress fisico e dinamico dell’erba tradizionale, ovvero nei campi pratica, con manti esterni che sostituiscono gli antichi tappetini nei campi pratica e nei tee box. Su questo tipo di erba è poi possibile inserire facilmente il tee e soprattutto si può ‘attraversare’ la palla all’impatto esattamente come nel fairway normale, salvando polsi e gomiti da fastidiose infiammazioni. Putting e chipping green, percorsi da uno fino a 18 buche, possibilità di inserire ostacoli di sabbia e d’acqua, illuminazione, prato riscaldato e addirittura soluzioni per interni. Tutto è possibile, basta solo dare spazio alla creatività. Per informazioni: Roberto Manassero 348 4416020, Lena Caponetti 335 7012232, office@brilliant8.com - www.brilliant8.com
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N U O V I M AT E R I A L I
Erba artificiale
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Nelle foto di queste pagine, alcuni lavori realizzati utilizzando Soutwest Greens, l’erba sintetica di Brillant8. Dall’alto a sinistra, nel senso delle lancette dell’orologio: la striscia di gioco al driving range del Finca Cortesin, bellissimo circolo spagnolo; green per colpi dal bunker al GC Leopoldsdorf vicino a Vienna; il putting green dei Colli Berici, in provincia di Vicenza; il Robinson Club di Maiorca; un green molto ondulato; una buca del Jiva Hill, resort francese a poca distanza da Ginevra; il tee della buca 9 (par 3) sul percorso “Brut” di Franciacorta (Brescia).
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A colloquio con Vincenzo Sità, vero “monumento” di Biella, circolo dove è arrivato negli anni ’60 dall’entroterra calabrese. Giocatore eccellente (fra l’altro due volte campione italiano Seniores), ci racconta il lungo rapporto che ha avuto con il golf, i campioni e i personaggi che ha incontrato nella sua lunga carriera di Roberto Lanza
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algrado le evoluzioni che ha avuto il golf negli ultimi anni una delle figure centrali nei club rimane quella del caddie master. Abbiamo incontrato Vincenzo Sità, uno dei più noti in Italia, che ha svolto 38 anni di servizio al Golf Club Biella Le Betulle, cavandosela inoltre egregiamente anche in campo tanto da avere nel palmarès due titoli di campione italiano Seniores, un bronzo ai nazionali medal del 1993 e una paio di secondi posti nel campionato a squadre di serie A. Ma prima di diventare “lo sceriffo” (questo il soprannome con cui Sità è conosciuto), ha dovuto percorrere un lungo percorso iniziato da Antonimina, paesino dell’entroterra calabrese. Siamo all’inizio degli anni ’60, i circoli di golf in Italia sono una ventina e i giocatori poco più di mille, ma è soprattutto un’epoca in cui si emigra al nord con la valigia di cartone in cerca di fortuna e il piccolo Vincenzo si dirige con la famiglia verso il Piemonte. La sorella del padre si è installata a Zubiena, paese nel nord del Piemonte immerso nella Serra, la collina morenica più lunga d’Europa, dove nelle vicinanze è iniziata la costruzione di un
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campo da golf e pare ci siano delle buone opportunità lavorative: “Me lo ricordo ancora, fu un viaggio lunghissimo durato almeno ventiquattrore, avevo sette anni e, come credo molti in Italia a quei tempi, non sapevo nemmeno cosa volesse dire la parola golf – racconta Vincenzo -. Andare a fare il caddie fu quasi automatico, guadagnavo qualche soldo con cui potevo pagarmi la mensa scolastica. Con il segretario dell’epoca, al club c’era una disciplina quasi militaresca, anche comprensibile visto che eravamo dei piccoli scavezzacolli. Naturalmente, se ti beccavano a giocare a golf eri fregato. Solo dopo un po’ di tempo ai caddie veniva concesso di giocare qualche volta e in quei casi ci si aggiustava con dei bastoni intagliati nel legno”. Ma non era solo Vincenzo a essere giovane, anche il campo era ancora in fase di crescita: “Gli alberi erano appena stati piantati e quindi molto più bassi – prosegue Sità -. Ad esempio ricordo che alla buca 3 (par 4 di 380 metri, hcp 1, dogleg a sinistra, ndr) i migliori come Carlo Grappasonni tiravano a tagliare sopra a quello che ora è il fitto e insuperabile bosco di sinistra”. Adesso a oltre mezzo secolo da quell’avventuroso viaggio in treno lungo la penisola, Sità, 61 anni a novembre, si gode la pensione giocando a golf e portando in giro per il mondo tra viaggi e gare il suo eccellente
handicap (-1,2), ricercato e invitato da amici che ne ammirano la facilità di gioco. Inevitabile però farci raccontare qualche curiosità dopo quasi mezzo secolo di attività: “Per anni abbiamo gestito il golf in due persone – spiega appena rientrato dall’Ungheria, dove ha difeso i colori azzurri nei campionati Europei Seniores, e dai Campionati di serie A all’Argentario -. Io e il segretario facevamo e seguiva-
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PERSONAGGI
Caddie Master
mo tutto. È vero che giocava meno gente però non esistevano neanche i computer e altri supporti tecnologici. Per il resto è un lavoro che è mutato tantissimo: a Biella si è passati da cinque caddie negli anni ’70, ai 25/30 degli anni ’90, per poi scendere drasticamente quasi a zero con l’avvento dei carrelli elettrici e dei golf cart”. Quali sono le doti principali di un bravo caddie master? Sicuramente curare l’accoglienza, quindi individuare le persone e riceverle nel miglior modo possibile. Poi sono convinto che il caddie master debba saper giocare a golf, il golfista a fine giornata ha voglia di sfogarsi e parlare ed ha piacere di farlo con qualcuno che lo può capire e consigliare». Si riesce a creare un rapporto di rispetto reciproco con i soci? Io credo di esserci riuscito perché ho la mia personalità, ma non è facile. Poi penso che la stima nei miei confronti venisse anche dal fatto che giocavo bene. Lei ha un fratello, Giuseppe, apprezzato e noto maestro. Perché la scelta di fare il caddie master e non provare la carriera del pro? Perché era più conveniente e sicuro il mestiere del caddie master. Passare pro per poi non raggiungere un certo livello non avrebbe avuto senso. Ora ho una pen-
sione e assolutamente non ho rimpianti, anche perché per diventare un bravo professionista bisogna iniziare da molto giovane, come è riuscito a fare mio fratello che ha quattro anni meno di me. Da cosa nasce e chi le ha dato il soprannome “lo sceriffo”? È stato Marcello Vinzi, perché allora mi occupavo un po’ di tutto e poi ero attento a qualsiasi cosa succedesse nel circolo. Sarà stato un caso, ma l’unico furto di auto si è verificato un giorno che non ero presente. A Biella negli anni si sono alternati diversi noti maestri, qualche ricordo particolare? Quello di Alfonso Angelini che per me è stato il giocatore italiano più forte di tutti i tempi, anche più di Costantino Rocca. Angelini poi non era solo un grande giocatore e maestro, ma anche una persona eccezionale e di una bontà unica al mondo. Gli devo moltissimo. Immagino che un caddie master venga a contatto anche con diversi personaggi famosi? Un sacco di gente. Mi vengono in mente Umberto Agnelli, Walter Mandelli, PierCesare Baretti e poi tanti ex sportivi e calciatori come Marco Van Basten e Roberto Donadoni, con cui mi è anche capitato di giocare.
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E tra i giocatori? Dalle Betulle sono transitati alcuni dei più forti del mondo come Severiano Ballesteros, Tom Aaron, Billy Camper, il mio amico Baldovino Dassù e il belga Flory Van Dock, che era un vero showman. Per ultimo poi Rory McIlroy. Un giorno durante i campionati Europei del 2006 sono stato mezz’ora a vederlo giocare al campo pratica, era giovanissimo ma si vedeva già che aveva quel qualcosa in più. Diventerà mai il golf uno sport popolare in Italia? Così come è impostato ora credo proprio di no. Inoltre i nostri campi sono costosi con enormi clubhouse che fanno ulteriormente lievitare i costi di gestione. Dove è cambiato il gioco in questi anni? Soprattutto nelle distanze. Una volta i migliori pro alla buca 1 di Biella facevano al massimo 220 metri ed arrivavano al bunker, ora chi la tira piano fa 250 metri, gli altri 300. Ai nostri giorni un campo come Biella rischia di venire massacrato dai giocatori dello European Tour. Il campo più bello d’Italia? Per me se la giocano Biella e Castelconturbia. Ed è una gran bella sfida.
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Il sole sul tetto Importante intervento a Sirolo, in provincia di Ancona, all’interno dell’unico campo a 18 buche esistente nelle Marche. Pannelli fotovoltaici consenteranno al circolo notevoli risparmi energetici
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dalla Redazione
n intervento importante quello realizzato di recente al Conero Golf Club, il più affermato sodalizio delle Marche, con le sue belle 18 buche in quel di Sirolo (Ancona). Il consiglio direttivo del circolo ha infatti deciso di installare sul tetto della clubhouse un impianto fotovoltaico, messo in funzione agli inizi del mese di giugno. Una scelta strategica quella del golf club marchigiano che, dopo un’anali-
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si dei costi sostenuti per le forniture energetiche, ha portato i responsabili della gestione a valutare varie opinioni su come diminuire il bilancio di spesa per contenere e ridurre, dove fosse possibile, i consumi. La valutazione di un impianto fotovoltaico è stato un processo naturale per poter ottenere energia tramite una modalità di autoproduzione, prelevandone quindi una quantità minore dalla rete dell’Enel. Altro argomento rilevante per prendere la decisione definitiva è stato quello del rispetto ambientale, settore per cui il Conero Golf Club si è sempre dimostrato sensibile. In ag-
giunta agli aspetti tecnologici, la motivazione che ha condotto il circolo a scegliere un impianto Centrosolar è stata determinata dall’estetica dei moduli integrati, che sono risultati un’ottima soluzione anche in rispetto alla collocazione ambientale della clubhouse. L’analisi effettuata in fase di definizione del progetto ha stabilito la realizzazione di un impianto da 192 moduli S 200P50 Integration Deluxe per una potenza complessiva di 38,400 kW, e da 3 inverter SMA (1 Sunny Tripower 15000 e 2 Sunny Tripower 12000).
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La clubhouse del Conero Golf Club prima dell’intervento per l’installazione dell’impianto fotovoltaico. Nella pagina seguente, i pannelli già in opera
La potenza generata dall’impianto permette di coprire buona parte del fabbisogno energetico che deriva da altri utilizzi, come ad esempio la ricarica e i servizi relativi ai golf car o alle richieste di energia collegate alle stazioni di ricarica dei carrelli elettrici. In aggiunta, naturalmente, anche tutte le utenze che vengono richieste per il funzionamento del circolo e dell’attività sportiva, dal bar al ristorante, dall’illuminazione della clubhouse alla piscina. Tenendo in considerazione lo storico e la tipologia di consumo della società sportiva ed in base al business
plan elaborato, è stata stimata una produzione di energia in autoconsumo del 75%, con una riduzione di prelievo dalla rete del 20%. Il risparmio ottenuto, unitamente agli incentivi del Conto Energia, portano ad un tempo di ritorno sull’investimento di circa sei anni. Il rendimento dell’impianto viene determinato anche dalla qualità dei prodotti utilizzati che, nel caso specifico, si avvalgono anche della collaborazione di partner tecnici qualificati come SMA, con cui Centrosolar ha creato sinergie di lavoro. Con l’obiettivo di verificare la cor-
retta previsione di risparmio energetico, l’installazione è completata da un sistema di monitoraggio dell’impianto. Nel caso venissero riscontrati malfunzionamenti, il sistema, mediante un data logger, gestisce l’invio di avvisi per allertare i responsabili e, grazie ad uno schermo presente in sede, vengono visualizzati in tempo reale i parametri dell’impianto, ottimizzando tempi e costi. Una soluzione ideale per attivare un processo di autoconsumo che permette di ridurre drasticamente i prelievi dalla rete, evitando di pagare gli oneri previsti dai servizi di fornitura.
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L’importanza di un impianto fotovoltaico “Per un circolo come il nostro, era importante selezionare dei partner in grado di garantire affidabilità e competenza”. Questo il commento di Roberto Malatini, Direttore del Conero Golf Club riguardo al nuovo impianto fotovoltaico realizzato nel circolo marchigiano. “Abbiamo scelto di affidarci a Centrosolar per la tecnologia innovativa, per la tipologia di servizi e per la rete di partner esperti e qualificati, come lo studio tecnico We Plan di Osimo. È stato anche necessario valutare un impianto che potesse rispettare in funzione della collocazione ambientale del nostro circolo - caratteristiche estetiche, ritrovate nei moduli integrati Centrosolar”. Inaugurato nel 1992, il club si sviluppa all’interno del Parco omonimo. Quasi 70 ettari in cui ginestre, corbezzoli, querce, tamerici e ciliegi avvolgono le 18 buche del percorso da campionato (par 71) e le cinque executive. “Il Conero Golf Club rappresenta un esempio concreto dell’utilità di un impianto fotovoltaico. Nel caso specifico dice Angelo Bussi, a.d. di Centrosolar Italia - il valore aggiunto è determinato dall’esigenza primaria dell’azienda e dalla relativa collocazione, che evidenzia un connubio perfetto tra risparmio energetico e rispetto ambientale.”
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