Il Buio, la Luce, il Sole
in Viaggio con 100 immagini Isole Tremiti
Adelmo Sorci
in Viaggio con 100 immagini il Buio, la Luce, il Sole
Isole Tremiti
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Adelmo Sorci (ADphoto)
Foto e testi di Adelmo Sorci (ADphoto) Vietata la riproduzione parziale e/o totale della pubblicazione. Š 2014 dell’autore Tutti i diritti riservati
San Nicola Caprara Cretaccio San Domino Pianosa le 5 Isole dell’Arcipelago delle Tremiti raccontate in 100 immagini.
Sfogliare per guardare, guardare per desiderare di viaggiare, viaggiare per vedere e conoscere.
La Pesca, il lavoro e i suoi frutti Isole Tremiti
San Nicola Isole Tremiti
Caprara Isole Tremiti
Cretaccio Isole Tremiti
San Domino Isole Tremiti
Pianosa Isole Tremiti
Isole Tremiti La leggenda le fa risalire a Diomede, l’eroe omerico di straordinaria forza e coraggio, che un giorno ebbe l'ardire di contraddire l’orgogliosa Venere. Ferita dalla sua arroganza, la dea gli fece trovare la moglie, Egialea, tra le braccia dell’amante e Diomede, disonorato, fuggì dalla Tracia. Sbarcò sulla costa del Gargano, e qui si accinse a segnare i confini della Daunia, il suo nuovo regno, servendosi delle pietre portate dalla patria. Del carico rimasero inutilizzati tre enormi massi che, gettati nell’Adriatico, emersero con la cima sopra la superficie del mare. Ebbero così origine le Tremiti, ovvero i Sassi di Diomede, come anticamente si chiamava l’arcipelago. Leggenda o storia che sia, i massi sono sempre lì, San Domino, San Nicola e Capraia a cui si sono aggiunti nel tempo, Cretaccio e la più lontana Pianosa.
Cinque isolotti di color smeraldo e oro, sospesi nel blu, continuamente modellati dalle onde e che sembrano in cammino verso il cuore dell’Adriatico. Si trascinano dietro una storia orgogliosa di cui è simbolo, sopra gli alti dirupi di San Nicola, l’Abbazia di Santa Maria a Mare. Una presenza che ha fatto delle Isole Tremiti, almeno nei secoli tra il X e il XVI, uno dei centri di cultura e di influenza civile e morale più importanti del Mare Adriatico, meta di numerosi pellegrinaggi e tappa obbligata sulla via di Gerusalemme.
A 12 miglia dalla costa garganica e a 24 da quella molisana, nelle acque più limpide che l’Adriatico abbia conservato, si specchia l’Arcipelago delle Tremiti, un autentico concentrato di bellezze naturali e di monumenti storici sospeso nell’azzurro di cielo e mare.
La Storia delle Isole Tremiti dal 1000 al 1932 Scarsa la documentazione sull'Arcipelago agli inizi dell'era Cristiana; tale mancanza viene, però sostituita dal fiorire della leggenda del Santo Eremita che, in seguito a successive apparizioni della Vergine, riuscì a rinvenire sull'Isola di San Nicola un tesoro ed a costruire, grazie ad esso, la chiesa di Santa Maria, destinata a divenire in breve tempo meta di numerosi pellegrinaggi. Per questo motivo, agli inizi dell’anno Mille, la cura del Santuario fu affidata dal Papa ai Benedettini, fondatori della celebre Abbazia, e in seguito, intorno al 1236, ai Cistercensi i quali, nella prima metà del XIV secolo subirono, però, una grave incursione di pirati che, dopo aver fatto strage di loro, distrussero la chiesa e buona parte delle fortificazioni. Con l'inizio del nuovo millennio le fonti documentarie indicano un primo centro religioso affidato ai monaci Benedettini Cassinesi. Ai primi anni dell'XI secolo si pensa sia riconducibile la costruzione del monastero e della Chiesa di S. Maria. Quel che è certo è che nel corso dell'XI secolo l'Abbazia di Tremiti visse un periodo di vero splendore, aumentando significativamente i propri possedimenti in terraferma. L'importanza assunta dall'Abbazia di Tremiti generò presto tensioni con l'Abbazia di Montecassino da cui i monaci tremitesi rivendicavano l'indipendenza. L'autonomia e il potere segnarono l'inizio di una decadenza morale e materiale dell'ordine e nel 1237 il Cardinale Raniero da Viterbo incaricò il Vescovo di Termoli di sostituire l'ordine dei Benedettini con l'ordine dei Cistercensi del Monastero di Casanova presso Parma. Le fonti storico documentarie e i rilievi architettonici attribuiscono al periodo Cistercense opere di ricostruzione e di ampliamento della chiesa di S. Maria e del Monastero nonché la trasformazione dell'Abbazia in fortezza.
Le frequenti incursioni dei pirati slavi portarono nel 1334 alla completa scomparsa dell'ordine e alla distruzione di gran parte del complesso monastico. I pirati dalmati di Almissa, infatti, riescono ad entrare nella abbazia-fortezza grazie ad uno stratagemma: fingono che il loro capo sia morto e chiedono per lui una sepoltura sull'isola. La sua bara viene portata in spalle nella chiesa di S. Nicola dai pirati slavi disarmati ma, durante la funzione sacra, la bara si apre e ne viene fuori il capo dei pirati con le spade per i suoi uomini. Nessun frate cistercense viene risparmiato e a seguito di ciò l'isola rimane disabitata per decine di anni.
In seguito all'eccidio dei monaci Cistercensi, diversi ordini religiosi rifiutarono di trasferirsi a Tremiti fin quando, dopo molte pressioni, nel 1412 Papa Gregorio XII inviò una congregazione di canonici Lateranensi. Questi monaci, come quelli che li avevano preceduti, vissero un primo periodo di rapida ascesa dell'Abbazia a cui seguì un periodo di lenta decadenza. Nel corso del primo periodo la fama dell'Abbazia richiamava moltissimi fedeli. Il complesso monastico fu completato e fortificato e nell'agosto del 1567 resistette all'attacco di 150 navi turche. I possedimenti in terraferma furono ampliati e consolidati. A questo, seguì un lungo periodo di declino dovuto alle frequenti invasioni turche e ad una profonda crisi economica. Il declino delle fortune dei monaci tremitesi si accentuò a tal punto che nel 1674, con l'assenso del pontefice Clemente X, i Padri superiori Lateranensi di Roma pensarono di vendere ai Padri Celestini l'intero monastero per pagare i debiti. Questa proposta incontrò l'opposizione della Regia Camera. Durante il periodo borbonico, il Re di Napoli Carlo III di Borbone espresse pesanti riserve sulle proprietà dei Lateranensi a Tremiti e in special modo per la Fortezza, della quale i monaci dovevano considerarsi solo custodi. Ferdinando IV, successo a Carlo III, nel 1782 soppresse l'Abbazia, bene del Regio Demanio. Nel 1792 istituì a Tremiti una colonia penale che rimase attiva fino al 1926. Nel 1932 Tremiti divenne comune autonomo. Abolita la colonia penale l'Amministrazione delle Isole si è rivolta negli ultimi decenni alla valorizzazione e allo sviluppo turistico delle stesse. Dagli anni '60 ad oggi numerosi interventi di consolidamento e restauro sono stati finanziati con fondi nazionali.
Dal bel libro “Vademecum delle Tremiti“ di Lanfranco Tavasci ... ”A San Nicola ti sorprenderà il complesso della fortezza. Si riconoscono le stratificazioni costruttive attraverso i secoli; è bene salirci a piedi, anche se c’è un ascensore. Così ti troverai nell’Abbazia, e ti sembrerà una piccola Mont Saint Michel. Sosta a lungo nella chiesa cercando di assimilare questo spazio composito: forse è nato cubico, poi ha avuto aggiunte, e un forte segno ‘francese’: il presbiterio cistecense, senza abside. Cercherai di interpretare l’insieme del mosaico pavimentale, un po’ frammentato, in cui fiorisce l’immaginario di artefici della prima metà del Mille: animali
conosciuti, come i cervi e le aquile; animali raccontati, come gli elefanti; esseri immaginati come il grande grifone che domina il cerchio centrale del mandala ed è l’ombelico dell’edificio. Un grifone persiano, islamico, che come tanti altri simboli si è clonato dall’Oriente a tutto l’Occidente trasferendo metafore che noi non siamo più in grado di ascoltare (leggere, però, Jurgis Baltruˇsaitis, come Marija Gimbutas per il Paleolitico garganico: due Lituani che ci aiutano a comprendere la Daunia). Vedrai che nei quattro cerchi angolari del mandala sono raffigurate le diomedee: questi uccelli già mille anni fa erano il marchio dell’isola tremitese e non suonavano affatto come entità paganeggianti (oggi non si potrebbero effigiare uccelli mitici nel centro di una chiesa).f
Entrando nel tempio sarai già stato attratto dalla grande croce dipinta, a sinistra. Un giovane Cristo vivente, con due ricciolini sulla fronte; la Madonna e San Giovanni ai lati. Didietro, il simbolo dell’agnello mistico. È un documento enigmatico. La leggenda afferma che è stato fatto a Costantinopoli, e c’è anche un’iscrizione che dice più o meno: il legno della croce era la nave, e il nocchiero io stesso; cioè: la croce ha attraversato il mare da sola ed è arrivata alle Tremiti guidata da Gesù. Se hai qualche familiarità con la pittura italiana delle origini ti verranno in mente delle croci simili fatte in Italia centrale: nel Duomo di Spoleto e, in particolare, nell’area pisano-lucchese. Io ho una teoria: che l’abbiano portata con sé i Canonici Lateranensi di San
Frediano di Lucca, i quali nel 1412 ripopolarono il sacro luogo dove i Cistercensi erano stati massacrati dai pirati slavi. A Lucca ci sono infatti delle effigi di Cristo che richiamano questo delle Tremiti. Il venerabile Pietro da Carate, comandato qui dal Papa, non potrebbe aver fatto come don Camillo che, esiliato e solo nella chiesa di montagna, si portò dietro il crocifisso amico dalla parrocchia di pianura? Ancora ai Canonici Lateranensi si deve il retablo veneziano in legno, sul fondo della chiesa, che è un’opera vertiginosa e richiama le chiese di area alpina. E, fuori, il bellissimo chiostro rinascimentale: ridotto dai napoleonici a un solo lato, ma da reggere il confronto con i più celebrati cortili delle dimore quattrocentesche”...
IL PIANORO DETTO DEGLI ASINI Ma se tu sei un pellegrino dello spirito rimarrai soggiogato dal Pianoro che sta dietro all’abbazia fortezza. Lì veramente, nella nudità di una piattaforma battuta dal vento e abitata solo da erba e da ligustri, senti formicolare la vita, i millenni, le esistenze che si sono accavallate. Resti di ville romane, di cisterne medievali; le tombe rettangolari perfettamente scavate nella roccia per un giacimento rannicchiato; due tombe più eloquenti: il tholos di Diomede o comunque di un signore greco, e quella di Giulia Augusta, la nipote di Augusto imperatore; e, in fondo, altri due cimiteri: quello dei prigionieri libici del 1912 e quello dei Tremitesi (se hai curiosità demografiche vedrai che i cognomi dei defunti sono quasi tutti napoletani, così come la lingua che si sente parlare più di frequente; raccontano delle storielle stupide su come una comunità di coatti tendenzialmente maschi abbia potuto far famiglia e popolare l’arcipelago fino ad oggi). Da San Nicola l’ultima barca rientra a San Domino a metà pomeriggio. Vi è una suggestione in questo extra omnes che restituisce l’abbazia alla sua austera solitudine, trasformandola in un fantasma di pietra illuminata. Di sera ti accorgi che sei al centro di una insenatura vigilata dalle luci del Gargano: Rodi, Peschici, Ischitella.
La Facciata della Chiesa di Santa Maria Nel 1473 il priore tremitese, Padre Ambrogio da Milano, affidò l’incarico di costruire la nuova facciata della chiesa, al posto di quella ormai cadente del XI secolo (fatta erigere dai Benedettini), all’Architetto e scultore Andrea De Alexio da Durazzo ed allo scultore fiorentino Niccolò di Giovanni Cocari. Gli ideatori e costruttori dell’opera, che avevano già lavorato insieme a Spalato ed a Sebenico, pattuirono col committente un compenso di “ducati trenta oto d’oro venitiani”. I lavori furono eseguiti in breve tempo, anche perché fu usata la pietra da taglio perlinata di Risceglie, la pietra nobile di molte costruzioni sveve, ma troppo tenera per un monumento vicinissimo al mare: ciò spiega il cattivo stato di conservazione di alcune sculture del pregevolissimo portale. La vasta e levigata superficie della facciata colpisce per il ritmo e per la solenne semplicità delle sue linee architettoniche, che riflettono la ripartizione interna del tempio; essa è tripartita da quattro lesene (più alte le due centrali), che danno maggiore slancio alla costruzione con gli agili pinnacoli che le sormontano, su cui sono scolpite bifore cieche. La parte centrale della facciata, la
più ampia, è triparita a sua volta da cornici orizzontali con aggetto e termina a cuspide con vertice decorato. La cuspide centrale e le falde inclinate delle due parti laterali (più basse e strette queste, perché coincidenti con le piccole navate laterali) sono delimitate da cornici che fanno da base, piegandosi, ai quattro pinnacoli scolpiti, di chiaro influsso veneto. Lo stesso influsso, assieme a quello dei maestri toscani del Quattrocento, si nota nel portale, ripartito anch’esso in tre scomparti sovrapposti, che sormontano l’architrave della porta d’ingresso e le due coppie di colonne corinzie che la fiancheggiano. Nel primo scomparto (molto rovinato), tra due nicchie con statue di santi (una delle quali è decapitata), scolpite a tutto tondo, è posta una lunetta in bassorilievo, in cui è rappresentato S. Agostino che dà la Regola ai Canonici Lateranensi. Nel secondo scomparto, pure tra due nicchie con statue di Santi, campeggia in altorilievo l’Assunta tra gli Apostoli inginocchiati, ad uno dei quali porge la corona, mentre i cherubini la sollevano al cielo in un guscio di mandorla.
L’altro Tesoro delle Tremiti Franate, secche, grotte e pareti che si spingono giù nel blu profondo ricche di vita, colore e frequentate da ogni specie di vita pelagica.
Le Isole Tremiti sono state dichiarate riserva marina con D.M. del 14 luglio 1989. Dal 1996 l’area è parte del Parco Nazionale del Gargano che ne è anche gestore. La riserva non limita in maniera significativa le immersioni nella zona.
Le Isole Tremiti non finiscono di stupire Trovato un “corallo” di 2500 anni
Gerardia savaglia (Savalia savaglia) comunemente chiamato “Falso corallo nero”
Un Arcipelago poco conosciuto, ma non c’è dubbio… per i subacquei un vero paradiso.
Alghe e donzelle
Janolus cristatus (Delle Chiaje, 1841)
Cicala grande di mare o magnosa (Scyllarides latus Latreille, 1802)
Le Tremiti sono un sito spettacolare per tutti quelli che amano il mare. Al fascino tipico delle isole si aggiunge un’atmosfera da luogo di confine, dovuto forse alla loro posizione al limite tra le acquee più profonde del sud dell’Adriatico e quelle più a nord dove questo si avvia ad acquistare le caratteristiche forse più usuali e conosciute, fatte soprattutto di bassi fondali sabbiosi. Un luogo magico, quasi un punto d'incontro per tutte le forme di vita che popolano i fondali di questa porzione di mare che in determinate ore o periodi sembrano proprio darsi appuntamento qui, con il solo scopo di regalare emozioni ai subacquei. Ogni Isola si caratterizza per la sua morfologia ambientale, regalando una grande varietà e un gran numero di immersioni che si adattano perfettamente a tutti i livelli di esperienza e preparazione subacquea.
L’Isola di San Domino per esempio, è caratterizzata da fondali e percorsi subacquei che si sviluppano maggiormente sotto costa e all’interno di cale. Quasi tutta l’isola e nella Zona C della Riserva Marina e sul versante sud-est, il fodale scivola fino ad una profondità massima di 25 metri con ambienti ricchi di alghe, posidonia, agglomerati rocciosi, ghiaia e sabbia, ideali per osservare polpi, nudibranchi, negli anfratti magnose, gamberi, aragostine, groghi e scorfani. Sul fondo ghiaioso triglie, rombi, pesci prete, quest’ultimi veri maestri di mimetismo. Nella Posidonia non mancano splendide pinne nobilis, tordi e nel blu, alzando lo sguardo, saraghi, donzelle, castagnole e salpe. Solo sul versante sud dell’Isola, quella denominata Punta Secca, e zona B della Riserva, il fondale modifica la sua caratteristica aprendosi a una dorsale rocciosa che precipita da subito a profondità notevoli e anche oltre i 45 metri, regalando la possibilità di osservare (per i sub più esperti) anche pelagici di mole come dentici, barracuda e ricciole. L’Isola di San Nicola, invece si presenta con un fondale ricco di agglomerati e grandi massi tali da rendere i percorsi subacquei articolati e divertenti. Anche qui sicuramente il versante più interessante è quello sud-est. A differenza dell’Isola di San Domino su questo versante la batimetrica dei 25 metri determina il netto passaggio da un ambiente ricco di spaccature ed anfratti ad un ambiente sedimentoso che declina a profondità notevoli con alcune secche interesanti ma molto impegnative. Di queste quella del Ferraio è sicuramente l’immersione che può regalare incontri speciali. Unico concentrato di grandi massi in una zona pressoché desertica, questa si presenta come valido riparo, nascondiglio e zona di caccia per molte forme di vita stanziali, bentoniche e pelagiche. Per questo è facile qui incontrare grandi scorfani, polpi, gronghi di mole, murene, astici,
Gorgonie (Paramuricea clavata) Tra le gorgonie del Mediterraneo la Paramuricea è sicuramente la più bella, la più appariscente e anche la più grande. Spoettacolari quelle bicolore delle Tremiti. Il colore dominante della specie è il rosso carminio con tendenza occasionale al violetto, ma in alcuni luoghi del Mediterraneo e alle Tremiti, le estremità di alcune ramificazioni assumono una colorazione gialla molto intensa, con il risultato che la gorgonia si presenta praticamente bicolore.
Corallo Nero (Anthipahes subpinnata) Il Corallo Nero ha una struttura molto ramificata, con rami simili a folti ciuffi bianchi con sfumature color cenere. Presenta polipi grandi qualche millimetro aventi 6 tentacoli corti e non pinnati, e questo la classifica tra gli esacoralli. Alle isole Tremiti questa colonia è tra le più superficiali del Mediterraneo
musdee e notevoli, per numero e dimensioni, aragoste ed in periodi particolari, pescatrici giganti. Anche se solo questi avvistamenti sarebbero sufficienti a soddisfare subacquei esigenti, non passeranno di sicuro inosservati, alcionari, nudibranchi, gasteropodi, spugne che colorano in maniera impeccabile gli agglomerati rocciosi. In un ambiente così ricco non potevano mancare i predatori. Infatti dentici, orate e palamiti qui sembrano quasi pattugliare tutta la zona in maniera ossessiva e regolare, consentendo osservazioni anche a distanza ravvicinata.
Pesce prete (Uranoscopus scaber)
Regina delle Isole per spettacolarità di ambiente è sicuramente Caprara. Qui veramente la natura non ha accettato nessun compromesso. Le immersioni sono straordinarie e tra queste quella denominata la Secca di Punta Secca, a ragione considerata una delle 10 più belle del Mediterraneo, lascia a bocca aperta chiunque. Una dorsale rocciosa con una parete completamente colonizzata da spettacolari gorgonie (Paramuricea clavata), bicolore, rosse e gialle, di grandi dimensioni , continuamente trafficata da banchi di ogni specie: castagnole, mennole, saraghi,salpe, occhiate, tanute che ogni giorno ogni momento sfidano l’agilità e aggressività di dentici, barracuda, palamiti e tonni. Ma Caprara non è solo questo…. Il pianoro delle cernie, la secca del corallo nero, cala caffè, cala dei turchi, i picchi di Elena o la secca della Vedova sono solo alcune delle immersioni che le Tremiti sono in grado di offrire e che difficilmente si posso dimenticare. Insomma una Riserva Marina spettacolare e una biodiversità unica da conoscere e conservare.
Granchio facchino (Dromia personata)
in Viaggio con 100 immagini
il Buio, la Luce, il Sole ISOLE TREMITI
Foto e testi di Adelmo Sorci (ADphoto) Vietata la riproduzione parziale e/o totale della pubblicazione. Š 2014 dell’autore Tutti i diritti riservati