Il cervo volante 1
La Pattuglia Astrale
DIARI FRANCIGENI In bici sui passi dei pellegrini
Marotta & Cafiero Editori
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©Marotta & Cafiero editori Via Andrea Pazienza 25 80144 Napoli www.marottaecafiero.it ISBN: 978-88-88234-86-1 Copertina e impostazione grafica Gennaro Monforte
“Procedi ormai sicuro, pellegrino, chiunque tu sia che dalle lontane terre dell'Occidente ti rechi alla tomba di Pietro o alla rupe del Gargano. Per merito di costei, non le armi dei ladroni avrai più da temere lungo le vie, né il freddo né le tempeste delle notti nere, perché ti ha preparato, Ella, sicuri ospizi e cibo per il tuo cammino.” Questi versi di Paolo Diacono (sec.VIII) ornano la tomba della regina Ansa e ci raccontano l'attenzione che la moglie di Desiderio, re longobardo, ebbe per gli antichi pellegrini. Oggi è permesso transitare sicuri sulla Via Francigena. Nella pianura padana, sul Monte Bardone, a Monteriggioni, ovunque siamo stati accolti e accuditi. Numerosi ospitalieri permettono al moderno pellegrino di ripercorrere le antiche strade di Ansa e Desiderio: il nostro sentito ringraziamento va al loro impegno e alla loro dedizione. Un grazie ai nostri famigliari che ci hanno permesso di intraprendere questa piccola avventura. Una preghiera di ringraziamento ai Santi Tutti che hanno vegliato su di noi, indifesi ciclisti. Nessuno si senta troppo vecchio o inadatto a questa esperienza. Buon cammino.
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Via Francigena 2010 Diario di Bordo di Pellegrino BearLu/Luciano
Febbraio Mauro mi mette al corrente dell’ultima pensata di Ettore... andare a Roma in bici seguendo la via Francigena... la cosa mi stuzzica assai, ci sto... poi, poco a poco, vengono a galla i dubbi. Il dolore al costato, ricordo della caduta sugli sci di inizio gennaio, persiste, meno forte ma sembra non volersene andare; il periodo in cui partire sarà ovviamente fine giugno/inizio luglio, periodo di esami scolastici in cui potrei essere coinvolto, ma anche di impegni atletici: nel primo weekend di luglio ci sono i campionati italiani di prove multiple di categoria in cui qualche atleta che alleno potrebbe essere impegnato, e la settimana successiva ci sono gli assoluti... non si sa mai... Certo che la tentazione è forte, dopo il Giro dell’Umbria di corsa (nell’81), e i trekking sulle Alte Vie alpine e dolomitiche negli anni successivi, questa avventura ciclistica mi tenta, sarebbe un ottimo esame per verificare le attuali condizioni fisiche... per il momento sarà meglio che le rade uscite in bici aumentino di frequenza, ma soprattutto di chilometraggio.
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Marzo Formello, Campionati Italiani di Cross, curiosando tra le brochure della locale ATL scopro che di qui passa la... Via Francigena, se questo non è un segno del destino... Mentre raggiungiamo in pullman il luogo di gara già mi vedo percorrere con la mia Bianchi queste stradine; porto a casa il materiale raccolto e lo passo a cartografo e responsabile della logistica, ma non credo che a Mauro garberanno tutti questi mangiaebevi... Il dolore al costato è scomparso a riposo ma rispunta quando salgo in sella, anche se le radiografie hanno escluso fratture; sarà l’età che rende più lungo ogni tipo di recupero, meglio tenerne conto nella marcia di avvicinamento alla partenza.
Maggio La stagione agonistica dell’atletica su pista è ormai entrata nel vivo e assorbe i miei weekend, difficilmente la mia tabella e quella degli altri pellegrini avrà punti d’incontro, fortunatamente il dolore al costato sembra scomparso e posso pensare a qualche giro più lungo. Il problema legato agli esami di maturità è superato non essendo stato nominato né tra i membri esterni né tra quelli interni, ma restano quelli atletici: sono ben 5 gli atleti qualificati ai campionati di categoria, impossibile per me partire nel primo weekend di luglio... spero in un rinvio della partenza.
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1 Luglio 2010 Dopo tanti appuntamenti mancati finalmente le nostre strade si incontrano, e per l’occasione la Bianchi sfoggia anche a pieno carico le borse ai lati, finora hanno fatto solo un paio di uscite “leggere” (sia come carico che chilometri). Il grosso della preparazione l’ho fatto con la vecchia Bellini da strada e rifinita con la nuova Scott... tutta un’altra cosa... le ultime uscite a Bielmonte e lago d’Orta sono state confortanti sotto l’aspetto muscolare e organico, resta l’incognita... “soprassella”, come reagirà alle lunghe percorrenze? Finora non mi sono mai spinto oltre le 4 ore... speriamo nei nuovi pantaloncini... L’ascesa al Colle del Gran S. Bernardo conferma almeno due delle cose che pensavo sull’imminente avventura: 1) non sarà un raid ad alte velocità 2) mi consolerò con la buona tavola... Per entrare nello spirito del gruppo mi munisco anch’io di gadget canino: Berny sarà il mio fedele compagno nei tentativi di fuga quando la strada si impennerà o la voglia di velocità diventerà più forte.
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9 Luglio 2010 “Grandi risaie, e filari di pioppi, e all’orizzonte montagne maestose…” Veramente le montagne maestose sono alle spalle, e per vederle dovrei fare esercizi di equilibrismo che almeno per i primi chilometri preferisco evitare (non ho mai portato una bici con 27 chili, parte dei quali appesi alla ruota posteriore, e mi spiacerebbe iniziare l’avventura con una caduta...), ma ben presto la canzone dei Nomadi mi entra in testa e ci resterà per tutta la prima tappa della Francigena. Partenza da Soprana alle 5.50 e, dopo la “pesatura” ufficiale a casa di Mauro, alle 6.30 viene dato il via ufficiale anche per Armandino, Gianni e Mauro mentre anche Ettore ha già km alle spalle. Non c’è molto da dire, il paesaggio è conosciuto, la chiesa di Quinto, prima tappa, è chiusa, e alle 8.30 siamo a Vercelli, dove, all’interno di S. Andrea veniamo accolti dalle Lodi mattutine che creano indubbiamente un’atmosfera suggestiva, tanto più in quanto inattese. Il viaggio prosegue nel piatto paesaggio che collega “la Bassa” vercellese alla Lomellina: risaie, pioppi, risaie, pioppi… fino alla prima di tante infrazioni che caratterizzeranno il nostro viaggio: il sottopassaggio ferroviario alla stazione di Mortara, imboccato rigorosamente a cavallo della bici, dove veniamo ripresi tramite altoparlante fin che non mettiamo i piedini a terra. Dopo aver appurato che siamo in anticipo di un giorno rispetto alla mostra su Coppi, che quindi non visitiamo, all’uscita dalla cittadina
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incontriamo il primo pellegrino… se il percorso è noioso in bici cosa sarà farlo a piedi? Lasciata anche l’Abbazia di S. Albino (ovviamente chiusa), Ettore ed io cerchiamo di fare velocità (23, max 25 km/h, che vi credete), non fosse altro per smuovere l’aria e trovare un briciolo di refrigerio nella calure che inizia a farsi sentire, dandoci il cambio circa ogni km, e nei pressi di Garlasco sfruttiamo per un paio di km la scia di 12 spagnoli che con bici da corsa si stanno facendo Barcellona-Milano… senza bagagli appesi, e da Carbonara sul Ticino, attraverso una strada secondaria che ci riconcilia parzialmente con il paesaggio, entriamo in Pavia attraverso il ponte coperto. Fiduciosi, guidati (?!?) da Gianni, andiamo alla ricerca di un ristorante (ovviamente chiuso), e allora la guida passa a Mauro che ci porta in piazza dove mi spazzolo un bel piatto di Paccheri con zucchine e gamberetti e mezzo litro di birra, il primo della serie. Dopo pranzo girovaghiamo (è la parola giusta) alla ricerca delle varie chiese pavesi (S. Teodoro, S. Pietro in Ciel d’Oro, S. Michele) passando attraverso l’Università, 3 volte dal Castello, 4 dalla piazza dove abbiamo mangiato, seguendo le indicazioni di un villico che alla seconda richiesta (dopo un’ora) ci propone di assumerlo come guida… dopo aver percorso 4/5 km e aver abbassato terribilmente la media di giornata, lasciamo Pavia e con un tratto di sterrato (finalmente… almeno c’è un motivo per usare la mtb invece che una più veloce bici da strada) arriviamo al gotico Oratorio di S. Giacomo della Cerreta del XV secolo, ovviamente chiuso. La ricerca delle chiavi impegna un po’ di tempo nonostante ci siano 4 case in tutto, ma al terzo tentativo… la signora che le ha in custodia è andata via un attimo… sosta al bar con acqua e menta ironizzando sulla vicina pista da ballo all’aperto che alla sera si deve trasformare in zanzarodromo… non immaginiamo ancora la nostra di notte, faremmo meno gli spiritosi… All’arrivo della signora, in effetti, la sosta valeva la pena per gli affreschi. 13
Ormai il primo traguardo è a pochissimi km, e all’entrata di S. Cristina e Bissone chiediamo informazioni sul posto tappa “Ma avete prenotato?” “Certo” “Con chi avete parlato?” “Con il parroco” “Quando?” “Due giorni fa” “Ieri sera è stato ricoverato in ospedale”… Comunque si attivano subito per reperire le chiavi e accompagnarci; alla richiesta di dove si possa mangiare senza spendere troppo… “Se non avete problemi, dai cinesi, ma fanno cucina italiana”… Sono circa le 19 e la prima tappa è conclusa, benvenuti in Padania. I numeri della giornata dicono 151.14 km fatti in 7h40’12” (tempo in cui la bicicletta è stata in movimento) alla media di 19.7 km/h, con la punta massima di 57.4 scendendo da Capovilla. La sistemazione è a dir poco spartana: una sala dell’oratorio da dove, evidentemente, se ne sono appena andati i ragazzi del centro estivo visti i barattoli di colori abbandonati e il disordine… 3 posti letto per 5 persone ci sembrano un po’ pochi, si riesce a recuperare un rete e 2 materassi, beh, uno dormirà per terra (diventeranno 2, e anche dormire per qualcuno sarà una chimera… tra zanzare e carichi di legna da segare…), l’importante è che ci siano le docce e la possibilità di fare il bucato e metterlo ad asciugare. Unico pellegrino presente un tedesco che ci farà compagnia a cena, è arrivato fino a Milano in treno e il suo programma è variegato, tra pezzi che farà in treno e deviazioni varie (tipo Firenze), ma con meta finale, anche per lui, Roma. La cena dai cinesi non è male, in attesa di quanto ordinato, per me Riso fumo (speck e radicchio) e tagliata con rucola e pomodorini e ciotola di insalata mista, portano in tavola un piatto di affettati e una 14
pizza, non lesiniamo il vino, e alla fine ci offrono pure il bicchierino di mirto o limoncello. Il costo? 15 €!!! Mi piacerebbe spendere così a Biella. Qualche coraggioso assaggia anche la grappa cinese, ma non mi sembra sia arrivato a vuotare il bicchiere. Se pensate che la serata sia finita vi sbagliate… al posto tappa ci aspettano per offrirci… un limoncello… Dopo una giornata così impegnativa una bella dormita è quello che ci vuole, e qualcuno ci è riuscito, ma il caldo, le zanzare, il letto diverso dal proprio, e i… taglialegna, hanno reso l’impresa muy complicada (Mauro giura di non aver praticamente chiuso occhio, io continuavo a svegliarmi)
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10 Luglio 2010 “Lunga e diritta, correva la strada…”
Oggi sarà Guccini a farci compagnia, anche se le nostre bici non corrono proprio veloci, a differenza dell’auto di S.F. (non sia mai che si faccia la stessa fine…), ma anche “l’aria appiccicosa di caucciù…” di Conte non starebbe male. La colazione (ore 6.30) è l’occasione per tenerci informati, grazie ai giornali, su cos’è successo nel modo il giorno prima; il viaggio è anche questo, staccare la spina dal mondo come siamo abituati a viverlo e seguire i ritmi dettati dalle proprie gambe, e da quelle dei compagni di viaggio, adattandosi al mondo che ci circonda. Salutiamo Gianni che torna a casa seguendo i Navigli e ci immergiamo nell’aria un po’ pesante e umida che ci circonda, destinazione il fiume Po, superato il quale Mauro cerca ispirazione in un campo di mais per riportare il suo corpo ai ritmi abituali; ma l’abbiamo appena detto, in viaggio i ritmi cambiano, anche quelli fisiologici, e allora, in attesa del momento giusto, riprendiamo la strada verso Piacenza, molto trafficata nonostante sia sabato e i camion non dovrebbero circolare. Raggiuntala continuiamo ad imboccare sensi unici al contrario e isole pedonali, rischiando la collisione con una signora che sbuca da una via laterale.. Un mercatino di frutta è l’occasione per la banana quotidiana, comprata e consumata all’istante con commento del fruttivendolo… ma “Nüi andumma a Rumma”… ovviamente dopo una sosta al bar per il solito succo di frutta… corretto Supradyne…
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Uscendo da Piacenza superiamo il tedesco della sera precedente che dopo aver fatto il primo tratto in treno si appresta alla camminata… non lo invidiamo per nulla con i suoi pantaloni lunghi e gli scarponi, anche perché il tratto verso Fidenza si presenta con le stesse caratteristiche del precedente: lunghi rettilinei, traffico (anche di camion), caldo… chissà se anche lui rischierà di essere investito ad una rotonda da un imbecille che pretendeva lo lasciassimo passare anche se noi eravamo già dentro quando lui è comparso… e le rotoballe continuano ad accompagnarci… Cerchiamo la deviazione per Chiaravalle filosofeggiando sulla facilità di scrivere la canzone di apertura con delle strade così, non trovandola (la deviazione...) proviamo a fermare un contadino su trattore, molto gentile, che illustra il tragitto mentre, sia dietro di lui che dietro noi, si fermano le macchine ad aspettare la fine della conversazione; abituati alle “gentilezze” nostrane non ci dilunghiamo troppo (anche se i due autisti non sembrano preoccuparsi della sosta) e avendoci detto “prendete la prima a destra e poi trovate i cartelli” noi prendiamo la prima a destra, anche se sterrata, tanto… ha visto che abbiamo la mtb e sa che passiamo… dopo un km “polveroso” e tanti ???? fermiamo la prima macchina che passa “Qui la strada finisce, dovete tornare dietro”. Tornati sull’asfalto, poche centinaia di metri e un bel cartello ci fa svoltare a destra… L’Abbazia Cistercense di Chiaravalle della Colomba e il suo chiostro meritavano effettivamente la deviazione. Pranzo alla trattoria “da Gianni”, specialità pesce gatto, ma ci limitiamo ad una pasta… Dopo la visita a Fidenza con sosta gelato, dove alla timbratura del documento di viaggio ci viene offerto un bel succo, pomeriggio tribolato: diminuisce il traffico ma cresce il caldo, ricerca disperata di acqua sui primi saliscendi che preannunciano l’imminente Appennino, ma a questo penseremo domani; per intanto, arrivati a Fornovo bisogna cercare Villa S. Maria che si trova al termine di una corta ma ripida ascesa… speriamo che il passo della Cisa non sia così. 17
Numeri di giornata: 114.27 km in 5h53’19”, media 19.3 km/h, con massimo 42.6 Sistemazione da lusso, visto quella che l’ha preceduta: la casa, gestita da suore, è in cima ad una collinetta dove spira una leggera brezza, e ci fa sperare in una notte meno calda e… zanzarosa, inoltre siamo gli unici ospiti, così mentre Ettore, dal sonno di piombo, dorme in camera con Armandino il taglialegna, Mauro decide di stare solo per essere sicuro di recuperare anche la notte precedente, indipercui… anche per me camera singola. Per mangiare dobbiamo scendere fino alla statale, ma l’unico bar fa da ristorante solo a mezzogiorno… la frase “ci accontentiamo anche di un piatto di pasta…” fa breccia nella barista, e poi un piatto d’affettato e un’insalata ci vuole un niente a farli, così come la fetta d’anguria finale…
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11 Luglio 2010 Niente colonna sonora, meglio ascoltare i segnali che verranno dal nostro corpo, ci attende il giorno più atteso e temuto: quello della Cisa, la “Cima Coppi” del nostro Tour, e fortunatamente tutti hanno dormito senza problemi. Ci muoviamo come sempre verso le 6.30, ma prima di trovare un bar, leggere i giornali, e partire veramente, sono le 7.30; ad ogni buon conto mi metto in coda così non mi viene la tentazione di tirare. I primi 20 km sono un lungo falsopiano (con un bel mangia e bevi in cui perdiamo circa 150 metri faticosamente conquistati) fino a Ghiare dove inizia la salita vera dopo il rifornimento d’acqua da una gentile signora a cui promettiamo una cartolina da Roma. Tra soste pipì, crema solare, foto, e incontri con viandanti, non è che l’inizio sia poi così traumatico, anche se in effetti la strada sale; ci sono alcuni strappetti impegnativi, ma tutto sommato pedalabili senza troppo sforzo, e si arriva così a Berceto, grazioso paesino invaso da turisti (è domenica), anche biellesi, incuriositi dalle nostre bici “griffate”. All’uscita dal paese c’è ancora uno strappo, ma poi la strada diventa di nuovo più agevole, con qualche lieve impennata, e i 1041 m.s.l.m. del passo ci donano finalmente una temperatura più gradevole (27°C) rispetto ai giorni precedenti passati nell’afa della pianura padana. Dopo lunga pausa ci tuffiamo verso il mare e ben presto torniamo a superare i 30°C, e allora via i wind stopper e cerchiamo il fresco superando i 50 orari. Passato Pontremoli e i suoi libri, sosta pranzo con Testaroli al pesto (sembrava quasi trippa), immersa in un bagno d’olio che, abbinata alla birra, non si rivelerà proprio l’ideale per i km che rimangono da fare. Fortunatamente è un lungo trasferimento in dolce ma costante discesa, dove però non riusciamo a fare velocità anche perché Mauro 19
si rifiuta assolutamente di superare i 130 battiti/minuto che aveva in salita!!! Aulla e S. Caprasio ci invitano ad una sosta, e la visita agli scavi, unita ad abbondante acqua fresca, risulta molto gradita vista la calura che ci sta di nuovo assalendo (ma l’arsura, secondo me, deriva dal pranzo di cui sopra). Sarzana è veramente ad un passo, e quando raggiungiamo S. Francesco il cumputerino al manubrio dice: 105.56 km in 6h00’38”, media 17.5 km/h, con massimo 54.8, e la sensazione generale è che sì… arriveremo a Roma!!! La sistemazione è nuovamente “spartana”, materassi a terra in sale dell’oratorio, con un burbero custode che appena saputo che veniamo da Biella ci racconta episodi della sua vita da istruttore di volo a Cameri e Verrone. La cena (che risulterà la più cara di tutto il viaggio: 30 pro capite) è a base di pesce in una piazzetta del centro storico, e le 2 bottiglie di Vermentino ci distraggono dalla finale dei mondiali di calcio trasmessa dal maxischermo del ristorante all’altro lato della piazza. Dopocena alla Rocca dove rappresentano non abbiamo capito bene cosa, tra donzelle seminude e “Ahi, ahi, ahi… Moro moro moro”… e se anche non riusciamo a vedere la finale, la mimiamo davanti ad una porta (con portiere) disegnata su un muro. P.S. non c’è solo Armandino che russa… toccato con mano… anzi, orecchio.
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12 Luglio 2010 Partenza alle 6.30, ma colazione rimandata, motivo? A Sarzana non ci sono brioches, almeno nei primi due bar che troviamo… Quando finalmente soddisfiamo le necessità del corpo… “Sì, viaggiare…” (Battisti docet) su una strada stretta e trafficatissima, tra camion carichi di marmo, buche, guardrail e platani. Le Alpi Marittime seminascoste da nuvole e foschia sarebbero anche uno spettacolo interessante, ma le lasciamo al nostro fotografo ufficiale, la nostra unica preoccupazione è quella di uscire al più presto da questo traffico, e allora, visto che a Massa il timbro non si riuscirebbe ad averlo prima delle 9, con cambi regolari procediamo di buon passo fino a Massarosa, dove finalmente svoltiamo verso Lucca su una rampa degna di tal nome; sono solo 2 km, ma very strong, e la picchiata successiva consiste in un doppio tornante e quindi un lunghissimo rettilineo (credo almeno 1500 m) in cui tenere la posizione più aerodinamica possibile per sfruttare la velocità. Lucca ci accoglie con le sue mura e la festa patronale, indipercui, rapido giro (i nostri giri in città sono rapidi per modo di dire…) tra isole pedonali e sensi contrari, e dopo il Duomo, l’Anfiteatro e S. Frediano, saliamo sulle mura per un breve tratto e poi riprendiamo il cammino fino ad Altopascio per la rituale sosta pranzo che la calura consiglia di prolungare ulteriormente con una sosta gelato e successiva timbratura delle carte di viaggio. Quando lasciamo il paese della campana “La smarrita” (così detta perché i suoi rintocchi servivano ad orientare i pellegrini) la calura non è che sia diminuita, ma i 2 km nel bosco delle Cerbaie, su un tratto del ripristinato vecchio selciato, introducono in un serie di mangia e bevi che ci preparano al menù dei prossimi giorni. All’arrivo a S. Miniato basso i km sono 107, in 5h57’15”, media 17.9 km/h, con massimo 55.1 21
Sistemazione alla “Fraternità di Misericordia”, in un locale adibito anche a cappella con tanto di altare vicino alle brande, dove ci rilasciano anche fattura per la nostra solita offerta di 15 € pro capite. La cena? La più risparmiosa (55 € in 4), ma anche di quelle da non dimenticare… e non in positivo… mentre la notte sembra sia stata un continuo viavai di motorini, ma di questo se n’è accorto solo un componente del gruppo… disturbato anche dalle luci dei lampioni e dal vociare di ragazzi e no che si davano appuntamento davanti al nostro alloggio… mah!?!?!
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13 Luglio 2010 Previsioni di giornata: mangiaebevi in quantità! Così, colazione già terminata alle 6.30 e si parte di buon passo per non trovarci troppo attardati per i su e giù e le visite lungo la strada. Giornata della cortesia: a Certaldo la fruttivendola ci regala le banane perché “sono troppo mature” per venderle; a Monteriggioni l’addetta ai timbri ci offre thé rosso (ricco di sali) e gli Spitalieri di Radicofani ci promettono altrettanto per il giorno successivo. La strada, e il panorama, non tradiscono le attese, pertanto anche noi non possiamo infrangere l’abitudine di entrare in Siena in senso opposto a quello di marcia consentito finché non decidiamo di scendere da cavallo prima di sbattere contro qualcuno, tanto la velocità consentita dallo slalom tra i pedoni non è molto più alta dell’andare a piedi. Ci “limitiamo” al Duomo e Piazza del Campo per le foto di rito, prima di infilare la bellissima discesa (come pendenza e panorama) alla ricerca di una gelateria; “Oggi mi accontento di un gelato” prima di sederci davanti alla solita pasta a Monteroni d’Arbia (ma oggi anche il resto della truppa segue il mio esempio: niente birra!!!). Mentre saliscendiamo, telefonate da casa ci informano che prendere un pulmino a Roma e mollarlo a Biella non è possibile, quindi sosta al punto informazioni di Buonconvento dove, tramite internet, prenotiamo il ritorno su due auto; un gelato è il giusto premio alla risoluzione del problema. Siamo nei dintorni di Montalcino, e le colline senesi si offrono in tutto il loro splendore tra filari d’uva, cipressi, campi di grano, con la strada che sale, scende, svolta, s’attorciglia, s’aggroviglia, ma soprattutto sale, sale, sale, fino a S. Quirico d’Orcia, posto su un cocuzzolo, dopo 116,5 km percorsi in 6h28’56”, media 18 km/h, con massimo 50.8
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Il posto tappa è nella foresteria della parrocchia, e per entrarci dobbiamo attendere che le suore (filippine) terminino la corona, dopodiché ci fanno notare che 15 € a testa è troppo, bastano 10, ci accorderemo per 50 in tutto. Se non fossero stati sufficienti i km, le ripide scale che conducono al sottotetto mettono un certo appetito che la visita al paesino acuisce; fortunatamente la cena è ben diversa dalla sera precedente: per me Ribollita e Antipasto della casa, più fetta di torta, sono più che sufficienti e reintegrare quanto speso in giornata, il vino del nonno e quello della casa fanno il resto.
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14 Luglio 2010 Brioches appena arrivate ci predispongono bene alla partenza che avviene, puntualissima, alle 6.30, ormai siamo peggio di un orologio svizzero, la novità è una leggera nebbiolina che sembra aleggiare… “sarà questione di minuti”, per intanto visitiamo le terme d’acqua calda, conosciute già dai romani, di Bagni Vignone. Il seguito è una favola che avrebbe bisogno di un Andersen per essere descritta, con i filari di cipressi che sbucano dalla nebbia, le goccioline di umidità che imperlano peli di braccia e gambe (non so la barba), le rotoballe disseminate sui pendii delle collinette che valichiamo con una pedalata non ancora sciolta, e le macchine fotografiche che scattano a ripetizione. È evidente che ”i km non vanno avanti”, come dice Armandino, ma a Gallina, superata l’ennesima salitella, di colpo la magica atmosfera scompare e ci troviamo in pieno sole: meglio prima o adesso? Mah! Meglio pensare a Radicofani, spettro della giornata nascosta dietro a chissà quale delle alture che abbiamo di fronte, e al thé che ci attende. I km si srotolano su 2-3-4… rettilinei in leggera salita finché la torre compare all’orizzonte… meglio fare una pausa, mangiare una barretta, bere un po’ d’acqua corretta Supradyne, e la salita inizia… con un salto di catena! Sono circa 500 metri di dislivello in 8 km impegnativi fino ai circa 800 metri di quota del paese ai margini delle terre senesi e di fronte al Monte Amiata, con alcune rampette, intervallate da un bel mangiaebevi panoramico che mostra il tratto finale per la gioia di Mauro e Armandino, ma loro vengono su “superbalbel…”. La Confraternita degli Spitalieri ci dà buca, nel senso che sono aperti solo al pomeriggio, e allora, dopo che Mauro lascia come ricordo la Carta di Viaggio presso (o dentro, non si sa) la buca delle lettere, ci buttiamo nella lunga discesa fino a riprendere la Via Cassia, e 25
poi, visto che la strada continua a… “perdere” proviamo a fare velocità con tirate che sfiorano i 30/h ma veniamo più volte richiamati all’ordine finché, al bivio per Acquapendente (un nome, un programma) la strada risale anche con lunghi tratti al sole che ci fanno capire come la pacchia sia finita. È quasi mezzogiorno, timbriamo le carte e vorremmo mangiare, ma l'oste dice che è troppo presto, e allora avanti, ma con l’andatura da bandoleri stanchi, fino a S. Lorenzo dove un piatto di fettuccine al limone e una fetta di crostata ci riconciliano con il mondo, per non parlare del vino che non ci fanno pagare in quanto, nello spillarlo, “la macchinetta ha rilasciato un po’ di azoto” (tanto noi lo allunghiamo con l’acqua, se no poi chi si rimette in bici?). Non resta che scollinare e buttarsi verso Bolsena, ma la vista che ci offre il lago merita veramente una pausa, magari sdraiati sotto gli alberi… Gradita rinfrescata in paese in attesa dell’ultima salita di giornata, 8 km, fortunatamente per lunghi tratti all’ombra, tra resti di colate laviche (la zona è di origine vulcanica), monumento al pilota Taruffi e ai caduti di guerra, che porta a Montefiascone, patria del vino EstEstEst. Ma non è finita, ci attende un km di ripida salita nel centro storico (ovviamente contromano nel senso unico) fino ad uno spettacolare belvedere da cui si domina il lago, ed una successiva breve picchiata (è il termine giusto) fino al Centro Ospitaliero Raggio di Sole. È la tappa più corta: 93,87 km in 5h24’37”, media 17.3 km/h, con massimo 51.3 Chi gestisce non c’è (che novità…), contatti telefonici per individuare la nostra magione (una depandance che in passato potrebbe essere stata destinata ad usi meno nobili) e al momento di inforcare i nostri cavalli d’acciaio per tornare in paese per la cena, scopriamo che forse avrebbero bisogno di manutenzione, coltelli e forchette possono attendere, meglio impugnare brugole e pinze. Per il ristorante bisogna rifare, al contrario, la picchiata che porta al belvedere, e 26
quando ci arriviamo forse sarebbe ora di un’altra doccia, ma ne valeva la pena, una cena da ricordare, sia per le libagioni che per la simpatia del proprietario. Anche in questo caso chi gestisce il posto tappa ritiene troppo i 60 ₏ e ne prende solo 40, come da prezziario pubblicato su Internet per altro.
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15 Luglio 2010 Ormai ci siamo, è l’ultima tappa, ci preoccupano gli ultimi km nelle vicinanze di Roma ma è fatta. Partiamo alle 6.15 decidendo di rimandare la colazione a Viterbo, 12 km (diventeranno 17) tutti in discesa, e già che ci siamo prima visitiamo la città che si rivela una gradita sorpresa (nessuno di noi c’è mai stato) a parte i resti di una fiesta della sera precedente nel centro storico. Il barista conferma i timori di Mauro sull’itinerario prescelto, ma non sembrano esserci molte alternative, dopo Sutri la Cassia diventa proibita alle bici e dobbiamo cercare un’altra strada, e l’unica alternativa al programma di Ettore (troppi su è giù) sembra eccessivamente lunga. Dopo rapido consulto decidiamo di andare a Sutri e poi chiederemo informazioni. La strada si rivela abbastanza ombreggiata e veloce, con qualche impennata, non sia mai, e durante il tragitto, dopo due ciclisti che hanno troppa fretta per rispondere in maniera esauriente alle nostre domande, un poliziotto della stradale ci spiega quale strada seguire. Rinfrancati visitiamo Sutri, e il suo anfiteatro, con pausa succo e banana, quindi deviamo verso Bracciano con qualche strappo impegnativo ma il cartello che indica l’inizio della provincia di Roma si merita proprio una bella foto, prima di una bella picchiata verso il lago che costeggiamo per un paio di km. Seguendo le frecce che indicano la Città Eterna, risaliamo quello che ipotizziamo essere l’ultimo strappo, ma arriviamo proprio alla Cassia superstrada che volevamo evitare. Un automobilista di passaggio ci assicura che è transitabile, anzi, lui la fa abitualmente in bici… per farla l’abbiamo fatta anche noi, diciamo che non è il massimo e non so se la rifarei, anche se come dice Mauro si sentiva più sicuro lì che non in Versilia con i camion e i platani a fianco, comunque sono stati 12 km (4 28
rettilinei, forse 5) con due belle e lunghe salite, percorsi il più velocemente possibile. Quando ne usciamo cerchiamo subito un ristorante (spaghetti cacio e pepe) prima di affrontare la vera ultima salita, sotto il sole, prima di una ventina di km in leggera discesa, all’ombra, verso S. Pietro raggiunto alle 16.15, dopo un tratto lungo la pista ciclabile (!?!?!) del Tevere. 115,4 km in 6h06’, media 18.8 km/h, con massimo 58.3 Strette di mano, foto di rito fatte a, e da, altri pellegrini ciclisti (svizzero lui, forse spagnola lei), ritiro testimonium dell’avvenuto pellegrinaggio, doccia in albergo con vista sul Cupolone, acquisto ultime cartoline, grattachecca al chiosco, spaghetti allo scoglio da Ristochicco, tentativo di smarrimento nei dintorni di Piazza Navona… Ultimi atti di una splendida avventura che entra nel libro dei ricordi
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16 Luglio 2010 Resta il viaggio di ritorno, ma rientrano nella normalità i computer dell’AVIS a Termini che non funzionano, l’ingorgo all’ingresso del Grande Raccordo Anulare, il fatto che alla prima sosta per rifornirsi di gas scopriamo che non ci hanno dato il riduttore, l’incidente prima di Firenze che ci consiglia di uscire ed approfittarne per pranzare, l’ingorgo causato da un nuovo incidente quando rientriamo in autostrada, il dover tirare per arrivare a consegnare la macchina a Gaglianico prima che chiudano… Restano da coprire la ventina di km fino a casa, inframmezzati dall’accoglienza calorosa con premi, trombette e rinfresco a casa di Mauro. La prova pesa segnala nessun cambiamento per Armandino e Mauro, 1 kg in meno per me (ma ho mangiato tutte le barrette e le borracce hanno meno acqua…), mentre Ettore è aumentato di 3 etti (ma usando una pesa diversa).
Detta così sembriamo uguali a come siamo partiti… ma non lo siamo…
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Via Francigena 2010 Diario di Bordo di Re Leone/Ettore
Gennaio Quando l'assicuratore mi propose una polizza per la terza età capii che ero pronto per il Grande Viaggio. Consultai il mio vicino (impresario di pompe funebri) e avuta la certezza che, nel caso, mi avrebbe fatto uno sconto iniziai a riflettere. Non mi manca nulla pensai. Mentalmente cominciai ad elencare ciò che la vita mi aveva sinora offerto. Una bella famiglia, salute, ecc... Tutto molto soddisfacente. Potremmo aggiungere ancora una caterva di altre cose. E allora direte Voi? Sapete mi avevano accennato al tarlo della mezza età (terza età assicurativa). Dicevano che giunti a questa soglia si splafonava. Persone rispettabili si lasciavano alle spalle la normalità dell'esistenza per cercare chi isole nei mari del sud chi nuove esperienze nei luoghi e con le persone più strane. Ecco cosa è successo a me...
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Febbraio Sono i giorni della merla, freddi e soleggiati. Oggi ho rinunciato alla gita in Valsesia invidiando, poco cristianamente ma di cuore, gli amici. Da giorni le carte sono aperte sul tavolo. Sto cercando di capire se sarà possibile percorrere, in bici, un tratto della Via Francigena. Tecnicamente non è stato difficile trovare il percorso. Informazioni sul viaggio recuperate attraverso siti e, cosa più interessante, leggendo vari diari di viaggio. Da casa a Roma, quasi da pellegrino con gli amici. La compagnia che si formerà, spero, parrà un piccolo circo fatto di artisti dediti più che altro alla comica finale, altro che viandanti medievali! Ci stiamo ritagliando il nostro “sogno di mezza età”. Comunque andrà, almeno sulla carta, avremo viaggiato. Le tappe delineate non presentano difficoltà insormontabili ma stiamo riflettendo, sulla scorta di indicazioni attendibili, su come spalmare i circa 800 chilometri nel “tempo pedalata” che ci è concesso. Dobbiamo portare i nostri “soprasella” attraverso la penisola senza sfiancarci. Abituato alle lunghe traversate alpine, sarà una nuova esperienza. Mentre organizzo questo nuovo viaggio ho innanzi i ricordi dei precedenti: diari, scatti, piccoli momenti, che riportano persone e luoghi. Restano poi “quelle foto non fatte” che sono solo nella memoria e affiorano tornando sui luoghi, rileggendoli o rivedendoli in altro modo. Vecchine che giocano alle bocce fra i vicoli di un piccolo paese pirenaico, l'aratura e la semina delle patate con il cavallo di famiglia in Jugoslavia, la marea che sale nelle Highland scozzesi, i gestori di un 32
rifugio che mi ospita, solitario, in giorni di tormenta, la neve di Auschwitz. Questi e altri sono i sapori e gli odori dei viaggi. Incontri e dialoghi in lingue e gesti. Orizzonti sfumati di albe e tramonti. La vita è un fiume lento la barchetta di carta indugia indugia sull'acqua e sembra non muoversi. Alzi lo sguardo fra i pioppi, con le foglie tremule che vibrano di ricordi, lo abbassi e ritrovi l'imbarcazione ormai lontana. La mia scommessa sta a mezza via fra i bimbi del cortile e gli anziani della panca sul lato opposto. Vivere il viaggio di antichi pellegrini fra gli affanni del nostro tempo. Ricercarmi nel quotidiano di un viaggio possibile. Scandire il cammino nei giorni. Non mi pare poco, per ora un sogno in più nel cassetto. Marzo Sigerico, ordinato primate di Canterbury nel 990 a Roma, rientra in Inghilterra probabilmente ripercorrendo la via che l'aveva portato al soglio di Pietro. Nel suo diario trovo riportate le tappe del viaggio... Questo e altri documenti attestano la presenza di viaggiatori che percorrevano l'Italia nel medioevo. Le antiche, già per l'epoca, strade romane costituivano ancora gli assi portanti della viabilità pur cedendo alla mancanza di manutenzione periodica. Necessariamente i nuovi padroni del territorio, longobardi e bizantini, modificarono le strutture viarie piegandole alle nuove necessità politiche, economiche e di difesa. Nel percorso sono i Longobardi ad avere un ruolo fondamentale. Occorreva loro un passaggio sicuro che permettesse il collegamento fra i loro possedimenti padani e il meridione attraverso l'asse toscano. Il Montebardone, l'attuale 33
Cisa, era l'unico valico appenninico sotto il controllo longobardo. Città, abbazie e luoghi di ricovero furono potenziati e meglio difesi al fine di poter meglio supportare i traffici di questa nuova arteria di collegamento. Sfruttando il lavoro dei predecessori i Franchi la potenziarono ulteriormente e da loro la via prese definitivamente il nome. Nel tratto italiano la Via Francigena plana dai valichi alpini (Moncenisio, San Bernardo) alla pianura padana. Traversa il Grande Fiume (il Po) e punta gli Appennini. Li valica al Passo della Cisa (Montebardone) , raccoglie la variante di costa (Liguria) e scende verso Lucca puntando a Siena e infine Roma. Non è una traccia univoca. Nel suo svolgersi storico si annoverano molte varianti. Modifiche dovute a eventi quali lotte, epidemie o alla nascita di una abbazia che fungeva da punto tappa sicuro. ...ipotizzo di seguire in parte le varianti “in sinistra Elsa” e la Francigena di Filippo Augusto per tornare quindi sulla via di Sigerico. Aprile Il cassetto si apre lentamente e il sogno comincia a uscire evocato come il genio della lampada. A partire dai mezzi, ovvero dalle biciclette che useremo per pedalare verso la capitale. Armando sta lavorando da settimane al suo prototipo. Taglia, assembla in dima e salda alla fine il telaio “Made in Armando” è germogliato, opera delle mani e del genio dell'inventore. La bici ha preso forma assemblata con i migliori componenti. Bianca, come un anima pura, ha avuto il suo battesimo e il nome. In casa Benzio, a Casapinta, è nata “Francigena I”. 34
La zucca della favola si è trasformata in carrozza. Infatti Cenerentola è il “nome di battaglia” di Armando. Ciò è dovuto al fatto che a lui vanno, grazie alle innate doti sceniche e alle capacità recitative, le parti femminili in ogni recita natalizia. Bianco Fiat 131. Armando ha usato un barattolo di vecchia, ma ancora ottima vernice per auto, per verniciare il suo gioiello. Oggi sta usando la stesso colore per riverniciare il glorioso telaio “Bianchi” di Mauro. Ha rimesso a nuovo, in vista del gravoso impegno, la mtb front suspended del Mariuolo, il Nobile da Lessona. Araba fenice del biellese, rifatta completamente dal manubrio al cambio sull'antico telaio, è rinata come “Francigena II”. Il Pellegrino BearLu, Luciano, pedala sul mezzo più recente e performante Bianchi ammortizzata anteriormente. Nessun intervento di Armando su questa bicicletta, per ora troppo moderna per dover esser rifatta. Gianni, Marchese della prolunga, si dibatte fra la voglia di esser della partita e inderogabili impegni di famiglia. Intanto la bici c'è: una Specialized fresca di verniciatura e rimessa a nuovo che in passato è stata la sua prima bici da montagna e che oggi svolge egregiamente il nuovo ruolo di stradista. Ultima, ma prima nel cuore, la mia bicicletta. La bici di Re Leone, Ettore non aspettava altro che un lungo viaggio. La “Rossa”, inossidabile regalo di fidanzamento, compagna di mille scorrerie e di giornalieri trasferimenti di lavoro. Per questo viaggio la quasi ventenne Rock Hopper Specialized aggiungerà, lei pure, alla sua carena il titolo “Francigena”. Tutte attrezzate con ruote da 26 pollici a battistrada largo ma scorrevole. Bardate con borse di adeguata capacità viaggeranno da “pellegrine” con noi. 35
In un tramonto che finisce nel mare di Varigotti inizia la preparazione dedicata a questo viaggio. Non siamo digiuni di chilometri. Vogliamo però arrivare alla partenza con la coscienza a posto, quindi... Varigotti 01-02 Aprile 2010 Varigotti ci accoglie con un cielo grigio e ventoso. Siamo passati velocemente dalla stazione di Finale per i biglietti del giorno successivo e ora ci sistemiamo per la notte. Cena sobria da Gnabbri, consigliabile tappa gastronomica in quel di Finale, e... tutti a nanna. Sanremo – Varigotti Il piano è deciso: muoveremo all'alba. “Francigena” deve affrontare il primo serio collaudo con borse. La nuova bici completamente autocostruita da Armando è nata, appunto, per il viaggio sulle orme di Sigerico. Breve pedalata sino alla stazione e colazione. Chiedo al bigliettaio dove sia il vagone apposito per le bici: “Di solito è in testa, ma voi aspettate a metà convoglio e, nel caso, avrete il tempo di spostarvi”. Tipica ambiguità delle FFSS! Ci appostiamo e attendiamo l'arrivo del treno quasi fossimo i banditi del film “Un treno per Yuma”. Dobbiamo correre verso la fine del convoglio. La carrozza era in coda! Fortunatamente almeno la porta funziona. Con le nostre compagne saliamo e ci sistemiamo. 36
Partiti. Il tempo plumbeo ci regala gocce di pioggia e qualche lampo. Mauro gufa e minaccia defezioni portando a nostra conoscenza una serie di controindicazioni mediche che vanno dalla spalla bloccata (stazione di Albenga), ai muscoli freddi (stazione di Alassio) per finire al soprasella dolorante mentre transitiamo nei pressi di Imperia. Rimaniamo insensibili ai lamenti e controbattiamo con l'ottimismo di chi ha letto le previsioni del tempo. La pioggia aumenta di intensità pari alle geremiadi ottiniane secondo cui avremmo dovuto restare a letto e, eventualmente, usufruire del treno successivo. La linea passa proprio in riva al mare ed è uno spettacolo vedere le onde frangersi proprio a fianco dei vagoni. In futuro anche questo tratto sarà dismesso per lasciare il passo ad una pista ciclabile sicuramente spettacolare. Il nostro viaggio sino a Sanremo ha come obiettivo di passaggio proprio percorrere il primo tratto di questa ciclabile. Lentamente il cielo lascia trasparire tratti di azzurro. Da ovest il sereno avanza. Il sole lambisce le onde in modo sempre più convincente. Stazione di Sanremo. Scendiamo nella nuova e sotterranea fermata della città dei fiori. Un lunghissimo corridoio con tapis roulant e non resistiamo alla tentazione di salire in bici. La pattuglia di polizia si materializza in groppa ad una macchinetta elettrica stile campo da golf e ci redarguisce. Mentre siamo in sosta idraulica poco prima dell'uscita il poliziotto ci avvicina nuovamente. Saputa la meta di giornata ed il motivo dell'allenamento, cercare di raggiungere Roma dal Piemonte, si complimenta e ci indica come raggiungere la pista ciclabile. Compiamo una breve digressione per visitare la chiesa ortodossa . Riusciamo solamente a sbirciare l'interno poiché si sta celebrando il 37
Giovedì Santo. Ci resta l'immagine del pope che sta incensando alcune icone. Lasciamo il sacro per il profano. Fatti pochi metri saliamo la scalinata del Casinò per una foto sul tappeto rosso. L'asfalto luccica sotto il sole della riviera. Di fronte alla vecchia stazione inizia il nostro percorso lungo la ciclabile. Non siamo soli, in breve ci rendiamo conto di quanto una pista protetta possa essere importante. Nel tratto cittadino, sulla corsia dedicata, molti passeggiano o corrono con lo sguardo verso il mare. Siamo affiancati da famiglie ed incrociamo più persone: turisti con le loro bici in affitto. Alcune brevi gallerie rendono ancora più suggestivo il percorso. All'uscita di una di esse soccorriamo una ciclista in difficoltà. E' solo un salto di catena fortunatamente ed in breve riprendiamo il nostro tragitto. Tratti di scogliera abbelliti da fioriture mediterranee si alternano a stazioni che devono ancora essere recuperate. Una lunga galleria illuminata ci porta al termine di questo tratto. Purtroppo a San Lorenzo al Mare tutto finisce, per ora. Si torna nel traffico dell'Aurelia. Con i classici saliscendi liguri arriviamo ad Imperia. La strada ci porta al bacino portuale di Oneglia. Vecchi binari annegati nell'asfalto ci guidano sino al fronte del porto. L'ampia spianata che accoglieva le merci è diventata luogo di ritrovo. Dondolano lentamente ormeggiati alla banchina alcuni pescherecci. Una lapide ricorda i navigli “General Gassouin” francese, “Artiglio II” e “A. Papa”, italiani, “Sparta”e “F461 C” germanici, “Dawn” inglese. Immagino le navi semisommerse nello scalo, minato dai tedeschi in fuga.
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Tutte cose, queste, che obbligarono i portuali ad un duro e rischioso lavoro di ripristino. Oggi locali e turisti si muovono fra il mare e i caffè sorti nelle vecchie case del porto. Qualcuno degli avventori di questi locali, pipa in bocca e bicchiere di bianco sul tavolo, si sarà immerso ieri fra quei relitti? Le campane della vicina chiesa battono dodici tocchi. Mezzogiorno. Ci concediamo focaccia e sosta. Lasciamo il mare per affrontare uno dei capi che caratterizzano questo tratto di costa. Capo Berta: si sale velocemente e altrettanto in fretta si scende. Passiamo Cervo, di cui scorgiamo la chiesa principale, arroccata in alto, troppo in alto per noi. Altri capi si susseguono. Dall'alto di questi promontori si scorge il nostro punto d'arrivo, il borgo colorato di Varigotti. Ancora piÚ in in lontananza riconosciamo il profilo delle Cinque Terre. Sostiamo in alto sotto alle grandi lettere appese alla parete che recitano: ALASSIO. In basso il porto e di fianco a noi, per nulla infastiditi, i gabbiani danno prova della loro bravura in volo. La Gallinara, isola solitaria e antico ritiro di San Martino, ci si affianca mentre ci avviciniamo ad Albenga. Sosta nel piacevole centro storico per un ristoro. Romanico e gotico si sovrappongono fra le strette vie chiuse da una antica cinta muraria. Fervono i preparativi per la Pasqua, la chiesa locale annuncia il Triduo e nel frattempo di fronte all'edificio di culto sta sorgendo un giardino fiorito con tanto di colonne romane. Il cielo si copre, aumenta il vento e le nuvole si accalcano.
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Mentre riprendiamo la strada cadono le prime gocce. Affrontiamo il temporale cercando di anticiparlo. Siamo fortunati e la poca pioggia non ci infastidisce troppo. Superiamo una lunga coda di auto. Un incidente a Borghetto. Possiamo sfilare senza inconvenienti mentre la polizia fa i rilievi e si rimuovono i mezzi coinvolti. Torna il sole e in breve siamo a Finale. Sosta sul mare. Il clima mite e la felice esposizione delle panchine invogliano al giusto riposo. Varigotti dista ormai pochi chilometri. In compagnia di allegri pensionati che si godono il tepore della riviera ci rilassiamo facendo il punto della giornata: abbiamo percorso circa 95 chilometri, la media non supera i venti (19,4). Consultiamo ancora gli strumenti e l'oracolo del ciclista ci educe sul dispendio calorico procapite. Gli occhi si illuminano mentre, affacciati sul mare, riflettiamo su altrettanti misteri e bellezze della vita. Le ombre lunghe della sera sfiorano il mare mentre saliamo i gradoni che portano alla torre di avvistamento sopra Varigotti. A Punta Crena si domina la costa. Verso il Malpasso e Noli il mare è profondo e le ripide pareti di roccia scompaiono nel blu intenso. La mareggiata sta terminando e le onde si placano poco a poco. Il vento profuma di sale e rosmarino. Ci affacciamo sul vuoto come bambini, attratti e insieme spaventati dal vuoto, per scorgere la spiaggia sottostante. Fra noi e il mare ali di sule e gabbiani. Una breve arrampicata senza rischi e si chiude questa bella giornata. GiovedÏ Santo, cena del Signore. Dopo la funzione ritrovo, per noi abbonati al peccato di gola, nella Trattoria Gnabbri.
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Varigotti – Colle Scravaion – Varigotti Il piccolo cellulare-faro lampeggia nella penombra. Manca poco alla sveglia e alle inevitabili lamentele di Mauro. Armando per una vita si è svegliato alle 4 del mattino e non fatica a farlo alle 6.30. Chi scrive si alza più facilmente specie se il programma è quello odierno. Cercheremo si simulare la parte, che supponiamo più impegnativa, del viaggio verso Roma sulle tracce della Via Francigena: la salita verso il Monte Bardone l'odierno Passo della Cisa. Siamo in discreta forma dopo la fatica di ieri. Muniti di focaccia dell'Enrica partiamo verso Loano. Sfruttando il traino di un collega ciclista meno carico sfiliamo velocemente sulla litoranea. Un passaggio a Toirano centro ci permette di rifiatare e di rifornirci di banane. Affrontiamo con saggezza la salita verso Balestrino e i suoi bei paesaggi. Ben coperti scendiamo a Vercesio e in breve al bivio di Castelvecchio. Saliamo, senza molta fatica, il falso (poco falso, molto falso, falsissimo?) piano sino al Colle Scravaion in un paesaggio che muta sino a divenire alpestre. Sosta breve a Giro di Loano dove la strada compie un ampio tornante e a valle si apre un intaglio che ci lega al mare con lo sguardo. Siamo a 814 msl e a una scelta. Scollinando verso Bardineto scenderemmo nell'entroterra e dovremo affrontare il Colle del Melogno per rientrare sulla costa. L'aria è pungente e le nuvole si addensano. Preferiamo quindi rientrare verso Albenga. La strada si svolge con ripetuti tornanti.
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Pare di pedalare sul dorso di un antico serpente colto a prendere il sole sul ripido versante e tramutato da un incantesimo di streghe in pietre e asfalto. I tornanti a monte sono stati ricavati nella roccia, con sapienti lavori da dinamitardo, spaccando l'antica pietra. Altrettanti tourniché, a picco sulla valle sono nati con il riporto del materiale. Sosta in discesa a Zuccarello, antico paese medioevale ben ristrutturato. La strada principale del borgo è percorsa da una doppia fila di portici, a probabile testimonianza della necessità di spazi aperti e protetti per il commercio. Veleggiando nel blu ci osservano dall'alto alcuni rapaci. Con volo veloce, silenziosamente invidiati dagli uomini di terra, scompaiono dietro i ruderi del castello che domina la valle e l'abitato. Dai manifesti elettorali apprendiamo le spese effettuate dalla giunta uscente e le contestazioni dell'opposizione. Un gatto nero si lecca beato al sole e ci osserva con fare indolente: che sia la strega del potente sortilegio stradale? Riprendiamo la discesa prima che ci trasformi in rospi. Sosta per foratura, ogni tanto capita anche a noi, e allora da buoni filosofi: una pezza e via. Tagliamo verso Campochiesa per rientrare sulla trafficata Aurelia a Ceriale. Ricalcando i passi di ieri in breve facciamo sosta alle “solite” panchine. Abbiamo pedalato facendo un anello simile al percorso del filo che deve infilare un ago. La sarta prende il filo-ciclista lo alza sino a vederlo da vicino e poi lo passa velocemente nella cruna-strada. Siamo andati oltre per ritornare. Cosa che succederà anche nel viaggio verso Roma. Come in questi due giorni torneremo migliori. Più stanchi ma rilassati. 42
Il diario di giornata si ferma a 92 chilometri con contestazioni sul dislivello. Io sono per la versione meno di mille, mentre leggo negli sguardi di Armando e Mauro una diversa interpretazione dei dati altimetrici. Passa la proposta di un acquisto che ci metta definitivamente al riparo da queste filosofiche diatribe. Lo strumento verrà montato sulla “Francigena” di Armando che diventerà inevitabilmente il nostro Metro Campione. Tratteremo più avanti chi debba diventare il Campione Metro. Certamente tutti siamo consapevoli che la tappa odierna è stata più dispendiosa e faticosa della precedente. Ci proponiamo altri allenamenti simili, in quanto solo dopo due tre giorni di tragitto consecutivi si potrà determinare la vera preparazione in vista di un viaggio di circa 800 chilometri. Siamo soddisfatti. Doccia, birra e rientro a casa. Alla prossima.
Ultime notizie... (Un antico manoscritto ritrovato, anni or sono, da alcuni pensionati sulla rena di una amena spiaggia ligure dopo una mareggiata viene per la prima volta tradotto in italiano volgare e pubblicato. Si notano similitudini, certamente casuali, con vicende recenti. Non risultano iscritti all'anagrafe dell'ameno paese biellese appartenenti a detta stirpe. Le indagini storiche proseguiranno...)
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Versi sparsi di un poema epico (autore ignoto)
Mariuolo da Lessona Lui stesso: “Mi alzo e poi mi accorgo con stupore che il tempo non sorride, anzi piove! Dirvi devo, a malincuore, che fatico a sollevar anche un fuscello ho torto collo e spalla fissa! Or mi blocca il calcare rinsaldato dall'età sia nell'arto che nel cuore! Feci voto alla Madonna: Di guarirmi la pregai! ma intanto fui portato dagli amici sino al mar. Con la pioggia ed un bicchier già guarito, mi vedevo che sollievo! le onde lunghe a rimirar. Non c'è spazio per le rime già si corre verso il treno. Son seduto con l'Armando ma lo sguardo resta spento: “Troppo presto mi svegliai!” Accidenti, che castigo siam già giunti alla stazione 44
or mi tocca pedalar per tornare alla magione” Gli amici in coro: A Sanremo il ciel si aprì agli intrepidi ciclisti che anche il pope benedì. Con il sole in volto vanno or facendo ampie curve or mirando il Grande Mar di fatica manco un cenno. La Francigena è accanto senza posa vuole andar per condurre il prode Armando sino in cima al promontorio dove Mauro sta già a mirar di Alassio il grande scoglio con la posa di Alessandro condottiero e general! Roma attende il fiero figlio! Ei lontano porta il viso e il guardo sino ai colli della nostra capital! Già vediamo faticare il Mariuolo da Lessona, senza pause e senza camper, fino al Tevere in persona.
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Questi versi e rime sparse sian soltanto e indegnamente un omaggio ai naviganti che con arte e cinti fianchi sin son spinti sino al mar.
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Via Francigena 2010 Maggio “Devi venire a ritirare le credenziali prima della fine del mese” mi dice Bruno Bosio. La telefonata per gli accordi si è conclusa con l'appuntamento. Arrivato a Prato Sesia non ho difficoltà a riconoscerlo. Mi si presenta imponente e mite con la lunga barba bianca, mani che tradiscono l'abitudine ai lavori nei campi o nei boschi. Stringo la mano al sorridente ospitalero. Accompagnandomi verso casa mi racconta delle sue esperienze di pellegrino. Mentre compila le credenziali posso osservare la stanza. Le pareti completamente ricoperte da foto ricordo, cimeli, attestati legati a questo o a quel cammino. Sul tavolo un libro fotografico del Camino de Santiago. “Se qualcuno dovesse aggiungersi alla lista dei pellegrini dove posso richiedere altre eventuali credenziali?” chiedo. “Ora si tende a non richiederle più per posta. In Piemonte puoi provare a Torino o a Cuneo ma è ancor più lontano. Qui vicino, però, potresti...conosci Don Gianni del Piazzo?” Così, per i casi della vita, il sacerdote che aveva per anni retto la parrocchia di Mosso, il paese in cui abito, riappare. Problema risolto inoltre avrei volentieri rivisto il Don. Offrendomi consigli di viaggio sottolinea le differenze sostanziali fra il pellegrino e il semplice frequentatore della via. Rispetto per l'ospitalità che viene offerta, molto spesso, gratuita con la richiesta di un semplice donativo. Consapevolezza che chi si occupa di tutto questo è quasi sempre un volontario. Adattamento alle situazioni e, tecnicamente fondamentale, la necessità di prenotare per tempo. 47
Raccontandomi le sue esperienze di volontario nell'accoglienza si dispiace che nelle nostre tappe non sia previsto il pernottamento ad Altopascio. L'ostello, gestito dalla Confraternita del cammino, e il luogo valgono la sosta. Da secoli all'imbrunire rintocca “La Smarrita” la campana che ha il compito di guidare i pellegrini verso l'ospitale e, tempo addietro, la salvezza prima della notte. “ad limina Sancti Petri” con questa frase suggella i nostri lasciapassare. Mi congeda con un sorriso e un “Buon Cammino!”. Nel modulo da compilare per richiedere la credenziale è specificato il mezzo con il quale si vuol raggiungere la meta desiderata. La scelta possibile è fra i piedi, la bicicletta e il cavallo. La Credenziale del pellegrino riporta nella prima di copertina il simbolo del cammino di San Giacomo. Voltandola, nella quarta di copertina, una citazione dal Salmo 20 recita; “Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto” Il tuo volto, Signore, io cerco; non nascondermi il tuo volto”. Il primo volto del cammino, Bruno, è presente e già lontano. Buon Cammino anche a lui. La Confraternita rilascia le credenziali a coloro che lo richiedono in spirito di fede e si impegnano a rispettarne il contenuto e il senso. Niente si deve per avere il documento ma, ovviamente, chi vuole può lasciare un contributo. Aprendola appaiono una serie di pagine che serviranno ad ospitare i vari timbri che faranno da sigillo e testimone al tragitto che si percorrerà. I luoghi in cui il viandante potrà trovare i singoli “sigilla” saranno luoghi di culto quindi parrocchie, santuari ed anche sedi comunali specie nei tratti più organizzati della via. Al retro una descrizione del rituale della vestizione del peregrino con le preghiere che venivano recitate alla consegna della bisaccia e del bordone. 48
Seguono alcune note e le cartine con le tappe canoniche dei cammini francigeni e di Santiago. Sarà il nostro lasciapassare e all'arrivo, con i vari “sigilla” apposti ci permetterà di ritirare, se vorremo, la pergamena che attesterà l'avvenuto compimento del viaggio.
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Via Francigena 2010 Giugno E' arrivata l'estate. Sembrava cosĂŹ lontana solo pochi giorni or sono. Il percorso ha preso forma definitiva. Dopo alcune verifiche siamo all'approvazione finale. Lunghezza delle tappe, altimetria, posti tappa sono stati vagliati dal gruppo. E approvati. Ho fotocopiato la cartografia al 200.000 del TCI. L'ho stesa sul pavimento e sono quasi tre metri d'Italia. Ci siamo. Con le rondini che riempiono di gioia il cielo ci stiamo avvicinando alla nostra “ora zeroâ€?. Mico, azienda che produce capi tecnici di abbigliamento sportivo, ci ha fornito un set da testare durante il viaggio. FreeBike di Vigliano Biellese, rivenditore di biciclette e amico di Armando, ci ha gentilmente omaggiato dei pantaloni da ciclismo. Quindi, vestiti di tutto punto, abbiamo controllato in modo definitivo i mezzi con le ultime uscite di allenamento. Pare funzionare tutto, ciclisti e biciclette. Il nostro sogno esce dal cassetto. Il viaggio comincia.
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Via Francigena 2010 da Aosta al Colle G.S.Bernardo e rientro 1 Luglio 2010 “Come si fa a competere con una bici che si chiama Steppenwolf...� Max Mauro, La bici sopra Berlino, Edicicloeditore Nuovi Amici Fidati scudieri saranno al nostro fianco di polvere e asfalto avranno le zampe nere nel sole non smetteranno di sorridere Ore 16, Rientro, Aosta
Hamed ha le mani grandi e un viso triste. Sorride ricambiando il mio saluto. Sono magrebini gli operai che incontriamo salendo in mezzo alla polvere. In queste settimane la loro casa è una costa verde che si alza ripida, cosparsa di macchie bianche e azzurre.
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È una montagna; come l'Atlante, questa onda di pietra si quieta solo a contatto del cielo lanciando nell'azzurro le spume dei cirri che corrono verso est. La mongolfiera, bianca e azzurra è scomparsa. All'orizzonte, verso valle, rimangono le sagome azzurrine di altri colli e altre vette. Sopra, cullate dalle termiche, restano le grandi ali aperte dell'aquila. Apparentemente immobile freme con le remiganti nell'elemento più inaccessibile all'uomo. In basso il serpente di cemento e asfalto si fa inghiottire dal ventre della montagna. Poco traffico sulla vecchia strada per il Colle. Salgono, scandendo ritmi diversi, molti cicloturisti. La mitezza della salita si deve all'intelligente applicazione di formule apparentemente sterili. Le grandi, storiche, vie di comunicazione delle Alpi, progettate per essere accessibili a carri e cavalli (forse, anche agli elefanti) sono amiche del ciclista. Stiamo pedalando verso il millenario ospizio per onorare un appuntamento preso da tempo: ci aspetta il piccolo pellegrino giallo che indica la Via Francigena. Fra pochi giorni, a Dio piacendo, partiremo da casa verso la città di Roma. Questa “anteprima” era dovuta. Pian dei Morti evoca tragedie e salvamenti a opera dei noti cani. Oggi la giornata mite, il sole e la buona visibilità rendono più difficile immaginare i drammi che si svolsero sui tornanti del sentiero appena sotto di noi. Ben altro impegno e ben altra durezza riservava questa ascesa agli antichi viandanti. Il nostro ritmo blando permette di scambiare parole e idee.
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Un abbronzatissimo “bergfuhrer“ tedesco ci dice che lui e il suo gruppo stanno compiendo una “haute – route” in mtb. Oggi dal colle cavalcheranno su sentieri, in parte innevati, verso Chaimonix. Vengono su, zaino in spalla, da Aosta. Chapeau! L'aria ancora invernale dell'ultima galleria ci fa rabbrividire. Il nostro gruppo si ricompone al Colle. Oltre il laghetto la rassicurante e massiccia sagoma dell'ospizio oggi si specchia nell'acqua cristallina. Ci sono molti cani sul Passo, non resistiamo al loro fascino e ognuno cerca il proprio beniamino. Venuta meno la necessità dei monaci di allevarli per i soccorsi i sanbernardo rischiavano di scomparire dal colle. Da alcuni anni la Fondazione Barry mantiene, con un'adeguata sistemazione, la presenza dei miti e affascinati quadrupedi. Alcuni di loro, per la felicità dei molti bambini, sono guidati da volontari lungo i sentieri nei pressi del valico. Transita il colorato bus del San Bernardo Express mentre saliamo l'antica scala dell'ospizio. Affidandoci alla robusta corda di canapa che fa da mancorrente, entriamo nel silenzio dell'edificio. Veniamo accolti dalla sorridente presenza di una suora. In fondo al corridoio che conduce alle camere vi è la cappella. Note gregoriane favoriscono la preghiera rammentandoci la sacralità delle mura che ci ospitano. Un giovane volontario imprime il timbro sulla credenziale e, gentilmente, anche sulla cartolina. Della frontiera resta il ricordo nei cippi e nella sbarra, sempre alzata: nessuno ci ferma né all'andata né al ritorno. La grande stele che sorregge la statua di San Bernardo sfila alla nostra destra. Il santo, protettore di alpinisti e sciatori, svetta sulla cerchia dei monti. Ai suoi piedi ammiriamo un candido lenzuolo di neve.
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Lasciamo i 2473 metri della sommità scendendo verso l'afa di Aosta. L'imponenza dei resti testimonia quale importanza avesse, sin dal tempo dei romani, il crocevia di “Augusta Pretoria”. A rendere vive le pietre gruppi di suonatori. Le ghironde accompagnano coppie di ballerini in costume. Gruppi di arpe e cornamuse, raccolti nelle felici casse acustiche dei cortili, spandono musiche occitane. Le curve secche di questa antica città ci mettono in fila. In silenzio, ognuno di noi pensa all'aria rovente che ci attende. Non saremo soli. Nel grande mare verde della pianura ci faranno compagnia i nostri nuovi amici. Da oggi ballonzolano, felici con noi, quattro cani sanbernardo. Difendendoci contro i “Lupi della Steppa” motorizzati a due, quattro e più ruote ci accompagneranno fino a Roma. Per loro niente bistecche. Sono di peluche, naturalmente!
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Via Francigena 2010 da Mosso (BI) a Santa Cristina (PV) 9 Luglio 2010
“Possa la strada venirti incontro, possa il vento essere sempre alle tue spalle, possa il sole brillare caldo sul tuo viso e la pioggia cadere soffice sui tuoi campi, possa il Signore tenerti sul palmo della Sua mano ora e per sempre.” Preghiera tradizionale irlandese
L'alba ti coglie in mezzo al sonno, sasso nello stagno dei sogni persi. Luce, bianca di cammini immaginati nell'inverno, che sa quando è l'ora. Ore 5,30 Partenza, Mosso. Primi bagliori che strisciano sui prati di casa. Della notte restano poche parole, le appunto sulla porta. Ancor più dei saluti serali è questo il momento dello strappo. Partenza è chiudere una porta, l'attimo consueto di inquietudine. La strada mi prende ricordandomi una preghiera d'Irlanda. 55
Il viaggio è iniziato. Pochi chilometri solitari, quanto basta per riflettere e svegliarsi, poi gli amici. Si forma il gruppo e si va. Il trenino azzurro scompare in lontananza mentre mi fermo a fotografare le ombre lunghe dei pioppi che carezzano un riso ancora verde. Mi viene a mente un libro letto tempo fa. Il capitano Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo, l'autore, racconta e disegna magistralmente le avventure della Pattuglia Astrale impegnata in pericolose ricognizioni nell'Eritrea del '36. Badate bene, non sono le gesta belliche a guidare la lettura. La grande capacità , umana e letterale, di Dominioni porta il lettore in un viaggio alla scoperta di persone e luoghi. Inevitabilmente tra le pagine si legge anche del dramma del conflitto che porterà il conte P.C.Dominioni, signore di Sillavengo, a vivere ore drammatiche. Esperienze che sfoceranno per il guastatore e uomo della resistenza nella costruzione, a guerra terminata, di Quota 33: il sacrario italiano a El Alamein1. Giochi di luce a bordo strada a specchio nelle risaie, i ciclisti raddoppiano diventando dieci. Bianchi punti esclamativi puntati nel verde, gli aironi si trasformano in volo. Giusta metafora delle vicende coppiane sfiorano apparentemente lenti, ma imprendibili, le vecchie cascine. 1 P.C.Dominioni, AMHARA Cronache della pattuglia Astrale, Ed. Libreria Militare Milano P.C.Dominioni, Alpino alla macchia, Ed. Libreria Militare Milano
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Occorre trovare il tempo: questo ci rammentano i canti lievi del mattutino in cattedrale a Vercelli. Lasciamo il chiostro. Fuori le spesse mura di Sant'Andrea la strada accoglie i primi passanti e i radi studenti che varcano le porte di un università semideserta e famigliare. Una delle voci oranti, svestita la tunica bianca, inforca la bicicletta diretta a chissà quali impegni. La imitiamo. Ancora non lo sappiamo ma presto anche noi lasceremo le vesti consuete del ciclista e prenderemo ritmi, tempi e stupori del pellegrino “ad limina Petri”. Grande zaino, e grandissimo rispetto, per il pellegrino canadese che sfila lento sulla Sesia. Affrontare a piedi la pianura assolata è impresa quasi disperata o, of course, da pellegrini... Proviamo a esser nel tempo e ad apprezzare le piccole cose: le rade ombre a bordo risaia, una sosta al bar popolato di sole donne, la corsa in sottopasso sorridendo della voce metallica che ci rimprovera dal megafono. L'umidità e il caldo aggrediscono il giorno ormai fatto. Vercelli, Magenta, Pavia: nei lunghi rettifili la pattuglia fila con cambi regolari cercando di resistere a questo primo impatto padano. Il Ticino ci rammenta che il Grande Fiume è vicino. La sua sarà storia di domani, Gianni non la vivrà, purtroppo dovrà lasciare il comando. Tornerà, lungo navigli, a casa: scherza con noi ma il suo occhio è già triste. Oggi, comunque, è lui a guidarci fra i Santi delle chiese pavesi e la ricerca, non facile, di una sosta all'altezza della nostra fame. 57
Nel pomeriggio afoso la piacevole scoperta degli affreschi in quel di San Giacomo della Cerreta e la prima, rudimentale, indicazione della Meta. Vergata con la biacca, quasi un W Coppi d'epoca, troviamo su un muretto una freccia e un nome in stampatello maiuscolo: ROMA. Veramente andiamo fin li anche noi? A Santa Cristina siamo circondati da gente ospitale. Non ci conosce, ci ha appena visti e già ci trova le chiavi (il parroco non c'è: è ammalato), ci indica dove cenare e ci aspetta per un alcolico dopocena. Notte rovente per la Pattuglia Astrale, punteggiata da assalti di zanzare. Il materasso diventa rapidamente un forno. Io dormo comunque: nel sogno il mio è ad acqua con i cubetti di ghiaccio!
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Via Francigena 2010 da Santa Cristina (PV) a Fornovo (PR) 10 Luglio 2010 “L'uomo in bicicletta può andare per o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell'energia: per portare un grammo del proprio peso per un chilometro di strada piana brucia soltanto 0,15 calorie. La bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l'energia metabolica dell'uomo all'impedenza della locomozione. Munito di questo strumento, l'uomo supera non solo qualunque macchina, ma anche tutti gli altri animali.” Ivan Illich, Elogio della bicicletta, Bollati Boringhieri
Pianura, geometrico concetto assolato principio infinita corsa da dividere fra riso e mais punto verde da moltiplicare misurando la tua velocità. Ore 6,30 Partenza, Santa Cristina.
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Si scrive arrivederci, si legge rammarico. Il capomanipolo Gianni ha lasciato la Pattuglia Astrale fra croissant e rimpianti. Santa Cristina e Bissone sono fusi fra nebbie di calore mentre campi di mais ci fanno planare, ancora nel dormiveglia, verso l'acqua. Un contadino pedala lento sull'argine, si ferma di tanto in tanto, accarezza i pioppi con lo sguardo e se ne va. Nei campi vicino al Grande Fiume si alza una nebbia estiva a rammentarci che anche oggi faremo i conti con il caldo. Scorre immenso il Po, scivola sotto il ponte e le nostre ruote. Mi fermo un attimo e cerco, invano, di carpirne lo spirito nello scatto veloce di un' occhio elettronico. A cavallo fra Lombardia ed Emilia aumenta il traffico e occorre lucidità nell'affrontare le insidie delle grandi rotonde padane e il traffico indisciplinato che ruota loro accanto. Sabato di mercato a Piacenza. Lasciamo passanti incuriositi e suonatori nelle piazze affollate della città. La truppa pellegrina prende le misure al viaggio dosando soste e banane. Cambi regolari sfoltiscono i chilometri mattutini, il sole ha già amalgamato i pedalatori. In meno di quarantotto ore siamo diventati altro: forse quello che sognavamo di essere nelle letture d'infanzia. Il tributo di sangue della notte, quasi un patto indiano alla Tex Willer, ci ha trasformati. Jack London, Giulio Verne, Emilio Salgari hanno fatto uscire dai libri i loro personaggi. I colori fra cui abbiamo dormito hanno dipinto di realtà i nostri sogni: eccetto quelli di Mauro che dice di non aver chiuso occhio. Speriamo che recuperi sonno e tranquillità intestinale, altrimenti sarà dura per lui. Chiaravalle della Colomba è un gioiello nel granturco. 60
I cistercensi lo hanno incastonato nel verde brillante di questa pianura infinita. Nel chiostro austero monaci dal passo leggero lasciano silenziosi il refettorio; poco dopo, dalla cappella, i loro canti salutano il pomeriggio che avanza segnando l'ora media. Un fotografo giapponese scatta a raffica: la pattuglia Astrale catalizza l'attenzione mentre lasciamo l'abbazia. In breve, con poco traffico, raggiungiamo Alseno e, nuovamente ci ricongiungiamo con la Via Emilia: prossima sosta, e visita, a Fidenza. Giusto il tempo di osservare San Simone che indica la via di Roma e le porte del Duomo si aprono. Fresco e austero ci accoglie offrendoci respiro e riflessione. Le spoglie di San Donnino, martire della Legione Tebea, riposano nella cripta. Siamo viandanti e, con il timbro sulla nostre credenziali, ci viene offerto un liquido sostentamento per il nostro viaggio. Sarà sempre più coinvolgente l'incontro con le persone sul nostro percorso: pronte a rivaleggiare nell'accoglienza le ricordiamo tutte; ringraziando sin d'ora coloro che con noi hanno vissuti attimi infiniti di questo ancora lungo cammino. La stanza in cui sostiamo guarda, dall'alto, le vestigia del santo. Il fascismo ha rubato a Fidenza l'antico nome, non il fascino quello resta: eterno. Cicale assordanti e prime onde di Appennino nel caldo pomeridiano. Pontenure chiude la nostra fatica quotidiana con un ultimo strappo verso l'ostello e l' ospitalità delle suore. Il gruppo delle religiose è raccolto in giardino, nella brezza fresca della collina. Ci offrono grandi sorrisi e una eccellente sistemazione. Recuperiamo cena in un anonimo, ma provvidenziale bar. La buona sorte ci accompagnerà anche nel seguito del percorso? Questo lo saprete solo leggendo il restante del Diario di Bordo.
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Eh giĂ accidenti, dimenticavo: il bollettino medico sulle funzioni intestinali di Mauro/Mariuolo da Lessona, unico nobile del gruppo, sarĂ diramato a cura di Armando/Cenerentola in tarda serata. Al secondo giorno occorre, e mi scuso del ritardo con il lettore, precisare chi sia lo scrivente: Ettore/Re Leone, addetto alla cartografia. Con Luciano/Orso BearLu condividiamo le scritture dei Diari di Bordo, consapevoli che due punti di vista son meglio: quindi sarĂ doppia lettura e (speriamo) piacere.
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Via Francigena 2010 da Fornovo (PR) a Sarzana (SP) 11 Luglio 2010 “Riprendo a salire e ne avrò per un pezzo perché debbo guadagnare 600 metri del dislivello perduto. Ma che importa! Troppo, troppo meravigliosa è la natura qui, perché possa sentire le fatiche delle sue asprezze.” Luigi Vittorio Bertarelli, Insoliti viaggi, Touring Editore Trascinando il passo sporge il viso: è triste la nonna di Ghiare. Corre la sua mente ai ricordi mentre brama parole e ascolti Un monito, per noi, a cui dona acqua e memorie. Ore 8,30, Salita della Cisa, Ghiare di Berceto Mentre detto le frasi che ho trascritto alla mia “Signorina”, il piccolo registratore che mi permette di fissare gli spunti del percorso, sto salendo le prime ripide rampe che ci porteranno a valicare l'Appennino. La nonna che ci ha gentilmente fatto riempire le borracce resterà a lungo nei nostri pensieri: adempiremo volentieri alla promessa di inviarle una cartolina dalla capitale.
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Le gole che stiamo attraversando sono, in questo punto, nel loro originario splendore. Più in basso, e, lo scopriremo presto, anche a monte l'autostrada non ha risparmiato la valle segnandola con il tratto deciso dell'asfalto e le sue quattro corsie. Ci ritagliamo comunque una fetta di verde appennino da pedalare con tranquillità apprezzando il respiro del bosco; ricaricandoci per sopportare il traffico quando sarà necessario. Il cielo di questo fine settimana si sta tingendo di azzurro. Siamo usciti dalla cappa di calore umido che ci ha avvolto nei giorni scorsi. La salita verso Berceto ci è amica: lasciato il verde mare padano, navighiamo l'onda appenninica in condizioni meteo favorevoli. Si sono create piacevoli sensazioni, fondamentali per la nostra peregrinazione ciclistica. L'abitudine ai cambi con i giusti tempi condivisi, si somma al piacere di una buona notte di riposo, forse non condiviso da tutti. I gesti sono diventati sempre più naturali: disfare i bagagli, aprire la farmacia, fare il bucato e poi, rapidi nel mattino, ricomporre le borse in pochi minuti. La Pattuglia Astrale viaggia conoscendosi sempre meglio. È domenica, la piazza ospita un affollato mercatino. Di fronte al Duomo artigiani, in abiti d'epoca, costruiscono cesti di vimini e “lanterne della Lunigiana”. Berceto ci accoglie nella migliore delle vesti. L'interno della chiesa, che ospita le spoglie di San Moderanno, è di pietra. Severa, favorisce la meditazione, pur restando un accogliente rifugio. Doveva essere, per l'antico pellegrino, la giusta sosta in mezzo alla difficoltà dell'ascesa verso la cima del Monte Bardone.
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Involontariamente diventiamo un punto di attrazione per i numerosi turisti; fioccano domande sul percorso effettuato e quello da compiere. Sulle nostre biciclette spicca, nero su bianco, la scritta inconfondibile: Francigena. Rilanciamo verso Armando alcune frasi lasciando intuire la realtà: “Francigena I” è un prodotto dell'estro e della capacità dell'inventore di Casapinta. Totalmente costruita da lui, telaio compreso. È stata assemblata con i migliori pezzi che il mercato offre. Si muove sulle strade come un cavallo di razza, piegando in curva senza sbavature. Ottimo equilibrio fra telaio e guarniture. Dipinta di Bianco Fiat 131 d'epoca ha, nella “Francigena II” del nobile da Lessona/Mauro, la sorella minore. Bianca e curata anch'essa da tale Benzio, a cui il paese natale ha dedicato via e frazione. Foto di rito con gli astanti, richieste d'informazione ai vecchietti che ci osservano dalla panchina e si parte. “Son duri solo i primi ottocento metri...” Questo viatico si rivela esatto, appena fuori paese le pendenze si riducono; la salita si può affrontare con relativa facilità all'ombra dei castagni e con scarso traffico. Scambiamo saluti con gruppi di ciclisti in discesa veloce, mentre il fresco dei mille metri ci rinfranca. Sosta succo e timbro al “Bar Ostello Cisa”, punto d'appoggio ufficiale della Via Francigena, pernottamento obbligatorio per i pellegrini sulla via con il “Cavallo di San Francesco”. Il simpatico cagnetto del gestore sonnecchia al sole lasciandosi fotografare come una star del cinema. In breve la Pattuglia astrale al completo scollina . La conquista viene condivisa in SMS con Gianni: “Cisa superata. Stop. Procediamo verso il Tirreno. Stop. Saluti. Stop”.
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La vampa è terribile: siamo cotti come polli al forno. Il “fresco Monte Bardone” è solo un ricordo, Pontremoli è quasi deserta nel mezzogiorno del sole. Uffici chiusi e niente annullo ad attestare il nostro passaggio. Rimediamo un pranzo visitando al contempo “la stele della Lunigiana” di Filattiera, bella e solitaria. Rapide e scorrevoli lunghe onde d'asfalto ci portano in breve ad Aulla. Nella Pieve ci accolgono il parroco e la responsabile del Museo. Eravamo attesi, ci hanno preparato acqua fresca e biscotti. In origine avremmo dovuto pernottare qui ma proseguiremo per Sarzana. “Quasi tutta discesa” dice il parroco, anche lui ciclista. Mentre il Don ci sta intrattenendo squilla il suo telefono. Risponde e aggrotta le ciglia, una brutta notizia: è mancato un parrocchiano. Ci saluta per adempiere un rito triste ma necessario. Vita e morte si inseguono nell'infinito del tempo. Di riflesso penso alla nonnina di Ghiare: incontrata poche ore fa, mi pare così lontana. Continuiamo la visita con la gentile signora che ci guida. Illustrandoci gli scavi che hanno riportato alla luce l'antico abside ci evidenzia i cambiamenti che la pieve ha vissuto nei secoli. Il fascio di luce laser nelle sue mani indica lo scheletro, con il cranio poggiato al muro dell'antico edificio. Sposta il puntatore cerchiando un'antica e anonima pietra sepolcrale: lì furono conservate per secoli, nascoste contro le ricorrenti predazioni, le spoglie di San Caprasio. Furono ritrovate, quasi un “coupe du theatre”, quando la campagna di scavi si stava chiudendo senza frutti. I resti sono conservati in una teca nell'adiacente sede museale. Armando segue la visita, ma è crucciato, si è reso conto di aver dimenticato a Pontremoli gli occhiali che “...con le lenti azzurre vanno così bene. Pazienza...”.
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La nostra “visita privata” prosegue, ora la luce rossa evidenzia una grossa bomba d'aereo, accanto al muro perimetrale dell'antico edificio di culto, proprio sotto i nostri piedi. A San Caprasio, fra gli altri miracoli, si attribuisce anche il suo mancato scoppio. Aulla ospita, nella stessa chiesa, anche i resti di San Severino (li vedremo fra poco). Le spoglie furono traslate nell'antico crocevia commerciale da un nobile genovese. La ricca famiglia acquistò terre, abitazioni e “corpus sancti” per donare, in seguito, le stesse alla comunità con l'obbligo di esporre le reliquie per una settimana nella festa del santo. I due santi non impedirono, purtroppo, l'insediarsi di una fabbrica di esplosivi in città e i conseguenti, frequenti, bombardamenti alleati durante il secondo conflitto mondiale. Lo testimoniano le foto aeree cui siamo adesso di fronte. Risultato: fabbrica intatta, case distrutte e bomba in chiesa. Salutiamo la nostra guida ringraziandola di cuore e pregandola di estendere gli stessi al Don. Sono le quattro del pomeriggio, mancano ancora una ventina di chilometri all'arrivo. Rimettiamo i caschetti, siamo pronti a ricominciare la pedalata quando... gli occhiali, che Armando credeva perduti, sono stati ritrovati... Incastrati fra borsa e portapacchi hanno resistito a chilometri di scossoni e buche. Dividiamo equamente il miracolo del novantesimo minuto: “A Aulla: San Caprasio vs San Severino 1-1. A te Ameri!” Sarzana: la parrocchia che ci ospita è praticamente in centro. Un signore magro e anziano ci apre la porta della canonica, indicandoci i locali dove potremo dormire e le docce.
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L'accoglienza formale dell'uomo, in camicia azzurra, si stempera man mano e in breve il discorso... decolla. Pochi minuti dopo siamo in volo con lui: Aeroporto militare di Cameri, primi anni Sessanta. Visti dalla carlinga grigio piombo del turboelica i campi rimpiccioliscono in fretta. Nel film che mima le mani compiono looping e cabrate. Il volo dell'ufficiale pilota e del suo compagno prosegue nel blu profondo dei diecimila piedi. Le acrobazie e, d'improvviso, lo scarto del velivolo: il copilota si è accasciato sui comandi. La picchiata inevitabile, lo stallo dei motori. Tiriamo la cloche tutti insieme, presi nel racconto del aviatore. Poi l'atterraggio d'emergenza fra i pioppi e lo schianto. Provvidenziale il salvataggio da parte di due contadini prima dello scoppio dei serbatoi dell'aeromobile. Sfortunato il compagno, ferito a morte da un pezzo di metallo conficcato nell'occhio. Lunga degenza per “l'aviatore”, ancora oggi prigioniero dei ricordi. Speriamo che queste periodiche rivisitazioni lo possano far dormire senza incubi ricorrenti. Estrema la sua gentilezza che lo renderà disponibile ad attenderci in tarda serata e a salutarci all'alba. Doccia, bucato veloce e sono in tempo per la messa. Al termine passo in canonica con Armando. Siamo in coda fra vecchiette che prenotano messe a suffragio di cari defunti e magrebini a cui evidentemente Allah ha suggerito di ritirare la zakah2 tramite il collega Uno e Trino. Sono contento anche se, lo confesso, una parte di me reclama il diritto di reciprocità per i poveri delle comunità cristiane che vivono nel mondo islamico. 2 Offerta di elemosina rituale per i poveri. È uno dei cinque pilastri dell'Islam.
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Terminate le quotidiane incombenze libera uscita in cittĂ per la Pattuglia Astrale. Sarzana, piacevolmente ricca di storia, ci offre la prima serata mondana del viaggio. Ceniamo all'aperto conversando con le commensali del tavolo accanto. Sono un gruppo di ragazze svizzere scese dal lago di Lucerna per le vacanze; il padre di una di esse, tempo fa, fece una parte del nostro cammino. Lasciamo le giovani che vanno a vivere la lunga notte mediterranea. Di fronte agli schermi televisivi vari capannelli di tifosi consumano birra e adrenalina nella notte dei Mondiali. Ai piedi della fortezza illuminata assistiamo a parte di uno spettacolo teatrale. La difficoltĂ di comprensione del testo sarĂ , nei prossimi giorni, opportunitĂ di umorismo per tutti. Comprensibilissime, invece, sin dal primo istante le statuarie nuditĂ delle attrici. Queste belle immagini della cittadina ligure ci accompagnano nel giusto sonno. Mauro, animo nobile, insiste nel sognare ad occhi aperti. Speriamo non dorma, domani, in sella.
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Via Francigena 2010 da Sarzana (SP) a San Miniato (PI) 12 Luglio 2010 “Bella o brutta, la regola da seguire per non buscarsi improvvisi raffreddori da piombo è sempre la stessa: Orecchie dritte, occhi spalancati e dito sul grilletto.” dall'episodio di TEX “Scorta Armata” di Nizzi e Fusco, tratto da Collezione storica a colori n.178 Ed. Espresso – La Repubblica “Quando mi fermo stanco sulla lunga strada e la sete mi opprime sotto il solleone, quando mi punge la nostalgia della sera e lo spettro della notte copre la mia vita, bramo la tua voce, o Maria. I battiti del tuo cuore segnino i ritmi del mio pellegrinaggio.” Vorrei dirvi che i versi che ho trascritto sono farina del mio sacco. Mi sarebbe piaciuto essere così bravo. Li troverete nei pressi di una freschissima fontana, l'unica della giornata, se metterete le ruote sul nostro percorso odierno. I ricordi cominciano ad aggrovigliarsi come un gomitolo sfuggito di mano. Cominciamo con ordine. Versilia, corsa pericolosa
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Alpi perse nelle nebbie bianco fragore di marmo sulla strada. A blocchi e scaglie lascia le cave per perdersi fra chiese, musei e cucine. Nelle Apuane resta un vuoto, che nessun Michelangelo potrĂ riempire. Ore 11, salita di Massarosa Quando i camion che trasportano il marmo ci sorpassano, non possiamo fare a meno di considerare che siamo indifesi. Con il casco, ma senza adeguata corazza, siamo alla mercĂŠ di 6, 8, 10 ruote gemellate che sferzano l'aria nei pressi del nostro corpo. Sulle rampe di Massarosa nessuno insegue le due cicliste che ci passano in tromba. Prendiamo fiato, fisicamente e psicologicamente, ringraziando anticipatamente i Santi del Giorno. Siamo fuori dal traffico pesante e dai rischi connessi. Prendete la frase di Tex Willer che ho citato in apertura, sostituite freno a grilletto e avrete l'esatto svolgersi della nostra prima parte di giornata. Ci stiamo dissetando alla fresca fonte legata in qualche modo alle nascite (Lo si capisce dagli innumerevoli fiocchi rosa e azzurrini), 71
quando ci raggiunge un vigile del fuoco ciclista con una bella notizia. Ancora poche decine di metri e si planerà, veloci in discesa, sino a Lucca. Gli ombrelli dei pini marittimi cambiano il paesaggio, faccio questa riflessione mentre mura stellate si avvicinano. Facciamo ridere le ragazze dell'ATL lucchese. Sono incuriosite dalle maglie e raccontiamo loro la storia del mitico animale asimmetrico delle Alpi. Il vagare a mezzacosta dei Dahü alla ricerca della compagna per accoppiarsi le fa scompisciare dalle risate. “Insomma, per favore, anche al museo3 potete trovare conferma” ribadiamo facendo facce sapute. Oggi a Lucca è festa. San Paolino, il patrono della città, accoglie abitanti e turisti in quantità. Fendendo due ali di folla guadagnamo la cattedrale per la rituale timbratura. Il Volto Santo è un miracolo di espressività. All'esterno un labirinto marmoreo ci ricorda la difficoltà della vita e il suo contorto svolgersi, metafora perfetta del quotidiano agire senza “Stella Polare”. Sfioriamo la casa di Puccini, condividendo note di pianoforte con un gatto addormentato al sole. Svolte apparentemente casuali e Piazza del Mercato appare all'improvviso: un catino di luce fra vicoli in penombra. Il giro delle mura e, infine, giungiamo a Porta Elisa. Lasciamo la città, la bellezza statuaria di Ilaria del Carretto e le confuse indicazioni dei lucchesi. Nella peregrinazione i chilometri difficili fanno chiudere i ciclisti in un personale bozzolo. Ci si parla nei secondi necessari al cambio con battute liofilizzate. 3 Una riproduzione e la storia del Dahü si possono vedere al Museo della Montagna nel Forte di Bard (VdA)
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Siamo bolle d'acqua che lottano per non evaporare. Altopascio, antica isola di salvezza nel mezzo di un territorio paludoso, ci appare ondeggiando sull'asfalto bollente. La “Smarrita” che batte dodici tocchi non è un miraggio, ma un approdo sicuro nel luglio canicolare che stiamo affrontando. La Pattuglia Astrale ferma i suoi cavalli assetati per una necessaria pausa. Avremo in premio, dopo una breve ricerca, il più bel timbro del viaggio. Il Tau di Altopascio occupa sei caselle della credenziale e fa un figurone, sarebbe un peccato non averlo apposto. Con le preziose indicazioni avute dalla bibliotecaria muoviamo dall'antico ospitale alla ricerca di uno dei tratti meglio conservati della antica Via Francigena. Nei pochi chilometri che separano Chimenti da Galleno si viaggia su pietre millenarie. Le nostre ruote saltellano nel fresco dei boschi fra le acque di Pescia e Arno. Due brevi strappi e alcuni chilometri dominati da un vento che volta le foglie degli alberi ci portano alla meta. La Misericordia di San Miniato Basso è brulicante di vita. Il centro ospita una casa accoglienza diurna per anziani (sarà un segno?) e molteplici attività medico-sanitarie. Pochi minuti di attesa e arriva il Sig. Mario, l'ospitaliero che gestisce il punto tappa. Ci apre le porte della cappella: stanotte dormiremo ai piedi dell'altare. Vuole le nostre generalità e, cosa insolita, ci chiede i documenti d'identità oltre alle credenziali. Si allontana mentre ci sistemiamo preparando i rituali della sera. Riappare poco dopo con quattro tubi di plastica rigida in mano. Ci riconsegna le carte e un gradito omaggio: ha preparato, ipso facto, quattro pergamene che attestano il nostro passaggio. Il mistero si chiarisce: i 73
tubetti serviranno a portare le pergamene arrotolate sino a casa senza spiegazzarle. Grazie Mario e Buon Cammino anche a te. Facendo due passi scopriamo che San Miniato Basso è un incrocio grigio e anonimo. La cena triste da Omero viene alleviata dal gelato e dal brulicare di belle ragazze che prendono la piazza come punto di ritrovo e partenza per ben altri lidi (...e verso ben altri nocchieri). Lasciando vagare l'occhio ci scambiamo commenti... sui nostri, per fortuna piccoli, malanni. La Pattuglia Astrale non si distrae, pianifica la tappa successiva sperando in una ristorazione serale di alta qualità . Torniamo in cappella: Buonanotte a tutti. Il Redentore veglia su di noi e, nel caso, il buon Mauro ci spiegherà come è andata a finire la nottata.
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Via Francigena 2010 da San Miniato (PI) a San Quirico d'Orcia (SI) 13 Luglio 2010 “Fin da piccolo, quando vado in bicicletta, ho la presunzione di non farmi superare da nessun ciclista e di riprendere e lasciare tutti quelli che giungo a vedere. Non dirò di spuntarla sempre. Ma sempre lotto fino all'ultimo, sempre mi impegno fino all'estremo delle mie forze. Questa volta capii subito che l'impresa non era facile né sicura.” Mario Soldati, Un sorso di Gattinara e altri racconti, Interlinea Nell'alba Affiorano i contorni di pensieri e cose Chiarori d' amore e di luce lambiscono un cuore lento nel battere e nel capire Ore 5, Misericordia di San Miniato Basso Vespero si è persa nella luce incerta che precede l'alba. Il vecchietto insonne mi osserva allungando l'orecchio verso i discorsi che provengono dal gruppo di donne delle pulizie. Sono le cinque (del mattino) e sto cercando di mantenere aggiornato il Diario di Bordo. I galli cantano e le cicale friniscono sotto questa volta bassa e grigia.
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Nuvole di calore si accalcano nel cielo accompagnando al bar nottambuli e lavoratori mattinieri. Lasciamo la Misericordia di San Miniato Basso senza avere visto i nostri vicini di camera. I pellegrini giunti in serata sono stati ospitati nella adiacente sacrestia: Buona Giornata e Buon Cammino a Voi, sconosciuti compagni! La giornata si apre fra rettilinei costeggiati da pini marittimi, vigne e ammiccanti campi di girasoli. BearLu/Orso Luciano viaggia, al solito, cento metri avanti. Quando non deve ottemperare al ruolo di gregario si apparta in avanguardia, diventando il faro solitario del gruppo. La statale che stiamo percorrendo deve superare più volte ferrovia e circonvallazione. Nel breve volgere di un paio di chilometri la successione dei cavalcavia trasforma in elettrocardiogramma la valle che stiamo percorrendo. Affrontiamo queste piccole asperità artificali con animo pervaso dai più diversi sentimenti... non tutti trascrivibili senza il rischio di essere censurati dal Sant'Uffizio. “Ciao, come stai? Bene, bene... Aldo, puoi venire che dobbiamo andare a montare..., a montare..., a montare... a casa di... qualche cosa...” captiamo questo surreale dialogo, fedelmente trascritto anche nelle pause, mentre stiamo riempiendo le borracce. Lo Smemorato Mobiliere non ricorda a che lavoro sta facendo riferimento e le sue dimenticanze rischiano di farci sedere a terra dalle risa...e per fortuna non si parla di una possibile cliente. Siamo alle pendici del Monte Maggio zona di cui ricordiamo le vicende partigiane trasmesse anche grazie ai fumetti di Staino.
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Brevi, verdi saliscendi e apparizione della possente cinta muraria di Monteriggioni. Saliamo al colle entrando, dalla porta principale del borgo, nel piccolo centro. Rinato dall'abbandono che Mauro ci descrive aver visto, anni or sono, in una sua precedente visita, ci offre una gradevole sosta. Il medioevo rinasce fra le case ristrutturate e si completa piacevolmente nella mostra che ci invita a rivestirci con gli abiti d'epoca, armature comprese. La gentile ospitaliera ci corre incontro con un mazzo di fiori appena colti. Non sono per noi: Accidenti speravamo di aver fatto colpo! In compenso, ci offre una dissetante tazza di tè rosso. Con la bevanda scorrono piacevoli anche le parole; ci resta impresso il racconto del pompiere infortunatosi nei giorni precedenti per un eccesso di “gioventù”. Anche lui pellegrino con amici sulla Via Francigena, giunto alla meta di giornata e ospitato nei pressi proprio dalla signora. Si preparava alla sosta nel cortile, diviso dalla proprietà adiacente da una staccionata, e non resisteva al fascino del salto. Peccato per lui che oltre la barriera ci fosse un salto di cinque metri! Nonostante il fisico allenato era duro l'infortunio, necessario il ricovero precauzionale in ospedale e inevitabile avvertire la moglie che accoglieva la notizia serafica con un “Cosa ha combinato questa volta mio marito?”. Quando si dice conoscere bene i propri polli. Il nostro tempo ci obbliga a salutare, ringraziare e proseguire, nel caldo del mattino che avanza, verso Siena. Sbocciano nel cielo, con raffiche successive, bianche tele. Lanci di paracadutisti militari ci distraggono dalla calura mentre affrontiamo ripetute salite deserte fra campi di grano. Entriamo in Siena da porta Camollìa. 77
Dal deserto alla città: ci sentiamo a disagio nella moltitudine dei turisti. Scendiamo la schiena della collina senese con calma: è il “terzo di San Domenico” che ci porta a passare dalla contrada dell'Istrice. La Pattuglia Astrale suscita interesse e anche qui i passanti si voltano osservando uomini e biciclette. Piazza del Campo ci appare incorniciata dalle arcate dei palazzi. Senza toccarla puntiamo per ora a risalire parte del “terzo di Città” verso il Duomo. Visione magnifica: immaginiamo lo stupore degli antichi pellegrini di fronte all'edificio romanico gotico. Luccicanti, in pieno sole, i marmi e gli ori millenari offrono spunti religiosi, letterari e fotografici. Una comitiva sfrutta la poca ombra per sostare mentre un bimbo dell'est ci guarda incuriosito. Lasciato Luciano di guardia saliamo la scalinata. C'è coda all'ingresso ed esibire la credenziale ci offre una via preferenziale. Il “privilegio pellegrino” ci fa scrutare dalle persone in coda sotto al sole con aria sospetta: Chi saranno questi ciclisti? Quali vip si celano sotto le maglie azzurre? Saranno famosi o sono i Cavalieri che compirono l'Impresa? L'interno solenne è solo sfiorato dal passaggio della folla. Alzo gli occhi, la folla sparisce e siamo soli. Condividendo con gli amici pellegrini questo miracolo ammiro mosaici preziosi, antichi altari e la vetrata di Duccio da Boninsegna. Dalle ampie navate una porticina si apre. Appresso alle imponenti colonne è una piccola cappella. Ospita affreschi di rara bellezza e antichi spartiti gregoriani con fini miniature.
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Le loro enormi dimensioni permettevano ai monaci la lettura dei canti. Nei secoli i religiosi levavano salmi di lode alla fioca luce delle candele anche nei giorni freddi dell'inverno senese. Sarà lo stesso fervore con cui canteranno la compieta in questa luminosa e calda serata estiva. Esco nel sole abbagliante sbattendo le palpebre per riabituarmi alla luce violenta. I miei compagni aspettano, pazienti. Li osservo da lontano: curano le bici come cosacchi a cavallo. Ostentano indifferenza, divisa in ordine, volti e corpi abbronzatissimi. Siamo pellegrini, un po stanchi ma soddisfatti. Piazza del Campo offre uno spicchio d'ombra, secoli di storia e una fresca fonte ai visitatori accaldati. È di Palio che parla tutto l'anno il contradaiolo senese. Siamo sempre in discesa, l'ex Ospedale Psichiatrico ci apre la strada verso Buonconvento. Se Siena è un cavallo di razza, “Francigena I” è una fuoriserie e necessita di attenzioni. Un gentile meccanico ci offre la chiave a pappagallo per il serraggio dello sterzo con Armando che opera con la delicatezza di un amante riconoscente. Un crinale incornicia il cielo azzurro infinito e piccoli cumuli bianchi: ormai a Roma mancano poco più di duecento chilometri. Seguiamo le indicazioni sulla Cassia consapevoli di essere a più di cinquecento chilometri da casa. Campi di grano punteggiati di rotoballe, case coloniche piantate nel giallo ocra.
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Lontani i filari, indicano i grandi vini che si approssimano man mano. Squilla un telefono. Da casa cercano notizie: tutto bene sia là che da noi. Seguono preziosi consigli. Ci dicono sia meglio affrettare i tempi per le prenotazioni auto. A Roma c'è aria di ferie e venerdì giorno di grandi partenze. Saggio consiglio. Buonconvento: ancor prima del gelato, troviamo un computer nel punto informazioni e via internet ci mettiamo a caccia di un mezzo per il ritorno. La nostra buona stella (Abbiate Fede!) ci indirizza a colpo sicuro e troviamo le due auto per il rientro. Il paesaggio si fa sempre più toscano mentre sfioriamo Montalcino e le strade dell'”Eroica”4 a cui facciamo un pensierino. Il cono d'ombra, di un albero provvidenziale, offre sosta e refrigerio alla pattuglia Astrale e al simpatico camionista che “...manco a pagamento...” si unirebbe alla truppa. Finale di tappa. Sfiliamo vigne e campi verso San Quirico d'Orcia. La grande incudine del cumulonembo si alza dietro alla collina. Quasi un mistico segnale della fatica ultima. Luce fortissima che illumina grandi cerchi di cipressi fra i campi. Escludendo l'opera degli alieni, propendiamo per una espressione di land-art. Piacevole. Siamo circondati dalla campagna; il grano tagliato ha lasciato scie dorate di paglia.
4 Gara cicloturistica con bici d'epoca sugli sterrati della Val d'Orcia. Partenze all'alba con percorsi a chilometraggio variabile da 38 a oltre 200 chilometri. Prossima partenza il 3 Ottobre 2010.
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Sulla cresta un rapace prende il vento e gioca nell'aria. Come un aquilone impazzito sale imprevisto e picchia verso terra cercando piccole prede: il gioco della vita comprende anche la morte. Sotto questo cielo c'è da riflettere e, fossimo senza casco, da rimanerci per insolazione. San Quirico d'Orcia, il paese deserto sta a mezzo fra il medioevo e il far-west. Timbro sulla credenziale con la gradita notizia che l'ospitalità è a due passi. Si tratta di aspettare la fine della funzione nei pressi della Collegiata dei Santi Quirico e Giuditta. Una breve attesa e la suora sorridente ci guida nella nostra stanza. Due ripide rampe di scale ci portano nel sottotetto, la finestra si apre all'altezza delle campane. Speriamo che non battano l'ora tutta notte. Sotto di noi alloggia un'altra pellegrina, la vedremo rientrare più tardi. Sistemiamo le nostre biciclette, seguendo le indicazioni della religiosa, al riparo sotto al portico. A far la guardia ci penseranno i nostri temibili cani italo svizzeri. Borse, letti, doccia, bucato, farmacia: cambiando l'ordine degli addendi il risultato si mantiene uguale. Quindi, in poche decine di minuti siamo pronti per la libera uscita. È bella l'atmosfera che si respira fra le vie che, sul far della sera, tornano ad affollarsi. Nei pressi degli “Horti Leonini” si odono squilli di trombe. Nascosti da un piccolo frangivento verde si stanno allenando gli sbandieratori del paese. Quanta fatica per trovare i sincronismi dei gesti, le prese e i lanci. Nella luce del tramonto sediamo in osteria. Questa volta il cibo è all'altezza delle aspettative dopo la precedente delusione sanminiatese. Attacco bottone con una ragazza che cena solitaria vicino a noi, scambiandola per la pellegrina incrociata per le scale. 81
Non è lei! Mi scuso e la signorina offre gentilmente una via d'uscita definendosi ”...una specie di pellegrina”. Durante la cena annota brevi scritti. I nostri sguardi si incrociano più volte, pare di essere in una canzone di De Andrè. Lasciandoci un saluto che aleggia di mistero si alza e scompare nella notte. Il vino “del nonno” scivola luccicando sul bicchiere inclinato. Rosso e carico di profumi accompagna i nostri pensieri nella calda notte di San Quirico. Gruppi di bimbi corrono, guardati a vista da nonni apprensivi, sotto la catapulta ricostruita a memoria di assedianti venuti da lontano. Domani i nostri veri nemici batteranno molte bandiere e avranno più assi delle carte di briscola. Buona notte. Ricevo (e volentieri riporto) questa nota: Aggiornamento condizioni di salute del nobile Mauro da Lessona, signore dei mille risvegli “Notte funesta alla Misericordia con il continuo tormento di mezzi motorizzati sgommanti nei pressi del nobile giaciglio. Situazione aggravata da luci perpetuamente accese a colpire in viso il sopracitato Mauro/Mariuolo da Lessona. Unica nota positiva il ritrovato e regolare deflusso intestinale del paziente.” Firmato: Armando/Cenerentola, meccanico del gruppo e medico di corte 82
Via Francigena 2010 Da San Quirico d'Orcia (SI) a Montefiascone (VT) 14 Luglio 2010 “Un silenzio profondo regnava nella grande foresta, rotto solo, di quando in quando da un grido rauco...� E. Salgari, Sandokan alla riscossa, Fratelli Fabbri Editore La notte ha asciugato panni e sogni. Poche le parole. Colombi e cicale soli compagni della sveglia. Ore 6.30, San Quirico d'Orcia
Ricomposte le fila si viaggia lenti: alla ricerca del primo bar. Fuori le mura l'aria cambia. La nebbia ci avvolge scendendo, inattesa e magica, su Bagno Vignoni. Paesaggi da favola in Val d' Orcia questa mattina. Forti contrasti e sfumate tonalitĂ di grigi si palesano ad ogni cambio di pendenza. 83
Filari di cipressi persi nell'indistinta caligine, rotoballe come fantasmi delle campagne e retronebbia rosso lampeggiante acceso su tutti i mezzi della Pattuglia Astrale. A Gallina l'ora magica finisce di colpo lanciandoci nel blu profondo con nuovi stupori. Lunga, lunghissima; la salita verso Radicofani è punteggiata da greggi lontane. Come nuvole nel vento si muovono guidate da invisibili cani pastori. La Rocca di Radicofani è faro e tormento nel salire. Visibile sin dal basso pare spostarsi di valle in valle. Viene raggiunta,finalmente, a mezza mattina. Il prezzo: una decina di chilometri di salita e un'abbondante sudata. Gli ospitalieri sono a zonzo. Li salutiamo tramite un altro membro della Confraternita che ci vidima la credenziale raccontandoci le disavventure di un gruppo di eporediesi, in ugual modo sul cammino francigeno. Forse sottovalutando la ripidità della discesa in sterrato, uno di loro, con il carico dei bagagli che rende più difficile la guida, sbanda in curva ferendosi seriamente ad un braccio. Inarrestabile l'emorragia, che costringe a chiamare un soccorso di emergenza. Conseguenza finale: ricovero ospedaliero e successivo rientro forzato dell'infortunato. Provvidenziale l'aiuto degli ospitalieri, veri angeli custodi dei pellegrini sulla Via Francigena. Noi, che pure avevamo valutato l'opportunità di percorrere quel tratto, ripieghiamo prudentemente sulla più lunga ma sicura strada statale in asfalto. Con il sole allo zenith ci inforniamo nella valle, l'asfalto rovente si scioglie sotto le ruote.
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Favoriti da una leggera pendenza a nostro favore maciniamo chilometri veloci, traversando Le Briccole fra campi di girasoli e terre riarse. Acquapendente è un miraggio. La salita una prova di ascetismo che ognuno affronta con la propria filosofia e il proprio passo. L'acqua delle borracce è arrivata alla temperatura giusta per la bustina del tè. Ci si attende all'ingresso della città per farsi reciprocamente i complimenti e rincuorarsi l'un l'altro. Cerchiamo la validazione della credenziale rimpallati dalla piazza alla cattedrale. È ancora troppo presto per una sosta; affrontiamo quindi gli otto chilometri che ci separano da San Lorenzo Nuovo cercando di risparmiare energie. Siamo arrivati ai vulcani e , benvenuta, è giunta l'ora del pranzo. La signora della pizzeria si commuove alla vista dei pellegrini assetati e affamati. Grande sconto ai ciclisti che ringraziano pulendo accuratamente i piatti e vuotando scientificamente i bicchieri. Si ricomincia. Siamo sul bordo della antica caldera, immensa e bellissima. Sotto di noi l'occhio azzurro del lago mostra e nasconde le antiche vicende geologiche. Condividendo l'ombrello dei pini marittimi ci prendiamo il tempo necessario per scoprire questo nuovo orizzonte. Un pessimo fondo stradale, pronto a sgretolarsi alle prime piogge, ci accompagna sino alla riva e alla città del miracolo della Trasfigurazione: Bolsena. Per noi un regalo più laico ma non meno gradito: una fonte freschissima. Dalla base dell'enorme cono dobbiamo risalire a Montefiascone. 85
A bordo strada una targa ricorda Piero Taruffi, mitico pilota automobilistico degli anni Quaranta. Poco oltre sostiamo. Scendendo una gradinata nel verde si accede al cimitero di guerra alleato. Leggiamo alcuni nomi dei circa seicento caduti sepolti nel curatissimo prato all'inglese, tipico dei cimiteri anglosassoni. Da Palestro alle antiche città-fortezza sino alla Linea Gotica abbiamo traversato storia e immancabili grandi battaglie. “Triste il mondo che ha bisogno degli eroi”. Il tempo di riflettere su quanto scriveva B. Brecht e raggiungiamo Montefiascone. Appollaiata sul crinale la città si gode la vista del lago. Da viaggiatori attraverso la linea del tempo finiamo la giornata nel futuro, teleguidati da una ospitaliera girovaga ma premurosa (Sta tornando da La Verna, sulle orme di Francesco): troviamo via, cancello e ostello. Usciamo per la cena. In bicicletta raggiungere di nuovo il centro significa affrontare una breve ma ripida salita. Il lago, tinto dal fuoco del tramonto, chiude una giornata di luci memorabili. La cena non è da meno e ci permettiamo di immortalare oste e chef. Rientro al buio. Finalmente conosciamo l'ospitaliera che si rivela veramente una bella persona. Piacevole discorrere con lei. Famiglia e figli divengono in breve argomenti condivisi da storie parallele per provenienza (piemontese anche lei) ed età. Immancabile anche il racconto della sua “Via Francigena”, percorsa a piedi pochi mesi fa, da qui a Roma.
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Cento chilometri in cinque giorni pensando di non farcela e arrivando invece alla meta con giovanile stupore. Complimenti anche a te, gentile ospitaliera di Montefiascone. Indugiamo nella notte pensando alla nostra esperienza che sta passando. Come sabbia fra le dita i giorni sono volati via.
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Via Francigena 2010 Da Montefiascone (VT) a Roma 15 Luglio 2010 “La mia vita di automobilista è un inferno e io sono sempre costantemente in...zzato come una bestia! Ormai, l'unica vera soddisfazione , io me la posso prendere di notte... Ma non per le strade, no. Nei miei sogni...” Gioiele Dix, Cinque Dix, Baldini e Castoldi Ultima tappa Bruciato il viaggio, dal Cammino portiamo braci. Serviranno ad attizzare ricordi, passioni e vita. Ore 6, Montefiascone Scendiamo a Viterbo per la colazione, diciassette chilometri in discesa. La città, addormentata e sporca, fatica a ritrovare i fasti del passato. Anche la barista si adegua e ci offre scelta solo fra croissant a marmellata “chiara o scura”: misteri d'Italia. Decidiamo di modificare il percorso puntando più direttamente sulla Città eterna. Siamo confortati, poco oltre, dalle indicazioni condivise con una pattuglia della stradale. 88
Veloci saliscendi ci portano sempre più vicini al nostro punto di arrivo. Verso la meta Sutri è una perla inattesa. In centro, Chiese, piazze e fontane. Poco oltre un busto ricorda le virtù sociali di un giovane morto prematuramente. Il piccolo monumento ottocentesco, scrostato e ricoperto di guano, ci accompagna alle necessarie riflessioni sulla memoria e la sua vacuità. Meglio sfamare gli indigenti e vestire i poveri che fondere bronzi inutili. La Pattuglia Astrale è unita: fossimo travolti dal fato così vorremmo esser ricordati. Un gruppo di scout fa cerchio nel prato di fronte al monumentale anfiteatro scolpito nella roccia. Un pò di malinconia ci pervade, la fine del viaggio si avvicina. Nella bella campagna una buona strada, poco trafficata, ci porta ad una nuova caldera. Più modesto nelle dimensioni, rispetto al lago di Bolsena, Bracciano sarà l'ultimo degli antichi crateri che incontreremo. Seguendo le indicazioni per Roma Ettore/Re Leone, il cartografo, commette l'errore più vistoso dell'intero tragitto. Lasciate troppo presto le sponde del bacino lacustre siamo costretti, per rientrare sulla giusta rotta, a una dozzina di chilometri “a cronometro” su una trafficatissima “Cassia Due” a più corsie. Arrivati senza perdite a “La Storta” facciamo una meritata sosta pranzo. Siamo vicini all'anello che delimita il centro urbano della capitale: il famigerato “Raccordo Anulare” con le sue quotidiane code.
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Riacquistata la lucidità necessaria per l'ultimo tratto del nostro pellegrinaggio riprendiamo l'avvicinamento alla Città del Vaticano. Procediamo lenti, cauti nel traffico. Involontariamente, forse, cerchiamo di allungare il viaggio per imprimerci meglio i ricordi. Le lodi mattutine in Sant'Andrea. Le insonnie di Mauro. Le strade polverose o trafficate. I radi incontri di pellegrini. L'Italia, unita dalle rotoballe. L'Italia, così bella e diversa nei paesaggi. La nonnina di Ghiare. I silenzi di Luciano. I bulli motorizzati sui tornanti della Cisa. Chiese perse nelle campagne. Chiavi affidate a volonterosi agricoltori. Albe chiare e roventi mezzogiorni. I sonni di piombo di Armando e Ettore Ospitalieri gentili. Franchi, Longobardi, Bizantini. La “nostra strada”. Siamo stati pellegrini “Ad limina Petri”. Tracce di Francigena che resteranno nostre nel tempo. Con questo film negli occhi troviamo la ciclabile del Tevere. Occhi lucidi, strette di mano e foto di rito in Piazza San Pietro. Metabolizzeremo tutto più tardi. Affido alla mia “Signorina” le ultime tracce audio del tragitto.
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A zonzo nella notte romana rubiamo un pizzico di dolce vita fra ponti illuminati e l'intrigante chiaroscuro di Piazza Navona. A Lessona, ormai prossima destinazione, il capomanipolo Gianni attende il rapporto. Notte finalmente tranquilla per tutti e, all'alba, rientro veloce. La Pattuglia Astrale, uomini, biciclette e cani, è pronta e attende una nuova missione.
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Via Francigena 2010 Varigotti (SV) 16 Luglio 2010 “Chuang Tzu in sogno divenne una farfalla. E la farfalla divenne Chuang Tzu al risveglio. Chi era vero? La farfalla o l'uomo?” Li Po, poeta cinese Scendo in spiaggia, tutti mi fanno i complimenti manco avessi vinto qualche medaglia. “La Spiaggia” era al corrente del viaggio e veniva tenuta aggiornata in tempo reale da mia figlia che riferiva della telefonata serale e dei progressi della Pattuglia Astrale. “Hanno passato gli Appennini alla Cisa. Sono arrivati a Sarzana. Nessun ferito. Mio padre li stronca e i suoi amici non andranno mai più con lui da nessuna parte!” “La Spiaggia” sono gli amici con i quali da una vita la famiglia, e in particolare mia figlia e mia suocera, condivide l'estate in quel di Varigotti. Devo ringraziarli tutti per l'aiuto nella vigilanza, e la sopportazione, del gruppo di bimbi che sono cresciuti sotto i loro occhi attenti. Estate dopo estate, da giugno a settembre, hanno fatto da tutori a Margherita e agli altri scavezzacolli. Bimbi che stanno diventando ragazzi e ragazzi che sono diventati madri e padri nel correre del tempo, anno dopo anno. Ivana, Ivo, Gildo sono alcuni degli arzilli settantenni che formano “La Spiaggia” e che, oggi, stanno ad ascoltare.
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“Sono emozioni indescrivibili - dico - esperienze che segnano e invitano a riflettere su parecchi lati della vita. È stata una settimana breve ma intensa. Mi viene in mente il film “Cinque giorni, un'estate”. Incontri, luoghi, parole. E silenzi. Silenzi pieni di pensieri.” “Turista o Pellegrino?” Questo mi chiede Ivana mentre racconto al crocchio di amici e amiche sulla spiaggia i dettagli del viaggio. “Ufficialmente sono pellegrino patentato – scherzo- ho persino il diploma e la credenziale” Domanda saggia e profonda. In effetti siamo partiti e siamo arrivati con lo stesso nome. Armando, Ettore, Gianni, Luciano e Mauro sono uguali ma non gli stessi. La nostra “psiche” ha avuto una metamorfosi. Il viaggio, gli incontri non ci hanno lasciati indifferenti. Mentre sto raccontando, altri a loro volta racconteranno. Ognuno di noi, poco o tanto, si accorgerà di esser diverso. Pronto ad alzarsi in volo per un altro viaggio. O pellegrinaggio?
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Itinerario Via Francigena 2010 a cura del Nobile da Lessona “Mariuolo”/Mauro Queste note, affatto esaustive, si riferiscono al nostro pellegrinaggio. Vi rimandiamo alla lettura dei vari “sacri testi”, bellissimi ed efficaci, e a consultazioni sitografiche. Crearvi la traccia di viaggio sarà il miglior inizio.
TAPPA ZERO Colle del Gran San Bernardo (m 2473) Per noi ideale punto di partenza, in Italia, della Via Francigena. Ci siamo saliti e siamo scesi ad Aosta. Da vedere: Notevoli i resti romanici e il complesso della chiesa di Sant'Orso.
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1ª TAPPA Km 137 Cossato (m 257) – 135 Buronzo (m 189) – 4 Balocco (m 166) – 11 Quinto (m 143) – 9 Vercelli (m 130) – 16 Robbio (m 120) – 15 Mortara (m 108) – 42 Pavia (m 77) – 25 Santa Cristina e Bissone (m 71) (via S. Giacomo). Tappa prevalentemente pianeggiante con prevalenza di risaie e pioppeti. È possibile ammirare a terra e in volo molte specie di uccelli tipici (aironi, garzette, ecc...). Molto trafficata con carreggiata piuttosto stretta nel tratto Mortara e Pavia. Brevi tratti sterrati. Pernottamento: Santa Cristina, Via Vittorio Veneto, 118, Tel. +39 0382 70106, Cell. +39 333 3429685, antopedra@alice.it. Donativo. Vidimazione credenziale presso: IAT - Informazione e Accoglienza Turistica di Pavia e Provincia Palazzo del Broletto - Piazza della Vittoria Orari di apertura: Lunedì - Venerdì : 9.00 - 13.00 e 14.00 - 17.00 Sabato e Domenica: 10.00 -18.00 ( orario continuato) Tel. 0382 079943 - 0382 597001 Da vedere: 5 Quando possibile vengono indicate le indicazioni chilometriche parziali Es: Da Cossato a Buronzo 13 chilometri.
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QUINTO VERCELLESE La parrocchiale romano-gotica completamente affrescata VERCELLI Abbazia di Sant Andrea (1219-27)uno dei primi esempi di gotico in Italia, voluto dal Card. Guala Bichieri, pregevoli le lunette dei portali. A testimonianza dell'importanza del luogo nell'itinerario francigeno nell'archivio capitolare sono presenti vari codici fra cui spicca il Vercelli Book. MORTARA Abbazia di Sant Albino (per visita interna cellulare 3477194503) Fondata nel V sec. Oggi nel mezzo delle statali per Tortona e Pavia, ha campanile e abside romanici. Affresco interno del quattrocento. PAVIA L'antica sede vescovile, cittĂ delle “cento torriâ€?, ha come imperdibile sosta la romanica chiesa di San Pietro in ciel d'oro. Facciata notevole. All'interno altare maggiore e gotica arca di Sant'Agostino (ossa da Ippona a Cagliari e infine qui dal VII sec.) La longobarda chiesa di San Michele: nella basilica furono incoronati vari imperatori (Barbarossa) Facciata interessante. Castello visconteo. Ponte coperto.
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S.GIACOMO DELLA CERRETA (chiavi presso cascina, pochi metri dopo l'edificio a destra) Chiesa del XV sec. Affreschi di San Giacomo e della Madonna “pellegrina”.
2ª TAPPA Km 112 S. Cristina – 13 Castel S. Giovanni (m 74) – 21,7 Piacenza (m 61) – 10,2 Pontenure (m 65) – 13,4 Fiorenziola d’Arda (m 80) – 5 Alseno (m 79) - 9 Fidenza (m 75) – 15 Noceto (m 74) – 5 Conaccina – 10 Fornovo di Taro (m 158). Tappa prevalentemente pianeggiante si passa dalle risaie vercellesi e pavesi ai grandi campi di mais del territorio piacentino. È ancora possibile ammirare a terra e in volo molte specie di uccelli tipici (aironi, garzette, ecc...). Si attraversa il Po. Per effettuare la traversata del Grande Fiume a mezzo barca calcolate di avere a disposizione mezza giornata da dedicarvi. Note tecniche reperibili sulle guide e sui vari siti che illustrano il percorso. Molto trafficata la Via Emilia. Attenzione alle rotonde cittadine. Fine tappa con le prime ondulazioni appenniniche. Poche fonti a bordo strada. Pernottamento: Fornovo: Casa di Spiritualità Card. Ferrari, Strada Magnana, 18 98
Riccò, Tel. +39 0525 400158, Fax +39 0525 2987, villa_santamaria@libero.it. Donativo. Da vedere ALSENO CHIARAVALLE DELLA COLOMBA Abbazia cistercense fondata del 1135. Resta la chiesa. Chiostro gotico. Vidimazione credenziale. FIDENZA (fino al 1927 Borgo S.Donnino) Qui morÏ martire San Donnino. Le sue spoglie fecero del borgo luogo privilegiato di sosta per i pellegrini francigeni. Duomo, romanico. Maestosa facciata con San Simone che indica la strada per Roma ai viandanti. Vidimazione credenziale. FORNOVO DI TARO Duomo, chiesa plebana del IX sec. Ampliata inglobando l'antico portico. Ponte, chiave del passaggio del fiume Taro costruito secondo la leggenda da un pio eremita. Da qui si apre la via al Montebardone, la Cisa. La strada, aperta dai longobardi era il percorso principale della Via Francigena verso Roma.
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3ª TAPPA Km 103 Fornovo di Taro (m 158) – 35 Berceto (m 808) – 9 Passo della Cisa (m 1045) – 20 Pontremoli – 32 Aulla / Santo Stefano di Magra – 6 Sarzana (m 21) Tappa appenninica con salita di medio impegno fra Ghiare di Berceto e il Passo della Cisa. Molto verde e panoramica la strada statale. Ottime fonti nelle cittadine sul percorso. Finale di tappa con lievi ondulazioni. Pernottamento: Sarzana (Liguria): convento San Francesco d’Assisi, Via Paci 8, Tel./Fax 0187 620356. Donativo Da vedere: BERCETO Duomo XII sec. Conserva le spoglie di San Moderanno, primo abate del monastero voluto da Re Liutiprando nel VII sec. Vidimazione credenziale nei pressi, al Punto Tappa e più avanti presso Ostello della Cisa, prima del passo.
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FILATTIERA Antico spitale dedicato a San Giacomo (bassorilievo sulla porta) Chiesa di San Giorgio con la lapide di Leodegar morto nel 752, distintosi nell'opera di ospitalità dei pellegrini. PONTREMOLI Museo statue-stele della Lunigiana, misteriose ancora oggi. AULLA Abbazia San Caprasio e museo annesso Vidimazione credenziale.
4ª TAPPA Km 105 Sarzana (m 21) – 24 Carrara (m 65) – 12 Pietrasanta (m 14)– 28 Lucca (m 19) – 15 Altopascio (m 19) – 16 Fucecchio (m 25) – 2 San Pierino – 8 San Miniato Basso (m 190). Strada con molto traffico pesante nel primo tratto. Fonte freschissima sulla salita di Massarosa. Consigliabile la deviazione sull'antico selciato francigeno fra Chimenti e Gallieno, poco oltre Altopascio. Alcuni brevi, ma ripidi, strappi precedono il ponte sull'Arno. Finale di tappa pianeggiante.
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Pernottamento: San Miniato: Misericordia di San Miniato Basso, Piazza Vincenzo Cuoco, 9, Tel/ Fax +39 0571 419455, Tel. 0571 419160, Cell. 339 8723682, mario.giugni@libero.it, www.misericordiasanminiatobasso.org, Donativo Vidimazione credenziale. Da vedere LUCCA Duomo, dedicato a San Martino. Conserva il “Volto santo” monumentale crocifisso ligneo a cui sono attribuiti molti miracoli. Sulla facciata è scolpito un labirinto (simbolo del pellegrinaggio). Monumento funebre di Ilaria del Carretto. Vidimazione credenziale. San Michele in foro, architettura pisano-lucchese. Notevoli la facciata e l'abside (Della Robbia, Filippino Lippi) Piazza del Mercato Chiesa di San Frediano (1112-47) ALTOPASCIO Antico Spitale, forse il più noto del percorso. Dalla torre campanaria al tramonto suonava “La Smarrita” per indicare il percorso ai viandanti che potevano esser già immersi dalle brume serali e rischiare così di perder la via. Vidimazione credenziale. GALLENO (5 km dopo Altopascio) Tratto ben conservato della antica Via Francigena. 102
S.MINIATO ALTO San Domenico (1330) Facciata incompiuta Duomo dalla facciata notevole accoglie nel suo interno un crocifisso del 700.
5ª TAPPA Km 114 San Miniato (m 190) – 40 Poggibonsi (m 116) – 26 Siena (m 322) – 28 Buonconvento (m 147) – 16 San Quirico d’Orcia /Bagno Vignoni (m 409). Tappa caratterizzata da piacevoli ondulazioni collinari. Molti spunti paesaggistici e storici sul percorso possono essere spunto per variazioni di percorso. Finale di tappa in salita verso San Quirico d’Orcia. Pernottamento: San Quirico: parrocchia di San Quirico d’Orcia, Via Dante Alighieri, Tel. +39 0577 897236, +39 0577 897278/897587 Vidimazione credenziale nei pressi, Ufficio IAT San Quirico: MARAMAI-SRA LUCREZIA, Piazza Chigi, 18, Tel. +39 0577 897278 / 897587, Cell +39 347 7748732, giorgio.maramai@tele2.it. MONTERIGGIONI Alle pendici del Monte Maggio conserva la possente cinta muraria del XII sec. con 14 torri 103
San Giovanni parrocchiale romanico-gotica Vidimazione credenziale. SIENA Piazza del Campo. Palazzo pubblico. Duomo romanico-gotico con bellissima facciata, pavimento in mosaico visibile solo in rare occasioni, pulpito. In Duomo: vidimazione credenziale. Siena è divisa in “terzi” che corrispondono alle tre dorsali dei colli: San Martino (il terzo Campo), Duomo (Città), Camollia (San Domenico) BUONCONVENTO Chiesa parrocchiale SS. Pietro e Paolo. XIII sec. , Borgo trecentesco. Vidimazione credenziale presso Ufficio IAT SAN QUIRICO D’ORCIA Collegiata dei Santi Quirico e Giuditta. Horti Leonini.
6ª TAPPA Km 94 San Quirico d’Orcia /Bagno Vignoni (m 409) - 30 Radicofani (m 780) – 50 Bolsena (m 350) - 15 Montefiascone (m 590). 104
Tappa tutta “mangia e bevi”, che nel gergo ciclistico equivalgono a continui su e giù. Bellissimi i paesaggi che fanno dimenticare la relativa fatica. Si attraversa la Val d'Orcia, si sale a Radicofani e si affrontano gli strappi vulcanici del Lago di Bolsena. Sicuramente la più impegnativa del percorso dal punto di vista altimetrico. Pernottamento: Montefiascone: accoglienza Raggio di Sole, Via San Francesco, 3 Tel. 347 5900953. Donativo. RADICOFANI Chiesa San Pietro, romanica XIII sec., ceramiche di Della Robbia Paese medioevale, con ampio panorama il borgo domina la valle. Lo sovrasta la Rocca. Vidimazione credenziale presso ospitalieri nell'accoglienza, centro paese. ACQUAPENDENTE Cattedrale, romanica in parte rifatta nel XVII sec. MONTEFIASCONE Ufficio informazioni: L.go Plebiscito, 1 Tel. 0761 820884 Vidimazione credenziale. 105
San Flaviano, romanica XII sec. Posta ai piedi del borgo in realtà sono due chiese sovrapposte. Cercare iscrizione EST,EST,EST. (cappella tombale di Fugger, terza a destra).
7ª TAPPA Km 114 Montefiascone (m 590) – 17 Viterbo (m 326) - 32 Sutri – 14 Lago di Bracciano (Trevignano Romano) – La Storta – 20 Roma (Pista ciclabile del Tevere) - 10 Città del Vaticano (m 20). Seconda tappa “mangia e bevi”, meno impegnativa della precedente. Inizio tutto in discesa sino a Viterbo. Traffico sul tratto Viterbo -Sutri. Bello e senza molte auto il tratto sino al lago di Bracciano Per affrontare al meglio il traffico della capitale consigliamo di arrivare a percorrere l'ultimo tratto nel primo pomeriggio, sfruttando l'attitudine romana alla pennichella. Trasandata la ciclabile del Tevere. Noi abbiamo trovato molti cocci di bottiglia e innumerevoli interruzioni che costringono il ciclista a trasbordare la bici su varie scalinate. Pernottamento: Fra le varie possibilità abbiamo optato per la Residenza Madri Pie, via De Gasperi a 200 metri da Piazza San Pietro Da vedere: VITERBO Santa Maria nuova, pulpito da cui predicò anche San Tommaso D'Aquino. 106
Cattedrale. Palazzo dei Papi. Via S. Pellegrino suggestivo asse principale del quartiere medioevale. SUTRI Antica città resti romani con notevole anfiteatro. Vidimazione credenziale presso Ufficio IAT in centro. ROMA Scelte personali guidano il visitatore all'ampia gamma di possibilità offerta dalla città eterna. NOTA PER IL RIENTRO Sulla linea ferroviaria ad alta velocità le biciclette vanno smontate e inserite nelle apposite sacche. È possibile noleggiare auto di vario tipo per il rientro, vale il consiglio di prenotare i mezzi con un un certo anticipo. SITI UTILI, BIBLIOGRAFIA e CARTOGRAFIA Fra i numerosissimi siti che offrono indicazioni, curiosità e diari di viaggio vi invitiamo a partire da www.pontidiluce.org che offre una efficace e sintetica descrizione dell'itinerario con esaustive note informative. Fondamentale il testo di Monica D'Atti e Franco Cinti, Guida alla Via Francigena, Ed.TerrediMezzo La cartografia del Touring Club Italiano 1:200.000 offre tutte le indicazioni necessarie. SULLA FRANCIGENA...IN “FRANCIGENA”
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Non tutti possono dire di essersi costruiti un mezzo ad hoc per un viaggio. Armando si. “Francigena I”, come già sapete, nasce dalle mani di un artigiano-inventore che ha assemblato la sua bicicletta a partire dalla dima e saldato pezzo pezzo questo esemplare unico. Verniciato di un bianco storico (appunto il color bianco Fiat 131 del ….) Non è necessario costruirsi la bici per il viaggio, certamente è necessario viaggiare con un mezzo efficiente e collaudato. I collaudi, e le migliorie all'assetto, sono avvenuti durante i mesi precedenti il viaggio. Vi consigliamo di affrontare prima del viaggio vero e proprio alcune escursioni per testare voi stessi e la pedalata singola o di gruppo che andrete ad affrontare. Non occorre esser particolarmente dotati ma è bene non sottovalutare l'impegno di più giorni in sella. Per noi hanno fatto da banco di prova le strade della riviera ligure, la magnifica viabilità secondaria del Biellese ed alcuni percorsi nel basso Piemonte (Langhe, Monferrato) e sui laghi lombardi (Maggiore, Varese, Como). I BAGAGLI L'antico viandante riceveva, con gli altri segni che distinguevano i pellegrini dai comuni viaggiatori, anche una bisaccia. Normalmente questa aveva una bocca volutamente piccola per sottolineare ulteriormente lo status del “viator”. Poco occorreva e nel cammino ci si affidava alla benevolenza e ospitalità dei monaci e degli abitanti. Abbiamo affrontato questo percorso in bicicletta in clima 108
estivo con la seguente attrezzatura: 2 ricambi tecnici completi (pantaloni, maglietta, canottiera, calze) 1 completo per la sera (intimo, maglietta e pantaloni cotone) 1 giacca vento traspirante 1 gilet di pile 1 maglia maniche lunghe 1 asciugamano tecnico, beauty case e ciabatte farmacia (antipiretici, antidolorifici, antidiarroici, disinfettante intestinale, disinfettante e cerotti, crema solare) attrezzi tecnici per eventuali riparazioni al mezzo filo per stendere, mollette, sapone per bucato caricatori vari per macchine fotografiche e telefonini cartografia adeguata diario di bordo documenti Scontata e certamente auspicabile la presenza del casco.
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Via Francigena 2010 Dati tecnici del Gruppo e del Viaggio (a cura di Armando/Cenerentola) Peso alla partenza : Mariuolo da Lessona/ Mauro kg 73 complessivi kg 97 (con bici + borse) Cenerentola/Armando “ 70 “ 95 “ Re Leone/Ettore “ 61 “ 87 “ Pellegrino Bearlu/Luciano “ 71 “ 98 “ Marchese della prolunga/Gianni “ 80 “ 102 “ COSSATO – SANTA CRISTINA 09/07/2010 Partenza Cossato Arrivo Santa Cristina Dislivello Km percorsi Distanza totale Media Tempo bici
ore 6.30 temperatura 20° 18.45 temperatura 36° 194 137.00 137.00 18.90 7h 12m
SANTA CRISTINA FORNOVO VAL DI TARO 10/07/2010 Partenza Santa Cristina Arrivo Fornovo val di taro
ore 7.10 temperatura 24° 17.50 temperatura 34° 110
Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici Tempo totale
382 112.00 18.8 249.00 576 5h 55m 13h 07m
FORNOVO VAL DI TARO – SARZANA 11/07/2010 Partenza Fornovo val di taro Arrivo Sarzana Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici Tempo totale
ore 7.15 17.15
SARZANA – SAN MINIATO BASSO Partenza Sarzana Arrivo San Miniato basso Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici
12/07/2010 ore 6.30 17.15
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temperatura 24° temperatura 32° 1.120 103 16.30 352.00 1.696 6h 18m 19h 25m
temperatura 24° temperatura 35° 560 104.50 17.20 456.50 2.256 6h 04m
Tempo totale
25h 29m
SAN MINIATO BASSO – SAN QUIRICO D’ORCIA 13/07/2010 Partenza San Miniato basso Arrivo San Quirico d’Orcia Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici Tempo totale
ore 6.30 17.35
temperatura 22° temperatura 31° 1.006 114.00 15.90 570.50 3.562 7h 07m 32h 36m
SAN QUIRICO D’ORCIA - MONTEFIASCONE 14/07/2010 Partenza San Quirico d’Orcia Arrivo Montefiascone Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici Tempo totale
ore 6.30 16.40
temperatura 22° temperatura 31° 1.262 93.50 14.70 664.00 4.524 6h 19m 38h 55m
MONTEFIASCONE - ROMA 15/07/2010 Partenza Montefiascone
ore 6.20 112
temperatura 22°
Arrivo Roma Dislivello Km percorsi Media Distanza totale Dislivello totale Tempo bici Tempo totale
16.15
temperatura 36° 1.056 114.00 17.20 778.00 5.580 6h 36m 45h 31m
Peso all’arrivo : Mariuolo da Lessona Cenerentola Re Leone su altra bilancia) Pellegrino Bearlu
kg 73 complessivi kg 97 (con bici + borse) “ 70 “ 95 “ “ 61.40 “ 87 “ (pesatura “ 70
“
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98
Chi siamo Armando Benzio / Cenerentola, 23/05/1952 Attivo pensionato impegnato in un infinito anno sabbatico fra castagne e molesti rami di nocciolo. Meccanico ufficiale di questa avventura e del Team Dahü. Ama, in ordine di importanza, Carmen, i figli e i nipotini, la sua “Francigena I” e la buona tavola. Al grido di “Chi va piano va sano e va lontano” ha coronato un suo sogno: è arrivato sino a Roma. Luciano Mazzon/ Pellegrino BearLu, 04/05/1957 Insegnante (forse…), pur preferendo volare con la sua bici corsaiola ha accettato le basse medie del viaggio romano al punto da guadagnarsi il titolo di pellegrino. Avendo come animale preferito il placido plantigrado abbina la sua ricerca di pace a lunghi silenzi. Hesse, Paasilinna, Corona, sono tra i suoi autori preferiti. Mauro Ottina/ Mariuolo e Nobile da Lessona 14/10/1959 Assistente tecnico, fotografo e informatico del Team Dahü, preferisce i sentieri da percorrere in sella alla sua mtb alla strada. Con la colonna sonora di “Mediterraneo” come sottofondo è disposto a pedalare sino a sera. Il falco che è in lui cala volentieri sino alle tavole imbandite. Gewurztraminer e Gattinara sono fra i suoi vini preferiti. Ha nel cuore le pagine di Mario Rigoni Stern. Ettore Patriarca/ Re Leone 27/09/1959 Insegnante, ha scoperto la montagna da bambino grazie al nonno e non l'ha più abbandonata. Cartografo ufficiale del Team Dahü rischia 114
di perdere molte amicizie se continuerà a proporre gite troppo lunghe. Legge di tutto, il suo autore preferito è Mario Rigoni Stern. Gianni Tarabbia/ Giannino già Marchese della Prolunga 18/11/1952 Impiegato, divide la sua vita fra isole deserte e una piccola città biellese. Teme, nei suoi incubi, di non riuscire a terminare l'annuale appuntamento agonistico del Team Dahü. Tende a dimenticarsi la durezza delle salite. Grazie, anche, al suo angioletto irlandese non ha mai mollato neanche sulla più ripida delle rampe .
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Indice
Diario di Bordo di Pellegrino BearLu/Luciano
9
Diario di Bordo di Pellegrino Re Leone/Ettore
31
Itinerario Via Francigena 2010
95
Dati tecnici del Gruppo e del Viaggio
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Chi siamo
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