Il vuoto. Uno Spazio da abitare

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Urbanistica - Politecnico di Torino Docente: Cristina Bianchetti

IL VUOTO UNO SPAZIO DA ABITARE

Benedetta Ferrero Riccardo Grecu Livia Peccol Francesco Petterino Margherita Quarantiello Martina Quirico


INDICE Introduzione

LA FIGURA DELL’ASTRONAUTA

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ISS (International Space Station)

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L’ASSENZA DI GRAVITA’

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L’ILLUSIONE DELLA GRAVITA’

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DECOSTRUIRE LO SPAZIO CARTESIANO

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L’ IMPRONTA

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Conclusione


Introduzione Il punto focale del nostro corso di urbanistica è il rapporto fra il corpo e lo spazio che lo circonda: come esso si muove ed interagisce, intrattiene relazioni, vive emozioni e come questi in ambienti in cui l’uomo si muove vengono generati, inizialmente dalla natura stessa ed infine plasmati attraverso l’opera artificiale dell’essere umano, con risultati spesso inaspettati. Tale rapporto diventa quindi, delle forme di organizzazione, uso e progettazione dello spazio urbano. Il caso studio esaminato è la Stazione Spaziale Internazionale, la quale ci ha permesso di trattare varie tematiche affrontate durante il corso, infatti la ISS è un prototipo di architettura che non si trova sulla Terra, bensì nell’ambiente senza confini che è lo Spazio, caratterizzato dall’essere vuoto, privo di materia, inospitale, dove la vita umana non è contemplata. La nostra indagine ha avuto origine dalla curiosità e dalle suggestioni che può causare il riuscire ad abitare nello Spazio; se nei primi anni l’esplorazione spaziale era basata sulla competizione tra i popoli di diverse nazioni, oggi è diventata un’avventura collaborativa il cui scopo è la ricerca per l’intera umanità.

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LA FIGURA DELL’ASTRONAUTA L’epoca in cui stiamo vivendo è caratterizzata da un continuo sperimentare. L’Uomo, fin dalla sua nascita, è sempre stato alla ricerca di nuovi stimoli, rompendo man mano le barriere che lo circondano e a cui esso stesso si è adattato nell’arco di migliaia di anni. Dunque quale tipo di corpo può ricadere in questo ambito, lo Spazio, caratterizzato dall’essere vuoto? Secondo le nostre riflessioni, si tratta di un corpo stimolato, agente, capace di indurre mutamento dello stato fisico o chimico o dell’attività della sostanza vivente. Questo corpo si associa alla figura dell’astronauta, il quale rappresenta, al giorno d’oggi, il corpo idealizzato del genere umano che si proietta oltre. Il corpo dell’astronauta è sottoposto a differenti condizioni di vita, sia fisiche, come l’assenza di gravità ed il cambio del ciclo temporale, sia psicologiche, quali il lavorare a contatto con altre persone in uno spazio ristretto, la visione della solitudine della Terra nella sua interezza e soprattutto la sua assoluta dipendenza da essa; queste condizioni generano stimoli ed in funzione di questi il corpo reagisce con un accrescimento della conoscenza e del potenziale del corpo stesso, è riconoscibile non solo per il suo ingombro ma anche per la sua capacità di reazione relazionandosi con lo Spazio. Tutto questo sottolinea l’idea straordinaria di una Scienza che sembra quasi flessibile e riflessiva, capace di adattarsi alla metafora dei nostri saperi: noi sappiamo qualcosa se sappiamo come affrontarla e se sappiamo come orientare il nostro pensiero facendo. La Stazione Spaziale Internazionale è infatti un’espressione ampia della conoscenza che si applica con un investimento in capitale umano prima che economico, dove il corpo prende in considerazione l’idea di cambiare obiettivi facendo e di adattarsi a nuovi tipi di ricerca. Questo non è altro che il paradigma della nostra esperienza personale circa l’apprendere, fare ricerca e studiare.

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Ogni azione che l’ambiente esercita sull’individuo, suscita in esso una reazione.

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ISS L’oggetto della nostra indagine è l’ISS, acronimo di International Space Station. Un laboratorio di ricerca che non si trova sulla Terra bensì in un ambiente caratterizzato dal non avere confini e dall’essere vuoto: lo Spazio. “Ben presto, l’oggetto luminoso cominciò a mostrare i dettagli della sua struttura. Davanti ai miei occhi c’era una grande farfalla dal corpo argentato e dalle ali dorate: erano i moduli ed i pannelli solari della ISS.” - Umberto Guidoni. Con queste parole il primo astronauta europeo, Umberto Guidoni, descrive l’approccio di avvicinamento all’ISS, paragonando la stazione spaziale ad una farfalla dalle ali cromate e luminose. Da queste parole traspaiono l’emozione e lo stupore dell’astronauta nel vedere un oggetto “nuovo”, non paragonabile ad altri sulla Terra. L’ISS è l’esempio più significativo dello sviluppo tecnologico ed interazione umana. Questo progetto è frutto dello sforzo dei migliori ricercatori provenienti da 19 Paesi: un capitale umano distribuito in 5 agenzie spaziali (Nasa, RKA, ESA, JAXA e CSA-ASC). La sua realizzazione è frutto di investimento finanziario che supera i 150 miliardi di dollari, tale cifra, insostenibile da un singolo stato, è stato resa possibile grazie ad un approccio di costante collaborazione internazionale. Dal 1998, anno del lancio del primo modulo, sono state effettuate 350 missioni spaziali solo per componenti e rifornimenti, con il suo completamento avvenuto nel 2011. Fin dalla fase di progettazione, la sua forma e funzione è stata regolarmente cambiata per adattarsi ai nuovi obiettivi di studio ed alle esigenze dei suoi utilizzatori; alcuni moduli esistenti sono stati spostati e rifunzionalizzati. I moduli di nuova realizzazione sono stati progettati per introdurre nuovi laboratori ma anche per soddisfare le esigenze dei suoi ospiti; basti pensare alla famosa Cupola, modulo per il controllo delle operazioni extraveicolari (EVA) nonché luogo di intima contemplazione del pianeta Terra grazie alle sua pareti vetrate. L’ISS è una struttura mutabile che sa adattarsi a seconda delle esigenze di cambiamento. La Stazione spaziale internazionale è centro scientifico didattico e laboratorio dove vengono effettuati esperimenti di natura fisica, biologica sulla vita e sullo Spazio, ma è anche casa temporanea per i 7 membri dell’equipaggio che, ciclicamente, la abitano. Quelli che per noi sono normali principi che regolano la vita quotidiana, diventano difficoltà da superare ma anche un’occasione per mettere alla prova il proprio corpo. 6


Foto esterna ISS, 4 Ottobre 2018, Nasa

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L’ASSENZA DI GRAVITÀ Grazie alla gravità, il corpo di qualsiasi essere vivente, è imprescindibilmente in “contatto” con una superficie che è il suolo, (esso genera una limitazione bidimensionale dei movimenti, attraverso un piano), la sua forza viene avvertita in qualsiasi momento e circostanza, è quello che ci da un peso e regola i riferimenti spaziali durante qualsiasi istante della nostra vita. Nello Spazio, con l’assenza di gravità, i riferimenti cambiano, il corpo si ritrova privo di peso e di conseguenza orbita senza avere un orientamento definito. Il corpo deve trovare un equilibrio tra se stesso e ciò che lo circonda: essendo l’unico mezzo in grado di rendere proprio lo spazio è il corpo stesso a dare origine al suo individuale sistema di riferimento. In assenza di gravità, la concezione spaziale è sferica, come è stato affermato anche da Kubrick, regista di “2001: Odissea nello spazio”, il corpo continua a ruotare in qualsiasi direzione. Quando nasce il bisogno di relazionarsi con altri individui o oggetti, non essendo possibile definire la loro posizione corretta, il corpo ruota istintivamente per mettersi in relazione con essi. L’ingombro del corpo in uno spazio privo di gravità, riporta in mente la frase di Foucault in “Il corpo, luogo di utopia”: <<quel corpo è il frammento di spazio con il quale faccio letteralmente corpo>>. Egli stesso afferma che il corpo è ciò che definisce ciò che sta sopra, ciò che sta sotto, a destra e a sinistra, intento di sottolineare gli elementi di contiguità. Il corpo, stabilendo un sistema di riferimento, ne diventa il punto zero, il centro, l’origine.

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2001: Odissea nello Spazio, Stanley Kubrick, 1968

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L’ILLUSIONE DELLA GRAVITA’ Nei primi anni ‘60 del Novecento, i sovietici erano i leader dell’ esplorazione spaziale. L’architetto sovietico Galina Balashova, nata nel 1931, è stata la prima progettista di interni per capsule spaziali. Nel 1963 venne trasferita nel dipartimento di progettazione e costruzione di veicoli spaziali, contribuendo alla progettazione degli interni della MIR, la prima stazione spaziale modulare abitata perennemente, rimasta in orbita dal 1986 al 2001. Balashova fu il primo architetto a pensare alla progettazione dei nuovi spazi interni delle navicelle affrontando la problematica dell’assenza di gravità, tentando di ricreare la domesticità degli ambienti terrestri nello Spazio. Il suo lavoro è stato anche l’occasione per applicare i principi dell’architettura in luoghi in cui non erano stati utilizzati prima, perché appunto privi di architetture, con il tentativo di ricostruire lo spazio cartesiano in un ambiente in cui non c’è. L’architetto sovietico ideò una teoria molto semplice per progettare lo spazio senza gravità: ogni superficie sarebbe stata identificata attraverso un codice-colore, pavimento verde, soffitto blu-grigio, pareti giallo chiaro, che avrebbe contribuito a sostituire con un’illusione la gravità terrestre. Gli astronauti in questo modo, abituati sulla Terra ad avere un piano cartesiano che li orientasse, avrebbero avuto meno probabilità di disorientamento all’interno del modulo abitativo. Nel caso della MIR il colore diventa quindi origine del sistema di riferimento, obbligando il corpo ad orientarsi in base ad esso, invece di lasciare che si orienti autonomamente in assenza di gravità. Per stimolare ulteriormente l’approccio con questo nuovo spazio e soddisfare le esigenze dei cosmonauti venne progettato anche l’arredo interno, seguendo come riferimento forme e disposizioni terrestri. Nei numerosi schizzi degli interni della MIR, lo spazio richiama fortemente uno stretto legame con la Terra e costringe chi lo abita ad essere vincolato a seguire quella disposizione: le sedute, il piano di lavoro, un divano per dormire, un armadio dotato di una libreria e un tavolo pieghevole, il tutto con una gamma di colori contrastanti destinati a migliorare l’orientamento umano a gravità zero. Nella ISS invece tutti i riferimenti sopra citati vengono eliminati stimolando il corpo ad un nuovo approccio con lo spazio: ogni attrezzo è collocato alle pareti per lasciare maggior spazio per il movimento all’interno dei vari moduli e si perde totalmente ogni punto di riferimento, non esistono più un sopra o un sotto e i corpi si dispongono in maniera inedita rispetto a noi, con la testa in giù oppure trasversalmente, assumendo come riferimento gli altri corpi presenti nell’ambiente.

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L’illusione della gravità; acquerelli di Galina Balashowa, interni della MIR, 1963

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DECOSTRUIRE LO SPAZIO CARTESIANO Il voler seguire forzatamente un’impostazione terrestre, in uno spazio al di fuori dei canoni tradizionali, si contraddistingue rispetto agli interessanti sviluppi nei medesimi anni da parte della filosofia, matematica e delle scienze che tentavano di superare lo spazio cartesiano al quale si è rimasti vincolati. In architettura si cerca di sperimentare nuove soluzioni con la nascita del decostruttivismo, provando a infrangere il piano cartesiano, generatore dello spazio fino alla metà del XX secolo. Si creano nuovi ambienti apparentemente privi di geometria, asimmetrici e dissonanti: emergono la distorsione, la deformazione, il frastagliamento, la curvatura, lo stiraggio della forma portata al limite della rottura. La linea retta è sostituita dalla curva che si avvinghia in una spirale spinta nello spazio fino a penetrarlo. Tra le opere decostruttiviste contemporanee il centro culturale Heydar Aliyev a Baku, Azerbaijan di Zaha Hadid, è una delle più rilevanti. “Ci si ritrova all’interno di un vortice solido fatto di materie morbide. Un’architettura organica: così come il corpo umano è morbido e solido, anche questa architettura mostra questa dualità” -Fabrice Bousteau Soffitti. Pareti e pavimenti si prolungano in ondulazioni e torsioni fino a fondersi generando continuità. Questa architettura suscita un effetto di moltiplicazione delle prospettive, il corpo al suo interno si disorienta, la perdita dell’equilibrio e dei punti di orientamento è l’effetto più estraniante, causando anche vertigini. Questa corrente architettonica stimola anche l’utente a vivere in modo inedito ambienti innovativi. “Percorrere questi ambienti è come un continuo fluire tra uno spazio e l’altro non ci sono barriere fra spazi: è un modo nuovo di vedere le cose” - Philiph Jodidio

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Continuità tra parete, soffitto e pavimento. Zaha Hadid, Interno centro culturale Heydar Aliyev, Baku, Azerbaijan.

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L’IMPRONTA Gli spazi della ISS sono stati ideati per garantire la sopravvivenza del corpo in un ambiente ostile, attraverso la creazione di un ecosistema in cui l’uomo può vivere per brevi periodi; il progetto è stato ideato per garantire ottime prestazioni dal punto di vista scientifico ma non ha contemplato la natura umana nella sua complessità. Sulla ISS non è stata affrontata la questione della personalizzazione, lasciando che fossero gli astronauti a rendere propri gli spazi. Gli astronauti infatti, ritrovandosi in ambienti nuovi e sconosciuti, hanno istintivamente personalizzato l’ISS, lasciando un’impronta per sentirsi a casa, attuando una domesticizzazione degli spazi. L’uomo lascia il suo segno in parti che non erano destinate a quell’uso: ad esempio i pannelli di tamponatura usati come muri bianchi, dove inserire scritte o da usare come supporti per foto di amici e parenti. L’atto di lasciare impronte è un’azione spontanea intrinseca della natura dell’uomo e la storia è ricca di esempi; dalle pitture rupestri all’interno delle caverne risalenti al Paleolitico fino all’Apollo 11, il cui interno è stato usato come lavagna per contrassegnare i giorni trascorsi in orbita. Questo lasciare un’impronta è tipico dell’essere umano ed è importante dal punto di vista psicologico, poiché contribuisce a diminuire lo stress causato dall’ orbitare nel vuoto, lontanissimi dall’ecosistema a cui convenzionalmente appartiene l’uomo.

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Spacecraft 107, alias Apollo 11,alias ‘Columbia’. The Best Ship to Come Down the Line. God Bless Her. Frase scritta da Michael Collins mentre aspettava il ritorno a bordo di Neil Armstrong e Buzz Aldrin, 20 luglio 1969

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Conclusione L’uomo è in grado di adattarsi agli ambienti in cui si trova ma soprattutto di adattare tali ambienti ai suoi bisogni. Il corpo stimolato dell’astronauta infatti ha fatto sì che, in un ambiente in cui la vita umana non è contemplata, si andasse a creare un ecosistema artificiale, efficiente e modulare, al fine di permettere la permanenza, anche se per brevi periodi, dell’uomo nello Spazio inospitale. Tale ecosistema però si rivela fragile e bisognoso di continui interventi di manutenzione per poter rimanere funzionante, inoltre è totalmente dipendente dalla Terra. Basta pensare ad esempio all’intervento di sostituzione dei pannelli solari del modulo Spektr della Mir, danneggiati a causa della collisione con una navicella di trasporto Progress nel giugno del 1997: la riparazione del danno, che portò alla perdita di un terzo della potenza elettrica di alimentazione della stazione spaziale, dovette aspettare due mesi ovvero l’avvio di una nuova missione che prevedeva, oltre alla spedizione di nuovi pannelli solari, anche il cambio dell’equipaggio. L’ISS ha generato un nuovo punto di vista sulla Terra, stimolando nuovamente il corpo, in precedenza stimolato a sperimentare la vita in un ambiente inospitale, e portandolo a compiere studi sul suo ecosistema naturale. Solo attraverso la visione della solitudine della Terra nella sua interezza si può comprendere quanto sia fragile e bisognosa di attenzioni.

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Bibliografia -Giardiello, Paolo. Smallness Abitare Al Minimo. Napoli: Clean, 2009: 9-29 -Aymonino, Carlo. L’Abitazione Razionale Atti Dei Congressi C.I.A.M. 1929-1930. 8.th, ed. Venezia: Marsilio, 1982. Print. Polis. Quaderni Di Architettura E Urbanistica 10 -Costa, Marco. Psicologia Ambientale E Architettonica Come L’ambiente E L’architettura Influenzano La Mente E Il Comportamento, Nuova Ed. Aggiornata ed. Milano: Angeli, 2013. Print. Psicologia. Textbook 27 Sitografia -Space architecture - Wikipedia -A Day in the Life Aboard the International Space Station -What’s it like to live on the International Space Station? -La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) - PDF - “SPAZIO BASE EUROPA. Come utilizzare per la Terra la Stazione Spaziale Internazionale” -Gelato nello spazio! -Come finirà la “vita” della ISS -https://www.esa.int/ita/ESA_in_your_country/Italy/Luca_Parmitano -https://www.esa.int/Science_Exploration/Human_and_Robotic_Exploration/International_Space_Station/About_the_International_Space_Station -https://circapress.com/books/architecture/international-space-station/david-nixon -http://spacearchitect.org/publications/ - h t t p s : / / n t r s . n a sa . g o v / a r ch i v e / n a sa / c a si . n t r s . n a sa . gov/20110011268.pdf

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