POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura e Società Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura
L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA NELLA VALLE DEI MOTORI Dal progetto Formula Uomo al nuovo Museo Enzo Ferrari Relatore: Prof. Matteo Gambaro Studenti: Alessandro Leoni Martina La Vista
Anno accademico 2010/2011
POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura e Società Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura
L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA NELLA VALLE DEI MOTORI Dal progetto Formula Uomo al nuovo Museo Enzo Ferrari
Relatore: Prof. Matteo Gambaro
Studenti: Alessandro Leoni 731362 Martina La Vista 731746
Anno accademico 2010/2011
INDICE Introduzione
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1. Il mito Ferrari
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1.1. La nascita della fabbrica
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1.2. A Maranello
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1.3. Il rosso Ferrari e il cavallino
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1.4. La pista di Fiorano
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1.5. La galleria Ferrari .
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2.1. La catena di montaggio o la produzione a isole?
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2.2. La fabbrica dei sogni
2. La formula uomo
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3.1. L’organizzazione e la distribuzione
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3.1.1. La Gestione Gran Turismo
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3.1.2. La Gestione Sportiva
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3.4 Lo Stabilimento Verniciatura .
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3.5 Il Centro Sviluppo Prodotto
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3.6 Il Ristorante .
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3.7 Le Nuove Linee di Montaggio .
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3. Il campus Ferrari a Maranello
3.2 La Galleria del Vento
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3.3 Lo Stabilimento Meccanica
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4. Il sogno di un museo a Modena: la casa natale di Enzo Ferrari
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4.1. La nascita della Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari .
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4.2. Il bando di concorso
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4.3. I progetti in gara .
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4.3.1. Aldo Cibic & Partners
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4.3.2. Mario Cucinella
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4.3.3. Massimo Iosa Ghini
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4.3.4. Cino Zucchi .
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4.3.6. Sauerbruch & Hutton Architects .
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4.3.7. Mathias Klotz
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4.3.8. Future Systems
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5. Future Systems e la realizzazione di Open Hand
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5.2. Future Systems: la poetica e i progetti
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5.3. Il Museo Casa Natale Enzo Ferrari
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A. Documentazione tecnica di progetto
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Fonti delle immagini
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Bibliografia .
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4.3.5. Franรงois Confino e Hunger
5.1. Jan Kaplicky
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5.3.1. I protagonisti
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5.3.2. Il progetto e le tecnologie Conclusioni .
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INTRODUZIONE Ogni luogo è caratterizzato da una peculiarità. Questa si riflette nella cultura, negli usi e nei costumi della gente che lì vive e spesso costituisce motivo di orgoglio. Il territorio della città di Modena, in Emilia Romagna, possiede una tradizione motoristica sviluppata da generazioni che gli ha valso il nome di Motor Valley1 - Terra dei Motori. Il suo patrimonio in questo campo è caratterizzato da una grande varietà: 43 aziende (settore auto-moto), 6 musei istituzionali privati e 3 pubblici dedicati al mondo dei motori, 4 musei sia pubblici che privati riconducibili al tema della meccanica, 11 collezioni private di auto, moto e altri mezzi meccanici, 5 autodromi e circuiti, 188 tra club e scuderie. In questo caso quantità e qualità viaggiano parallele. Ferrari, Ducati, Lamborghini, Maserati, De Tomaso, Dallara, Malaguti, Morini sono nomi al top del prestigio mondiale e da sempre simbolo di fascino e potenza. Per questo motivo nel 1999 nacque il progetto “Terra dei Motori”, il quale ha assunto veste ufficiale nel 2000 come una delle iniziative di “Bologna 2000, Capitale Europea della Cultura”. Scopo di tale progetto è creare un network che colleghi tutti i musei e le istituzioni culturali inerenti al mondo dei motori. Nel 2001 l’Azienda di Promozione Turistica dell’Emilia Romagna seppe cogliere le grandi potenzialità del progetto e decise di promuoverlo attraverso una mappatura della regione basata su questa peculiarità. In questo modo si è sviluppato un target di turisti che visitano il territorio modenese sulla scia della passione per i motori. Questo progetto apporta beneficio a vari settori quali, oltre al turismo, le attività produttive complementari, gli enti e gli istituti di formazione e ricerca (università, scuole di restauro, istituti professionali) e in generale la cultura motoristica. La base di un vero e proprio marketing territoriale. Progetto interregionale coordinato dalla Regio Emilia Romagna attraverso l’Assessorato Regionale al Turismo e Commercio. Indirizzo di riferimento: www.motorvalley.it 1
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Nel 2010 il progetto Motor Valley e in particolare la parte sviluppata dalla casa automobilistica Ferrari sono stati presentati alla mostra Urbanpromo2, tenutasi a Venezia, grazie alla collaborazione congiunta tra Regione Emilia Romagna, Provincia di Modena, Comune di Modena e di Maranello. Oggetto dell’esposizione sono stati l’ampliamento dello show room Maserati a Modena, la nuova pista prove di Marzaglia, il PSC di Maranello che prevede la nuova Biblioteca Comunale, progettata da Arata Isozaki, e la torre panoramica ideata da Piero Lissoni, il Campus Ferrari, sempre a Maranello, ed il nuovissimo Museo Enzo Ferrari a Modena. L’interesse che gli enti pubblici hanno dimostrato nei confronti di questo sistema dà prova dell’importanza attribuitagli come fonte di ricchezza e innovazione nel governo del territorio. Va sottolineato l’atteggiamento delle Amministrazioni nei confronti di una qualità architettonica che sfida la mentalità conservativa tipica di queste zone. La storia e la tradizione sono fortemente radicate e influenzano il gusto e lo stile ricercato dalle committenze, allo stesso tempo i progettisti non escono da questi canoni per non deluderne le aspettative e le Amministrazioni, troppo spesso, temono le critiche. Questo si traduce in soluzioni architettoniche di compromesso dove materiali ed elementi stilistici della tradizione vengono accostati a forme contemporanee solo accennate. Negli ultimi anni la ricerca nel campo del car design è andata di pari passo con lo sviluppo dell’architettura all’interno della quale viene svolta. Tuttavia la cultura automobilistica non è riuscita ad influenzare in questo senso il pensiero comune, per il quale la qualità architettonica resta ancora qualcosa di superfluo.
Evento culturale di riferimento per i temi della rigenerazione urbana e del marketing urbano e territoriale. Indirizzo di riferimento: www.urbanpromo.it 2
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1. IL MITO FERRARI 1.1 La nascita della fabbrica La storia della Ferrari come fabbrica di automobili si può fare risalire alla costituzione della Scuderia Ferrari nel 1929 da parte di Enzo Ferrari.
Immagine 1.1 Enzo Ferrari al comando di un’Alfa Romeo, 1924
Uomo, pilota, agitatore, costruttore, industriale, Enzo Ferrari nacque a Modena il 20 Febbraio 1898. I genitori, ambedue di Carpi, abitavano all’estrema periferia della città in una casa modesta annessa all’officina di carpenteria metallica dove il padre costruiva ponti e tettoie per le Ferrovie dello Stato. Con il mondo delle corse automobilistiche prese contatto a 10 anni quando il padre lo condusse a vedere una manifestazione che si svolgeva nel circuito di Bologna e sulla Via Emilia. La passione per le automobili da corsa e il sogno di diventare corridore lo spinsero a spostarsi prima a Torino nel 1918, dove, non essendo stato assunto alla Fiat, cominciò a lavorare in un’officina, poi a Milano nel 1920, all’Alfa Romeo, finalmente come pilota. Ferrari svolse questo ruolo dal 1919 al 1924 con buoni risultati, poi cominciò a preferire l’attività di organizzatore e di “agitatore”, come si è definito più volte. Da qui la decisione di fondare una propria scuderia. Scopo della Scuderia era quello di assistere i clienti
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dell'Alfa che, dal tempo in cui la fabbrica milanese aveva cominciato a intraprendere un'intensa attività sportiva, erano divenuti parecchi. Inoltre, l'Alfa a un certo punto non ritenne più di continuare sullo stesso ritmo nel campo delle auto da corsa: le premeva far sì che alcune delle sue energie migliori tornassero alla produzione normale. Così Ferrari andò piano piano conquistandosi un'autonomia che gli consentì l'assunzione diretta dei piloti più validi disponibili sulla piazza e costituì una sua squadra ufficiale. Con questa organizzazione si sostituì, in pratica, all'Alfa Romeo anche per quanto riguardava la soluzione di certi problemi tecnici, sia pure avvalendosi, in prevalenza, di uomini e di mezzi fornitigli da essa.
Immagine 1.2 Autocarri della scuderia Ferrari per il trasporto delle vetture
La Scuderia Ferrari disponeva di una propria sede a Modena in via Trento e Trieste e di autocarri per il trasporto delle vetture; l'importanza che essa assunse con il passare del tempo è testimoniata dal gran numero di gare alle quali essa prese parte sin dal suo quarto anno di attività (1932). Furono complessivamente
trentanove e, in
totale, i piloti della Scuderia
conquistarono, quell'anno, 26 primi posti assoluti, 13 secondi posti, 12 primi posti di categoria.
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Com'è facile intuire, lo spirito d'iniziativa di Enzo Ferrari, il fatto che egli si considerasse un "agitatore", la sua disposizione al comando, crearono una certa rivalità fra Milano e Modena. L'Alfa Romeo gli aveva affidato la gestione delle sue macchine da corsa, ma egli aveva preso le sue funzioni alla lettera. Inoltre, col ritorno in forze dei tedeschi, nel 1934, e con l’incalzare del calendario agonistico si rese necessario mettere in pratica soluzioni che non potevano, tutte le volte, essere concordate con l'Alfa. Avvenne così, inevitabilmente, che alcune delle vetture più significative recanti il marchio Alfa Romeo nascessero, in realtà, a Modena, come la Bimotore del 1935 e la 158 del 1937 che Ferrari si è attribuito interamente. Nel 1938
Enzo
Ferrari
venne
nominato
direttore
sportivo
della
casa
automobilistica milanese, un incarico che lasciò quasi subito per divergenze insanabili fra lui e l'allora direttore generale dell'Alfa. La Scuderia cessò di essere la longa manus dell'Alfa Romeo; tuttavia una clausola del contratto firmato a suo tempo vietava a Ferrari l'uso del proprio nome per quattro anni relativamente al settore automobilistico. Questo divorzio lo spinse a tornare a Modena definitivamente. Dirà poi: Io sono attaccato a questa mia terra oserei dire in modo feroce. Un attaccamento che non esisteva in altri tempi quando lavoravo a Torino, a Milano. Erano paesi che mi dicevano anche molto più della mia terra piatta, monotona, nebbiosa, con una calura estiva esagerata, senza laghi, senza spiagge, con modeste colline all’orizzonte. Ma non so se avrei potuto ottenere gli stessi risultati se fossi rimasto lassù. 3 Con il ricavato della soppressione della Scuderia, che era una società anonima, e con i suoi risparmi, Enzo Ferrari fondò a Modena la "Auto Avio Costruzioni" che si occupò di varie cose (motori a 4 cilindri per aerei-scuola, macchine utensili e rettificatrici oleodinamiche) fra cui
anche di
automobili. La prima vettura della nuova società fu la 815, ma non potè essere chiamata Ferrari per le note ragioni. Fra l'altro la 815 era una Ferrari sino a un certo punto in quanto utilizzava parti meccaniche Fiat. 3
Casucci, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 16
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Immagine 1.3 Auto Avio Costruzioni 815
Con l’inizio della seconda guerra mondiale furono cancellate tutte le competizioni sportive. Ferrari, così, si concentrò sulla produzione di macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfera. La guerra, però, incalzava e nel 1943, per motivi logistici, la fabbrica fu spostata da Modena a Maranello, in un terreno di proprietà di Enzo Ferrari. I motivi logistici, in realtà, a parte qualche piccola sovvenzione assegnata secondo il piano di decentramento industriale, consistevano nella diffusa paura che i tedeschi avrebbero bombardato i grandi centri abitati e che quindi le piccole cittadine di periferia fossero più sicure. Non fu così: nel novembre del 1944 e nel febbraio del 1945 gli stabilimenti vennero bombardati e parzialmente distrutti.
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Immagine 1.4 Gli stabilimenti Ferrari dopo il primo bombardamento, 1944
1.2 A Maranello Piccolo borgo nella provincia di Modena, nato intorno al castello medioevale costruito dagli Araldici nobili di Marano, Maranello era una paese contadino che la Ferrari ha fatto diventare la capitale mondiale delle auto sportive. Dirà Ferrari: Mi ritrovo in questi luoghi e riconosco certi alberi, certi casolari, certi fossi, quel profilo lontano del Monte Cimone. Il mio lavoro ha cambiato qualcosa? Maranello era un paesino di 1500 anime. Oggi è ingrossato conta piÚ di 11.000 abitanti, ha la fabbrica che porta il mio nome, ha un istituto professionale che porta il nome di mio figlio Dino, con annessa officina e attrezzature sportive. Poco lontano, al confine con il comune di Fiorano, affiora nel verde del pedemontano il tracciato di una pista di collaudo. Su questa pista, lungo questi rettifili che io ricordo polverosi e percorsi dai buoi, sfrecciano macchine insolite. Posso dire di aver fatto qualcosa? Posso dire di aver esaudito i sogni e le passioni di un ragazzo?4
4
Casucci, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983,p. 9
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Con la fine del conflitto Ferrari rinunciò alla costruzione di macchine utensili e si dedicò alle automobili. Ormai poteva farlo, il contratto vincolativo con l'Alfa Romeo era scaduto. La sua entrata sul mercato alla fine degli anni Quaranta coincide con una radicale trasformazione dei cicli produttivi dell'automobile che si distaccavano dall'era pionieristica dei vari Carl Benz, Andre Citroen, Henry Ford e Louis Renault, i quali, all'inizio del secolo, avevano creato le loro aziende mescolando alla capacità imprenditoriale una forte personalità ed un protagonismo che portavano spesso alla partecipazione a grandi eventi sportivi più per volontà ed orgoglio personale che per interessi aziendali. L'automobile stava entrando nell'epoca dei mercati internazionali, dei grandi settori industriali nazionali, delle fusioni societarie a scale finanziarie altissime: il mondo dell'auto si stava spersonalizzando, stava diventando freddo, separando il marchio dalla figura del produttore, dal personalismo del costruttore che sta a guida dell'impresa. Ferrari inventa la sua Marca sostituendosi nel cuore degli automobilisti proprio a quei pionieri che negli anni Venti avevano fatto la storia dell'automobile, incarnando in tutto e per tutto i valori propri di quei grandi personaggi del passato: la sfida sportiva, la produzione di beni di lusso, riservati a pochi, quando le grandi marche si lanciavano nella produzione di auto di massa, la scelta in prima persona dei modelli da produrre e delle soluzioni tecnologiche da adottare, in un momento in cui gli altri per aumentare la produzione si affidavano a soluzioni più semplificate ed economiche.
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Immagine 1.5 Il reparto corse dello stabilimento Ferrari
Un altro importante passo fu fatto quando Ferrari intraprese la produzione dei modelli da strada, iniziando una proficua collaborazione con i carrozzieri piÚ prestigiosi che hanno segnato la storia del car-design degli ultimi cinquant'anni: nomi come Scaglietti, Bertone e Pininfarina hanno indissolubilmente legato il loro nome a quello della casa di Maranello, firmando auto che sono entrate nella storia delle Gran Turismo. Vi arrivò sulla scia dei successi che le sue macchine da corsa ottenevano e dell'interesse che suscitavano fra gli sportivi in generale.
Immagine 1.6 La linea di montaggio delle Gran Turismo
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Ferrari rivela, comunque, che sin dalla costruzione della prima 1500 si era proposto
un
programma
ambizioso.
Quando
era
all'Alfa
Romeo,
quest'ultima mirava a produrre una vettura al giorno. Pensò di fare altrettanto. In realtà ha abbondantemente superato questo obiettivo, grazie anche al concorso della Fiat che dal 21 giugno del 1969 è diventata socio paritetico della Ferrari. Crisi petrolifera a parte, la piccola fabbrica di Maranello avrebbe assunto le proporzioni di una vera e propria fabbrica di automobili sia pure di medie dimensioni? Enzo Ferrari l'ha sempre escluso. Piccolo centro rurale, Maranello si è parzialmente convertito per opera di Ferrari ad attività industriali, ma il suo cittadino più rappresentativo non ha mai voluto che la sua fabbrica divenisse un'industria. Non si è sentito di farlo per il semplice motivo che non ha mai ritenuto di possedere la stoffa dell'imprenditore. Ci si chiederà perché non ho mai tentato di trasformare la fabbrica in una grande industria. Non lo so. Io non ho mai pensato di poter fare l’industriale, ho sempre creduto di dover fare il costruttore, perché l'industria ha delle necessità che non potevo assimilare in quanto antitetiche al mio temperamento di promotore di ricerche.5
Egli ha giustificato l'autodefinizione di "agitatore" con il desiderio costante di inserire ogni giorno qualcosa di nuovo sulle sue macchine e di stimolare gli altri a far meglio. E questo modo di procedere è indubbiamente la negazione del concetto di industria, di produzione in serie. Al contrario, egli ritiene che questo disegno sia giovevole a una piccola fabbrica qualora, soprattutto, si occupi di corse. Le innovazioni suggerite dalle competizioni domenicali possono essere trasferite sulle auto di normale produzione in un breve lasso di tempo. 5
Casucci, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 25
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1.3 Il rosso Ferrari e il cavallino Attraverso sessant'anni di storia la casa di Maranello non ha mai abbandonato e mai abbandonerà, secondo le affermazioni dell'attuale dirigenza, le scelte strategiche di partenza che furono proprie del fondatore. Tra queste la chiarezza ed identificabilità del marchio, il cavallino nero su fondo giallo, e del colore rosso che non è mai cambiato, anche quando l'introduzione degli sponsor in Formula1 ha poi stravolto la logica dell'assegnazione dei colori nazionali alle auto che partecipavano al campionato mondiale. Il famoso Rosso-Ferrari Rosso-Passione in realtà è quello di tutte le vetture da Gran Premio italiane, una tinta stabilita dalla Federazione internazionale dell'automobile nei primi anni del secolo. Così, le tedesche sono argentate, le inglesi verdi e le francesi blu. Eppure, nessuna altra marca si è impossessata del colore in questo modo, facendone il proprio cavallo di battaglia. A proposito di cavalli, il marchio che contraddistingue le vetture Ferrari ha un'origine eroica. L’aviatore Francesco Baracca, medaglia d'oro della prima guerra mondiale, lo aveva adottato come emblema personale, dipingendolo sulla fusoliera del suo aereo. Al termine del conflitto i genitori di Baracca affidarono l'immagine del Cavallino a Enzo Ferrari, che lo assunse (apponendolo su uno scudo giallo, colore della città di Modena) quale simbolo della Scuderia automobilistica da lui fondata.
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Immagine 1.7 Francesco Baracca, aviatore
Questi punti cardine della filosofia Ferrari dal punto di vista della comunicazione
sono
estremamente
importanti
perché
garantiscono
un
messaggio commerciale chiaro, senza compromessi e senza l'esigenza di inventare continuamente formule differenti per occupare nuovi settori di mercato. Sono i clienti a cercare il marchio Ferrari, rafforzando esponenzialmente il marchio stesso, contribuendo ad alimentare un’immagine costruita attraverso una costanza ferrea di contenuti. Non esistono pubblicità, ne sconti o promozioni di vendita; la Ferrari deve essere desiderata da chi l'acquista con una motivazione che risulta identica in tutto il mondo. I proprietari diventano parte di un’elite di pochi e fortunati, contribuendo cosí a costruire il mito del cavallino rampante.
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Come industriale, una prima crisi Enzo Ferrari la visse dopo la morte del figlio Dino, avvenuta nel 1956. Il dubbio di chi avrebbe continuato la sua opera, ora che il suo successore naturale era scomparso, lo angosciava. La Ford americana si dimostrò molto interessata alle sorti della Ferrari e si disse disposta a firmare un accordo che avrebbe lasciato a Enzo Ferrari apparentemente molta autonomia per quanto riguardava il settore corse e quasi nessuna relativamente alla produzione di vetture Gran Turismo. Ma non se ne fece nulla, nonostante il fatto che questa fosse la combinazione auspicata
dall'interessato
in
quanto
gli
consentiva
di
dedicarsi
interamente, o quasi, alle vetture da competizione. Nel 1969, per far fronte alle crescenti richieste del mercato, Enzo Ferrari cedette al Gruppo Fiat il 50 per cento delle sue quote azionarie, percentuale salita al 90 nel 1988. Fu nell'assoluto rispetto della sua personalità e dei suoi desideri che venne concluso l'accordo con la Fiat, che lui stesso definirà come «la giusta destinazione per l'azienda alla quale ho dato vita». 6 Il matrimonio Ferrari-Fiat non ha prodotto alcun cambiamento sostanziale nella vita della Ferrari, salvo il potenziamento della produzione delle vetture Gran Turismo.
1.4 La pista di Fiorano Alla fine degli anni Sessanta, stanco di girare il mondo per provare le sue automobili, iniziò a lavorare al progetto di una immensa pista di prova che riproducesse esattamente i punti più difficili e impegnativi dei circuiti da gara. Così, a due passi dalla fabbrica, nel 1972 nacque la pista di Fiorano. Un circuito unico al mondo perché il tracciato fu progettato e realizzato solo ed esclusivamente per provare le vetture da corsa, per allenare i piloti, per addestrare i meccanici e il team di Formula Uno. A Fiorano tutto è 6
Casucci, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 152 17
dedicato a una sola macchina e non c'è spazio per il pubblico. Vi si può trovare però una vera e propria piccola cittadella costruita su misura. Non manca infatti una villetta, un'officina per interventi occasionali, un ampio parcheggio e alcuni locali adibiti a uffici. Le costruzioni sono bianche con porte e finestre di colore rosso, mentre la base delle palazzine è contornata da una fascia in mattoncini: sembrano più delle case rurali che non box di vetture da corsa. Anche questa fu una precisa volontà di Ferrari: inserire perfettamente il complesso pista-costruzioni nel contesto campagnolo della zona, senza deturpare quei paesaggi a lui tanto cari.
Immagine 1.8 Pista di collaudo di Fiorano
Nel 1977 Enzo Ferrari diede le dimissioni da presidente della società da lui creata. Il motivo è che non ha più voluto occuparsi della produzione delle Gran Turismo, per dedicare tutto il suo tempo al reparto corse, il solo che veramente lo avesse mai interessato. Muore dieci anni più tardi, il 14 Agosto del 1988 a Modena.
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1.5 La Galleria Ferrari Appena due anni dopo la morte di Enzo Ferrari, prese corpo l'idea di realizzare il museo Ferrari allo scopo di celebrare le sue imprese. A lui probabilmente questo non sarebbe piaciuto; avrebbe preferito distruggere le vecchie Ferrari, ormai tecnologicamente superate. Nel 1990, presso il Centro civico di Maranello, è stata inaugurata dal Comune la Galleria Ferrari e, cinque anni dopo, l'azienda ne ha assunto la gestione diretta curandone la ristrutturazione ultimata nel 1996. In un solo anno è stata visitata da oltre 80 mila persone. Un tributo ben realizzato e che offre un percorso ideale attraverso la storia dell'azienda e la sua cultura tecnica e sportiva, consentendo di ammirare alcuni fra gli esemplari più rari delle vetture con il cavallino rampante.
Immagine 1.9 Galleria Ferrari a Maranello
Il percorso della rassegna è diviso in più sezioni dedicate al Commendatore, alla Formula Uno, ai trofei, e quella fotografica che traccia la storia sportiva della Ferrari, con una grande vetrina contenente i modellini originali realizzati per studiare il comportamento della vettura nel tunnel del vento. Ci sono vetture rarissime e introvabili, macchine che neanche la casa di Maranello possiede, proprio per l'atteggiamento sempre ostile del Commendatore verso le vecchie auto.
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Solo nel 1997 il Gruppo Ferrari acquista l'attuale configurazione. Fiat infatti cede a Ferrari il 50% di un altro storico prestigioso marchio dell'automobilismo, la Maserati, rilevata da Fiat nel 1993, percentuale salita al 100% nel 1999. La storica casa modenese di vetture sportive, da sempre marchio di eccellenza e di eleganza, protagonista indiscussa della tradizione automobilistica italiana e antica rivale sulle piste della Ferrari, diventa cosĂŹ parte integrante del Gruppo Ferrari-Maserati. Ăˆ sul marchio modenese, che la dirigenza di Maranello, dal 1992 nelle mani di Luca Cordero di Montezemolo, ha puntato per colmare un nuovo settore di mercato che Ferrari, per scelte e coerenza di fondo, non vuole occupare: quello delle granturismo a quattro porte. Sotto la guida di Montezemolo il settore corse ha conosciuto uno sviluppo incredibile coronato da una serie di successi consecutivi che hanno portato le Formula1 ai vertici mondiali dopo anni bui. Allo stesso tempo il settore delle Gran Turismo ha, attraverso l'operazione Maserati, ampliato i propri confini di mercato nonchĂŠ consolidato la leadership Ferrari nei settori d'elite.
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1. LA FORMULA UOMO 2.1 La catena di montaggio o la produzione a isole? Come ci insegna Karl Marx nel primo libro di Das Kapital, la natura degradante del lavoro in fabbrica non è resa migliore dal cambiamento delle condizioni materiali in cui questo viene svolto. «Oggi più che mai, la ricchezza della nostra società è fondata su una "immane raccolta di merci", il cui valore è stabilito principalmente dal prezzo della forza-lavoro dell'uomo. Purtroppo però, le macchine e lo spazio che le contiene non sono fattori determinanti di questo prezzo».7 La Germania, nella quale Marx nacque e visse, vide, nella prima fase del capitalismo, l’affermazione di potenti cartelli finanziario-industriali i quali controllavano buona parte dell’economia nazionale. Al contrario, in America, i capitalisti erano maggiormente aperti all’innovazione e avevano un approccio al problema economico decisamente più aperto.
Immagine 2.1 La catena di montaggio
E’ nei primi anni del Novecento che si inserisce la vicenda di Henry Ford, fondatore della Ford Motor Company. Egli, partendo dalla sua officina casalinga
nel
Michigan,
ampliò
progressivamente
la
sua
attività
concentrandosi soprattutto su due aspetti: la realizzazione di una vettura 7
Atticciati, La rivoluzione di Henry Ford, <http://www.storico.org/Ford.htm>, 2002. 21
con pezzi standardizzati e il contenimento dei costi per poter creare un bene che fosse accessibile ad un pubblico più ampio. Ford si poneva il problema della sua attività industriale in un approccio globale al problema economico in tutti i suoi aspetti. Si propose quindi l’obbiettivo di contenere i prezzi dei beni prodotti mediante la riduzione dei tempi di lavorazione. Tale politica era da realizzarsi attraverso l’utilizzazione delle catene di montaggio, che, anche se limitavano la creatività del lavoro (problema di cui fu sempre cosciente), lo rendevano, per quei tempi, molto più leggero. La novità risultò effettivamente gradita ai lavoratori. Particolare attenzione fu prestata alle condizioni dell’operaio: non doveva prestare la sua opera in un ambiente malsano e insicuro, doveva disporre di tempo libero da dedicare ad attività ricreative, ma soprattutto doveva disporre di una maggiore tranquillità economica. Una buona paga consentiva un maggiore attaccamento al lavoro da parte dell’operaio, una maggiore pace sociale, e una proficua circolazione della ricchezza.
Immagine 2.2 Stabilimento Ford di River Rouge, progettato da Albert Kahn
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Gli effetti del “fordismo”, la tendenza industriale da lui creata, si fecero vedere presto nella società americana. Negli anni Venti, buona parte della popolazione viveva in condizioni non facilmente raggiungibili per la maggior parte degli europei, che videro gli stessi benefici solo alcuni decenni più tardi. Nei cosiddetti “anni ruggenti” era normale per una famiglia operaia disporre di automobile, di radio o di altri elettrodomestici, e il livello di istruzione era decisamente più alto rispetto a quello di qualsiasi altra parte del mondo. Questo nuovo sistema di produzione, però, necessitava di nuovi ambienti di lavoro, progettati su misura. Non cambiarono solo le dimensioni degli stabilimenti, i quali si ingrandirono in maniera esponenziale, ma cambiò anche l’ottica con la quale essi venivano pensati. Albert Kahn, l'architetto di Henry Ford, progettava edifici-macchina adatti ad ospitare le catene di montaggio
della
casa
automobilistica
di
Detroit,
con
le
uniche
preoccupazioni della flessibilità spaziale, dei costi e della rapidità di costruzione. Ne sono un esempio lo stabilimento in via Picket a Detroit, l’impianto Highland Park e lo stabilimento di River Rouge.
Immagine 2.3 Stabilimento Ford di River Rouge, Dearborn, Michigan
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Spostandoci per un attimo in Italia, nello stesso periodo, a Torino, ritroviamo questo tipo di architettura nella fabbrica del Lingotto, progettata per la FIAT da Giacomo Mattè Trucco. L'impianto del Lingotto ha infatti riprodotto la struttura dell'impianto fordista a Highland Park, il più grande impianto mai costruito negli Stati Uniti, quello in cui è stata costruita la prima linea di montaggio. Il successivo stabilimento industriale di River Rouge, istituito sulle rive del River Rouge a Detroit, era dieci volte più grande e vi lavoravano, al picco della produzione, 105.000 operai. Esso era organizzato in diversi comparti, ad ognuno dei quali era assegnata una particolare lavorazione. In questo modo tutta la produzione avveniva all’interno delle sue mura il che rendeva lo stabilimento completamente autosufficiente, anche dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. Seppure, sotto alcuni aspetti, il percorso della Ferrari sembri essere ispirato a quello delle industrie Ford, i presupposti dai quali sono partiti i due fondatori sono quasi opposti. Se fosse dipeso da Ferrari, infatti, l'azienda di Maranello non avrebbe mai prodotto nulla in serie, ma avrebbe solo sfornato tanti prototipi, uno diverso dall'altro. Lui doveva offrire sempre il meglio, sia ai clienti sportivi sia a quelli che sceglievano una Ferrari per muoversi nel traffico. Poco importava quindi se, di volta in volta, si doveva bloccare il processo produttivo per introdurre una miglioria. Ferrari pertanto aveva apportato alcune sue personalissime modifiche al concetto di “catena di montaggio”: gli operai non ripetevano all'infinito una stessa operazione, ma svolgevano il lavoro per gruppi, in modo tale che potessero riconoscere qualcosa di proprio, qualcosa di personale in ogni Ferrari costruita. In questo modo, tra l'altro, si risolvevano anche i problemi psicologici derivanti da ritmi di lavoro troppo ripetitivi e c'era maggiore flessibilità produttiva, con una più alta capacità di apportare modifiche in corsa, cioè senza bloccare l'intera linea di montaggio. Una
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specie di “produzione a isole”, come poi molti altri costruttori battezzarono questo sistema.
Immagine 2.4 Stabilimenti Ferrari, montaggio vetture
2.2 La fabbrica dei sogni A partire dal 1997 Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, contemporaneamente all'acquisto della Maserati, annuncia il progetto denominato "Formula uomo", cioè una nuova filosofia aziendale che rivoluziona la concezione dello spazio di lavoro, in termini che conducono l'architettura a rappresentare l'immagine della casa automobilistica sia sul piano delle stesse qualità estetiche e tecnologiche delle vetture che produce, sia in una più ampia accezione etica relativa al rapporto tra lavoratori e ambiente produttivo. Le officine e le palazzine direzionali Ferrari sono state trasformate in un vero e proprio Campus per la produzione di auto prestigiose, raccogliendo dalle mani del fondatore Enzo, quei contenuti e quelle convinzioni che hanno contribuito alla costruzione del mito, per svilupparli ed adattarli ai mercati e ai sistemi di produzione del XXI secolo.
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Immagine 2.5 Campus Ferrari a Maranello, Ristorante
Nasce cosÏ una nuova immagine del luogo di lavoro e di produzione meccanizzata, un luogo in cui c'è perfetta coincidenza tra il prodotto e il mezzo e le tecniche di produzione. Montezemolo ha promosso una sorta di master plan delle officine di Maranello, sviluppando la progettazione di nuovi spazi e ripensando il ruolo dei vecchi edifici, reinserendoli in un sistema unitario e dall'efficace impatto in termini di comunicazione del brand verso i potenziali mercati.
Immagine 2.6 Campus Ferrari a Maranello, Meccanica
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Secondo il Presidente del Gruppo Ferrari Maserati, l'ufficio come la fabbrica devono contribuire a migliorare la qualità della vita di chi vi opera, garantendo una alta ricercatezza per quanto riguarda la qualità degli spazi e la pulizia. Effettivamente sorprende osservare i pavimenti e i macchinari delle officine, perfettamente lucidi, anche durante i cicli produttivi, e scorgere operai intenti ad lavorare circondati da selve di piante collocate in isole verdi sparse all'interno dei capannoni. Il progetto per il rinnovamento del layout degli stabilimenti produttivi di Ferrari si basa sul concetto dell'uomo visto come fulcro attorno al quale ruota la realizzazione degli edifici e la loro funzionalità, da qui il nome Formula Uomo. Luminosità, climatizzazione, controllo della rumorosità, aree verdi, unitamente alle tecnologie più avanzate, sono le peculiarità di questa nuova realtà. L'insieme delle strutture Ferrari è concepito per rafforzare, anche architettonicamente, il rapporto tra attività e risultato. A Maranello gli architetti che sono intervenuti negli ultimi anni, scelti personalmente da Montezemolo, sono stati invitati a seguire strettamente una sorta di manuale di ergonomia, messo a punto dai progettisti modenesi, che indicasse esattamente come e dove collocare gli spazi da progettare e quali caratteristiche questi dovessero avere, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per quanto riguarda la qualità della luce, dell'aria, del verde presenti in ciascun ambiente. L'idea è quella di fornire un'immagine dell'azienda ai numerosi visitatori, nonché potenziali compratori, che arrivano a Maranello da tutte le parti del mondo, che si bilancia tra alto livello tecnologico ed elevato grado di umanizzazione dei luoghi di lavoro. Il messaggio da trasmettere è caratterizzato dalla compresenza nel marchio di tradizione ed evoluzione che rappresenta il fascino e la forza di Ferrari, una simbiosi tra un lavoro fortemente manuale e l'elevato livello di sofisticatezza dei macchinari utilizzati.
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Immagine 2.7 Campus Ferrari a Maranello, Stabilimento Meccanica
Splendenti
vetture
classiche
e
contemporanee
sono
posizionate
strategicamente intorno alle postazioni di lavoro, per i lavoratori che devono concentrarsi sui piccoli dettagli delle componenti del motore. Mentre sono al lavoro un team specializzato pulisce l’area 4 volte al giorno per assicurare le migliori condizioni di lavoro, incoraggiando il senso di orgoglio e di eccellenza in ogni aspetto del processo produttivo che darà vita a una nuova Ferrari. La luce naturale inonda ogni area mentre il livello del rumore non supera mai i 73 decibel facilitando la concentrazione dei lavoratori. Le numerose piante forniscono la vegetazione necessaria per ossigenare e purificare l’area, offrendo ai lavoratori degli spazi di relax per fare delle regolari pause. L’umidità e la temperatura vengono controllate attentamente, per mantenere un ambiente di lavoro confortevole indipendentemente
dalle
variazioni
climatiche
esterne.
Sul
tetto
dell’edificio pannelli solari vengono impiegati per convertire l’energia solare in energia utile alle lavorazioni meccaniche. All’esterno dell’edifcio i lavoratori utilizzano per i loro spostamenti biciclette Ferrari, a fianco alle nuove vetture che vengono testate.
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Questo investimento che Ferrari ha fatto sull’ambiente di lavoro e sui suoi dipendenti, le è valso il titolo di “Migliore Posto d lavoro in Europa” nel 2007.
Immagine 2.8 Campus Ferrari a Maranello
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3. IL CAMPUS FERRARI A MARANELLO 3.1 L’organizzazione e la distribuzione del Campus
Immagine 3.1 Veduta aerea Campus di Maranello
La cittadella di Maranello possiede il fascino dell’epopea industriale italiana che ricorda quelle fasi del boom economico del secondo dopoguerra che hanno segnato la storia dell’automobilismo e, allo stesso tempo, quello di un sofisticatissimo gioiello tecnologico. A dispetto di qualsiasi crisi, il rosso Ferrari non mostra segni di sbiadimento e lo stabilimento continua a rinnovarsi grazie ad importanti interventi. Il nuovo impianto planimetrico dello stabilimento della Ferrari a Maranello è stato elaborato a partire dal 1997 e si estende su di una superficie complessiva di 232.000 mq, di cui 127.000 mq coperti. I nuovi edifici portano le firme degli studi di Renzo Piano, Marco Visconti, Massimiliano Fuksas e Jean Nouvel.
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Immagine 3.2 Planimetria Campus di Maranello
Legenda 1.Nuova Meccanica, M. Visconti 2.Galleria del Vento, R. Piano 3.Centro Sviluppo Prodotto, M. Fuksas 4.Nuova Verniciatura, M. Visconti 5.Ristorante, M. Visconti 6.Nuove Linee di Montaggio, J. Nouvel
Il complesso ospita, oltre alla Presidenza e agli uffici, tutta l'attivitĂ di progettazione e di produzione delle vetture Granturismo (con la sola eccezione della lastratura dei telai e delle scocche, che sono prodotte nello stabilimento di Modena) e delle monoposto di Formula1.
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3.1.1 La Gestione Gran Turismo
Immagine 3.3 Prospettiva area Gran Turismo
Il percorso produttivo di ciascuna Ferrari comincia nel Centro di Sviluppo Prodotto, dove un team di centinaia di persone, tra tecnici e ingegneri, collabora per ideare, disegnare e sviluppare l’automobile del futuro. Questa struttura è stata costruita per ispirare il lavoro di squadra e una comunicazione fluida. Tutte le Ferrari sono fabbricate su ordinazione e per questo uniche. Prima che una vettura venga costruita il cliente può visitare l’atelier Ferrari Questo è il luogo nel quale il cliente può creare una vera e propria Ferrari su misura. Ogni motore è interamente prodotto a Maranello, le sue principali componenti provengono dalle fusioni in stampo della Fonderia Ferrari, per poi essere rifinite e ultimate, per l’assemblaggio nella Nuova Meccanica. Mentre le componenti del motore vengono fuse negli stampi e rifinite , i telai e le carrozzerie sono in costruzione presso lo stabilimento Carrozzeria Scaglietti di Ferrari a Modena.
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Questi gusci di alluminio finemente modellati sono trasportati nel Reparto Verniciatura, dove i robot trattano chimicamente, applicano l’imprimitura e verniciano 30 carrozzerie al giorno. Nelle Nuove Linee d’Assemblaggio avviene l’ultima fase del processo produttivo,
nella
quale
ciascuna
Ferrari
viene
meticolosamente
assemblata pezzo per pezzo.
3.1.2 La Gestione Sportiva
Immagine 3.4 Prospettiva area Sportiva
Nella Gestione Sportiva lavorano più di 900 persone per il successo di Ferrari in Formula1, alla costante ricerca del vantaggio competitivo che fa la differenza sulla pista. La Galleria del Vento, che è stata disegnata de Renzo Piano, consente di ricreare il flusso d’aria che si produce intorno alla vettura quando è in pista e al suo interno si svolgono i test aerodinamici su modelli in scala 1:2. Successivamente la monoposto viene assemblata nelle sue dimensioni reali nel Reparto Assemblaggio e testata nel circuito prova di Fiorano.
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Questo è dotato di tecnologie avanzate di cronometraggio, telemetria e simulazioni metereologiche. L’edilizia industriale ha rappresentato, fin dal suo esordio, un interessante campo di sfida per gli architetti, divisi fra gli strenui difensori di un’architettura delle forme, poco inclini a provocare la rottura dei vecchi canoni estetici, e chi invece, anticipando le correnti del Movimento Moderno, guardava con interesse il manifestarsi dei nuovi valori fondati sulla funzionalità e sull’economicità di esecuzione delle opere. Tra i maggiori eredi di quella corrente moderna, annoveriamo senz’altro la figura emblematica di Renzo Piano, il quale, oltre a condividere il linguaggio essenziale e sottomesso alle ragioni prevalenti della funzione e della tecnica dei suoi predecessori, si fa portavoce, con il suo vivo sperimentalismo tecnologico, di una svolta innovativa all’indirizzo del programma ecologico. Si tratta di un chiaro segno della mutazione dei tempi, determinata dalla scarsità delle risorse naturali, che ha sollecitato una politica dei consumi delle fonti alternative e rinnovabili. Marco Visconti, autore dell’edificio per l’Officina Meccanica Ferrari a Maranello si inquadra all’interno di questa tradizione, di cui condivide l’idea di un’architettura pura e oggettiva, finalizzata alla soluzione di problemi pratici prima ancora che alla ricerca di facili etichette formali. Nel caso dell’esperienza Ferrari, che ha visto la realizzazione anche di un altro progetto di Marco Visconti e cioè l’edificio della Verniciatura, sorto contemporaneamente al centro direzionale tecnico eseguito su disegno di Fuksas,
gli obiettivi
erano estremamente chiari e
rientravano
nel
programma intitolato “Formula Uomo” con cui l’azienda persegue il riconoscimento di un nuovo certificato ambientale europeo, l’Emas.
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3.2 Galleria del vento Renzo Piano Building Workshop 1996-1998
Immagine 3.5 Foto aerea della Galleria del vento
Tra i committenti del Building Workshop vi sono dei giganti della produzione di massa di automobili come la Fiat e la Renault. Era quindi forse inevitabile e particolarmente appropriato che un nuovo committente fosse l’assai più piccola e specializzata Ferrari, esempio di fusione di tecnologia avanzata, mestiere ed eleganza impeccabili. La prima della serie di costruzioni previste dalla casa automobilistica Ferrari di Maranello è la galleria del vento per le prove e lo sviluppo delle vetture da corsa di Formula Uno, un altro tema adatto a un architetto che prova molti dei suoi prototipi nelle gallerie del vento. Un impianto di galleria del vento è composto in gran parte da macchinari, strumentazione e altri elementi progettati da singoli specialisti e con requisiti funzionali molto precisi che devono essere rispettati. Così, per
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esempio, le varie parti della galleria del vento della Ferrari hanno richiesto tre gruppi indipendenti di fondazioni in modo che le vibrazioni di un componente
non
si
trasmettessero
alle
delicate
apparecchiature
elettroniche di un altro creando interferenze. Minimizzare il tempo richiesto per la manutenzione dei vari macchinari e per la sostituzione e la messa a punto delle parti rappresenta un ulteriore vincolo progettuale. Eppure, nonostante tutto, all’architetto restano ancora delle possibilità di scelta sul modo in cui sistemare tutte queste apparecchiature, la gente che vi lavora o che costruisce in laboratorio i modelli e i componenti da sperimentare. Una soluzione logica sarebbe stata quella di montare i vari elementi su fondazioni separate, e ricoprire il tutto con un semplice capannone acusticamente e termicamente ben isolato; ciò sarebbe bastato per attenuare la trasmissione del rumore proveniente dalla galleria del vento e per evitare le oscillazioni di temperatura che provocano movimenti della struttura e variazioni di dimensioni disturbando le delicate misurazioni. Tuttavia il Building Workshop ha scelto una soluzione addirittura antitetica poiché si trova di fianco all’ingresso principale. Si è pensato così a una soluzione più bella a vedersi, disponendo arditamente i grossi elementi meccanici su una collinetta artificiale. L’idea base di Piano per la Galleria del Vento della Ferrari è quella di interfacciare con l’esterno il meccanismo della macchina, ostentandone le apparecchiature e la funzione. La monotonia del paesaggio agricolo di Maranello viene così smossa da un enorme fuoriscala: un gigantesco motore, lungo ottanta metri e largo settanta, a cui un intelligente gioco di dislivelli del terreno dona un senso di accidentalità ed instabilità.8 L’anello rettangolare della galleria del vento, rivestito del suo manto isolante ben aderente, è esposto in vista, sollevato dal suolo e inclinato 8
Buchanan, Renzo Piano Building Workshop, Vol. 4, Umberto Allemande & C., Torino 2000, p. 118
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verso l’alto, cosicché la ventola è sistemata in posizione abbastanza elevata sulla montagnola ricoperta di verde che nasconde la sommità delle fondazioni da 200 tonnellate; queste, assieme alle molle e agli ammortizzatori interposti tra esse e la ventola, servono a stabilizzare le vibrazioni.
Immagine 3.6 Renzo Piano
Immagine 3.7 Ventola
In coerenza con la tendenza tipica dei progetti di Piano, questa soluzione è stata adottata semplicemente come gesto espressivo nei confronti del contesto, nonostante fosse complicato rivestire una ventola e un tunnel in modo indipendente e fornire l’accesso a entrambi per la manutenzione. Come spesso avviene, la soluzione progettuale lega inestricabilmente tra loro l’architettura e la modellazione del paesaggio. Per sottolineare la loro natura meccanica, tunnel, ventola e camera di prova rettangolare hanno un rivestimento in Alucobond (pannelli a sandwich rivestiti in alluminio). Nella camera di prova le automobili (generalmente modelli in scala 1:2) e i componenti sono studiati a diverse velocità del vento e, se necessario, con allineamenti diversi rispetto a questo. Per provare una vettura le condizioni devono simulare la realtà il più fedelmente possibile, e perciò le ruote devono girare e sobbalzare come sul manto stradale. Inoltre la velocità del vento al livello del suolo non deve essere ridotta dall’attrito. Tutto ciò si ottiene ponendo la vettura o il modello su un nastro di gomma che si muove alla stessa velocità del vento. Il modello può essere fatto rollare, beccheggiare e imbardare mediante meccanismi controllati dagli
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sperimentatori, e allo stesso modo il nastro stradale può essere manipolato per simulare l’inclinazione laterale e altre condizioni analoghe. Il nastro può scorrere fino ad una velocità di 250 km l’ora, resistendo alla forza aspirante verso l’alto provocata dalla forte depressione che si viene a creare, come da progetto, sotto le auto in corsa. Quindi il nastro è sottoposto a notevole usura, e deve essere sostituito ogni cinquanta ore di funzionamento: qui lo si può fare in soli venti minuti abbassando l’intero meccanismo del nastro al di sotto della camera di prova, in un sottopiano dove c’è ampio spazio per lavorare.
Immagine 3.8 La galleria vista dall’ingresso del Campus di Maranello
Alla camera di prova è addossato un edificio rettangolare convenzionale, a tetto piano, con pianterreno e sottopiano. La sala controllo è al pianterreno e guarda direttamente nella camera di prova.
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Il resto di questo piano, così come il locale per gli osservatori che si trova sull’altro lato della camera di prova, è un po’ più in basso di quest’ultima, cosicché gli ingegneri, stando seduti, sono allo stesso livello della vettura in prova. Nel resto del pianterreno vi sono gli uffici e i laboratori degli ingegneri. Nel sottopiano c’è una piccola officina per la costruzione di modelli e per la modifica di parti da provare. Un grosso montacarichi fa salire dal sottopiano alla camera di prova modelli e componenti, e addirittura auto da corsa complete. Le vetture da corsa sono riportate in officina per una strada di servizio che scende, passando in mezzo alla galleria del vento, fino al basso fabbricato, rendendo più teatrale il tunnel sopraelevato e inclinato e la montagnola su cui pare librarsi. Da questa strada di sevizio scende all’interno della montagnola una trincea, che consente l’accesso a una sottostazione elettrica in essa nascosta. La stazione fornisce i 15.000 volt necessari per far girare il ventilatore della potenza di 2,2 megawatt, che dà al vento velocità stabile entro cinquanta secondi dall’accensione, un altro elemento essenziale per minimizzare i tempi di prova in un impianto che è quasi costantemente in uso.
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Immagine 3.9 Galleria del vento: pianta primo livello
Immagine 3.10 Galleria del vento: pianta secondo livello
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3.3 Lo Stabilimento Meccanica Marco Visconti 1996-1998 I principi ispiratori dell’opera sono stati dettati da uno spiccato interesse a qualità e comfort ambientale, in un ambito di coerenza fra il nuovo padiglione e gli edifici circostanti. Da un punto di vista planimetrico la meccanica definisce a est l’inedito affaccio del comprensorio industriale e delimita, insieme con la verniciatura realizzata a ovest, una piazza interna posta in asse alla portineria e chiusa a nord da due elementi architettonici distintivi: la galleria del vento di Renzo Piano e gli uffici di Massimiliano Fuksas.
Immagine 3.11 Stabilimento della meccanica
Si tratta di un edificio produttivo per circa duecento persone e pensato per la fabbricazione dei principali componenti dei motori Ferrari e Maserati a otto e dodici cilindri. Nei suoi spazi multifunzionali si trovano le linee di fabbricazione, integrate a uffici, centro di calcolo e sala metrologica. Tale insieme è attraversato da un percorso di visita che inizia dal mezzanino del lato sud, luogo di osservazione delle lavorazioni dall’alto dedicato all’esposizione dei pezzi prodotti e con accesso riservato attraverso un sottile ponte pedonale esterno.
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La maggiore ricerca progettuale applicata alla meccanica riguarda il benessere dei lavoratori; in questo caso la volontà di ottenere una diffusa gradevolezza degli spazi con impiego di luminosità naturale, trasparenza e utilizzo della vegetazione ha portato a un progetto di valore ambientale, visibilmente applicato agli interni. Anche gli esterni sono messi in risalto da un sistema vegetale che li calibra filtrando la percezione diretta dei prospetti e conferendo efficacia, attraverso le grandi vetrate, alla vista della natura dai luoghi di lavoro. Da un punto di vista contestuale l’esteso fronte est interpreta l’ingombro della grande condotta d’aria che caratterizza la galleria del vento, determinando un passo volumetrico scandito da tre semplici serre rettangolari di dimensione ad essa paragonabili. Anche l’intorno naturale si integra all’insieme con prati in pendio e le facciate riprendono le lastre di alluminio piano già presenti in altri edifici del comprensorio.
Immagine 3.12 Interno della Meccanica
Immagine 3.13 Vegetazione all’interno
La nuova meccanica si distingue per gli accorgimenti bioclimatici realizzati. Uno dei capitoli essenziali del progetto riguarda il raggiungimento della massima luminosità con il minor dispendio di energia, ottenuto con il trattamento della luce naturale integrato a sistemi passivi di protezione o recupero della fonte solare. Seguendo questi criteri sono state ricercate sia la massima trasparenza dell’involucro sia la più opportuna riduzione dell’impegno energetico: l’intero sistema di facciate è stato quindi
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concepito attraverso l’analisi di esposizioni e irraggiamento solare, eliminando l’apporto diretto sui macchinari e minimizzando quello sulle aree adiacenti. A questo scopo è stato impiegato un portico frangisole a sud, costruito con pale in alluminio forato, integrato a tre serre vetrate applicate al prospetto est e contenenti tende a movimento verticale. Le serre sono in grado di elaborare la luce solare impiegando nei periodi invernali il calore formato all’interno del sistema; in presenza di alte temperature esterne esse proteggono la parete interna limitando la radiazione diretta sulla facciata e creando una frequente ventilazione dell’intercapedine.
La
copertura
dell’edificio
è
stata
disegnata
impiegando frequenti superfici diffondenti a camera traslucida, in tal modo si ottiene uniformità di illuminamento in assenza di abbagliamento. Circa la sostenibilità è stata valutata la riciclabilità dei materiali scelti per la costruzione e altrettanta attenzione è stata riposta alla riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera. Moderni sistemi di filtraggio dei vapori emessi dai macchinari di produzione e di recupero invernale del calore da loro prodotto, sono stati collocati all’interno della lunga galleria tecnica di copertura; appoggiati a essa svettano dodici camini cilindrici che scandiscono lo skyline dell’edificio rappresentando simbolicamente un motore in linea. In questo modo la nuova meccanica si propone a dipendenti e visitatori come un edificio caratterizzato dalle più avanzate espressioni progettuali nel campo industriale.
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Immagine 3.14 Meccanica: pianta piano terra
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3.4 Lo Stabilimento Verniciatura Marco Visconti 2000-2004
Immagine 3.15 Stabilimento verniciatura
La verniciatura delle scocche Ferrari e Maserati è un contenitore di grande impatto volumetrico, collocato al centro dell’area industriale, Il lavoro progettuale è stato guidato dall’aggregazione di volumi rettangolari interconnessi, parzialmente trasparenti e leggermente sfalsati fra loro che hanno come riferimento il piano in aggetto dell’edificio per la direzione tecnica di Massimilano Fuksas. Questo involucro è in grado di contenere l’impianto produttivo e di lasciarlo visibile nelle zone di maggior interesse; esso prende forma dalla funzionalità delle lavorazioni effettuate al primo piano, supportate dagli spazi di servizio al piano terreno, e dalla interpretazione delle esigenze legate al flusso dei visitatori. Per poter osservare dall’esterno le aree più interessanti del processo di verniciatura l’aggregazione spaziale della costruzione è stata arricchita da
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una balconata in quota (+5 m), raggiungibile con rampe e scale. Questo volume è completato, in corrispondenza dell’angolo sud ovest, da una serra vetrata multipiano pensata per il collegamento verticale fra i piani e per la produzione di energia. Il piano terra ospita le fasi di preparazione alla verniciatura che avviene al piano superiore in corrispondenza del ballatoio. Il secondo piano contiene i grossi macchinari per il trattamento dell’aria. I materiali di facciata ripropongono la finitura in alluminio naturale precedentemente realizzata nella meccanica e, nei prospetti sud ed est, viene adottato un caratteristico sistema ventilato costruito con pannelli interni in alluminio e lastre esterne in vetro opalino, lavorato con linee orizzontali molate. Tale insieme ha il compito di accentuare la riflessione della luce naturale ed è completato alla base da uno zoccolo realizzato con pannelli in travertino bianco.
Immagine 3.16 Particolare
Immagine 3.17 Particolare di facciata
I criteri che hanno guidato il progetto sono l’uso di fonti energetiche rinnovabili e la qualità ambientale degli spazi interni. Sorprendentemente, questa costruzione industriale si pone come architettura per l’uomo.
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Si ha l’impressione che lo sviluppo del padiglione abbia perseguito gli stessi obiettivi della progettazione di una vettura: come le prestazioni tecniche, la sicurezza ed il comfort del conducente sono gli obiettivi primari del car designer, così il Padiglione Verniciatura è l’interpretazione del sofisticato processo di lavorazione, delle esigenze e della sicurezza dei dipendenti e del flusso dei visitatori. Gli obblighi verso la normativa europea, che per il 2007 richiede, oltre al controllo dei consumi energetici, standard specifici relativamente ai luoghi di lavoro dove siano impiegate vernici, sono già stati assolti secondo un piano generale della casa di Maranello di certificazione ambientale.
Immagine 3.18 Verniciatura: pianta quota +5
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3.5 Il Centro Sviluppo Prodotto Massimiliano Fuksas 2001-2004
Immagine 3.19 Vista aerea del Centro sviluppo prodotto
Sono convinto che l’architettura possa contribuire a fabbricare un nuovo paesaggio, un paesaggio urbano. E’ per questo che non parlo mai di scala perché la scala è in relazione all’essere umano, un oggetto o un edificio sono grandi perché noi siamo piccoli o viceversa, l’orizzonte è molto più interessante perché è dinamico, perché saliamo con la nostra visione oppure scendiamo, si muove con noi, e questa è un’immagine completamente diversa di vedere le cose” (Massimiliano Fuksas, Frames, Barcellona 2001).9
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Fuksas, Massimiliano, Centro Ricerche Ferrari, Actar, Barcellona 2005, 143 p.
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Il percorso compositivo scelto da Fuksas per la realizzazione del nuovo Centro Sviluppo Prodotto all’interno del complesso produttivo di Maranello, rifugge
dall’eccesso,
dalle
banali
e
scontate
visione
futuristiche,
abbandona la costruzione della metafora basata sulla velocità affidandosi più semplicemente alla suggestione spaziale. L’emozione che suscita la Ferrari in tutte le sue forme, è stata magicamente interpretata in forme architettoniche, in suggestioni spaziali, appunto, nella creazione di una nuova dimensione garantita dalla sospensione dei volumi, dagli spazi luminosi
e
trasparenti,
dalla
sovversioni
prospettiche.
La
poetica
dell’architetto romano trova in questa architettura una sintesi pacata ed equilibrata. Lo scopo era quello di dare forma ad un sogno, e questo è stato concretizzato non solo in una architettura, ma in un micro-cosmo, in un nuovo paesaggio. Tenendo come punto di partenza il concetto di orizzonte in contrapposizione al concetto di scala, Fuksas crea un edificio costruito su nuovi punti di vista, su nuovi orizzonti, dinamici, appunto, che fanno sì che l’architettura sia cinetica, capace di mettere ordine in quello che Fuksas chiama caos sublime.
Immagine 3.20 Uffici
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Immagine 3.21 Vista interna
Il progetto, rappresenta lo sviluppo di una nuova poetica della leggerezza. Così come per le Torri Gemelle Viennesi, con il quale il Centro Sviluppo Prodotto sembra avere molte affinità compositive, Fuksas abbandona le immaginifiche, fantastiche visioni nebulose fluttuanti, approdando alla purezza, a forme lineari che sembrano quasi dettate da Mies Van der Rohe. La leggerezza si avverte per contrasto. La massa vetrosa imponente e grave, sembra fluttuare sul terreno grazie al grande fossato che la circonda. Il volume aggettante sovvertendo le regole della gravità, sembra magicamente volare. Così come magicamente sembra volare il fruitore che ha la sensazione di librarsi sospeso sulla superficie d’acqua percorrendo le passerelle del primo livello. Il cuore dell’edificio, racchiude un mondo parallelo. I percorsi, la lastra d’acqua continua sul tetto del primo livello, la luce che su di essa si riflette, le scale alla Escher, le scatole vetrose e le lastre colorate che fragili sembrano sorreggere la massa sovrastante, creano un vero e proprio nuovo paesaggio, più che artificiale, straniante. Percorrere questi spazi significa alienarsi, perdere la cognizione spaziale, smarrirsi in un nuovo e sognante mondo parallelo, che è la personale sintesi che Fuksas ha dato al sogno Ferrari. Nello specifico, per quanto riguarda le fondazioni, il manufatto presenta una platea di 60cm al secondo piano interrato e travi rovesce di tipo superficiale al primo interrato, il piano di calpestio del primo piano interrato è realizzato mediante una soletta in conglomerato cementizio armato di 20cm. I piani terra e primo impiegano travi metalliche reticolari autoportanti collaboranti con il calcestruzzo e solai eseguiti con lastra precompressa e polistirolo. Il sistema strutturale del piano secondo si compone di una trama di travature reticolari. L’orditura è bi-direzionale, con le travature reticolari inserite nelle zone interne del piano. L’inserimento di aste diagonali nelle travature è parziale e studiato in modo da non ostacolare il passaggio nei corridoi, utilizzando degli schemi a “K” opportunamente dimensionati. 51
Immagine 3.22 Vista notturna
Lâ&#x20AC;&#x2122;impalcato del piano di copertura è formato da pannelli costituiti da lamiera metallica allâ&#x20AC;&#x2122;intradosso e isolante allâ&#x20AC;&#x2122;interno, il tutto finito con la stesura di strati di guaina impermeabilizzante.
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Immagine 3.23 Centro sviluppo prodotto: pianta piano interrato
Immagine 3.24 Centro sviluppo prodotto: pianta piano terra
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Immagine 3.25 Centro sviluppo prodotto: pianta piano primo
Immagine 3.26 Centro sviluppo prodotto: pianta piano secondo
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3.6 Il Ristorante Marco Visconti 2004-2008
Immagine 3.27 Ristorante
La volumetria dell’edificio che ospita il nuovo ristorante Ferrari a Maranello si differenzia per forma dal rigore geometrico delle costruzioni industriali che lo circondano. Grazie a questa scelta progettuale viene definita all’interno
dello
stabilimento
un’entità
chiaramente
riconoscibile,
espressamente concepita per lo svago di ospiti e dipendenti. L’idea compositiva si basa sulla giustapposizione di due volumi di natura aerodinamica costituiti dal grande padiglione pensile a forma di ala collocato in posizione di colmo e sostenuto da un’altra ala ad asse sfalsato posta a terra in direzione verticale. La sala ristorante, cuore dell’intero edificio, trova posto all’interno dell’ala superiore corrispondente al volume pensile principale. Questo spazio a sezione rastremata si appoggia sulla hall vetrata caratterizzata da un volume a doppio piano pensato per accogliere e accompagnare i commensali agli spazi in quota e collegato
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alle aree destinate ai servizi per il benessere dei dipendenti e al training center. Sia sul piano tecnologico che operativo, il complesso funziona grazie ai volumi accessori delle cucine, dei depositi e spazi tecnici organizzati nell’ala verticale. Il disegno degli interni si articola in tre piani fuori terra. A quello terreno si trovano la piazza coperta, l’atrio d’ingresso e la caffetteria, attraversati dal sistema di scale che porta al ristorante. Verso l’atrio, completamente vetrato, si affacciano gli spazi di servizio come zone caffé, wellness center, infermeria e centro sportivo. In posizione indipendente e direttamente collegata all’esterno si trova invece la cucina completa di deposito delle derrate alimentari, spogliatoi e montacarichi per l’accesso delle vivande ai vari piani. Il primo piano ospita il training center che comprende aule e sala proiezioni, collegate all’ampio terrazzo pensile sovrastante la cucina e adibito a prato e giardino. Il training center è inoltre completato da una baIconata affacciata sull’atrio interno e attrezzata con un’area relax dedicata.
Immagine 3.28 Sala ristoro
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Immagine 3.29 Vista notturna
Al secondo piano si trova la sala ristorante completamente vetrata e affacciata su un terrazzo esterno aggettante a sud verso la via Enzo Ferrari. Questo spazio, utilizzabile anche come area incontri e presentazioni, è allestito con un sistema di tavoli a pianta poligonale sistemati in modo non uniforme al fine di creare spazi e disegni diversi per gruppi variabili di posti a sedere. Alla sala ristorante, servita anche dalle aree di distribuzione cibo e affiancata dai locali di preparazione vivande e lavaggio stoviglie, si accede da una serie di scale fisse e mobili che convogliano il flusso di commensali in arrivo dall’atrio di ingresso e dal primo piano. Sempre al secondo piano è allestito il ristorante direzionale affacciato verso nord sul giardino pensile. Nell’ottica di utilizzo dei principali fattori di sostenibilità in architettura, il complesso interpreta le più recenti esperienze di bioclimatica passiva. Particolare attenzione è stata posta allo studio del grado di esposizione alla luce solare della copertura e delle facciate così la forma ad ala è stata chiusa verso sud e le vetrate orientate a est e ovest sono ombreggiate durante buona parte delle ore d’impiego del complesso. L’ala verticale contenente gli spazi di servizio è rivestita da una facciata ventilata in lamiera forata che evita il surriscaldamento estivo di parti opache e di serramenti, mentre l’alta coda contiene una vasta superficie di elementi fotovoltaici applicati al lato verso sud. Per proteggere la vetrata dell’atrio d’ingresso sulla facciata ovest sono state impiegate fonti dì ombreggiamento naturale come piante a foglia caduca. Il giardino pensile allestito sulla copertura della cucina, svolge una funzione di protezione naturale dall’irraggiamento diretto, mentre la copertura in elementi di lamiera corrugata sull’ala orizzontale consente di generare una camera ventilante. Il concetto scultorio che genera la volumetria generale dell’edificio è guidato da logiche funzionali, di fruibilità dell’uomo come dall’importanza dell’integrazione di elementi naturali e dalla rispondenza a un’estetica di linguaggio espressiva. La plasticità delle forme volumetriche svincola l’edificio dai rigidi blocchi che generalmente caratterizzano le aree destinate a un’alta fruibilità, il disegno dinamico degli interni permette e 57
facilita la socializzazione e le ampie vetrate accrescono la percezione dello spazio.
Immagine 3.30 Ristorante: pianta piano terra
Immagine 3.31 Ristorante: pianta piano ammezzato
Immagine 3.32 Ristorante: pianta piano primo
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3.7 Le Nuove Linee di Montaggio Jean Nouvel 2006-2009
Immagine 3.33 Vista aerea dello stabilimento delle nuove linee di montaggio
Il progetto del nuovo fabbricato per I montaggio delle vetture Ferrari, si inserisce nel tessuto storico della fabbrica. L’intento è quello di portare innovazione con rispetto. A testimonianza di questo glorioso passato si è scelto, tra l’altro, di mantenere la facciata dell’edificio esistente che diventerà, nel lato interno, un percorso illustrato sulla storia della Ferrari. Tutta la parete interna del “muro storico” è rivestita con pannelli di alluminio laccato rosso brillante, un materiale che evoca il mondo dell’automobilismo, delle corse, della velocità, della Ferrari. Nei campi di muratura tra le finestre sono esposte, impresse su pannelli di acciaio, le date e le immagini salienti della storia della Ferrari. Un rivestimento rosso è presente ogni qualvolta che il progetto “interferisce” con gli edifici esistenti, delimitando l’interno dell’area di progetto con una 59
sorta di “recinto visivo” rosso. Lo spazio compreso tra questo recinto e l’edificio di progetto è occupato da un giardino, filtro vegetale continuo tra vecchio e nuovo. Subito a ridosso del “muro storico” si trova il nuovo edificio per il montaggio delle vetture che segue l’impostazione planimetrica della fabbrica attuale.
Immagine 3.34 Ponte
Immagine 3.35 Catena di montaggio
L’edificio che ospita le nuove linee di montaggio della Ferrari si compone di due corpi comunicanti a pianta rettangolare: un blocco centrale di 140x50m, su due livelli, e un’ala perpendicolare, denominata “ponte’ innestata al secondo livello del volume principale. Le tipologie strutturali adottate perseguono la massima integrazione tra le linee di montaggio, le scelte architettoniche e la fruibilità dello spazio. Intenzione del progetto architettonico era ottenere ampi spazi interrotti dal minor numero possibile di elementi verticali per non pregiudicarne la flessibilità di utilizzo. Si è allora concepito un edificio contraddistinto dalla regolarità volumetrica di forme parallelepipede e capace al contempo di garantire la massima fruibilità interna grazie all’impiego di strutture di grande luce e di particolari accorgimenti costruttivi. La struttura, pertanto, è stata pensata come il telaio di un’automobile sul quale si potessero montare tutte le componenti necessarie al suo funzionamento: componenti non semplificabili, come gli elementi tipici di un edificio classico, ma più complesse e articolate, che 60
interagiscono fra loro e instaurano un dialogo reciproco. La struttura si configura, quindi, come il trait d’union tra i diversi reparti e ambienti ospitati dallo stabilimento — le linee di montaggio, il deposito scocche, il deposito porte, il reparto tappezzerie — ciascuno caratterizzato da particolari esigenze sia statiche sia impiantistiche.
Immagine 3.36 Vegetazione all’interno dello stabilimento
Il primo livello del padiglione centrale è realizzato con una struttura semiprefabbricata in calcestruzzo precompresso le cui campate hanno una dimensione di 20x13m. Il sistema di copertura è invece composto da un graticcio reticolare in acciaio con campate di analoga ampiezza. La stabilità antisismica del corpo centrale è ottenuta tramite una struttura a telaio nelle due direzioni principali per evitare l’utilizzo di ingombranti sistemi di irrigidimento costituiti da muri di taglio o da controventature in acciaio. Le linee di montaggio sono formate da binari che consentono ad alcuni carrellini collegati a speciali ganci motorizzati di afferrare l’autovettura dall’alto e sollevarla: tutto questo meccanismo, cuore del funzionamento dello stabilimento, è appeso al soffitto grazie a una particolare struttura reticolare in acciaio che evita la presenza di elementi verticali di disturbo e permette di disporre di uno spazio di lavoro completamente libero. La linea di montaggio al primo piano si sviluppa ad anello ed è sospesa al traliccio di copertura. All’interno dell’anello si integrano con la struttura in acciaio una serie di lamelle inclinate di circa 45° e rivestite a specchio e un lucernario di vetro che producono un particolare gioco di luci e riflessi.
61
Elemento caratterizzante l’edificio è la penisola denominata “ponte” sede del reparto tappezzerie, che si protende perpendicolarmente al blocco centrale sovrastando il padiglione delle vecchie linee di montaggio. L’idea compositiva richiedeva la realizzazione di una scatola vuota di 26x70x12m, foderata in acciaio inox, che sembrasse fluttuare sopra i vecchi padiglioni. Vagliate diverse soluzioni strutturali, si è optato per un sistema di travature reticolari a “X” ispirato alle strutture dei vecchi ponti ferroviari dell’Ottocento e impostato su quattro soli punti di appoggio, in corrispondenza dei quali sono stati poi applicati altrettanti isolatori sismici. Il montaggio in opera di queste grandi travature reticolari a “X”, avvenuto con l’adozione di particolari cautele dovute alla posizione del padiglione sottostante, ha richiesto l’impiego di una delle più grandi gru d’Italia. In conclusione, l’edificio delle nuove linee di montaggio della Ferrari è il risultato dell’integrazione multidisciplinare tra architettura, ingegneria e sistemi industriali e ha evidenziato come il lavoro di squadra tra diversi attori e competenze sia ormai un’esigenza indispensabile nella progettazione contemporanea.
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Immagine 3.37 Nuove linee di montaggio: pianta piano terra
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Immagine 3.38 Nuove linee di montaggio: pianta quota +12
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4. IL SOGNO DI UN MUSEO A MODENA: LA CASA NATALE DI ENZO FERRARI 4.1 La nascita della “Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari”
Immagine 4.1 Logo della Fondazione
Il 29 gennaio 2003 si è costituita a Modena la Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari, i cui soci fondatori sono il Comune di Modena, la Provincia di Modena, la Camera di Commercio di Modena, l’Automobile Club d’Italia e la Ferrari S.p.A.. Presidente della Fondazione è il dott. Mauro Tedeschini, giornalista. Presidente onorario è l’ing. Piero Ferrari. La Fondazione nasce con lo scopo di valorizzare, promuovere e tutelare l’immagine, la storia e l’opera di Enzo Ferrari e propone la creazione di una struttura museale dedicata alla figura del grande costruttore modenese, alla sfida tra la scuderia del Cavallino e la Maserati e alla tradizione dell’automobilismo sportivo, che si svilupperà nell’area dove è ubicato l’edificio in cui nacque Enzo Ferrari nel 1898, ovvero si trova al civico 85 di Via Paolo Ferrari a Modena.10
10
fondazionecasanataleenzoferrari.it (Internet), Modena 2011.
65
La Fondazione si propone inoltre, attraverso la ricerca ed il recupero di materiali
informativi
e
testimonianze,
di
ricostruire
la
storia
dell’automobilismo modenese, di cui Ferrari è protagonista da sempre e di conservare in un centro di documentazione, che sarà realizzato all’interno del complesso museale, il patrimonio documentale recuperato. La conoscenza della storia dell’automobilismo modenese ed in particolare la storia di Enzo Ferrari e della Maserati saranno diffuse attraverso un programma di iniziative, di scambi culturali, di manifestazioni e ogni altra attività utile alla promozione di confronti con altre associazioni, enti e organizzazioni anche private presenti nella realtà italiana, europea ed internazionale. La Ferrari ha contribuito a questa operazione per la maggior parte come marchio per il richiamo dei turisti, ma anche economicamente come socio fondatore. In realtà il progetto è stato finanziato in gran parte da canali pubblici come il Ministero dei Beni Culturali. Tuttavia rimane forte il legame tra il Museo e la Ferrari, sia per la presenza nel complesso della casa natale del suo fondatore, sia perché la Ferrari è la prima casa automobilistica del modenese. Il Museo Enzo Ferrari costituirà un tassello fondamentale del Sistema Maranello - Modena, percorso museale che si propone di mettere in rete il museo di Modena con la Galleria Ferrari di Maranello, collegando la storia di Enzo Ferrari a quella dell’azienda Ferrari. Le due strutture avranno contenuti complementari ed opereranno in stretta sinergia. Per ottimizzare i risultati del futuro sistema Maranello- Modena si prevede la commercializzazione di un unico ticket d’ingresso che consentirà l’accesso ad entrambe le strutture, ed alle rispettive mostre ed eventi. La nuova struttura rappresenta anche il punto di partenza per la messa in rete delle importanti collezioni modenesi (Righini, Panini, Stanguellini) e per la comunicazione delle altre eccellenze del territorio, a partire da quelle artistiche per arrivare a quelle enogastronomiche. Beneficeranno di questo luogo-simbolo non solo le attività commerciali ed i servizi presenti nella 66
zona in cui sorgerà,
oggi in fase di riqualificazione, ma anche l’intero
centro storico di Modena che sarà maggiormente frequentato dato l’aumento del flusso di turisti, che giunti in città per visitare la casa-museo, coglieranno con molta probabilità l’occasione di visitare altre eccellenze quali l’Accademia Militare o il Duomo e non rinunceranno alla possibilità di gustare la cucina locale o acquistare qualche prodotto tipico modenese. Inoltre le mostre saranno quasi interamente di carattere temporaneo in modo tale da attirare un pubblico di repeters, che visita il museo con regolarità. Il complesso museale in fieri si candida quindi a diventare uno dei luoghi di “culto” per gli appassionati della storia della Ferrari e della Maserati. Si estenderà per quasi 5 mila metri quadrati, la maggior parte da realizzare ex-novo,
sfruttando
lo spazio
precedentemente
occupato
da
un
magazzino del formaggio dismesso, ed in misura minore recuperati grazie ad un restauro conservativo di un fabbricato esistente, la casa natale del costruttore modenese, per raccontare e documentare le fasi storiche della vita di Enzo Ferrari, dalla sua infanzia agli esordi come pilota fino alla nascita della scuderia Ferrari e ai primi trionfi sui circuiti di tutto il mondo. Il
complesso
museale
dell’automobilismo
servirà
modenese
anche di
cui
per
documentare
Maserati
è
un’altra
la
storia grande
protagonista. Si trasferì infatti nel 1939 a Modena da Bologna, a pochi passi dalla casa dove Ferrari trascorse l’infanzia. Il Cavallino e il Tridente infatti,
prima
di
essere
uniti
addirittura
per
un
periodo
sotto
l’amministrazione del gruppo Ferrari-Maserati, si sono sfidati per decenni sui circuiti di tutto il mondo e nei garage del jet set dei cinque continenti, facendo di Modena la capitale della passione e della competenza automobilistica. Auto, motori, documenti e filmati appartenuti alla storia della Ferrari, della Maserati ed in generale dell’automobilismo modenese, troveranno spazio in quella che si annuncia essere una struttura museale all’avanguardia nella quale ci saranno anche un book shop, un centro studi con archivi e biblioteca, uno spazio per mostre temporanee, una saletta per proiezioni 67
cinematografiche, una caffetteria- ristorante e la possibilità di una conference-room con capienza di duecento posti. La creazione di un Centro di Documentazione costituisce uno tassello fondamentale degli intenti della Fondazione. Il Centro sarà fisicamente inserito all’interno della struttura espositiva e ospiterà uno spazio dedicato all’archivio e alle postazioni informatiche per la consultazione, un’aula dedicata allo svolgimento di attività didattiche e seminariali. Le attività principali per le quali si farà riferimento al
Centro di
Documentazione del complesso museale saranno la catalogazione ed informatizzazione dei documenti, la ricerca e selezione di materiali per mostre permanenti e temporanee, l’organizzazione di eventi, la creazione e diffusione di prodotti culturali, il mantenimento di un collegamento con le scuole, l’università, gli enti e le istituzioni culturali e le strutture museali dedicate all’automobilismo, al fine di conferire al museo dinamicità, interattività e flessibilità nell’allestimento. La fase iniziale di costituzione del centro riguarda
la raccolta e
l’organizzazione dei materiali che documentano la vita e l’attività di Enzo Ferrari, nonché la storia dell’automobilismo modenese fino agli anni Sessanta. La Fondazione, nell’ambito del progetto interregionale “Terra di motori”, ha ricevuto un cofinanziamento dalla Regione Emilia Romagna per acquisire in copia digitale materiale storico di grande pregio facente parte della collezione belga di Jacques Swaters, la più completa al mondo sulla storia di Enzo Ferrari. Circa duemila sono i documenti (fotografie, atti ufficiali, lettere, cataloghi, etc..) confluiti nella banca dati informatica che è stata realizzata per catalogare il materiale informativo.
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4.2 Il bando di concorso
Immagine 4.2 Stato di fatto
Il vecchio edificio che ospitava la casa
e l’officina del padre Alfredo
Ferrari si trova nella prima periferia di Modena a ridosso della linea ferroviaria. Enzo Ferrari, dopo la morte del padre e del fratello, vendette questo terreno nel 1920 alla famiglia Bianchi. L’area è tuttora di loro proprietà e, non solo non è stato possibile convincerli a vendere, ma nemmeno si è potuto espropriarla in quanto la famiglia si è resa disponibile a cederla in usufrutto. Quando uscì il bando, l’edificio versava in cattive condizioni, abitato da immigrati e nascosto da superfetazioni successive, come un porticato e alcuni locali adibiti a garage. La pianta originale, che si voleva ripristinare, è a forma di L: il lato lungo ospitava l’officina in un ambiente unico a doppia altezza, il lato corto era adibito ad abitazione e suddiviso in due piani con mansarda. Sul lato lungo campeggiava la scritta “Officina meccanica Alfredo Ferrari”.
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Immagine 4.3 Disegno della Casa Natale â&#x20AC;&#x201C; Prospetto Ovest
Immagine 4.4 Disegno della Casa Natale â&#x20AC;&#x201C; Prospetto Est
Immagine 4.5 Pianta piano terra della Casa Natale
70
L’area immediatamente adiacente alla casa era occupata da un magazzino di formaggio e su di essa la Fondazione ha soltanto un diritto di superficie. Fin dall’inizio l’intenzione è stata quella di realizzare in quest’area un’opera di architettura moderna, sull’esempio dei musei delle più grandi case automobilistiche del mondo (Porche, Mercedes, BMW), con lo scopo di creare anche a Modena una qualità architettonica riconoscibile e riconosciuta, obbiettivo che non era mai stato raggiunto, se non si conta il Duomo. Un po’ come il Guggenheim per Bilbao, sulle spalle del Museo Casa Enzo Ferrari grava la responsabilità di ridare lustro alla città. Il concorso progettuale per la realizzazione del museo l’8 luglio 2004. Come in un Gran Premio a cui partecipano otto monoposto provenienti da tutto il mondo, si sono sfidati otto studi di architettura: quattro italiani (Mario Cucinella, Massimo Iosa Ghini, Aldo Cibic, Cino Zucchi) e quattro stranieri (Future Systems, Sauerbruch e Hutton, Mathias Klotz, Francois Confino), che la Fondazione ha selezionato in collaborazione con la rivista d’architettura Domus. Alcuni hanno considerato le preesistenze come oggetti da esporre all’interno del museo, racchiudendole in una nuova costruzione come in una teca. Altri hanno optato per un’opera architettonica che valorizzasse la casa natale senza inglobarla, ma solo inquadrandola o incastonandola come una gemma preziosa in una anello. Altri ancora hanno invece voluto porre l’accento sul nuovo edificio come un’opera di design, richiamando nelle
sue
forme
il
mondo
dell’automobilismo,
o
sulla
qualità
dell’allestimento espositivo al suo interno. Il 22 di novembre 2004 si è concluso il concorso progettuale con la consegna degli elaborati prodotti dai professionisti in gara. Il 16 di dicembre la giuria composta da nove membri: l’architetto Pierluigi Cerri (che ha presieduto il team), Piero Ferrari (gruppo Ferrari Maserati), il sindaco di Modena Giorgio Pighi, Mauro Tedeschini (Presidente della Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari) l’ing. Sergio Pininfarina, Antonio Ghini in rappresentanza di Luca Cordero di Montezemolo (gruppo FerrariMaserati), Pio Baldi (Ministero dei Beni culturali), Giorgio Boni (Fondazione 71
Cassa di Risparmio di Modena), Stefano Casciani (editoriale Domus), si è riunita presso la sede Maserati per stabilire il vincitore del concorso. Senza esitazione e in anticipo sui tempi previsti, hanno decretato la vittoria dello studio londinese Future Systems.
4.3 I progetti in gara 4.3.1 Aldo Cibic & Partners – Lambrusco
Immagine 4.6 Cibic - Plastico di studio
Questo progetto si ispira alla forma dell’automobile, intesa come contenitore. La sua scocca ricorda da lontano anche i luoghi di raccolta del fieno, con una grande bocca di entrata, flessibile all'interno e iconografico all'esterno. La casa natale rimane solida, di mattoni rossi e protetta dall'ombra di un albero secolare. Le stanze piccole diventano "Le stanze della memoria" che narrano le prime passioni di Enzo, la musica, l'arte, l'Alfa Romeo; nell'Officina, la grande sala da lavoro è dedicata al mondo che attorniava Enzo e di cui è poi diventato protagonista di primo rilievo, quel mondo dinamico dei primi anni 20, un luogo interattivo fatto di automobili, attrezzi da lavoro e elementi rappresentativi di quel periodo. I due volumi saranno fisicamente vicini, ma anche collegati da un percorso
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sotterraneo interattivo, una sorta di cordone ombelicale invisibile, ma ben saldo. L’idea, pur essendo simile a quella vincitrice, trattandosi di un edificio oggetto che riprende le forme di un’automobile, risulta più imponente e massiva, a tal punto da sminuire l’edificio preesistente.
4.3.2 Mario Cucinella – Mefem
Immagine 4.7 Cucinella - Plastico di studio
Il progetto trasforma l’intero lotto in architettura, un'unica “macrostruttura” generata secondo un approccio parametrico, in risposta agli innumerevoli input esterni ed interni al lotto, quali le altezze, i flussi, gli accessi e le esposizioni solari. Il tema del museo, che tradizionalmente viene trattato come un luogo chiuso suddiviso in compartimenti tematici, diventa uno spazio aperto. Il grande volume sotto la copertura in vetro e acciaio è animato dal verde, dalle auto e da tutti gli oggetti che testimoniano la storia dell’automobilismo, la sua casa di Enzo Ferrari diventa essa stessa un “oggetto”, integrato e “musealizzato” all’interno dell’allestimento. Non ci sono costrizioni nel delineamento dei percorsi, gli spazi possono acquistare valori diversi al variare degli allestimenti. Il terreno espositivo si ripiega su sé stesso per ospitare la sala polivalente, il centro ricerche e gli uffici; il
73
laboratorio-officina, collocato in una depressione sul lato ovest, è visibile dagli spazi vetrati della caffetteria e del bookshop. «L’obiettivo
è
rendere
il
progetto
un’entità
energeticamente
autosufficiente mediante lo sfruttamento della ventilazione naturale, l’impianto di pannelli fotovoltaici, il ground cooling
e un opportuno
ombreggiamento».11 Questo progetto rientra nella categoria di soluzioni che prevedono l’inserimento della Casa Natale all’interno della nuova struttura come un oggetto parte dell’esposizione. Questa scelta si è rivelata dispendiosa e non consona per dimensioni e tipologia al contesto di inserimento.
4.3.3 Massimo Iosa Ghini – La casa dei bolidi
Immagine 4.8 Iosa Ghini - Plastico di Studio
11
Tedeschini, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p. 5
74
L’idea di un luogo da cui trae partenza l’universo del mondo sportivo automobilistico, ha dato allo studio Iosa Ghini l’idea di un involucro dinamico in cui è inserita come un oggetto prezioso la casa natale. Restauro scientifico per la casa di Enzo Ferrari, il tutto coperto da questo grande involucro dinamico. Le forme sono ricavate da modelli mitici che evocano la Bird Cage (la più tipica Maserati) e la primissima concezione del giovane Enzo ( per Auto Avio Costruzioni e subito dopo le vere e proprie Ferrari a partire dal 1955). L’esterno è forte espressivo, l’interno è neutro per enfatizzare al massimo gli oggetti esposti.
Immagine 4.9 Iosa Ghini - Rappresentazione fotorealistica del progetto
Il progetto, pur essendosi classificato come terzo, presenta le stesse problematiche del precedente.
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4.3.4 Cino Zucchi – Birdcage
Immagine 4.10 Zucchi - Rappresentazione fotorealistica del progetto
Attraverso un gesto semplice ed efficace il nuovo intervento coniuga la necessità di una nuova presenza architettonica a scala territoriale con un’attenzione al ridisegno degli spazi aperti e al rapporto con il tessuto circostante. Il volume unitario del nuovo Museo interpreta il sito nelle sue diverse caratteristiche, distendendosi lungo il suo fronte parallelo alla ferrovia ed articolandosi in forme diverse verso la Casa Ferrari, il suo giardino e verso la città. I blocchi di servizio a sud riprendono in forma astratta le geometrie e la tettonica degli edifici circostanti. Un “nastro” di elementi illuminanti a terra unifica i diversi accessi all’area. La distribuzione del piano terra risolve il potenziale conflitto tra le diverse provenienze del pubblico, unificandone i flussi in un solo grande spazio destinato all’accoglienza ed alle esposizioni temporanee. Un sistema di vetrate apribili permette all’occorrenza l’apertura dell’atrio verso il grande spazio del parcheggio, trasformandolo in uno spazio eventi dalle grandi potenzialità culturali e di comunicazione. L’assenza di pilastri intermedi, il rapporto intuitivo con la circolazione verticale e la struttura modulare del controsoffitto permettono di suddividere lo spazio espositivo o di accettarlo nel suo carattere unitario, grazie anche alla possibilità di configurare in ogni punto il livello ed il tipo di illuminazione. La Casa Ferrari, ripulita dalle superfetazioni, viene restaurata ed il suo allestimento, pur non rinunciando all’uso sofisticato delle tecniche
76
audiovisive contemporanee, vuole mantenere il carattere “artigianale” del luogo e del suo abitante. La visita avviene secondo una sequenza che interpreta gli spazi esistenti come occasioni narrative della vita di Enzo Ferrari, descritte attraverso suoi aforismi e foto storiche. La grande sala a doppia altezza è attraversata al piano superiore da una passerella espositiva. Mantenendo il carattere di edificio, il volume del Museo costituisce un’analogia diretta del suo contenuto: carrozzeria, telaio, abitacolo e motore trovano un loro “doppio” nella pelle esterna. Essa registra nel cambiamento di texture, materiale, colore, levigatezza e trasparenza, il rapporto con i diversi orientamenti solari, i diversi affacci e le diverse preesistenze del contesto, generando un quadro cromatico sempre cangiante. Il progetto pur non inglobando la casa al suo interno, toglie l’attenzione da quest’ultima a causa del suo volume imponente ed articolato.
4.3.5 François Confino e Hunger – 3001
Immagine 4.11 Confino - Plastico di studio
77
Il progetto è composto da due zone distinte sul piano della loro fruizione: Il Museo Dinamico Enzo Ferrari e il Forum Internazionale della Competizione. La casa Natale di Enzo Ferrari, poggiata su un grande specchio d’acqua, quasi a volerla “musealizzare”. Accoglie una mostra permanente dedicata al fondatore della fabbrica di Maranello. L’ala museale appare al visitatore come un gran cubo di circa 900 mq le cui pareti esterne sono interamente coperte di immagini che suggeriscono l’allestimento concepito al suo interno. I fasci di luce proiettati sui muri esterni affrescati e l’effetto di trasparenza e di leggerezza creato dagli involucri di vetro fanno dell’ala una vera e propria scultura. Un sistema complesso di proiezioni e di giochi di specchi anima le vetture e i loro componenti che si librano nello spazio. Altri effetti speciali, creati da proiezioni sul soffitto su schermi trasparenti sospesi nello spazio, completano la scenografia. Il progetto è sicuramente il più curato dal punto di vista dell’allestimento interno, ma risulta trascurato l’involucro esterno.
4.3.6 Sauerbruch & Hutton Architects – 587181
Immagine 4.12 S&H - Plastico di studio
78
La proposta architettonica e urbanistica presentata, parte dal contesto strutturale e volumetrico esistente, e crea un nuovo, contemporaneo complesso, nel quale i singoli edifici progettati si intrecciano al tessuto preesistente, definendo gli spazi e rendendoli utilizzabili. Tramite un nuovo manto - lastre a Terrazzo arricchite da scaglie di vetro - l’intera area di progetto viene messa in risalto rispetto al circondario. Su questa superficie comune, percepita come un piedistallo, vengono disposti gli edifici (preesistenti e nuovi) come oggetti scultorei. Gli edifici preesistenti vengono lasciati per quanto più possibile invariati; i nuovi invece creano un voluto contrasto; ciò nonostante la loro forma e colore richiama, in chiave moderna, il linguaggio degli edifici adiacenti. La Casa Natale è dedicata alla persona di Enzo Ferrari. In quella che era l’abitazione si trovano testimonianze della sua vita d’imprenditore e di pilota, mentre nell’officina vengono esposte alcune autovetture, scelte appositamente. Negli ambienti del vecchio magazzino è prevista la sistemazione di un bar. Gli ambienti dell’ex deposito del formaggio ospiteranno il Museo, nel quale sono esposti principalmente modelli di autovetture. Il museo si divide in quattro sezioni espositive alloggiate in edifici separati accessibili dagli spazi esterni. In ogni caso tutti gli spazi espositivi sono collegati tra loro a livello del piano interrato, e raggiungibili, quindi, anche in caso di avverse condizioni metereologiche all’asciutto, dall’ingresso principale. La molteplicità dei volumi di questo progetto, lo rende meno invasivo ed impattante rispetto al contesto, tuttavia risulta dispersivo e poco funzionale.
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4.3.7 Mathias Klotz – AAA
Immagine 4.13 Klotz - Plastico di studio
Il museo è sviluppato come una composizione di tre edifici, concepiti riflettendo sulle condizioni di visibilità e accessibilità del sito di progetto: la casa natale di Enzo Ferrari, ai cui ambienti recuperati si dà il compito di ricostruire la vita del fondatore della casa automobilistica; l’edificio Modena, che si sviluppa in altezza e che racconta l’intenso rapporto tra la città –sempre visibile nel suo skyline attraverso le pareti traslucide- e l’automobilismo sportivo; infine il Museo, presenza volumetrica maggiore, concepito come un grande ambiente orizzontale in cui sono esposte le vetture sportive. Questo edificio si pone un doppio proposito, risolvendo la mostra della collezione di auto in un ambiente semi-interrato, e utilizzando la propria copertura inlinata come una piattaforma diponibile per la terrazza del caffè e per esposizioni tematiche o eventi di vario genere. Questo spazio generoso è rivolto verso la Casa Natale, le dà risalto, ed è
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pensato per ospitare iniziative diverse che conferiscono all’edificio una doppia
funzione,
costituendo
un
polo
attrattivo
nella
città,
e
raddoppiando all’esterno gli spazi di esposizione. La sala espositiva è pensata come un unico ambiente, in cui le auto sono esposte su supporti idraulici, che alludono ai meccanismi delle officine di riparazione. Questi sostegni ruotano lentamente, abbassando e alzando l’automobile tramite un comando automatico con cui il visitatore può interagire. L’intento non è quello di creare un ennesimo recinto specializzato, un luogo esclusivo, ma al contrario uno spazio urbano che vuole essere ampiamente accessibile e inclusivo, e si rivolge a utenti diversi. Il progetto si integra con l’esistente in modo esaustivo, sia dal punto di vista tipologico, per quanto riguarda il rapporto con la casa e la città costruita in generale, sia dal punto di vista urbanistico. Manca una semplicità compositiva che viene raggiunta solo dal progetto vincitore.
4.3.8 Future Systems – Open Hand
Immagine 4.14 Future Systems - Rappresentazione fotorealistica del progetto
Nella proposta progettuale elaborata da Future System la casa natale verrà
accuratamente
restaurata,
mantenendo
l’involucro
esterno 81
originario, mentre l’interno subirà un restauro che permetterà all’edificio di ospitare un impianto museale in grado di narrare e raccontare attraverso immagini, filmati e cimeli la vita dell’uomo che creò il mito Ferrari prima ancora delle sue macchine. Verranno esposte qui le vetture con cui iniziò la sua carriera di pilota e di giovane costruttore, per poi passare in altre stanze in grado di esporre non solo materiale biografico ma anche uffici della Fondazione ed un eventuale bookshop per i visitatori. A pochi metri di distanza dalla casa natale sorgerà invece un nuovo edificio voluto dalla Fondazione per continuare il racconto sull’automobilismo modenese. Il nuovo museo si specchia con rispetto al vecchio, mantenendo la sua altezza esattamente pari con quella della casa Natale. All’interno il percorso espositivo si svilupperà su di un piano continuo inclinato, che permetterà al visitatore di poter godere della collezione in un sol colpo d’occhio e di percorrere senza interruzioni l’intera esposizione di vetture, motori e telai. L’ambiente interno potrà godere di una notevole quantità di luce naturale, luce filtrata attraverso delle feritoie poste sulla copertura. Quest’ultima quindi verrà diffusa attraverso una superficie semitrasparente che andrà a ricoprire l’intradosso del soffitto, creando una situazione luminosa ottimale per l’esposizione delle vetture. All’esterno
la
copertura
diviene
lucida,
tridimensionale,
scandita
regolarmente dalle feritoie che simbolicamente conferiscono al tetto un significato motoristico, prendendo in prestito un linguaggio di design più automobilistico che edilizio. Un tetto che con la sua valenza simbolica indicherà nel paesaggio urbano di Modena un nuovo punto di riferimento per i suoi abitanti e per gli appassionati di automobilismo di tutto il mondo.
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5. FUTURE SYSTEMS E LA REALIZZAZIONE DI HOPEN HAND Non è possibile comprendere a pieno il progetto senza approfondire la figura e la storia del progettista e dello studio che lo hanno plasmato. 5.1 Jan Kaplicky Jan Kaplicky (18 aprile 1937-14 gennaio 2009) è stato un architetto ceco di fama mondiale che ha trascorso una parte significativa della sua vita in Regno Unito, dove ha fondato lo studio di architettura e design Future Systems.
Immagine 5.1 Jan Kaplicky nel suo studio di Londra
Unico figlio di uno scultore e di un’illustratrice botanica, è nato il 18 aprile 1937 a Praga, Cecoslovacchia, ed è cresciuto in un sobborgo di Praga chiamata Ořechovka. Ha studiato al College di Arti Applicate e di Architettura e Design (VSUP) a Praga, conseguendo il Diploma in Architettura, e proprio qui ha avuto le sue prime esperienze lavorative nel settore privato. Sulla scia della Primavera di Praga, l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, è fuggito a Londra nel settembre 1968 con il collega architetto Jaroslav Vokoun, portando con se solo 100$ ed alcune paia di calzini.
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In Inghilterra, Kaplicky ha lavorato prima per Denys Lasdun and Partners (1969-1971), poi per l'ufficio di Renzo Piano e Richard Rogers (1971-1973), con i quali ha sviluppato il progetto vincitore del concorso per il Centre Georges Pompidou (costruito nel1971-1977) a Parigi. Dopo aver lavorato per un breve periodo a Spencer e Webster Associates (1974-1975), è entrato a far parte dello studio Foster Associates (1979-1983). Allo stesso tempo, nel 1979 Kaplicky aprì il suo studio chiamato Future Systems con David Nixon, e cominciò a sviluppare uno stile architettonico che combina forme organiche con alta tecnologia. Tra i disegni da lui eseguiti ci sono strutture in orbita intorno alla terra, case simili a capsule di sopravvivenza che possono essere trasportate in elicottero, e organizzazioni di ambienti interni manipolabili. Nel 1980 il progetto che presentò per il Gran Buildings a Trafalgar Square, Londra, era una forma libera con struttura monoscocca, cioè senza congiunzioni interne, trafitta da oblò. Il concorso fu vinto da un progetto di ricostruzione più convenzionale di una facciata edoardiana. Di Kaplicky si legge su BusinessWeek: «Dov'è scritto che gli edifici devono essere scatole? Le persone non sono scatole».12 Amanda Levete si unì a Future Systems come partner nel 1989. Kaplicky e Levete si sposarono nel 1991 e, anche se la loro unione durò non più di 15 anni, hanno continuato a collaborare nella pratica architettonica, dicendo che la separazione aveva rafforzato la loro relazione lavorativa. Durante i primi 15 anni di vita lo studio Future Systems ricevette poche commissioni, fino a quando, nel 1994, fu incaricato di costruire il nuovo Media Centre dello stadio di Cricket a Londra, progetto grazie al quale si aggiudicò nel 1999 il Royal Institute of British Architects (RIBA) Stirling Prize considerato il premio architettura più prestigioso del Regno Unito - e il World Architects Awards nel 2001. Kaplicky ha considerato il Media Centre 12
Wikipedia.org (Internet), Jan Kaplický, 2011
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«la mia creazione preferita» - dicendo: «E’ stato qualcosa di rivoluzionario in molti campi - un vero successo tecnico - ma, soprattutto, poichè le persone che operano al suo interno hanno detto:' Ci piace, 'ed ‘è fantastico’ ». 13 Il successivo progetto importante per Future Systems è stato l'iconico Selfridges, costruito nel Bull Ring a Birmingham, con il quale ha vinto sette premi, tra cui il RIBA Award per l'Architettura 2004. Nel 2007, Kaplicky ha vinto il concorso di progettazione per la costruzione della nuova Biblioteca Nazionale della Repubblica Ceca a Praga. Questo doveva essere il suo primo edificio importante nel suo paese d'origine. Tuttavia, il progetto, simile a un blob giallo e viola e soprannominato dai locali " l'Octopus ", è stato pesantemente criticato, in quanto rovinerebbe il panorama di Praga. Oltre al suo lavoro di progettazione, Kaplicky era attivo nella formazione degli architetti. Ha insegnato alla Architectural Association School of Architecture, la più antica scuola indipendente architettonica nel Regno Unito, presso la Scuola di Architettura di Bordeaux e al Workshop di progettazione della Technische Universität di Berlino. Nel 2008 Kaplicky e Levete decidono di andare ognuno per la propria strada dopo aver collaborato professionalmente per 20 anni. Verso la fine della sua vita, Kaplicky cominciò a trascorrere più tempo in Repubblica Ceca, dove era in attesa della costruzione della Biblioteca Nazionale e dove era stato approvato il suo progetto per il Congresso e la Concert Hall a České Budějovice. Nel 2007 sposò la produttrice cinematografica Eliška Fuchsová. Il 14 gennaio 2009, poche ore dopo la nascita di sua figlia Johanna Kaplická, si accasciò a terra in una strada vicino a Piazza della Vittoria, a Praga, per uno scompenso cardiaco. Le autorità di České Budějovice hanno annunciato la loro determinazione a ottenere finanziamenti per costruire finalmente un edificio di Kaplicky nella sua Repubblica Ceca.
13
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5.2 Future Systems: la poetica e i progetti E’ proprio il nome scelto da Jan Kaplicky e Amanda Levete per il loro studio, Future Systems, che ci fa già pensare alla volontà di spingersi sempre oltre, ad una curiosità che nasce dall’osservazione quotidiana di quello che ci circonda, ad un costante processo di ricerca delle migliori tecnologie, ad un obiettivo che è il benessere dell'uomo all'interno dell'ambiente costruito e ad un risultato che sarà bellezza formale.
Immagine 5.2 Studio Future Systems, Londra
Immagine 5.3 Studio Future Systems, Londra
Come ci racconta Marcus Field nella sua monografia dedicata allo studio inglese, niente potrebbe suggerirci invece che proprio a due passi da Paddington Station, in una strada di Londra tranquilla e senza pretese, dietro una semplice porta di quercia di una scuderia ristrutturata si possa nascondere un laboratorio di design. Che questo non sia un ordinario ufficio di architettura lo si capisce appena si entra: ci accoglie prima una moquette rosa shocking, sulla quale scorre una parete color giallo acido, poi i pochi membri dello studio, ognuno con un’età e un’esperienza diversa. Future Systems è stato creato nel 1979 da soli due architetti, Jan Kaplicky e David Nixon, e, anche dopo l’arrivo di Amanda Levete, è sempre rimasto uno studio di piccole dimensioni.
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I primi anni 80 sono stati anche teatro di quella che è stata definita la rivoluzione informatica, ovvero la comparsa e l’affermazione dei nuovi metodi di rappresentazione, basati non più sul disegno e sulla modellazione manuali, ma sull’uso di software appositamente creati. Se da una parte questo ha portato ad un generale appiattimento della ricchezza formale in base alla disponibilità di operazioni che il software compie, dall’altro ha permesso il consolidarsi di un nuovo tipo di architettura caratterizzato dall'enfatizzazione di forme originali e complesse. In questo panorama i Future Systems si distinguono perché, seppur sfruttando queste nuove risorse per una continua ricerca tecnologica e per la loro resa comunicativa, sono però sempre capaci di tornare al disegno e alla modellazione manuale, unici strumenti in grado di trasporre l’idea nella costruzione. Essi, infatti, non vedono l’architettura come il prodotto di una mera elaborazione informatica, ma come un processo di costruzione in più fasi che deve essere costantemente verificato e corretto. La progettazione corrisponde per Jan Kaplicky ad una ricerca che è figlia di un’irrequietezza di fondo e di una curiosità che sono e devono essere tipiche della figura dell’architetto. «One has to be an architect 24 hours a day: eight hours is not enough». 14 (E’ necessario essere architetti 24 ore su 24: otto ore non è sufficiente).
In un'intervista del 2002 per The Observer, Kaplicky afferma: Il mondo è pieno di cose belle, e devi essere attento se sei un architetto - se no, sei nei guai. La creatività è ovunque ... L'idea iniziale per un lavoro mi viene così a volte, e se questa prima idea è buona allora siete sulla strada giusta. Non è un segno di creatività per avere 65 soluzioni per un problema, questo è solo uno spreco di energia. E non pensate di aver bisogno di andare in un luogo particolare per essere creativi, le persone usano 14
Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33 87
questa come scusa, ma io credo che la creatività dipenda dal vostro rapporto con le altre persone, i vostri rapporti personali, il vostro partner o la vostra personale felicità o infelicità.. ciò risulta nel vostro lavoro, è un riflesso del vostro stato emotivo e non è possibile separare le due cose. L’architetto deve essere capace di un’apertura mentale, ovvero di uno spostamento di attenzione verso l’esterno, verso la realtà che lo circonda, naturale o artificiale che sia. Durante tutta la sua vita Kaplicky ha cercato di esplorare e sviscerare il tema dell’ispirazione con una lucidità scientifica. Dai suoi tre scritti, “For inspiration only” (1996), “More for inspiration only” (1999) e “Confessions” (2002), i quali contengono vere e proprie ‘cascate di immagini’, risulta evidente come egli abbia tratto ispirazione da svariati settori. «Sometimes one small image can change our vision of architecture or design».15 (A volte una sola immagine può cambiare il nostro modo di vedere l’architettura o il design).
Le
radici
della
sua
attenzione
per
il
mondo
naturale
risiedono
probabilmente nei disegni della madre, illustratrice botanica. Ecco allora che la forma indefinita di una medusa, i colori di un pesce nel suo habitat, la struttura complessa degli alberi o la semplicità e preziosità di colori e materiali che caratterizzano una spiaggia si trasformano in linee guida armoniose e fonti di ispirazione per soluzioni che sono semplici ma mai banali. «I feel sorry for architects who cannot see the beauty of a simple form; they have to decorate».16 (Mi dispiace per quegli architetti che non riescono a cogliere la bellezza di una forma semplice; devono per forza decorarla).
15 16
Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33 Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33
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Progettato nel 1995, The Ark doveva essere un grande spazio per esposizioni, pezzo forte dell’Earth Center, una nuova istituzione dedicata alla divulgazione delle questioni ambientali con sede a Doncaster, in Inghilterra. Oltre ad essere chiaramente ispirato al mondo degli insetti, è stato progettato per essere quasi totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico e per interagire con l’ambiente climatico in modo dinamico e naturale. Al 1996 risale invece il progetto per il Yokohama Port Terminal, pensato in collaborazione con lo studio Richard Rogers. Ispirato al mondo marino, si configura come una lunga lingua che conduce il visitatore nell’acqua passando attraverso giardini pensili dai quali si gode una visuale privilegiata della città. Allo stesso anno risale il progetto dell’Habitable Bridge a Londra. Doveva somigliare ad una lucertola lunga 475m e pietrificata sul fiume Thames contenente appartamenti e spazi pubblici. Nessuno di questi progetti è mai stato realizzato.
Immagine 5.4 The Ark, Doncaster; Yokohama Port Terminal; Habitable Bridge, Londra
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Risultano evidenti anche la passione per l'arte, testimoniata dalla collaborazione con artisti e scultori di fama internazionale, come Anish Kapoor, e l’interesse per il mondo della moda e della pubblicità. Ne ammira soprattutto la sete di ricerca e innovazione nell'uso di tecniche e materiali e la grande forza comunicativa. «Noi non vogliamo essere architetti alla moda, ma siamo interessati all'idea della moda».17 Ma il valore aggiunto del loro lavoro sta nel fatto che questi riferimenti non vengono utilizzati come mero campionario da cui attingere suggestioni per la progettazione, ma si trasformano in stimolo per una ricerca di tecnologie e sistemi, a volte anche inusuali nel mondo delle costruzioni, volta alla realizzazione di oggetti tanto piacevoli alla vista e al tatto quanto funzionali. Uno degli edifici che maggiormente incarna e comunica il gusto e le idee di Future Systems è il Lord’s Media Centre, una tribuna stampa progettata nel 1997 e realizzata nel 1999 in uno degli stadi di cricket più conosciuti a Londra. Un involucro prefabbricato in alluminio, costruito utilizzando tecnologie tipiche dell’industria navale, montato su di una struttura in cemento armato. L’innovazione dell’edificio risiede nella sua forma, tanto semplice quanto riconoscibile, e nelle sue linee curve che ricordano il guscio di un uovo fluttuante nello spazio. La luccicante monoscocca bianca è tagliata da una gigantesca superficie vetrata, inclinata di 25 gradi per evitare l’abbagliamento degli spettatori, che, come l’obbiettivo di una fotocamera, inquadra il campo di gioco, ospitando più di 300 postazioni.
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Paoletti, I. & Magarotto, E. & Romano, M.G., Future Systems : ricerca, sperimentazione e
trasferimento tecnologico per l'architettura, FrancoAngeli, Milano 2010, p. 106
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Immagine 5.5 Lord’s Media Centre, Londra
Immagine 5.6 Assonometria Media Centre
Per quanto riguarda l’innovazione tecnologica, grande ispirazione è stata tratta dal mondo del design automobilistico, navale e aero-spaziale. «People have total confidence in the designers of an aeroplane, but not in architects».18 (La gente ha una fiducia cieca nei confronti dei designers di aeroplani, ma non negli architetti).
Kaplicky infatti, oltre alla progettazione di veri e propri mezzi di trasporto futuristici, come il Super Bus, veicolo costruito come un involucro in alluminio e alimentato elettricamente che avrebbe dovuto sostituirsi alla metropolitana di Londra, adotta alcune soluzioni tipiche di questo campo nell’edilizia.
Immagine 5.7 Super Bus
18
Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33 91
Ne è un esempio il progetto di una casa per suo figlio Josef, la Josef K House del 1997, la quale ricorda il mondo dell’aeronautica, nei colori e nella forma del guscio a monoscocca in alluminio perforato da grandi vetrate ovali. Il riferimento alle tecniche utilizzate nella nautica, per quanto riguarda lo studio sia della leggerezza e flessibilità, sia delle tecnologie, notoriamente adattabili a forme concave come quelle degli scafi, è evidente soprattutto nel recente progetto per il Museo Enzo Ferrari a Modena, sul quale ci dilungheremo nel prossimo capitolo.
Immagine 5.8 Josef K House, progetto
Immagine 5.9 Museo Enzo Ferrari, Modena
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Kaplicky e Levete fanno notare come, mentre si spendono ingenti somme di denaro per la ricerca e lo sviluppo di automobili, aeroplani e equipaggiamenti militari nel settore privato, la sperimentazione nel campo dell’edilizia si limita ancora alla realizzazione di edifici una-tantum. Secondo loro, se si applicassero i principi dei loro progetti ad una produzione
di
massa
si
potrebbe
creare
un’unità
prefabbricata
economica e nello stesso tempo di immensa qualità. La prefabbricazione potrebbe inoltre risolvere alcune questioni sociali, prima di tutto il problema dei senzatetto, molto sentito nella città di Londra. Uno dei primi progetti elaborati dallo studio già nel 1990 è quello del Boatel, un battello prefabbricato con aperture ad oblò che doveva essere stanziato sul fiume Thames come alloggio temporaneo per 150 senzatetto. In un secondo momento l’idea di prefabbricazione venne allargata ad altri campi e nel 1996 Kaplicky ideò una vera e propria scuola interamente prefabbricata, progetto con il quale partecipò al concorso per la Hallfield Primary School. Le aule erano costituite da unità prefabbricate circolari traforate per far entrare luce e aria e collegate tra di loro tramite un lungo e sinuoso corridoio vetrato.
Immagine 5.10 Boatel, progetto
Immagine 5.11 Hallfield Primary School, progetto
Il mezzo che i Future Systems prediligono per mettere in pratica i loro principi è senza dubbio la tecnologia. Essa infatti non è mai presa in considerazione come obbiettivo, non si tratta di tecnologia ad ogni costo
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e fine a se stessa, ma come strumento per coniugare la bellezza con la praticità. Esplorano nuove frontiere costruttive e morfologiche allo scopo di individuare la soluzione migliore dal punto di vista della praticità e dell'economicità, oltre che della resa e della valenza estetica. «It’s no longer possible to make excuses for materials – fantastic things can be built with the most simple material».19 (Non è più possible giustificarsi con la scusa dei materiali – cose fantastiche possono essere costruite anche con i materiali più semplici).
Il centro commerciale Selfridges, realizzato a Birmingham nel 2003, è un esempio di come le tecnologie costruttive più classiche, come il cemento a spruzzo, possano essere rivedute in chiave futuristica. L’edificio-scultura, che si pone come segno di riconoscimento nella e della città, è costituito da una struttura portante in acciaio nascosta sotto ad un involucro sinuoso di cemento blu, che sfrutta la malleabilità propria di questo materiale, al quale sono stati ancorati dei dischi di alluminio anodizzato. All’interno lo spazio convenzionale è stravolto e sostituito da uno più fluido e accogliente, inondato dalla luce naturale proveniente dalle grandi aperture.
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Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33
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Immagine 5.12 Centro commerciale Selfridges, Birmingham
Immagini 5.13; 5.14 Centro commerciale Selfridges: gli interni e l’integrazione con la città
Il risultato è un'architettura visionaria e sperimentale, quanto concreta e sostenibile, dall’alto valore estetico. La sua principale caratteristica è la bellezza, che Kaplicky stesso definisce acustica, visiva, olfattiva e cinetica. 95
Il concetto di bellezza, che nella società moderna ha acquistato e sta acquistando molti più consensi rispetto al passato, è sì un valore aggiunto, ma apporta una grande contributo, ovvero infonde benessere nei propri fruitori. Si può perciò considerare bello un oggetto di design perché la sua forma si adatta al contenuto e al suo fruitore, oppure può essere definita bella un’abitazione perché i suoi spazi, le sue dimensioni e le viste su cui si apre, interpretano al meglio le esigenze dei suoi abitanti. «Ci interessa creare cose eleganti, belle, che abbiano una certa intimità e sensualità, anche se gli architetti non dovrebbero parlare di queste cose».20
Immagini 5.15; 5.16 Hauer King House, Londra
Nel campo dell’edilizia residenziale lo studio si è occupato sia di villette monofamiliari, sia di veri e propri complessi abitativi. La Hauer King House, realizzata a Londra nel 1994, è stata realizzata con un involucro completamente vetrato, sostenuto da una struttura in acciaio e caratterizzato da una sezione sinuosa che scende come un manto sulle partizioni orizzontali distribuite nei 4 piani di altezza. La privacy è 20
Paoletti, I. & Magarotto, E. & Romano, M.G., Future Systems : ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico per l'architettura, FrancoAngeli, Milano 2010, p. 102 96
salvaguardata grazie all’arretramento dei solai e all’inclinazione della facciata, mentre gli interni entrano in relazione col giardino e con l’esterno con una dinamicità che rispecchia gli effettivi movimenti dei fruitori. In tutt’altro contesto si inserisce la House in Wales, progettata e realizzata nel 1996. L’edificio si trova infatti su di una scogliera affacciata sul mare e, seppure sia ricoperto dal terreno e
perfettamente mimetizzato nel
contesto naturale come un bunker, è dotato di una spettacolare vista sull’oceano grazie ad una grande facciata vetrata dal contorno sinuoso con aperture ad oblò. L’interno si caratterizza come un piccolo loft intimo e accogliente nel quale gli spazi scivolano uno nell’altro grazie ad un pavimento
dolcemente
prefabbricata
in
e
cemento
naturalmente armato
e
inclinato.
illuminata
La
struttura
dalla luce
è
solare
proveniente dalla vetrata.
Immagini 5.17; 5.18 House in Wales
Nel 1995 Future Systems si cimentò anche nella progettazione di tre grandi complessi Zed multifunzionali, a Londra, Berlino e Tolosa, che però non vennero
mai
realizzati,
probabilmente
per
la
loro
forma
troppo
all’avanguardia.
97
Immagine 5.19 Project Zed, Londra
Immagine 5.20 Project Zed, Berlino
La forma e il colore concorrono in prima linea per dare vita alla bellezza. La forma scelta dai Future Systems è sempre originale, sinuosa e sensuale, si adatta perfettamente all’ambiente che la circonda, naturale o artificiale che sia, ma non è fine a se stessa, non è pensata solo perché sia riconoscibile, ma anche perché si concretizzi in un oggetto, o un luogo, in cui riconoscersi. «Spaces defined by eight corners are not compulsory, nor necessary. Why not create free forms inside and out? Human beings are not boxes».21 (Creare spazi definiti da otto angoli è facoltativo, non necessario. Perché non creare forme libere, dentro e fuori? Gli uomini non sono scatole).
Il colore è un forte veicolo di comunicazione. Kaplicky sceglie sempre colori accesi e ‘sfacciati’ che sono una cosa unica con le linee delle sue forme. 21
Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33
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L’armonia e la complicità che si creano tra forma e colore sono il manifesto più evidente di questa nuova architettura che non è più raccontata, come da tradizione, "in bianco e nero". «It is astonishing how few colours architects use; mainly grey and brown». 22 (E’ sorprendente quanti pochi colori usino gli architetti; prevalentemente grigio e marrone).
L’importanza del fattore colore è evidente nel progetto del Docklands Bridge, realizzato nel 1996 a Londra. Esso è costituito da una struttura galleggiante prefabbricata, ancorata a puntoni di cemento armato, che sostiene un ponte in alluminio su arcate incrociate in acciaio. Il colore, giallo acido, e l’illuminazione sono un punto cruciale del progetto per l’effetto che creano sulla superficie dell’acqua.
Immagine 5.21 Docklands Bridge, Londra
Immagine 5.22 Green Bird, progetto
Forma e colore si uniscono in modo imprescindibile in progetti come quello del Green Bird, proposta-provocazione elaborata nel 1996 per un grattacielo di 100 piani dal profilo sinuoso e dalla sezione trasversale ovale, da costruirsi a Londra; o come il progetto della National Library di Praga del 2007, un gigantesco blob in pannelli di alluminio dai colori sgargianti, sorretto da una trave circolare, che copre come un lenzuolo i ripiani della biblioteca senza toccare terra e che permette la vista sulla città grazie a
22
Field, Future systems, Phaidon, London 1999, p.32-33 99
numerose aperture ovali. La realizzazione di questo progetto, sicuramente piÚ realistico del precedente, è stata lungamente ostacolata e potrebbe essere non avere mai inizio.
Immagini 5.23; 5.24 Progetto per la National Library di Praga
Tutti i principi fin qui citati possono trovare campi di applicazione molto vari, dalla realizzazione di grandi land-mark urbani agli oggetti di design. In questâ&#x20AC;&#x2122;ultimo campo Future Systems ha elaborato proposte diverse per utilizzo e dimensioni, a partire da oggetti, come un servizio di posate per Alessi, la lampada Flora e il contenitore per champagne Bucket, per arrivare ad elementi di arredo come la seduta Dinghy, ispirata ad un gommone, e a veri e propri allestimenti di negozi (Flower Shop, Comme de Garcones).
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Immagine 5.25 Seduta Dinghy
Rimane sempre evidente come in ogni campo lo studio londinese abbia elaborato soluzioni con la stessa volontĂ sia di appagare gli occhi e i sensi, sia di ottenere una qualitĂ tattile, un comfort che le renda funzionali a tal punto da diventare familiari.
Immagine 5.26 Servizio di posate per Alessi
101
5.3 Il Museo Casa Natale Enzo Ferrari 5.3.1 I protagonisti del progetto Future Systems ha sperimentato il tema della progettazione museale elaborando soluzioni notevolmente diverse tra loro per importanza e scala (da musei archeologici a piccole gallerie d'arte), nei quali costante comune è l'attenzione al rapporto tra contenuto e contenitore. Il Museo Casa Enzo Ferrari a Modena rappresenta per lo studio il primo successo in questo campo e quindi la felice conclusione di un percorso. Fin dall’inizio questo progetto è stato caro a Jan Kaplicky e a Future Systems, innanzitutto per la collocazione, in Italia, dove egli collaborava già da tempo con alcuni clienti, nonché per la sua passione per il mondo ed il design automobilistico.
Immagine 5.27 Cantiere MEF, Modena
Le fasi di progettazione architettonica preliminare, definitiva ed esecutiva sono state seguite
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direttamente dall’Architetto Jan Kaplicky,
la cui
prematura scomparsa, però, non gli ha nemmeno permesso di vedere l’apertura del cantiere. Gli ha succeduto l’Architetto Andrea Morgante, suo stretto collaboratore, che attualmente ha l’incarico di direzione artistica del cantiere e di progettazione del layout interno del museo. Quest’ultimo, oltre ad essere stato coprogettista del complesso museale fin dalle prime fasi concorsuali, è stato prima Direttore Associato di Future Systems, poi ha fondato a Londra Shiro Studio, un atelier multidisciplinare focalizzato sulla progettazione architettonica e sull’industrial design. Fra i progetti dello studio troviamo alcune residenze a Tokyo e a Roma collaborazioni di design con Alessi, Agape e Poltrona Frau. Lo studio di prefattibilità ambientale, l’ingegneria del progetto e il ruolo di general contractor sono stati
invece curati dalla società modenese
Politecnica. L’appalto per la costruzione, pubblicato nell’ottobre 2008 sulla Gazzetta Ufficiale Europea, è stato aggiudicato a una cordata di imprese tutta emiliana: Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC), Ing. Ferrari Spa, Ite Group e Consorzio Stabile Modenese (CSM), di Modena. Il CCC e il CSM hanno a loro volta affidato l’esecuzione delle opere alla CDC di Modena (capogruppo), alla CMB di Carpi (Modena), alla Coopsette di Reggio Emilia, all’ impresa Scianti Costruzioni di Modena e alla Costruzioni Generali 2 di Modena.
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Immagine 5.28 Scultura in alluminio rappresentante la prima pietra
Il 20 aprile 2009 è stata posata la prima pietra simboleggiata da una scultura in alluminio ideata da Jan Kaplicky. Da allora i lavori sono proceduti speditamente, ma, nonostante ciò, il Museo non verrà terminato entro il 2011 come da previsione, ma aprirà i battenti nella primavera 2012.
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5.3.2 Il progetto e le tecnologie Il complesso museale sorgerà in un’area della prima industrializzazione modenese di oltre 5000 mq. Di questi 3000 saranno costruiti, mentre 2000 saranno destinati aree verdi, spazi di circolazione e parcheggi. Della superficie costruita 2500 mq saranno realizzati ex-novo e i restanti 500mq appartengono alla preesistente Casa Natale. Quest’ultima è stata sottoposta ad un restauro scientifico che ne conserverà il genius loci, eliminando invece le superfetazioni. All’interno gli spazi sono stati liberati al fine di riottenere l’originario volume unico. In linea con la normativa sismica sono stati realizzati vari interventi di irrigidimento. Due portali in acciaio a forma di “X” sono stati posizionati in corrispondenza degli accessi principali di quella che un tempo era l’officina di Alfredo Ferrari, con lo scopo di conferire stabilità alle murature perimetrali.
Immagine 5.29 Cantiere all’interno della Casa Natale
Anche la copertura è stata oggetto di restauro: le capriate lignee sono state in maggior parte recuperate, le vecchie sono state interamente
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sostituite. Durante questa operazione sono stati inseriti piatti metallici incrociati a “X” per irrigidire le connessioni.
Immagine 5.31 Particolare delle capriate nella Casa Natale
Le finestrature, un tempo tamponate, sono state riaperte, alcune grate sono state recuperate, mentre gli infissi sono stati interamente sostituiti. Un nuovo vespaio su igloo appoggia sulla platea di fondazione irrigidita da cordoli perimetrali. Per quanto riguarda l’impiantistica è stato realizzato un sistema di riscaldamento radiante a pavimento. Mentre, per quanto riguarda il ricambio d’aria, la casa è collegata tramite tubi sotterranei alla centrale termica posta nell’interrato del nuovo Museo. La maggior parte della superficie costruita è occupata dal nuovo edificio. Alla base del progetto ideato da Future Systems c’è un’attenzione particolare all’integrazione con l’esistente. La nuova galleria dialoga con
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la Casa Natale, vista come baricentro del complesso, adattandosi ad essa e rispettandone le proporzioni. Il colmo dei due edifici, il preesistente e il nuovo, è il medesimo (12 mt). Per garantire la giusta spazialità interna quindi la nuova costruzione è stata in parte interrata. La forma scelta è semplice, poco invasiva e si presenta come una mano appoggiata sul terreno che abbraccia e protegge l’esistente senza distoglierne l’attenzione.
Immagine 5.32 Concetto del progetto
Nonostante questo, l’edificio si pone come una vera a propria scultura di design ispirata al lessico dei bolidi degli anni ’70 e in particolare alla Auto Avio Costruzioni 815, la prima automobile costruita da Enzo Ferrari. L’involucro dell’edificio ne richiama la carrozzeria mentre la facciata il radiatore. Alla domanda “Quanto c’è di design, inteso come componente di serie e quanto di architettura in questo edificio?” di Cinzia Bontempi per la rubrica Babylons, Andrea Morgante risponde:
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Se di design si parla come prodotto in serie, pochissimo, quasi nulla, che da una parte è un complimento, dall’altra rende il mestiere di chi progetta e soprattutto chi deve realizzare una vera e propria sfida tecnologica. Parlando qua in cantiere viene riferito quasi come un prototipo a scala 1:1, nel senso che molte soluzioni tecnologiche non sono state mai affrontate o molto raramente e tuttora in cantiere richiedono una costante supervisione, per capire come andare a realizzare i componenti che, ripeto, hanno di design la perfezione della superficie, ma come realizzazione poco della tecnologia edilizia, quindi è una sfida continua. 23 Come nella maggior parte dei progetti di Future Systems non vi è una distinzione tra partizioni orizzontali e verticali. L’involucro, a doppia curvatura, è costituito da un manto di doghe in alluminio verniciato lucido, privo di giunti in vista, e tocca il terreno lateralmente dando l’idea di un cofano di un automobile sepolta. La scelta dell’alluminio per la copertura è stata ispirata da una forte contaminazione col settore navale. Nel corso della progettazione, si è passati dall’iniziale colore blu al giallo, che accumula meno calore ed è il colore della città di Modena. Le aperture a feritoia che caratterizzano la copertura richiamano le prese d'aria delle auto da corsa, e permettono alla luce naturale di penetrare e diffondersi uniformemente all'interno.
23
Bontempi, «Museo Maserati», Babylons – City of dreams, anno 2011, n. 3.
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Immagine 5.33 Cantiere della copertura
Geometricamente la facciata vetrata è ottenuta da due superfici coniche a raggio diverso unite nel loro punto di tangenza. Pertanto si presenta come un piano inclinato di 12,5 gradi che si trasforma da convesso a concavo. Ă&#x2C6; protetta dallâ&#x20AC;&#x2122;irraggiamento solare tramite un sistema di brise-soleil in lamelle orizzontali di alluminio verniciate in nero opaco che ricordano il layout di un radiatore. Gli estremi e la linea di gronda della facciata sono ricoperti dello stesso materiale.
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Immagine 5.34 Facciata in fase di realizzazione
Entrando nellâ&#x20AC;&#x2122;edificio non viene a mancare il contatto con la Casa Natale che rimane spettacolarmente inquadrata nella vetrata di facciata. Tuttavia per scelta del progettista non è predisposto alcun collegamento tra i due.
Immagine 5.35 Cantiere, vista dallâ&#x20AC;&#x2122;interno
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Il museo si sviluppa su due piani: piano terra e piano interrato. Il piano terra, di 2500 mq, si presenta come un unico spazio espositivo degradante verso il fondo. Gli unici spazi separati e riconoscibili sono i servizi igienici sulla destra e il blocco contenente biglietteria, bookshop e bar-caffetteria sulla sinistra. In coerenza col progetto, le partizioni, le aperture e gli ingressi sono curvilinei. Le sedute del bar sono sparse all’ingresso dell’edificio, pensate in modo tale da non limitare la clientela ai soli visitatori. I due piani sono collegati tramite una rampa a sinistra e una scalinata a destra. La prima di dimensioni maggiori rispetto alla seconda per non interrompere l’unicità spaziale. Alla fine della rampa si apre un ampio spazio espositivo ribassato, dal quale si accede ai locali interrati. Il dislivello tra i due piani, protetto da un parapetto, è gestito in modo graduale con linee curve che creano una pavimentazione continua. Queste geometrie sinuose sono ottenute attraverso l’utilizzo di contropareti in lastre cementizie più resistenti del cartongesso, seghettate per essere modellabili, ed infine rasate. Queste, insieme al pavimento, saranno ricoperte di resina bianca e rese continue al controsoffitto in barrisol, anch’esso bianco. La luce che filtra dalle feritoie attraverso il telo elasticizzato fonoassorbente si diffonde così in tutto lo spazio conferendo omogeneità all’insieme. Il piano interrato di circa 1000 mq ospita, oltre ai vani tecnici e agli spazi di servizio per il personale, un locale multifunzionale didattico sede del Cento di Documentazione, una sala per gli audiovisivi e un locale per mostre temporanee e congressi da 150 posti. Sul soffitto di quest’ultimo di apre un oculo che lo collega con l’area di ingresso e che, oltre ad illuminare l’ambiente, permette ai visitatori di osservare ciò che avviene al suo interno. I restanti 2000 mq dell’area sono occupati da aree verdi, percorsi e parcheggi. L’ingresso pedonale avviene da via Paolo Ferrari, attraverso un
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vialetto che ha per sfondo la Casa Natale. Questo percorso è stato creato per i visitatori provenienti dal centro di Modena e dalla stazione ferroviaria. L’ingresso carrabile si trova sul retro del nuovo edificio e dà accesso ad un parcheggio riservato di 47 posti auto, in prato armato. Dal punto di vista strutturale l’edificio si presenta come una costruzione leggera. Propedeuticamente allo scavo è stato realizzato un palancolato lungo l’intero perimetro della galleria, onde evitare cedimenti strutturali delle mura storiche della Casa Natale. A causa della composizione del terreno modenese, ricco d’acqua, la struttura riceve dalla falda una spinta idraulica verso l’alto. Per risolvere questo problema si è proceduto all’infissione di circa 200 pali in calcestruzzo armato Ø60 cm. Questi ancorano al terreno la platea in calcestruzzo armato (spessore 40 cm) che assorbe le sollecitazioni indotte dalla struttura a guscio di copertura. Per migliorare la resistenza a queste spinte, all’interno della fondazione sono stati inseriti in apposite guaine cavi in acciaio post tesi. Sui tre lati chiusi del perimetro sono stati realizzati doppi muri di contenimento con spessore 30 cm in c.a. aventi forma triangolare; questi fungono da contrafforti esterni accogliendo tra di essi l’arco metallico della copertura. La platea di fondazione e i muri controterra costituiscono inoltre una barriera impermeabile per l’edificio. A lavori ultimati i contrafforti saranno ricoperti di terreno a verde.
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Immagine 5.36 Cantiere, posa della trave tubolare di facciata
La struttura portante della copertura a doppia curvatura è stata realizzata in acciaio. Le travi principali, a doppia reticolatura, corrono lungo la sezione trasversale dell’edificio e sono a “spinta eliminata”. Una trave tubolare, Ø100 cm e 4 cm di spessore, segue l’andamento sinuoso della facciata ed è sostenuta da due pilastri a forcella leggermente inclinati.
Immagine 5.37 Cantiere, posa dei pilastri a Y
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Le travi secondarie sono anchâ&#x20AC;&#x2122;esse di tipo reticolare, ma dalla geometria semplice, ancorate alla grande trave tubolare di facciata. A metĂ luce di ognuna di esse si innesta un ulteriore ordine di archi di stabilizzazione trasversale.
Immagine 5.38 Cantiere, posa del reticolo di travi della copertura
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Il pacchetto di copertura è stato realizzato tramite l’impiego di una lamiera grecata (spessore 13cm), le cui nervature sono state riempite con lana di roccia. Sopra di questa è stato posizionato un doppio strato coibente in pannelli di vetro cellulare, poi una guaina bituminosa continua. La copertura presenta una superficie di 3330 mq ed è sorretta da un sistema di 5000 bielle metalliche le quali permettono alle doghe di muoversi a seconda dei carichi e delle dilatazioni termiche. Il cofano è modellato in modo tale da sembrare una superficie unica e i lucernari sono tangenti al resto della copertura.
Immagine 5.39 Biella di sostegno delle asce di copertura
Per ottenere questo effetto sono stati utilizzati elementi modulari e flessibili quali le estrusioni in alluminio ad interconnessione. Ciascuna doga viene curvata secondo la geometria richiesta direttamente in opera mediante un’apposita calandratrice. Negli incastri di collegamento sono state inserite guarnizioni allo scopo di raggiungere una completa tenuta all’acqua.
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Immagine 5.40 Cantiere, particolare della copertura
La facciata vetrata dâ&#x20AC;&#x2122;ingresso è strutturale ed è realizzata con pannelli in vetrocamera che, ancorati ad un sistema di funi in acciaio inox pretensionate, fanno di essa una tensostruttura. I cavi metallici sono alloggiati allâ&#x20AC;&#x2122;interno tra il giunto siliconico tra lastra e lastra.
Immagine 5.41 Cantiere, ultimazione della facciata a tiranti e degli impianti
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Questa tecnologia si sostituisce all’uso dei tradizionali montanti estrusi in alluminio e costituisce una novità in campo architettonico, mentre è utilizzata da decenni in campo nautico per tensionare le vele degli yatch da regata. In questo modo può essere supportata una tensione media di 10 ton per cavo per un’altezza di 11 mt su una facciata inclinata. Esternamente per filtrare la luce solare è stata prevista l’installazione di lamelle orizzontali in alluminio, le quali saranno direttamente collegate con le funi.
Immagine 5.42 Cantiere, particolare dei sostegni delle lamelle di facciata
Inoltre a queste è affidato il compito sia di trasferire il carico del vetro e l’azione del vento alla trave tubolare di sommità, alla quale sono ancorati, sia di contrastare la torsione di quest’ultima. La tensostruttura è calcolata per sopportare deformazioni massime di 16 cm. A sua volta la trave è sostenuta da due pilastri a forcella, collegati con la trave ed il basamento in calcestruzzo armato tramite cerniere sferiche.
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I pilastri presentano una sezione circolare di Ø30 cm e la loro finitura prevede un’applicazione di vernice a base di smalto lucido dello stesso colore della copertura. Mentre questi scaricano a terra la componente verticale del peso della facciata, il tiro orizzontale è assorbito gradualmente, attraverso le strutture trasversali, da tutto lo scheletro. Le deformazioni di facciata sono gestite anche attraverso le travi reticolari secondarie. Queste, da una parte ancorate alla grande trave tubolare, dall’altra, attraverso connessioni a carrello, scaricano il loro peso su pilastri posti in corrispondenza del muro controterra sul lato corto dell’edificio.
Immagine 5.43 Cantiere, particolare della forcella
Dal punto di vista della sostenibilità ambientale il complesso museale sarà ad alto risparmio energetico, poiché è progettato con principi di bioclimatica
e
all’avanguardia.
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realizzato
con
materiali
e
soluzioni
impiantistiche
È stato infatti prevista l’installazione di un impianto geotermico, le cui sonde sono collocate a 100m di profondità, che alimenta i sistemi radianti di climatizzazione (riscaldamento a soffitto o a pavimento e convezione tramite gli augelli orientabili sulle pareti). Per coprire gli eventuali picchi di consumo energetico, è stata predisposta esternamente una centrale termica a combustione di gas metano. L’acqua calda sanitaria è prodotta da pannelli solari termici installati nell’area verde a ridosso della copertura. Mentre l’illuminazione delle aree espositive cieche è alimentata da pannelli fotovoltaici posti nelle barriere acustiche tra il parcheggio e la linea ferroviaria. D’estate, per smaltire l’accumulo indesiderato di energia termica nelle strutture, è stato previsto un sistema di ventilazione notturna. Infine all’interno degli edifici i flussi d’aria saranno erogati e bassa velocità e le emissioni acustiche dei sistemi tecnologici saranno controllate in modo tale da essere inavvertibili dai visitatori. Per quanto riguarda la fruizione museale, curata da Andrea Morgante, è stato previsto un layout differente per la Casa Natale e la Galleria. Alla domanda “Curerete anche l’allestimento interno?” di Cinzia Bontempi per la rubrica Babylons, Andrea Morgante risponde: Assolutamente si, perché è un’opera talmente intima anche come scala, anche se sembra grande non lo è, l’allestimento ha sempre fatto parte integrante della filosofia di progetto, tanto che Jan ha sempre voluto sin dall’inizio che le macchine fossero esposte come pezzi d’arte.24 Il percorso espositivo all’interno della Casa Natale sarà semipermanente e avrà lo scopo di comunicare in modo fortemente suggestivo ed evocativo, attraverso immagini, filmati e supporti multimediali la storia dell’uomo
24
Bontempi, «Museo Maserati», Babylons – City of dreams, anno 2011, n. 3.
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Ferrari, la sua infanzia, la giovinezza, le avventure sportive e la sua attività di costruttore. Questo layout avrà come concept ispiratore le pagine di un libro e i concetti chiave saranno polisensorialità, flessibilità e modularità.
Immagine 5.44 Rendering progettuale, espositori all’interno della Casa Natale
Immagine 5.45 Cantiere, pannelli espositivi
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All’interno il visitatore potrà assistere a proiezioni su 15 schermi e ammirare la Auto Avio Costruzioni 815, ispiratrice del progetto. Nell’ala inferiore, mentre ai piani superiori saranno collocati gli uffici della fondazione, al piano terra saranno allestite due stanze una dedicata al colore viola nella storia della Ferrari, colore con cui Enzo Ferrari era solito scrivere, e una dedicata al colore giallo, colore della città di Modena, e alla storia del cavallino rampante.
Immagine 5.46 Rendering di progetto, esposizione interna del MEF
Per quanto riguarda la nuova galleria, Kaplicky stesso la definisce un “nonedificio” nel quale i muri interni diventano pannelli informativi e le automobili sculture nello spazio. L’ambiente sarà illuminato da cluster di luci a soffitto. Per evitare di ridurre il museo ad un banale parcheggio, è stato deciso di collocare i bolidi su un perno in posizione inclinata, in modo tale da renderne visibile l’intera carrozzeria. Il percorso espositivo segue la conformazione dell’edificio occupandone tutti gli spazi; le automobili saranno collegate tra loro, in relazione al periodo e al modello, da un denominatore comune: il DNA di marca. Infatti l’allestimento riguarderà non solo Enzo Ferrari, ma anche i protagonisti più illustri delle sfide automobilistiche della motor valley.
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L’esposizione sarà questa volta di tipo temporaneo e i pezzi proverranno da collezioni di privati, in quanto non esistono esemplari in possesso della casa automobilistica poiché secondo il fondatore era inutile conservarne. «La mia migliore auto è quella che devo ancora costruire». (Enzo Ferrari)
Immagine 5.47 Elaborazione fotorealistica del progetto finale
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CONCLUSIONI Fin dal principio il nostro lavoro di ricerca ha voluto analizzare la presenza e la qualità dell’architettura contemporanea nel territorio in cui viviamo. Le tematiche e le situazioni indagate sono ampie e complesse, ognuna delle quali meriterebbe un approfondimento particolare. Abbiamo ritenuto più interessante ed utile al nostro scopo costruire un percorso che toccasse tutti questi argomenti, i quali presentano una matrice analoga. Questi infatti sono accomunati sia dal contesto nel quale si collocano, ovvero il territorio modenese, sia dal tema dell’automobilismo, sia dal medesimo percorso storico evolutivo, ovvero le vicende della casa automobilistica Ferrari. La varietà degli argomenti ha implicato l’utilizzo di diversi metodi d’indagine. Il lavoro di ricerca storica è stato svolto quasi interamente attraverso la consultazione e rielaborazione di testi. Questo metodo ha interessato lo svolgimento relativo alle vicende dei protagonisti, quali Enzo Ferrari e Jan Kaplicky. Sul primo il materiale bibliografico a disposizione è notevole e la nostra sintesi ha avuto l’intento di sottolineare le tappe che lo hanno reso pioniere dell’automobilismo a Modena e in particolare il suo stretto legame con il territorio di questa città. Per quanto riguarda l’Architetto il numero di testi si riduce, sia per la sua scarsa notorietà nel nostro paese, sia per i pochi progetti realizzati. Per questo talvolta è stato necessario tradurre testi dall’inglese; allo stesso tempo abbiamo preferito mantenere alcune citazioni in lingua originale per non perderne l’autenticità. L’analisi della sua vita e delle sue opere ci ha consentito di interpretare al meglio il progetto del Museo Enzo Ferrari, come sintesi e conclusione di una linea di pensiero progettuale. Il lavoro di critica si basa su comparazioni e giudizi che, in alcuni frangenti, sono stati ripresi dalla bibliografia in quanto condivisi, in altri riportano la nostra opinione a riguardo. Al fine di comprendere l’operato della casa automobilistica Ferrari a Maranello e il progetto Formula Uomo, abbiamo
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ritenuto interessante citare il dibattito sul tema dell’architettura industriale nella storia. In particolare su come questa si sia dovuta evolvere di pari passo con lo sviluppo delle nuove tecniche di produzione; un caso su tutti è quello della fabbrica Ford e del suo architetto Albert Kahn. A differenza dell’utilizzo della catena di montaggio, la fabbrica Ferrari predilige il metodo così detto “a isole”, il quale implica la suddivisone dell’impianto in padiglioni, ciascuno con diversa funzione. Un lavoro di critica più personale ha riguardato l’analisi dei progetti partecipanti al bando di concorso per il Museo. Studiando le singole proposte abbiamo cercato di capire con quali criteri e intenzioni il progetto di Future Systems sia stato giudicato il più espressivo e allo stesso tempo rispettoso delle preesistenze. Abbiamo
dedicato
particolare
attenzione
alla
descrizione
delle
architetture del Campus di Maranello e del Museo Enzo Ferrari, sottolineandone le caratteristiche tecnologiche e funzionali ed il rapporto con il contesto. Non ci è stata resa possibile la visita al Campus di Maranello, quindi, per l’analisi degli edifici che lo compongono, ci siamo serviti di manuali, monografie ed articoli di riviste. L’inaccessibilità della fabbrica, se da un lato la rende meno rappresentativa del territorio, dall’altro le dona fascino ed esclusività. In questo modo si dimostra essere, come nelle intenzioni dell’amministrazione Ferrari, pensata e destinata solo agli addetti ai lavori. La descrizione del nuovo Museo Enzo Ferrari è stata quasi interamente tratta da uno scambio diretto con i progettisti e la Fondazione. Questi hanno dimostrato ampia disponibilità accompagnandoci in una visita guidata all’interno del cantiere. Il fatto che l’edificio non sia ancora stato ultimato da un lato ci ha impedito di averne una visione d’insieme, dall’altro ci ha permesso di scoprirne le tecnologie e il funzionamento strutturale.
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L’iter seguito ci ha portati ad elaborare alcune considerazioni conclusive. Come studenti, consideriamo la presenza di architetture contemporanee nel territorio uno stimolo costante per la nostra creatività. La qualità architettonica non dovrebbe essere considerata come un valore aggiunto e riservato a pochi. Anzi, dovrebbe essere un’esperienza quotidiana e caratterizzante di tutti gli ambienti che frequentiamo. Ciò non significa che ogni abitazione debba essere un museo, infatti la qualità può essere trovata anche nella semplicità. Gli interventi a cui facciamo riferimento cominciano ad apparire solo ora nelle nostre province e serviranno ad abituare e ad interessare i cittadini all’architettura contemporanea, finora trascurata. Lo dimostra l’assenza di una facoltà di Architettura negli Atenei di Bologna e di Modena e Reggio Emilia. Come dice l’Architetto Andrea Morgante nell’intervista di Cinzia Bontempi per Babylons – City of dreams: «Il danno e la cosa peggiore è quando non c’è polemica ovvero la gente subisce l’architettura e non s’accorge che li è stato costruito qualcosa di nuovo. Io credo che quando nasce la polemica si è già compiuto un buon passo avanti, perché almeno la gente riesce, ha la possibilità di discutere temi attuali come l’architettura contemporanea e contenuti di musei, quindi ben venga». Dopo aver studiato il Campus Ferrari di Maranello, crediamo che il programma sviluppato in modo eclatante dalla Ferrari possa essere ripreso in altre situazioni ed in forme più contenute, senza perderne l’aspetto qualitativo. Infatti, per quanto riguarda l’architettura industriale, riteniamo che un programma che mira alla qualità delle zone produttive possa avere numerosi riscontri positivi.
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In primo luogo si è visto come la qualità architettonica incida sulla qualità delle condizioni lavorative ed a sua volta sulla qualità del prodotto finito. Un tipo di produzione in linea necessita di spazi diversi rispetto ad un tipo di produzione ad isole, quest’ultimo infatti, basandosi prevalentemente sul lavoro di equipe, deve essere svolto in ambienti appositamente studiati, più confortevoli e con esigenze spaziali differenti. In secondo luogo è evidente l’azione pubblicitaria che svolge questo tipo di architettura, sia per il privato proprietario dell’azienda, sia per il marketing del territorio in cui è inserita. Non si può negare che il progetto Formula Uomo abbia apportato un forte richiamo di immagine per la casa automobilistica
in
quanto
firmato
da
eccellenze
dell’architettura
internazionale. La fabbrica resta non visitabile, pertanto si tratta di una qualità non fruibile dai cittadini, i quali la conoscono solo grazie ai nomi altisonanti. Allo stesso tempo il territorio ne trae un duplice vantaggio: un contenuto impatto ambientale e paesaggistico, tenuto conto che si tratta di una fabbrica, e un’azione pubblicitaria e di richiamo. Di questo sistema è un esempio eclatante il processo che ha portato alla realizzazione del Museo Enzo Ferrari. Esso infatti rende pubblico ciò che la fabbrica, per sua natura, deve mantenere privato, sponsorizzando allo stesso tempo il marchio Ferrari, il marchio Motor Valley e la tradizione del territorio modenese. Il risultato di questa collaborazione è uno scambio tra marchio e territorio, vantaggioso per entrambi. Finora l’architettura non era stata intesa come mezzo di promozione e, di conseguenza, mai valorizzata. Dal 1999, anno di nascita del progetto “Terra dei Motori”25, solo ora si comincia a prendere coscienza dell’importanza della qualità architettonica del contenitore e dell’influenza che essa ha sul contenuto.
25
Progetto interregionale coordinato dalla Regio Emilia Romagna attraverso l’Assessorato Regionale al Turismo e Commercio. Indirizzo di riferimento: www.motorvalley.it 126
Questo tipo di architettura risulta strettamente legata al territorio sia perchè contiene ciò che maggiormente ne rappresenta la cultura, sia perché si inserisce in esso rispettandone le tradizioni e le preesistenze. Lo si vede nelle forme e nei volumi del nuovo Museo che abbracciano la Casa Natale senza superarne l’altezza, mimetizzandosi nel tessuto urbano della città di Modena, della quale riprende il colore. Lo si vede negli stabilimenti Ferrari, le cui proporzioni si adattano alla morfologia del territorio di Maranello, tanto amato da Enzo Ferrari. Ci auguriamo che l’architettura del museo possa essere d’esempio per le opere pubbliche, dal punto di vista qualitativo, per colmare il divario tra committenza pubblica e privata.
127
A Documentazione tecnica di progetto
129
Immagine A1 Planimetria Scala 1:500 131
Immagine A 2 Pianta piano interrato Scala 1:250 133
Immagine A 3 Pianta piano terra Scala 1:250 135
Immagine A 4 Diagramma circolazione interna 137
Immagine A 5 Sezione lungo lâ&#x20AC;&#x2122;asse 3-3 Scala 1:250
Immagine A 6 Sezione lungo lâ&#x20AC;&#x2122;asse 7-7 Scala 1:250
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FONTI DELLE IMMAGINI
CAPITOLO 1 Immagine 2.1 Enzo Ferrari al comando di un’Alfa Romeo, 1924; disponibile all’indirizzo: http://www.motorcafe.it/ Immagine 1.2 Autocarri della scuderia Ferrari per il trasporto delle vetture; Casucci, Piero, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 144 Immagine 1.3 Auto Avio Costruzioni 815; disponibile all’indirizzo: http://worldofferrari.blogspot.com/ Immagine 1.4 Gli stabilimenti Ferrari dopo il primo bombardamento, 1944; Casucci, Piero, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 148 Immagine 1.5 Il reparto corse dello stabilimento Ferrari; Casucci, Piero, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 153 Immagine 1.6 La linea montaggio delle Gran Turismo; Casucci, Piero, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 153 Immagine 1.7 Francesco Baracca, aviatore; Bogomeo, Vincenzo, L'angelo rosso : storia, leggende e passioni di Enzo Ferrari, Edizioni lavoro, Roma 1997 Immagine 1.8 Pista di collaudo di Fiorano; Casucci, Piero, Enzo Ferrari : 50 anni di automobilismo, A. Mondadori, Milano 1983, p. 152 Immagine 1.9 Galleria Ferrari a Maranello; disponibile all’indirizzo: http://www.granitifiandre.it/ CAPITOLO 2 Immagine 2.1 La catena di montaggio; disponibile all’indirizzo: http://www.galad.it/ Immagine 2.2 Stabilimento Ford di River Rouge, progettato da Albert Kahn; disponibile all’indirizzo: http://www2.si.umich.edu/ Immagine 2.3 Stabilimento Ford di River Rouge, Dearborn, Michigan; disponibile all’indirizzo: http://www.autoblog.it/ Immagine 2.4 Stabilimenti Ferrari, montaggio vetture; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it/ Immagine 2.5 Campus Ferrari a Maranello, Ristorante; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it/
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Immagine 2.6 Campus Ferrari a Maranello, Meccanica; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it/ Immagine 2.7 Campus Ferrari a Maranello, Stabilimento Meccanica; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 38 Immagine 2.8 Campus Ferrari a Maranello; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it/ CAPITOLO 3 Immagine 3.39 Veduta aerea Campus di Maranello; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.40 Planimetria Campus di Maranello; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 36 Immagine 3.41 Prospettiva area Gran Turismo; disponibile all’indirizzo: http://www.ferrari.com Immagine 3.42 Prospettiva area Sportiva; disponibile all’indirizzo: http://www.ferrari.com Immagine 3.43 Foto aerea della Galleria del vento; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 40 Immagine 3.44 Renzo Piano; Buchanan, Peter, Renzo Piano Building Workshop, Vol. 4, Umberto Allemande & C., Torino 2000, p. 120 Immagine 3.45 Ventola; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.46 La galleria vista dall’ingresso del Campus di Maranello; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.47 Galleria del vento: pianta primo livello; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 42 Immagine 3.48 Galleria del vento: pianta secondo livello; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 42 Immagine 3.49 Stabilimento della meccanica; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.50 Interno della Meccanica; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.51 Vegetazione all’interno; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.52 Meccanica: pianta piano terra; Visconti, Marco, Design for people, Skira, Milano 2003, p. 105
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Immagine 3.53 Stabilimento verniciatura; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.54 Particolare; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.55 Particolare di facciata; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.56 Verniciatura: pianta quota +5; Visconti, Marco, Design for people, Skira, Milano 2003, p. 120 Immagine 3.57 Vista aerea del Centro sviluppo prodotto; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.58 Uffici; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.59 Vista interna; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.60 Vista notturna; Fuksas, Massimiliano, Centro Ricerche Ferrari, Actar, Barcellona 2005, p. 131 Immagine 3.61 Centro sviluppo prodotto: pianta piano interrato; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 46 Immagine 3.62 Centro sviluppo prodotto: pianta piano terra; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 46 Immagine 3.63 Centro sviluppo prodotto: pianta piano primo; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 46 Immagine 3.64 Centro sviluppo prodotto: pianta piano secondo; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 46 Immagine 3.65 Ristorante; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.66 Sala ristoro; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.67 Vista notturna; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.68 Ristorante: pianta piano terra; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 54 Immagine 3.69 Ristorante: pianta piano ammezzato; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 54 Immagine 3.70 Ristorante: pianta piano primo; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 54 Immagine 3.71 Vista aerea dello stabilimento delle nuove linee di montaggio; disponibile all’indirizzo: sito che non ricordo Immagine 3.72 Ponte; Prati, Carlo, Jean Nouvel, Edilstampa, Roma 2007, p. 139
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Immagine 3.73 Catena di montaggio; disponibile all’indirizzo: http://www.omniauto.it Immagine 3.74 Vegetazione all’interno dello stabilimento; Prati, Carlo, Jean Nouvel, Edilstampa, Roma 2007, p. 141 Immagine 3.75 Nuove linee di montaggio: pianta piano terra; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 60 Immagine 3.76 Nuove linee di montaggio: pianta quota +12; Casabella, anno 2009, n. 779, p. 60 CAPITOLO 4 Immagine 4.15 Logo della Fondazione; disponibile all’indirizzo: http://www.fondazionecasanataleenzoferrari.it Immagine 4.16 Stato di fatto; ridisegno da rilievo Immagine 4.17 Disegno della Casa Natale – Prospetto Ovest; disponibile all’indirizzo: http://www.modelfoxbrianza.it/ Immagine 4.18 Disegno della Casa Natale – Prospetto Est; disponibile all’indirizzo: http://www.modelfoxbrianza.it/ Immagine 4.19 Pianta piano terra della Casa Natale; ridisegno da rilievo Immagine 4.20 Cibic - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 3 Immagine 4.7 Cucinella - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 7 Immagine 4.8 Iosi Ghini - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 9 Immagine 4.9 Iosa Ghini - Rappresentazione fotorealistica del progetto; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 9 Immagine 4.10 Zucchi - Rappresentazione fotorealistica del progetto; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 15 Immagine 4.11 Confino - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 5 Immagine 4.12 S&H - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 13 Immagine 4.13 Klotz - Plastico di studio; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 11
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Immagine 4.14 Future Systems - Rappresentazione fotorealistica del progetto; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 17 CAPITOLO 5 Immagine 5.1 Jan Kaplicky nel suo studio di Londra; disponibile all’indirizzo: http://archpaper.com/ Immagine 5.2 Studio Future Systems, Londra; disponibile all’indirizzo: http://www.codigovenezuela.com/ Immagine 5.3 Studio Future Systems, Londra; disponibile all’indirizzo: http://www.codigovenezuela.com/ Immagine 5.4 The Ark, Doncaster; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 110 Yokohama Port Terminal; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 81 Habitable Bridge, Londra; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 138 Immagine 5.5 Lord’s Media Centre, Londra; disponibile all’indirizzo: http://m.bdonline.co.uk / Immagine 5.6 Assonometria Media Centre; disponibile all’indirizzo: http://spoonerzeitgeist.blogspot.com / Immagine 5.7 Super Bus; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 67 Immagine 5.8 Josef K House, progetto; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 77 Immagine 5.9 Museo Enzo Ferrari, Modena; disponibile all’indirizzo: http://amnews.it/ Immagine 5.10 Boatel, progetto; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 37 Immagine 5.11 Hallfield Primary School, progetto; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 143 Immagine 5.12 Centro commerciale Selfridges, Birmingham; disponibile all’indirizzo: http://latimesblog.latimes.com/ Immagine 5.13; 5.14 Centro commerciale Selfridges: gli interni; disponibile all’indirizzo: http://www.no-miedo.com/ e l’integrazione con la città; disponibile all’indirizzo: http://epdlp.com/
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Immagini 5.15; 5.16 Hauer King House, Londra; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 45-52 Immagini 5.17; 5.18 House in Wales; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 103-108 Immagine 5.19 Project Zed, Londra; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 123 Immagine 5.20 Project Zed, Berlino; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 129 Immagine 5.21 Docklands Bridge, Londra; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 91 Immagine 5.22 Green Bird, progetto; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 38 Immagini 5.23; 5.24 Progetto per la National Library di Praga; disponibili agli indirizzi: http://expats.cz/ e http://abcprague.com/ Immagine 5.25 Seduta Dinghy; Field, Marcus, Future systems, Phaidon, London 1999, p. 63 Immagine 5.26 Servizio di posate per Alessi; disponibile all’indirizzo: http://www.dezeen.com/ Immagine 5.27 Cantiere MEF, Modena; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.28 Scultura in alluminio rappresentante la prima pietra; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.29 Cantiere all’interno della Casa Natale; rilievo fotografico Immagine 5.31 Particolare delle capriate nella Casa Natale; rilievo fotografico Immagine 5.32 Concetto del progetto; Tedeschini, Mauro, Otto Architetti per il Museo del Mito, Grafica Gollinelli, Modena 2005, p 17 Immagine 5.33 Cantiere della copertura; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.34 Facciata in fase di realizzazione; rilievo fotografico Immagine 5.35 Cantiere, vista dall’interno; rilievo fotografico Immagine 5.36 Cantiere, posa della trave tubolare di facciata; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI
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Immagine 5.37 Cantiere, posa dei pilastri a Y; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.38 Cantiere, posa del reticolo di travi della copertura; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.39 Biella di sostegno delle asce di copertura; ridisegno da rilievo Immagine 5.40 Cantiere, particolare della copertura; rilievo fotografico Immagine 5.41 Cantiere, ultimazione della facciata a tiranti e degli impianti; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.42 Cantiere, particolare dei sostegni delle lamelle di facciata; rilievo fotografico Immagine 5.43 Cantiere, particolare della forcella; rilievo fotografico Immagine 5.44 Rendering progettuale, espositori all’interno della Casa Natale; disponibile all’indirizzo: http://www.fondazionecasanataleenzoferrari.it/ Immagine 5.45 Cantiere, pannelli espositivi; rilievo fotografico Immagine 5.46 Rendering di progetto, esposizione interna del MEF; disponibile all’indirizzo: http://www.facebook.com/MUSEO-ENZO-FERRARI Immagine 5.47 Elaborazione fotorealistica del progetto finale; disponibile all’indirizzo: http://www.fondazionecasanataleenzoferrari.it/ Immagini Appendice A Dispnibili all’indirizzo: http://www.fondazionecasanataleenzoferrari.it/
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