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TRUFFE Una mano arriva dal- l’arbitro bancario A pag
Truffe, una mano arriva dall’arbitro bancario e finanziario
Primi giorni di marzo. Balza all’onore poco onorevole della cronaca un episodio di cui è rimasta vittima una famiglia giudicariese. Il “solito ignoto” si è inserito nel conto corrente bancario dei titolari e con arte (bisogna dire con arte) è riuscito a scucire ai malcapitati qualcosa come cinquemila euro. La scusa usata era semplice: “Siamo dell’inbank, dobbiamo fare dei controlli perché il suo conto è stato hackerato. Facciamo qualche esperimento: passi mille euro al conto di sua moglie. Bene. Riuscito. Ora ne passi quattromila. Bene. Riuscito pure questo. Proviamo con cinquemila?”. Ci avrebbero provato, e ci sarebbero cascati come pere. Per fortuna loro il conto aveva il tetto di cinquemila, perciò non ce n’erano più dopo che i primi cinquemila avevano preso il volo per lidi sereni. Certo, si può discutere sulla dabbenaggine di chi, di fronte a gente suadente con voce professionale e modi cortesi ti abbindola. Ma (come si dice) le vie della truffa sono infinite, e vanno da chi vuole entrare in casa per mettere a posto la canna del gas a chi ti entra nel computer per rubarti la carta di credito, e ce ne sarebbero da raccontare...
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Vishing, smishing, spoofing: termini ostici e pericolosi.
Quando la truffa passa attraverso il telefono, gli sms o le chat dedicate di banche e gestori di sistemi di pagamento. Un caso vinto grazie all’’intervento del Centro di ricerca e tutela dei consumatori
di Giuliano Beltrami
Ad una famiglia giudicariese rubati 5mila euro. I consigli del Centro di ricerca e tutela dei consumatori e degli utenti per ottenere un risarcimento.
e degli utenti (CRTCU) con sede a Trento, con un ricorso all’Arbitro Bancario e Finanziario che ha permesso di risarcire il consumatore. “La casistica relativa alle frodi realizzate attraverso le carte di credito o i bancomat o, più in generale, gli strumenti di pagamento elettronici - spiegano al Crtcu - è in continua evoluzione, ma, opportunamente, dal 2010 è in vigore una legge che addossa le responsabilità delle frodi ai gestori dei sistemi di pagamento, uniche eccezioni, il dolo o la colpa grave del consumatore nell’utilizzo delle carte o nella loro custodia”. In tutti i casi di utilizzo fraudolento delle carte di pagamento, si consiglia di ricorrere all’Arbitro Bancario e Finanziario”, suggerisce Carlo Biasior, direttore del Crtcu. Ecco il caso. “La nostra consumatrice ha ricevuto un sms dall’Intermediario con cui era informata di un accesso anomalo effettuato con la propria carta e il conseguente blocco della stessa: l’sms era collocato nella medesima chat di destinazione degli sms genuini dell’Intermediario. La consumatrice effettuava la procedura di sblocco, inserendo i propri dati personali e quelli della carta. Successivamente riceveva la telefonata da un sedicente operatore dell’intermediario, che offriva aiuto nel completamento della procedura, nonché un sms per l’autorizzazione di un’operazione di 1.000 euro con la propria carta. La consumatrice, spronata dall’operatore, ha comunicato il codice OTP. Una volta interrottasi la telefonata, il numero chiamante non era più raggiungibile. Quello che è successo alla nostra consumatrice va sotto il nome di vishing (phishing tramite chiamata vocale), preceduto da alcuni sms truffaldini, che invitano l’utente a contattare il servizio antifrode dell’intermediario. Come evidenziato dall’ABF, di per sé la frode è estremamente diffusa e si struttura su uno schema ricorrente, consistente nell’indurre il titolare dello strumento, a seconda dei casi tramite telefono, email, sms o altri strumenti di comunicazione, a comunicare e/o a inserire su dispositivi o piattaforme informatiche le proprie credenziali personalizzate, solitamente adducendo falsamente l’esistenza di tentativi di accesso abusivo o più genericamente l’opportunità di verificare o implementare caratteristiche di sicurezza”. Schema classico, con un ulteriore elemento di sofisticazione nel caso specifico. L’sms truffaldino è stato inserito nella chat di cui fanno parte anche tutti gli altri messaggi effettivamente provenienti dall’intermediario. “Ciò significa che il cliente è rimasto vittima di una frode denominata sms spoofing, rispetto alla quale i Collegi dell’Arbitro Bancario e Finanziario sarebbero orientati a escludere la colpa grave del consumatore”, spiega Biasior. Nel caso in cui il contatto truffaldino avvenga via sms si parla di smishing, quando il consumatore clicca sul link contenuto in un sms civetta e comunica il codice OTP nel corso della telefonata con i truffatori. Il CRTCU è a disposizione dei consumatori in caso di utilizzo fraudolento degli strumenti di pagamento telefonando allo 0461984751 o scrivendo all’indirizzo info@centroconsumatori. tn.it e a questo indirizzo https://www.centroconsumatori.tn.it/148d2085. html potete trovare utili consigli per difendervi.
ISTRUZIONI PER L’USO Arbitro Bancario Finanziario
L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un sistema di risoluzione extragiudiziale delle liti tra i clienti e le banche e gli altri intermediari che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari. L’ABF è un organismo indipendente e imparziale che decide in pochi mesi chi ha ragione e chi ha torto, da non confondere con la conciliazione o con l’arbitrato. Le decisioni non sono vincolanti come quelle del giudice ma se l’intermediario non le rispetta il suo inadempimento è reso pubblico. L’ABF è organizzato in tre Collegi: uno a Roma, uno a Milano e uno a Napoli.
Quando ricorrere?
Puoi rivolgerti all’ABF solo se l’intermediario non ha risposto al tuo reclamo nel termine di 60 giorni, o nei più brevi termini eventualmente previsti da specifiche disposizioni di legge o dalle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia in attuazione del Titolo VI del TUB (ad es. in materia di servizi di pagamento, per cui è concesso il termine di 15 giorni lavorativi) oppure se ti ha dato una risposta che ritieni non soddisfacente.
Ci sono dei termini?
Nei casi sopra indicati e comunque entro 12 mesi dalla presentazione del reclamo alla banca è possibile attivare la procedura avanti l’ABF.
Posso sempre andare dal Giudice?
Certo, è sempre possibile rivolgersi alla magistratura ordinaria per la soluzione della controversia, anche nel caso in cui l’Arbitro non accolga le istanze del ricorrente.
Come si presenta il ricorso e quali costi ha?
Collegandosi al portale www.arbitrobancariofinanziario.it e ha un costo di 20,00€. Serve il patrocinio di un avvocato? No, non vi è l’obbligo, la procedura è attivabile direttamente dal consumatore in proprio.
In quanto tempo si pronuncia?
La durata media dei procedimenti è di 130 giorni. Se l’intermediario non rispetta gli impegni cosa succede? Il suo inadempimento è pubblicato sul sito www. arbitrobancariofinanziario.it, sul sito web della Banca d’Italia e, a spese dell’intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.
Profughi ucraini, nelle Esteriori L’aiuto è partito spontaneamente
“Non ci aspettavamo di ricevere tutto quest’aiuto e in così poco tempo - racconta Lyuba. Lavora in Italia da una quindicina di anni e vive a Ponte Arche con Luciano Morelli -. Io e il mio compagno abbiamo deciso di partire in auto per andare a prendere alcuni miei parenti, tra figlie e nipoti. Alcune di loro non sono venute con noi: non hanno bambini, hanno scelto di rimanere là perché i loro mariti sono stati arruolati. Sono preoccupata per loro. Il viaggio è stato lungo ma è andato bene. Erano i primi giorni di marzo, dalle prime ore del nostro arrivo abbiamo sentito il calore della gente del posto, che ci ha subito dato sostegno con vestiti e alimenti”. Nell’ultimo mese il susseguirsi di notizie riguardanti la guerra in Ucraina, come una mitragliata incessante di eventi tristi e preoccupanti, ha bombardato quotidianamente gli animi della gente. Tutto questo ha portato molti volontari tra la popolazione a sentirsi prontamente coinvolti in aiuti umanitari. Le prime conseguenze evidenti e concrete di quanto sta accadendo hanno spinto molti giudicariesi ad attivarsi in modo massiccio. La prima operazione di solidarietà è stata l’organizzazione di una grande raccolta viveri. Spontaneamente e contemporaneamente, sia nel comune di Fiavé che di San Lorenzo – Dorsino, sono stati donati beni di prima necessità. In quegli stessi giorni, Lyuba andava in Ucraina per prendere e poi dare appoggio a otto tra i primi profughi ucraini arrivati in Giudicarie. Ne sono giunti una trentina, tutte persone che hanno avuto la possibilità di essere ospitati presso parenti che risiedono in zona. Oltre a Ponte Arche, altri nove sono stati accolti a Bleggio Superiore grazie a Roberto, poi quattro sia a Poia che a Fiavé, uno a Stenico. “E’ stato naturale - rivelano dall’Associazione Noi Bleggio che già da tempo si occupa del Mercatino del Riuso di Santa Croce per aiutare famiglie in difficoltà. - Ci hanno detto che sarebbero arrivate delle mamme con bambini piccoli, che avevano bisogno di indumenti di varie fasce d’età. Quindi è stato messo a disposizione tutto l’occorrente.” Ed è quanto si è prestata a fare anche la popolazione che è andata a donare vestiario alla raccolta organizzata dalla Pro Loco di Ponte Arche. E’ stato quasi simbolico, la gente ha tirato fuori quello che poteva offrire, che teneva inutilizzato negli armadi. A dirla tutta ben presto molte associazioni locali si sono trovate ricoperte di vestiti. “Ci siamo accorti che era necessario, ancora una volta, saper fare rete - di nuovo da Noi Bleggio - il volontariato è una risorsa del territorio, gli sforzi vanno ottimizzati al meglio.” Presto detto, ecco la risposta: nasce il “Comitato Emergenza Ucraina Giudicarie Esteriori” per organizzare la gestione dell’emergenza umanitaria sul territorio. Composto dai referenti delle diverse zone della valle e coordinato da Rosanna Parisi, opera in collaborazione con Cinformi, la Caritas diocesana e le Parrocchie, in confronto continuo con le istituzioni comunali e provinciali. “Lo scopo del Comitato è di creare sinergia - spiega Rosanna Parisi -. Raccoglie le disponibilità dei volontari, singoli o di gruppo, veicola le loro azioni per fornire supporto immediato e concreto ai rifugiati e garantire loro accoglienza. Tra le tante offerte giunte dalla popolazione locale, la disponibilità di alloggi, l’accompagnamento dei nuovi arrivati anche con mezzi propri, tanto per fare un esempio per iscriversi a varie anagrafi di tipo sanitario o lavorativo. Viene fornito aiuto anche per la mediazione linguistica da parte di componenti della comunità ucraina già inseriti nel territorio”. “Stiamo operando a sostegno dei primi arrivi ma ce ne aspettiamo di nuovi. Venerdì 25 marzo presso la Casa Don Bosco di Ponte Arche abbiamo fatto un incontro organizzato dal Comitato e dalle Amministrazioni comunali a cui è invitata la popolazione. C’erano i sindaci, il presidente della Fondazione Aiutiamoli a Vivere Fabrizio Pacifici, Cinformi, il Vicepresidente della Provincia Mario Tonina. Lo scopo della serata era quello di informare la Comunità su quanto è stato fatto ed il da farsi. Si sono trattati il tema dell’accoglienza, dalla disponibilità degli alloggi alla gestione dell’arrivo di minori”. Sì perché nel concreto, tra le prime difficoltà che incontra chi è costretto a scappare da una situazione di guerra, insieme al trauma emotivo e psicologico, è trovare un posto dove stare. Si collabora per comprendere le disponibilità sia tra pubblico che privato. A livello provinciale, la questione della gestione dei sussidi, al momento, è in continua evoluzione. Poi servono cibo e vestiti, ma anche farmaci, prodotti di igiene intima e giocattoli per i bambini. In tal senso parte dei fondi raccolti vengono trasformati in buoni spesa da dare settimanalmente alle famiglie, del valore di 50 euro ogni 4 persone. Don Gianni Poli ha aperto un conto corrente a nome della Parrocchia di Santa Croce che fa da riferimento per le donazioni. Viene fornita una rendicontazione periodica per motivi di trasparenza. Si progetta di utilizzare parte della quota nel trasporto in Ucraina di beni di prima necessità, anche se passare il confine risulta difficile. I viveri vengono raccolti da alcuni giovani grazie alla disponibilità dei punti vendita in valle e imballati all’Oratorio di Ponte Arche. E ancora, c’è la necessità di ottenere visti e permessi di soggiorno, l’iscrizione di bambini e ragazzi nelle scuole, in regola con le documentazioni vaccinali che molti hanno lasciato a casa prima di fuggire. Per quanto riguarda la difficoltà della lingua, un gruppo di sei maestre, oggi in pensione, si è offerto volontario per dare ripetizioni due pomeriggi a settimana. Grazie alla loro consolidata esperienza cercano di aiutare ad apprendere alcune nozioni di base. “Pochi di loro conoscono l’inglese – spiega una delle ex insegnanti – e quindi lo stesso alfabeto italiano. Per tutti gli altri, conoscendo solo il cirillico, risulta più difficile”.
di Martina Sebastiani L’aiuto è partito spontaneamente dalle associazioni locali e singoli cittadini. Servono medicine, alloggi, beni di prima necessità.
L’EDITORIALE di Adelino Amistadi
Continua dalla Prima
Una colonna di camion militari, quasi fosse una grande marcia funebre, che escono dalla città, una immagine triste e potente, e chi non la ricorda, un po’ il simbolo di quello che il Covid ha rappresentato e che ha trafitto il cuore di migliaia di famiglie. Una immagine che resterà nella nostra vita per sempre. Poco dopo, anche il nostro Trentino era diventato zona rossa, consegnandoci in casa con il terrore d’essere colpiti. Quando il Covid apparve in Italia nel febbraio del 2020, ci sembrava un nemico da poco, lontano, che veniva dalla Cina. Al contrario, in pochi giorni il virus è diventato il nostro peggior nemico che ha del tutto sconvolto la nostra vita quotidiana. Cresceva il contagio e cresceva la paura. Tante volte, soprattutto in estate, ci siamo illusi che fosse finita ed invece con i primi freddi ricominciava peggio di prima. Per fortuna l’apparato sanitario della nostra Provincia è stato fin dall’inizio all’altezza della situazione, con ospedali attrezzati e personale impegnato fino all’eroismo, ma le vittime sono state davvero tante. La mascherina è stata fin d’allora la nostra compagna di viaggio, poi il greenpass per qualsiasi spostamento, in modo da poter riprendere i contatti sociali e tornare alla vita di prima. Abbiamo vissuto giornate sospese sempre nel terrore di una ripresa dei contagi. Poi finalmente la pandemia, contenuta dai vaccini, ha cominciato ad affievolirsi. Un sociologo importante, Ilvio Diamanti, ha messo in evidenza che nel tempo “il virus stesso è cambiato. Da una variante all’altra, fino a quella attualmente ancora in piena attività, l’Omicron, anch’esso comunque in continua variazione. Con effetti meno seri e gravi, alla saluta e sulla vita delle persone. Mentre noi stessi, dice ancora il virologo Diamanti, ci stiamo adattando al virus. Il virus, in altri termini, fa ancora paura. E colpisce ancora. Ma in misura minore rispetto al passato. Lontano e recente. E questo è sicuramente positivo, anche se ancora un po’ rischioso. Perchè la tentazione di cancellare il passato, è forte e comprensibile. Tuttavia è meglio stare allertati e non dimenticare per non finire confusi tra CoronaVirus e PauraVirus”. Queste ultime due parole ci fanno capire quanto sia cambiato anche il nostro modo di parlare, ci siamo abituati a nuove parole come quarantena, coprifuoco, e oggi anche i nomi delle città ucraine, mentre fino a poco tempo fa nemmeno sapevamo che esistessero. Tutto ormai ci appare come un brutto sogno, non vediamo l’ora che luoghi come Kiev o Wuhan (Cina) tornino ad essere solo nomi di città e non sinonimi di terribili incubi. Nel tunnel di questi tragici avvenimenti si rischia di perdere il respiro. Come uscirne? Ci sorregge la speranza. A noi tocca doverosamente portare avanti coraggiose iniziative per dire no alla guerra, per condannare il dittatore Putin, per rafforzare lo spirito di solidarietà e di accoglienza verso il popolo ucraino oppresso. E sul fronte della pandemia sono da mantenere le necessarie cautele per evitare altri contagi ed altri morti. Sempre nella storia degli uomini, notte e giorno si sono alternati. Anche stavolta, prima o poi, apparirà un’alba nuova. Speriamo presto.
Tra pandemia e guerra la speranza di un’alba nuova
di Paolo Magagnotti
Galizia: ieri come oggi
Era l’estate del 1914 e da pochi giorni era scoppiata la “Guerra europea”, divenuta tragicamente mondiale. Il Trentino faceva parte dell’Impero austriaco nell’ambito dell’Austro-Ungheria. Migliaia di trentini vennero chiamati alle armi e inviati sul fronte orientale dell’impero, ai confini con la Russia. Erano i Kaiserjäger, che andarono a combattere, e morire, contro i russi in quella parte del territorio imperiale chiamata Galizia, e del cui nome chi ebbe la fortuna di tornare arricchiva i racconti. Si è trattato di una delle pagine più tristi e tragiche della nostra terra. Ma tristezza si prova anche oggi nel pensare che sullo stesso territorio ora vi è un altro popolo che combatte contro la Russia. Sono gli ucraini che lottano per la loro sopravvivenza come popolo indipendente desideroso di vivere in pace nella libertà nella speranza di vincere nella folle guerra d’invasione voluta dall’imperialista presidente della Federazione russa Vladimir Putin. Oggi la Galizia come entità istituzionale non vi è più; il rispettivo territorio è diviso tra Ucraina e Polonia. Ed è ancora sangue, morti, distruzione. Ed ancora di più: rispetto ad allora vi è il grave pe-ricolo di un attacco nucleare che potrebbe portare a catastrofi per l’intera umanità. Ma è mai possibile che nella mente umana continuino a svilupparsi fermenti di follia incuranti del grande dono della vita umana? Sembrava che dopo due conflitti mondiali scoppiati nel cuore della nostra Europa si fossero aperte nuove vie verso un futuro di pace e concordia fra i popoli desiderosi di vivere in pace per assaporare e gustare, seppur fra le difficoltà che l’esistenza umana non risparmia, la bellezza della vita. Purtroppo la tragicità della storia non ci ha insegnano molto. I peggiori istinti della coscienza umana emergono di quando in quando per produrre morte e distruzione. Nel vedere in Ucraina giovani padri che prima di partire con il fucile in mano abbracciano le mogli o le fidanzate o le mamme e stringono i figli fra le loro braccia non possiamo non portare la mente a immagini di scene identiche dei nostri trentini che partirono per la Galizia. In quei tempi non c’era la televisione e il mondo digitale non era conosciuto come oggi e pertanto le foto di allora sono meno numerose di quelle che possiamo avere oggi: uguali sono purtroppo le sofferenze e le tragedie. Di fronte a queste nuove scene di guerra dobbiamo riflettere, porci delle domande, chiederci perché tutto questo può ancora succedere. Purtroppo rimaniamo spesso increduli e impotenti. È triste pensare che dobbiamo ancora pensare ad aumentare i bilanci statali per avere più armi; quelle armi che non vorremmo mai più utilizzare per uccidere. Purtroppo la realtà ci porta a fare anche altre scelte. Cerchiamo tutti di fare in modo che quel poco o tanto di saggezza che è in noi possa contribuire a orientare le menti dei governanti verso orizzonti di pace che soffochino gli istinti di guerra.
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