Giornale delle Giudicarie maggio 2023 b

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L’EDITORIALE di Adelino Amistadi

Povera Italia... Eppure le potenzialità ci sono

Se c’è una cosa che mi dà soddisfazione è quando leggo che l’Italia, la nostra Italia, è uno dei Paesi più evoluti d’Europa. Ne vado fiero, non nego qualche lacrima di commozione. Ad una certa età è comprensibile. Poi, nella mia quotidianità, a contatto col mondo che mi gira attorno, amici, personaggi saccenti al punto giusto, compaesani e qualche sconosciuto, m’assale qualche dubbio. Siamo davvero fra i migliori d’Europa? Fra i più progrediti? Fra i più civili? Più ci penso e più cado in depressione. Le testimonianze sono di tutt’altro valore. Siamo davvero un Paese civile? E così, nonostante l’Italia si vanti di avere il miglior servizio sanitario al mondo, ad esempio, se non guadagni a sufficienza rischi di non poterti curare. Ormai siamo sempre più costretti a ricorrere alle visite e alle cliniche private. Ma la sanità pubblica non doveva essere gratis e per tutti? Per dieci minuti di visita rischi d’essere rapinato. Per non parlare degli anziani. Il nostro paese è solo secondo al Giappone per invecchiamento, ma non sa come organizzare l’assistenza e la cura dei suoi vecchi. E così li spediscono dove c’è posto, magari a centinaia di chilometri dal loro paese, lontani dai figli e dai parenti. E se li tieni a casa, non ci sono più medici che li seguano nei loro guai. Sarebbero necessarie centinaia di badanti, ma il 70% non può permetterselo perché costano troppo.

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Triste ritorno a parlare di orsi

Che tristezza, e profonda amarezza, dover parlare ancora di un orso che ha aggredito una persona; un’aggressione, questa volta, che ha portato alla morte, una terribile, atroce morte di un giovane di 26 anni, pieno di vita, di voglia di vivere. Un orso che ha ucciso un giovane a casa sua, in un ambiente dove è nato e cresciuto, con la sua famiglia, i suoi affetti, i suoi amici. Aggredito e ucciso in un bosco dove vi erano tanti ricordi della sua infanzia, e nel quale quasi ogni giorno sprigionava le sue energie nella corsa, fra alberi e percorsi che gli erano tanto familiari. Boschi a poco più di un paio di km da dove io stesso son cresciuto, e fra i quali da giovane camminavo per andare in malga. L’orso ha ucciso Andrea Papi a Caldes, in quella val di Sole con la quale le Giudicarie hanno continuità geografica, oltre che comuni tratti di storia. A Pagina 4

Territorio

L’idrogeno verde arriva in Valle del Chiese

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Attualità

Tione, rinnovato il Centro Piovanelli

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Sì. Il pericolo di fascismo c’è!

Negli ultimi tempi è rispuntato nel dibattito politico in Italia il tema del fascismo. Una questione che ha avuto vari riflessi mediatici sia nel nostro Paese sia all’estero. Da talune parti si ritiene che parlare ora di fascismo sia anacronistico, soprattutto perché si tratta di qualcosa che si considera inesistente, e da altre parti si ritiene necessario alzare la guardia in quanto il pericolo più o meno latente c’è.

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PAG . 1 MAGGIO 2023
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EUROPA di Paolo Magagnotti Alle pagine 4, 6, 7, 8, 9 e 10
A PAGINA 6 Le C Riforme TRUFFE U A pag. ATTUALITÀ I ba A pag. 14 RUBRICA Coo A pag. 31 Pruti A PAG. 8 Attualità ANNO 21 - MAGGIO 2023- N 5 - MENSILE FONDATO NEL 2002 - Distribuito da www.giornaledellegiudicarie.it il iornale delle iudicarie Mensile di informazione e di approfondimento iudi
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DALLE GIUDICARIE RASSEGNA STAMPA APRILE 2023 DALLA PROVINCIA

Interdizioni ad aziende operanti anche nel Bleggio, L’interrogazione di Alex Marini: “Pascoli, mafia anche qui?” La questione è delicata, e fu sollevata proprio in Trentino, quando la Commissione parlamentare antimafia venne in sopralluogo esattamente un anno fa, il 10 maggio 2022, da Lina Calandra, docente dell’università di L’Aquila impegnata da anni nella ricerca sul tema dei pascoli e degli incroci mafiosi. Ora a sollevare nuovamente il problema è Alex Marini, consigliere provinciale Cinquestelle che alle tematiche delle infiltrazioni mafiose ha dedicato grande attenzione, il quale inoltra un’interrogazione al presidente Fugatti per sapere se sia a conoscenza dei provvedimenti interdittivi antimafia emanati dalla prefettura abruzzese nei confronti di aziende agricole giudicariesi. E se la Provincia abbia fatto controlli per accertare i prerequisiti necessari all’ottenimento del riconoscimento di contributi comunitari e aiuti pubblici, se dopo le relazioni della Commissione parlamentare e del Ministero abbia introdotto delle misure specifiche nel Piano triennale per la Prevenzione della corruzione e per la trasparenza 20232025.

Pinzolo: incendio a Malga Ritorto, gravi danni. Sconosciuta l’origine del rogo Incendio a Malga Ritorto a Pinzolo. È successo tutto nel pomeriggio di martedì 11 aprile. Le fiamme hanno provocato gravi danni alla struttura ma per fortuna non risultano né feriti né intosscati.

In pochi minuti sono arrivati sul posto i vigili volontari di Pinzolo e Madonna di Campiglio che hanno subito evacuato la struttura e cercato di contenere le fiamme alla terrazza e alla copertura dell’edificio.

L’origine del rogo è ancora sconosciuta. Sul posto è arrivato anche il sindaco di Pinzolo Michele Cereghini, che ha precisato che la parte interna della malga non è stata danneggiata dal fuoco e per que-

sto motivo si spera di riaprire la struttura in tempi brevi.

Terribile incidente a Pieve di Bono che ci ha portato via Gabriele Salvadori Terribile incidente nella notte del 30 aprile nelle Giudicarie.

Erano le 4.45 quando l’auto con a bordo tre giovani si è schiantata nella galleria Castel Romano di Pieve di Bono. Il mezzo è finito contro il muro ed è andato distrutto.

Tremenda la scena che si sono trovati davanti i soccorritori. I vigili del fuoco hanno dovuto estrarre i ragazzi dalle lamiere con le pinze idrauliche. Vista la gravità della situazione oltre alle ambulanze è stato fatto intervenire anche l’elisoccorso.

Purtroppo il ragazzo che era alla guida della Polo, Gabriele Salvadori non ce l’ha fatta.

In gravi condizioni altri due giovani, Samuel Gazzaroli 18enne di Roncone e Salah Ayoube 19enne di Roncone sono stati trasportati in ospedale.

Geas Spa, una società che cresce in numeri e autorevolezza.

L’utile “vola” ad incrementare il patrimonio, ma le vere risorse sono quelle umane

Mercoledì 26 aprile, presso la Sala “Sette Pievi” della sede della Comunità delle Giudicarie a Tione di Trento, si è tenuta l’Assemblea Ordinaria di GEAS alla presenza di soci, amministratori, sindaci e componenti il Comitato per l’indirizzo ed il controllo.

Per la società “in house” con sede a Tione di Trento, parlano i dati, soprattutto il fatturato e il numero di dipendenti, specchio di una realtà, solida, autorevole, in costante crescita.

Senza nascondere cenni di soddisfazione, il presidente ing.

Valter Paoli ha illustrato all’assemblea l’andamento della gestione, presentando l’attività svolta nel corso dell’esercizio 2022 che è proseguita a pieno ritmo con previsioni di budget rispettate, per un valore di produzione pari a 2.764.492 euro e con un aumento del fatturato rispetto al 2021 di 1.122.580 euro, indice di un consolidamento della fiducia che gli Enti

soci ripongono nella società, che ha dimostrato di operare con competenza, qualità e passione dei propri dipendenti, risolvendo sempre le criticità e i problemi della gestione quotidiana in settori di particolare rilevanza per i cittadini.

Oltre gli utili, le risorse umane: più di una volta, nel corso del suo intervento, il presidente Paoli ha rimarcato l’orgoglio della società nei confronti dei propri dipendenti, plaudendo al loro operato, fatto di professionalità, ma anche di tanta dedizione.

Record di fatturato per le Terme di Comano, approvato il bilancio di esercizio 2022 Mercoledì 19 aprile 2023 si è riunita l’Assemblea dell’Azienda Consorziale Terme di Comano rappresentata dai sindaci dei cinque comuni proprietari e dal Consiglio di Amministrazione composto dalla consigliera delegata Elena Andreolli, dal presidente di Terme di Comano Roberto Filippi e dalla presidente dell’assemblea termale Monica Mattevi. All’ordine del giorno l’approvazione del bilancio d’esercizio 2022 illustrato dal Presidente Roberto Filippi che esprime soddisfazione per i risultati ottenuti in un anno così difficile per l’economia mondiale: “L’azienda conferma la sua solidità sia dal punto di vista patrimoniale che dal punto di vista del fatturato che raggiunge il record storico pari ad oltre 7 milioni di euro. Siamo particolarmente entusiasti della performance del comparto hotellerie che segna un +18% rispetto ai ricavi 2021 e un +27% del ricavo a presenza rispetto al periodo pre-pandemia confermando la forte capacità di attrazione. Un ulteriore tassello che va a rafforzare la strada intrapresa nel riposizionamento del Grand Hotel Terme di Comano come destinazione benessere con al centro la nostra preziosa acqua termale.”

Carovita, a marzo calo dell’inflazione

I dati Istat di marzo mostrano una flessione dei prezzi dell’energia, anche in Trentino, anche se qui l’indice dei prezzi al consumo risulta in aumento del 7,8% su base annua, più alto rispetto alla media italiana che si ferma al 7,6%. I generi alimentari invece continuano a mantenere una tendenza in crescita.

Rifiuti elettronici, 9 chili per ciascun trentino nel 2022

Si parla di elettrodomestici, computer, telefonini, lampadine... tutto quello che è apparecchiatura elettronica. Nel 2022 la raccolta in Italia è diminuita del 6% e in Trentino i calo sfiora il 9%. Da Trento e Rovereto la metà degli scarti raccolti nei 128 centri adibiti. Con oltre 9 chili di rifiuti a testa Trento rimane comunque fra i territori più virtuosi.

Euregio: il nuovo bando per le imprese al femminile

La Presidenza trentina, nell’ambito delle iniziative dell’Euregio a sostegno dell’imprenditorialità femminile, ha lanciato il bando “Sviluppo territoriale: dimensione donna”, percorso formativo con premialità finale, dedicato alle imprenditrici di imprese femminili o aspiranti tali che vogliono dare vita a un’idea di business innovativa. In palio ci sono premi in denaro fino a 13 mila euro, azioni di marketing e promozione sui canali dei partner dell’Euregio, opportunità di incubazione all’interno delle strutture territoriali e servizi di coaching personalizzato. Le aspiranti imprenditrici e le imprese interessate, che devono avere sede legale e/ o operativa nei territori dell’Euregio, possono fare richiesta di partecipazione entro l’11 maggio 2023 compilando i moduli online presenti sul sito web www.euregio.info/premio-imprenditrici.

25 aprile, Fugatti: “Antifascismo un valore condiviso”

Il 25 aprile non è una giornata “divisiva” per il governatore trentino della Lega Maurizio Fugatti, che alle celebrazioni che ricordano la liberazione ha fugato ogni ambiguità: “Oggi siamo chiamati a ribadire la nostra riconoscenza nei confronti di coloro che furono protagonisti di quella lotta. La lotta contro un nemico spietato. Lo stesso nemico che in Italia ha voluto e applicato le leggi che hanno chiuso i Parlamento, azzittito con il carcere e con il confino le voci degli oppositori, voluto e attuato una guerra sanguinosa a fianco della Germania hitleriana”.

Al Salone del Libro esordio per la “Sala della montagna”

Trentino Marketing, MontagnaLibri | Trento Film Festival e Premio ITAS del Libro di Montagna partecipano per la prima volta insieme al Salone del Libro di Torino. Il 19 maggio alla Sala Azzurra anche la presentazione del Festival I Suoni delle Dolomiti.

Lavoro, boom di dimissioni volontarie Riccardo Salomone, presidente dell’Agenzia del Lavoro, analizza il mercato del lavoro trentino ed evidenzia i 4.379 atti di persone che chiudono volontariamente un rapporto di lavoro in più di un anno. “Forse è un segnale de venire meno del lavoro come priorità”.

Dall’8 al 13 maggio c’è Siamo Europa

Torna anche quest’anno Siamo Europa, l’evento dedicato all’Unione Europea che proporrà alla comunità dibattiti, approfondimenti e spettacoli dedicati ai valori, alla storia e all’attualità europea.

Università in rosso, sotto di 4 milioni in bilancio

E’ la prima volta in 60 anni che l’università di Trento chiude un bilancio in perdita. Il rettore Deflorian: “I fondi provinciali non seguono lo sviluppo dell’ateneo - ha detto – gli altri atenei hanno visto crescere a quota base, ma non noi”. La richiesta è di 14 milioni di euro in più all’anno.

Infortuni sul lavoro, 2 mila in tre mesi Fino a marzo si contano, in Trentino, 2019 infortuni e in un solo mese 744. Due quelli mortali avvenuti fino ad oggi. Ed è da questi dati, diffusi dall’Inail, che partono le considerazioni di Manuela Faggioni Sella, che per la Cgil segue salute e sicurezza e di Giampaolo Mastrogiuseppe, segretario provinciale della Fillea Cgil. “Il numero degli infortuni è rimasto sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente, a dimostrazione del fatto che non si riesce ad incidere con azioni di prevenzione e controllo per ridurre in modo consistente questo gravissimo fenomeno”, dicono i due sindacalisti.

“Alps. Comprendere la montagna”: inaugurata la nuova mostra alle Gallerie È stato inaugurato alle Gallerie a Trento il nuovo percorso espositivo dedicato alle Alpi e alla comprensione della montagna, promosso dalla Fondazione Museo storico del Trentino con il Trento Film Festival: un viaggio nella storia dell’arco alpino alla scoperta del rapporto uomo/natura, delle sfide per promuovere la cultura della sostenibilità e delle grandi trasformazioni che hanno interessato negli ultimi secoli la montagna del Trentino.

Estate in Trentino: il sistema conciliativo a supporto delle famiglie Il sistema pubblico trentino garantisce una pluralità di offerte educative per i bambini dai 3 mesi ai 3 anni residenti in Trentino attraverso: nidi d’infanzia, nidi familiari-Tagesmutter, nidi sui luoghi di lavoro e servizi integrativi. Ad oggi ci sono 97 nidi d’infanzia con 3.815 posti-bambino. A questi si aggiungono 3 nidi privati che offrono 45 posti. Sul fronte delle scuole d’infanzia – ha proseguito – ci sono 264 unità (111 scuole dell’infanzia provinciale e 153 equiparate). A seguito della pandemia, le scuole dell’infanzia sono state sollecitate ad operare sul piano educativo a fianco delle famiglie e la Giunta ha scelto di prolungare l’anno scolastico di 1 mese: attualmente gli iscritti si attestano su circa 9.000 bambini”.

Bonus di 5.000 euro per il terzo figlio

Cinquemila euro alla nascita o adozione del terzo figlio o di figli successivi al terzo, per i nati o adottati dal primo gennaio. La misura è stata adottata dalla giunta provinciale nelle scorse settimane. Fra i criteri richiesta la residenza continuativa per almeno due anni in Trentino e un Icef inferiore a 0,40.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro

Per

PAG. 2 MAGGIO 2023
della
A cura
REDAZIONE
Rassegna Stampa
Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo.
segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.

Un triste ritorno agli orsi

Continua dalla Prima

Una vicinanza territoriale e storica che fa sentire tutta la popolazione giudicariese particolarmente colpita, e vicina alla famiglia di Andrea. Le Giudicarie hanno un vissuto del tutto particolare nel Trentino per rapporto agli orsi, che nel tempo sono stati presenti nelle loro montagne. Il “Giornale delle Giudicarie” si è occupato più volte della presenza di questo plantigrado in Trentino, e soprattutto nelle valli giudicariesi, anche con servizi molto estesi, con i quali è pure stata espressa preoccupazione per possibili attacchi all’uomo. E’ anche per tutto questo che nel presente numero del nostro Giornale abbiamo ritenuto doveroso dedicare al dramma di Caldes uno spazio che vada al di là della cronaca. Sull’accaduto non si vuole evidentemente giungere a conclusioni su responsabilità che possono ipotizzare rilevanza penale, anche se, probabilmente, qualche responsabilità morale può essere presa in considerazione.

Vogliamo augurarci che la morte di Andrea possa portare al più presto a ponderate riflessioni che consentano di giungere a concrete decisioni su come risolvere il “problema orsi” in Trentino. Con l’invito a tener presente che chi vive fra le nostre montagne popolate da orsi e lupi avverte e vive la convivenza con questi animali in modo diverso da chi uscendo di casa in città vede uccellini che cinguettano sugli alberi di piazze o viali.

Paolo Magagnotti

E’ un risveglio triste per tutti quello di giovedì 6 aprile 2023, quando le radio e i social trasmettono la notizia di un ragazzo di Caldes (Val di Sole, Trentino) aggredito e ucciso dall’orso. Un giovane di 26 anni, Andrea Papi, nato e vissuto fra i suoi monti, che tanto amava, e che erano casa sua. Una famiglia lacerata dal dolore, amici avvolti da sconvolgente amarezza. E parte immediatamente l’ultimo grande spettacolo della politica, con amplificatore acceso dai mass media. Tutti diventano esperti di plantigradi. E soprattutto tutti diventano tifosi: chi tifa per l’orso (certo, non JJ4, ché gli assassini sono indifendibili) e chi tifa contro.

Chi lo vorrebbe morto (JJ4 prima di tutti, ma poi anche gli altri che hanno aggredito umani) e chi solo catturato.

Chi chiede di trovare agli orsi problematici (ce n’è più d’uno in Trentino) dei luoghi ospitali e chi chiede il drastico ridimensionamento del numero degli anima-

La tragedia di Caldes

li sulle montagne trentine. Insomma, uno spettacolo al quale non si è sottratto nessuno o quasi. E potremmo continuare a raccontare del rumore delle parole spese, spesso sprecate, nell’ultimo mese.

Confessiamo di essere in grande imbarazzo a scrivere sul tema, proprio perché qualsiasi cosa venga scritta si presta a considerazioni di versi opposti, anche di toni duri. Si può dire, ad esempio, che Andrea (il ragazzo aggredito dall’orso) è stato sfortunato a capitare in bocca all’orso mentre correva su una strada forestale? Certamente sì, azzardiamo. Però forse no, perché i tifosi dell’anti orso contesteranno che se il Parco Adamello Brenta non avesse introdotto gli animali sloveni, se non si fosse fatto sfuggire di mano la situazione lasciando che gli orsi aumentassero a dismisura, quel tragico incidente non sarebbe accaduto.

Pochi giorni dopo l’incidente abbiamo sentito una teoria (stravagante?) da bar: “Se invece di capitare in bocca ad un orso quel ragazzo fosse stato morso da una vipera e fosse morto, sarebbe successo tutto ‘sto casino?”. Abbiamo consigliato quel signore di evitare di diffondere la sua teoria, perché ci sono momenti in cui è possibile parlare e momenti in cui è meglio stare zitti. L’accusa di cinismo, quando un’intera comunità piange la morte tragica di un ragazzo, è pronta a scattare.

L’orso e il Parco Siamo negli anni Novanta del Novecento, e il Parco naturale Adamello Brenta è stato battezzato da poche stagioni, dopo che la legge Micheli del 1988 ha san-

cito la nascita in Trentino di due Enti Parco: l’Adamello Brenta a ovest ed il Paneveggio-Pale di San Martino a est, i quali vanno ad aggiungersi al Parco nazionale dello Stelvio, il cui territorio si estende su due province (Trento e Bolzano) e sulla regione Lombardia.

Non è un inizio facile quello dei Parchi: infatti sono molti fra gli amministratori e gli operatori economici, fra i cacciatori e la gente comune, che temono l’imbavagliamento del territorio, che lanciano l’allarme contro il Parco come museo, che pontificano in favore di un Parco non conservativo ma dinamico (che poi cosa significhi... Slogan!).

Il primo presidente, il carismatico Carlo Eligio Valentini, ha un bello sforzarsi di spiegare che si punta al Parco come volano economico per i paesi e le popolazioni. E per sopire i malumori ci si esercita nell’arte della mediazione, anzi, del compromesso, spesso a ribasso.

Pian piano il Parco diventa un’istituzione accettata.

I suoi dirigenti decidono fra l’altro di inserire nello stemma l’orso, questo pacioccone simpatico, scomparso o quasi.

Sono i primi anni Novanta, e si evidenzia l’esigenza di costruire il primo Piano di Parco, nel quale verrà inserita l’introduzione dell’orso.

La benedizione viene dal professore bavarese Schroder, il quale studia la situazione e consiglia di immetterne un piccolo nucleo.

Per non saper né leggere, né scrivere, l’Ente Parco commissiona un sondaggio per conoscere il livello di gradimento, con un risultato clamoroso: il 70% dei contattati si dichiara favorevo-

le all’immissione dell’orso. Poche, pochissime le voci contrarie. C’è, per esempio, chi si pone una domanda: se l’orso è scomparso dalle nostre montagne ci sarà un motivo? La risposta: la montagna oggi è antropizzata in maniera diversa e certamente più impattante del tempo in cui (Ottocento e Novecento) l’orso girava allegramente. Però, lo abbiamo detto, voci rare: voce nel deserto, verrebbe da dire.

Il progetto parte. Tutto inizia con Masun e Kirka, ed è un successone. Poi arrivano Jurka, Daniza e molti altri. Tanti che non si riesce più a dare loro nomi romantici, ma sigle: JJ, M, e via così. Successone, si diceva. Tutti in cerca di Yoghi e Bubu. Chi non ricorda le troupe televisive mandate per i boschi dell’Adamello alla affannosa ricerca dell’orso?

Gli esemplari arrivati dalla Slovenia vengono radiocollarati e monitorati costantemente da pattuglie di forestali. Poi cos’è successo? La storia diventa cronaca.

Il numero è aumentato a dismisura, tanto da cominciare a creare problemi di convivenza con il genere umano e le sue attività. Papillon e gli altri Giugno 2019, malga d’Arnò, territorio di Sella Giudicarie. E’ sera e Raheem Yunus, nigeriano, ventotto anni, pastore dell’allevatore Antonello Ferrari di Breguzzo, si vede piombare addosso l’orso che esce dalla finestra dello stallone e lo sbatte a terra. Forse non voleva aggredirlo, ma se lo è trovato davanti e non ha fatto tanti complimenti. E’ il momento in cui M49

la spara più grossa. Mentre scriviamo queste note Fugatti chiede al ministro Pichetto l’autorizzazione a sopprimere JJ4, mentre gli ambientalisti offrono possibili luoghi che accoglierebbero gli orsi problematici, in Italia e all’estero. Perfino un ex deputato della Lega (Maturi, fra l’altro di origine rendenera) fa sapere di aver avvertito Fugatti già tre anni fa della disponibilità della Romania ad accogliere M49, ma il presidente della Provincia non avrebbe nemmeno preso in considerazione la proposta. Sta venendo avanti l’idea di “deportare” una settantina di orsi. Ma dove portarli? E in definitiva, si risolverebbe la questione sicurezza?

(che il ministro dell’ambiente battezzerà Papillon dopo che riesce a scappare dalla prigione di Castellèr) firma la sua condanna all’ergastolo a causa delle retate fra Chiese e Rendena. In realtà a firmare è un appartenente al genere umano: il presidente della Giunta provinciale Maurizio Fugatti, che, mettendosi contro il Ministero, dà il via libera alla cattura di M49, passato da “animale problematico dannoso” (perché assale il bestiame) ad “animale problematico pericoloso”, perché può assalire pure l’uomo. Annus horribilis il 2019. pascoli, malghe, stalle, cascine di montagna. L’orso irrompe dappertutto, e uccide manze, vitelli, capre, pecore, maiali, asini. Diventa il nemico nume+o uno degli allevatori, che minacciano di ritirarsi in fondovalle abbandonando le malghe. Dopo le fughe, M49 non esce più dal Castellèr, dove arrivano altri a fargli compagnia, si fa per dire. Nel frattempo qualche aggressione fa suonare la grancassa delle polemiche. Il primo a farsi beccare da mamma orsa era stato giudicariese, anzi pinzolero. Sono seguiti altri.

Il Parco (Giunta di Walter Ferrazza, anno 2022) cerca di difendere la sua scelta alleandosi addirittura (in maniera spericolata, affermano i detrattori, coraggiosa per gli spiriti laici) con la Lav, Lega antivivisezione, con l’obiettivo di fare informazione in funzione della convivenza con i grandi carnivori. Però la marea sale, e (come accade spesso in politica) si gioca a chi

Frammenti di storia Anna Finocchi e Danilo Mussi hanno pubblicato “Sulla pelle dell’orso”, un volume che ha il merito di dare molte informazioni sulla presenza dell’orso in Trentino e nelle Giudicarie. Ma anzitutto ci spiega che “il decremento numerico dell’orso nell’Europa occidentale ebbe inizio circa 5.000 anni fa. Si estinse nelle isole britanniche circa mille anni or sono, in Germania orientale nel 1570, nella Baviera nel 1886, sulle Alpi svizzere nel 1904, nelle Alpi austriache nel 1916. Fra il 1937 ed il 1950 ci sono le ultime segnalazioni sul settore francese”. E in Trentino? Nel corso dell’Ottocento l’orso restrinse la sua presenza da tutta la regione al solo Trentino occidentale, delimitando sempre più la sua area ai gruppi dell’Adamello-Presanella e del Brenta, con rari sconfinamenti nelle valli di Ledro, Non e Sole. Peraltro va detto che già nel Seicento nella val di Sole e non solo le autorità della Regola stabilirono taglie per chi ammazzava l’orso e il lupo.

Dire quanti orsi vi fossero è impossibile. E’ difficile stabilire quanti ne siano stati uccisi. Si pensa in due secoli a più di 500 orsi uccisi. L’inventario presente nell’archivio di Guido Boni di Tione parla di 17 orsi uccisi fra il 1912 ed il 1967 nelle Giudicarie. Ci sono da raccontare storie epiche, come quella di Luigi Fantoma, il re della val di Genova, oppure quella del più vicino a noi, il Nene, re della val Daone, l’ultimo ad uccidere un orso, pur avendo un solo braccio.

PAG. 4 MAGGIO 2023 Primo Piano: orso
La cronaca, le reazioni, la grancassa della politica a pochi mesi dalle elezioni provinciali e l’isteria mediatica
di Giuliano Beltrami
A Caldes esposte sulle facciate delle case tele con scritte che richiedono giustizia per il giovane Andrea Papi ucciso dall’orso

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PAG . 5 MAGGIO 2023
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Bando agli estremismi e concentrarsi tutti su razionale concretezza

L’orso è da sempre stato il simbolo del Parco Naturale Adamello Brenta. In questo ultimo mese, dopo la morte di Andrea Papi, sembra essere cambiato tutto?

La morte di Andrea è stata un incredibile tragedia che ha lasciati tutti sgomenti e ha reso, anche solo i più piccoli gesti quotidiani, difficili per un’intera Provincia. E’ stato un momento di spartiacque anche per il Parco che ha innescato in ciascuno di noi un ampia varietà di vissuti emotivi: rabbia, sensi di colpa, incredulità e su tutti profonda tristezza. Questi sentimenti avranno bisogno di tempo per essere elaborati e ignorarli non farà altro che ingigantire queste emozioni. E’ quindi senza dubbio giusto e maturo sentirsi tristi, confusi e finanche spaventati ma riterrei irrispettoso della memoria di Andrea riempire il nostro prossimo futuro di “se solo avessimo…” ed invece ci corre l’obbligo di accettare quegli insegnamenti che questa tragedia è in grado di fornirci. Dobbiamo stringerci come comunità e, senza dimenticare, concorrere a risolvere quei conflitti che ci hanno condotto fino a qui: lasciare da parte ogni estremismo e insieme fare la cosa giusta. Analizzare, anche se è doloroso e complicato, farci carico ciascuno dei disagi degli altri, anche se ci smbra di avere già la nostra soluzione. In questo modo sono certo troveremo una strada utile a che questa sciagura non abbia a che ripetersi onorando, in questo modo, il ricordo di Andrea. La risposta ad ogni dolore non può essere la rabbia o l’annientamento.

Col senno di poi come valuta il progetto “Life Ursus” e quali sono stati i principali errori nella gestione del progetto?

Provando a recuperare un po’ di quella serenità che troviamo quando ci si rifugia nel conosciuto o nella scienza posso dire che il progetto Life Ursus mirava a reintrodurre l’orso bruno nelle Alpi Centrali e, per quelli che erano gli obbiettivi di ripopolamento di allora, è stata una sfida vinta o, se preferite, un grande successo naturalistico evitando all’orso di scomparire da questa parte delle Alpi. Il popolo trentino si è caricato da solo la responsabilità di questo

Walter Ferrazza, presidente del parco Naturale Adamello Brenta, sulla morte di Andrea Papi nello scontro con un’orsa.

salvataggio: è bene che tutti lo ricordino. Appaiono tuttavia, a distanza di 20 anni, molte questioni ancora irrisolte che in realtà non sono legate propriamente al progetto, perché lo ricordo è finito nel 2004, ma piuttosto alla gestione successiva in carico alla Provincia. Non diciamo tuttavia che il progetto è “sfuggito di mano” perché non è così: i documenti alla base del progetto avevano previsto sia i numeri che i possibili rischi. Vero è che in quegli stessi documenti si riportavano anche i possibili correttivi. In questi anni non è stato possibile rispettare fino in fondo le “regole di ingaggio”, per i conflitti tra chi poteva e chi non voleva, contenute nei Piani, e non si è investito abbastanza nella comunicazione e nell’educazione: la situazione va, e andava, infatti gestita con sforzi ultra-straordinari e non ordinari come si è tentato di fare. Non dobbiamo comunque allontanarci in nessun modo dai fissati criteri oggettivi: continuare a credere alla scienza e affidarci alla tecnica. Bisogna agire in maniera ferma e unanime ammettendo anche di arrivare ad abbattere un esemplare, come e secondo le previsioni contenute nel PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali).

Dobbiamo agire lontano dai fondamentalismi e dalle ipocrisie evitando di rompere un necessario rapporto di coesistenza basato sulle regole che abbiamo scritto e che sono necessarie per salvare un progetto a cui il mondo guarda con interesse. Ora la priorità è garantire alle popolazioni trentine la possibilità non solo di vivere in sicurezza ma di salvaguardare anche il reddito di quelle comunità che dipendono dal raccolto e dal bestiame e che, molto spesso, vivono già al limite della soglia di povertà.

Se in meno di 20 anni gli orsi sono passati da meno di 10 a 150, qualcuno dice anche 200, che previsioni

possiamo fare per i prossimi 20 anni?

L’evoluzione della specie è perfettamente in linea con le previsioni contenute nello “Studio di fattibilità per la reintroduzione dell’Orso bruno (Ursus arctos) sulle Alpi Centrali” realizzato all’inizio del progetto dall’allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e siamo quindi ad un centinaio di esemplari. L’evoluzione è ovviamente impossibile da prevedere precisamente perché molte sono le variabili che possono intervenire ma gli stessi documenti stimano accrescimenti annui da un 5 al 10% della popolazione.

In che modo sarà possibile gestire in sicurezza la

convivenza tra le attività umane e la presenza dell’orso?

Innanzitutto dobbiamo riportare la discussione a criteri tecnici veri che, senza demagogia, reindirizzi la gestione passando per l’ascolto e la partecipazione delle comunità. E’ importante che si agisca con assoluta decisione e corag-

gio nel rispetto di quelle che sono le regole che se non onorate ingenerano un insanabile conflitto uomonatura: cattura e contenimento sono principi scritti nei Piani fin dal principio del progetto e che devono essere rispettati. Sono principi di sicurezza che sostenevo con forza fin dal 2014 e che oggi trovano ancora

più senso. Dobbiamo infatti fare in modo che ciascuno consideri i disagi degli altri incontrando una posizione di equilibrio e mettendo alla base di questa convivenza rispetto e conoscenza.

La presenza di grandi carnivori, oltre all’orso ci mettiamo anche il lupo, non rischia di costringere gli allevatori all’abbandono delle moltissime malghe che rappresentano un tassello importante della nostra storia?

La morte di Andrea Papi, aggredito dall’orsa JJ4, ha causato in tutta la comunità trentina un dolore profondissimo, nel diffuso sentimento di immedesimazione che ciascuno di noi ha provato. Le nostre abitazioni confinano con il bosco, gran parte delle nostre attività tradizionali si svolgono nei boschi, nei boschi stanno anche le nostre amate e frequentate “cà da mont”. Oltre allo strazio che abbiamo vissuto di fronte al dolore della famiglia, degli amici, dell’intera val di Sole, tutti siamo rimasti indignati per la disumanità delle affermazioni che coloro che si definiscono animalisti hanno pronunciato e scritto. Nessuna pietà umana, nessuna conoscenza delle nostre abitudini di vita, delle caratteristiche del nostro territorio, di quello che siamo. Sproloqui deliranti di individui che si stupivano perché Andrea fosse

a correre in un bosco e non “al parco”. Mail bombing di gente che, per l’ennesima volta, ci minaccia di non venire più in Trentino in vacanza. Nonostante sia almeno la decima volta che le stesse persone scrivono le stesse cose, stiamo chiudendo stagioni turistiche da record. Molto di più ci preoccupano invece tutti coloro che in questo momento stanno pensando di non venire più per paura. E questa paura è anche la nostra,

in un momento emotivamente molto teso. Ai molti italiani che si sono espressi a casaccio su questa vicenda vorrei dire che il nostro Trentino non prende vita quando loro vengono in vacanza, come fosse la scenografia di un palcoscenico. Abitiamo queste valli, con tutta la loro bellezza ma anche con tutta la loro asprezza, da secoli, giorno dopo giorno. E non è possibile che un progetto Life Ursus con numeri non più compatibili con la declamata “convivenza”, ci obblighi a rinchiuderci in casa, a cambiare le nostre abitudini di vita e il nostro rapporto con la nostra montagna. Una montagna che noi vogliamo continuare a vivere in sicurezza, per noi, per i nostri figli, per coloro che ospitiamo e per i nostri allevatori.

Il conflitto uomo-fauna selvatica non è più solo una questione di conservazione delle specie, l’eventuale scontro tra uomo e fauna selvatica dovrebbe essere letto anche alla luce della sua importanza per la stessa salute umana e per lo sviluppo più in generale. Entrare in conflitto con un’altra specie e non lavorare o ricevere supporto per ristabilire una forma di coesistenza, incide infatti sul reddito di quelle popolazioni che, come ho detto, dipendono direttamente dall’agricoltura o dell’allevamento di montagna e che, molto spesso, vivono già con difficoltà. E’ essenziale la partecipazione di tutti i membri della comunità alla gestione del territorio e dell’ambiente ed è quindi necessario che il processo, con il quale si afferma la consapevolezza di quanto uomo e natura siano inscindibili e connessi l’uno all’altra, sia gestito anche e soprattutto attraverso gli allevatori. Dobbiamo ancora una volta per tramite della scienza comprendere la natura dei conflitti per identificare le giuste azioni di risposta, di mitigazione, di prevenzione o risoluzione. Dobbiamo quindi concordare, ora più che mai, soluzioni tecniche dettate dalla ricerca attraverso nuovi sistemi di monitoraggio e operazioni di gestione, soluzioni politiche nel pieno rispetto dei documenti di Piano senza abbandonarci a populismi e soluzioni culturali sviluppando una piena e profonda conoscenza degli animali e dei loro comportamenti. E’ il momento di proporre quindi soluzioni condivise che permettano agli allevatori di vivere con dignità evitando lo spopolamento delle montagne e permettendo loro di continuare ad essere i custodi del nostro paesaggio.

PAG. 6 MAGGIO 2023 Primo Piano: orso
Orso, numeri non più compatibili per una convivenza

Presidente Fugatti, a venti giorni dalla morte del giovane Andrea Papi ucciso dall’orsa JJ4 nei boschi di Caldes che riflessioni di sente di fare?

La tragedia di Andrea Papi ha sconvolto tutto il Trentino e interrogato il Paese intero sul futuro della presenza dell’orso - e più in generale dei grandi carnivori - in Trentino. Una presenza che ormai da troppi anni condiziona la vita quotidiana delle genti di montagna.

La morte di questo giovane di 26 anni, che lascia una famiglia, una fidanzata e tanti progetti, rappresenta uno spartiacque per la nostra terra di Autonomia.

Dopo anni di incontri e sollecitazioni (da parte mia e dell’assessore alle foreste Giulia Zanotelli) ora - solo ora - qualcosa si è mosso a livello romano. Il ministro dell’ambiente Pichetto Fratin ha dimostrato grande sensibilità istituendo un Tavolo tecnico-istituzionale che sta lavorando per individuare le soluzioni che ci consentiranno di ridurre il numero di plantigradi presente sul nostro territorio. Perché solo una presenza più contenuta, pari a circa 50 unità, potrà essere compatibile con le attività delle persone che vivono e lavorano nel bosco. Il bosco è la casa dei trentini e certo non possiamo rinunciarci.

Si sente impotente di fronte a quel che è accaduto o corresponsabile?

Sono in pace con la coscienza, ma non riesco a darmi pace.

Questa Giunta con il Dipartimento protezione civile, foreste e fauna ha fatto il possibile per scongiurare questa tragedia.

Ma l’efficacia delle decisioni adottate negli scorsi anni - sulla base dei criteri di effettiva pericolosità dell’esemplare JJ4 e per il principio di garantire la sicurezza delle persone - è stata bloccata dal Tar e dal Consiglio di Stato in un complesso iter giudiziario innescato dai ricorsi

Da tanti anni ormai, si parla di convivenza con gli orsi e negli ultimi anche con lupi.

Purtroppo, nell’ultimo periodo con quello che è successo sul monte Peller si è scatenato un finimondo e una contrapposizione, tra animalisti ambientalisti e tutte le altre persone che vogliono vivere in montagna.

Torniamo indietro qualche anno fa quando avevamo a che fare con M49, quanta confusione aveva creato nei confronti di tutti gli orsi. Poi finalmente è stato rimosso e si risolse il problema e si calmò la rabbia nei confronti di quegli esemplari che permangono in alta montagna senza dare nessun fastidio.

Ma quello che è successo al povero ragazzo di Caldes è un fatto gravissimo che ha scatenato una forte divisione tra chi vuole l’orso e chi no. Innanzitutto parto dal fatto che tutti i contadini, allevatori, tutte le persone che presidiano la montagna, se pensiamo a tutte le “ca da mont” presenti sul nostro territorio, perciò tutti quelli che praticano sfalcio, manutenzione, pascoli e al-

Fugatti: “Con l’orso si può parlare di convivenza solo se possiamo intervenire”

delle associazioni animaliste. È stato come se la gestione dell’orso non fosse in capo alla Provincia, ma ai giudici e ad Ispra, che hanno stoppato sia l’abbattimento sia la cattura dell’orsa. E anche per questo, quando ho saputo che era stata proprio JJ4 ad aggredire mortalmente Andrea, ho provato prima una sensazione di profondo sconforto. Quindi è montata la rabbia. Oggi siamo sorpresi, come sorpresi sono i trentini, di fronte ai pronunciamenti della giustizia amministrativa dopo la morte di Andrea. Il Tar ci ha consentito la sola cattura e il decreto di abbattimento che ho firmato lo scorso 27 aprile (un atto dovuto per il completamento dell’istruttoria) è stato sospeso. La decisione collegiale dei giudici è rimandata al 25 maggio. Ma voglio essere fiducioso che le nostre istanze possano essere accolte. Sono istanze che guardano al buonsenso e non alla vendetta: guardiamo alla tutela delle persone e di tutta la comunità, oltre che degli operatori chiamati a intervenire per fronteggiare queste situazioni. Anche perché la cattura, il trasporto e il contenimento in una struttura non sono fasi esenti da rischi. Io mi auguro che le cose possano davvero cambiare, che ci sia una presa d’atto anche culturale della necessità di una gestione dei grandi carnivori seria, responsabile, efficace. E mi consenta di evidenziare come il nostro sistema in questi giorni abbia confermato la propria competenza, pur essendo stato messo ingiustamente sotto accusa.

Col senno di poi come valuta il progetto “Life Ursus” e quali sono stati i principali errori nella sua gestione?

Life Ursus si è chiuso nel 2004, a 5 anni dal rilascio in Trentino dei primi esemplari di orso prelevati dalla Slovenia. Sarebbe troppo facile, ora, dire che questo progetto è fallito, ribadendo le perplessità che ho esplicitato a più riprese in 15 anni di attività politica. Gli orsi ci sono, crescono ogni anno mediamente di oltre il 10% e oggi superano le 100 unità, secondo i dati dei monitoraggi genetici. Lo studio di fattibilità che aveva preceduto i rilasci, aveva accertato l’idoneità ambientale di un territorio sufficientemente ampio ad ospitare una popolazione vitale di plantigradi, compatibile con la presenza e le attività antropiche nel nostro territorio, che costituiva l’obiettivo finale del progetto. L’areale doveva andare ben oltre i confini del Trentino, interessando le regioni e i Paesi confinanti. Ebbene, la maggior parte degli esemplari attualmente presente si sposta all’interno di un’area ampia circa 1.500 chilometri quadrati (pari a un quarto dell’intero territorio provinciale) e fortemente

antropizzata. Il motivo? Spetta alla parte scientifica spiegarlo. Ora il nostro obiettivo è di tornare all’originalità del progetto, anche a livello numerico. Che vuol dire garantirne la sostenibilità, limitando e contenendo il numero di esemplari presenti.

Trovare una soluzione per il futuro non sarà facile. Quali azioni avete intenzione di adottare e con quali obiettivi?

In questo momento non possiamo permetterci di farci guidare dall’emotività. Teniamo la barra dritta. Innanzitutto intendiamo rimuovere tutti gli esemplari problematici per garantire la sicurezza dei cittadini, come si fa in tutto il mondo, e vogliamo continuare ad avere fiducia nella giustizia, auspicando come detto l’accoglimento delle nostre istanze.

Dunque, dopo aver prelevato JJ4, il Corpo forestale trentino è impegnato nella cattura di MJ5. In entrambi i casi Ispra aveva dato parere favorevole all’abbattimento, ma è arrivato lo stop dei giudici. Proprio a proposito di plantigradi problematici, le statistiche ci dicono che ce ne saranno altri in

futuro: in un recente studio, Ispra ha stimato che tra l’1 e il 3% degli esemplari possa manifestare annualmente (ossia ogni anno da qui in futuro) segni di pericolosità o particolare problematicità. Non possiamo essere continuamente in balia dei ricorsi delle associazioni animaliste e l’area faunistica del Casteller non può trasformarsi unicamente in una struttura di contenimento di esemplari problematici o pericolosi, perché è stata progettata per svolgere la funzione di ricovero per gli animali che necessitano di cure o di riabilitazione.

Intanto andiamo avanti, affrontando il nodo degli esemplari presenti in Trentino grazie alla collaborazione fattiva del Ministero, anche se va detto che non sarà facile trovare un territorio disposto ad accettare i plantigradi in eccesso. La Provincia ha comunque presentato un percorso credibile sul piano degli obiettivi.

In che modo sarà possibile gestire una convivenza tra le attività umane e la presenza dell’orso?

Su questo parto da una premessa. Si può parlare di ‘convivenza’ solo se ci permetteranno di intervenire celermente per ridurre il numero di esemplari e di rimuovere gli orsi problematici. Le azioni diplomatiche dovranno consentire di riportare i plantigradi ad una presenza più compatibile con le attività tradizionali di un territorio di montagna come il nostro. Nel frattempo proseguiranno le diverse azioni di gestione degli

orsi. Le attività agricole e zootecniche vengono difese dalla Provincia attraverso la diffusione degli strumenti utili per impedire le predazioni, come l’uso di recinti elettrificati (forniti in comodato d’uso gratuito) o di cani da guardiania - che proteggono il bestiame al pascolo - e nel ristorare i proprietari dei danni eventualmente subiti. Al fine di evitare che gli orsi si spingano nei centri abitati in cerca di cibo, sul territorio sono stati dislocati centinaia di cassonetti anti orso e proseguirà quindi la sostituzione dei vecchi bidoni.

Inoltre, il personale del Corpo forestale continuerà ad entrare in azione per le necessarie azioni di controllo e dissuasione previste dal documento di riferimento per le emergenze, il Pacobace (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali).

Proseguirà infine l’attività di comunicazione e informazione sui comportamenti da adottare nelle aree frequentate dai plantigradi, in capo ai Servizi foreste e faunistico. La convivenza con i grandi carnivori parte infatti dall’attività di prevenzione, dalla diffusione della cartellonista lungo i sentieri e dalla predisposizione dei materiali informativi elaborati in collaborazione con l’Ufficio Stampa della Provincia, che da tempo ha diffuso spot televisivi e locandine pubblicitarie. L’Ufficio Stampa si occupa peraltro della gestione dei casi critici, al fine di evitare che si diffondano notizie scorrette o parziali.

Orsi, lupi, uomo: convivenza solo con regole precise e rispettate

Una domanda agli animalisti sul futuro della montagna

peggi, sono i primi animalisti ambientalisti che ci sono sul territorio ed evitano tantissimi eventi molto pericolosi che succedono in tante altre parti d’Italia dove la montagna è stata abbandonata.

Perciò facciamo alcune considerazioni, prima di tutto vogliamo essere vicini alla famiglia di Andrea, colpita da questa assurda tragedia.

Fin dall’inizio del secolo scorso l’orso era considerato un predatore pericoloso, nocivo, con difficile convivenza con

l’uomo. Il nostro Trentino, la nostra valle sono, fortunatamente, frequentati fino in alta quota, per questo la presenza eccessiva di orsi crea problemi oltre che tanta diffidenza e paura, al punto che tante persone sentono di non potersi muovere liberamente e rinunciano alla frequentazione della montagna.

Poi la presenza degli orsi è aumentata tantissimo se si pensa che negli ultimi venticinque anni siamo passati da zero a più di cento esemplari, in que-

sto senso l’allontanamento di alcuni di questi ritenuti pericolosi penso non sia una questione che fa la differenza. Considerato che anche nei protocolli (Pacobace) l’introduzione di questa specie era prevista con un numero massimo per un fattore di convivenza possibile in base alla densità del nostro territorio, così come era prevista la rimozione di esemplari pericolosi.

Faccio quindi una domanda agli animalisti e ambientalisti. Che montagna vogliamo? Visto il periodo, vogliamo che i nostri allevatori inizino la stagione del pascolo dei prati di bassa quota, vogliamo che comincino l’importantissima pratica degli alpeggi delle

tante e bellissime malghe della nostra valle, vogliamo che diano avvio allo sfalcio dei prati, cosa non scontata vista la conformità della nostra valle, e tutto questo per renderla sicura e bella per tutti quelli che la frequentano. Abbiamo speso risorse per far si che i turisti possano venire da noi, ma visti gli ultimi eventi ho grandi dubbi che ancora frequentino la nostra valle con le proprie famiglie…

In conclusione, affermo che i primi ambientalisti e animalisti sono i contadini, gli allevatori, quelli che vivono in montagna 365 giorni all’anno, quelli che accudiscono i propri animali di qualsiasi specie essi siano. Con questo, lasciamo perdere

le prese di posizione estreme e lasciamo che le nostre istituzioni, la Provincia, la Comunità di Valle, i Comuni, facciano informazione e formazione, e quando serve anche prendano, per il bene di tutti, la decisione di allontanare gli esemplari ritenuti pericolosi, senza che per questo vi siano manifestazioni e affermazioni assurde.

In primis la nostra gente, il nostro territorio, le nostre montagne… Il nostro bel Trentino.

Un noto scrittore diceva che “la montagna è come la mamma, va amata e rispettata”. Ecco, in questo semplice ma profondo pensiero si riassume quello che ho scritto in questo articolo.

PAG . 7 MAGGIO 2023
Primo Piano: orso
Il presidente della Provincia rivendica la competenza locale della gestione di Life Ursus e la necessità di tornare ad un numero di esemplari che non superi le 50 unità.
PAG. 8 MAGGIO 2023

Primo Piano: orso

“Strumenti per intervenire in modo immediato, controllo dei numeri e monitoraggio”

La questione della presenza dell’orso è diventata il principale argomento a livello locale, quale è l’opinione tra i suoi cittadini?

Dai miei concittadini, ma anche da buona parte della popolazione residente nelle Giudicarie che è uno dei territori maggiormente interessati dalla presenza dell’orso, percepisco apprensione.

Dopo il drammatico episodio dell’aggressione mortale di Caldes è apparsa con chiarezza la pericolosità di questi animali. Se prima la preoccupazione c’era ma era tutto sommato velata, oggi è sorta una reale paura nel frequentare certi ambienti di montagna. Non colgo un sentimento semplicemente collegato all’emotività dell’accaduto bensì la consapevolezza che si sia avverato quello che tanti già temevano.

“Prima o poi ci scappa il morto” era il pensiero di molti e purtroppo, con la morte del povero Andrea Papi, abbiamo compreso tutti che questa eventualità si può verificare.

Le popolazioni locali, diversamente da quanto qualcuno sostiene, non hanno mai visto di buon occhio l’introduzione dell’orso e, ora che purtroppo il rischio si è drammaticamente palesato, la paura si è trasformata in rifiuto e rabbia.

È molta la gente che chiede con determinazione di rimuovere tutti gli orsi per risolvere definitivamente il problema e tornare a vivere liberamente il territorio.

In che modo sarà possibile gestire in sicurezza la convivenza tra le attività umane e la presenza dell’orso?

Vista l’impossibilità, sia tecnica che normativa, di rimuovere tutti gli orsi dal territorio trentino, ritengo sia opportuno da parte delle istituzioni trentine chiedere in modo compatto al governo nazionale e alla Comunità Europea di poter intraprendere tre azioni principali:

• la dotazione di strumenti urgenti e agili per intervenire in modo immediato ed incondizionato nelle situazioni pericolose (come ordini di captivazione o abbattimento)

•il contenimento della popolazione degli orsi attraverso un percorso tecnico che preveda, da una parte, la riduzione e, dall’altra, un attento controllo numerico •il monitoraggio costante

Michele Cereghini, sindaco di Pinzolo, si fa portavoce dei primi cittadini giudicariesi.

degli esemplari presenti, in modo particolare quelli che manifestano comportamenti problematici e confidenti.

Credo che l’aspetto importante per poter raggiungere una strategia che metta al primo posto la sicurezza dei nostri cittadini sia la compattezza degli attori. Per avanzare una richiesta efficace di questi strumenti, la visione della politica trentina deve essere univoca e condivisa da tutte le istituzioni, compresi i sindaci e gli interi consigli comunali.

La presenza di grandi carnivori, oltre all’orso ci mettiamo anche il lupo, non rischia di costringere gli allevatori all’abbandono delle moltissime malghe che rappresentano un tassello importante della nostra storia?

L’esposizione degli animali d’allevamento alla presenza dei predatori è probabilmente una delle prime problematiche che si sono presentate nella gestione della convivenza uomoorso. Quanto successo a Caldes ha messo in evidenza difficoltà già note. Troppe volte in passato i disagi degli allevatori di montagna sono rimasti inascoltati o risolti con indennizzi irrispettosi nei confronti dei capi persi.

Negli allevatori quindi la paura è oggi ancora più marcata. La paura, unita alla fatica del lavoro, smorza l’entusiasmo di chi ha fatto questa scelta e le malghe si svuotano, con tutte le conseguenze negative legate alla cura del territorio di montagna.

Anche per dare risposte a loro è quindi opportuna la compattezza della politica. I suggerimenti proposti prima devono essere volti a garantire sicurezza, a ridare libertà ma anche a restituire fiducia agli allevatori.

Che strumenti ha un sindaco su questi temi?

Per la verità i sindaci ad oggi non hanno molti strumenti in mano per intervenire in queste situazioni né tantomeno per modificare l’attuale quadro normativo. Quello che possono fare è

una buona comunicazione per mettere il cittadino nelle condizioni di sapere cosa può incontrare nel bosco e come deve comportarsi con gli animali pericolosi. Si tratta comunque di azioni informative e non coercitive.

Certo, il primo cittadino è sempre legittimato a fare ordinanze contingibili ed urgenti per la sicurezza e la sanità pubblica sul territorio comunale, ma sarebbe un’iniziativa poco percorribile e non sarebbe certo la soluzione.

Come detto prima, forse oggi l’unica vera forza e responsabilità in mano al sindaco è quella di fare sistema con tutti gli altri sindaci e con le amministrazioni trentine per addivenire ad una strategia d’insieme che sia risolutiva.

PAG . 9 MAGGIO 2023

La gente del Trentino occidentale, da molti anni, temeva che prima o poi dovesse accadere qualcosa di grave. Ovviamente si riferiva alla presenza e agli avvistamenti sempre più frequenti dell’orso a seguito dell’immissione di esemplari prelevati dalla regione slovena del Monte Nevoso al confine con la Croazia. Nelle valli attorno all’Adamello e alle Dolomiti di Brenta la presenza dell’orso bruno faceva ancora parte della memoria recente in quanto l’area in questione costituiva l’ultimo territorio del versante italiano delle Alpi abitato dal grande predatore. Figure di valligiani del passato diventate mitiche - Luigi Fantoma da Strembo, «il re di Genova» - erano un simbolo riconosciuto e rispettato. A quei tempi l’autorità statale - l’Imperial-regio governo tirolese - metteva a disposizione cospicue taglie allo scopo di incentivare gli abbattimenti dei predatori ritenuti nocivi. Oltre alla Val di Genova, incuneata fra Adamello e Presanella, e alla valle di Nambrone, gli spazi frequentati dagli ultimi orsi si estendevano alle valli d’Algone, alla val di Tovel, a quella dello Sporeggio. Tali presenze sporadiche, a detta degli anziani del luogo, non costituivano più un grosso problema a causa del numero esiguo di esemplari. Quindi il fattore densità era determinante per una convivenza possibile. I vecchi esemplari, tuttavia, non erano più in grado di riprodursi essendo sopravvissuti soltanto pochissimi maschi. Da qui la decisione del Parco Adamello-Brenta di sperimentare la reintrodu-

Caro direttore, Leggendo i commenti di ricercatori e “divulgatori” sul progetto Life Ursus appare evidente che molti di costoro non hanno letto (od hanno dimenticato) gli stessi documenti sui cui il progetto si basa.

Riguardando adesso il tomo di oltre 200 pagine dell’ente Parco del 2010 `e palese, anche se sgradevole, osservare che l’attacco mortale degli orsi sar`a solo il primo per una serie di errori che mi permetto di illustrare. L’intero modello di Life Ursus `e stato basato sull’idea di ricreare in Trentino il modello dei parchi americani e delle riserve di caccia slovene senza tener conto delle differenze sostanziali.

Cominciamo dai numeri. Affermare che si tratta di un evento unico degli ultimi 150 anni è fuorviante. Il tomo ci ricorda che gli orsi erano di fatto estinti in tutte le Alpi italiane, a partire dal 1800 nelle Alpi orientali e più tardi nelle Alpi centro-occidentali. Ed è quindi “difficile” che un animale praticamente estinto possa uccidere l’uomo, non più di quanto ci possa essere un attacco mortale di dinosauri. Sempre sui numeri, il piano di fattibilità del 1997, confermato nel 2010 dal tomo prevedeva di raggiungere una Minima Popolazione Vitale di 40-60 orsi in un periodo tra i 19 e

Quale montagna vogliamo?

zione di femmine provenienti dalla Slovenia. A distanza di circa venti anni la popolazione orsina, che doveva essere contenuta fra i cinquanta e i settanta esemplari, è cresciuta in maniera esponenziale. Le valli giudicarie, soprattutto il versante sud del Brenta nelle Esteriori, sono diventate il terreno prediletto delle femmine. Ma l’areale ha continuato ad estendersi alla zona di Molveno e Andalo fino alla valle dei Laghi.

Il progetto iniziale prevedeva che la popolazione dei grandi predatori si spostasse liberamente verso ovest in territorio bresciano e da qui a tutte le Alpi centrali lombarde (PACOBACE). Erano tempi in cui stava maturando una nuova cultura incentrata sul bisogno di riscoprire la natura e riviverla dopo anni di disinteresse. Tale esigenza è andata crescendo negli ambienti scientifici deputati alla ricerca ma, soprattutto, in un nascente ambientalismo spesso lontano

dai territori e contrassegnato da una matrice culturale prevalentemente urbana. Questo fatto spiega il perché i montanari siano portatori di un’idea di natura e di una sua conservazione del tutto separata dal protezionismo cittadino. La montagna vissuta in termini socioeconomici è cosa diversa dalla montagna idealizzata percepita in un contesto interamente naturale. Nel mondo rurale alpino gli statuti delle comunità (le «Regole», le proprietà collettive di uso civico) stabilivano, fin dal Medioevo, norme precise di tutela delle risorse naturali al fine di renderle riproducibili. Viceversa, chi non vive delle risorse della montagna va alla ricerca di mondi vergini, attratto dalla dimensione selvaggia. E’ quello che sta accadendo ai nostri giorni che vedono le terre alte spopolarsi di presenze umane e popolarsi di presenze non umane. Questo fenomeno viene sempre più salutato dall’ambientalismo

ideologico come un’opportunità, una forma di riappropriazione da parte della natura di quegli spazi che la colonizzazione agraria e il formarsi di insediamenti sparsi avevano sottratto alla foresta. Ormai da molti anni le superfici boscate aumentano rapidamente, i prati non vengono più falciati, la piccola manutenzione del giorno per giorno tralasciata. Sul versante animale la diffusione del lupo ne è una riprova e le reintroduzioni di altre specie come l’orso una ulteriore conferma. Siamo sempre più in presenza di una «wilderness di ritorno», figlia dello spopolamento della montagna. In termini storico-antropologici si tratta del tramonto di

un modello di civilizzazione durato un millennio. Sovente chi fa questo tipo di constatazione, e se ne preoccupa, viene annoverato fra i nostalgici «lodatori del tempo passato» o fra i cultori del folclore. A livello di politiche della montagna tutti concordano sulla necessità di frenare l’abbandono e creare occasioni per un ritorno, soprattutto da parte dei giovani. Ma una cosa sono le enunciazioni di principio, altra cosa sono i dati di realtà. Se le malghe non potranno più essere caricate a causa del reiterarsi dei danni provocati dai grandi predatori - vi sono già non pochi casi di abbandono sull’arco alpino dove i rimedi proposti sono talvolta peggiori dei mali – l’inselvatichimento sarà la conseguenza diretta. L’eroismo di chi pratica l’agricoltura di montagna, l’allevamento del bestiame, il pascolo vagante, ha un limite rappresentato dalla rassegnazione, frutto dell’imposizione di modelli di vita pensati a tavolino da visionari e sognatori lontani anni luce dal mondo reale. Tra non molto tempo anche chi non vive dei prodotti della montagna ottenuti dal duro lavoro ma la frequenta da turista esigente - di cui l’«over tourism» degli ultimi anni è espressione - non potrà più

muoversi liberamente nella natura sognata e vagheggiata. Sentire abitanti delle valli affermare di non poter più andare a far legna o temere di andare nel bosco è paradossale: è il paradosso di una post-modernità che ha perduto il senso dell’umano. Una dimensione esistenziale che non può e non deve essere confusa con l’antropocentrismo, spesso citato a sproposito nell’intento di emettere condanne senza appello nei confronti dell’uomo. L’antropocentrismo assoluto ha certamente arrecato danni per un eccesso di volontà di potenza della tecnocrazia. Tuttavia, non per questo dobbiamo demonizzare l’essere umano in quanto tale. Riguardo alle politiche della montagna si tratta di scegliere, con onestà mentale, che tipo di montagna vogliamo. Una montagna selvaggia dove le attività umane sono bandite e dove gli abitanti sono una presenza scomoda o, viceversa, una montagna abitata ben sapendo che una convivenza perfetta fra uomo e grandi predatori è un’illusione. Si tratta comunque di scelte rispettabili ma non compatibili. Non resta quindi che invocare con fede la protezione di San Romedio per l’orso o quella di San Francesco per il lupo.

Orso, abbiamo fatto un errore

gli 88 anni. Siamo nel 2023 e questo numero è ben superato. Il fenomeno è ben noto: in assenza di ostacoli una specie si moltiplica più rapidamente.

Il tomo ci fa anche sapere che con soli 24 orsi nel 2008 la squadra di emergenza il cui obiettivo è dissuadere gli orsi da comportamenti pericolosi è stata impegnata con 20 uscite per anno. La stessa cronologia degli eventi ci dice che già dal 2010 vi erano orsi assidui frequentatori di cassonetti. Moltiplichiamo per gli orsi attualmente in giro.

Perché il contatto tra orso e uomo è inevitabile qui e non lo era in Slovenia e negli Stati Uniti?

Per la Slovenia, il tomo ci spiega che l’area da dove provenivano gli orsi re-introdotti in Trentino `e essenzialmente deserta, utilizzata come riserva di caccia ed anche le attività agricole come la fienagione sono destinate alla riproduzione delle specie destinate alla caccia. Inoltre il tomo ci spiega che la Slovenia fissa il limite degli orsi sulle Alpi Orientali nell’area simile al Trentino al confine a 30 orsi e non a 50 e considera l’abbattimento una routine (pag 199).

Gli stessi zoologi ed ecologisti da salotto confrontano il caso del Trentino con i parchi americani senza rendersi conto delle differenze di scala. Avendo io visitato il parco di Yosemite con le migliaia di orsi stimati mi permetto di fare qui un paragone illustrando ai lettori come sarebbe la situazione se fossimo a Yosemite.

Si parte da Verona e si comincia ad andare verso Trento. A Rovereto c’è l’ultima stazione di rifornimento. Dove ci dovrebbe essere Trento non c’è una città con 100 mila abitanti, ci sono alcuni insediamenti e qualche ristorante sulla via per i turisti del parco. Aldeno è al confronto una megametropoli tipo Pechino. Si continua e si gira per il Bondone. Dove ci dovrebbe essere Doss Trento c’è solo un campeggio. Non c’è Cadine, non c’è Sopramonte, non c’è Vigolo Baselga. Arrivati a Vaneze non ci sono hotel, abitazioni e seconde case. C’è solo un parcheggio con il centro visitatori dei rangers. A Terlago ci sono solo 20 casette per cui bisogna prenotare anni prima per riuscire a trovare un posto. Si prende la macchina e si continua fino alle Viote (dove ovviamente non c’`e il

ristorante, ci sono solo dei tavoli per fare un picnic). A piedi si continua e si sale fino al passo per le rocce rosse da cui si ammira il Brenta. A Yosemite c’è anche la capanna di osservazione dei rangers ed una volta salite le scale di acciaio a trenta metri dal suolo alla famigliola di italiani viene fatto firmare il registro perché “qui non viene mai nessuno”. E dal centro di osservazione a perdita d’occhio si vedono i monti. Solo che non c’`e Ponte Arche, non c’`e Stenico, non c’è Tione, non c’è Rendena, non c‘è Andalo, non c‘è nulla. Ci sono solo boschi e montagne a perdita d’occhio.

In Trentino i contatti sono dunque inevitabili e potenzialmente pericolosi. Lo stesso tomo ci ricorda che si tratta di un grande carnivoro e che questo carnivoro preferisce alle esche ad aroma di finocchio quelle ben intrise di sangue bovino. Il tomo dedica anche numerose pagine ai contatti pericolosi. Purtroppo il tomo affronta la questione con una prospettiva completamente fuorviante: da un lato viene affrontato un problema di comunicazione.

I danni provocati dagli orsi sono presen- tati con un pro-

blema da gestire in quanto potrebbero compromettere il supporto popolare alla conservazione.

Su 200 pagine per i danni causati agli esseri umani ci sono 8 righe a pagina 156 che si limitano a dire che è stata stipulata un’assicurazione.

La maggior parte del tomo si focalizza sui danni alle cose. Anche nei confronti degli allevatori viene assegnato a questi ultimi la responsabilità come personale “scarsamente professionale” per gestire l’orso.

La responsabilità quindi non è più del servizio forestale come apprendista stregone ma degli allevatori che devono mettere in pratica procedure che non sarebbero altrimenti necessarie.

Come risolvere il problema degli ‘orsi pericolosi’? Il tomo ci spiega che questo è stato risolto dal punto di vista della conservazione e quindi con una procedura burocratica mostruosa. La possibilit`a di ricorso delle associazioni ambientalista si aggiunge alla complessit`a della procedura. Una domanda legittima è come mai questo non avviene negli Stati Uniti?

Il motivo di nuovo è semplice: stiamo parlando di un Paese in cui nel bene e nel male nelle campagne tutti girano armati. Uccidere gli orsi è permesso in quasi tutti gli Stati se distruggono le colture e persino in uno stato ‘ecologista’ come la California l’uccisione dell’orso come specie protetta è giustificata anche quando una persona ‘si senta’ in pericolo (non ‘sia’, ‘si senta’). In altre parole, gli orsi che si sono avvicinati troppo e sono usciti dal parco (ma vedi sopra per le dimensioni del parco) non sono mai potuti tornare indietro a raccontarlo. Non credo che questo sia possibile od anche solo desiderabile in Italia, ma prima ci rendiamo conto di aver fatto un errore, meglio è per tutti. Affermare adesso che ci vuole una conferenza Europea, le altre province non hanno collaborato, etc. è solo un modo per cercare di scaricare altrove le proprie responsabilità. Pensare che basti togliere la gestione alla politica od alla magistratura per darla agli esperti è sbagliato. Gli “esperti” in primis hanno sbagliato.

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MAGGIO 2023
Primo Piano: orso
“La montagna vissuta in termini socioeconomici è cosa diversa dalla montagna idealizzata percepita in un contesto interamente naturale”.
di Annibale Salsa

Rapporto grandi carnivori 2021

di Virginio Amistadi

Il Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento, a partire dal 2007 pubblica un rapporto annuale relativo alla popolazione dell’orso in Trentino contenente una analisi puntuale della situazione sia a livello numerico che gestionale. Il rapporto, nato inizialmente come “Rapporto Orso”, si è evoluto nel tempo andando ad includere anche i dati relativi al Lupo e alla Lince e dal 2017 è stato rinominato in “Rapporto grandi carnivori”. L’ultima edizione del rapporto, “Rapporto grandi carnivori 2021” dalla quale sono estrapolati i dati riportati di seguito, è liberamente consultabile e scaricabile dal sito https:// grandicarnivori.provincia.

tn.it

La numerosità degli orsi e la loro presenza sul territorio è stata costantemente monitorata fin dalla sua introduzione a partire da una strategia basata sulla raccolta sistematica di campioni organici che permetteva di individuare la traccia genetica (DNA) di ciascun esemplare presente. Il costante aumento dell’area occupata e del numero di esemplari ha portato ad estendere il modello introducendo un approccio statistico che tenga conto anche della probabilità media di trovare o non trovare le tracce organiche di un individuo. Questo doppio sistema permette quindi di avere il numero minimo certo di orsi identificati

geneticamente, dai quali vengono esclusi i cuccioli, e una stima probabilistica degli orsi presenti sul territorio.

Il numero minimo di animali giovani e adulti (cuccioli esclusi) identificati geneticamente nel 2021 è stato pari a 69 mentre il dato ufficiale di consistenza nel 2021, elaborato con modelli di stima, è compreso in un intervallo tra 73 e 92 esemplari, senza considerare i cuccioli dell’anno (stimati in 12-14) per un totale che si aggira quindi attorno ai 100 esemplari. Nel 2019 la stima per gli animali giovani e adulti era tra 69 e 86 esemplari. Il trend di crescita della popolazione tra il 2015 e il 2021 ha mostrato ancora una crescita, con un valore medio annuo dell’10.3%, seppure a fronte di una notevole variazione annuale (tra 2.3% e 24.4%).

Per quanto riguarda la presenza sul territorio, mentre i giovani maschi si muovono su un’area teorica per il 2021 pari a 30.550 km2, le femmine con i cuccioli permangono all’interno di un’area molto più contenuta di 2.039 km2 che coincide di fatto con il Trentino occidentale. All’interno del rapporto è presente una serie di rappresentazioni cartografiche relative alla dispersione territoriale e alle segnalazioni di contatto estremamente interessanti che non sono utilizzabili in questo contesto per motivi

di spazio.

La denuncia dei danni generati dai grandi carnivori rappresenta un buon indicatore per comprenderne

l’interazione con gli umani e la pericolosità. Su questo tema, oltre alla presenza dell’orso emerge prepotentemente la questione del

lupo.

Dei 463 danni da grandi carnivori segnalati nel 2021, 301 sono stati procurati dall’orso e 162 dal lupo.

Sebbene tutta l’attenzione mediatica sia concentrata sull’orso, il lupo è stabilmente presente in Trentino su un territorio di circa 4.000 km2 con una consistenza minima di 26 branchi sparsi sull’intero territorio. Mentre i danni da orso sono stati tutti registrati nel Trentino Occidentale, i due terzi degli eventi attribuiti al lupo (67%) si sono verificati nella parte

orientale della provincia. Nel 2021 sono stati complessivamente liquidati 337.587,80 € di indennizzo danni, di cui 172.373,94€ per danni da orso e 165.213,86€ per danni da lupo.

I dati relativi ai capi predati indicano come l’aggressività del lupo sia molto superiore a quella dell’orso che, tralasciate le tristi vicende di cronaca e l’eccessiva concentrazione territoriale, come predatore, rispetto al lupo, sarebbe sostanzialmente etichettabile come banale ladro di galline.

Per concludere, il monitoraggio relativo grandi carnivori presenti sul territorio Trentino è estremamente preciso e puntuale ed offre tutti gli elementi utili ad individuare politiche di controllo e contenimento relative non solo all’orso ma auspicabilmente anche al lupo.

Numero capi predati, feriti e dispersi per tipologia e predatore

PAG . 11 MAGGIO 2023
Primo Piano: orso Struttura della popolazione degli orsi identificati - Anno 2021 Età Femmine Maschi Totale 2-3 anni 10 17 27 4- 5 anni 7 6 13 6 - 9 anni 5 6 11 10+ anni 11 7 18 Totale 33 36 69 Fonte: Rapporto grandi carnivori 2021 Numero danni da grandi carnivori Patrimonio Orso Lupo Totale N. danni Indennizzati N. danni Indennizzati N. danni Indennizzati Apistico 68 59.103,59 € - - 68 59.103,59 € Agricolo 68 52.834,18 € - - 68 52.834,18 € Altro 52 16.745,18 € - - 52 16.745,18 € Zootecnico 113 43.690,99 € 162 65.213,86 € 275 208.904,85 € Totale 301 172.373,94 € 162 165.213,86 € 463 337.587,80 € Fonte:
carnivori 2021
Sono online, consultabili da tutti, i dati sul monitoraggio dei grandi carnivori da parte della Provincia.
Rapporto grandi
Tipologia Orso Lupo Totale Morti Feriti Dispersi Morti Feriti Dispersi Avicolo 412 1 39 0 0 0 452 Cunicolo 10 0 4 0 0 0 14 Ovino 59 2 22 341 102 102 628 Caprino 9 2 2 37 5 21 76 Equino 9 1 1 22 5 3 41 Bovino 5 2 0 30 5 1 43 Altro 0 0 0 3 1 1 5 Totale 504 8 68 433 118 128 1259 Fonte: Rapporto grandi carnivori 2021
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“Noi il riferimento per gli autonomisti moderati non rappresentati né a destra né a sinistra”

In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?

Nel 2018 Autonomisti Popolari era un movimento politico nuovo e ha avuto un ottimo risultato elettorale. Il bilancio di questa legislatura è assolutamente positivo in quanto abbiamo dato forma a un movimento scevro da posizioni autoreferenziali e diretto esclusivamente alla difesa dei valori, ideali e principi autonomisti. Abbiamo coltivato e alimentato questi valori all’interno di una coalizione ove eravamo l’unica anima autonomista raggiungendo parte dei traguardi che ci eravamo prefissati, con il sostegno del Presidente Fugatti in primis e dell’intera coalizione in secundis, e che erano stati oggetti di un impegno assunto con noi direttamente da Salvini con la sua firma in calce all’accordo. Abbiamo cercato di offrire un punto di riferimento all’elettorato moderato, popolare, autonomista di centro che non si sentiva rappresentato né dalla sinistra, né dalla destra.

Popolari, con Fugatti

Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?

Abbiamo tenuto alta l’attenzione e curato l’aspetto educativo in riferimento, particolarmente, all’Euregio contribuendo attivamente e fattivamente alla creazione di una sede istituzionale e di numerosi incontri su tematiche autonomiste. Abbiamo fatto sì che la tematica Euregio e la storia della nostra Autonomia venisse messa a conoscenza e a disposizione della gente oltre ad essere sempre intervenuti in difesa delle scelte che erano rivolte in modo particolare alla tutela del territorio e delle valli. Abbiamo coltivato e continueremo a coltivare la nostra identità fedeli ad alcuni principi base quali territorialità, identità, politica del fare, moderazione ma fermezza, valorizzazione delle valli, formazione professionale per i giovani, rapporto stretto con Bolza-

no e con l’area tirolese, politiche euroregionali volte a portare reali vantaggi alla popolazione.

In vista delle elezioni provinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presenterete agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni?

Sostenitori dell’ortodossia autonomista e del suo popolarismo ci battiamo da tempo per l’unità autonomista, che può essere ritrovata solo coinvolgendo direttamente la base, il popolo autonomista che ha sempre avversato le spaccature e l’appiattimento a sinistra. Abbiamo elaborato un programma che prevede impegno nel portare avanti con grande determinazione progetti a sostegno dell’autonomia, delle piccole e medie imprese, delle partite IVA, dei pensionati, contro l’inquinamento del nostro territorio, contro gli espropri indiscriminati per valo-

rizzare la nostra agricoltura, il nostro turismo, le piccole e medie imprese, per il potenziamento del nostro patrimonio idroelettrico.

Vogliamo far recuperare quel senso di appartenenza e di attaccamento al territorio che ci fa sentire autonomisti, perché abbiamo una storia che dobbiamo valorizzare, portare nelle scuole per rafforzare il nostro senso identitario e con esso la necessità di sentirci più vicini a Bolzano e anche con Innsbruck in un qua-

dro euroregionale capace di generare ricadute positive, prospettive concrete di lavoro per i nostri giovani e sviluppo per il territorio.

Vogliamo ridare centralità

alla Regione

Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia?

Autonomisti Popolari ha confermato la posizio-

ne assunta nel 2018 nella coalizione di centrodestra rinnovando il sostegno al presidente Fugatti che ha mantenuto fede, in questi anni, al rispetto dei punti programmatici sottoscritti nel 2018 da Salvini nell’accordo con noi.

Anche in occasione delle elezioni di ottobre 2023 abbiamo sottoposto a Fugatti il nostro programma esponendo i nostri punti di valore e i punti programmatici a tutela dell’Autonomia.

Il presidente in questi anni ha dimostrato di saper amministrare con senso e rispetto delle istituzioni e amore per il territorio. Ha dimostrato che il rapporto con Bolzano è sano, saldo e efficace per la tutela della nostra autonomia.

Ha dimostrato quanto sia importante la tutela dell’autonomia e il rispetto identitario delle anime autonomiste con grande apertura all’Euregio creando una sede operativa con funzioni informative e di coordinamento. Stiamo lavorando, su queste basi programmatiche, all’unificazione di tutte le anime autonomiste che condividono con noi questi valori e questi principi identitari.

“La distribuzione di fondi a pioggia senza visione compromette il futuro”

In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?

È un bilancio del tutto negativo. Questi 5 anni hanno dimostrato l’incapacità della giunta Fugatti e della sua maggioranza di amministrare il nostro Trentino. Un’amministrazione in perenne affanno sulla semplice gestione dell’ordinario perché senza visione. La semplice distribuzione a pioggia delle risorse provinciali è un’attività che può avere un impatto positivo nell’immediato presente, ma che condanna la comunità trentina a non avere un futuro.

Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?

Nel corso di questa legislatura il gruppo consilia-

re del Partito Democratico ha fatto un’opposizione dura ma anche costruttiva, portando avanti battaglie importanti. I consiglieri, tra le altre cose, hanno posto un particolare accento sul tema delle politiche abitative e la gestione di ITEA, sul tema del lavoro e della capacità del nostro tessuto economico ad esprimere “buona impresa”. Sull’incredibile inefficienza in cui è precipitato il nostro sistema sanitario e come provare a risolleverlo. E ancora: il tema ambientale e dell’energia in particolare sulla gestione di un assetto strategico come quello delle concessioni idroelettriche. Senza dimenticare le nostre battaglie contro lo svilimento della nostra

Autonomia, sulla questione di genere, o su scuola ed università. L’impegno sarà quello di lavorare affinché queste e molte altre tematiche abbiano un ruolo centrale in questi ultimi mesi della legislatura.

In vista delle elezioni provinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presenterete agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni?

Il programma del Partito Democratico, come quello della coalizione, vedrà al centro i temi della sanità, del lavoro, dell’ambiente e dell’istruzione. Settori che in questi anni, nono-

stante le enormi potenzialità che la nostra Autonomia ci garantisce, ci siamo appiattiti, fermati ed andati indietro. estrema concretezza e serietà per tornare a vivere in un Trentino competitivo, sostenibile ed in grado di

garantire i servizi fondamentali sia per gli abitanti delle città ma in particolare per gli abitanti delle valli.

Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri

schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia? La base di partenza della coalizione è certamente “Alleanza democratica per l’Autonomia”, che alle elezioni politiche è riuscita a portare a casa un risultato molto positivo eleggendo il senatore Patton e mancando per pochissimi voti l’elezione della senatrice uscente Conzatti. Il mio auspicio è quello di poter allargare questa coalizione con altre forze politiche che condividono il nostro progetto.

Il nostro candidato presidente è Francesco Valduga, il sindaco di Rovereto. Una figura di grande competenza e concretezza amministrativa, che ha dimostrato di agire con quella serietà che da 5 anni è mancata a livello provinciale, ma che fa parte del DNA dei trentini.

PAG. 12 MAGGIO 2023 Focus politica
Dal Rì, nuovo segretario politico del Pd regionale dopo le primarie nelle quali ha sconfitto il sindaco di Arco Alessandro Betta.

“Dignità e qualità del lavoro le sfide principali per il prossimo governo provinciale”

In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?

Positivo grazie alle iniziative a difesa e sostegno della sanità, dell’assistenza, della scuola e di un modello di sviluppo che superi quello ancora fondato sulla predazione delle risorse pubbliche e dei beni comuni a spese della collettività siamo riusciti a radicarci e a crescere. Certo, ci sono contesti difficili ed in particolare quelli in cui il consenso si acquista con l’elargizione di finanziamenti. Qui se la politica è di fatto eclissata, a noi tocca la sfida di farla tornare allo scoperto con le idee e i fatti.

Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?

Abbiamo difeso l’Auto-

In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?

Due sono stati i tratti distintivi di questa amministrazione di centrodestra: in primis la costante mancanza di confronto con le parti sociali e i mondi associativi a monte delle decisioni più rilevanti e poi l’assoluto svilimento dell’Autonomia: Fugatti ha solo amministrato (male) il quotidiano e ha smesso di utilizzare le prerogative autonomistiche per innovare e così far fronte ai rapidi cambiamenti in atto. Abbiamo visto contrapporre trentini e stranieri, città e valli, pubblico e privato, minando la coesione sociale e non farsi carico dei reali problemi del territorio. Come Futura abbiamo costantemente denunciato questo modo di procedere, interessato più a finanziare il concerto di Vasco o a inseguire una anacronistica Valdastico che a gestire bene la sanità o a risolvere i problemi di accesso alla casa o la carenza idrica. A fronte di questioni davvero sostanziali, dall’opposizione abbiamo trovato sempre un muro di gomma verso ogni proposta.

Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?

Quelle più significative approvate grazie all’attività dell’ex consigliere Ghezzi e del consigliere Zanella sono

Filippo Degasperi, consigliere provinciale fondatore di Onda punta alla generazione Z, i 20 e 30enni, per costruire il futuro.

nomia, architrave delle nostre istituzioni, non nella versione coreografica a cui purtroppo ci hanno abituati, quanto piuttosto quale combinazione di pensiero e azioni per cogliere le opportunità che il Mondo ci offre. Abbiamo utilizzato l’Autonomia, non l’abbiamo celebrata, per tutti i trentini anziché solo per qualcuno. Ricordiamo le battaglie per riprenderci l’idroelettrico, per salvaguardare la qualità di sanità, assistenza e il diritto alla salute dei trentini, per contrastare gli aumenti degli stipendi dei politici (due aumenti per sindaci e assessori e per ora uno per i consiglieri provinciali con un costo aggiuntivo di circa 30milioni annui). Ci stia-

mo battendo per le infrastrutture utili, come la ferrovia della Valsugana, vergognosamente finita tra le peggiori d’Italia, il collegamento ferroviario Rovereto – Riva e quello delle valli dell’Avisio. In vista delle elezioni provinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presenterete agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni?

Le sfide principali saranno quelle della dignità e qualità del lavoro (il Trentino ha gli stipendi più bassi e il tasso di precariato più alto del Nord Est), delle risposte da dare a una società lacerata da 5 anni di conflitti innescati da chi

Claudia Merighi, vicepresidente di Futura, sottolinea la mancanza di dialogo con la maggioranza in carica: “ A fronte di questioni davvero sostanziali, dall’opposizione abbiamo trovato sempre un muro di gomma verso ogni proposta”.

state la legge istitutiva dell’assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza e la legge per regolamentare le piccole produzioni agricole locali. Siamo riusciti ad ottenere anche l’inserimento in legge del principio di sostenibilità delle opere olimpiche, a far istituire il Comitato provinciale sulla condizione abitativa, a far finanziare maggiormente il fondo per il contributo integrativo all’affitto sul libero mercato per il 2023 e 2024 e a far destinare maggiori risorse per il sostegno psicologico di ragazzi e ragazze a scuola. Ci siamo opposti a leggi discriminatorie che hanno stabilito il criterio di 10 anni di residenza per accedere al bonus bebè, alle case popolari e all’assegno unico provinciale, che hanno cancellato la quota

fissa di aiuti alla cooperazione internazionale, che avrebbero voluto cancellare la doppia preferenza di genere e a quella, a breve in discussione, che viola la libertà di insegnamento e la libertà di autodeterminazione di ragazze e ragazzi LGBT+. Come in ogni manovra di bilancio e di assestamento, anche nell’ultima continueremo a portare le nostre proposte per garantire il diritto alla casa, maggiore stabilità occupazionale, progressività degli sgravi fiscali, più risorse a sanità pubblica, acquedotti e università in difficoltà.

Attualmente è in discussione in IV Commissione il nostro ddl per estendere l’iscrizione al sistema sanitario provinciale alle persone senza dimora.

In vista delle elezioni pro-

ha governato, della condivisione di un modello di crescita che contrasti il cambiamento climatico. Per questo serviranno istituzioni autorevoli che

sappiano resistere alle pressioni dei gruppi di interesse, istituzioni solidali che salvaguardino le relazioni di conoscenza, rispetto, solidarietà, par-

da affrontare”

tecipazione tipiche del nostro piccolo mondo ed investano per ricostruirle dove sono andate perdute. A cominciare da un sistema educativo serio, svincolato da mode e trend, che torni ad esercitare la funzione di fabbrica della cittadinanza.

Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia? Il tema è in via di definizione. Con Onda ci saranno comunque forze libere che hanno conosciuto e riconosciuto il lavoro radicale svolto in questi anni con l’obiettivo di motivare anche quel 30% di elettorato sfiancato dalle identiche politiche dei guazzabugli delle grandi coalizioni e convincere la generazione Z, tra i 20 e i 30 anni, a diventare protagonista da subito.

vinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presenterete agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni? È evidente a tutti - tranne a chi governa il Trentino - che oggi le priorità sono i cambiamenti climatici, l’aumento delle diseguaglianze (dalla difficoltà ad accedere alla casa, alla privatizzazione della sanità cui stiamo assistendo, dall’impoverimento della popolazione alla precarietà del lavoro) e i cambiamenti demografici in atto con l’invecchiamento della popolazione e sempre meno popolazione attiva, quindi lavoratori. Futura crede sia importante focalizzare le proposte politiche su queste grandi questioni. In primis interventi di mitigazione e

adattamento ai cambiamenti climatici, a partire da azioni quali l’efficientamento della rete idrica, la transizione verso un turismo lento e destagionalizzato, non centrato solo sulla neve, il sostegno all’efficientamento selettivo degli edifici e (prime case in bassa classe energetica) e alla transizione energetica, una maggiore spinta verso un’economia realmente circolare. Poi un potenziamento del sistema sanitario provinciale contro la privatizzazione strisciante in atto, in particolare della prevenzione e dei servizi territoriale per dare risposte all’invecchiamento della popolazione e alla cronicità. E investimenti in edilizia pubblica e ristrutturazione degli alloggi ITEA, ma anche agevolazioni per gli affitti ai lavoratori nei luoghi

turistici (sgravi IMIS per chi affitta a lungo termine). Poi ancora sgravi e contributi alle imprese vincolati alla stabilizzazione del personale e al rispetto dei contratti collettivi e adeguamento sistematico di quelli pubblici. Infine ripristino di politiche di accoglienza e inclusione diffuse, investimenti necessari per ripopolare il nostro territorio e garantirgli un futuro, ma anche per dare un’occasione di ripartenza per chi fugge da conflitti e povertà.

Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia? Futura correrà - stiamo valutando in quale forma - all’interno dell’Alleanza Democratica Autonomista, che ha individuato Francesco Valduga come candidato presidente per rilanciare l’Autonomia come strumento per rispondere concretamente, meglio di quanto fa lo Stato, ai grandi temi che oggi ci troviamo di fronte: cambiamenti climatici, diseguaglianze, lavoro povero e precario e scarsità di lavoratori.

PAG . 13 MAGGIO 2023 Focus politica
“Clima e aumento delle disuguaglianze le priorità

Sì. Il pericolo di fascismo c’è!

Negli ultimi tempi è rispuntato nel dibattito politico in Italia il tema del fascismo. Una questione che ha avuto vari riflessi mediatici sia nel nostro Paese sia all’estero. Da talune parti si ritiene che parlare ora di fascismo sia anacronistico, soprattutto perché si tratta di qualcosa che si considera inesistente, e da altre parti si ritiene necessario alzare la guardia in quanto il pericolo più o meno latente c’è. Personalmente confermo la preoccupazione che già espressi su questo Giornale nell’agosto del 2018 con un testo che titolari “Venti di fascismo sull’Europa”? Posi l’interrogativo non perché non nefossi convinto, ma per sollecitare una riflessione. Allora parlai di “un germe pericoloso inserito nel corpo della democrazia europea”. A tutt’oggi ritengo che quel germe non sia morto; anzi, lo percepisco alimento anche da potenti forze esterne marcatamente illiberali e del tutto intolleranti del sistema democratico che regge paesi occidentali. Intendiamoci, non penso esplicitamente al fascismo storico che per vent’anni ha soffocato la libertà in Italia

e ha calmato taluni agitati con olio di ricino. Probabilmente c’è chi di quel fascismo vuol tenersi il copyright del nome, e lasciamocelo pure. Parlando oggi di fascismo, dobbiamo più che altro orientarci verso un nazionalismo intollerante di ciò che è diverso rispetto a quel che viene considerato identità nazionale, che va difesa ad ogni costo; una difesa che si fa generando artificiosamente paura i tratto identitari. Si crea paura per l’arrivo dello straniero di colore o di altra cultura o religione. Paura nei confronti di chi non si adegua ai nostri costumi di vita, alla nostra cultura e alle nostre tradizioni. La nazione e l’identità nazionale, insomma, sono ancora eccessi identitari, e questo nonostante l’avvio del processo di integrazione europea abbia avviato quello straordinario progetto di unità dei popoli nell’auspicio che gli stessi, nel rispetto delle loro diversità, possono vivere e prosperarew nell’unità. L’identità di una nazione va certamente riconosciuta e tutelata; altro è affermate un nazionalismo patologico. Per rapporto alle diversità,

ce n’è una che non riguarda solo una nazione, ma che è condivisa fra tutti i popoli che vivono ed adoperano sulla base di costituzioni improntate ad una democrazia liberale verso la quale potenze esterne d’impronta ancor più che fascista hanno dichiarato guerra. Purtroppo non si tratta solo di guerra metaforica, ma reale, come quella voluta dalla Federazione russa guidata da quel criminale di Vladimir Putin che con l’invasione dell’Ucraina vuole annientare una nazione, un popolo, con atrocità che ci riportano agli anni più bui del secolo scorso. La campagna fascista - è forse

qui uso il termine con tono attenuato per definirne la strategia è comportamento – messa in campo da Putin e dal suo compagno cinese Xi Jinping – questi in termini apparentemente più morbidi – per demolire i sistemi democratici liberali dell’Occidente, ritenuti obsoleti e segnati dal fallimento, è costituisce pericolo già in essere. Mosca e Pechino stanno sostenendo con investimenti astronomici infiltrazioni diplomatiche e manipolazioni mediatiche nelle democrazie occidentali per destabilizzarle. Operano strategie di manipolazione della verità scientificamente studiate per mettere

inconsciamente la gente contro i propri governi democratici legittimamente eletti. La manipolazione della verità è massiccia all’interno dei loro Paesi e molto sofisticata sull’esterno. Un sistema che è stato codificato con il termine “sharp power”, un potere acuto, subdolamente utilizzato all’interno di un paese straniero democratico attraverso l’informazione e altri metodi capaci di generare, fra l’altro, persuasione occulta. Motore di questo satanico disegno è il mondo digitale, con tutti i “social” che mette a disposizione di chiunque. All’interno di Internet vengono utilizzate fra l’altro “debolezze umane” riferite a comportamenti noti con neologismi come “postverità” e “democrazia delle bolle” e che portano le persone a credere che tutto ciò che naviga nella Rete si considera vero se è condivisibile e coincide con le proprie idee e convinzioni personali, ritenendo tutto il resto inattendibile o addirittura falso.

In tutto ciò possiamo parlare di “fascismo digitale”, con il quale non si rappresenta una struttura verticale, che, per

quanto riguarda l’Europa, può essere riferibile alla dittatura italiana inaugurata da Mussolini o al nazionalsocialismo di Hitler, quanto piuttosto un sistema orizzontale fra molti gruppi collegati nella Rete e pronti a unirsi per dar corpo a insane convinzioni.

Se non ci piace il termine fascista, utilizziamo pure le espressioni che vogliamo – autoritarismo, dispotismo, ed altro – ma siamo coscienti che la sostanza ha un unico significato: privazione della democrazia, della libertà e della dignità umana. Per tentare di contrastare l’affermarsi di processi di profilo fascista un contributo può essere fornito da tutti noi, navigatori dell’universo digitale; un mondo che talvolta rischia di renderci ipnotizzati mentre fa fluire nelle nostre menti informazioni che al risveglio ci portano a comportamenti sociali – o elettorali – che possono incanalarci verso la privazione della libertà. E la libertà, bene troppo prezioso per perderla, va difesa ogni giorno, anche quando usiamo il cellulare.

PAG. 14 MAGGIO 2023
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di Paolo Magagnotti
COMANO MED
DELLA SALUTE.
Putin e Xì, uniti dallo “sharp power” verso la conquista delle democrazie liberali ai sistemi autoritari

IL FUTURO DEL FUTURO.

Le sfide di un mondo nuovo

PAG . 15 MAGGIO 2023 Attualità

L’orso è l’argomento del giorno. Dopo il tragico incidente in val di Sole, l’orso riempie le pagine di tutti i giornali e le tv sembra non abbiano nient’altro da farci vedere. La cosa che più stupisce è che all’improvviso, in ogni parte d’Italia, esperti e meno esperti, cittadini dal divano facile, animalisti da giardino, tutti sembrano avere la formula magica: l’orso è una ricchezza in più per il nostro ambiente montano, tutto sommato è un animale pacifico, non aggredisce se non è aggredito, le mamme orse se aggrediscono lo fanno solo per difendere i loro orsacchiotti, poverini, e chi oggi vorrebbe uccidere la Jj4 colpevole dell’uccisione del giovane solandro, lo fa solo per vendetta, non se ne parli neanche, l’orso fa l’orso e deve essere rispettato. Non sono per niente d’accordo i compaesani della vittima che si ritrovano circondati dai plantigradi e non sanno più a che santi votarsi. Non è d’accordo la Provincia che ha già deciso di sopprimere l’orsa colpevole insieme ad altri tre orsi dimostratosi pericolosi in altre parti del Trentino. Non se ne parli nemmeno, tuonano gli esperti dal loro salotto preferito, denunceremo la Provincia, ricorreremo al Tribunale di Bruxelles, se necessario all’Onu, ma l’orsa non si tocca. Intanto l’hanno presa e segregata in una località appositamente attrezzata, con recinzioni, controlli elettronici ecc. ecc. Poi si vedrà. L’intenzione è quella di eliminare Jj4 con i suoi compari. Della faccenda se ne parla soprattutto nei nostri paesi di montagna, e non mancano i nostri sodali che ogni pomeriggio si ritrovano nell’osteria della Maroca per discutere con convinzione dei problemi sul tappeto. In questi giorni dell’orso e di nient’altro. Come sempre al tavolo, in compagnia di un fiasco di vino di quello buono, fa da capotavola l’Abele, uomo saggio e lungimirante, l’Ercole, esperto d’ogni cosa sballata del mondo moderno, il Docimo, esperto di cucina, non tanto nel cucinare, ma nel mangiare e il Palmiro, gran cacciatore, di quelli che al muoversi di una foglia sparano senza pietà. Parte l’Abele: “Ma guarda, ci voleva anche l’orso...prima o poi doveva succedere, ormai gli orsi in Trentino sono più di cento e per di più sparsi nei nostri boschi...” “Eh si...dalle nostre parti ci sono ancora malghe un po’ dovunque, pecorai che arrivano dalla pianura...” azzarda il Docimo.

“Già, ma è sempre meno il bestiame in alta quota, così non trovando cibo sui monti s’abbassano sempre più... - lo corregge il Gelindo - ...mi ricordo da ragazzo, i miei avevano le vacche, l’estate venivano mandate in malga, e non c’era anno che l’orso non sbranasse qualche vitello... era normale, i poveri allevatori ne avevano un bel danno, tiravano giù qualche

L’orso e il metodo Palin Il Saltaro

bestemmia contro l’orso e la sfortuna e buona notte.” “Ricordo, ma allora ci pensavano i cacciatori a sistemare le cose, era normale fare grandi cene con carne d’orso, non era permesso cacciarli, ma a difesa del nostro territorio i cacciatori si sentivano in dovere di intervenire, se lo fai oggi, coi tempi che corrono, ti mettono in prigione come avessi ammazzato il Presidente della Regio...” dice la sua il Palmiro, gran cacciatore d’altri tempi. “Quanti orsi hai ucciso nella tua carriera Palmiro? Dai confessa...” si intromette curioso l’Abele. “Una ventina... era un divertimento, tutto sommato l’orso è un gigione, si fa prendere facilmen... infatti, pian piano erano spariti, non ce n’erano più e tutto sommato stavamo bene lo stes...” confessa il Palmiro. E continua l’Abele:

“Poi la scoperta dei sapientoni della Provincia: come facciamo senza orsi, il Trentino è una zona di bellissime montagne, vengono da tutto il mondo per godersele, ma senza orso sono montagne smorte, macilente, senza mordente... se riportiamo l’orso sui nostri monti il turismo tornerà a fiorire, verranno da ogni parte, la montagna tornerà viva, sorprendente... e così si sono inventati il progetto “Ursus...”. E allora sono andati nei paesi slavi ad acquistarne una decina, li lasciarono liberi nelle nostre terre, con tutte le precauzioni s’intende, collari elettronici per controllare la situazione, avvisi alla popolazione per evitare guai, pagine e pagine sul come comportarsi con gli orsi se si avrà il piacere di incontrarne qualcuno... tutto bene... mica tanto! In pochi anni sono diventati più di cento, tutti dalle nostre parti (Giudicarie e Val di Sole e Val

di Non) e sono cominciati i guai...” “A Condino ormai sono di casa, il comune ha fatto stampare manifesti appesi un po’ dovunque raccomandando precauzione, attenzione, invitando la popolazione a non inoltrarsi troppo nei boschi...” dice il Gelindo, ben informato. “Spero proprio che non abbiamo dato i consigli che da anni stanno diffondendo i nostri forestali: in caso d’incontro con l’orso, niente panico, gettatevi a terra sdraiati con le mani sopra la testa, immobili e l’orso al massimo vi volgerà uno sguardo pietoso e se ne andrà...” dice il Gelindo ridendo. “Ormai gli orsi in Trentino sono arroganti, insolenti, ormai sono troppi, cominciano a girare nei paesi, sfondano alveari, pollai, e son sempre più le persone che hanno subito danni non da poco, culminando con la morte del giovane solandro. Non ne possiamo più. Nessuno sa esattamente dove sono, girano raminghi senza alcun controllo, te li puoi trovare di punto in bianco, faccia a faccia, e che Dio salvi la regina! D’altronde come fanno a controllarli, sono tanti, e poi si è saputo che i collari di controllo sono da anni senza pile, quindi inutili... No so di chi sia la colpa, ma c’è stata molta negligenza anche da parte della Provincia...” conclude l’Abele. E adesso la Provincia vorrebbe far marcia indietro, riportarli a casa loro, o almeno abbatterne la metà...” spiega accalorato l’Ercole. “Apriti oh cielo, da ogni parte d’Italia implorano pietà e rispetto per l’orsa in questione, miriadi di esperti (?), politici, scrittori, attori, cantanti, ecc. ecc. Tutti animalisti poltronari che minacciano denunce fino all’Onu, se l’orsa omicida viene tocca-

ta... vedremo come andrà, ma ho l’impressione che tutto rimarrà come prima... scommettiamo?” osa dire il Docimo. “E noi che possiamo fare?” chiede perplesso l’Ercole. “C’è poco da fare... rassegnamoci, abbandoniamo i boschi, restiamo a casa...” sussurra timido, timido, il Docimo. “Cosa ca...o dici? Non dovrei più andare nei boschi a far legna, basta funghi, basta passeggiate, e noi cacciatori come faremo, andremo a caccia nei nostri pollai? Sempre che non ci sia anche lì ‘sto maledetto orso... - s’incazza il Palmiro - ... io una proposta ce l’avrei... perché non apriamo la caccia anche agli orsi, legalizzata, 15-20 all’anno, già lo si fa per i caprioli e per i camosci, perché non la potremmo fare anche per l’orso... così li terremo contenuti, non dovremo più temere le future figliolanze, proprio non capisco, perché possiamo abbattere un tot di camosci all’anno, e non possiamo farlo per gli orsi...forse che i camosci non sono animali, di certo sono più belli e folcloristici degli orsi e per di più per niente pericolosi... si apra la caccia anche all’orso, e la cosa si risolverà nel migliore dei modi...” “Concordo, per Dio, potrebbe essere la strada giusta, i caprioli, i camosci non sono animali migliori dell’orso...? Ma perché per l’orso fanno tanto casino, mentre per gli altri animali che vengono brutalmente uccisi a vantaggio dell’uomo, nessuno muove un dito... penso alla S. Pasqua appena passata, quanti poveri capretti, cosi carini, così simpatici, sono finiti sulla tavola del pranzo pasquale, quanti agnellini han fatto la stessa fine, e nessuno che ha alzato un dito, ehehehe... chissà quanti animalisti hanno fe-

steggiato con totale coerenza ?!?!?” concorda il Gelindo. “Ci sarebbe anche il metodo “Palin”, è un po’ più complicato, ma può funzionare..., raccontò a questo punto il Palmiro, ... Palin era un vecchio calzolaio, morto parecchi anni fa, raccontava, ogni volta che gli portavi una scarpa da aggiustare, il suo incontro-scontro con l’orso sulle nostre montagne. Se la cavò brillantemente. Palin, cacciatore sfrontato, stava mangiando ai margini del bosco, quando sentì muoversi l’intera montagna, sembrava che qualcosa di enorme rotolasse, mille cavalli al galoppo, od un temporale che stesse per arrivare, si alzò di scatto ed impugnò la doppia, un I6 bello carico, che pesava un quintale, ma quando sparava era come un cannone. All’improvviso vide muoversi mezza gronda boschiva, preparò il fucile e si avvicinò lentamente, poteva essere un capriolo? Di colpo gli apparve una immensa montagna di pelo grigio, era un orso di cinque quintali, due occhi che sembravano lampioni, denti come quelli di un rastrello di ferro, era l’orso che gli stava venendo addosso. Non sapeva che fare, sparare, aveva l’impressione che gli avrebbe mangiato anche il fucile, l’orso lo guardava inferocito e gli si avvicinava sempre di più, allora decise di piantare il fucile e lo zaino e si mise a correre come un pazzo giù per il pendio del prato. Udiva il peso trascinarsi dietro di lui, poi all’improvviso più nulla, silenzio. Si fermò e cer-

cò di vederlo meglio. L’orso stava giocando con il suo zaino e con il fucile che aveva abbandonato. Ormai lo zaino l’aveva ridotto in uno straccio, lo preoccupava il vino, ma poi s’accorse che l’orso stava bevendo alla grande dal suo fiasco, e quando fu vuoto, buttò a terra il fiasco e ricominciò a rincorrerlo...ma l’orso barcollava, grugnì, e riprese a correre lungo il pendio, Cadde un paio di volte, si rimise in piedi, sembrava una chiesa, poi cercò ancora di andare giù, verso Palin, ma ricadde e cominciò a rotolare a valle con un rumore da valanga, più rotolava più acquistava velocità. In fondo alla china iniziava il bosco ed alcuni faggi enormi cintavano il bosco sottostante... Palin immaginò quello che stava per accadere, si mise da parte ed aspettò, l’orso andò a sbattere violentemente contro un faggio gigante, cadde, era morto. Pericolo scampato. Ve l’ho raccontata tale e quale la raccontava Palin, ed era convinto che anche l’orso lo si poteva ammansire con un buon bicchiere di vino, o Dio, più di un bicchiere, ma con un fiasco l’orso lo si poteva sistemare....” I sodali concordarono che il metodo “Palin” poteva essere il modo giusto per salvare la pelle, decisero che ne avrebbero parlato con i politici provinciali perché lo prendessero in considerazione e chiusero la seduta soddisfatti d’aver trovato finalmente la formula giusta per chiudere la questione orso in Trentino.

PAG. 16 MAGGIO 2023

Può una valle ricca di boschi e pascoli come la Valle del Chiese diventare ancora più verde? Può un polo industriale esserlo anche qui? Sembra di sì, lo dimostra il Gruppo Imprenditoriale Polytec Energy di BM Group che si è lanciato in un interessante progetto green per cui produrrà idrogeno come energia pulita con altrettanta energia carbon free proveniente da pannelli fotovoltaici.

Nata nel 1993 la BM Group, con sede principale a Borgo Chiese, che oggi conta oltre 300 collaboratori occupati all’interno di tre macroaree di specializzazione come automazione, meccatronica ed energie rinnovabili, recentemente si è infatti vista assegnare dalla Provincia Autonoma di Trento nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica” del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il bando provinciale per la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse.

“Dei 14 milioni di euro che il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha assegnato alla Provincia autonoma di Trento per il bando Missione 2 “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, ben otto milioni saranno destinati a sostenere la realizzazione di questo grande progetto “green” in Valle del Chiese. Questo finanziamento permetterà a Polytec Energy di realizzare 5 MW di fotovoltaico per alimentare gli impianti di produzione per la compressione e lo stoccaggio dell’idrogeno verde” - sottolineano alla BM

L’idrogeno verde arriva in Valle del Chiese

Polytec Energy di BM Group, con un finanziamento di 8 milioni di euro sul Pnrr, realizzerà un impianto da 5 mw di fotovoltaico per alimentare gli impianti di produzione per la compressione e lo stoccaggio dell’idrogeno verde

Group - “una risorsa chiave per un sistema energetico più sostenibile che contribuirà a raggiungere, come previsto dal PNRR, i target di decarbonizzazione fissati per il 2030 e il 2050 in linea con la programmazione provinciale”. Il partner tecnologico per lo sviluppo della componente “core” per gli skid di produzione, trasporto e stoccaggio dell’idrogeno sarà ancora la società Hydroalp, anch’essa parte di BM Group.

“È previsto che l’idrogeno nel 2055 possa coprire il 24% del fabbisogno energetico, iniziare una produzione simile proprio qui in Trentino, in Valle del Chiese mi rende particolarmente orgoglioso” – afferma il socio fondatore Mirko Bottini che spiega la mission del-

Dopo lo shock del 2020, la fiducia delle famiglie prosegue il suo lento cammino verso il ritorno alla normalità, tuttavia la situazione resta ancora difficile: le preoccupazioni per l’aumento delle bollette e dei carburanti che ha effetti molto consistenti sulla capacità di spesa e di risparmio, l’incremento del costo del denaro, e non da ultimo l’inflazione che non tende a diminuire e che segna un +8,3% ad aprile 2023. Ci sono comunque segnali positivi. Nell’indagine del 3 trimestre 2022 condotta dalla Camera di Commercio di Trento, si rileva che Il fatturato delle imprese esaminate nell’indagine è comunque in crescita dell’8,8% nel terzo trimestre dell’anno rispetto all’analogo trimestre del 2021 con una variazione del fatturato che risulta positiva per tutte le classi dimensionali. L’occupazione evidenzia una crescita lieve (+0,9%) e i giudizi degli imprenditori

l’azienda: “Fondamentale è non fermarsi su nessun tipo di tecnologia. Occorre invece sperimentarla continuamente per migliorala sempre di più; quando si arriva a toccare il suo limite, bisogna poi cercarne un’altra per aumentare l’efficienza dei processi. Ciò comporta inevitabilmente una ricaduta sulla formazione delle maestranze e nuove possibilità di occupazione”.

Il responsabile delle vendite e socio di BM Group Polytec Andrea Tonini insiste sulla bontà del progetto che fornisce a BM anche l’opportunità di costruire nuovi know how da proporre alla clientela che si rivolge al gruppo: “Un tassello fondamentale perché l’industria siderurgica verso la quale siamo rivolti ha asso-

lutamente bisogno di avere partner tecnologici che offrono consulenza tecnica basata su una referenza reale”. Tutto ciò, afferma, porterà a momenti di scambio e di crescita non solo per l’azienda ma per l’intero territorio.

Nello sviluppo tecnologico del progetto verrà coinvolta l’università, sottolinea ancora Tonini, per cui questo scambio diventerà un grande fattore di crescita tecnologica.

Concretamente la BM Group andrà a costruire un impianto di cinque megawatt fotovoltaici, la cui energia verrà convogliata sul sito dismesso di Storo, dove sorgerà un impianto composto da un idrolizzatore che partendo dall’acqua, permette di scomporla

COOPERANDO

estraendo idrogeno e ossigeno in forma separata. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’idrogeno si sono strette delle partnership con aziende della zona, tra cui principalmente la Innova di Oreste Bottaro, che la utilizzerà per un innovativo impianto di verniciatura. Ciò porterà alla creazione di un’intera filiera tecnologica, attrattiva anche per l’esterno.

“Produciamo pompe di calore per riscaldamento e acqua calda sanitaria da compressione di vapori saturi. Ora vogliamo cercare di razionalizzare sempre di più in termini di sostenibilità non comprando più i componenti necessari lontano, con inquinamento da trasporto non trascurabili, ma producendoli noi tramite una lavorazione di lamie-

re e verniciatura. La cottura della vernice richiede forni; noi qui non bruceremo combustibili ma faremo ancora ricorso al ciclo sostenibile dell’idrogeno”, commenta Bottaro.

Per parte propria il Sindaco del Comune di Storo Nicola Zontini sottolinea come sia bello che degli imprenditori locali investano sul territorio recuperando aree industriali dismesse, aumentandone il valore: “A seguito di ciò nello scorso consiglio comunale l’amministrazione ha deciso di mettere a bilancio alcune risorse per la progettazione e lo studio di fattibilità di una nuova viabilità in quest’area”. Roberto Failoni, Assessore all’artigianato, commercio, promozione, sport e turismo della Provincia Autonoma di Trento, sottolinea infine come vada dato atto all’assessore Spinelli di aver creduto in questo progetto e alle aziende di avervi voluto partecipare: “Grazie a ciò abbiamo finalmente la possibilità di far conoscere il distretto industriale della Valle del Chiese, fino a pochi anni fa in difficoltà ed ora in crescita, le aziende che lo coprono e la collaborazione esistente tra loro”.

Verso una lenta “normalità”

sulla redditività e sulla situazione economica dell’azienda sono attualmente ancora positivi, anche se in prospettiva evidenziano un peggioramento, soprattutto per via degli scenari di guerra in corso. Ciò che sta diventando rapidamente evidente è che le aziende di tutte le tipologie, e in generale tutte le professioni, hanno la necessità di trovare nuovi

modi per fare le vecchie cose, o nuovi modi per fare nuove cose. Le imprese stanno riconoscendo l’importanza di stare al passo con le esigenze tecnologiche e di competenze in continua evoluzione. Man mano che la tecnologia continua ad evolversi, le abilità che sono state storicamente preziose, diventano obsolete e sorge la necessità di un appren-

dimento rivisto. La riqualificazione professionale è un passo importante per tutte le organizzazioni per aumentare la loro produttività, migliorare i profitti e stare al passo con gli ultimi sviluppi nei rispettivi campi. Pensando ai più giovani, oggi i bambini imparano prima a usare un tablet che a scrivere, questo implica la presa in carico da parte della scuola nell’introduzione al digitale che si configura come nuovo linguaggio, un’attività che non può essere demandata alle famiglie e contempla anche un aggiornamento costante dei programmi didattici nell’ambito dell’istruzione di ogni ordine e grado, incluso il mondo universitario e dell’alta

formazione. La sfida è saper gestire la transizione tra istruzione e mondo del lavoro, favorendone la sovrapposizione lungo tutto l’arco della vita. Il futuro dei due mondi è destinato a fondersi più che mai. Robot, capitale umano e apprendimento digitale sono le basi su cui educatori e datori di lavoro modelleranno l’apprendimento e il lavoro. Una grande opportunità per le imprese cooperative, da quelle più grandi alle microimprese, è proprio quella di investire nell’ambito della conoscenza e dell’innovazione tecnologica anche attraverso la collaborazione con i nostri centri di ricerca, primo fra tutti la Fondazione Bruno Kessler e la Fon-

dazione Edmund Mach. Il movimento cooperativo dovrà operare per rendere la transizione digitale, ormai imprescindibile per lo sviluppo, un processo sostenibile e inclusivo affinché non sia lasciato indietro nessuno, nel pieno rispetto del principio mutualistico che anima la cooperazione. Una opportunità anche per trovare nuova linfa proprio in ambito digitale. Il modello dell’impresa cooperativa, rinnovato e adattato ai nuovi scenari tecnologici, potrà consentire di intercettare un mercato di beni e servizi in profonda trasformazione senza al contempo aumentare le disuguaglianze economiche e sociali, anzi riducendole.

PAG . 17 MAGGIO 2023
Territorio
Lieve aumento dell’occupazione e crescita dell’8,8% rispetto allo stesso periodo del 2021, secondo un’analisi della Camera di commercio di Trento.
di Alberto Carli

Una grande festa alla riscoperta dell’arte panificatoria. Profumo di festa, di pane e di casa. A Storo, il 2 aprile, si è celebrato l’alimento che più è ritenuto indispensabile per la sopravvivenza della popolazione: il pane. Pane per tutti i denti e per tutti i sensi: da guardare, assaggiare, comprare ed ascoltare.

Dopo il successo della prima edizione, la Cooperativa Agri 90 ha voluto fortemente organizzare la seconda edizione dell’iniziativa nata con il fine di valorizzare i prodotti della terra, in particolare il pane e i prodotti da forno realizzati con la farina di frumento e la farina di granoturco di Storo.

Un evento volto a mettere i risalto un settore delicato in collaborazione e con il fondamentale sostegno di una serie di realtà del territorio tra cui il Consorzio Bim del Chiese, l’Apt Madonna di Campiglio, il Comune di Storo, la Federazione italiana della Cooperazione, gli Istituti Alberghieri di Tione e Rovereto e i numerosi produttori di tutto il Trentino. La manifestazione dedicata ai prodotti dell’arte bianca si è svolta nello stabilimento di Agri 90, in località Sorino, dove sono accorsi molti visitatori locali e non, omaggiati di un pacco di farina bianca a testa e di una confezione di mele, che tra le varie casette degli espositori presenti hanno degustato ma anche acquistato

Pane in festa a Storo

La seconda edizione della manifestazione organizzata da Agri90 ha istituito anche il Premio di Riconoscenza, quest’anno assegnato a Giacomo Tiraboschi, ideatore della trasmissione Melaverde.

colombe, biscotti, focacce e molti altri lievitati. Le presenze sono state stimate in aumento rispetto allo scorso anno, per un totale di circa 2.000 persone. A fare gli onori di casa è stato il presidente di Agri 90 Vigilio Giovanelli che con un excursus storico ha raccontato la nascita quasi dal nulla di tutta questa attività ormai risalente a 32 anni fa, partita tra diffidenze e dubbi. Giunta oggi a risultati positivamente inaspettati e che distribuisce quasi 3 milioni all’anno ai soci conferitori. «Questo appun-

tamento, alla quale teniamo particolarmente– ha spiegato Giovanelli – ha fatto capolino dopo il successo raccolto dodici mesi fa dall’edizione del debutto

e ha raccolto anche questa volta considerevole partecipazione. Siamo più che soddisfatti». Due le novità dell’edizione 2023. La prima fa rima

con solidarietà. Durante la giornata il “Panificio Binelli” ha messo in palio un pane gigante. Intrigante la scommessa: giocare ad indovinare il peso della pagnotta. Gli introiti dei biglietti dei partecipanti sono stati destinati in beneficenza, nello specifico sono stati donati alla Fondazione Trentina per l’Autismo dato che proprio quella domenica ricorreva la Giornata Internazionale per la consapevolezza su questa forma di disabilità. Ai tre vincitori, non solo il maxi pane ma anche un

cesto con i prodotti tipici di Agri 90. L’altro elemento innovativo è stata l’edizione numero uno del Premio di Riconoscenza. Gli organizzatori, infatti, hanno deciso di esprimere la loro gratitudine verso chi a vario titolo porta in alto il nome e i prodotti della valle del Chiese e per questo ha istituito il Premio “La Valle del Chiese ringrazia”. Il primo premiato è stato Giacomo Tiraboschi, ideatore e autore della trasmissione di Mediaset “Melaverde”, per l’impegno profuso in tanti anni di programmazione nei confronti del settore rurale, dei produttori e dei prodotti della montagna. La divulgazione garantita dalle trasmissioni di Canale 5 ha permesso prima di tutto alla farina gialla, ma anche agli altri prodotti della terra del Chiese, dai salumi ai pesci, di salire agli onori della cronaca in tutta Italia.

Alle Coste una stagione da 242 mila passaggi

242.000 passaggi registrati durante i circa 100 giorni di apertura dell’impianto, di cui 195.000 diurni e 47.000 serali.

1.600 abbonamenti stagionali, superata la soglia dei 1.100 kit completi per lo sci noleggiati e oltre 850 iscritti ai corsi. Dei numeri da record che si commentano da soli, sono quelli inerenti l’attività del Centro Sci di Borgo Lares gestito dalla Pro Loco di Bolbeno.

Dati annunciati alla tradizionale cena di fine stagione che si è svolta mercoledì 12 aprile al ristornante “La Contea” di Bolbeno con oltre duecentoventi partecipanti. Un momento in cui si sono tirate le somme ma nella quale si è parlato anche di progetti futuri: dalla realizzazione della seggiovia quadriposto all’allungamento e illuminazione dell’intera pista.

Ampio spazio è stato riservato anche ai ringraziamenti per tutte le perosne che nei più disparati modi

Il piccolo centro sciistico ha aperto 100 giorni quest’inverno, vendendo 1.600 abbonamenti stagionali e proponendo lezioni aa 850 iscritti.

e in diversi ruoli si sono impegnate per il funzionamento della ski area. In località Le Coste è stato registrato un incremento del 15% di incassi, rispetto alla già ottima passata stagione, lo ha detto il sindaco di Bolbeno e presidente del Bim del Sarca Giorgio Marchetti. «Attualmente – ha spiegato il primo cittadino - sono ben 46 i territori con agevolazioni speciali per i residenti e le scuole materne, con un bacino potenziale di oltre 140 mila persone alla quale si aggiungeranno a breve due nuovi comuni: Pertica Bassa e Prevalle.». La forte potenzialità di questo luogo è quella di

offrire la possibilità praticamente e tutti di praticare sport come lo sci che in altri contesti risulta essere molto costoso e non alla portata delle famiglie con disponibilità economica limitata. Tra i principali segreti per il successo della pista più bassa d’Italia non solo la sua particolare collocazione ma anche le dotazioni tecnologiche usufruite: lo snowfacory che permette di innevare (senza l’uso di additivi) anche a temperature positive ed il mezzo battipista con sistema Laica, dotato di sensori per misurare lo strato del manto nevoso che hanno aiutato enormemente ad ottimizzare il la-

voro, nonché a risparmiare energia e a ridurre del 27% il consumo d’acqua. Nel corso della serata sono intervenuti: il presidente dello Sci Club Bolbeno Marco Perottino, il numero uno della FISI Trentino Tiziano Mellarini, il presidente della Comunità di Valle Giorgio Butterini, l’assessore provinciale allo sport e al turismo Ro-

berto Failoni e la consigliera provinciale Vanessa Masè.

Dopo i numeri, è stata la volta dei ringraziamenti. Un elenco molto lungo quello del presidente della Pro Loco di Bolbeno Roberto Marchetti che ha fatto gli onori di casa esprimendo la propria gratitudine alle autorità civili, ai volontari, ai dipendenti,

agli sponsor e ai collaboratori che a vario titolo si impegnano per l’attività del Centro Sci. Un sentito tributo è stato rivolto a uno dei più attivi e longevi collaboratori in seno alla Pro Loco: Mario Collizzolli, premiato e applaudito per la sua straordinaria attività ultracinquantennale. Matilde Armani

PAG. 18 MAGGIO 2023
Attualità

Incentivi in primo piano per fotovoltaico e risparmio idrico in attesa delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER)

Quasi centomila abitanti in 31 Comuni da Pinzolo a Nago-Torbole, compresi Altopiano della Paganella, Sella Giudicarie e Ledro. Questa è la popolazione del Consorzio

B.I.M. Sarca Mincio Garda di Tione di Trento, che è uno dei più grandi del Trentino (oltre agli altri tre, ossia il B.I.M. dell’Adige, del Chiese e del Brenta).

I B.I.M. (bacini imbriferi montani) sono nati infatti negli anni ’50 per volontà del legislatore (L. 959/1953) che ha riconosciuto la necessità di indennizzare con dei sovracanoni lo sfruttamento idroelettrico dei fiumi dei rispettivi territori impiegandoli a favore dello sviluppo sociale ed economico della propria gente. Da allora i sovracanoni del B.I.M. del Sarca sono arrivati a circa 5 milioni di euro all’anno e sono investiti in gran parte a favore dei Comuni consorziati ed in parte per iniziative di sviluppo sostenibile, valorizzazione ambientale e promozione sociale, turistica e culturale.

Dopo il fortissimo impegno del 2022 a favore del fotovoltaico per le famiglie, nato nel 2007 ed incrementato nel 2022 in accordo con la Provincia di Trento, gli altri B.I.M. trentini, la Federazione Trentina delle Cooperative del Trentino e l’Associazione Artigiani del Trentine per combattere la forte crisi energetica e l’innalzamento delle bollette - che ha trovato un incredibile riscontro con oltre 700 domande pervenute, tutte accolte e finanziate per oltre 2 milioni di euro solo dal B.I.M. del Sarca - si è valutato di mantenere anche per il 2023 gli incentivi per pannelli e batterie (fino ad € 4.000,00 per impianto).

E’ stata anche approvata una semplificazione delle procedure grazie al nuovo Regolamento Fotovoltaico in vigore da gennaio 2023 che prevede la presentazione delle domande a consuntivo, ossia ad impianto realizzato, senza il doppio passaggio della valutazione preliminare, con uno stanziamento a bilancio 2023 di un milione di euro. A favore dei cittadini

sono stati confermati anche i contributi per l’abbellimento delle facciate dei centri abitati dei Comuni consorziati, per l’aiuto all’acquisto e/ristrutturazione della prima casa mediante mutui agevolati (abbattimento degli interessi con rate annuali dello 0,80% su massimi centomila euro) nonché per il recupero delle acque piovane.

Quest’ultimo risulta particolarmente attuale in considerazione della forte siccità registrata nel 2022 e purtroppo proseguita anche durante l’inverno appena trascorso, provocata dai cambi climatici e dall’innalzamento globale delle temperature. Il sostegno del B.I.M. consiste in un contributo a fondo perduto da €. 750,00 a €. 1.500,00 per la fornitura e posa di serbatoi di raccolta delle acque piovane a scopo irriguo o similare. Tale crisi idrica si riflette in tutti i settori, dall’agricoltura ai servizi essenziali (si pensi agli acquedotti o alle fontane dei nostri paesi, in alcuni casi rimaste chiuse la scorsa estate scorsa e che speriamo non lo siano anche quest’anno), nonché sui produttori di energia idroelettrica (i concessionari che versano i sovracanoni al B.I.M.) che hanno subito forti cali anche oltre il 35%. Per valutare la situazione e verificare possibili soluzioni, l’UE ha finanziato un progetto denominato IMPETUS (rientrante nel programma Horizon 2020) che si occupa della raccolta dati legati ai cambiamenti climatici ed al quale il B.I.M. Sarca ha aderito quale partner locale con il caso-studio della Valle dei Laghi, ove sono presenti utilizzi idrici importanti (centrale S. Massenza, coltivazioni vitivinicole). Con tale progetto si intende monitorare e promuovere l’utilizzo dell’acqua incrementando sempre più metodi virtuosi quali l’irrigazione a goccia o la creazione di bacini di accumulo. Non dimentichiamo il forte sostegno che il B.I.M. del Sarca riconosce anche alle associazioni di volontariato sportive, culturali, so-

SEGRETARIATO PERMANENTE ENTE CAPOFILA

Tione di Trento, 16 maggio 2023

ERRATA CORRIGE ARTICOLO GDG MAGGIO 2023*

PRECISAZIONE SCADENZE PER PRESENTAZIONE DOMANDE

CONTRIBUTI BIM SARCA MINCIO GARDA

ANNO 2023

Modulistica e regolamenti sono scaricabili dal sito www.bimsarca.tn.it (modulistica)

CONTRIBUTO B.I.M. SCADENZA NOTE

PIANO FOTOVOLTAICO ENTRO 12 MESI DALLA FATTURA DI SALDO (O DALLA CONVENZIONE GSE SE SUCCESSIVA)

PIANO COLORE 30 SETTEMBRE 2023

PIANO ACQUE PIOVANE 30 SETTEMBRE 2023

DOMANDA A CONSUNTIVO (DOPO L’ULTIMAZIONE DEGLI INTERVENTI)

BANDO ANNUALE/AMMISSIONE E LIQUIDAZIONE QUADRIMESTRALE

BANDO ANNUALE (DOMANDA DA

PRESENTARE PRIMA DEGLI INTERVENTI)

BANDO ANNUALE (DOMANDA DA PRESENTARE PRIMA DEGLI INTERVENTI)

PIANO MUTUI AGEVOLATI

1^ CASA 2021/2023 31 DICEMBRE 2023

ENTI ED ASSOCIAZIONI 31 MAGGIO 2023

GESTITA DIRETTAMENTE DALLE BANCH E CONVENZIONATE (CASSE RURALI E VOLKSBANK DEL TERRITORIO BIM SARCA MINCIO GARDA)

BANDO ANNUALE (DOMANDA DA PRESENTARE PRIMA DELL’ATTIVITA’ EVENTO/ACQUISTO PER CUI SI RICHIEDE IL CONTRIBUTO)

*ARTICOLO PUBBLICATO DAL GDG CON UNA “FINESTRA AZZURRA IN APERTURA” RIPORTANTE UN ’UNICA SCADENZA PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI CONTRIBUTO AL 31 MAGGIO 2023 (VEDI PAGINE BIM SARCA ARTICOLO ORIGINALE IN CALCE ALLA PRESENTE

SARCA MINCIO GARDA

del territorio consorziale - è pubblicata e scaricabile sul sito del Consorzio www.bimsarca.tn.it (modulistica) con relative scadenze e precisazione della documentazione prevista per l’ammissibilità.

Presidente

Tione di Trento, 26 aprile 2023

INCENTIVI IN PRIMO PIANO PER FOTOVOLTAICO E RISPARMIO IDRICO COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI (CER)

territori) a chilometro zero e con un incentivo pubblico da reinvestire a favore della popolazione riconosciuto per la diminuzione di perdite in fase di trasformazione e trasporto dell’energia. Inoltre, grazie alla particolare gestione delle CER, costituita dagli stessi produttori/ consumatori di energia, si ottengono notevoli risparmi energetici che si traducono con cali drastici dei consumi e quindi dei costi.

Quasi centomila abitanti in 31 Comuni da Pinzolo a Nago Torbole, compresi Altopiano della Paganella, Sella Giudicarie e Ledro. Quest l Consorzio B.I.M. Sarca Mincio Garda di Tione di Trento , che è uno dei più grandi del Trentino ( ossia il B.I.M. dell’Adige, del Chiese e del Brenta)

ciali, ad enti di valorizzazione turistica (pro loco, APT e consorzi turistici) ai corpi volontari dei vigili del fuoco, alle scuole, alle biblioteche, alle case di riposo, agli enti di soccorso e protezione civile, con stanziamento e concessione, annualmente, di cifre importanti. Anche per il 2023 - per cui la scadenza per la presentazione delle domande, come da modulistica presente

Consorzio dei Comuni del B.I.M. SARCA MINCIO GARDA 38079 Tione di Trento (TN) - C.F. 86001170223 - Tel. e Fax 0465-321210 info@bimsarca.tn.it - bim.sarca@legalmail.it (PEC)

sul sito, è fissata come ogni anno al 31 maggio - è stato previsto a bilancio, per tutte le iniziative, circa un milione di euro.

La modulistica per la presentazione delle domande di contributo - fatto salvo che per i mutui agevolati per cui ci si deve rivolgere direttamente agli istituti di credito convenzionati, ossia tutte le Casse Rurali e le Volksbank

Oltre alle suddette iniziative, molto apprezzate dalla popolazione e dal territorio viste le tantissime domande che ogni anno esauriscono le risorse a tal fine messe a disposizione, che possiamo definire consolidate, si è cercato di prevedere ulteriori incentivi in campo energetico ed in particolare alla produzione di energia da fonti rinnovabili da attuare in forma associata. Il riferimento è alle nuove Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), soggetti previsti da recentissima normativa finalizzate alla produzione ed autoconsumo di energia pulita.

I decreti attuativi di dicembre 2022 sono stati approvati dal Ministero e sono ora in attesa del parere della Commissione Europea per l’entrata in vigore.

La finalità delle CER è infatti quella di promuovere la produzione ed il consumo di energia da fonti rinnovabili (in particolare idroelettrico e fotovoltaico per i nostri

Auspicando la costituzione di diverse CER nei prossimi mesi, appena giungerà il via libera sui decreti attuativi della relativa disciplina normativa dall’UE, nel bilancio consorziale 2023 del B.I.M. del Sarca è stato stanziato l’importo di 200 mila euro per l’eventuale compartecipazione a Comunità Energetiche Rinnovabili promosse da Comuni o altri soggetti pubblici del territorio. Si ricorda che la CER deve essere costituita mediante associazione, cooperativa o altra forma giuridica prevista dalla legge tra soggetti privati e/o pubblici al solo fine di produrre energia elettrica pulita, autoprodotta e condivisa, a prezzi accessibili ai propri mem-

PAG. 20 MAGGIO 2023 Territorio
bri.
PAG . 21 MAGGIO 2023
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di Matilde Armani

Tione, rinnovato il Centro Piovanelli

Soddisfazione, emozione, gratitudine. Queste le parole che sono risuonate più spesso nel corso dell’inaugurazione della rinnovata comunità alloggio Piovanelli Pellegrini sabato 22 aprile a Tione.

L’edificio, affidato all’Anffas per la gestione, è di proprietà del Centro Leonia Piovanelli e Maria Roberta Pellegrini. L’associazione nacque nel 1983 in seguito al lascito della famiglia Piovanelli, che lo vincolava all’assistenza dei minorati residenti in Giudicarie. Fin da subito fu affidato all’Anffas in comodato per le attività di cura ed assistenza, mentre la struttura di via del Foro fu adattata alle esigenze grazie a contributi di Enti e privati. Nacque anche un laboratorio sociale con finalità formativo professionali.

Le richieste di assistenza diventarono sempre più numerose, e si decise di creare una comunità alloggio per dar sollievo alle famiglie, e per ospitare chi non ha nessuno cui affidarsi.

Il Centro fu ampliato, e nel 2020 fu inaugurata la nuova struttura adiacente a quella storica. Ridimensionata rispetto al progetto iniziale, è comunque un edificio moderno e razionale, con attrezzature tecnologiche al-

di Chiara Garroni

l’avanguardia che facilitano il lavoro degli operatori. Da allora si è potuto lavorare alla riqualificazione strutturale ed energetica della vecchia sede, con sopraelevazione di circa un metro dell’ultimo piano, che ora è abitabile, e la trasformazione della terrazza che divideva i due edifici in un soggiorno. Sono stati sostituiti gli infissi ed è stato fatto un “cappotto” di 16 cm.

Le misure anti Covid hanno rallentato i lavori, e ciò ha influito sulla lievitazione dei costi: dai 675 mila euro preventivati, a quasi un milione. La Provincia interviene col 75%. A dare una mano con finanziamenti importanti i Bim di Sarca e Chiese, poi Comunità di Valle e Comuni. Si spera anche nella generosità dei giudicariesi, per una struttura che rende davvero civile il nostro territorio.

Ma torniamo a questa ultima inaugurazione, sabato 22 aprile. Bel sole, tanta gente, autorità civili e militari, ospi-

LAVORA CON NOI

ti, familiari, la banda Canta Bond che allieta l’attesa, buffet pronto sul lato sud del prato. Severino Papaleoni nella presentazione ha espresso la grande soddisfazione per il bel lavoro concluso, offerto ai ragazzi ed alle loro famiglie ed alla comunità tutta. Il sindaco di Tione Eugenio Antolini ha evidenziato l’importanza dell’unità del territorio nel realizzare questo centro che dà dignità ed aiuto a chi ha bisogno. Ha tributato un ringraziamento grande a Luigi Battocchi, presidente del Centro Piovanelli, e a Claudia Morelli, responsabile Anffas locale.

Il presidente Battocchi ha illustrato i lavori effettuati, e si è dilungato nel ringraziare le numerose autorità presenti e anche quelle passate, i tecnici, le ditte che han realizzato i lavori, il personale Anffas sia locale che di Trento, i presidenti Bim attuali e passati, il consiglio di amministrazione.

Il vicepresidente Ferrari ha

Sanika srl, consolidata azienda di Storo che produce bagni prefabbricati, è alla ricerca delle seguenti figure da inserire nel proprio organico:

• Caposquadra

• Piastrellista

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• Idraulico *

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• Magazziniere

• Montatore

• Studenti per lavoro estivo * anche part time

Inviare curriculum a info@sanika.it

parlato soprattutto come genitore, sottolineando come la comunità sia una vera famiglia per le persone fragili, e come sia di sollievo per i genitori poter contare su tale struttura. Gli ospiti stabili sono 11, ed uno viene ospitato temporaneamente.

I residenti nella comunità alloggio, ha ricordato Claudia Morelli, partecipano regolarmente alle attività socio educative che si svolgono tutti i giorni per gli esterni, mentre gli operatori hanno sempre dimostrato una generosità ed una collaborazione encomiabili, a seconda delle esigenze.

Molti anche i volontari, ed il lavoro di tutti viene realizzato con tenacia, serietà, chiarezza nel perseguire gli obiettivi, e grande bontà d’animo.

Il presidente provinciale Anffas Luciano Enderle, assieme a tre ospiti, ha donato a Luigi Battocchi la “rosa blu”, simbolo Anffas, fiore delicato e prezioso che rappresenta le persone con disabilità.

L’assessore Mattia Gottardi, parlando anche a nome di Mario Tonina e della consigliera Masè, ha definito il momento non solo pomeriggio di inaugurazione, ma soprattutto di emozione. Lavoro encomiabile è stato portar a termine una struttura che dai lasciti iniziali è divenuto

un investimento di vera inclusione, sollievo alla sofferenza di tante persone. Giorgio Marchetti per il Bim del Sarca ha detto che dare finanziamenti ad un gruppo che lavora così bene, con lungimiranza, competenza ed integrità assolute è un piacere, ed anzi è il Bim

che deve ringraziare il comitato del centro Piovanelli. Infine don Celestino ha impartito la benedizione, sottolineando come siano gli ospiti i veri protagonisti, che alimentano la speranza ed insegnano la calma e l’ascolto. I preferiti di Gesù.

Il Giornale delle Giudicarie

mensile di informazione e approfondimento

Anno 21 maggio 2023

Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Tel: 0465 349020

Presidente: Oreste Bottaro

Direttore responsabile: Paolo Magagnotti

Coordinatore di Redazione: Denise Rocca

Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca

Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Achille Amistadi, Adelino Amistadi, Virginio Amistadi, Matilde Armani, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Chiara Garroni, Marco Maestri, Gaia Pelanda, Mariachiara Rizzonelli, Martina Sebastiani, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, Samuel Zennaro e gli studenti dell’Istituto Guetti

Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it

Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it

Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 3 maggio 2023 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129

PAG. 22 MAGGIO 2023
La comunità alloggio, affidata ad Anffas, ospita 11 persone stabilmente più un’altra in sistemazione temporanea. Attualità

Mattinata di informazione sulla presenza del bostrico nei boschi trentini e nelle Giudicarie. Con l’intenzione di aggiornare le parti coinvolte si è tenuto il 23 marzo, presso la Comunità di valle a Tione, un incontro in cui si è fatto il punto sulla situazione, si sono mostrati i risultati ottenuti per il contenimento dell’insetto e si è inquadrata la strategia da adottare per far fronte al problema. Il responsabile dell’Ufficio pianificazione selvicoltura e economia forestale Alesandro Wolinski, l’assessora all’agricoltura

Giulia Zanotelli e il direttore del Servizio foreste Giovanni Giovannini si sono confrontati con circa 50 partecipanti tra guardie forestali, enti proprietari e associazioni.

L’oggetto principale del dibattito è certamente lui: il bostrico, parassita appartenente al gruppo degli scolitidi, che fece la sua comparsa e iniziò a proliferare a partire dal 2019 quando gli ettari interessati dalla sua presenza nel distretto di Tione erano 34 a fronte dei 308 del 2022.

Irrinunciabile, e forse doveroso, far emergere il ricordo della tempesta Vaia che, tra il 26 e il 30 ottobre 2018, portò una quantità record di pioggia e raffiche di vento oltre i 200 chilometri orari provocando cadute di alberi pari a quattro milioni di metri cubi nella sola provincia di Trento (circa 200 mila nel distretto di Tione).

In generale le foreste giudicariesi godono di buona salute. Ad aiutare è l’ampia varietà di eco-sistemi dalle basse altitudini del lago d’Idro fino alle vette, in quanto l’infestante colpisce soprattutto abeti e pini. Il territorio non è infatti da considerarsi tra quelli che registra la maggior presenza del parassita e nemmeno un’area in cui l’incidenza della tempesta abbia lasciato profonde tracce: gli schianti degli alberi non hanno interessato vaste aree ma, a macchia di leopardo, alcune zone

Bostrico, quest’anno il picco della presenza dell’insetto

I monitoraggi mostrano un aumento negli ultimi due anni e si stima che proprio il 2023 vedrà la maggior incidenza sui boschi trentini.

tra cui in particolar modo le valli di Daone e Rendena. La proliferazione del parassita appare al momento sotto controllo. Ciò nonostante la situazione è oggetto di attenzione poiché i monitoraggi mostrano un aumento negli ultimi due anni e le stime danno per il 2023 la fase di picco della presenza dell’insetto. Numerose possibilità di contrasto all’espansione del bostrico sono attualmente al vaglio. Ogni intervento può apparire semplice tanto quanto azzardato. Per esempio: lo stato di siccità attuale aiuta gli interventi nei boschi ma aumenta il ritmo di proliferazione dello scolitide; se da una parte si ha il vantaggio di avere nel territorio piccole aree colpite, dall’altra queste frammentazioni rendono complicati gli interventi e aumentano la probabilità che alcuni focolai sfuggano al rilevamento; se è vero che asportare piante aggredite può rallentare lo sviluppo della popolazione dell’infestante è anche vero che così facendo si contribuisce al dissesto del terreno e all’insolazione di porzioni di bosco in precedenza ombreggiati e quindi a una variazione del micro-clima. Insomma la situazione è complessa.

Ma non ci si può esimere dal mettere in gioco ogni risorsa possibile ai fini della messa in sicurezza del territorio giacché l’azione dell’insetto porta a una minore protezione di alcuni caseggiati dal rischio di caduta di alberi e pietre. Per motivare una risposta efficace e ben coordinata torna utile l’esperienza dell’alluvione del 1966: all’epoca le condizioni del fenomeno furono più morbide ma causarono danni più importanti. Nei decenni a seguire cambiò l’approccio di programmazione urbanistica e di difesa del territorio delle istituzioni locali. I risultati sembrano essersi raccolti in occasione della tempesta Vaia, durante la quale i fenomeni meteorologici sono risultati più accentuati ma, tutto sommato, la tenuta la territorio è stata migliore. Quali sono dunque le soluzioni messe in opera e quali rientrano nella strategia programmatica?

Gli interventi avvengono in coordinamento con altri territori e con il Governo nazionale. La copertura finanziaria allocata è di 2,6 milioni di euro per il Trentino. Il Piano bostrico approvato nel giugno 2022 dalla Provincia e dal Dipartimento di prote-

zione civile foreste e fauna si compone di linee tecniche e orientamenti gestionali per il personale forestale, decreta la possibilità di intervento con regole differenziate per i comuni colpiti, incentiva azioni puntuali come la stima visiva e l’asportazione delle piante colpite, la cattura dell’insetto attraverso l’utilizzo di trappole e il telerilevamento della sua presenza che, in relazione con modelli meteorologici, permette una stima più precisa sulla sua presenza e sul suo sviluppo.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi al rimboschimento post-Vaia in provincia, l’obiettivo è quello di piantumare, grazie al lavoro del Servizio foreste in collabo-

razione con le imprese boschive, tra i 150 e i 250 ettari all’anno, individuando zone prioritarie che maggiormente necessitano di ripristino ai fini della protezione territoriale e privilegiando ripopolamenti nel segno della biodiversità. Il progetto presenta delle difficoltà come i tempi di produzione delle sementi, i limiti nel reperimento delle piantine, e quindi la necessità di aumentarne in prospettiva la produzione, e l’assegnazione delle finanze utili a tal fine.

Le piante giovani necessitano inoltre di anni di monitoraggio, cura e irrigazione e a tal proposito è indispensabile la continuità della mano d’opera ma anche di precipitazioni adeguate.

Povera Italia...

Continua dalla Prima

Ma è davvero evoluto e moderno il nostro Paese se per fare una colonscopia ti danno l’appuntamento fra sei-otto mesi? E se non stai bene e non ce la fai ad aspettare tutto quel tempo, beh, allora va a farti visitare altrove. D’altronde l’Italia è il Paese che spende meno per la sanità di tutta Europa. Così può succedere che se ti rechi al pronto soccorso d’ospedale puoi metterti in fila per ore con i medici che non sanno da dove cominciare. E’ormai normale che molti medici fuggano dal pubblico verso il privato o addirittura all’estero per trovare migliori condizioni di lavoro e maggiori compensi. Per non parlare dell’assistenza sanitaria diffusa. Ci sono

Per quanto riguarda il recupero e la commercializzazione del legname nelle Giudicarie la linea privilegiata è stata quella di stipulare contratti con le sole aziende del territorio e di favorire un recupero in tempi brevi per evitare la perdita di qualità e quindi di valore economico che andrebbe ad aggiungersi alla già avvenuta riduzione del prezzo successivo a Vaia. Un importante contributo in questo senso è stato dato dal Tavolo del legno trentino, un portale della Camera di commercio che ha snellito le procedure per l’assegnazione dei lotti.

Eppure le potenzialità ci sono

zone ampiamente protette, vedi le città, ma le valli sono a rischio, i loro ospedali vengono defogliati da ogni competenza, anno dopo anno, e tutti i valligiani, anche i più lontani, vengono dirottati sulle città. E se le cose vanno male per gli anziani, non vanno meglio per i giovani. La precarietà lavorativa è una delle problematiche più evidenti. Molti giovani faticano a trovare un lavoro stabile e ben retribuito e sono costretti ad accettare contratti a termine, stage non retri-

buiti, o lavori sottopagati. Mancano specializzati, le scuole sono spesso inefficienti, non li preparano adeguatamente alle competenze richieste dal mercato del lavoro e dalla società moderna. Molti giovani si sentono frustrati e demotivati dallo studio e abbandonano gli studi prima del tempo o si laureano in ritardo. D’altronde ci sono sempre meno giovani, siamo in piena denatalità. Chiediamoci a questo punto se l’Italia è un Paese evoluto visto che gran

parte dei suoi cittadini non fanno più figli perché non possono permetterseli, ma non si fa niente per farglieli permettere. Per consentire alle donne di averli senza dover abbandonare il lavoro, quando hanno la fortuna di averlo. E per finire, l’Italia è davvero un Paese moderno visto che la sua burocrazia imperversa in ogni settore del pubblico e del privato, burocrazia fatta per impedire invece che consentire e aiutare le varie iniziative pubbliche e

sociali. Visto che la diseguaglianza fra i territori è ormai endemica e non c’è nessuno che muova un dito. Per non dire dei politici. E’ normale che i politici rispondano ai loro partiti e non agli elettori che li hanno votati? L’Italia è un Paese moralmente accettabile visto che ha la più alta diseguaglianza fra giovani ed anziani, fra ricchi e poveri, fra uomini e donne? Infine, chiediamoci se l’Italia sia un Paese avveduto e prudente visto che ha il più alto debito

d’Europa, ma anche la più alta evasione fiscale d’Europa. E visto che se combattesse con più severità l’evasione potrebbe curare meglio, insegnare meglio e avere di nuovo figli, ma non la combatte per non perdere i voti degli evasori, sanguisughe a carico di tutti noi. Così questo Paese sta distruggendo il suo stato sociale, ne sono più che mai convinto e rammaricato, così questo Paese sta svilendo l’amore per la nostra terra, la nostra Patria.

PAG . 23 MAGGIO 2023
Ambiente
L’EDITORIALE di Adelino Amistadi

Il Museo della Grande Guerra a febbraio, in comunione con il museo di Spiazzo, ha acquisito un lascito da parte della famiglia di Francesco Orlandelli di Noceto di Parma di due tonnellate di cimeli. La parte di dieci quintali arrivata a Bersone, ancora negli scatoloni, va ora catalogata e sistemata nelle vetrinette espositive. Un compito che si va ad aggiungere ad altre novità per il museo. Agli inizi di aprile è stato eletto il nuovo direttivo del Museo della Grande Guerra di Bersone.

Nella prima seduta sono state definite le cariche sociali per il prossimo triennio. Di fatto Denis Bugna succede alla presidenza a Francesco Bologni (che manterrà comunque ancora la funzione di segretario in vista di un passaggio di consegne, così come Maddalena Pellizzari per la funzione di tesoriere), mentre Massimo Parolari rimane vicepresidente e responsabile del Gruppo

Armi.

Oltre alle cariche sociali definite dallo statuto sono stati confermati i primi gruppi di lavoro o funzioni specifiche con i rispettivi responsabili: Gaja Pellizzari guiderà il Gruppo “Catalogazione/Didattica”, Francesco Bologni sarà responsabile della comunicazione e del coinvolgimento dei soci, mentre Alessio Cimarolli sarà il referente per la Sicurezza. Fanno ancora parte del direttivo i consiglieri Amos Bologni, Elio Bugna e David Liveri.

Importanti gli obbiettivi che il nuovo direttivo si propone, come quello, in accordo con comune di Valdaone, di riorganizzare il magazzino dei pezzi donati e ultimare la sistemazione della sala didattica (ex sala consigliare di Bersone,)

Un lascito per il Museo della Guerra di Bersone

Due tonnellate di cimeli in arrivo da Parma andranno a Bersone e al museo di Spiazzo.

posizionando i mobili offerti dal magazzino PAT di Trento. La sala sarà utilizzata per la formazione storica didattica per le scuole e per accogliere gli studiosi. Qui prenderà posto anche il fondo Cartocci Mario di Bresso, composto da trecento libri, fotografie e documenti vari sulla Grande Guerra. Queste le informazioni per la parte strettamente organizzativa. Ma, chiediamo al responsabile della comunicazione del museo di Bersone Francesco Bologni, a livello culturale cosa significa fare informazione sulla Grande Guerra? “Vuol dire emozionarsi guardando i cimeli esposti, pensando ai “diavoli” che combattevano sull’Adamello, sulle nostre montagne giudicariesi. Per capire le dinamiche geopolitiche di allora ed accoppiarle a quelle che in questi mesi stanno creando un trambusto di proporzioni sempre più allarmanti. Quindi capire e conoscere la memoria di allora per evitare altre tragedie oggi”, risponde convinto.

Ricordare i giovani uomini che si trincerarono nelle nostre montagne e la popolazione locale che venne esodata, spiega infatti, fa capire quali passi in avanti si sono fatti in cento anni in termini di pace, distensione e dialettica tra i popoli.

“Conduciamo da anni questo piccolo, ma suggestivo museo. Il suo target primario sono i giovani, le scolaresche, le famiglie con figli che vengono a visitarlo” - ribadisce Bologni – “Con le nostre spiegazioni vogliamo farli addentrare in quel tribolato periodo della Prima Guerra Mondiale, dove tutto andò distrutto, incendiato e demolito fino ai 1500 metri di altitudine, dove ci sono le malghe. I paesi erano quasi rasi al suolo, la gente fu evacuata tre anni e mezzo, avendo poco di cui cibarsi, anche se dietro le linee del fronte”. Chi volle quella guerra stava seduto comodamente a Vienna e a Roma, mobilitando masse di milioni di uomini, molti dei quali persero la vita sui campi

di battaglia lasciando mogli e figli soli a casa (“Tra i cippi al cimitero monumentale austroungarico di Bondo ci sono nomi di ragazzi di diverse nazionalità. Oggi rispecchiano l’Europa unita!”). Quei fatti insegnano che “chi andava al fronte era da entrambe le parti giovani operai, contadini, gente della classe media, “catechizzati” dicendo loro che il nemico dall’altra parte va eradicato perché ci toglie il pane e la terra”.

Sorge spontanea la domanda: “Che impressione vi fa avere quindi la guerra, la guerra d’Ucraina, così vicina?”. Questa la risposta di chi conosce la guerra da vicino ma pur nella tragicità della situazione vuole comunque intravvedere una minima fonte di luce: “Una diaspora di queste proporzioni bibliche non si vedeva in Europa da quasi 80 anni: si parla di 7 milioni di rifugiati. Negli interventi a scuola però voglio portare speranza: chissà quan-

te amicizie e amori nasceranno in tutta Europa, con gli ospiti ucraini nelle migliaia di case. Lo dicevano anche qui un tempo: “dopo el brùt ve el bèl”.

Bologni conclude quindi con l’invito: “Vi aspettiamo al museo a visitare uno scrigno ricco di cimeli bellici e racconto di aneddoti in un’atmosfera emozionante. Non c’è ricordo se non si coltiva memoria”.

Ecco il memorial “Roberto Bosetti”

L’Associazione Ima.g.e. su proposta ed iniziativa del fotografo Luigi Bosetti, con il patrocinio del Comune di Comano Terme, la collaborazione della Biblioteca Giudicarie Esteriori e il supporto della Cassa Rurale Alto Garda Rovereto, ha organizzato un concorso fotografico aperto a tutti i fotoamatori, per scoprire le bellezze e il valore del territorio giudicariese. Si vuole così ricordare il noto pioniere della fotografia Roberto Bosetti che dal 1920 ha saputo esaltare ogni momento e ogni stagione delle Giudicarie Esteriori, producendo migliaia di lastre fotografiche in bianco e nero. Ma come si potrebbe esprimere oggi la sua arte grazie alle tecnologie ora disponibili, mettendo al centro dell’obiettivo il colore che ogni stagione sa esaltare? Per riuscire a rispondere bi-

Un concorso per ricordare il pioniere della fotografia giudicariese che dal 1920 ha saputo esaltare ogni momento e ogni stagione delle Giudicarie Esteriori.

sogna prima conoscere chi è stato Roberto Bosetti. L’inizio della sua attività fotografica risale appunto al 1920 a San Lorenzo in Banale, per trasferirsi poi nel 1924 a Ponte Arche in un piccolissimo studio. Si costruisce da sé bromografi ed ingranditori. Data l’estrema povertà della zona e la quasi inesistenza di mezzi di trasporti, è lui che si sposta in bicicletta nei vari paesini del Lomaso, Bleggio e Banale. Inizialmente lavora con apparecchi in legno e lastre in vetro 13x18 e 10x15, per

poi passare alle “più moderne” pellicole da 35mm. Esegue maggiormente ritratti di personaggi e famiglie.

Documenta l’architettura tipica giudicariese e le ormai scomparse case con tetto in paglia, immortalando anche paesaggi caratteristici e tutti gli avvenimenti di cronaca, religiosi, matrimoni e funerali.

L’obiettivo quindi di questo concorso è quello di poter valorizzare il territorio giudicariese. Chi vorrà partecipare potrà osservare i luoghi, la natura, le maestose

montagne che circondano la Valle, dando risalto ai colori che ogni stagione sa regalare.

La partecipazione è libera e gratuita a tutti i fotoamatori, residenti e non, senza vincoli di età.

Entro il 9 settembre 2023 si potranno consegnare massimo 2 fotografie stampate, formato 30x40 presso la Biblioteca di Valle delle Giudicarie Esteriori. Le foto verranno poi esaminate da una giuria esterna al-

l’Associazione Ima.g.e che valuterà principalmente la rispondenza della fotografia al tema oggetto del contest, la coerenza e la completezza degli elementi richiesti, ma anche originalità e qualità della fotografia. Il 14 ottobre 2023 alle 17:30 sarà organizzata, presso la Sala Consigliare del Comune di Comano Terme, la serata di presentazione e premiazione. Saranno resi noti i vincitori delle prime 3 classificate e di ulteriori 3 fotografie, ritenute interessanti e degne di nota, che riceveranno una menzione speciale. Le migliori foto verranno poi esposte presso la Biblioteca di Valle. Per tutti i dettagli importanti sul concorso e sulle specifiche modalità di partecipazione è possibile scaricare sul sito www.assoimage.com il regolamento completo.

PAG. 24 MAGGIO 2023 Territorio

Lavori socialmente utili: confermate le quattro squadre con 25 lavoratori

Il progetto è gestito dalla Comunità delle Giudicarie su delega dei Comuni di Sella Giudicarie, Borgo Làres, Tre Ville e Porte di Rendena – Meno lavoratori iscritti alle liste di quest’anno

Anche nel 2023 con il mese di aprile sono iniziati i lavori relativi all’Intervento 3.3.D, “Progetti per l’accompagnamento all’occupabilità attraverso lavori socialmente utili” – per l’impiego di soggetti deboli in iniziative di utilità collettiva, in base ad un progetto attivato dalla Comunità delle Giudicarie in collaborazione con i Comuni di Sella Giudicarie, Borgo Làres, Tre Ville e Porte di Rendena, approvato in via preliminare dall’Agenzia del Lavoro.

Per l’anno in corso la Comunità delle Giudicarie ha affidato, in seguito ad un confronto concorrenziale, alla Cooperativa Lavoro con sede in Borgo Lares, l’attuazione del progetto di intervento che prevede l’assunzione di 25 lavoratori disoccupati, per la durata di 7 mesi, da metà aprile a metà novembre, suddivisi in quattro squadre comunali impegnate nei Comuni sopra citati, per una spesa complessiva di circa 300.000 Euro, coperta per il 60% dall’Agenzia del Lavoro e per la rimanente quota dai Comuni interessati.

Come sempre l’Intervento 3.3.D riguarda la realizzazione di progetti per lavori socialmente utili, permettendo una fattiva integrazione di soggetti con difficoltà per essere inseriti nel mondo del lavoro. Con questi progetti i Comuni e le Comunità possono occuparsi della manutenzione del verde pubblico e dell’arredo ur-

bano che rappresentano il biglietto da visita per i nostri piccoli centri, anche in funzione della loro valorizzazione turistica.

In tal modo viene data l’opportunità ai lavoratori di inserirsi, sia pure per un periodo ridotto, nel mondo del lavoro. I lavoratori coinvolti nei progetti relativi all’Intervento 3.3.D attuati dagli enti pubblici in Giudicarie, vengono impiegati in base ad un’apposita lista predisposta ed approvata dall’Agenzia del Lavoro nel mese di gennaio di ogni anno. I soggetti interessati devono iscriversi entro metà gennaio, mentre per i ritardatari è prevista l’opportunità di effettuare l’iscrizione entro il 31 marzo successivo. Per quanto riguarda l’anno in corso, i lavoratori della prima lista iscritti all’Intervento 3.3.D sono n. 266, ai quali si sono aggiunti una ventina di unità iscritti nella seconda lista approvata recentemente dall’Agenzia del Lavoro; sono numeri significativi ma in calo rispetto agli anni scorsi, presumibilmente anche in considerazione dell’attivazione di altri ammortizzatori sociali e dell’andamento dell’economia ed in particolare dell’edilizia che in questo momento fa registrare molta domanda di lavoro.

L’Agenzia del Lavoro ha concesso alla Comunità di Valle, ai Comuni e alle Apsp del territorio giudicariese l’inserimento complessivo, per l’anno

2023, di circa 270 persone disoccupate ed emarginate dal mondo del lavoro, accogliendo tutte le richieste presentate.

L’Assessore alle politiche economiche Flavio Riccadonna sottolinea l’importanza dell’intervento in questione in termini di ordine ed abbellimen-

to del paesaggio, che da sempre contraddistingue e rende attrattivo il nostro territorio ai visitatori, ma contribuisce anche al maggior benessere di

tutti noi residenti ed in particolare dei soggetti svantaggiati che possono godere così di una valida opportunità lavorativa.

PAG . 25 MAGGIO 2023 Comunità

Ponte di Caffaro, aumentano i costi e paga Brescia

A causa degli incrementi si è passati da 904 mila euro a 1 milione e 155 mila euro di costi dell’opera. La Provincia di Trento ha messo tutto l’importo iniziale, la differenza ora va invece sul bilancio dei vicini lombardi.

“Eppur si muove”, esclamava un tal Galileo Galilei. Ma sono passati quattro secoli o giù di lì, e poi quelli che seguiva lo scienziato pisano erano ben altri progetti. Tuttavia è vero, qualcosa si è mosso.

Parliamo della vicenda mal partorita e peggio alimentata del ponte di Caffaro. La notizia meriterebbe una riga, se non ci fosse dietro un vissuto da bassi fondi della cronaca politica, amministrativa e imprenditoriale. L’impresa esecutrice, Di Iorio di Cancello ed Arnone (provincia di Caserta), ha vinto l’appalto, sul finire dell’anno scorso, per l’installazione del ponte provvisorio. La realizzazione del manufatto provvisorio e dei relativi raccordi con l’asse viario della strada statale 237 del Caffaro (arteria che da Brescia si allunga fino a Sarche, dove si immette nella 45 bis della Gardesana) è curata dall’Amministrazione provinciale di Brescia, competente per la gestione e la manutenzione del ponte storico, in attuazione del protocollo d’intesa sottoscritto il 28 marzo dell’anno scorso tra i presidenti delle due Province di Brescia Emanuele Moraschini e di Trento Maurizio Fugatti.

Sono tutti convinti che si tratti di un’opera dall’importanza strategica: d’altronde è il filo che tiene uniti due territori, quello trentino e quello lombardo,

le cui economie si fondono e si confondono. Ecco il motivo per cui l’amministrazione provinciale di Trento ha deciso di partecipare con un contributo economico di 904.000 euro alla realizzazione del ponte Bailey, dopo averlo sponsorizzato con decisione. All’inizio era la spesa complessiva stimata per la realizzazione dell’opera, noleggio del ponte compreso, mentre cammin facendo le condizioni sono cambiate: perciò quella che doveva essere la partecipazione completa alla spesa si è trasformata in un contributo. D’altra parte chi immaginava all’inizio del 2022 che si verificasse l’aumento dei costi delle materie prime che tutti abbiamo visto? L’aumento ha provocato il balzo dei costi ad un milione e 155.000 euro. La differenza è stata messa a bilancio dalla Provincia di Brescia con fondi propri.

Il ponte della vergogna La vicenda è talmente nota da uscire ormai da occhi ed orecchie, prima di tutto di chi è costretto a scriverne, poi di chi deve leggere. Facendola breve, sulla statale del Caffaro, al chilometro 55,772 è situato un ponte dalla gloriosa storia. Fu costruito nel 1906 dall’imperial regio governo austroungarico sull’allora confine con il regno d’Italia. In 117 anni di storia ha visto passare contadini con i carri,

signore che si recavano alla festa della Madonna dell’aiuto a comperare abbigliamento, contrabbandieri che portavano di là zucchero e di qua burro, cannoni della Grande Guerra. Più avanti, quando il confine non esisteva più, passavano i carri con la barite di Darzo portata a macinare a Vestone. Poi cominciarono camion e corriere. Infine frotte di turisti, d’estate e d’inverno, diretti sulle montagne trentine. Quel ponte ha svolto dignitosamente il suo servizio, e lo sta svolgendo anche ora, sebbene ci si sia accorti che le ingiurie del tempo (come le chiamerebbe il cantautore) hanno cominciato ad affaticarlo. Un paio di anni fa il vicesindaco di Bagolino ha mostrato in un video le magagne del manufatto, grattando l’impalcato e mostrandolo al mondo. Mal gliene incolse: infatti fu attaccato da destra e da sinistra. Ed in particolare dalle autorità della Provincia di Brescia.

Ma che il ponte fosse mal ridotto le autorità se n’erano accorte, pur senza proclami, ben prima. Dieci anni or

sono la grande decisione: il ponte va allargato. E a quel punto è scoppiata la bomba. “Il ponte storico non si tocca”, tuonò il soprintendente ai beni culturali della Provincia di Brescia. Allora che fare? “Semplice, se ne costruisce uno nuovo accanto a quello vecchio”. Detto, fatto. Tanto ci sono i fondi dei Comuni confinanti! Il ponte è stato costruito, una ventina di metri a valle del ponte storico. E qui casca l’asino, senza voler appioppare giudizi a nessuno. Il fatto è che ci si è accorti dell’esistenza di una serie di errori progettuali. Per esempio che i mezzi pesanti non riescono ad immettersi sul ponte nuovo. Non è un caso che l’opera sia terminata da sei anni, ma non sia

mai stata aperta. Sono in molti (ma il popolo poco conta) ad interrogarsi sul perché si sia realizzato un ponte a venti metri da quello vecchio, quando si sarebbe potuto attaccare, come si sta facendo ora con il bailey. Il Comune di Bagolino aveva anche proposto di togliere il ponte vecchio, ma il “niet” fu risoluto: quel ponte è monumento torico, per cui non si tocca.

In una vicenda piena di disastri è entrata anche una causa, ancora in corso, perché nel realizzare il ponte nuovo è stato costruito un muro, a poche decine di centimetri dalle finestre di una casa, togliendo ogni possibilità di vista. Ed è entrata pure la vicenda del bar Palazzini, di là dal pon-

te, in terra bresciana, il cui titolare si è lamentato perché la Provincia di Brescia ha deciso di espropriare il plateatico davanti al suo bar per consentire l’ingresso sul Bailey. Problema, e che problema! “Per l’affitto – si è lamentato con la stampa –vogliono pagarmi 200 euro al mese. E siccome temono che la soletta crolli (sotto il plateatico c’è la cantina con garage) devono puntellare tutto e riempire il locale di ghiaia. E vogliono darmi 200 euro al mese!”.

Un futuro nebuloso Quando il ponte provvisorio sarà stato messo in piedi, partiranno (dovrebbero partire) i lavori di sistemazione del ponte storico, che dovrebbero concludersi in nove mesi. Alla fine della gravidanza cosa accadrà? Si accettano scommesse. Prima ipotesi. Il ponte storico avrà gli ingressi allargati, per cui permetterà ai mezzi provenienti da nord e diretti verso Bondone di girare ed entrare nel ponte nuovo. Seconda ipotesi. In fase di manutenzione straordinaria il ponte storico verrà allargato, così da rendere inutile l’utilizzo del ponte nuovo. Comunque vada a finire, ci troviamo in una situazione imbarazzante in cui è stato sprecato denaro pubblico. E, cosa ancora più imbarazzante, finora nessuno ha pagato. Vuoi scommettere (un’altra scommessa? No, dài!) che nessuno pagherà?

PAG. 26 MAGGIO 2023 Viabilità

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Si è svolta sabato 15 aprile presso la sala della Comunità di valle Giudicarie ed alla presenza di una settantina di soci l’assemblea ordinaria annuale del Centro Studi Judicaria di Tione di Trento. Si è trattato di un momento significativo ed importante che fa seguito all’assemblea straordinaria del 26 novembre scorso nel quale era stato approvato il nuovo Statuto che di fatto sancisce l’entrata nel Terzo settore. Ciò ha rivoluzionato anche il modo di condurre e gestire l’associazione culturale che d’ora in poi si avvarrà, anziché di un Consiglio Direttivo formato da tredici persone, da un Consiglio di amministrazione, formato da sette componenti e da un Comitato scientifico con altri sette, oltre al consueto Collegio dei Revisori dei Conti di tre persone.

È un traguardo importante ha ribadito il Presidente uscente Danilo Mussi, ottenuto con un lungo lavoro ma che permetterà in futuro di poter gestire ed amministrare il Centro

Centro Studi Judicaria: ripartenza con un nuovo assetto organizzativo

L’associazione culturale d’ora in poi si avvarrà, anziché di un Consiglio Direttivo formato da 13 persone, da un Consiglio di amministrazione, formato da 7 componenti e da un Comitato scientifico con altri sette membri.

studi con una maggiore trasparenza senza peraltro compromettere la grande attività culturale che da oltre quarant’anni viene distribuita su tutto il territorio judicariense. Mentre il Comitato scientifico avrà, infatti, il compito di occuparsi dei contenuti culturali e dell’aspetto educativo dei progetti intellettuali e formativi dell’associazione elaborando il programma culturale annuale, il Consiglio di Amministrazione si occuperà esclusivamente di gestire ed amministrare i bilanci e le spese, tenendo sempre

sotto controllo la situazione finanziaria. Nell’illustrare le attività culturali, il presidente uscente Danilo Mussi ha evidenziato il lungo percorso che ha portato il Centro Studi Judicaria a far parte del terzo Settore, ridefinendo soprattutto il suo modo di operare che ha portato a una maggiore attenzione sulla conduzione gestionale ed amministrativa del centro stesso. L’assemblea è quindi passata all’esame del bilancio consuntivo 2022 e di quello preventivo 2023, illustrati da Gabriella Mai-

nes. Il bilancio consuntivo 2022 chiude a 237.000 euro, quello preventivo a 270.922 euro, di cui ben 135.000 per i progetti culturali. L’approvazione è stata unanime.

Subito dopo si è dato avvio alle votazioni per la composizione dei nuovi organi collegiali. Alla fine

dello scrutinio sono risultati eletti per il Comitato di Amministrazione Gabriella Maines, Danilo Mussi, Giuliano Beltrami, Ilaria Pedrini, Frank Salvadori. A costoro si affiancheranno anche due rappresentanti dei BIM fondatori, per ora non ancora noti. Per il Comitato scientifico

sono invece risultati eletti: Graziano Riccadonna, Annibale Salsa, Claudio Cominotti, Alberto Folgheraiter, Francesca Nicolodi, Elisabetta Doniselli, Elisa Polla, mentre i Revisori dei conti saranno Giovanna Tomasini, Nadia Donati e Giuseppe Cervi. Danilo Mussi

Avis Tione, oltre 900 donazioni nell’ultimo anno

L’Avis di Tione, l’associazione volontari italiani del sangue che comprende Busa di Tione, Sella Giudicarie, Porte di Rendena, Pelugo e Spiazzo, conta 779 avisini totali, 774 donatori e 5 collaboratori, di cui 551 maschi e 223 femmine.

Questi e altri dati sono stati illustrati agli associati nei giorni scorsi, in un partecipato incontro durante l’assemblea ordinaria dei soci e cena sociale organizzata dal direttivo presieduto da Pier Luigi Salvaterra. É stata l’occasione per fare il sunto delle attività annuali, votare il rendiconto finanziario per l’anno 2022 e quello previsionale per l’anno 2023, pianificare quindi il futuro, informare sulle campagne di sensibilizzazione e sui requisiti necessari per diventare donatori di sangue e/o emoderivati, una scelta che accomuna centinaia di persone.

Negli ultimi 12 mesi sono state infatti effettuate 911 donazioni di sangue, 9 di plasma e 3 aferesi, un’azione silenziosa e al contempo fondamentale,

Sono 774 gli associati della realtà tionese che comprende Busa di Tione, Sella Giudicarie, Porte di Rendena, Pelugo e Spiazzo. Tante le iniziative e i progetti.

come il continuo aumento dei donatori. In crescita anche le donazioni del 2022 rispetto agli anni precedenti. Durante la serata si è provveduto anche alla consegna delle benemerenze agli associati avisini che hanno raggiunto il traguardo di 10 anni di presenza con almeno 24 donazioni, in 49 hanno ricevuto la spilla d’argento placcata in oro e l’attestato. Associati che con il loro gesto volontario, anonimo, ricorrente e gratuito, hanno contribuito a far crescere la realtà avisina. “I prelievi del sangue sono fatti, per tutte le Comunali dell’ambito Giudicariese, nell’unità di raccolta presso l’ospedale di Tione dalle infermiere dell’ospedale stes-

so con la supervisione e controllo della dottoressa messa a disposizione dall’Avis provinciale di Trento”, spiega Mario Bonomi referente di zona; “il Presidente Pierluigi Salvaterra, a nome del consiglio e di tutti gli associati, ha rivolto un particolare ringraziamento all’equipe per la loro professionalità, dedizione e soprattutto gentilezza e cura verso i donatori”.

L’auspicio è quello di coinvolgere sempre più persone stimolando la promozione del dono di sangue ed altri emoderivati tra i giudicariesi. Molte le attività in programma per quest’anno: prossimo appuntamento “La Caminada de l’Avis” a Roncone in data 16 luglio, poi la partecipazio-

ne a Judicaria Eco Festival di Tione a settembre, a seguire la castagnata autunnale con consegna delle benemerenze e infine a dicembre la stampa del calendario AVIS, confermata inoltre anche per febbraio 2024 la gara di sci tra gli avisini trentini e i ragazzi.

Gara di sci alpino che quest’anno ha visto una grande presenza di pubblico e ben 114 iscritti.

Svoltasi il 26 febbraio scorso presso la pista da sci “Le Coste” di Bolbeno, quest’anno è giunta alla seconda edizione, è aperta a tutti gli associati Avis del Trentino, con particolare attenzione ai ragazzi trentini nati tra il 2009 e il 2017. “Scopo della partecipazione dei

ragazzi, che quest’anno sono stati ben 46, è il loro coinvolgimento e quello dei loro familiari nell’iniziativa di promozione del dono del sangue; il positivo risultato è che si sono registrate già delle nuove domande di iscrizione”.

L’organizzazione della gara che richiama donatori da tutta la regione è a cura dell’Avis comunale di Tione con la compartecipazione finanziaria e il supporto logistico delle altre Avis comunali delle Giudicarie (Alta Rendena, Giudicarie Esteriori, Pieve di Bono-Prezzo, Condino e Storo Bondone).

Premiati i migliori tre classificati della categoria adulti maschile (ma-

ster e senior) e femminile (dame e lady), per i ragazzi varie le classificazioni per sesso ed età. “Vogliamo ringraziare tutti gli intervenuti e i collaboratori per il lavoro e il supporto: la Pro Loco di Bolbeno, lo Sci Club Bolbeno, il gruppo degli Alpini di Zuclo e Bolbeno e lo speaker, nonché l’avisino Luciano Bonazza”, che ci hanno permesso la buona riuscita dell’avvenimento. Un ringraziamento particolare va ai Consorzi dei Comuni, BIM Sarca Mincio Garda e Bim del Chiese.

La direzione Avis comunale di Tione è così composta: Presidente Pierluigi Salvaterra; Vicepresidente Franco Righi; Segretario Lorenzo Ventura; Economato Sandra Bazzanella; Revisore contabile Franco Antolini. Referenti di zona: Remo Artini, Bruno Battocchi, Mario Bonomi, Stefano Giacomini, Anna Maturi, Michele Molinari, Francesco Mussi, Stefano Salvadori, Bruno Salvaterra.

PAG. 28 MAGGIO 2023
Cultura

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A teatro per affrontare la follia

All’auditorium dell’Istituto Guetti è andata in scena la tragedia teatrale “L’Oreste: quando i morti uccidono i vivi”, a cura dell’”Accademia Perduta Romagna Teatri”; in particolare, uno spettacolo di Francesco Niccolini, con la regia di Giuseppe Marini. E’ stato quello che si dice un one-man-show, infatti l’unico personaggio in scena era Oreste, interpretato da Claudio Casadio, che ha interagito durante tutta la durata dello spettacolo con dei personaggi (sia reali che fittizi, perché inventati dalla mente di Oreste), illustrati da Andrea Bruno.

La compagnia teatrale ha deciso di portare in scena una nuova e originale interpretazione della tragedia greca di Euripide, per evidenziare gli effetti della Legge Basaglia del ‘78. La storia è ambientata nel manicomio dell’Osservan-

za di Imola, in cui il nostro protagonista, Oreste, è stato internato e dove rivive la sua vita attraverso flashback e ricostruzioni (a volte anche fittizie), a partire dal trauma della morte della sorella, per arrivare a quella del padre e all’assassinio della madre (motivo per cui Oreste è ritenuto violento, nonostante in manicomio si dimostri molto tranquillo e positivo con tutti). La conclusione ha lasciato tutti spiazzati: dopo 40 anni di internamento, Oreste vede la possibilità di tornare nel mondo reale, ma si rende conto che non è così facile viverci, finendo col torna-

re in manicomio dove successivamente si suiciderà.

Lo spettacolo ha colpito tutti gli studenti che lo hanno seguito, suscitando in essi particolare attenzione e stupore. Un’interpretazione unica, non c’è che dire; Claudio Casadio, con la sua abilità, è riuscito a rappresentare al meglio i pensieri e le riflessioni di Oreste. L’attore, nonostante fosse da solo, è riuscito a coinvolgere tutti quanti, rendendo comprensibili anche tematiche complesse, come l’abbandono, il suicidio e la malattia mentale.

“Non c’è mai stato così tanto silenzio all’interno

Fumetti, oltre il passatempo

L’argomento chiave dell’ultima assemblea, tenutasi a marzo nel nostro istituto, era il fumetto, un tema che oggi tocca l’interesse di molti. L’assemblea era divisa in due parti principali: nella prima, il professor Dolzan, docente di disegno e storia dell’arte, ha fatto un’introduzione sull’evoluzione del mondo del fumetto, cominciato con semplici vignette sul giornale, che inizialmente venivano utilizzate per accompagnare articoli o per raccontare brevi storie. I primi fumetti simili a quelli che vediamo oggi, che uscivano periodicamente e raccontavano avventure di personaggi inventati, vennero stampati in America e in seguito si diffusero in tutto il mondo specialmente in Europa e in Asia, dove abbiamo una delle più grandi industrie, quella giapponese.

Nella seconda parte l’ospite, la fumettista Elena Casagrande, ci ha parlato del suo percorso, della sua formazione e di come sia arrivata a disegnare fumetti per la Marvel. Elena ha frequentato il liceo scientifico e poi, come da quando era piccola sognava di fare, si è iscritta alla scuola internazionale di Comics a Roma. In seguito è diventata assistente di David Messina e, dopo aver passato diversi anni a lavorare come illustratrice, è finalmente riuscita a vincere il premio Eisner per la miglior nuova serie con “Black Widow” (fumetto dedicato alla “vedova nera”, personaggio della serie americana di supereroi Marvel).

Inoltre abbiamo potuto ammirare come siano strutturate attualmente le varie fasi della lunga produzione di un fumetto. La sceneggiatura per prima cosa, in cui lo scrittore crea un copione dove vengono segnate le interazioni e i movimenti dei personaggi. Dopo il disegno, momento di collaborazione tra più illustratori che si dividono il lavoro, ad esempio chi fa le bozze e chi colora, per arrivare all’ultima fase, quella di stampa. Infine un accenno anche alla presenza delle intelligenze artificiali, le famose “AI”, in grado di disegnare e alle quali si andranno probabilmente a porre dei limiti, dato che per eseguire i loro lavori copiano e mescolano le illustrazioni di tanti autori senza la loro autorizzazione, oltre che rischiare di togliere effettivamente il lavoro a tanti illustratori che sperano un giorno di poter essere loro a rappresentare le storie del loro eroe.

Questa è stata senza dubbio una delle assemblee che mi sono piaciute di più, vedere Elena parlare della sua vita e intanto disegnare dimostrando concretamente il lavoro di produzione di un fumetto oggi giorno, mi ha ispirato e fatto capire che se hai un obiettivo che continua a essere presente nella tua mente devi seguirlo come lei ha fatto e forse un giorno potrai arrivare in alto, più di quanto ti aspetti.

Elena Da Pra

dell’Auditorium”, queste le parole del vicepreside Claudio Pucci, a testimoniare quanto questo spettacolo abbia coinvolto gli

studenti presenti.

Consigliamo, a chi ne ha la possibilità, di assistere a questo spettacolo, sperando che faccia riflette-

re anche voi allo stesso modo.

Una ghost story alternativa: il fantasma di Canterville

Oscar Wilde è un nome celebre, che sicuramente vi sarà capitato di sentire prima d’ora, tuttavia, nel caso in cui questo autore sia sconosciuto, lasciateci il piacere di introdurvi l’esteta che fece impazzire la gente del suo tempo.

Uomo affascinante e arguto, ha assaporato il successo quand’era ancora in vita, per poi morire in miseria a causa di un tempo che era ancora troppo arretrato per capirlo. Oscar Wilde fu sicuramente un uomo unico nel suo genere: un perfetto esempio del suo brillante pensiero si riflette nella sua storia breve intitolata “Il fantasma di Canterville”, la quale abbiamo avuto occasione di vedere sotto forma di pièce teatrale nel nostro Istituto il 27 febbraio. Messa in scena da una sola attrice talentuosa con il dono di interpretare numerosi personaggi solamente cambiando l’intonazione della voce e attribuendo gesti differenti e particolari per ogni personaggio, così da poterlo individuare. La storia racconta di una classica famiglia americana, vogliosa di cambiamenti, che vediamo scontrarsi con una realtà britannica e tradizionalista. Quando la famiglia compra un palazzo in mezzo alle campagne, infestato da un fantasma spietato e senza scrupoli...o almeno così pare, potreste farvi ingannare da quella che parrebbe essere una storia di fantasmi in piena regola. Tuttavia, quando il fantasma di Sir Simon tenta in molteplici occasioni di spaventare i nuovi acquirenti e di cacciarli, l’ironia della famiglia nel combattere in ogni modo le agonie e disavventure causate dal fantasma,

finisce con l’attribuire un significato completamente nuovo a quella che inizialmente sembrava essere una classica “ghost story”. Dopo aver usato un detersivo miracoloso per cancellare l’emblematica macchia di sangue in salotto, o aver gentilmente fornito dell’olio al fantasma in modo da attenuare il fracasso delle sue catene, quest’ultimo sembra perdere la speranza e si dispera di non riuscire a suscitare paura nei nuovi proprietari. Sir Simon in formato fantasma ha Infatti anche un lato buono: tuttavia, per trovare la pace eterna, era necessario che una giovane ragazza piangesse per lui, ed è qui che la protagonista entra letteralmente in scena: la sensibile Virginia, l’unica della sua famiglia a non deridere il fantasma, e attraverso la cui figura è narrata la storia. Ovviamente il lieto fine è assicurato.

La caratteristica che più affascina di questo racconto è l’ironia con cui il grande Wilde ha descritto i ruoli invertiti: la famiglia spaventava il fantasma. Di solito succede il contrario! Consigliamo sicuramente di leggere la storia: come tutte le opere di Wilde, hanno spesso una parte nascosta e questa non è sempre facile da mettere in scena, perché solamente le parole sono in grado di descrivere a pieno le cose in modo che arrivino all’anima. Lo spettacolo tuttavia merita di essere visto, proprio per la bravura dell’attrice, che ha saputo dare una caratterizzazione molto precisa ai personaggi del racconto.

PAG. 30 MAGGIO 2023 Scuola
Alba Pellizzari, Anna Floriani, Susanna Vaia
La tragedia greca diventa contemporanea e racconta il mondo della pazzia, dei manicomi e la legge Basaglia.

Il pomodoro, storia e fraintendimenti

Quando Hernan Cortés il giorno 8 novembre del 1519 arrivò a Tenochtitlan (l’odierna Città del Messico) non fece molto caso a come erano strutturate le abitazioni e gli orti che in modo geometrico ne facevano parte: le Chinampas che nella lingua nahuatl significa “recinto di canne”. Erano delle piantagioni galleggianti separate da canali, in laghi poco profondi sostenute da salici piantati nel terreno fangoso. Costruiti per l’autoconsumo locale, vi si coltivavano verdure come pomodori, zucchine, melanzane e altri vegetali sconosciuti in Europa. La notte del 30 giugno del 1520 gli spagnoli comandati da Cortés, di notte, abbandonarono in tutta fretta Tenochtitlan. La situazione politica era molto grave e gli spagnoli rischiavano la morte. La Noche Triste (la notte triste) fu un disastro; gli spagnoli carichi dei tesori della conquista e appesantiti dalle armature, mentre fuggivano, si impantanarono nei canali melmosi della città e la maggior parte morirono o annegati o preda delle frecce dei nativi. Si salvarono in pochi. Ma la conquista del Messico era iniziata e le “novità” del nuovo mondo presero la via dell’Europa. Fra queste c’era il pomodoro. Per moltissimo tempo il vegetale attualmente più consumato al mondo non ebbe molta fortuna. Non si capiva nemmeno quale fosse la parte da mangiare. Il fatto poi che fosse una solanacea imparentata con la Belladonna non lo favo-

Per moltissimo tempo il vegetale attualmente più consumato al mondo non ebbe molta fortuna. Non si capiva nemmeno quale fosse la parte da mangiare.

rì di certo. La Belladonna era usata dalle signore per dilatare le pupille e sembrare più fascinose, ma era anche il veleno più usato per eliminare tanti uomini illustri. Gli spagnoli ne riportarono anche una dizione errata perché i nativi lo chiamavano “tomato”, ma c’era anche un altro frutto il tomatillo (frutto rotondo) con caratteristiche differenti. In Italia passò la dizione toscana di pomo dorato, in Francia pommes d’amour e in Inghilterra apples of love. Ma erano in pochi quelli disposti ad assaggiarli perché le foglie erano amare e “puzzavano” e l’acidità della bacca rossa non era gradita. A complicare le cose la medicina imperante nel Rinascimento non si fondava su basi scientifiche ma faceva ancora riferimento per quello che riguardava il cibo alle teorie di Galeno: siamo quello che mangiamo. Gli alimenti potevano risultare caldi e secchi, freddi e umidi o freddi e secchi. E il pomodoro era freddo e umido: corrispondeva a pericoloso e nocivo. Per non parlare della Manduca quinquemaculata o verme del pomodoro che fino alla fine dell’ottocento si rite-

neva fosse velenoso come un serpente, ma è assolutamente innocuo anche se a vederlo fra le foglie dei pomodori è abbastanza repellente. E’ chiaro che la fortuna del pomodoro in Europa era ancora di là da venire. Diversamente in America: una pandemia di colera che aveva colpito l’Europa e che era sbarcata da loro intorno al 1831 fece scattare la moda dell’alimentazione sana e un medico dell’Ohio promosse il pomodoro come “tonico garantito per tutti i mali”. Le ricette per le salamoie, gli stufati e le salse diventarono patrimonio di tutte le padrone di casa eleganti che “non volevano apparire fuori moda”. Fu propagandata anche la pillola al pomodoro, un estratto concentrato che “ha un peculiare effetto sugli organi epatici o biliari”. I due produttori di pillole Miles e Phelps finirono in tribunale, ma il pubblico finì per credere alle accuse reciproche di ciarlataneria e l’indebolimento dell’epidemia di colera fece si che le pillole miracolose scomparissero dal mercato intorno al 1840. La produzione di pomodori continuò a crescere per tutto

l’ottocento, il New Jersey divenne la maggior zona di produzione di pomodori della nazione. Restava il problema principale della maturazione in un periodo dell’anno molto ristretto. La soluzione venne dalla Francia: Napoleone Bonaparte nel 1800 convinto che l’esercito “marcia insieme al suo stomaco”, offrì un premio di ben 12.000 franchi a chi forniva un metodo valido di conservazione degli alimenti. Un cuoco parigino nel 1806, Nicolas Appert propose il suo metodo di conservazione in bottiglie di vetro sigillate con sughero e cera e poi affondate in acqua bollente. Una decina di anni dopo un inglese Peter Durand sostituì il vetro con scatole di ferro stagnate per ridurre la ruggine. Ma il successo delle scatole di

latta fu decretato nel 1855 dall’invenzione di un altro inglese Robert Yates : l’inventore dell’apriscatole. In America la guerra civile si combatté fornendo alle truppe dell’Unione cibo in scatola. Successivamente l’automazione portò all’invenzione del bollitore automatico, alla catena di montaggio e nel 1893 la Campbell lanciò la sua famosa zuppa di pomodoro, diventata iconica nel 1962 quando Andy Warhol espose le sue 32 serigrafie della zuppa Campbell (una per ogni tipo) dichiarando che era stato il “suo pranzo quotidiano per vent’anni”. Ma ritorniamo in Italia, bisogna aspettare il 1694 quando Antonio Latini maggiordomo di un nobile spagnolo pubblica “Lo scalco moderno” e cita tre ricette col pomodoro. E solo nel 1773 Vincenzo Corrado pubblica “Il cuoco galante” e ci viene offerta una visione completa di come e quanto si usava il pomodoro nella cucina italiana. Corrado, un monaco napoletano, rileva la presenza del pomodoro su ogni cibo che “camminasse, volasse o nuotasse”. L’industria dell’iscatolamento ha seguito in Italia lo stesso percorso di quello americano. Francesco Cirio aprì il suo primo impianto per la preservazione degli alimenti nel 1863. La differenza sostanziale è nella ricerca e nella documentazione delle varianti che come è intuibile hanno portato a caratteristiche organolettiche differenti rispetto ai cultivar del passato. L’eccellenza italiana è il Sammarzano :

nasce alle falde del Vesuvio e quindi in un terreno vulcanico che si arresta in profondità su uno strato di argilla costantemente bagnato dalle acque del fiume Sarno. A queste caratteristiche si aggiunge la denominazione DOP certificata dal Consorzio dell’Agro Sarnese-Nocerino. E veniamo alla Pizza : un alimento globale che è conosciuto ovunque, in ogni lingua con lo stesso nome. Il rapporto fra Pizza e Pomodoro è simbiotico: non esiste l’uno senza l’altra. C’è la storia della pizza Margherita ma qualcuno ne mette in dubbio la storicità: la classica con pomodoro, mozzarella e basilico. Differente, molto differente la pizza delle catene americane Hut e Domino’s. Singolare la storia del Kectchup di Heinz che resiste e fa parte della cultura americana. Qual’è il futuro del pomodoro? Si sono succedute generazioni di sperimentatori perché nel corso degli anni si sono perse le caratteristiche organolettiche specie di dolcezza e di pastosità; Livingston , Shiffris, Oved e tanti altri hanno dedicato la loro vita alla ricerca del pomodoro per tutti come il famoso Big Boy. Le coltivazioni attuali privilegiano le culture idroponiche in serra: Paul Mastronardi in Canada gestisce serre lunghe chilometri dove tutto è controllato nel rispetto della qualità e della biodiversità. E per la prima volta le colture per crescere non hanno bisogno della benedizione di un terreno fertile e della clemenza del clima favorevole.

PAG . 31 MAGGIO 2023 Salute
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di
Gianni Ambrosini - oncologo

Azienda Sanitaria

Sensibilizzazione, formazione, auto mutuo aiuto. È questo in sintesi il programma di Curainsieme, un progetto esteso a livello provinciale per riconoscere, sensibilizzare e promuovere il ruolo e la funzione dei caregiver familiari, organizzato dalla Provincia autonoma di Trento, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari, le Comunità di Valle, l’UPIPA, la Fondazione Franco Demarchi, Consolida e la Consulta provinciale per la salute. Il progetto è ormai attivo da quattro anni e attesta come i caregiver, coloro che si prendono cura del familiare anziano non autosufficiente, di frequente affetto da patologie complesse, hanno assunto una figura sempre più precisa e un’importanza non più trascurabile nel settore delle cure e dell’assistenza. Spesso si tratta però di persone che si trovano nella necessità di dover accudire un familiare in età avanzata del tutto impreparate, prive di competenze specifiche, con tutte le difficoltà che ciò comporta di ordine pratico e relazionale. Di qui l’organizzazione del progetto Curainsieme che ha preso il via nel 2019 per iniziativa di più soggetti e che si articola in tre fasi. La prima consiste in un’azione di sensibilizzazione delle comunità, in generale sul tema del progressivo aumento della popolazione anziana con tutti i problemi connessi in termini di aumento delle esigenze di cura, e in particolare sul ruolo svolto dai caregiver che, assumendosi l’impegno di assistere in casa il

CuraInsieme, un progetto per sensibilizzare e promuovere i caregiver familiari

Il progetto Curainsieme ha coinvolto, nei quattro anni di attività, tutte le Comunità di valle del Trentino e un totale di 1.160 caregiver. Nel 2019 sono state attivate 82 serate di sensibilizzazione con un coinvolgimento di 893 persone, dal 2020 sono stati messi in campo 13 corsi di formazione ai quali si sono iscritte 233, e 3 corsi partiranno nelle prossime settimane, infine dal 2021 sono partiti 7 gruppi di auto mutuo aiuto con una trentina di persone coinvolte.

familiare non autosufficiente, svolgono allo stesso tempo un’opera di contrasto all’emarginazione sociale e sanitaria. Sono organizzati incontri dove i caregiver possono incontrarsi, ascoltare le testimonianze di persone coinvolte in situazioni simili alle proprie, scambiarsi esperienze e confrontarsi per non sentirsi isolati con i propri timori

e le proprie difficoltà. La seconda fase è quella della formazione grazie alla quale i caregiver, frequentando corsi settimanali comprendenti anche laboratori e moduli on-line, possono acquisire maggiore consapevolezza e apprendere competenze più specifiche e qualificate, necessarie per affiancare professionisti delle cure

all’esterno delle proprie abitazioni in ambiti territoriali/domiciliari. La terza e ultima fase del progetto Curainsieme è quella del gruppo auto mutuo aiuto, dove la persona che solitamente offre cura può prendersi cura di se stessa. È un indispensabile momento di condivisione e di contatto con altre persone impegnate in situazioni simili, dove il caregiver può attraverso il confronto farsi una rappresentazione veritiera riguardo il carico fisico ed emotivo che comporta il prendersi cura di un familiare non autosufficiente.

“Il caregiver familiare è una risorsa preziosa e insostituibile in un contesto demografico ed epidemiologico nel quale dobbiamo fare i conti con il progressivo invecchiamento della popolazione

e con un’elevata prevalenza di patologie croniche e degenerative – ha spiegato l’assessore alla salute Stefania Segnana a proposito del progetto Curainsieme –. I caregiver vanno sostenuti e affiancati, anche attraverso la valorizzazione di altre risorse presenti nelle comunità, come l’associazionismo e le reti sociali. E’ questa la direzione verso la quale si muove ‘Curainsieme’, una progettualità che in questi 4 anni ha saputo coinvolgere complessivamente quasi 1200 persone, nonostante i due anni di pandemia. E questo grazie a un gruppo di lavoro che monitora costantemente il progetto e che voglio davvero ringraziare per l’impegno e la dedizione”.

Anche la direttrice del-

l’integrazione socio sanitaria di Apss, Elena Bravi, ha speso parole di apprezzamento nei confronti del progetto: “nell’attuale contesto demografico ed epidemiologico della Provincia di Trento, caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione, dove vi sono 123.000 anziani, contro i 66.000 del 1980, di cui 10.000 con disabilità e 22.000 fragili, nonché da un’elevata prevalenza di fragilità, di patologie croniche e degenerative, è sempre più insostituibile il ruolo del caregiver che, tuttavia paga spesso un’importante sofferenza fisica e psicologica legate al carico assistenziale particolarmente complesso da un punto di vista sanitario e sociale. Pertanto, il riconoscimento giuridico ed i programmi di formazione/supporto al caregiver, come il progetto ‘CuraInsieme’ non rappresentano soltanto un dovere etico e civile, ma costituiscono un vero e proprio mezzo di cura e possono svolgere un’azione sinergica e di potenziamento con le altre modalità assistenziali”.

All’ospedale di Tione apre la nuova area diurna di chirurgia e ortopedia

È iniziata l’attività della nuova Area diurna delle Unità operative di chirurgia e ortopedia dell’ospedale di Tione. Il nuovo servizio sarà ospitato nelle stesse stanze dove per molto tempo è stato attivo il reparto di ostetricia e ginecologia. E oggi quelli spazi così legati alla memoria

e agli affetti dei giudicariesi vengono riconsegnati alla popolazione. L’area diurna è costituita principalmente da un’ampia stanza per i ricoveri di un giorno denominata day surgery. La modalità operativa day surgery consente di eseguire interventi chirurgici o procedure

diagnostiche invasive, limitando il ricovero in ospedale alle sole ore del giorno senza pernottamento, con ritorno quindi al proprio domicilio entro la serata. Negli ultimi anni tale modello organizzativo si è sviluppato molto anche in Apss garantendo sempre alti livelli di sicurezza,

grazie alle affinate tecniche chirurgiche mini invasive che vengono adottate. Ad esempio, all’ospedale di Tione, sono gestiti con questa modalità di ricovero pazienti che devono essere sottoposti a interventi per la correzione dell’insufficienza venosa e interventi di chirurgia

della mano. È previsto inoltre che alcuni ambulatori della nuova area diurna svolgano la funzione di prericovero, dove vengono preparati i pazienti che devono essere sottoposti a interventi ortopedici o chirurgici. Questa attività, che è fondamentale per la corretta presa in carico del paziente e che in precedenza era situata al secondo piano della struttura, ora verrà trasferita nei nuovi spazi adiacenti alle tre unità operative, determinando un netto miglioramento nell’organizzazione dei servizi e al contempo mantenendo elevati gli standard di qualità delle cure.

La riorganizzazione e razionalizzazione degli

ambienti delI’Unità operativa di chirurgia e di ortopedia dell’ospedale di Tione rientra nella promozione di una rete chirurgica diffusa in tutte le strutture ospedaliere del Trentino con lo scopo di garantire l’equilibrio tra prossimità delle cure e specializzazione ed equità di accesso a tutti i cittadini. A partire da quest’anno inoltre l’attività chirurgica e ortopedica è stata ampliata in collaborazione con professionisti provenienti da altre strutture sanitarie provinciali: ne è un esempio l’attività degli specialisti dell’Unità operativa multizonale di urologia che operano, alcuni giorni del mese, a Tione

PAG . 33 MAGGIO 2023

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La Cassa rurale pubblica due nuovi bandi per le associazioni

A pochi giorni dalla delibera dei contributi sul Bando Attività 2023, che ha visto l’assegnazione di oltre 350.000 Euro a 550 associazioni, La Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella rilancia con due nuove iniziative a sostegno del mondo del volontariato.

“Il bando per progetti formativi, culturali e di utilità sociale e quello per investimenti materiali intendono sostenere le associazioni nella realizzazione di progettualità e interventi di carattere extra-ordinario – interviene la Presidente Monia Bonenti – e hanno l’obiettivo di stimolare risposte nuove, originali e inedite ai bisogni emergenti del nostro territorio.”

Il primo bando mira a sostenere progetti in ambito formativo - culturale, come percorsi formativi, attività educative ed iniziative culturali nei settori delle arti visive, musica, cinema, storia e cultura locale, e progetti in ambito sociale con iniziative a favore di persone bisognose o svantaggiate e relative alla conciliazione dei tempi

Voglio esprimere i più vivi complimenti per il prestigioso traguardo raggiunto dal Coro Carè Alto, sodalizio al quale mi pregio di far parte come Presidente Onorario. Settant’anni di attività sono un fatto importante ma diventa un fatto eccezionale se gli stessi anni sono costellati da una serie di lusinghieri successi.

E mi chiedo, come descrivere, con i limiti della parola la palpitante atmosfera di ogni concerto, la tensione del palcoscenico, dell’altare di una chiesa, l’applauso (… sono stati tanti in settant’anni) che libera e che corona le estenuanti fatiche delle prove?

Anche per questo il non facile traguardo dei “14” lustri di attività non deve essere né un punto di arrivo né un punto di partenza, semmai una lieta tappa di un percorso artistico ed umano destinato, nei disegni della nostra volontà a proseguire nel tempo, in quel mondo della montagna al quale ci onoriamo di appartenere.

Ed è con tale sentimento che, di cuore, voglio ringra-

lavoro famiglia. Saranno ammessi al bando i progetti che prevedano una spesa minima di Euro 3.000. Il contributo non potrà essere superiore a Euro 8.000 e potrà coprire al massimo il 60% dei costi complessivi preventivati.

Il bando per il sostegno di investimenti materiali intende invece finanziare opere di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, storico ed ambientale, la costruzione, valorizzazione e ristrutturazione di edifici e l’acquisto di materiali, attrezzature e automezzi strettamente connessi all’attività dei soggetti richiedenti. Saranno valutate le domande per investimenti di importo preventivato compreso tra Euro 4.000 ed Euro 80.000: le domande selezionate potranno ricevere un contributo fino ad un massimo di Euro 5.000.

“Con questi bandi il Consiglio di Amministrazione ha deliberato di investire sul territorio altri 200.000 Euro – aggiunge il Direttore Generale Marco Mariotti - un importo che conferma la

volontà de La Cassa Rurale di continuare a promuovere il volontariato, che da sempre ricopre un ruolo fondamentale per la crescita umana e sociale delle nostre per-

sone, per il benessere e la qualità della vita delle nostre comunità e per le politiche di sviluppo locale.”

Le domande sui bandi devono essere presentate

Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

entro e non oltre il 5 giugno 2023 tramite i form disponibili sul sito www. lacassarurale.it nella sezione Associazioni – Iniziative.

sibile contattare l’Ufficio Relazioni all’indirizzo mail relazioni@lacassarurale. it oppure telefonando ai numeri 0465 896510 e 0465 896511.

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TERMINE PRESENTAZIONE DOMANDE: 5 GIUGNO 2023

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Complimenti al coro Carè Alto per i suoi 70 anni

ziare tutti i Coristi di ieri e di oggi, i nostri bravi Maestri, in modo particolare Mario Chiodega detto amichevolmente il “Mariet” che per ben trentacinque anni ha diretto il Coro e che con tenacia, bravura e simpatia, è riuscito a trascinare vecchi e giovani… Chi lo ha conosciuto certamente ha di lui un indelebile ricordo. Ma un grazie speciale va anche ai Musicisti che hanno armonizzato i nostri canti, alle Amministrazioni di Valle e in modo particolare quella di Vigo / Porte di Rendena, il paese dove si trova anche la sede del Coro, La Cassa Rurale. E come possiamo dimenti-

care il Pubblico e tutti gli Amici, anche all’estero, come in Germania nella città di Plotinghen dove esi-

ste il club “Amici del Coro Carè Alto”. La vicinanza di tutti, quindi, ha permesso il concretizzar-

si di questa magia. Oltrepassiamo questo Anniversario carico di significati e di sensazioni per proiet-

tare lo sguardo verso il domani sull’onda di quella armonia e di quell’entusiasmo per il canto popolare, grazie alla volontà dei Coristi ed alla passione e bravura dell’attuale Maestro Mattia Pellizzari.

Rinsaldare i contenuti e i valori della tradizione canora, unitamente al sentimento di amicale solidarietà, erano, sono e saranno i fondamenti anche per i giorni futuri, nel segno che tutti noi più riconosciamo, quello delle “Voci della Montagna”. Buon compleanno Coro Carè Alto.

Cav. Cesare Segatta

PAG . 35 MAGGIO 2023
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Da Roncone a Trento, patrocinatori di bellezza nella cittá dipinta

Degli Olivieri ne abbiamo già scritto in questa rubrica, riferendosi ai due fratelli bresciani Maffeo e Andrea, eccellenti scultori attivi in terra giudicariese nella prima metà del ‘500; di altri Olivieri si vuole però qui discertare, non propriamente artisti, ma patrocinatori d’arte, tra i più intraprendenti della Trento clesiana, committenti del meraviglioso ciclo di affreschi policromi di una delle “due case rimpetto al Duomo”, conosciuta finora come “Casa Rella”, opportunamente riportata di recente alla sua denominazione rinascimentale di “Casa Olivieri”, che per noi giudicariesi non è poi così indifferente, trattandosi di tali Olivieri provenienti da Roncone. Ci è voluta la corposa pubblicazione promossa dalla sezione trentina di Italia Nostra, “Trento città dipinta. I decori murali esterni dal Medioevo ai giorni nostri” (2022), uno straordinario quanto minuzioso reportage su un patrimonio decorativo di altissimo pregio, non inferiore a quello di altre più celebri “urbes pictae”(città dipinte) del vicino Veneto, per mettere un punto definitivo sulla corretta attribuzione alla committenza ronconese del coloratissimo apparato murario costellato di affascinanti figure allegoriche, di quella che d’ora in poi chiameremo senza indugio “Casa Olivieri”, non senza un pizzico di sano orgoglio campanilistico. Nel capitolo del libro dedicato alle più recenti ricerche archivistiche presso il Comune di Trento, in merito alla storia dei palazzi, delle case e dei loro proprietari lungo il corso dei secoli, curato da un team di studiosi di sicura competenza, spuntano tra le note di corredo al testo, alcuni chiari riferimenti alla famiglia “Oliveri di Roncon” e della loro abitazione, acquistata da Domenico Olivieri nel 1530 da Giovanni Antonio Pona, figlio del nobile veronese Geremia Pona, quello del Palazzo Geremia di Via Belenzani, altra imprescindibile testimonianza della Trento rinascimentale. Sempre nelle note si accenna di come “Domenico Gelfi possedeva la porzione di casa in piazza a sud dei Cazuffi e a ovest degli Olivieri di Roncon”, cioè quella che impropriamente verrà chiamata “Casa Cazuffi”, anziché più correttamente “Casa Gelpi”, confinante con gli Olivieri, dimora appunto dei commercianti Gelpi della Valtellina, approdati a Trento sul finire del XV secolo, che scomoderanno per il sontuoso ornamento delle sue pa-

Casa Olivieri, un lascito giudicariese in piazza Duomo

1600. Dell’ignoto autore e degli affreschi di “Casa Olivieri”, già detta Rella, ne parla con perizia di causa lo storico dell’arte Pietro Marsilli nella sua scheda dedicata, una delle 176 che cadenzano l’importante ricerca, addentrandosi in una non facile esegesi del ciclo pittorico di raffinata qualità stilistica e cromatica, quanto di complessi rimandi allegorico/morali, tipici della migliore iconografia umanistico rinascimentale. Per tornare infine ai nostri benemeriti Olivieri di Trento, a certificarne la provenienza ronconese, è lo stesso don Santo Amistadi nelle sue “Notizie sull’origine dei cognomi di Roncone: “La dimora originaria degli Oliveri era senza dubbio a Tagnè... La casa originaria degli Olivieri a Tagnè non esiste più... Da quel rustico casolare di Tagnè provenne anche l’unico ronconese che per i suoi meriti sia stato insignito di un

reti esterne, intorno agli anni trenta del Cinquecento, nientemeno che il pittore di corte di Bernardo Clesio, Marcello Fogolino con i suoi strepitosi affreschi a monocromo. Pure “la famiglia dei da Roncone appare inurbata già alla fine del secolo XV, quando un suo membro, Stefano figlio di Domenico, appare impegnato in attività di commercio di merci “aromatarie”con un commerciante veneziano...

E l’Oliverio di Roncon che aveva la bottega in piazza, nel 1565 appare anche in attività di commercio di materie minerarie, avendo fornito metallo alla comunità di Vezzano per la costruzione della campana della chiesa”. Anche nel saggio di Marco Stenico che raccoglie e commenta le lettere di Bernardo Cles intorno al rinnovamento rinascimentale della sua città, emergono gli Olivieri tra i protagonisti di questa formidabile “renovatio urbis” voluta dall’ambizioso cardinale. Addirittura è documentato lo stesso presule

che dalla lontana Vienna, in una lettera inviata il 26 agosto 1533 ad Antonio da Vigolo, suo fidato sovrintendente all’abbellimento cittadino, plaude all’iniziativa degli Olivieri: “Ma sopra tutte le altre cose ni piase che ‘l Zurleta (della famiglia Ciurletti [n.d.r].) et il Ronchone adornano il canton suo, perché il serà de grandissimo ornamento a quello locho per esser locho molto pubblico”: un’ attestazione di stima e di fiducia che sarà ripagata con lo splendido esito artistico che ancora oggi è sotto i nostri occhi! Chiosa lo Stenico: “Vi sono apprezzamenti per i lavori di abbellimento compiuti da Giovanni Ciurletti e dagli Olivieri di Roncone, prestigiosi imprenditori commerciali nella Trento dei primi decenni del Cinquecento, con residenza e annessa bottega fronte la Piazza comunale, ora Piazza Duomo”. Altri elementi utili per la conoscenza della famiglia ronconese si ricavano dalle note a piè di pagina dove si confermano

l’esistenza della bottega degli Olivieri “in contrata Plathee comunis” in un documento del 7 ottobre 1536, a nome di “ser Dominucus quondam Oliverii de Oliveriis de Roncono” cittadino e abitante di Trento e l’acquisto fatto nel 1530 da parte dello stesso Domenico Olivieri da Roncone, di professione “merzarius et aromatarius” (commerciante di aromi, speziale, droghiere [n.d.r.]), da Giovanni Antonio Poma per 500 ragnesi, del-

l’immobile con abitazione e bottega fronte sud la Piazza comunale, confinante a mattina con l’immobile del “Zurleta”, a sera con la casa di Rocco Gelfo. Tutto a dimostrare la certezza della committenza oliveriana per quanto riguarda le raffigurazioni allegoriche sulla facciata dell’edificio di famiglia, da registrarsi tra il quarto ed il quinto decennio del 1500, visto il passaggio ad altra proprietà/famiglia solamente negli anni trenta del

fastoso titolo nobiliare. Esiste infatti presso la Biblioteca Comunale di Trento un documento che il giorno 23 marzo 1553 un “Bartholomeus de Oliveriis de Ronchono” dall’imperatore Carlo V° “fu creato Conte”. Il detto documento dice pure che l’Imperatore volle che il nuovo Conte Olivieri lo seguisse nelle Fiandre”. Di sicuro il Bortolo Olivieri in questione risiedeva nella magnifica casa decorata nel cuore della città.

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Orsi e ricorsi

L a notizia della cattura dell’orsa Jj4 è stata accolta dai trentini alla stessa stregua di quella di un boss mafioso o di Godzilla dopo aver distrutto Tokio.

Occhio gente che di questo passo si torna dritti ai tempi del Covid. E non mi riferisco a chi (allevatori, contadini, proprietari di case da mont) legittimamente richiede protezione contro la carica dei 101 plantigradi, protagonisti non solo di pericolosi (e mortali) incontri ravvicinati con l’uomo ma anche di sempre più numerose devastazioni e predazioni.

Ieri i guelfi e i ghibellini del vaccino. Oggi i Capuleti e i Montecchi dell’abbattimento plantigrado.

La faccenda degli orsi, ora come allora lo fu l’ossessione per la pandemia, è diventata totalizzante nella pubblica dialettica. Infiamma i dibattiti pubblici e privati, cannibalizza le prime pagine dei quotidiani, appassiona le chiacchiere dell’apericena. E, cosa più triste, partorisce migliaia di post dei novelli zoologi del web che lanciano soluzioni e rilasciano pareri non richiesti, spesso a casaccio.

E parlane oggi e parlane domani. E guarda un video virale dell’orso a spasso per il borgo. E poi lo inoltri su Whatsapp. E fallo vedere ai figlioli. E agli amici. Poi vai a comprar il Gratta e Vinci e mentre imprechi

Diario Massimo di un osservatore minimo di Massimo Ceccherini Podio

contro la sorte avversa ti becchi pure l’edicolante super informato che snocciola i dati aggiornati sulla demografia plantigrada nel Trentino occidentale. All’uscita realizzi che ti mancano le melanzane per la ratatouille. Allora vai all’ortofrutta e lì ti tocca sorbirti anche le lezioni del verduraio su ordinanze di abbattimento e sentenze del TAR, su interpellanze miste, ricorsi amministrativi e controricorsi animalisti. Al crepuscolo il rientro a casa è travagliato. Sopraffatto da tutto sto clima di allarmismo ti ritrovi a guardarti le spalle a ogni passo. Meglio un ladro che un orso, pensi. Ora sei a casa. Sano e salvo. E mentre sul divano ascolti le novità sul TG3 Trentino ti rendi conto di essere precipitato nell’ennesima psicosi collettiva. Un vortice fatto di contrapposizioni ideologiche, ferocia dialettica e, soprattutto, paura.

Sì, perché l’orso è più divisivo di una puntata di ‘Ciao Darwin’. Fugatti lo sa bene e punta al consenso elettorale dei ‘giustizialisti’. E poi lui l’orso lo preferisce nel piatto mica in giro per i boschi: correva l’anno 2011 e l’attuale Presidente della Provincia di Trento, allora semplice deputato, organizzò un banchetto a base di carne d’orso per la festa della Lega Nord in Primiero. Geniale, goloso, ma illegale. Sopraggiunsero i Nas a spegnere le

fiamme del barbecue. In queste settimane il bosco è tornato ad essere quello raccontato dalle fiabe e da un certo cinema: un luogo minaccioso, oscuro, affollato di presenze ostili, insidie e sinistri scricchiolii. Un posto da cui è meglio stare alla larga. Un luogo che fa PAURA, ma non solo al singolo.

A tutti. Ennesimo caso di paura collettiva.

C’è stato un tempo in cui ‘paura’ faceva rima con Isis. Uno zaino abbandonato per strada o alla

stazione bastava per far scattare l’allarme bomba. Per non parlare degli effetti dello scoppio di un petardo sulla folla. A quel tempo tanti rinunciarono a condurre una vita normale. Si evitavano posti affollati come musei, stadi, concerti, mercati. Nessuno andava in vacanza nei paesi arabi. Con l’avvento del Covid l’origine della paura virò in ambiti sanitari degenerando in derive complottiste e visioni di società distopiche.

Da più di un anno conviviamo con la paura della Terza Guerra Mondiale. Poi con quella delle bollette. Tra l’una e l’altra ogni tanto il nord coreano sgancia un missile nucleare. Giusto per non farci mancare niente. Se conservassimo lucidità ragioneremmo su altri numeri, tipo questi.

Nel 2022 in Italia:

1.489 vittime di incidenti stradali. Quattro al giorno. Eppure continuiamo ad andare in auto. Magari mezzi ciuc-

chi. Spesso con la mano sul volante e l’occhio sul cellulare;

307 pedoni investiti e uccisi. Eppure continuiamo a passeggiare in città;

14 bambini e ragazzi investiti e uccisi. Eppure li lasciamo liberi di uscir di casa;

8 mila vittime di incidenti domestici. Ventuno al giorno. Eppure in casa continuiamo a svitar lampadine e a scendere scale. Gli squali, per tornare in ambito faunistico, nel mondo fanno 10 vittime l’anno. Circa 73 gli attacchi. Eppure gli appassionati continuano a fare surf e snorkeling. Lasciamo che siano Guardia Forestale, zoologi veri e Provincia a gestire il problema della pericolosità e del sovrannumero degli animali selvatici.

Se il dibattito ci appassiona tanto, continuiamo pure a divulgare le nostre analisi da navigati conoscitori di psicologia plantigrada.

Non rinunciamo però a fruire dei nostri spazi con sueti. Piste ciclabili, bosco, sentieri. Con le dovute precauzioni certo, ma non rinunciamo. Evitiamo di ricadere nell’ennesima paura da contagio. Non diffondiamola.

Perché altrimenti nella trappola tubo, quella mentale, la più pericolosa, rischiamo di finirci noi.

Tuteliamo il valore della vita umana

Vale più un orso di un essere umano?

Non voglio parlare di quanto successo al povero Andrea, il ragazzo ucciso dell’orso, perché in queste ultime settimane di chiacchiere ne abbiamo sentite anche troppe. Soprattutto da parte di saccenti persone di città, che vogliono impartire lezioni su come vivere in Trentino, quando loro il Trentino non sanno nemmeno dove sta.

Voglio soffermarmi su quanto sentito, e cioè che Brambilla (chiamarla onorevole mi sembra una presa in giro), é venuta a Trento al Casteller per accertarsi che l’orsa stesse bene. Ma ho capito bene?? Non é andata a vedere come sta la famiglia di Andrea, ma é andata a vedere come sta l’orsa. Dovrebbe vergognarsi, sono profondamente indignata. Come mi sono indignata quando, in una

trasmissione televisiva, mi sembra da Barbara D’Urso (d’altra parte solo programmi spazzatura come quelli di D’Urso potevano ospitarla), si vantava di aver organizzato una spedizione in Ucraina per salvare i cani. Avete capito? Non per salvare i bambini sotto le bombe, ma i cani. Vergogna!!! E noi questi politici li paghiamo pure. Lettera firmata

PAG. 38 MAGGIO 2023 Tutti giù per terra

BOTTA E RISPOSTA

Ucraina, temo il nucleare

Ormai della guerra in Ucraina si parla sempre meno, eppure il tentativo d’invasione della Russia è sempre più accanito, si parla addirittura di una possibile guerra nucleare. Tu che ne dici?

Gloria

Purtroppo la guerra in Ucraina è ancora in pieno corso, e non sembra esserci nessuna speranza di soluzione pacifica nonostante gli sforzi di numerosi Paesi di cercare la strada per arrivare ad un tavolo per la pace. Anzi, continuano i massacri di civili e militari da ambo le parti. La differenza fra i due Paesi, l’Ucraina e la Russia, è chiara: da una parte un popolo orgogliosamente in lotta per difendere la propria terra dall’imperialismo russo, dall’altra un esercito molto ben attrezzato tecnologicamente che bombarda a tappeto, distruggendo città, vie di

comunicazione, facendo terra bruciata attorno al più debole, ma tenace ed eroico rivale. Finora sembra non esserci nessuna intenzione di cedere. Ed è così che il più forte, allo scopo di far ammansire il più debole, minaccia l’uso di armi nucleari come ultima spiaggia per intimorire l’avversario. La Russia agita lo spettro della guerra totale e dell’utilizzo del nucleare, lo fa per terrorizzare psico-

logicamente l’avversario e il mondo intero. Ma la logica suggerisce che una terza guerra mondiale non conviene, oggi come oggi, a nessuno. Un inasprirsi del conflitto è l’ultima cosa di cui la Russia adesso avrebbe bisogno. L’aggressore sa di dover cercare una via d’uscita. Il mondo ha quindi ampi margini di salvezza prima di una possibile catastrofe. Almeno...lo speriamo!(a.a.)

Orso, un problema senza soluzione

In questi giorni si fa un gran parlare degli orsi dopo quanto è successo in val di Sole. Se ne sentono di tutti i colori, ne parlano esperti e meno esperti, ma nessuno ha la soluzione.

Marco

A ben pensarci il problema non sono gli orsi, ma i politici che l’hanno voluto. Il presidente Carlo Andreotti sembra essersi pentito, in questi giorni ha dichiarato che oggi non farebbe più la scelta di quei giorni. La colpa è anche dei funzionari che dovevano seguire nel tempo l’introduzione controllata degli orsi sul territorio. Se non fossimo davanti ad una tragedia, sarebbe tutto da ridere scoprire che i collari di controllo erano da tempo tutti con le pile scariche. E così da tempo gli orsi sul nostro territorio erano ormai liberi di vagabondare senza alcuna vigilanza. Secondo me, gli orsi, a questo punto, andrebbero rimandati a casa magari facendo pagare il conto ai responsabili della loro venuta. Andrà a finire che gli orsi incolpevoli verranno pian piano abbattuti da mani “ignote” perché la nostra gente che vive in montagna da sempre non potrà accettare d’aver paura ad andare nei boschi. Che poi ci venga consigliato che per difender-

Tecnologia invasiva

Ormai è ossessionante l’uso del telefonino. In ogni momento, in ogni situazione suonano i telefonini, soprattutto i giovani non sembrano poter vivere senza il suono del loro marchingegno. Purtroppo le cattive abitudini non le hanno solo i giovani, spesso il cattivo esempio arriva dal mondo degli adulti. I figli tendono ad imitare quello che vedono fare dai genitori o dai nonni. Il buon esempio val più di una predica. La tecnologia è molto utile, ma bisogna saperla gestire...

Elio

Non c’è dubbio, l’educazione dei ragazzi si basa sull’esempio. I ragazzi ci guardano e seguono le nostre abitudini. Se un padre usa spesso il telefonino è normale che il figlio faccia altrettanto. Il guaio è che la poca educazione dilaga sempre più. Telefonini e squilli ormai ci accompagnano ad ogni ora del giorno un po’ dappertutto. Insopportabile. Ma così è. Credo che combattere questa forma di maleducazione sia una guerra persa in partenza. Il mondo ormai gira a suo modo, c’è ben poco da fare, adeguiamoci cercando almeno noi adulti di dare il buon esempio.(a.a.)

Elementari, tanti libri e tanti maestri (troppi?)

Ho un bambino che frequenta le elementari, ogni mattina lo carico di libri e lo accompagno a scuola. Ed ogni mattina penso alle elementari dei miei tempi: una maestra e un libro, o poco più.

Giancarlo

Chi ha una certa età vede i nipoti andare alla scuola elementare con un trolley pieno di libri e materiali scolastici, per essere preparati ad affrontare ben quattro e anche cinque insegnanti ogni mattina. Visto il numero di educatori impegnati ver-

rebbe da dire che i ragazzi di oggi siano tutti destinati a un Premio Nobel, rispetto alle mie generazioni che erano affidate ad una sola maestra. Eppure quella sola maestra ci insegnò a “leggere, scrivere e far di conto” e molti di noi fecero le superiori dignitosamente e si laurearono brillantemente. Dato che ogni inizio d’anno scolastico le cronache riferiscono sulla difficoltà di trovare docenti per garantire la funzionalità delle scuole, non sarebbe il caso di ridurre il numero degli insegnanti, almeno alle elementari, si potrebbero recuperare risorse umane per colmare i cronici buchi di organico. Ci sarebbe tutto da guadagnare. (a.a.)

si dagli orsi basta sdraiarsi per terra quando li incontri, ho molti dubbi che il metodo funzioni. Se poi agli orsi aggiungiamo anche i lupi che ormai sono un po’ dovunque, credo sia opportuno procedere quanto prima a studiare piani efficaci di protezione e di riduzione di ogni rischio. In attesa che si prendano provvedimenti, consiglio prudenza, tanta prudenza...non si sa mai! (a.a.)

PAG . 39 MAGGIO 2023
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