Il non-voto: la democrazia rappresentativa ridotta a quella elettorale
Ormai è passata qualche settimana dalle ultime elezioni regionali del Lazio e della Lombardia. S’è detto di tutto e di più, chi ha vinto, chi ha perso, chi se l’è cavata meno male. Ha trionfato la Meloni con Fratelli d’Italia, sconfitta la sinistra e se l’è cavata per il rotto della cuffia la Lega che è riuscita a riconfermare Fontana presidente della Regione. Così oggi, dopo pochi giorni, tutto è tornato nella norma. Si fa per dire. Di quelle elezioni si è già dimenticato il fatto più eclatante: l’abbandono della maggioranza dell’elettorato che ha rifuggito le urne rifiutandosi di andare a votare. Mi rendo conto di averne già parlato nel mese scorso, ma ritengo opportuno approfondire l’argomento con ulteriori considerazioni al fine di renderci consapevoli e corresponsabili del grave rischio che sta insinuando la nostra democrazia. Che dire. Una cosa mai successa, in ambedue le Regioni i votanti non hanno superato il 40% mettendo in crisi la democrazia che fa del confronto, della critica, del cittadino attivo e ben informato il presupposto del buon funzionamento del sistema. Se non c’è partecipazione, si finisce per delegare e farsi comandare. L’argomento non è facile da trattare, ma sarebbe opportuno che la politica se ne occupasse per evitare pericolose derive illiberali. Proviamo a parlarne per fare chiarezza. Il cittadino passivo, quello che sta in disparte, magari chiuso in salotto a guardare un film dell’horror, è il primo colpevole dei pericoli incombenti.
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Due parole con Conzatti, Tonina
per
Quanto è bella la libertà, ma quanto è facile perderla quando la si dà per scontata!
Viviamo, come tutti avvertiamo, un periodo di grandi trasformazioni sotto vari punti di vista e ad ogni livello della nostra società. Nel trambusto di ogni giorno probabilmente non ci rendiamo conto che qualcosa di pericoloso sta verificandosi per rapporto al valore fondamentale che la libertà.
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PAG . 1 APRILE 2023
L’EDITORIALE di Adelino Amistadi
e
Focus politica ALLE PAGINE 4 E 5
pratica Giovani A PAGINA 10 Riprendere
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Magagnotti Alle pagine 12 e 13 Siccità, è emergenza A PAGINA 6 Le C Riforme TRUFFE U A pag. ATTUALITÀ I ba A pag. 14 RUBRICA Coo A pag. 31 Pruti A PAG. 8 Attualità ANNO 21 - APRILE 2023- N 4 - MENSILE FONDATO NEL 2002 - Distribuito da www.giornaledellegiudicarie.it il iornale delle iudicarie Mensile di informazione e di approfondimento iudi G www.lacassarurale.it www.prendiilvolo.it Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella Le buone azioni... www.lacassarurale.it www.prendiilvolo.it
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Dallapiccola
Akademia, dalla teoria alla
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di Paolo
Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella
A cura della REDAZIONE
DALLE GIUDICARIE RASSEGNA STAMPA MARZO 2023
Finge di aver smarrito la patente, in realtà gli era stata ritirata: denunciato un 50enne. Un 50enne residente in Trentino è stato denunciato dalla Polizia Locale alla Procura della Repubblica di Trento per falsità ideologica commessa in atto pubblico.
L’uomo, infatti, viaggiava senza patente, ma alla Polizia Locale delle Giudicarie ha presentato un documento che attestava la denuncia di smarrimento presentata ai carabinieri. In realtà, però, la patente non era smarrita, gli era stata ritirata pochi giorni prima, ad un controllo delle forze dell’ordine in Piana Rotaliana, dopo un sorpasso pericoloso. Non solo, come se nulla fosse, al termine del mese di sospensione della patente, ed una volta che il documento gli era stato restituito, il 50enne si era recato in una Stazione dell’arma dei Carabinieri per comunicare l’improvviso rinvenimento. È stato sufficiente un breve consulto tra gli operatori della Polizia Locale e i militari dell’Arma per chiarire che le denunce di smarrimento e ritrovamento risultavano così falsamente sporte.
Pieve di Bono, 35enne arrestato per atti persecutori nei confronti dell’ex: “Ha incendiato il portone di casa della donna”
Tutto è iniziato con la donna che si recava nella Stazione Carabinieri di Pieve di Bono Prezzo e segnalava il disagio percepito a seguito degli atti di danneggiamento patiti nei giorni precedenti, consistenti nella distruzione prima del quadro elettrico di casa e nella stessa notte, a distanza di poco tempo, della propria macchina, atti che in quel momento erano ancora ad opera di ignoti. Un uomo è stato arrestato dopo aver dato fuoco alla porta di ingresso di casa della vittima. I militari della Compagnia di Riva del Garda hanno eseguito la misura della custodia cautelare in carcere al termine di un’attività investigativa caratterizzata da un’estrema velocità visti i comportamenti violenti dell’uomo, trentacinquenne italiano residente nelle Giudicarie.
Madonna di Campiglio, un matrimonio da favola: il costo complessivo supera il milione di euro
DALLA PROVINCIA
Un matrimonio da mille e una notte da oltre un milione di euro. La “Perla delle Dolomiti” è stata vetrina di un matrimonio da favola: la statunitense Schuyler Beatrice Mack (la sposa) e l’inglese Benjamin Chan (lo sposo) hanno scelto Malga Ritorto per festeggiare, in grande stile, la propria unione civile. Persone benestanti con alle spalle un patrimonio economico non indifferente. Il padre della sposa è Earle Irving Mack, uomo d’affari americano ed ex ambasciatore degli Stati Uniti in Finlandia. Una “due giorni” curata in ogni dettaglio dall’agenzia milanese “Vincenzo Dascanio”. I 150 invitati, ospitati nelle strutture a 5 stelle di Pinzolo e Madonna di Campiglio (su tutti il lussuoso Lefay Resort di Campiglio), sono stati accolti nella serata di venerdì al “Piano 54” di Madonna di Campiglio per una festa che ha fatto da antipasto alla solenne giornata di sabato a Malga Ritorto.
Malghe, tre anni fa le aste: oggi abbandoni e fughe dalla montagna Cosa sta succedendo intorno alle malghe giudicariesi? La domanda è intrigante. Tre anni fa si scatenò l’inferno attorno agli appalti, con una concorrenza che portò all’aumento dei prezzi di affitto.
Oggi c’è chi spegne la luce, chiude la porta e scende in fondovalle oppure viene cacciato senza tan-
ti complimenti. Le notizie di questi giorni parlano di quattro malghe abbandonate in Rendena e quattro nel Chiese. Comuni coinvolti: Giustino e Massimeno in Rendena, Pieve di Bono-Prezzo e Storo nel Chiese.
A Giustino l’Azienda agricola Haflingher di Samuele Alimonta (di Spiazzo) aveva malga Bandalors, che al momento dell’appalto aveva fatto rumore. Prima del 31 ottobre dell’anno scorso, data ultima per esercitare il diritto di recesso, l’azienda ha riconsegnato le chiavi al Comune.
E così ha fatto anche Fabio Maffei di Pinzolo, il concessionario delle altre malghe: Nardis - Malga dei fiori (sempre di Giustino) e malga Plan (di Massimeno).
Per quanto riguarda Storo, ad essere stata abbandonata prima del tempo è malga Alpo, mentre la grande malga Vacìl è rimasta senza concessionario, dato che il Comune ha rescisso il contratto con l’azienda Carli del Lomaso: troppe carenze e affitti non pagati per parecchie decine di migliaia di euro.E Pieve di Bono-Prezzo? Due malghe della zona di Boniprati (Clevét e Cleabà) erano monticate dalla famiglia di Luciano Azzolini che ha deciso di rescindere il contratto, abbandonando il pascolo.
Ospedale Santa Chiara, l’auditorium intitolato a Renato Miori, già primario di Tione alla presenza delle autorità cittadine, del mondo sanitario e dei familiari, è stata scoperta la targa di intitolazione dell’auditorium dell’ospedale Santa Chiara di Trento alla memoria del professor Renato Miori, già primario di Medicina dell’ospedale di Tione. Personalità poliedrica e dai vasti interessi, Miori diede un contributo fondamentale non solo allo sviluppo della medicina Interna, ma anche all’organizzazione degli ospedali e della sanità trentina in generale. Portò per primo negli ospedali trentini il metodo dell’evidenza clinica in cui interventi diagnostici e terapeutici andavano scelti in base alla loro efficacia provata scientificamente. Questo metodo oggi è universalmente accettato, ma allora era rivoluzionario, perché si contrapponeva a una medicina variabile e basata principalmente sull’esperienza soggettiva. Un fondo di solidarietà per popolazioni turche e siriane colpite dal terremoto la Provincia autonoma di Trento, gli enti locali e moltissime parti economico-sociali hanno attivato il fondo di solidarietà “Emergenza terremoto Turchia e Siria 2023” per il finanziamento di interventi di ripristino e sostegno a favore dei territori e delle popolazioni turca e siriana colpite dall’emergenza umanitaria. Gli interessati possono effettuare un versamento diretto sul conto della tesoreria della Provincia autonoma di Trento - presso gli sportelli di Unicredit e Casse Rurali - specificando il codice filiale 5079 e il codice ente 400; causale “Donazioni per Turchia e Siria”. In alternativa, il versamento può essere effettuato tramite il portale dei pagamenti Mypay (questa modalità prevede il pagamento di una commissione in base al canale di pagamento utilizzato) al link https:// mypay.provincia.tn.it/pa/changeEnte. html?enteToChange=P_TN&redirectUrl= . Basta cliccare sulla voce “Donazioni per Turchia e Siria”, inserire i dati richiesti dal sistema e cliccare su “Aggiungi al carrello”. Il sistema invierà una mail con le istruzioni per procedere con il pagamento.
Trota iridea, immessa in 22 bacini artificiali L’immissione della trota iridea sarà consentita in 22 bacini artificiali del territorio provinciale. Lo prevede l’aggiornamento dello Studio del rischio approvato oggi dalla Giunta provinciale su proposta dell’assessore provinciale all’agricoltura, foreste, caccia e pesca Giulia Zanotelli. Con questo documento, la Carta ittica e i Piani di gestione per la pianificazione della pesca trentina saranno integrati per consentire l’immissione in natura della trota iridea, in quanto tale specie è stata dichiarata “non autoctona” dal Ministero competente. “Siamo consapevoli - sottolinea ancora l’assessore Zanotelli - che purtroppo a causa dell’imposizione statale connessa alla tutela dell’ambiente ci saranno delle limitazioni, ma considerato che la materia ambientale non rientra nelle nostre competenze primarie occorre adesso, come già detto ai rappresentanti del mondo della pesca, ragionare sulle
strategie future di gestione della pesca in Trentino alla luce del quadro attuale, con la speranza che a breve, a livello statale, si possa trovare la soluzione definitiva”. Siccità, un Piano irriguo provinciale per gli interventi di risparmio dell’acqua
Ad oggi, in Trentino le superfici irrigate dai Consorzi raggiungono quota 18.370 ettari, superficie ben maggiore rispetto a quella del 2009 (15.505 ettari), con un aumento del 22% in 10 anni. Altrettanto si può dire per le superfici irrigate in autoapprovvigionamento, che sono aumentate di circa il 50%: passando da circa 5.000 a circa 10.000 ettari. I vicepresidente Tonina ha lanciato un appello perchè il territorio aggisca con una logica di sistema. Guardando in avanti, anche a partire dalle criticità di oggi, l’Amministrazione provinciale ritiene fondamentale dotare il Trentino di uno strumento di programmazione delle diverse iniziative per un utilizzo razionale dell’acqua in agricoltura. Da qui l’dea di “predisporre un vero e proprio Piano irriguo provinciale, che definisca le esigenze prioritarie in termini di nuovi bacini di accumulo, connessioni tra le reti esistenti e sviluppo tecnologico, con uno sguardo anche ai possibili investimenti per la produzione di energia” ha affermato Zanotelli, precisando che a tal fine si renderà necessaria la predisposizione di un piano finanziario pluriennale con l’obiettivo di intercettare risorse nazionali. Infine, nei prossimi mesi sarà attivato un apposito bando per il completamento delle opere irrigue.
Con il titolo “La Grande Bellezza” torna a Trento il Festival dello Sport Il Festival dello Sport, con il titolo “La Grande Bellezza”, torna a Trento, dal 12 al 15 ottobre, organizzato da La Gazzetta dello Sport e Trentino Marketing, con la Provincia autonoma di Trento, Comune di Trento, Università degli studi di Trento, Apt di Trento e con il patrocinio del CONI e del Comitato Italiano Paralimpico. Dopo il successo delle precedenti edizioni torna l’appuntamento sportivo e culturale che ospiterà tantissimi eventi, condotti dalle firme di Gazzetta con una sfilata di stelle e protagonisti del grande sport nazionale e internazionale. Cinque anni da record con 4 edizioni on field, un’edizione speciale digilive, oltre 200mila visitatori, 600 eventi, 1300 ospiti e oltre 48 milioni di video view sul sito Gazzetta, ilfestivaldellosport.it e sui social.
Comunità amiche delle persone con demenza: approvati i criteri Le Comunità di Valle e il Territorio Val d’Adige hanno tempo fino al 30 giugno 2023 per presentare domanda di finanziamento per iniziative rivolte allo sviluppo di Comunità amiche delle persone con demenza. Nei giorni scorsi la Giunta provinciale ha approvato i criteri attuativi. Le risorse complessive sono pari a 450.000, così ripartite: alle Comunità sono destinati complessivi 411.000, euro suddivisi in proporzione al numero di residenti alla data del 1/1/2022; le restanti risorse triennali, pari a 39.000 euro , sono destinate alle attività di rilevanza provinciale finanziate per il tramite di APSS.
Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro
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Rassegna Stampa
Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo.
Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.
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Rif. 609
In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?
In autunno ci saranno le elezioni in Trentino. Sarà un momento spartiacque in cui decideremo se riportare il Trentino sulla via della credibilità e della modernità oppure se proseguire nel lasciarlo scivolare in questo stato di omologazione padana, puritanesimo “fratellista” e chiusura. Il mio è un vero e proprio appello a chi crede che il Trentino debba e possa tornare grande. Archiviando quest’ultima stagione dalla quale in molti, anche tra quelli che ne avevano riposto fiducia, hanno preso doverose e ampie distanze. Quello che è importante sin d’ora è il percorso che ci porterà in molti a sostenere la proposta di rinascita del Trentino. Il mio partito, Italia Viva e il Terzo Polo, sarà parte di questa rinascita. Sarà la parte riformista, quella centrista per dirlo semplice.
Come partito siamo nati nel 2019 e ci avviamo verso un unico grande partito che anche con Azione ci porterà alle europee 2024 a sostenere ReNew Europe, il partito dei liberali democratici europei.
Nel 2019 sono stata tra i primi 10 Senatori che hanno fatto nascere Italia Viva a livello nazionale e tra i fondatori di Italia Viva Trentino, per questo la sento e la seguo un po’ come una figlia. Ho gioito della sua crescita e dei suoi successi, come del 5,3% alle amministrative del capoluogo trentino nel primo anno di vita, fino al bel 8,4% alle politiche dello scorso settembre 2022. Lavoriamo per accrescere fiducia e credibilità. Certo, mentre si cresce ci sono anche le crisi, ed è giusto parlarne. Un momento di crisi lo abbiamo avuto proprio in Giudicarie: il 25 settembre scorso
“Italia Viva sarà la parte centrista della rinascita trentina”
Donatella Conzatti, Coordinatrice regionale Italia Viva, Terzo Polo ReNew Europe. Già senatrice della Repubblica.
non mi avete confermata come vostra senatrice trentina - per soli 216 voti su oltre 33 mila. Mentre la Vallagarina, l’Alto Garda e Ledro hanno premiato la dedizione e il lavoro di una trentina, le Giudicarie hanno dato la preferenza ad una persona catapultata in Trentino dalla destra. Anomalo per una provincia autonoma scegliere persone che non fanno gli interessi del Trentino. Da qui alle provinciali del 22 ottobre ne riparleremo assieme, come è già accaduto durante il bel confronto dello scorso 24 febbraio a Storo, perché chi ama il Trentino non può smettere di occuparsi del suo futuro.
Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?
Delle nostre azioni al Governo nazionale con ricadute positive anche in Trentino, tutti ricordano le misure 4.0 per l’industria e l’assegno unico per tutte le bambine e i bambini e le famiglie. Tutti ricordano il reddito di libertà per le donne vittime di violenza e i Centri di recupero per gli uomini autori di violenza domestica e di genere. La legge sulle unioni civili. Siamo sempre noi quelli delle infrastrutture importanti: quelli che hanno realizzato il gasdotto
TAP prima che tutti lo invocassero durante la crisi energetica e per il Trentino siamo quelli che hanno firmato e fatto approvare la norma per il rinnovo della Concessione autostradale del Brennero A22. E anche quelli che hanno modificato lo Statuto d’Autonomia allineando la scadenza locale delle concessioni di grande derivazione idroelettrica con quella nazionale: in parole semplici quelli che modificando la Legge sulla concorrenza hanno scongiurato che le nostre preziose 17 centrali idroelettriche andassero a gara per prime e da sole in tutto il panorama europeo. Su questo fronte il lavoro non è terminato, anzi, ma ora tocca a chi gestisce pro tempore la Provincia fare la propria parte. Siamo quelli che non insultano e non minacciano di morte gli avversari politici. Per noi la politica è un’attività seria da esercitare con studio e contrastando le idee, se non condivise, ma non le persone. Siamo quelli che il 22 ottobre andranno a votare, noi teniamo al Trentino e lo dimostriamo per prima cosa votando. Scegliendo ciò che riteniamo meglio per il suo futuro e il futuro di tuti noi.
In vista delle elezioni provinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presenterete agli elettori
per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni? Abbiamo un programma di modernizzazione per il Trentino. Vogliamo che tutti stiano meglio e si può. Abbiamo anche la convinzione che il Trentino sia più sicuro se ancorato alle culture mitteleuropee, quelle stesse culture in cui è nato e da cui ha ottenuto la speciale autonomia. Ciò significa ripristinare un reale rapporto con l’Alto Adige e rilanciare il progetto dell’Euregio, altro che macroregione padana. Il Trentino, se solido nei fondamentali mitteleuropei, può avere rapporti internazionali e non certo limitarsi nel mero perimetro dei rapporti con le Regioni ordinarie del nord est a guida leghista. Siamo quelli che credono e vogliono rilanciare il progetto politico dei 27 Stati europei, il PNRR che deve concludersi entro il 2025. Il suo piano di investimenti da 235 miliardi è la più grande occasione di sviluppo dal dopoguerra ad oggi.
Ma la vera perla preziosa è il suo progetto politico, che mette al centro ambiente, energia,
digitale, infrastrutture, parità. E un progetto politico che stanzia risorse per la coesione sociale: asili nido, palestre, studentati, rigenerazione urbana e poi rete a banda larga così da essere connessi in ogni parte del Trentino e ancora infrastrutture: abbiamo territori eccessivamente difficili da raggiungere e vanno finanziati progetti di intermobilità prima che siano abbandonati.
Noi, non siamo quelli che vengono solo a chiedere i voti delle Valli, siamo quelli che portano idee, progetti e che vogliono investire nelle Valli perché solo così tutti possono vivere avendo le stesse opportunità.
Abbiamo un piano per l’istruzione e per la salute perchè sappiamo che una società giusta poggia su servizi di istruzione e sanità che funzionano molto bene, non sui sussidi.
Siamo quelli che ritengono le donne e i giovani la vera grande opportunità per imboccare la via della moder-
nità. Abbiamo due strategie per una società più matura, una strategia per la parità ed una strategia per il contrasto alla violenza contro le donne. Siamo convinti che la società patriarcale sia un freno, economico e sociale, che non possiamo più permetterci.
Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia?
Italia Viva, con il Terzo Polo è in Alleanza democratica per l’autonomia. Il simbolo che avete già visto e moltissimi hanno votato alle politiche del 25 settembre scorso. Una coalizione europeista, democratica e di governo che riesce a far parlare con un’unica voce, i centristi liberal riformisti e gli autonomisti, i popolari, i social democratici, gli ambientalisti, i progressisti. E’ un’orchestra che suona armoniosamente strumenti diversi. Sono esclusi quelli che non sanno suonare, tipo i populisti e i sovranisti, che hanno “steccato” e fatto abbastanza danni sia in Italia che in Trentino. Il direttore o la direttrice di questa orchestra verrà indicata tra poche settimane ma è chiaro sin d’ora che la leadership sarà corale: un bella squadra con donne e uomini che amano il Trentino e che con il sorriso sono pronti a combattere per riportarlo al sicuro.
sulla digitalizzazione per sconfiggere la burocrazia”
In autunno ci saranno le elezioni provinciali, quale è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?
Come noto dalla recente cronaca politica il partito con il quale abbiamo iniziato la legislatura ha cambiato posizione nell’arco costituzionale. Il salto di collocazione effettuato recentemente, segue a quattro anni di distanza quello dell’attuale vicepresidente della Provincia. Pare anzi che questo nuovo riposizionamento li metterà nelle condizioni di attivare prossime, strette, collaborazioni in chiave elettorale). Per questo e per altri motivi, da qualche mese a questa parte Io e la collega Demagri, abbiamo dato vita ad un nostro movimento autonomista. Proseguendo col lavoro fatto fin da inizio mandato, noi abbiamo voluto rimanere all’oppo-
sizione. Casa autonomia.eu è rappresentata in seno al Consiglio Provinciale dalle nostre figure istituzionali. Ed è di circa 550 atti politici a prima firma l’intenso lavoro che ci ha caratterizzati.
Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi? Va innanzitutto sottolineato che questa maggioranza, al contrario del passato, ha imposto il proprio lavoro rifiutando qualsiasi forma di input o proposta arrivasse dalla maggior parte dei rappresentanti di minoranza. Sono stati pochissimi
dunque gli atti politici approvati tra quelli proposti. La legge sulle piccole produzioni agricole è stata sicuramente una delle più significative insieme ad una infinita serie di suggerimenti migliorativi nei vari provvedimenti di bilancio e di assestamento. La mozione perché San Romedio diventi Patrimonio Unesco, iter per la candidatura avviato. Affissione sulle strade del Trentino di cartelli stradali per la sicurezza dei ciclisti nel rispetto di pedoni e automobilisti. Riteniamo che alcune azioni di ostruzionismo abbiano notevolmente migliorato ( in alcuni casi bloccato) le scelte del Governo provin-
ciale.
In vista delle elezioni provinciali quali sono le linee principali dei programmi che state predisponendo e che verranno presentate agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni? I punti? Pochi sempli-
ci ma di peso. Una sanità migliore, che tenga conto dell’invecchiamento della popolazione. Il più largo sostegno alla natalità attraverso varie forme di gratuità. Una spiccata attenzione all’ambiente con un particolare attenzione all’elemento acqua. Importante l’efficientamento della di-
gitalizzazione e della macchia pubblica. Allo stato attuale, l’unico vero nodo da affrontare per impostare un realistico percorso di sburocratizzazione: la grande angoscia delle nostre imprese
Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di presidente della Provincia?
Da tempo si sente parlare di Francesco Valduga che da sempre è per noi l’ipotesi di riferimento. E lo rimarrà se la coalizione lo riterrà tale. Nel frattempo, come Casa Autonomia.eu abbiamo chiesto che nel naturale confronto propedeutico alla designazione venga presa in considerazione anche la collega Paola Demagri.
PAG. 4 APRILE 2023 Focus politica
“Accelerare
Michele Dallapiccola e Paola Demagri hanno dato vita a CasaAutonomia.eu, in rotta con le scelte delle Stelle Alpine.
Fra meno di dieci mesi, in autunno, ci saranno le elezioni provinciali, qual è il bilancio di questa legislatura per il suo partito?
E’ sicuramente positivo, se pensiamo agli avvenimenti tragici che hanno sconvolto in questi cinque anni la vita sociale, politica e amministrativa della nostra comunità e di quella nazionale. Nonostante tutte le enormi e imprevedibili difficoltà la “Coalizione per il Cambiamento”, guidata dal Presidente Fugatti, ha saputo affrontare con decisione i problemi contingenti e impostare e risolvere un’infinità di altri bisogni che si trascinavano da tempo.
Quali sono le iniziative più importanti che avete promosso in questi anni e quali si potranno completare nei prossimi mesi?
Siamo partiti dai territori, e in particolare dalle priorità emerse dagli Stati Generali della Montagna - conclusisi proprio a Comano Termeche hanno messo in evidenza la necessità di impegnarsi su temi come la tutela dell’ambiente, il territorio e il paesaggio, diventati sempre più attuali e rilevanti. Di qui il grande impegno sull’idroelettrico, sulla gestione delle acque e dei rifiuti, sempre attraverso un costante confronto con il Consorzio dei Comuni trentini e, più in generale, con il territorio. Convinto che assieme si possono trovare le migliori strategie per soluzioni che interessano tutti noi.
Può farci degli esempi?
Sul tema dell’energia abbiamo lavorato da un punto di vista normativo attraverso l’approvazione di due leggi - la lp 4/22 Rinnovabili e la lp 16/22 Piani Industriali GDI – concentrandoci sul tema della produzione idroelettrica e della diffusione e potenziamento delle energie
“Tutelare l’ambiente per garantire un futuro sostenibile per le
e a venire”
da fonti rinnovabili attraverso una procedura semplificata in collaborazione con i BIM con la Cooperazione e il mondo degli Artigiani. Abbiamo anche attuato strumenti quali il Fondo partecipativo della cooperazione, la Riforma della disciplina delle Reti di Riserve, la creazione del Servizio Libro fondiario e Catasto con a capo un unico dirigente, oltre a numerosi altri interventi non meno rilevanti, legati ai territori come ad esempio l’approvazione, ad oggi, di 330 varianti ai PRG dei nostri Comuni e ancora, il recupero dei muretti a secco e ripristini prativi per Comuni e privati. Ci siamo anche impegnati nell’elaborazione di importantissimi documenti programmatrici con uno sguardo rivolto al futuro e che si rivelano utili strumenti per agire anche nel presente. Tra i più importanti ci tengo a ricordare: il programma di lavoro “Trentino Clima 2021- 2023” che costituisce l’atto di indirizzo che delinea il percorso finalizzato ad adottare la futura Strategia Provinciale di Mitigazione e Adattamento ai Cambiamenti Climatici; la “Strategia per lo sviluppo sostenibile”, il “Piano di Tutela delle Acque”; il “5° aggiornamento del Piano
provinciale di gestione dei rifiuti” che analizza la situazione attuale ed evidenzia le principali criticità, nonchè la “Carta di sintesi della pericolosità”.
E per quanto riguarda la zona delle Giudicarie?
Mi sono impegnato affinchè l’Amministrazione provinciale individuasse, in questa legislatura, risorse importanti per le opere che le Giudicarie aspettavano da molto tempo. In particolare ricordo la variante di Ponte Arche, per la quale sono stati impegnati, per il momento, 68 milioni a bilancio, la progettazione e la nomina di un Commissario che si occuperà di seguirne la realizzazione; opera, questa, che darà anche nuovo slancio alle Terme di Comano, a loro volta patrimonio di grande valore economico e sociale in particolare per le Giudicarie esteriori. E ancora la rettifica della galleria di Ponte Pià sulla Statale del Caffaro, la variante di Pinzolo – lavori entrambi già appaltati -, oltre a diversi altri importanti interventi quali la messa in sicurezza di alcuni tratti di strada tra San Lorenzo e Molveno. Si tratta di iniziative attese da troppo tempo, per le quali sono state trovate finalmente le risorse, e che cambie-
ranno sensibilmente il volto della nostrà comunità e il modo di vivere e di fare turismo.
In vista delle elezioni provinciali quali sono le principali linee programmatiche che state predisponendo e che verranno presentate agli elettori per il governo del Trentino nei prossimi cinque anni?
Su tutti i temi, affronteremo trasversalmente la tutela della nostra “Autonomia Speciale”, in un momento storico che vede l’affievolirsi dell’attenzione culturale e politica della Comunità trentina su un tema basilare per il nostro futuro. Per questa ragione stiamo lavorando con il PATT per una proposta politica condivisa; autonomisti e popolari per la prima volta nella storia recente della nostra Terra impegnati fianco a fianco su questo tema.
Aggiungo che molto è stato fatto, ma che c’è ancora
molto da fare, soprattutto nella messa a terra dei progetti che in questa legislatura hanno visto la loro fase di programmazione e progettazione. La parola chiave che ci guiderà nei prossimi anni sarà ‘continuità’. In particolare, ci riferiamo al nostro impegno sul territorio e al focus dedicato al rapporto tra grandi centri, fondovalle e territori per contrastare lo spopolamento. Deve proseguire inoltre il lavoro per tutelare l’ambiente che è, e deve essere, la nostra priorità, per garantire un futuro sostenibile per le generazioni presenti e a venire.
Nel frattempo non smettiamo di interrogarci e, soprattutto, di ascoltare: ecco perché nei prossimi mesi c’è la volontà di fare sintesi su alcuni temi strategici attraverso il percorso degli Stati Generali della Montagna come annunciato di recente dal Presidente Fugatti.
Dal punto di vista politico, il suo partito sarà in coalizione con altri schieramenti ed è già stato individuato il candidato alla carica di Presidente della Provincia?
Nel 2018 Progetto Trentino aveva sottoscritto un accordo programmatico con la coalizione di Centro destra in appoggio alla Coalizione per il Cambiamento. Pur di fronte ai pesanti avvenimenti, sopra descritti, vissuti dalla nostra Comunità in questa legislatura, giudichiamo positivamente i risultati raggiunti dalla Coalizione guidata dal Presidente Fugatti e, per questa ragione, riteniamo naturale la nostra presenza in Coalizione e sosteniamo la sua ricandidatura per permettere al Trentino un ulteriore quinquennio di stabilità e buon governo.
Il Centro, inoltre, per essere decisivo e poter offrire il suo contributo, deve dare segnali di aggregazione e questo è il lavoro che stiamo facendo attraverso un polo autonomista e popolare per evitare di disperdersi in mille rivoli.
I segnali per arrivare preparati alle lezioni provinciali ci sono già stati a partire dal sostegno al candidato Dorfmann alle elezioni europee del 2019. L’altro segnale è stato l’appoggio alle ultime elezioni politiche di settembre (insieme al PATT e alla SVP). Questo è il percorso avviato e sul quale stiamo lavorando per riuscire a concretizzarlo per le provinciali.
Continua dalla Prima
L’astensionismo è dovuto a tante cause. In Italia, abbiamo detto, nelle ultime elezioni regionali, sei cittadini su dieci si sono astenuti. Per il passato era normale raggiungere abbondantemente la maggioranza che sfiorava talvolta il 70-80%.
L’astensionismo è ormai diventato il partito più importante. Una volta si votavano i partiti e le persone venivano dopo, poi sono si sono votate le persone e i partiti venivano dopo, oggi sono in maggioranza chi non vota né le persone, né i partiti. Forse semplifichiamo un po’ troppo, ma la tendenza è ormai questa. E quali possono essere le ragioni dell’astensionismo?
Molte. L’astensionismo sembra essere soprattutto frutto del disinteresse e dell’indifferenza per la politica. Poi c’è chi non vota per presuntuosa ignoranza: io mi astengo perché il mio voto è ininfluente e non vale la pena perder tempo e la fatica necessaria per una scelta oculata. Poi c’è, in forte crescita, un astensionismo che può e deve essere considerato come voto di “ripicca” che rappresenta in un certo senso la faccia silenziosa dell’antipoliti-
ca. Accanto alle persone che esprimono il loro disagio, più o meno rumorosamente, affidandosi a movimenti di ribellione e di protesta, ci sono cittadini che non votano proprio per marcare il rifiuto verso un orientamento politico che non condividono e un ceto politica che non merita fiducia. La sfiducia è dovuta sopratutto al malfunzionamento della democrazia rappresentativa che sembra non rappresentare più i veri bisogni degli elet-
tori, ridotta purtroppo ad una semplice democrazia elettorale ( i cittadini sono corteggiati durante la campagna elettorale, ma poi lascino lavorare i politici eletti perché la politica è un affar loro: il cittadino troppo attivo e critico, il cittadino che vuole partecipare anche dopo le tornate elettorali, è poco gradito. Che stia fuori dai piedi!). Lo dicono gli stessi sondaggi: troppi cittadini hanno la percezione di essere esclusi dalla vita politi-
ca e dalle scelte civili ed economiche conseguenti. Riassumendo: oggi le democrazie sono ormai screditate dall’incapacità di far fronte a vistose disuguaglianze sociali ed economiche. La democrazia dovrebbe garantire l’uguaglianza dei diritti a tutti promuovendo i principi sacrosanti della solidarietà. L’ha fatto per il passato, ma oggi non lo fa più. Purtroppo il nostro sistema democratico in realtà è sempre più condizionato da interessi
particolari, da posizioni elitarie e spesse volte fuorvianti. Oggi si parla di post-democrazia dove il concetto di inclusione e di compartecipazione è di fatto smentito dalla politica fattuale. Basta andare ad ascoltare certi dibattiti di infimo livello culturale e gli sproloqui di alcuni politici in campagna elettorale per non stupirci se l’astensionismo sta trionfando ed ancor più trionferà in futuro a scapito della nostra libertà e della nostra democrazia.
PAG . 5 APRILE 2023
Focus politica
generazioni presenti
Mario Tonina, esponente di Progetto Trentino, Assessore all’urbanistica, ambiente e cooperazione con funzioni di Vicepresidente PAT.
Il non-voto: la democrazia rappresentativa ridotta a quella elettorale
L’EDITORIALE di Adelino Amistadi
Il
Il vostro Saltaro è saggio e sa quello che dice. Ho letto proprio in questi giorni da qualche parte che per capire le ragioni dell’altro bisogna camminare per cento chilometri nelle sue scarpe. Parole sensate che fanno riflettere. Per capire la tragica vita dei migranti che muoiono ogni giorno a migliaia nei nostri mari, bisognerebbe che qualcuno dei benpensanti che li vorrebbero tutti giù a mare, annegati, camminassero nelle loro scarpe, camminassero nelle scarpe di un africano prima di parlare. Lo immaginate il severo Responsabile della immigrazione nelle scarpe di un migrante africano? Io si...Lo immagino svegliarsi una mattina e sentirsi già stanco, perché dormire per terra ti intorpidisce le ossa, con un buco nello stomaco che implora pietà da sempre... guardarsi attorno e vedere le miserie che lo circondano. Allora decide, meglio partire, si va dove si può stare meglio, può capitare di morire in mezzo al mare, tanto...le cose cambiano di poco. Dai, forza scarpe portatemi al mare, le cose potrebbero cominciare a migliorare, finalmente ci sarà da mangiare, ci sarà qualcuno ad aiutarmi, non mi lasceranno solo, non mi lasceranno morire... vado verso la civiltà... Il cammino è lungo, faticoso, sfibrante, al sole cocente, con poca acqua e qualche briciola di pane, ogni tanto qualche carovaniere si offre di aiutarti e ti accorcia un pezzo di stra-
Camminare nelle scarpe di un africano
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da, ma i carovanieri non sono molti e la strada per il mare è ancora lunga... cammina, cammina che il mare si avvicina.
Finalmente si arriva al mare,finalmente felice, la gioia è immensa, ma dura pochissimo. Il nostro porta scarpe viene preso insieme agli altri come lui che sono riusciti ad arrivare, vengono addomesticati, uomini e donne, con vigorose bastonate e messi tutti in galera. Senza cibo, né acqua, in una prigione puzzolente da morire. Ogni tanto qualche donna viene portata via e rimessa in cella
dopo qualche ora. Qualcuna piange, altre no. Poi un giorno arrivano e lo prelevano. Lo portano in una stanza ed in quattro gli legano un laccio al collo e gli ammanettano i polsi alle caviglie. Il nostro comincia a sudare, non vorranno mica...sono un Ministro della repubblica italiana...poi lo sguardo gli cade sulle gambe per gran parte scoperte...porca eva, sono nere. Eh... si...sono nere, possono eccome! Possono fare tutto quello che gli pare, perché non conti nulla, sei nessuno, non hai diritti, non hai amici, non hai denaro (te lo hanno già rubato) e ti tocca...ma sopporta, fra qualche settimana forse riuscirai a partire, a trovare la vita nuova che cerchi ormai da tempo... E i giorni passano, e non accade niente...e ti chiedi perchè tocca proprio a te soffrire così tanto. Poi finalmente arriva il giorno tanto atteso e ti imbarcano su un gommone assieme ad altri compagni di sventura. E quando non si vede più la terra, succede quel
che succede quasi sempre: il gommone va a fondo e tu ti dibatti fra le onde, ma non sai nuotare, perchè purtroppo nel deserto da cui provieni non c’erano piscine e non c’erano corsi di nuoto. Le cose si mettono male, e quando l’acqua salata ti entra nei polmoni e ti toglie il respiro, quando hai urlato “aiuto!” per l’ultima volta...ti svegli. Sei nel tuo letto, nel tuo lussuoso appartamento, ti guardi attorno e vedi che è tutto al suo posto, i mobili, i quadri, i tappeti, tutto!Ti guardi le gambe ed esulti, non sono più nere. Evviva! Ti fai un caffè forte, bello nero, poi lo allunghi con un po’ di latte. Ripensi al sogno e scrolli le spalle. Domani è un altro giorno. Ma quando si avvicina la notte inizi a tremare, non vuoi chiudere gli occhi perchè sa che il sogno tornerà...camminare nelle scarpe di un africano è quanto di peggio ti possa capitare, ragioniamoci sopra, signor ministro, ragioniamoci sopra...Parole sante del saggio Saltaro delle Giudicarie.
PAG. 6 APRILE 2023
Saltaro
PAG . 7 APRILE 2023 ORGANIZZA LA GIORNATA PREVENTIVA CONTRO LA SORDITÀ PER TUTTO IL MESE DI APRILE OGNI MARTEDÌ PRENOTA ORA! LA PRIMA VISITA È GRATUTA! Tel. 3791665428 Sentire bene, per vivere meglio!
Mi è capitato alcuni mesi fa di incontrare una persona che si chiedeva se avesse senso dire “beata speranza”. Le pareva che questa espressione fosse poco fondata, soprattutto in occasione dei funerali, ma anche nella Messa quando si recita: “nell’attesa che si compia la beata speranza…”. Non sarebbe meglio trasformarla? Pare un modo di dire così pietosamente consolatorio! Sono rimasto alquanto sorpreso da queste considerazioni.
A me, invece, risulta un’espressione particolarmente bella e ricca di significato. Ho cercato di capire, continuando la conversazione, il perché di questa interpretazione così falsata.
Mi sono accorto che “beata speranza”, nel senso comune, cioè per quasi tutti noi, significhi ben poco. Anzi, quando parliamo di speranza, siamo portati a intenderla come un auspicio, un augurio che “andrà tutto bene!”. Ci riferiamo a qualcosa di bello, che desideriamo, che potrebbe avverarsi e accadere. Nel dire «Speriamo che domani finalmente piova!» non ne abbiamo la certezza, potrà essere che il cielo rimanga sereno.
La Speranza Cristiana non è questo. Essa si fonda sulla Pasqua, sulla Risurre-
Beata speranza!
di Don Celestino Riz
La speranza è simile all’atteggiamento, ai sentimenti, a ciò che prova una donna in “dolce” o “beata” attesa.
C’è fremito, timore, ma anche attesa gioiosa, attiva, vivace e fiduciosa. Auguri quindi di una Pasqua ricca di beata speranza!
zione, sulla testimonianza di chi l’ha visto risorto, provando gioia e meraviglia, così, insperatamente. Per questo la Speranza Cristiana è attesa, è desiderio, ma di qualcosa che già sì è compiuto, un’attesa beata, gioiosa, fiduciosa, di ferma attesa. Credere consapevolmente nella beata speranza cristiana, significa avere la certezza d’essere in cammino verso qualcosa che già è, non si tratta quindi solo di un desiderio che potrebbe avverarsi, bensì la certezza di
una cosa che si sta realizzando in pienezza per ciascuno di noi.
È la vita oltre questa vita, è la risurrezione, poiché supera la morte che è un solo passaggio.
La nostra risurrezione e quella delle persone che abbiamo amato, è una realtà certa radicata nell’evento della risurrezione di Cristo.
Chiediamoci: “Ma io spero? Vivo della beata speranza?”
Sperare significa quindi, imparare a vivere nell’attesa
che anima ogni momento della nostra vita, è vivere nella virtù della speranza che trasforma ogni evento, felice o triste, in beatitudine.
Imparare a vivere nell’attesa è ritrovare la vita in maniera totalmente nuova. Forse un’analogia ci può aiutare a comprendere cosa significa portare nel cuore
la virtù della speranza, lasciando che essa ci guidi nei nostri passi. È la gioia di una donna in attesa di un figlio: ogni giorno vive nell’aspettativa di vedere lo sguardo di quel bambino che verrà. La speranza è simile all’atteggiamento, ai sentimenti, a ciò che prova una donna in “dolce” o “beata” attesa. C’è
fremito, timore, ma anche attesa gioiosa, attiva, vivace e fiduciosa. Anche noi dobbiamo vivere e imparare da queste forme di attese umane, a esistere nell’attesa della beata speranza, nell’attesa fiduciosa di incontrare il Signore. Auguri quindi di una Pasqua ricca di beata speranza!
Alessandro Brugnoli è il nuovo direttore del Parco Naturale Adamello Brenta
Si chiama Alessandro Brugnoli ed è nato a Verona nel 1965; fino al 30 aprile sarà direttore tecnico dell’Associazione cacciatori trentini, mentre dal giorno dopo (diciamo probabilmente dal 2 maggio) entrerà nell’ufficio del direttore generale del Parco naturale Adamello Brenta, a Strembo. Non per svaligiarlo, ma per succedere a Cristiano Trotter, che ha vinto la selezione ed è andato a fare il direttore al Parco Paneveggio-Pale di San Martino, di cui fu direttore amministrativo fino al 2017, quando vinse la selezione di Strembo. Sul suo nome il Comitato di gestione ha fatto confluire il 75% dei voti dei presenti all’assemblea di giovedì 16 marzo: 18 voti su 24; 6 sono andati a Marcello Scutari, che face(a parte della terna scelta dalla Giunta esecutiva insieme a Brugnoli e a Costantino Bonomi.
Nel complimentarsi con il vincitore della selezione, il presidente del Parco Walter Ferrazza ha espresso a nome dell’ente un sincero
Il presidente Ferrazza: “Le competenze di Brugnoli saranno preziose per accompagnare il Parco nel cammino che sta facendo, così come lo sono state quelle del direttore uscente, con cui si è sviluppata un’ottima sintonia”.
ringraziamento anche al direttore uscente Cristiano Trotter. Quindi ha dichiarato che “le competenze di Brugnoli saranno preziose per accompagnare il Parco nel cammino che sta facendo, così come lo sono state quelle del direttore uscente, con cui si è sviluppata un’ottima sintonia. Va detto che, comunque il Comitato si fosse espresso, saremmo come si dice ‘caduti in piedi’ – ha aggiunto Ferrazzaperché tutti e tre i candidati erano seri e capaci. Da domani torniamo a rimboccarci le maniche per affrontare con fiducia le sfide che ci attendono”.
Alessandro Brugnoli: chi
è costui? Si è laureato in scienze naturali presso il Dipartimento di biologia animale e genetica di Firenze, con una tesi svolta in collaborazione con l’allora Museo tridentino di scienze naturali, oggi Muse. Ha lavorato dapprima come ricercatore all’Istituto di selvicoltura dell’Università di Firenze, per poi passare alla Provincia autonoma di Trento come funzionario forestale, con vari incarichi successivamente assunti anche presso la Commissione provinciale per l’esercizio venatorio, il Comitato faunistico e la Commissione di abilitazione alla pesca.
Dal 2000 ad oggi è vicedi-
rettore dell’Associazione cacciatori trentini con funzioni di comandante del corpo ei guardiacaccia e direttore tecnico.
Come si diceva, Brugnoli ha fatto parte della terna scelta dalla Giunta esecutiva secondo una procedura piuttosto macchinosa. In verità la Giunta non ha dovuto nemmeno scegliere, come ha spiegato il presidente al Comitato, perché alla selezione si sono presentati in cinque, due dei quali di fatto si sono chiamati fuori: Annalena Puglisi non si è presentata, mentre Daniele Bassan (già dipendente del Parco) pur partecipando al colloquio ha dichiarato di
non sentirsi ancora sufficientemente pronto per dirigere una struttura complessa come quella del Parco naturale.
Le novità per l’Ente non sono finite. Infatti oltre alla selezione per il nuovo direttore ha emesso un bando per il direttore amministrativo. Nel 2017, quando abbandonò (dopo poche settimane dal suo arrivo) il ruolo di direttore il padovano Silvio Bartolomei, dando una cocente delusione all’allora presidente Joseph Masè che lo aveva trovato ed incoraggiato a venire a Strembo, rassegnò le dimissioni anche la direttrice amministrativa. Che non fu
mai sostituita, probabilmente perché Trotter, per storia e per competenze (era direttore amministrativo del Paneveggio-Pale di San Martino) poteva svolgere anche quell’incarico.
Brugnoli ha davanti un compito di responsabilità. Non è un caso che rispetto al passato si siano presentati pochi aspiranti. Se al momento della scelta di Trotter alla selezione parteciparono in otto, stavolta erano solo cinque. E nemmeno uno viene dalla struttura del Parco, nonostante (per ammissione di molti) le teste pensanti esistano anche in quegli uffici. Molte le tematiche sul tavolo, che vanno dal rapporto con i grandi carnivori (lupi ed orsi) al turismo di massa che volenti o nolenti impatta sul territorio, dalla ricerca scientifica all’educazione ambientale, dalla crisi idrica (con la scomparsa dei ghiacciai, che è qualcosa di più di un rischio) ai rapporti con la provincia, da cui discendono le risorse economiche, benzina per andare avanti.
PAG.
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APRILE 2023 Attualità
di Giuliano Beltrami
Riprendere entusiasmo per la nostra libertà
Quanto è bella la libertà, ma quanto è facile perderla quando la si dà per scontata!
Viviamo, come tutti avvertiamo, un periodo di grandi trasformazioni sotto vari punti di vista e ad ogni livello della nostra società. Nel trambusto di ogni giorno probabilmente non ci rendiamo conto che qualcosa di pericoloso sta verificandosi per rapporto al valore fondamentale che la libertà.
Abbiamo moltissimi documenti, dagli statuti comunali alle Nazioni Unite che mettono la libertà fra i principi fondamentali che debbono reggere la nostra società e per i quali le istituzioni devono impegnarsi a garantire. Non certamente la libertà di fare quello che si vuole, ma la libertà di cittadini che, posti davanti a diritti e doveri, devono poter avere, coltivare ed affermare la loro dignità in un quadro in cui nessuno possa offendere o limitare le loro idee, i loro pensieri e la possibilità di agire senza limitazioni nel rispetto delle regole. Abbiamo avuto nel passato, anche non mol-
to remoto, periodi nei quali non si era liberi di pensare ed esprimere ciò in cui si credeva e manifestare apertamente le proprie idee nei confronti di chiunque ed in particolare nei confronti dei governanti. Purtroppo stiamo registrando situazioni in cui molte affermazioni solenni presenti nei vari documenti delle società democratiche non hanno più quella “sostanza” che abbiamo visto in tempi in cui si lottava con generosità e determinazione per affermare la propria libertà. Vi è l’affermarsi di un crescente individualismo che mira solo al raggiungimento di interessi personali, con una noncuranza di ciò che ci
circonda nella società e senza porre la necessaria attenzione a manipolazioni, soprattutto di carattere politico, che ci stanno portando verso tempi oscuri. Sta perdendo sempre più fiato l’entusiasmo per la libertà. Lo si avverte in varie parti d’Europa, oltre che a livello globale. Per quanto riguarda la nostra Europa segnali allarmanti si avvertono in Germania, e tutti sappiamo che cosa significhi la Germania nell’Europa e per l’Europa. Di fronte all’affermarsi di movimenti di estrema destra che generando paura con la motivazione che le identità nazionali sono in pericolo per la l’avanzare di diversità non allineate con la
tradizione nazionale, dal colore della pelle e costumi di vita, vi è troppa indifferenza. Serve maggiore consapevolezza di pericolosi fenomeni sociali che anche i media non mettono sufficientemente in evidenza. Basta star bene e soddisfare i propri bisogni e desideri come vogliamo e poi non interessa quello che dicono e quello che fanno coloro che ci governano, sono affari loro.
Di fronte alla stessa guerra in Ucraina, sta scemando l’approccio iniziale nel sostenere un popolo al quale l’invasore ha tolto la libertà. Ora basta che si mettano d’accordo come vogliono in modo che noi non si abbia più nessuna
conseguenza è che si possa riprendere a vivere meglio, come prima della guerra, e non ci importa che le soluzioni che saranno dotate feriscano pesantemente la libertà di un popolo.
Si avverte pure in varie parti dell’Europa l’affievolirsi della volontà di impegnarsi sulla base di quel principio di sussidiarietà di cui abbiamo parlato più volte nel nostro giornale e per il quale ogni persona deve innanzitutto utilizzare tutte le proprie forze e possibilità per soddisfare i propri bisogni.
Meglio è che sia lo Stato ad occuparsi il più possibile per farci star meglio e poi non interessa che lo Stato approvi
leggi ed assuma decisioni che non sono in linea con i principi e valori fondamentali dell’agire umano. Anzi, meglio sia lo Stato in qualche maniera a darci un lavoro o comunque creare le condizioni perché io possa star bene, ed il resto non interessa.
Quanto riguarda l’Europa, è importante che da Bruxelles arrivino soldi e tutto il resto non interessa.
No. È necessario che si prenda tutti coscienza della necessità di una ripresa di entusiasmo nel sostenere la libertà, ad iniziare dalla libertà di stampa e di opinione, che sono basi fondamentali della democrazia. Il tema della libertà deve ritornare al centro di dibattiti pubblici, dibattiti che devono poi convogliare ciò che ne esce nei canali costituzionali a nostra disposizione.
Dopo la caduta del Muro di Berlino si dà per scontato di essere entrati, anche nell’Est europeo, in una nuova epoca di grande libertà data per scontata. Purtroppo non è così; rendiamocene conto e agiamo di conseguenza.
PAG . 9 APRILE 2023 Europa
di Paolo Magagnotti
Dobbiamo cogliere con maggiore attenzione inquietanti segnali di rallentamento di entusiasmo per la nostra libertà. Cerchiamo di riflettere e riversare in canali costituzionali le nostre preoccupazioni.
L’ambiente è un sistema complesso, le soluzioni facili non funzionano
La siccità di questi ultimi mesi ripropone il tema dei cambiamenti climatici ed in conseguenza rimette in discussione i rapporti tra sistema economico e sistema ambientale. In proposito i proclami, le enunciazioni di principio, le proposte di soluzioni avveniristiche sono molto numerose. Così come frequenti sono le analisi che considerano solo un aspetto specifico del problema ambientale proponendo soluzioni che apparentemente risolvono il problema, ma che in realtà spostano semplicemente il medesimo in altri paesi o in altri settori produttivi.
Le difficoltà che si incontrano con i temi ambientali derivano frequentemente dall’essere l’ambiente un sistema complesso nel quale è necessario tener conto non solo dei singoli elementi ma anche dei legami che si formano tra i medesimi. Inoltre gli interventi dell’uomo, nella maggior parte dei casi, non modificano un solo aspetto dell’ambiente, ma intervengono su vari componenti del medesimo. Ancora va sempre tenuto presente che quando si par-
di Geremia Gios
Al di là delle posizioni ideologiche su trasporti ed emissioni, uno sguardo ai dati e ai bisogni reali per fermare la distruzione del pianeta come lo conosciamo oggi.
la di sostenibilità, ossia di qualche cosa che deve durare nel tempo, è necessario tenere presente contemporaneamente gli aspetti ambientali, sociali, economici, non solo, quindi, i soli aspetti ambientali.
Prendiamo ad esempio il tema del riscaldamento globale. E’ noto, in proposito che aumenti di temperatura di pochi gradi possono creare notevoli danni economici e, al limite, l’impossibilità per la vita dell’uomo sulla terra. Possiamo, in proposito paragonare la terra al corpo umano. Generalmente ognuno di noi ha una temperatura corporea pari a 36/37 gradi. Se questa temperatura sale di un paio di gradi siamo messi male, se aumenta di 4/5 gradi rischiamo se-
riamente di fare una brutta fine. La stessa cosa avviene a livello del pianeta. E’ noto che la maggior parte degli scienziati ritiene che l’aumento di temperatura sulla terra sia la conseguenza dell’aumento della presenza nell’atmosfera dei cosiddetti gas serra. Tra questi di gran lunga il più importante è l’anidride carbonica che deriva, per lo più, dall’utilizzo di combustibili fossili. Considerate le potenziali conseguenze negative dell’effetto serra il dibattito sull’argomento è molto acceso anche in conseguenza dell’orientamento della Commissione dell’Unione Europea che spinge perché a partire dal 2035 non possano più essere prodotte automobili con motori a scop-
pio quali quelle attualmente in circolazione. Le attuali automobili dovrebbero, pertanto, essere sostituite da vetture con motori elettrici. Le conseguenze in termini di competitività industriale dei diversi paesi, costi per i consumatori, occupazione sono enormi. In conseguenza la discussione si è accesa e si sono creati due partiti che sostengono l’uno la necessità di arrivare a tale sostituzione l’altro la dannosità della medesima. Frequentemente i sostenitori dell’una e l’altra tesi si arroccano su posizioni ideologiche senza tener conto dei dati effettivi. Proviamo allora a partire da alcune informazioni di base. Il contributo delle emissioni europee è pari a circa il 7,3% dei gas serra complessivamente emessi a livello mondiale. Sempre in relazione al totale mondiale il contributo delle emissioni italiane è pari all’1,2%.
I trasporti sono tra le principali cause dell’emissione di gas serra. In Italia, ad esempio, circa il 30% di tutta l’anidride carbonica dispersa nell’atmosfera deriva dai trasporti (merci e
passeggeri). Per questo il tema della sostituzione dei tradizionali motori a scoppio con altre tipologie è al centro delle considerazioni di politica ambientale. Questo anche perché le automobili sono all’origine di un’altra importante forma di in inquinamento costituita dalle polveri sottili (PM10, PM2,5). Polveri sottili che sono fortemente nocive per la salute umana e che si addensano in particolare nelle aree urbane e nei periodi invernali. Rispetto ai limiti di concentrazione delle medesime polveri sottili previsti dall’Unione Europea, ad esempio, nelle aree di fondovalle del trentino tra il 16 e il 25 febbraio 2023 ci sono stati dieci giorni consecutivi di valori superiori al limite considerato ammissibile. Allo stato attuale la tecnologia utilizzabile su larga scala per sostituire i motori a scoppio e costituita dalla trazione elettrica basata su batterie. L’utilizzo di auto elettriche rispetto a quelle a scoppio riduce fortemente l’inquinamento locale ossia la produzione di polveri sottili, mentre allo stato attuale
della tecnologia molto più controverso è il contributo alla riduzione dell’inquinamento globale (emissione gas serra). Questo perché la produzione e la ricarica delle batterie richiedono processi che comportano a loro volta emissione di anidride carbonica. Processi che risentono molto delle fonti utilizzate per produrre l’energia elettrica utilizzata (E’ noto in proposito che il carbone inquina molto il fotovoltaico quasi zero). Secondo uno studio recente passare da un’automobile a benzina o a diesel ad una elettrica, tenendo conto del parco automobilistico italiano significa ridurre per ogni chilometro percorso rispettivamente del 18% e del 19% l’anidride carbonica emessa. Si tratta di una percentuale tutto sommato modesta che conferma che per contrastare l’effetto serra come altri aspetti del degrado ambientale non ci si può limitare ad un aspetto. E’ necessario rimettere in discussione l’intero modello di sviluppo e, forse, purtroppo, non siamo ancora pronti per farlo
Akademia, un progetto per aiutare gli studenti a concretizzare le conoscenze acquisite
“Siamo convinti che passione, dedizione, curiosità e intraprendenza siano le migliori carte da mettere in gioco per inserirsi nel mondo del lavoro - così Kumbe ed Innova. - Abbiamo lanciato insieme Akàdemia, un progetto per aiutare gli studenti a concretizzare le conoscenze acquisite durante gli studi e trasformarle in attività operative e spendibili sul mercato.” Di cosa si tratta?
A Tione le due aziende Innova e Kumbe hanno deciso di collaborare per un obiettivo comune, quello di formare giovani talenti, unendo studio ed operatività. ”Vogliamo dare concretezza. - spiegano in coro. - Il partecipante che dimostrerà di avere particolari competenze e sintonia con la nostra visione avrà la possibilità
A Tione le due aziende Innova e Kumbe hanno deciso di collaborare per un obiettivo comune, quello di formare giovani talenti, unendo studio ed operatività.
di essere assunto.”
Parliamo del progetto Akàdemia che si rivolge a giovani under30, includendo anche gli studenti di quarta e quinta delle scuole superiori. Sono richieste passione per l’informatica o l’ingegneria elettronica, o comunque interesse verso il mondo digital, temi centrali per entrambe le aziende. Che altro serve? Un pizzico di intraprendenza per sapersi mettere in gioco.
Entrando nel merito, da una parte c’é Innova, azienda dedicata all’ideazione, sviluppo e produzione di soluzioni per il riscaldamento, la ventilazione e la climatizzazione. Lavora unendo competenze tecniche e creatività, tecnologia e design, passione italiana e visione internazionale, garantendo al prodotto finale alti standard in efficienza energetica e qualità delle prestazioni.
Dall’altra si ha Kumbe, una digital agency full stack, specializzata nella realizzazione di portali di destinazione e turistici, attività di marketing e comunicazione. Qui un numeroso ed affiatato team di giovani professionisti offre ai clienti tecnologia e servizi digitali completi.
Sono tre i corsi proposti, interamente gratuiti: il corso Kumbe (29-30-31 maggio), il corso Innova
(5-6-7 giugno) e il corso Akàdemia che unisce entrambi. Si affronteranno diversi temi, alla teoria verrà affiancata una parte pratica dove il partecipante avrà la possibilità di mettersi in gioco e dimostrare le sue abilità. La possibilità di assunzione a fine periodo formativo costituisce un’opportunità concreta, lavorativa e sfidante, in due realtà consolidate del territorio.
L’iscrizione é entro il 30
aprile. Per partecipare ad Akàdemia è richiesto l’invio di una lettera motivazionale in cui il candidato dovrá presentarsi e raccontare cosa lo ha spinto a partecipare al corso, le sue ambizioni e aspirazioni. “Ci piacerebbe sapere chi sei, cosa ti appassiona, quali sono i tuoi interessi e quali prospettive lavorative ti sei posto”. Contatti e maggiori informazioni dal sito.
PAG. 10 APRILE 2023 Attualità
di Martina Sebastiani
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Bleggio, per l’agricoltura serve un bacino di riserva
La situazione nell’altipiano del Bleggio é preoccupante quando si parla di acqua. Il Consorzio Irriguo del Bleggio è unanime nella volontà di rinnovare i due terzi degli impianti, che con cinquant’anni di storia disperdono e sprecano acqua preziosa: mancano però i finanziamenti. Da qualche anno si parla anche di un possibile bacino per raccogliere l’acqua.
“Le produzioni mensili della centrale di Ponte Pià e di quella di Cillà rivelano una situazione preoccupante – racconta Gianluca Schiavi, direttore generale del Consorzio elettrico industriale di Stenico. - Parliamo chiaramente di carenza nella portata d’acqua disponibile, a cui è direttamente proporzionale la produzione di energia”. Dati alla mano, confrontando il 2022 con il 2021, mese per mese, la quantità di energia prodotta nell’ultimo anno è davvero scarsa. La produzione parziale del 2022 supera di poco i 10mila Mwh, dato allarmante a confronto con la media annuale degli ultimi 10 anni di circa 18mila Mwh. I picchi riguardano i mesi estivi per la centrale principale di Ponte Pià, con riduzioni che arrivano fino al 50%. La centralina di Cillà, quella più piccola che usa l’acqua sulla condot-
Dopo la siccità dell’anno scorso, il 2023 minaccia di essere anche peggio. Già da ora i dati del Consorzio elettrico di Stenico rivelano una situazione critica alla centralina di Cillà. La preoccupazione non riguarda solo la produzione idroelettrica ma anche l’agricoltura locale.
energia senza doverci approvvigionare dal mercato coi prezzi attuali, che sull’agricoltura”.
ta del Duina, in stagione agricola usa solo l’acqua di supero rispetto a quella concessa al Consorzio irriguo. Ebbene, le produzioni degli scorsi luglio e agosto sono pressoché
nulle.
“Quest’anno è cominciato già peggio dello scorso anno – chiosa Schiavi - e non avendo nevicato, il serbatoio naturale che alimenta il Duina è ridottissimo. Ciò lascia presagire, almeno per i prossimi sei mesi, un’importante scarsità d’acqua con forti ripercussioni sia sulla nostra capacità di produrre
Ci vedono lontano dal Ceis, la preoccupazione riguarda davvero anche il mondo agricolo. “Sono seriamente in pensiero per quanto potrebbe accadere quest’anno - queste le parole di Claudio Serafini, presidente del Consorzio irriguo del Bleggio.L’esperienza vissuta l’anno scorso spinge il nostro Consiglio di Amministrazione a cercare delle soluzioni che arginino il problema della siccità”.
Il Consorzio Irriguo del Bleggio si estende per 300 ettari circa, da Ponte Arche al Durone, da Cillà a Balbido. Ne fa parte chiunque possieda anche
un piccolo pezzo di terreno, siano 10 metri quadrati o 10 ettari. “Il Consiglio ha già deliberato l’intenzione di rinnovare i vecchi impianti a pioggia e la decisione è stata accolta in Assemblea con tutti i consorziati. Parliamo di un grande areale, dove un terzo di impianti è a goccia, nuovo ed automatizzato, quello dei frutteti, due terzi invece di impianti a pioggia, datati almeno di 50 anni, da Marcé a Bivedo a Cares, che disperdono grandi quantità di acqua. Benché ci sia la volontà condivisa di intervenire, mancano i finanziamenti.”
“Già da qualche anno – aggiunge poi – è nata l’idea di creare un bacino di riserva per l’irriga-
zione. L’idea è quella di trovare un punto strategico allo stoccaggio dell’acqua per l’irrigazione per quelle che sono esigenze attuali, sempre con un’ottica rivolta al futuro. Il Consiglio è unito nel portare avanti quest’iniziativa e ci lavora attivamente, ma siamo ancora in una fase embrionale, la progettazione vera e propria è ancora lontana. Nel frattempo gli effetti del cambiamento climatico riguardano soprattutto l’allungamento dell’irrigazione primaverile con le piante che iniziano a dare i primi movimenti già a inizio marzo. Cerchiamo di lavorare anche in questo caso per anticipare le irrigazioni con le concessioni esistenti”.
PAG. 12 APRILE 2023 Ambiente
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di Martina Sebastiani
Siccità, la diga di Bissina in emergenza
Chiare, fresche, dolci acque sì, ma l’acqua di fiumi e laghi può avere caratteristiche simili quando presente in abbondanza. Invece ormai da mesi è poca, troppo poca anche da noi. Come non si è mai visto. Per esserne pienamente consci e prospettare quali azioni di adattamento siano da intraprendere rispetto a questa situazione, tramite l’aiuto della sindaca di Valdaone Ketty Pellizzari, siamo andati a verificare la misura di pienezza della diga di Bissina e le possibilità di ovviare ai disagi ambientali che ne derivano. “Ad oggi nell’invaso di malga Bissina sono presenti 9,5 milioni di metri cubi d’acqua - chiarisce Pellizzari -. La capienza massima complessiva è pari a 71,8 milioni; il riempimento di malga
Bissina quindi è al 15,8%. Per quanto riguarda la neve ce ne sono circa 50 centimetri, l’anno scorso erano 40, insomma davvero pochi; la neve è vitale per le falde acquifere e la pioggia, che speriamo possa arrivare prima o poi, non potrà comunque compensare questa carenza”.
Una condizione che preoc-
di Mariachiara Rizzonelli
Il
riempimento di malga Bissina è solo al 15,8%. Per quanto riguarda la neve ce ne sono circa 50 centimetri, l’anno scorso erano 40: la situazione è difficile.
cupa lei e gli altri amministratori comunali delle Giudicarie. Se a livello idrico infatti la situazione 2023 replicherà o peggiorerà quella del 2022, gli acquedotti andranno in sofferenza.
“È normale nei nostri paesi veder scorrere l’acqua copiosa dalle fontane e poterla utilizzare senza grande parsimonia per i nostri orti e piccoli campi, ma ormai tutto ciò non è più scontato. Il nostro comune ha però realizzato interventi importanti e vorrebbe farne altrettanti per efficientare la rete acquedottistica locale, consapevoli comunque che se questo periodo di siccità perdurerà purtroppo questo non basterà”, sottolinea la sindaco.
Perciò, come altri comuni, il comune di Valdaone attraverso la società in house GEAS S.p.A. ha anche
presentato un progetto sul bando PNRR per la Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti, progetto che prevede sui tratti di maggiore criticità per perdite operazioni di sostituzione e rinnovamento delle infrastrutture acquedottistiche. La domanda è stata ammessa ma non finanziata, destino che ha riguardato tutte le domande dei Comuni trentini. Il comune di Valdaone avvierà comunque alcuni stralci di questo progetto attraverso il supporto provinciale e utilizzando le proprie risorse economiche. Ed ecco appunto la seconda ragione di preoccupazione, di natura economica questa volta, spiega la sindaca Pellizzari, circa siccità e capacità di continuare a po-
ter finanziare come comuni quei servizi che attenuano l’oggettivo svantaggio della perifericità delle nostre zone, servizi che di fatto possono trattenere sul territorio le famiglie e sono in buona parte sostenuti con i finanziamenti ricavati dai canoni idrici.
“Le nostre maggiori entrate sono i canoni idroelettriciricorda Pellizzari - la siccità ha avuto un impatto sulla produzione idroelettrica del Gruppo Dolomiti Energia, gestore degli impianti. Per la società il costo maggiore dell’idroelettrico è legato ai canoni che rimangono sempre invariati nel tempo; l’attuale situazione però, tra costo dell’energia, inflazione e siccità può far implodere il sistema, per non parlare dell’incertezza che permane ancora sulla proroga delle stesse concessio-
ni idroelettriche. Insomma si naviga a vista e all’orizzonte c’è solo nebbia e non pioggia purtroppo”.
In ordine invece a possibili interventi di mitigazione di questa situazione siccitosa la creazione di invasi di riserva potrebbe essere attuabile. Alcuni, come ricordava il vicepresidente della Provincia Tonina durante il sopralluogo fatto con il comune alla diga di Bissina ad inizio marzo, sono già stati fatti.
In ordine alla creazione ancora di una cabina di osservazione presso il B.I.M. del Chiese, Pellizzari non crede possa essere troppo efficace: “Ho avuto spesso modo di confrontarmi con i funzionari provinciali dell’APRIE (Agenzia Provinciale per le Risorse Idriche e l’Energia) e ho potuto apprezzare la loro preparazio-
ne professionale e la loro approfondita conoscenza del sistema idrico e degli impianti idroelettrici della Provincia di Trento; nel momento in cui si dovessero far valere i propri interessi è fondamentale agire come sistema Trentino. Se non vi sono dubbi nel condividere che tutti i Comuni dell’asta del Chiese debbano unirsi per la salvaguardia del patrimonio ambientale che scorre lungo i nostri territori, dall’altra non ci si deve nascondere il fatto che l’utilizzo dell’acqua per scopi idroelettrici in un periodo di prolungata siccità possono diventare antitetici. Tuttavia, conclude, si può ancora partire da questo stesso assunto per trovare insieme delle soluzioni “non dimenticando il passato e il percorso che ci ha portato alla situazione attuale, ma soprattutto smettendo di navigare a vista, fermandoci, aprendo la mente e progettando soluzioni a medio lungo termine; gli obiettivi devono essere evitare lo spopolamento delle nostre montagne trentine e la continuità produttiva dell’agroalimentare italiano”.
Franco Panelatti, ingegnere ambientale:
“Fondamentale rinnovare le condutture”
In qualità di ingegnere ambientale come vede la situazione idrogeologica del territorio locale dopo mesi di assenza delle piogge?
La carenza idrica ha ripercussioni su tutte le componenti ambientali del nostro territorio: i corsi d’acqua e i laghi sono prossimi alla portata e al livello minimo vitale, i boschi stanno soffrendo della carenza di precipitazioni mentre la campagna ne ha risentito già a partire dalla scorsa estate. Parecchi acquedotti nei nostri centri abitati hanno risentito lo scorso anno della carenza della risorsa idrica, Storo e Borgo Chiese ad esempio hanno le fontane pubbliche chiuse da più di un anno. Va detto che le reti acquedottistiche presentano diversi problemi legati alla vetustà ed allo scarso monitoraggio delle perdite e questo ha fatto sì che varie amministrazioni comunali abbiano deciso di mettere nei loro bilanci importanti risorse per la manutenzione delle proprie reti. Il Comune di Borgo Chiese ha intrapreso tramite la società partecipa-
ta E.S.Co. BIM un’accurata indagine sull’acquedotto del centro abitato di Condino al fine di individuare i tratti che presentano maggiori criticità e poter intervenire nella ricerca e riparazione delle perdite.
Cosa si prospetta a livello di abitazioni civili se continua questa mancanza d’acqua?
Il persistere di questa situazione può portare le amministrazioni comunali a decidere un razionamento dei consumi come abbiamo visto nel Comune di Castel Condino e Storo.
Cosa a livello della monticazione e dell’alpeggio?
Indubbiamente le scarse precipitazioni nevose di questo inverno creano non poche preoccupazioni in vista dell’alpeggio estivo; lo scarso apporto nevoso molto probabilmente sarà causa di poca disponibilità di acqua per le malghe. La scorsa estate si sono verificati casi di chiusura anticipata della monticazione in alcuni alpeggi proprio a causa della mancanza di acqua.
Come adattarsi a questa situazione?
Per quanto riguarda l’uso domestico è importante im-
parare un utilizzo più consapevole e razionale della risorsa evitando gli sprechi. A livello agricolo ritengo sia necessario che il settore implementi sistemi di irrigazione delle culture più efficienti in modo da ridurre la richiesta di acqua (come l’irrigazione a goccia che consente di annaffiare le piante con continuità conservando l’idonea umidità del terreno e razionalizzando il consumo di acqua, evitandone lo spreco).
Favorire o forzare l’adozione di sistemi di recupero delle acque reflue?
Il recupero delle acque reflue è una soluzione interessante soprattutto in campo agricolo. Il riutilizzo delle acque reflue, al termine del processo di depurazione, è consentito solo per l’irrigazione in agricoltura, in aree a verde o sportive, per destinazione civile, lavaggio strade, sistemi di riscaldamento/raffreddamento, alimentazione di reti di adduzione e destinazione industriale, antincendio, processo, lavaggio e cicli termi-
ci. È necessario valutarne con attenzione la fattibilità, in funzione dei costi, visti comunque i consumi relativamente modesti invece dei nostri centri abitati.
Spingere sul rinnovamento delle condutture delle acque dolci negli abitati?
Questo è un aspetto fondamentale. Il Trentino è un territorio montano abituato ad avere abbondanza di acqua nelle proprie sorgenti e falde. Queste ultime stagioni poco piovose fanno emergere sempre di più le criticità delle reti di adduzione (tubazioni tra le opere di captazione delle acque e i serbatoi di accumulo) e soprattutto di distribuzione (tubazioni che dal serbatoio vanno ad alimentare le utenze allacciate). Non a caso molti Comuni si stanno concentrando nella manutenzione dei propri acquedotti come dimostrato anche dalle richieste di accesso ai fondi PNRR dedicati. Questa situazione ha portato alla luce tutte le criticità della gestione comunale degli acquedotti che siamo abituati a vedere
nei nostri territori; poche reti hanno contatori installati sull’adduzione e sulla distribuzione con conseguente scarsa percezione delle perdite e dell’effettivo fabbisogno delle reti.
Spingere verso l’adozione di specie vegetali resistenti all’acqua nelle aiuole pubbliche e private?
La scorsa estate si sono verificati casi di ordinanze omunali che hanno vietato l’uso di acqua per irrigazione dei giardini e questo deve far riflettere sul valore della risorsa; adornare il proprio giardino con specie vegetali meno esigenti può senz’altro aiutare ad aumentare il risparmio ma ritengo che in questa fase sia difficile “spingere” un privato cittadino alla scelta di determinate specie vegetali precludendone altre. Per quanto riguarda le aiuole dei parchi ritengo che al momento sia sufficiente fare un’analisi del sistema irriguo installato e intervenire puntualmente per installare soluzioni più efficienti.
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Fiavé, approvato il progetto per la rotatoria, rimane l’incognita autorizzazione
di Martina Sebastiani
PAG. 14 APRILE 2023
memorial
Concorso fotografico
“Roberto Bosetti”
Territorio
La riqualifica urbanistica a Stenico di piazza Giovanni Prati e piazza Garibaldi (ex piazza Di Sotto) é in dirittura d’arrivo. Dopo due incontri di confronto con la popolazione, lo scorso 3 marzo se ne ha avuto un terzo, di nuovo particolarmente partecipato. Una modalità applicata anche per i lavori al cimitero del paese. Le polemiche, specialmente nel caso dei lavori nel luogo di culto, non sono mancate.
“Questo é un momento dove ascoltare le opinioni degli abitanti - così ha introdotto la serata la sindaca Monica Mattevi. - Sono loro che vivranno quotidianamente i cambiamenti in paese”.
Per gli attesissimi lavori di riqualifica urbanistica delle due piazze di Stenico, la popolazione, resa partecipe già in fase preliminare del progetto, ha potuto contribuire con le proprie segnalazioni. L’attuale progetto, già appaltato a una ditta della Val di Cembra, vede oggi un risvolto concreto.
“Le pratiche burocratiche hanno allungato i tempile parole di Mattevi - nel frattempo i rincari hanno portato la spesa complessiva a 500mila euro, di cui 370mila quelli destinati ai lavori”.
Il progettista Moreno Baldassarri di Dorsino, alle spalle realizzazioni importanti come quella nel centro storico di San Lorenzo
Stenico, si sposta la fontana di piazza Giovanni Prati
Le storiche piazze di Stenico Giovanni Prati e Garibaldi torneranno al loro antico splendore. Il progetto di riqualifica urbanistica, da 500 mila euro, è giunto in fase esecutiva.
(solo per citarne uno), ha spiegato le motivazioni dietro le proprie scelte tecniche. “L’opera ha lo scopo da una parte di ridare vita e dignità a luoghi che sono simbolo storico di aggregazione sociale, dall’altra di rendere le aree sicure e fruibili, sia per vetture che pedoni – così ha detto Baldassarri. - Per riportare la piazza al suo antico e autentico splendore, abbiamo svolto un lavoro di ricerca di foto storicche.” É infatti sotto lo sguardo attento del pubblico che il progettista ha mostrato le immagini di Stenico, in macerie dopo l’incendio del 1914, e ha
spiegato come nel tempo le due fontane di ciascuna piazza hanno subito delle modifiche.
Entrando nel dettaglio, la fontana di piazza Giovanni Prati, si trova attualmente in posizione centrale, e risulta un ostacolo per le manovre del traffico. Dopo opportune autorizzazioni da parte del Servizio UrbanisticoTutela Ambientale e della Sopraintendenza dei Beni Culturali, verrá spostata in zona piú appartata, con dislivello e area verde a creare distacco col traffico. Verranno predisposti parcheggi e aree di transito pedoni. Sará l’occasione
per garantire nuovi servizi, come il rifacimento dell’acquedotto sottostante, e l’illuminazione pubblica.
Delle luci di suggestione ai piedi delle fontane creeranno un effetto accoglienteper questi “social network di un tempo” come li ha definiti Baldassarri - anche di notte.
La fontana di Piazza Garibaldi vedrà un vero e proprio dissotterramento, essendo oggi coperta per circa 30 cm dai vari strati di asfalto gettati nel tempo.
Verrà data una maggior importanza al muro divisorio sottostante. Niente é lasciato al caso: i materiali destinati alla pavimentazione sono stati scelti accuratamente, dai bolognini in porfido, ai graniti, al ciottolato: l’obiettivo é quello di rimanere il piú possibile fedeli ai materiali della tradizione, e allo stesso tempo dare priorità alla funzionalità dell’opera. “I bolognini, disposti in file parallele, daranno un tocco di eleganza oltre che di tra-
dizionale essenzialità rurale” ha chiarito ad esempio il progettista. In sala ogni preoccupazione é lecita, dai ciottoli sporgenti della pavimentazione attorno alla fontana, al muretto di proprietà dell’asilo che per il momento rimane escluso dal progetto, fino al riciclo dell’acqua data la siccità estiva. Ce n’é per tutti, a Stenico ora si attende di vedere i risultati di quello che é un lungo percorso condiviso.
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Aveva un bel dire San Francesco che gli animali, anche quelli feroci, sono da amare e rispettare, anzi, vanno accolti come fratelli o lì vicino. Dai tempi del fraticello di Assisi sono passati molti secoli, il mondo è cambiato, e non necessariamente in meglio. Per la verità non serve scendere molto nei secoli per scoprire l’aumento della popolazione, passata in cinquant’anni (gli ultimi) da poco più di tre a otto miliardi di abitanti di questo porco mondo. Che invece è rimasto grande (o piccolo, fate voi) come cinquanta, cento, mille, diecimila anni fa. E la convivenza fra uomo e animali è diventata sempre più complicata anche nei nostri paralleli. Pensate ai cinghiali. E pensate a Roma, dove ormai fanno parte del paesaggio urbano, grufolano attorno ai cassonetti delle immondizie, spaventano chi fa jogging nei parchi. Ma la questione è sempre più attuale anche da noi. Probabilmente non serve ripercorrere la vicenda del basso Chiese, che trent’anni fa (lustro più, lustro meno) vide arrivare all’improvviso un gruppetto di cinghiali, acquistati (si dice) in allevamenti toscani e per questo dotati di orecchino identificatore. Su chi li abbia immessi è buio fitto. Almeno, è buio fitto sul piano dell’ufficialità, perché di nomi se ne fanno, ma sempre a mezza voce. E sono nomi di cacciatori vogliosi di selvaggina esotica da affiancare ai soliti caprioli, cervi e camosci. Sia come sia, dato che i cinghiali hanno una capacità riproduttiva che supera
Cinghiali e cornacchie, continuano gli abbattimenti nel Chiese
di Giuliano Beltrami
Nel 2022 sono stati uccisi in zona poco meno di 200 cinghiali. Caccia anche alle cornacchie, colpevoli di insidiare il granoturco di Storo: nel 2021 ne erano state censite 600, dimezzate l’anno successivo.
perfino quella dei conigli, in trent’anni o poco più il numero dei residenti è aumentato a dismisura, conquistando anche territori inesplorati. Per capirci, se la partenza (l’immissione) ha visto coinvolti territori di Storo, Darzo e dintorni, con il passare degli anni i cinghiali sono saliti verso nord, arrivando fino nella zona di Boniprati. Ed è inutile rimarcare che ovunque arrivino fanno strage di pascoli e di orti in quota. Come ha denunciato qualcuno, si sono trasformati in una vera peste. Tant’è che la Provincia, ad un certo punto, viste le contestazioni (perché ce ne sono state!) ha emanato provvedimenti che consen-
tono di sparare anche fuori dalla stagione di apertura della caccia. A queste vanno aggiunte le uscite non quantificabili effettuate durante la stagione venatoria in concomitanza con la caccia ad altra selvaggina: capriolo, cervo e camoscio. Abbiamo usato il termine “sparare”, che non viene usato ufficialmente. Nel linguaggio paludato dei documenti viene usato il termine “controllo” per dire abbattimento. Evidentemente richiama meno la crudeltà e l’odore del sangue. La sostanza, ovviamente, non cambia. E dice che nel 2022 sono stati controllati nella valle del Chiese poco meno di 200 cinghiali.
Prima forniamo il dato riguardante le uscite, che sembrano moltissime perché sono collettive. A Bondone sono state 173, a Brione 73, a Castel Condino 123, a Cimego 98, a Condino 231, a Pieve di Bono 0, a Storo 1.232, a Bondo 1, a Breguzzo 0, a Daone 211, a Roncone 81. Venendo agli abbattimenti, i dati dicono che a Bondone sono stati cacciati 12 esemplari, a Brione 2, a Castel Condino 16, a Cimego 8, a Condino 35, a Storo 85, a Bondo e Breguzzo 0, a Daone 27, a Roncone 2, per un totale di 196 capi. A questi vanno aggiunti 56 feti, il che tradotto vuol dire che fra le vittime delle uscite ci sono
femmine gravide. Non è un dato banale: infatti chi spinge per una riduzione radicale della specie sostiene che il modo più spiccio è quello di abbattere le femmine in primavera, quando sono gravide. Perché va considerato che ogni femmina mette al mondo un massimo di dieci cuccioli alla volta. In passato ci fu chi suggerì un provvedimento drastico, ma proprio perché drastico mai messo in pratica: togliere la licenza per quell’anno ai cacciatori che in primavera non abbattono almeno una femmina.
LA CORNACCHIA IN GABBIA
Qualche anno fa iniziò nelle
campagne di Storo la caccia alle cornacchie, colpevoli del grave reato di lesa maestà nei confronti del pregiato granoturco di Storo. Problema: come fare per togliere di mezzo queste bestiacce? Ci scusiamo per l’ironia, povere cornacchie! La soluzione trovata è semplice: installazione di gabbie con richiami, così da convincere le ingenue ad entrare. A Lodrone sono state piazzate due trappole nelle quali sono cascate in totale una novantina di esemplari. Nelle due di Darzo ne sono state prese 112. Nella trappola di Storo ne sono state catturate 22. A margine c’è una notizia tipica dei nostri giorni: una delle trappole è stata vandalizzata, con liberazione degli animali.
Da qualche anno è in voga questa selezione. Per fornire qualche dato, nel 2012 sono state soppresse 106 cornacchie, nel 2014 112, 124 nel 2015, 96 nel 2016, 29 nel 2018, 32 nel 2020.
C’è pure un censimento nella zona di Storo e Bondone. Nel 2021 ne sono state censite 600, dimezzate l’anno successivo.
Fiavé, approvato il progetto per la rotatoria, rimane l’incognita autorizzazione
Lo scorso 23 febbraio il progetto definitivo é stato depositato in Consiglio a Fiavé: si parla dei lavori di sistemazione a rotatoria dell’intersezione della Statale dei Laghi S.S.421 con la strada provinciale di Fiavé S.P.5 e la comunale per la frazione di Favrio. In poche parole, l’incrocio all’altezza dell’autofficina Speranza, in località Canova.
L’opera é realizzata dal Comune di Fiavé su delega del Servizio Gestione Strade della Provincia. La rotatoria attende da almeno 5 anni, quando nel 2018 la precedente amministrazione Zambotti aveva portato il progetto in Consiglio per la prima volta. Se si vuole essere precisi l’opera, messa in programma già a partire da inizio mandato a maggio 2015, ha visto il primo incontro con la popolazione in data 29 settembre di quello stesso anno. Dopo
Si farà l’opera? A fine febbraio, in Consiglio comunale, é passato il progetto in via definitiva, ora si aspetta il via libera della Provincia per procedere con bando di gara e appalto dei lavori.
tanta burocrazia nel 2020, prima del Covid, la rotatoria stava già per partire coi lavori, c’erano accordi con la Provincia già dai tempi della giunta Ugo Rossi. Della rotatoria, a Fiavé, se ne parla quindi da tempo. Di sicuro un lungo percorso. Dopo un blocco da settembre 2020 al 2023, oggi si riprendono in mano le carte dell’opera. Si smuove la situazione? A gennaio nella seduta della giunta provinciale a Comano Terme è stato annunciato che il progetto per la sistemazione
della rotatoria era concluso, si parlava di 100 mila euro coperti dalla Provincia su circa 300 mila totali.
“Ad oggi manca l’autorizzazione da parte della Provincia - spiega l’attuale sindaca di Fiavé Nicoletta Aloisi. - Solo allora potremo procedere con il bando di gara e l’appalto dei lavori.” Per ora quindi non ci si sbilancia nel parlare di tempistiche, anche se dal Comune dicono di sperare in qualche passo ulteriore entro l’anno. “É un’opera strategica per il centro
abitato. Al momento - ha ricordato Aloisi - manca visibilità a chi, scendendo da Fiavé, imbocca le strade per Riva del Garda o in senso opposto, per Trento. Si tratta di un ingresso piú sicuro anche verso la frazione di Favrio. A questo si aggiunge il valore all’immagine del paese, di cui l’inserzione é ad oggi l’ingresso principale, anche
come accesso ad Erika Eis e al Museo delle Palafitte, patrimonio Unesco.” Si dicono di certo soddisfatti anche dal Gruppo di minoranza del Comune, di cui fanno parte alcuni consiglieri che nel 2018, in carica con la precedente Amministrazione, hanno promosso per primi la strategicità dell’opera. “Quella di oggi è sicuramente una
notizia positiva - ha commentato la capogruppo Eddy Calliari. - Da sempre ci premono i temi di viabilità e sicurezza sulle strade. Siamo contenti di aver lasciato in eredità diverse opere, il parcheggio del Polo Museale vicino al cimitero ad esempio. Speriamo vedano una conclusione”.
PAG. 16 APRILE 2023
Attualità
di Martina Sebastiani
Si può dire che venerdì 10 marzo è stato un “venerdì nero”? Lo diciamo, perché quel giorno ci ha lasciati un uomo scomodo, si potrebbe dire ingombrante, ma di uno spessore culturale che difficilmente si può raggiungere.
E la disavventura di chi raggiunge vette elevate è quella di sentirsi raggiungere dal basso dalle critiche. Perché l’invidia, la gelosia, il pettegolezzo, sono tutte armi improprie facilmente utilizzabili anche se non si è dotati di una buona mira.
Di Gianni Poletti (morto a 83 anni) hanno scritto e raccontato in tanti. Il Giornale delle Giudicarie mi chiede di ricordarlo, e non è facile farlo dopo averlo già ricordato mettendo inchiostro su altre pagine. Intanto va ricordata la biografia.
Nato subito prima della seconda guerra mondiale in una Storo contadina, com’erano contadine tutte le comunità del tempo, fu mandato in seminario perché gli insegnanti della scuola dell’obbligo erano convinti che lo meritasse. Allora accadeva così: non per niente molti degli uomini di quella generazione che hanno guidato le istituzioni provinciali, che hanno insegnato all’università, che sono finiti al Parlamento, sono passati dal seminario. Quasi tutti passati per studiare, ma usciti senza tonaca. Poletti no: lui era uno che arrivava sempre fino in fondo.
E arrivò in fondo anche lì. Fu consacrato sacerdote e iniziò a celebrare messa: prima in Vallagarina, poi nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento. Erano gli anni post
Addio a Gianni Poletti
di Giuliano
Beltrami
Aveva 83 anni. Insegnante e preside, scrittore e traduttore, impegnato nella vita culturale e amministrativa della vallata.
conciliari, che probabilmente alla maggior parte dei lettori di oggi non dicono niente, ma erano carichi di speranze, di utopie. E per contro, come di fronte a tutte le innovazioni, ci sono i tentativi di tornare indietro, di rifugiarsi all’ombra delle vecchie e comode certezze. Il dibattito nella Chiesa in quegli anni è fortissimo, e Gianni si ritira. Decide di tornare a casa. Lo fa con Silvana, insegnante come lui, con la quale mette su famiglia e cresce due figli, Stefano e Piero.
Insegna alla scuola media di Storo, di cui diventerà preside, prima di diventare dirigente dell’Istituto comprensivo del Chiese, insignito (per sua volontà) del nome di don Lorenzo Milani.
Ma Gianni è molto altro. E’ di quelli che pensano: il docente non può essere solo casa e lavoro. Deve sporcarsi le mani con il materiale di cui è fatta la comunità. Ecco che costruisce, insieme ad alcuni
amici, il Gruppo storico-culturale “Il Chiese”, sul finire degli anni Settanta, la cui evoluzione sarà, nel 1983, la nascita della Cooperativa culturale con lo stesso nome. E’ un contenitore dentro il quale si collocano le attività di animazione culturale: l’università della terza età e del tempo disponibile (portato a Storo e gestito direttamente dalla Cooperativa), la scuola musicale, il teatro dialettale, e poi le serate su temi di attualità, le pubblicazioni di storia locale, la rivista (chiamata con un pizzico di civetteria “forse mensile”) La Civetta. E potremmo andare avanti. Andiamo avanti con l’impegno politico. Sì, perché fare cultura in periferia (nel senso critico del termine) è fare politica. Gianni e i suoi amici fanno politica culturale e poi trasferiscono parte dei contenuti nell’amministrazione comunale, dove entrano all’opposizione. E lì
rimangono per quindici anni, finché i tempi maturano per il passaggio al governo. Maturano per lo sfascio generale subito da chi aveva governato negli ultimi decenni in Italia, in Trentino e nelle valli, ma anche perché i contenuti portati avanti da un’opposizione intelligente vengono premiati. Però in quel momento (è il giugno del 1995)
Gianni Poletti fa il defilato: non partecipa alla campagna elettorale. Dopo quindici anni si ritira dal ruolo amministrativo. Ma continuerà per almeno altri vent’anni ad avere un ruolo di animatore, oltre che di dirigente scolastico, di traduttore di opere filosofiche e teologiche dal tedesco, di editorialista sui giornali e di ricercatore sto-
rico. 130 opere ha calcolato Gianfranco Giovanelli, erede di Gianni alla presidenza dell’Associazione culturale “Il Chiese”, a sua volta erede della Cooperativa. Una mole difficilmente eguagliabile, soprattutto per qualità. Infatti esistono “grafomani” capaci di scrivere, pardon, di imbrattare carte, ma lontani dalla qualità. Il suo rigore è stato ricordato da Danilo Mussi, presidente del Centro Studi Judicaria, cui Poletti ha dato una parte del suo impegno: ricordiamo il voluminoso corpus di studi sulla famiglia dei conti Lodron. Finite le varie stagioni pubbliche (scuola, associazione “Il Chiese”, Amministrazione comunale), si era ritirato, non a vita privata, perché
continuava a sfornare libri e articoli di giornali. Non si era isolato nella torre d’avorio dell’aristocratico intellettuale. Semmai occorre dire che hanno cercato di fare di tutto per isolarlo nella sua vita. Altrove ho scritto che se fosse stato democristiano sarebbe potuto andare in carrozza verso il palazzo municipale di Storo e anche oltre. Ma ha vissuto in un’epoca in cui per gli spiriti liberi non c’erano targhe. Poi è vero che non si è aiutato con il carattere, sulle sue da apparire talvolta altero. Però su un punto aveva ragione: l’indipendenza è una trincea da difendere, costi quello che costi.
Bim del Chiese, un milione e settecento mila euro a sostegno del territorio
Nell’assemblea di venerdì 17 marzo, il Consorzio Bim del Chiese ha approvato all’unanimità lo stanziamento necessario a garantire anche per il 2023 i fondi relativi ai bandi promossi nel 2022 a favore della popolazione residente nel territorio del bacino imbrifero montano del Chiese. In particolare, essi riguardavano le borse di studio e i premi laurea, l’ambiente ed il paesaggio ed infine, l’energia rinnovabile.
Nel 2022 sono state accolte settantanove domande per un totale di oltre 120.000 euro concessi per le borse di studio a studenti universitari iscritti ad un corso di laurea triennale o magistrale che hanno conseguito un numero di crediti definito dal bando rispetto all’an-
140 mila euro per le borse di studio degli studenti universitari, 140 mila euro per i bandi agricoltura e un milione e mezzo per sostenere progetti per l’energia rinnovabile.
no di frequenza. Diciotto invece le richieste di premi laurea da parte di candidati che hanno dimostrato di aver il completato l’intero percorso di studi ed avere raggiunto un voto di laurea uguale o superiore a 106/110. La somma di denaro totale ammessa in tale ambito è stata di circa 18.000 euro. Per quanto concerne il bando agricoltura, sono
stati concessi ausili in denaro per gli impianti di coltivazione della fragola (fuori e in suolo), dei piccoli frutti, della vite da vino e da tavola, del ciliegio e degli alberi da frutto, delle castagne e della noce, per gli impianti di luppolo e per la realizzazione di prato stabile e arativo. Inoltre, esso comprendeva anche dei supporti a favore dei consorzi di migliora-
mento fondiario. Nello specifico, per interventi di bonifica, recupero e miglioramento del territorio posti in essere dai CMF e che coinvolgano particelle fondiarie di almeno tre proprietari. Le domande che sono state accolte sono state in totale venticinque, alla quale il Consorzio del Bim del Chiese ha concesso una somma di 140.000 euro complessivi.
L’altro settore preso in considerazione è stato quello dell’energia rinnovabile. Sono state accolte ben 736 domande, tutte finanziate per una somma che ammonta a 1.467.760 euro. Le richieste erano così suddivise: 38 domande per i collettori solari, 271 per il fotovoltaico (per un totale di oltre 1300 kw installati), 274 per le batterie di accumulo (per
un totale di più di 2.000 kw installati), 87 per le caldaie a condensazione, 3 per i generatori di calore a biomassa, 11 per le pompe di calore, 8 per gli impianti di ventilazione meccanica controllata e ben 44 per le stazioni di ricarica domestica per veicoli elettrici.
Un bando, quello energetico, presentato da molti anni da parte del Consorzio BIM del Chiese, ma che quest’anno vuoi per il momento delicato in cui ci si trova, vuoi per una diffusa sensibilità verso le energie rinnovabili ha raggiunto un’adesione veramente importante è un impegno di quasi un milione e mezzo di Euro. Una dimostrazione tangibile di come il nostro territorio sia attento a queste tematiche.
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APRILE 2023 Attualità
Ha preso avvio ad inizio marzo il progetto “+SportxNoi” ideato e realizzato da Martina Brunello per aiutare individualmente alcuni ragazzi con disabilità motorie dell’Istituto Comprensivo Val Rendena. La venticinquenne Brunello, di Carisolo, è un volto noto all’interno delle Giudicarie soprattutto in ambito sportivo. Fin da bambina ha praticato agonisticamente lo sci di fondo arrivando a classificarsi al Campionato Italiano col Comitato Trentino Fisi. Ma ciò che la rende conosciuta è soprattutto la sua brillante carriera di attaccante nel calcio femminile che l’ha vista militare sia in serie B che in serie A con Südtirol e Trento Clarentia. Un passione ed un talento in comune con la sorella gemella Greta, anch’essa calciatrice che ha condiviso con lei la maglia prima presso la Scuola Calcio Val Rendena e poi a Bolzano. Insieme le due sorelle si sono diplomate al Liceo della Montagna all’Istituto Guetti di Tione. Martina ha poi proseguito gli studi a Brescia, seguendo l’Università di Scienze Motorie ed ha iniziato la sua avventura con la squadra di calcio A5 Alta Giudicarie, dove gioca tutt’ora. Attualmente Martina insegna educazione fisica
Lo sport davvero per tutti con la campionessa di calcio
al Cfp Upt di Tione, tiene corsi di motricità all’Università della terza età e collabora con il Laboratorio Sociale di Tione. Dopo la laurea, ha proseguito il suo percorso di studi con la magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate presentando a luglio 2021 la sua tesi conclusiva dal titolo “Attività sportiva adattata: progetto per il territorio delle Giudicarie rivolto a cooperative sociali e associazioni sporti-
ve per il miglioramento del benessere e dell’inclusione dei propri utenti”. È proprio da questo suo lavoro di ricerca ed approfondimento che è sbocciato il progetto appena iniziato. Esso nasce dall’idea e dalla convinzione che lo sport sia un diritto di “tutti”, dove il “tutti” includa veramente anche le persone con disabilità, a prescindere dalle loro condizioni personali. Nel concreto, si tratta di otto ore di attività sportiva adattata per quattro ragazzi che sono stati indicati dalla referente dei bisogni educativi speciali Silvia Carbone: uno della scuola secondaria di Pinzolo, uno che frequenta il Centro scolastico a Darè e due studenti della scuola primaria di Giustino. «L’intento - spiega la giovane - è quello di sfruttare il tempo che quasi tutti questi alunni passano fuori dalla classe per avvicinarli all’attività motoria, migliorando attraverso un programma individuale il loro stile di vita e permettendogli verso la fine di incrementare le relazioni interpersonali così da includerli al meglio nel gruppo classe.». Attività, quelle proposte, che nel concreto variano dagli schemi motori di base, a
lavori sull’equilibrio, sulla coordinazione, sulla mobilità, sulla scioltezza e fluidità nei movimenti. Per Brunello è un sogno che prende forma: un’occasione lavorativa che unisce la sua grande predisposizione allo sport e l’interesse per un mondo, quello della disabilità, che ha avuto modo di esplorare soprattutto attraverso i tirocini universitari e che l’ha affascinata fin da subito. «Sono molto motivata poiché sono riuscita ad unire due delle cose alla quale tengo maggiormente: lo sport e la disabilità. Essere partiti con il mio piano nelle scuole coincide con la realizzazione di due anni di lavoro. Sono soddisfatta di quello che stiamo provando a fare
e l’auspicio è quello di riproporlo anche a settembre magari coinvolgendo nuovi plessi scolastici e più ragazzi.». Le prospettive future di Brunello sono quelle di dare vita al progetto come lo aveva pensato e descritto alle origini nella propria tesi di laurea, ossia per il tempo libero (post lavoro o doposcuola) al fine di fornire alle persone con disabilità dei momenti di “normalità”. «Spesso ci si dimenticapuntualizza l’esperta - che anche loro hanno la stesse necessità di fare attività sportiva di chiunque altro. Mi piacerebbe molto sensibilizzare al tema, coinvolgendo le moltissime società sportive presenti nelle Giudicarie».
PAG . 19 APRILE 2023 Sport
Martina Brunello, stella del calcio femminile locale, ha iniziato un progetto molto speciale con alcuni ragazzi con disabilità motorie.
di Matilde Armani
Rimuginare, quando “l’aver pensieri” diventa patologico
P er parlare ci serviamo di un macchinario assemblato in modo abbastanza buffo, che ci permette anche di respirare e che emette un flusso sonoro generato dalla glottide, dal palato, dalle corde vocali, dalla lingua, dai denti e dalle labbra. Il nostro cervello invece, che immaginiamo ma che non vediamo, evoca pensieri e soluzioni meravigliosamente varie e oscillanti il più delle volte astratte. Ma a volte si blocca e non è più padrone di se stesso, non abbiamo conoscienza dei limiti e restiamo in attesa di soluzioni che non arrivano. La capacità di pensare è tipica di noi umani, perché ci permette di riflettere, di decidere sul da farsi, di dare un significato alle cose. Ma quando non riusciamo ad innescare una soluzione che ci soddisfa e ci blocchiamo su immagini mentali ripetitive che non ci portano da nessuna parte, allora si instaura una sensazione di impotenza che genera tristezza, malessere ed ansia. Diventiamo apatici e i contenuti del nostro stato mentale non sono risolutivi si genera solo rimuginio! A livello evolutivo il rimuginio equivale ad attivare uno stato di attenzione costante che accresce la tensione come quando si avverte un pericolo che porta all’attacco o alla fuga. Si liberano le sostanze dell’allerta : la dopamina, l’adrenalina, il cortisolo che hanno azione negativa sulla capacità di concentrazione e sull’umore e influenzano il sistema immunitario. Il rimuginio è la malattia del pensare avanti e indietro. Vagare da recriminazioni del passato a timori per il futuro, senza più contatto col presente col quale invece bisognerebbe reagire e agire. I pensieri del rimuginare sono del tutto astratti e non portano all’azione; si ripiegano su se stessi oppure si ampliano e si estendono associati al contenuto di partenza, ipotizzando delle soluzioni che non corrispondono al vero. Generano un enorme dispendio di energia fisica e mentale che alla fine porta al dispendio del tono dell’umore e ampia il vissuto di paura e di minaccia. Si rimugina nella convinzione che pensare ad un problema in modo continuativo sia la via migliore per trovare la soluzione, senza rendersi conto che bloccarsi nel rimuginare diventa un’insidia che non paga, ma che
di
Gianni Ambrosini - oncologo
Quando non riusciamo ad innescare una soluzione che ci soddisfa e ci blocchiamo su immagini mentali ripetitive che non ci portano da nessuna parte, allora si instaura una sensazione di impotenza che genera tristezza, malessere ed ansia. Se diventiamo apatici e i contenuti del nostro stato mentale non sono risolutivi si genera solo rimuginio!
può anche intensificare i vissuti pregressi spiacevoli e può compromettere la capacità di elaborare le emozioni. Bisogna imparare a vivere la realtà del presente così come accade, accettando le situazioni negative e spostando l’attenzione sui pensieri positivi. Preoccuparsi del presente può essere funzionale perché ci spinge ad agire per trovare soluzioni. Invece riflettere e fare riferimento in modo ripetitivo e continuato agli stessi vissuti, senza la possibilità di fare passi in avanti che possano essere risolutivi crea ansia, stress e tristezza. Rimuginare,“avere pensieri”, anche preoccupazioni è un fatto assolutamente normale. Diventa patologico quando diventa ossessivo e ripetitivo e non controllabile. Le preoccupazioni possono derivare da esperienze del passato ( tipico degli stati depressivi ) o del presente e del futuro ( tipico degli stati ansiosi) e riferirsi a problemi economici, di lavoro, affettivi, etc. Evocare eventi o ricordi del passato o subire la passività del presente, si crede, serva a ridurre o a placare l’ansia e aiuti a risolvere i problemi facendo adottare decisioni più giuste e a non pensare al peggio. Ma è accertato che non è un atteggiamento corretto perché l’ansia aumenta invece di diminuire; succede perché non è un pensiero positivo, non porta ad alcuna soluzione ma al contrario esagera il problema, aumenta il disagio, impegna le nostre risorse in modo ripetitivo facendoci perdere di vista le soluzioni reali. E’ un atteggiamento che può essere generato da scarsa autostima o da eccessivo perfezionismo oppure da fattori traumatici o negativi
o ancora da momenti in cui bisogna affrontare una paura o un evento stressante. Si perde la capacità di fare attenzione al presente in quanto prevale l’esperienza vissuta o si immagina in modo distorto quella futura
l’immobilismo mentale, ma dare spazio alla creatività che ognuno possiede, dare cittadinanza al così detto “pensiero laterale”. Bisogna interpretare e interagire con la realtà abbandonando le nostre convinzioni che a volte ci rendono incapaci di scegliere i percorsi più giusti; i pensieri non sono la realtà ma l’interpretazione che noi facciamo della realtà. I pensieri provocano emozioni il rimuginio malessere. Cerchiamo di capire la differenza fra la nostra
interpretazione della realtà e i significati che diamo ad essa e che dipendono spesso da esperienze pregresse. I pensieri diventano a volte le storie che ci racconta la nostra mente e quando sono associati alle esperienze della vita possono anche essere assolutamente negativi. Ma il rimuginio non è la soluzione vincente. Sono pensieri inutili e bisogna capire come si generano e imparare a staccarsi da essi.
e facendo prevalere l’ansia ci sarà difficoltà a decidere del presente. Possono verificarsi effetti negativi sulla salute come disturbi d’ansia, dell’appetito, del sonno, del sistema nervoso e del sistema immunitario. Smettere di rimuginare non è facile ma è possibile se si riesce ad assecondare la mente, non cercando di controllarla ma portandola su nuovi percorsi che rivolti al futuro provocano motivazione e possono essere curativi. Ma se rivolti al passato generano frustrazioni nel tentativo di cercare spiegazioni non sempre possibili ( … perché proprio a me ?). E’ fondamentale mettere in pratica strategie vincenti ogni volta che si avverte che si sta attivando il processo di rimuginazione. Può funzionare decidere di attivare in momento della giornata “l’incontro” con i pensieri negativi. Non è piacevole pensare negativo ma l’idea di doverlo fare può aiutare
a fuggire dal quel momento. L’attività fisica, il movimento modifica l’inattività corporea tipica del malumore, dei momenti in cui prevale l’ansia. Il corpo sollecitato a muoversi modifica la respirazione, il controllo coordinato della muscolatura richiama l’attenzione e genera il rilascio di endorfine, si prova benessere fisico e mentale, la mente si sposta dai pensieri ripetitivi e stressanti. Si possono mettere in pratica le strategie di problem solving : elaborazione di piani e strategie efficaci che portano in genere alla soluzione dei problemi. Nel rimuginare non esiste un problema reale, si crea un percorso fittizio perché ci si preoccupa in maniera generica della possibile evenienza di qualcosa che potrebbe succedere; è immaginare il futuro facendo prevalere le previsioni assolutamente negative. Per star bene bisogna “pensare ed agire”, dobbiamo evitare
Il Giornale delle Giudicarie
mensile di informazione e approfondimento Anno 21 aprile 2023
Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Tel: 0465 349020
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Direttore responsabile:
Paolo Magagnotti
Coordinatore di Redazione: Denise Rocca
Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca
Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Achille Amistadi, Adelino Amistadi, Virginio Amistadi, Matilde Armani, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Chiara Garroni, Marco Maestri, Gaia Pelanda, Mariachiara Rizzonelli, Martina Sebastiani, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, Samuel Zennaro e gli studenti dell’Istituto Guetti
Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it
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Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 29 marzo 2023 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129
PAG. 20 APRILE 2023
Rubrica Salute
Beatrice Vaglia nuova direttrice delle Apsp di Storo e Pieve di Bono
“Per il futuro le Rsa saranno sempre più impegnate con presidi sanitari territoriali. Si può pertanto ipotizzare un’integrazione dei servizi medicosanitari al fine di poter garantire sia dal punto di vista terapeutico che diagnostico, un intervento celere e territorialmente vicino”.
Beatrice Vaglia ha 37 anni, una laurea triennale in sociologia e scienze criminologiche conseguita presso l’università di Bologna-sede staccata di Forlì ed una laurea magistrale in giurisprudenza all’Università di Trento. Dopo la pratica forense, ha ricoperto vari ruoli all’interno di aziende del settore privato occupandosi principalmente della gestione delle risorse umane e di aspetti giuridici d’impresa. Oggi è la nuova direttrice delle Apsp di Pieve di Bono P. Odone Nicolini e Villa S. Lorenzo di Storo.
È stato un ritorno in valle dopo tanti anni passati a fare esperienza e carriera fuori dalla provincia? Com’è andata?
Non mi sono allontanata così tanto dalla Valle, ma il lavoro mi ha permesso di viaggiare in tutta Italia contribuendo al mio approccio sistematico.
Nel prendere in carica il ruolo di direttrice delle Apsp di Storo e Pieve di Bono cosa la ha colpita di più?
Provenendo dal settore privato, mi ha colpito la
burocrazia nella sua accezione negativa, che complica e rallenta le attività lavorative. In contrapposizione, notevole sono la dedizione dei collaboratori e le politiche aziendali che permettono ai collaboratori delle Apsp di conciliare il lavoro con la vita familiare/privata (richiesta part-time annuale, cambio turno ecc).
Cosa c’è possibilmente da migliorare e integrare nel servizio delle due Apsp?
Credo sia prematuro per la sottoscritta definire gli ambiti di miglioramento di due enti che nel tempo si sono contraddistinti per gli ottimi servizi resi, pur mantenendo le rette ampiamente sotto la media provinciale. Ad ogni modo, per il futuro, le RSA saranno sempre più impegnate come presidi sanitari territoriali, si può pertanto ipotizzare un’integrazione dei servizi medico sanitari al fine di poter garantire sia dal punto di vista terapeutico che diagnostico, un intervento celere e territorialmente vicino a favore degli utenti interni ed esterni. Sarà pertanto fondamen-
tale nei prossimi anni creare nuove sinergie con i medici di Famiglia e specialisti.
Cosa pensa abbisognino di più gli anziani che incontra nel suo percorso lavorativo?
Di piccole attenzioni/cure quotidiane. L’utenza nelle RSA sta cambiando, sta aumento la dipendenza e diminuendo l’autosufficienza motoria e/o cognitiva dei residenti (vedasi aumento di demenza ecc.), di conseguenza gli interventi sia medico-sanitari che animativi devono essere maggiormente
personalizzati e/o mirati a piccoli gruppi.
Come pensa sia cambiato, se è cambiato, dopo la pandemia il ruolo dei volontari che frequentano le Apsp sotto la sua direzione?
I volontari stanno fortunatamente rientrando in struttura. Il loro supporto, vista la nuova tipologia di utenza sopra indicata, è leggermente modificato ma in sostanza è rimasto lo stesso inestimabile sostegno accompagnato da un sorriso e da parole gentili.
Come si intreccia il rap-
porto delle Apsp locali con Comuni, Comunità di Valle, Azienda Sanitaria della Provincia di Trento e con la Provincia stessa?
Dipende dall’Istituto in questione, ma definirei i rapporti complessi e credo sia opportuna una maggiore vicinanza. Le APSP dovrebbero divenire uno dei principali interessi della politica vista la tendenza demografica oramai incontrovertibile.
Come possono le Apsp locali essere sempre più aperte al territorio di riferimento?
Integrando i propri ser-
vizi per ospiti esterni e promuovendo o supportando iniziative in collaborazione con altri enti come l’iniziativa Diventa Digitale che coinvolge le tre Apsp della Valle Del Chiese.
Un suo saluto ad ospiti e comunità delle Apsp locali Nel porgere i miei migliori saluti a ad Ospiti, Familiari e alle comunità di riferimento, ricordo che dopo anni di restrizioni sanitarie derivanti dalla pandemia, le porte delle APSP sono finalmente riaperte e pronte ad accoglierVi.
PAG . 21 APRILE 2023 Attualità
di Mariachiara Rizzonelli
Educa 2023, torna a Rovereto l’appuntamento nelle scuole
Dal 14 al 16 aprile Rovereto si trasforma nella città dell’educazione in concomitanza di Educa 2023. Educa è un festival annuale sulla cultura e l’educazione che si svolge a Rovereto. Il Festival è stato fondato nel 2014 ed è promosso da Provincia Autonoma di Trento, Università degli Studi di Trento e Comune di Rovereto, organizzato da Consolida con la supervisione per la formazione di Iprase, il supporto scientifico di Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Demarchi e il sostegno di Federazione trentina della Cooperazione, delle Casse Rurali Trentine e di Sait. L’obiettivo del Festival è quello di promuovere il dialogo e la riflessione sull’educazione e sulla cultura coinvolgendo esperti, scienziati, artisti e in generale la popolazione. Educa è la manifestazione che rimette al centro l’attenzione collettiva all’educazione. Un evento aperto a tut-
di Alberto Carli
Dal 14 al 16 aprile la quarta edizione di un festival che mette al centro educazione e cultura.
ti che mira a coinvolgere persone di ogni età, interessate alla cultura e all’educazione, e che offre una vasta gamma di eventi e attività per soddisfare tutti i gusti. Gli incontri e i laboratori sono progettati per essere inclusivi e accoglienti per persone di diverse età, origini e interessi, e i partecipanti sono incoraggiati a contribuire attivamente alla discussione e al dibattito. Quest’anno include un ampio spazio dedicato agli studenti, con la volontà di dare ai protagonisti di domani opportunità di partecipazione ed espressione, di sperimentazione e di incontro. Il Comitato promotore e il Board scientifico di Educa, con la su-
pervisione formativa di Iprase, organizzano un’intera mattinata, venerdì 14 aprile, di appuntamenti, esclusivamente dedicati a bambini, ragazzi e adolescenti. Sono in programma laboratori, curati dal Servizio Istruzione della Provincia, per tutti gli studenti, dai 6 ai 19 anni, per imparare a gestire i conflitti attraverso strategie utili e divertenti come “la scultura di classe”, “cerchi concentrici” e il “gossip delle risorse”. Altri appuntamenti saranno a cura della Federazione Trentina della Cooperazione e incentrati sull’apprendimento cooperativo e sulla sostenibilità, con letture animate e storie sonorizzate per i picco-
li. Il ricco programma, che negli anni pre-covid, ha coinvolto più di 1.400 studenti, mette al centro dell’attenzione i ragazzi che diventano non solo fruitori ma anche i protagonisti della sfida di argomentazione “a suon di parole” e dello spettacolo alla scoperta dell’entropia
realizzato dagli studenti di 5 scuole per i coetanei della scuola secondaria di secondo grado. Dal 14 al 16 aprile, in palazzi, giardini e nel teatro di Rovereto, sono in programma incontri, presentazioni, spettacoli e dialoghi tra generazioni, a cui si intrecciano i laboratori
e le mostre. Una edizione questa con focus sull’educazione ai media in particolare su cinema, social media e tecnologie. La partecipazione agli eventi è gratuita. L’iscrizione è obbligatoria. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.educaonline.it.
La Liberazione nelle Giudicarie
25 aprile, Festa della Liberazione. Da un bombardamento iniziamo a vedere qualche episodio accaduto nella nostra valle nella primavera del ’45. Riportiamo la testimonianza di Gino Carli, raccolta in un articolo di Alberto Masè pubblicato sul giornale comunale di Comano del 2018. “Squadriglie volanti tedesche sorvolavano i cieli delle Giudicarie, bombardieri a decine, con piccoli caccia che li scortavano. Un giorno ero alla fontana di Vigo Lomaso, si udì un boato enorme, erano cadute tre bombe, senza colpire nessuno.” Qualche tempo dopo a Dasindo “un caccia seguì un furgoncino e lo mitragliò: la donna di Riva che era a bordo morì, l’autista rimase incolume.”
Tutti poi ricordano il passaggio notturno di “Pippo”, nome con cui venivano popolarmente chiamati, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale, gli aerei da caccia notturna delle forze Alleate che compivano solitarie incursioni nei cieli italiani. A inizio maggio aumentò il passaggio di
Testimonianze di quel 25 aprile 1945 entrato nella storia d’Italia.
soldati tedeschi dal Garda verso nord, e molti paesani scappavano in montagna o si nascondevano. Ancora Carli ricorda che da Dasindo arrivarono tre camionette militari americane, e chiesero a noi bambini di Vigo dove erano i tedeschi.
“A Campo!” Giunti lì, ci fu una trattativa, l’ufficiale tedesco consegnò la sua rivoltella all’americano. Poi arrivarono tre partigiani della zona con fucili a tracolla, e furono allontanati bruscamente dagli americani. I tedeschi furono lasciati ripartire verso nord. Secondo una testimonianza di Bruno Aloisi di Dasindo, raccolta in una ricerca dei ragazzi della scuola media di Ponte Arche del 1982, “partigiani ce n’erano a Bleggio, Fiavè e Ballino.
A Riva ce n’erano molti, e se le SS scoprivano i rifornimenti di armi e di cibo li uccidevano sul colpo. Un altro testimone di San Lorenzo ricorda che il pri-
mo maggio ’45 i tedeschi appena arrivati posero i cannoni a Promeghin. Il giorno dopo nevicò , e arrivò l’ordine di por fine alla guerra. Se ne andarono in direzione Molveno.
Alessandro Bailo di Stenico ricorda che i primi di maggio “la resa delle truppe tedesche agli alleati è avvenuta nella piazza del mercato di Ponte Arche vicino all’albergo Posta. Gli americani si sono comportati dignitosamente, han preso in consegna le armi senza umiliare il nemico”. Adele Daldos di Campo dice che “l’arrivo degli americani fu accolto festosamente. Si sistemarono a Castel Campo, vivevano di scatolette e noi restammo molto stupiti di questo perché erano le prime scatolette che vedevamo. Avevano in bocca strane caramelle che duravano molto: chewing gum e le offrivano alle ragazze ed ai bambini.”
Giuseppina Castagnari di
Sclemo racconta che i tedeschi, accampati nelle scuole, andavano nelle case a barattare oggetti per del cibo. ”Un tedesco venne da me per avere un po’ cibo con una macchina fotografica. Mi raccomandò di tenerla bene perché era un regalo di suo nonno e ci teneva moltissimo. Dopo 11 anni tornò a trovarmi e non si aspettava che possedessi ancora la sua macchina fotografica. Io la avevo conservata e gliela restituii”.
Nel libro del 2001 curato dalla Utetd di Santa Croce di Bleggio, Settimo Bosetti di San Lorenzo in Banale ricorda come fu da reduce il ritorno a casa: si ritrovarono gli affetti ed il calore, a cui però seguì un senso di tristezza. “Mancano tanti amici, dei più non si hanno notizie da tempo. C’è anche miseria, manca il lavoro e per noi reduci si presenta una situazione poco allegra. Chi aveva avuto la fortuna di evitare il servizio milita-
re aveva lavorato, c’era chi aveva fatto mercato nero ed era pieno di soldi.” Lo Stato minimizzò, la legge 336 diede 7 anni di prepensionamento agli statali, e gli altri, “cittadini di serie B, la valigia e via di nuovo. Gli anni più belli buttati nella maniera più inutile e tremenda”.
Guardandoci attorno, fra guerre vicine e lontane, ci sembra che purtroppo la storia non abbia insegnato niente. (C.G.)
PAG. 22 APRILE 2023 Cooperando
Comunità
di Martina Sebastiani
Amministratore di sostegno.
Si invita la cittadinanza a due serate informative
L'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
Misura a sostegno dell'anziano fragile
MERCOLEDì 19 APRILE
ORE 17.30
Relatore: avv. Simone Di Giorgio, consulente dell'Associazione Comitato per l'Amministratore di Sostegno in Trentino
Misura a sostegno della persona con disabilità
MERCOLEDì 17 MAGGIO
ORE 17.30
Relatore: avv. Fabiola Ruggirello, consulente dell'Associazione Comitato per l'Amministratore di Sostegno in Trentino
c/o Sede della Comunità delle Giudicarie
Sala Sette Pievi - 3° piano
P.zza Gnesotti n. 2 – TIONE
La legge n.6 del 2004 ha introdotto nell’ordinamento giuridico la figura dell’Amministratore di sostegno, con la finalità “di assicurare la migliore tutela, con una minore limitazione possibile della capacità di agire delle persone in tutto o in parte prive di autonomie nell’espletare le funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente (art.1).”
La Comunità delle Giudicarie, in collaborazione con l’Associazione Comitato per l’Amministratore di Sostegno in Trentino e grazie al sostegno della Provincia Autonoma di Trento, intende promuovere l’istituto dell’Amministratore di Sostegno, diffondere la sua adozione a tutela di persone fragili e facilitare la creazione di una rete di enti pubblici e privati capace di offrire servizi adeguati sull’intero territorio provinciale.
Per informare e sensibilizzare in merito a questa tematica sono stati organizzati due incontri a Tione di Trento presso la Sala Sette Pievi della Comunità delle Giudicarie: mercoledì 19 aprile 2023 e mercoledì 17 maggio 2023 alle ore 10.30.
Gli incontri sono aperti a tutta la popolazione interessata.
L’assessore alle politiche sociali e sanitarie Romina Parolari “sottolinea l’importanza che la nostra Comunità sia attenta ai bisogni delle persone più fragili, anche attraverso la valorizzazione di questo importante supporto qual è la figura dell’Amministratore di Sostegno che, attraverso un incarico nominale e specifico, può facilitare l’attuazione di un positivo progetto di vita dell’amministrato”.
Il secondo venerdì di ogni mese è aperto il Punto Informativo presso la Comunità di Valle rivolto agli Amministratori di sostegno per un aiuto nella predisposizione e consegna di pratiche e documentazione, per richiedere informazioni o portare istanze.
E’ attivo il progetto “CONfronTiAmoCI”, un gruppo di confronto tra Amministratori di Sostegno in modalità online.
Per maggiori informazioni è possibile chiamare l’Associazione Comitato per l’Amministratore di Sostegno Trentino al numero 333.8790383 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00, oppure il Servizio socio assistenziale della Comunità delle Giudicarie, tutte le mattine dalle 9.00 alle 12.00 al numero 0465.339526.
PAG . 23 APRILE 2023 Comunità
informazioni: 333.8790383 info@amministratoredisostegnotn.it
Per
Una figura a fianco dei più fragili
“Amo viaggiare, lo faccio con i libri”
realizzato tra un paziente e l’altro: riempivo le pause lavorative costruendo i personaggi, pensando ai dialoghi e agli sviluppi della trama.
Focalizziamoci su questa tua pubblicazione, puoi spiegare ai nostri lettori di cosa parla?
Chi ti ha spinto a pubblicare questo tuo scritto?
Ho dedicato il libro alla mia compagna Chiara che è colei che mi ha incentivato a fare il complicato passo di sentirmi pronto per la pubblicazione.
Un piede nel suo studio dentistico, la valigia sempre pronta per partire, le mani ben salde sulla tastiera e nella testa un vortice di storie. Stiamo parlando di Paolo Bonetti, 31 anni compiuti da poco, odontoiatra tionese che nel tempo libero ama fare lo scrittore. Nel 2012 si trasferisce in Spagna dove inizia i suoi studi ed una vita abbastanza diversa da quella a cui era abituato nel suo paesino delle Giudicarie. Dopo aver conseguito la laurea quinquennale in Odontoiatria torna in Italia nel 2018 e comincia a praticare la sua professione presso lo studio del padre. È proprio durante la permanenza all’estero che il giovane Bonetti, ispirato dalla vivacità e dallo slancio creativo dell’affascinante Madrid, scopre una delle sue più grandi passioni: la scrittura. Quando e come hai capito di essere portato per la scrittura?
Diciamo che devo questa scoperta ad una mia altra passione, quella della musica. Durante il primo anno di università, ascoltando la mia playlist mi balzavano alla mente delle scene. Ho iniziato a gettare su carta ciò che mi correva nella mente, componendo più o meno dieci pagine. Per circa un triennio ho abbandonato la penna sino al quarto anno quando ho ripreso in mano questo passatempo. Mi sono trasferito da un piccolo pae-
sino ispanico alla capitale spagnola: qualcosa in me è cambiato. Ho avuto una vera esplosione, mi sentivo molto ispirato. Scrivevo nei momenti liberi dallo studio per fotografare ciò che accadeva e custodire i ricordi con il tentativo di rivivere le emozioni che provavo. Entro l’ultimo anno di università riesco a finire il mio primo libro in segreto: “Habla de tu libro”, mai pubblicato poiché frenato dalla vergogna e dal timore del giudizio altrui.
Ma non ti sei fermato qui. Hai di recente pubblicato “Per quel 5% di istinto”. Da cosa nasce questo romanzo?
Il ritorno a Tione non è stato per me traumatico, ma naturalmente una delle mie due vite, ossia quella che conducevo all’estero, è venuta meno. Colmavo così questo vuoto buttandomi a capofitto nella scrittura. A ciò si è aggiunto un periodo critico che ho dovuto affrontare, in cui mi sentivo demotivato e mai soddisfatto. Mi accorsi che la mia vita era divenuta inodore, insapore, incolore ed ero caduto nella monotonia. Ho capito che la soluzione stava nell’andare controcorrente, nell’intraprendere strade nuove, lasciando da parte le mie paure: in pratica seguire il mio 5% d’istinto. Questo è stato un momento chiave per me e per mia la scrittura. Ho approfondito i temi cardine del mio stile: introspezione, cambiamento, rinascita. A livello pratico un ingrediente fondamentale è stata l’anti-costanza, c’erano periodi in cui scrivevo moltissimo e alcuni in cui non lo facevo affatto, ciò facilitava la mia creatività. Dopo quasi tre anni mi sono ritrovato con il mio secondo libro tra le mani. Lo definirei un romanzo
È la notte di capodanno quando Anto decide di dare una svolta alla propria vita, fatta di scarse motivazioni, un lavoro che non lo stimola e il pilota automatico inserito a scandire le proprie giornate. Il protagonista capisce che per ritrovare l’entusiasmo perso deve andare in profondità delle proprie paure. Il percorso di cambiamento verso la vita che desidera, lo porterà a mollare le proprie certezze e seguire il suo 5% di istinto: quella voce interiore che gli ha sempre sussurrato la strada da seguire, ma che lui non era pronto ad accogliere. Il primo passo per non essere vittima ma padrone della propria vita sarà fare i conti con quel passato che lo ha segnato in maniera particolare e che non ha mai avuto il coraggio di affrontare.
Calandosi nella lettura, la curiosità sorge spontanea. Quanto della tua vita reale c’è nei personaggi e nella narrazione?
C’è molto di Paolo nel protagonista, soprattutto a livello caratteriale. Poi ci sono anche alcuni dei miei luoghi e lo stacco che io stesso ho vissuto tra città e paesino di montagna.
A proposito del titolo invece, come è stata la decisione?
Inizialmente il titolo doveva essere “Il coefficiente di sensibilità”, ma non mi convinceva del tutto. La scelta definitiva risale al momento in cui ho fatto il mio outing con la scrittura durante il viaggio di laurea fatto a Mykonos, quando ho regalato ai miei amici le copie della prima versione. Ad ora credo che il racconto non potesse avere titolo migliore.
Che difficoltà hai incontrato? La parte più bella invece?
Oltre all’ostacolo di aprirsi al pubblico, la cosa su cui ho faticato è stato il finale. Personalmente tendo a non essere mai concreto su una cosa sola, ma a tenermi più possibilità aperte. Proprio per tale motivo ho dovuto riscrivere la conclusione in quanto quella precedente risultava essere un finale in sospeso poco appagante.
L’emozione più grande per me coincide invece con la telefonata della casa editrice , quando mi è stato riferito che il mio lavoro era stato apprezzato e che poteva essere edito.
Progetti futuri?
Arrivato fin qui ho capito che pubblicare non basta. Amo viaggiare e il mio prossimo obiettivo sarebbe quello di farlo con il libro. Il giudizio non mi fa più paura, ora prevale in me la voglia di condivisione, la consapevolezza della grande ricchezza che risiede nello scambio. Ho fatto una presentazione a Brescia e sto organizzando altre tappe del book tour: Milano a marzo, Roma ad aprile e poi in estate anche qua in valle. Nel frattempo sto già lavorando al mio terzo scritto. Questa volta si tratta di un giallo, un nuovo stile in cui devo essere abile ad ordinare il flusso delle idee e non posso concedermi di andare avanti a tastoni.
Quali consigli ti senti di dare ai principianti?
Direi che innanzitutto bisogna partire scrivendo per se stessi. Mettere nero su bianco ciò che si prova è sempre vincente. Focalizzarsi dunque più su ciò che sta dentro rispetto a ciò che sta fuori, dando voce alle emozioni che per definizione sono vere.
PAG. 24 APRILE 2023 Il personaggio
Paolo Bonetti, dentista tionese con la passione per la scrittura ha pubblicato il suo primo libro “Per quel 5% di istinto”.
di Matilde Armani
Gran
25 APRILE
PAG Car nevale
Una nuova pubblicazione entra a far parte della “Collana judicariense” che il Centro Studi Judicaria da anni oramai dedica alla valorizzazione del proprio territorio sotto il punto di vista storico, artistico ed ambientale. Il nuovo volume intende dare risalto ad aspetti poco conosciuti e non ancora esplorati della comunità di Fiavè e lo fa, grazie agli scritti del compianto Geremia Zanini, uno dei soci fondatori dell’associazione.
L’autore prende in esame, infatti, le famiglie che fan parte della comunità di Fiavè fin dai tempi più lontani e lo fa attraverso l’analisi dei loro cognomi, ma soprattutto degli “scotùm”, ovvero dei soprannomi che per secoli hanno caratterizzato i singoli ceppi familiari, oltre che, talvolta, anche i singoli individui. Tale caratteristica, comune a tutti i paesi delle Giudicarie, e non solo, permette di distinguere le varie famiglie che nel tempo moltiplicandosi, ma mantenendo il proprio cognome, avevano non poche difficoltà a riconoscersi. Da qui l’opportunità di distinguersi. Nasce così lo “scotùm”, derivato
Isoprannomi e le società sportive di Fiavè
“Scotùm” è un termine dialettale usato a Fiavé con il significato di soprannome o anche nomignolo. Molti casati, cognomi ed anche singole persone venivano e vengono tuttora chiamate con uno “scotùm”, cognome o nomignolo particolare che a volte richiamava qualche particolarità, qualche difetto della singola persona o provenienza del casato.
Anche nel Comune di Fiavé ci sono molti casati e tante persone che hanno uno “scotùm” e nomignolo particolare.
Per non perdere le tracce di questi soprannomi ho qui richiamato gli “scotùm” e nomignoli che ancora oggi a volte vengono richiamati e ricordati. Per questo elenco mi sono avvalso, oltre che dei miei ricordi personali e tramandatimi dalla viva voce dei miei nonni e genitori, anche e soprattutto della collaborazione di persone anziane delle frazioni del Comune di Fiavé; di grande aiuto è stato il manoscritto di Don Lorenzo Chiocchetti: “Memorie religiose di Fiavè - Genealogie”. (dalla introduzione di Geremia Zanini)
dalla progenie di un singolo individuo di cui ereditava il soprannome, per distinguersi da altre famiglie con lo stesso cognome. Nel volume l’autore elenca quelli ritrovati, sia analizzando documenti del passato, sia attraverso testimonianze con gli anziani del paese. Molti di questi sono oramai stati dimenticati, ma alcuni ancora resistono, nonostante oramai i tempi siano cambiati e tale usanza vada lentamente perdendosi. La ricerca, che prende in esame un periodo temporale che parte dalla metà dell’Ottocento ad oggi, propone lo studio non solo dell’abitato di Fiavè, ma anche quello relativo delle
frazioni che ne fanno ancor oggi parte, ovvero Ballino, Favrio e Stumiaga. Ma il volume non prende in esame solo le famiglie, ma è integrato da un secondo studio, più corposo, che l’autore ha dedicato alla storia ed evoluzione delle diverse associazioni sportive che nel tempo hanno animato ed animano tuttora il paese. Si tratta di attività che interessano il mondo del calcio, del tamburello, del pattinaggio, della caccia, dello sci, del tennis, della corsa e dell’escursionismo. Esse hanno coinvolto moltissimi abitanti. La loro storia, i personaggi più significativi, gli avvenimenti e le competizioni,
Mostra fotografica a Castel Campo
Nella splendida cornice del Convento di Campo Lomaso, nel Comune di Comano Terme, si terrà sabato 1 aprile la cerimonia di premiazione del Concorso fotografico “Paesaggi, luoghi e architetture delle Giudicarie Esteriori” promosso lo scorso anno dal Centro Studi Judicaria di Tione in collaborazione con il Circolo Fotografico Tionese, l’Ecomuseo della Judicaria “Dal Garda alle Dolomiti di Brenta” e il Comune di Comano Terme.
Il concorso ha ottenuto un buon numero di partecipanti ed i nomi dei vincitori dei premi verranno resi noti in occasione dell’inaugurazione con la presentazione di tutte opere selezionate da una apposita giuria che sa-
ranno esposte in una sala del vecchio convento accanto all’esposizione permanente “Giudicarie Ieri” curata dal Gruppo Ricerca e Studi Giudicariese.
La mostra, che resterà poi aperta fino al 16 aprile (con esclusione del 9 giorno di Pasqua), intende far percepire al
visitatore la differenza tra le immagini semplici e popolari di una volta e quelle prodotte recentemente, al fine di un confronto che permetta di far scaturire emozioni ed empatia nel cercare di trovare, nel confronto, il trascorrere del tempo in questo territorio.
sono state pazientemente raccolte per poter far sì che anche nel tempo rimanga traccia della loro esistenza, della loro crescita, evoluzione, trasformazione talvolta. Vengono così ricordati i “campioni” che si sono più di altri distinti nelle varie specialità, le caratteristiche dei vari sport, le regole che li contraddistinguono. Una minuziosa serie di dati storici, di classifiche, di risultati sportivi, di nomi, che altrimenti nel tempo sarebbero caduti nel dimenticatoio.
Così ora Fiavè può vantare un nuovo testo che recupera parte della storia della propria comunità. Ciò è stato possibile grazie naturalmente al contributo dell’amministrazione comunale di Fiavè, che ha fin da subito sostenuto l’iniziativa, e a quello dell’Associazione Riccardo Pinter di Riva del Garda. Ad essi va quindi il ringraziamento del Centro Studi Judicaria che aggiunge così un altro importante tassello alla sua collana.
Danilo Mussi
MOSTRA FOTOGRAFICA
“Paesaggi, luoghi e architetture delle Giudicarie Esteriori”
CONVENTO DI CAMPO, Comano Terme
1 APRILE 2023 ORE 17 00
Premiazione concorso fotografico e inaugurazione mostra fotografica
Interverranno:
Fabio Zambotti – sindaco di Comano Terme
Marco Gualtieri – presidente del Circolo Fotografico Tionese
Danilo Mussi – presidente del Centro Studi Judicaria
Saranno presenti i Membri della Giuria per la consegna dei premi
ORARI DI APERTURA
La mostra rimarrà aperta dal 2 al 16 aprile 2023 dalle 14 00 alle 17 00 (escluso domenica 9 aprile giorno di Pasqua)
PAG. 26 APRILE 2023
Cultura
Il nuovo volume del Centro Studi Judicaria intende dare risalto ad aspetti poco conosciuti e non ancora esplorati della comunità di Fiavè e lo fa, grazie agli scritti del compianto Geremia Zanini, uno dei soci fondatori dell’associazione.
SCOTÙM
SCOTÙM
e
CENTRO STUDI JUDICARIA 70
Geremia Zanini Geremia Zanini
Soprannomi
società sportive a Fiavé
COMUNE DI FIAVÉ
Care lettrici e cari lettori, è arrivata Pasqua anche nell’anno 2023. E Pasqua, lo sappiamo, ha un significato profondo per la cristianità, perché segna la resurrezione di Gesù Cristo dopo tre giorni dalla crocifissione. E’ la festa della felicità. Ma è anche la festa dell’avvicinamento alla primavera: i prati diventano verdi, le rondini cominciano a sfrecciare nel cielo, le giornate si allungano e si intiepidiscono. Insomma, è il momento di fare le prove di ottimismo dopo il freddo inverno. Che poi, a dire il vero, tanto freddo negli ultimi anni non è più.
E LE UOVA?
APRILE 2023
Famigli
La Pasqua ha i suoi riti sacri, che iniziano il Giovedì Santo con il blocco delle campane, sostituite dalla raganella, e con le processioni. Mitica quella del Venerdì Santo dei “Batedùr de bore” di Storo. Ma ha pure i riti profani, fatti di tradizioni alimentari. Dove le mettiamo quelle? Pensiamo al capretto o all’agnello. Ma a noi piace di più pensare alla tenera colomba, che è un dolce per così dire nazionale. Però basta guardarsi attorno per scoprire le tradizioni regionali di cui è tanto ricco il lungo stivale. Allora ecco la pastiera napoletana. Ma fermiamoci qua, prima di schiattare.
Oggi ci sono quelle infiocchettate, di tutte le dimensioni, al latte o fondenti, con sorpresa o senza sorpresa. Con sorpresa non sorpresa, nel senso che si fa mettere dentro il braccialetto o il gioiellino tanto carino. Non è più come un tempo. Beh, un tempo... Quando non c’erano i soldi per comperare uova e colombe, si giocava con le uova sode. Certo, le generazioni cresciute nell’epoca del benessere non conoscono simili giochi. Roba da “baby boomers”!
Per i distratti, i “baby boomers” sono coloro che sono nati ai tempi del boom economico, quando (fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento) l’Italietta post fascista e democristiana stava lavorando per togliersi (concedeteci il termine poco elegante) le pezze dal culo. Allora non c’erano le televisioni e nemmeno i giochetti da tavolo. I ragazzini giocavano sul marciapiede o addirittura nella strada davanti a casa, con l’aria piena degli odori forti: la polenta e la stalla. Niente odori fortissimi come la benzina delle auto. Giocavano con le uova cotte dalla mamma. Cotte e dipinte in due modi: o con il colore messo dentro l’acqua bollente, che dava un colore uniforme all’uovo, o dipinte con disegni e ghirigori fantasiosi. Poi arrivava il bello. Si mettevano le uova per terra, poi si tirava una moneta da cinquanta o da cento lire. Un “baby boomer” ci racconta che ai tempi (parliamo degli anni Cinquanta) “si usavano le monete false della guerra. Così le chiamavamo”. Sarà quel che sarà, ma una cosa è certa: si tirava la moneta, e bisognava essere tanto abili da riuscire ad infilarla nell’uovo. E c’era chi ci riusciva! Il vincitore guadagnava il diritto di mangiarsi l’uovo nel quale aveva infilato la moneta. Te li vedi oggi i bambini con l’uovo in mano e la mamma che urla alla mancanza di igiene?
Giuliano Beltrami
PAG 27
E
PAGINA A CURA DEL CENTRO STUDI JUDICARIA
E non parlo solo delle maestre delle elementari, che ovviamente hanno formato tutti noi nel periodo più cruciale della nostra vita, che hanno reso me quella che sono e hanno determinato ciò che diventerò (non per niente voglio diventare una maestra).
Intendo anche quei professori che, alle medie come alle superiori, ci hanno offerto vari esempi di cosa significhi impiegare la propria vita nell’aiutare gli altri a trovare la propria.
Mi spiego meglio.
Esistono professori di tutti i tipi, da quelli severi, a quelli più giocosi, da quelli al primo anno di insegnamento ai veterani che conoscono la scuola come le loro tasche; ognuno di loro con un bagaglio di esperienze, risate, prediche, verifiche, interrogazioni a sorpresa e molto altro. Ciascuno di loro
Un professore può cambiarti la vita
ha visto e vedrà ancora intere generazioni di studenti susseguirsi su quei banchi, sempre gli stessi e dalla prospettiva della classe è difficile immaginare cosa si provi stando alla cattedra. Dal mio punto di vista di studentessa, che di fatto è cresciuta tra i corridoi della scuola, posso assicurare che ci sono professori che lasciano un segno, spesso profondo, nei loro alunni. Nella mia esperienza ho avuto la fortuna di incontrare dei grandi professori. Non tutti, certo, spesso sono stati di più quelli che non mi hanno lasciato nulla, ma ce ne sono alcuni che, a livello umano, sono tutt’oggi dei modelli che cerco di imitare e a cui non mi dispiacerebbe affatto somigliare, un giorno. Sono quei professori che, senza mai perdere la loro professionalità, senza dover a tutti i costi farsi
voler bene dagli studenti, senza concedere loro troppo, sono comunque in grado di stare loro accanto in tutti i momenti di difficoltà, diventando
esempi da seguire e da ammirare, molto più di quelli che cercano a tutti i costi di andare a genio alla classe diventando troppo permissivi o uscendo dal
loro ruolo, non riuscendo di fatto a raggiungere nessuna delle parti.
Grazie alla mia esperienza posso dire che sì, un prof. può cambiarti la vita
e spesso a riuscirci sono quelli che non ci provano nemmeno e non sanno di essere così importanti nella vita dei loro alunni.
Alba Pellizzari
Così scriveva Charles Dickens in “Hard times”, attraverso la caricatura di un professore profondamente detestato dai suoi studenti, il Signor Gradgrind, spietato come il suo nome. Seppur non si tratti di un’opera contemporanea, alcuni potrebbero rimanere stupiti dallo scoprire che anche al giorno d’oggi, i professori in grado di lasciare un segno positivo sono abbastanza rari. Questo non significa che non esistano insegnanti degni di tale nome, là fuori; ciò nonostante la differenza tra il trasmettere un messaggio e avere un impatto sugli studenti rimane abissale.
La responsabilità in mano a coloro a cui viene affidato il compito di educarci è pressoché incalcolabile e alcune volte questi ultimi non se ne rendono minimamente conto, lasciando sì un segno, ma in negativo. Tuttavia, esistono
prof e studenti “amore-
Da studentessa di quinta superiore posso dire che ormai il mio percorso scolastico è quasi terminato. Tra elementari, medie e superiori posso ritenermi soddisfatta del mio percorso tra le mura scolastiche, nonostante le varie difficoltà che mi si sono presentate davanti.
Oltre a sviluppare un rapporto con i propri compagni di classe, anche il rapporto con i professori è una cosa inevitabile. D’altronde sono coloro che ci accompagnano durante gli anni della nostra crescita e del nostro sviluppo, sono coloro che ci stanno accanto e ci seguono durante gli studi.
Personalmente penso di essere stata fortunata, perché non ho mai avuto particolari difficoltà con nessuno di loro, partendo dalle elementari per arrivare fino alle superiori, ovviamente senza escludere alcuni momenti, soprattutto i primi anni di liceo, ma penso che facciano parte del percorso anche quelli.
Durante il mio percorso scolastico ho avuto sia professori con cui mi sono trovata molto bene sia professori con i quali i rapporti erano più agitati, ma nonostante ciò penso che tutti gli insegnamenti, le difficoltà, i sorrisi, le lacrime, l’ansia e le agitazioni mi abbiano aiutata a crescere sia
scolasticamente che personalmente e se tornassi indietro probabilmente non cambierei nulla. Sono consapevole del fatto che tutto quello che mi è successo e che ho passato mi ha fatto diventare la ragazza e studentessa che sono e sommato tutto mi posso ritenere soddisfatta. Una cosa che ho imparato e appurato è che tra gli studenti e i professori c’è una sor-
ta di amore e odio che però porta ad entrambi, in maniera diversa, nuovi insegnamenti e scoperte che arricchiscono tutti.
Sono felice degli insegnanti che ho incontrato durante il mio percorso scolastico perché so che tutti loro, chi più e chi meno, mi hanno lasciato qualcosa che farà sempre parte del mio essere.
Anna Florani
delle eccezioni, professori che si illuminano facendo ciò per cui hanno dedicato gran parte della loro vita, spesso riuscendo a influenzare anche studenti che normalmente rimarrebbero indifferenti alla materia che insegnano. Io non posso parlare a nome di tutti, lo ripetiamo in continuazione: “siamo tutti diversi”. Ma sono certa di aver avuto la fortuna di incontrare alcune di queste persone e, se mai qualcuno mi dovesse chiedere cosa renda un professore “grande”, direi che non lo so, ma quello che però so è che tutti coloro che mi hanno lasciato un segno, erano umani e comprensivi e entusiasti di quello che insegnavano e, quando mi chiedevano qualcosa, facevano anche la scelta di ascoltare la mia risposta.
Sofia Surci
“Pochi insegnanti hanno amato davvero il loro lavoro”
La mia relazione con la scuola è sempre stata complicata, era come mettere in una gabbia due tigri: alla fine, una delle due perde.
Sin da quando ho messo piede alle elementari mi è sempre piaciuto imparare e, tra lavoretti e progetti, il tempo è passato così in fretta che mi ricordo davvero poco di quegli anni e solo il tempo di chiudere e aprire gli occhi, hanno bussato alla mia porta dicendomi che il giorno dopo avrei iniziato le superiori.
“Anche no” ho subito pensato. Ma non avevo piani B, il tempo non te li concede!
Non mi rendo conto di essere arrivata alla fine di questo capitolo in così pochi secondi, sono passati ben 5 anni da quando mi sono sentita per la prima volta un essere tanto piccolo in un edificio così grande e popolato da ormai adulti… cosa che io dovevo ancora diventare.
Ma piano piano lo si diventa tutti: chi più e chi meno, ma c’è sempre tempo.
Il periodo delle superiori può essere visto come una medaglia, due facce che rappresentano gli studenti: quella che fa
vedere quella che vogliono gli altri e, dall’altra, quella che li rappresenta realmente. E non parlo solo di studenti. Gli insegnanti possono risultare esattamente come ho appena descritto gli alunni, anche se per fortuna ce ne sono stati pochi.
Pochi hanno insegnato veramente a una classe cosa vuol dire il rispetto e l’impegno per mettere in risalto il meglio di noi, pochi hanno amato davvero il loro lavoro e lo hanno fatto vedere ogni giorno, alcuni che non hanno cercato nemmeno un contatto umano con noi.
Mi ricorderò sempre di una prof alle medie, la classica prof severa ed esigente nella sua materia: avendola avuta tutti i tre anni ho avuto tempo, ma non sufficiente, per dimostrarle quanto fossi determinata; aveva un metodo preciso e tradizionale e un ritmo forse troppo veloce per noi. Ma a distanza di anni è stato facile rendersi conto che i suoi metodi che,al tempo, definivo rigidi, mi hanno modellato per definire chi sono ora. Sono grata di aver avuto una figura importante come lei.
Eloisa Tisi
PAG. 28 APRILE 2023 Scuola
“Fra
odio” che arricchisce entrambi”
“E ora, ciò che voglio sono i fatti”
Fra le figure che hanno lasciato il segno nella nostra scuola vorremmo citare la professoressa Piacenza attraverso la testimonianza del prof. Piccoli, che ricorda la collega venuta a mancare da poco.
È stata un’insegnante di lettere che, per 40 anni, ha lavorato all’interno dell’istituto Lorenzo Guetti di Tione, prima negli istituti tecnici poi al triennio dello scientifico; era una persona molto diretta e schietta, che non si faceva problemi a parlare e non si nascondeva dietro a veli di ipocrisia. Parlando di che tipo di insegnante fosse, il suo stile di insegnamento faceva uso di una didattica molto moderna che si basava sul collegare la letteratura antica alla quotidianità. Era affezionata al cinema e al teatro a tal punto da aver trovato l’ispirazione per alcuni progetti interni alla scuola. Oltretutto era molto devota ai viaggi d’istruzione per gli alunni, che riteneva una forma di istruzione sincera; di fatto molto spesso metteva del suo nell’organizzazione di questi ultimi. Solo una decina di anni fa la professoressa andò
L’autenticità della professoressa Piacenza
La professoressa Antonella Piacenza ha insegnato per 40 anni all’Istituto Lorenzo Guetti di Tione. Lo ha fatto con generosità e lealtà facendo uso di una didattica molto moderna che si basava sul collegare la letteratura antica alla quotidianità.
in pensione, ma senza fare celebrazioni, semplicemente andando a cena con la sua ultima classe, proprio perché non amava i discorsi lunghi e pesanti o gli eventi autocelebrativi, preferiva non mettersi in mostra. Persino quando purtroppo, non tanto tempo fa, vedeva il mondo dalla finestra di un ospedale, confidò al professsor
Piccoli che non avrebbe voluto nemmeno un discorso commemorativo al suo funerale. Per concludere, un’ultima testimonianza del professore Piccoli e di come l’aveva conosciuta quando, ormai nel lontano 1988, lui arrivò a Tione dove lei già lavorava. Inizialmente non avevano molti contatti, fino a quando il prof.
Vista la decisione di dedicare questo numero agli insegnanti che hanno lasciato un segno, non si poteva non nominare il prof Tiberio Salvaterra, una persona, un professore, collaboratore interno alla scuola, “presente e allo stesso tempo così discreto, gentile e accogliente”, per usare le parole del vicepreside prof. Pucci, per il quale Tiberio era diventato “un amico, un collega, uno su cui contare”.
Una presenza silenziosa, ma davvero importante anche per tutti gli studenti che quando dovevano portare (spesso in ritardo) un permesso d’uscita, moduli per le assemblee, o altro, non ricevevano mai un no come risposta, solo un piccolo cenno d’assenso, e una grande professionalità, il che ha contribuito a renderlo un punto di riferimento per molti.
“Come non aveva bisogno di riconoscimenti per svolgere il suo lavoro, molto del quale era nascosto, ma essenziale per il funzionamento di una scuola (procedure, orario delle classi, orario dei docenti, avvisi…). A lui bastava svolgerlo bene. Questa era la sua soddisfazione. E dobbiamo ringraziarlo anche per questo insegnamento”. Sono queste le parole che sono state pronunciate dal vicepresi-
de riguardo a Tiberio, parole da cui emerge l’affetto sincero che prova lui, come anche il resto della scuola, nei suoi confronti, a riprova del fatto che è sempre possibile lasciare un segno nei contesti in cui si vive. E Tiberio, la scuola, l’ha vissuta appieno: “Il Guetti dove ha vissuto tutti i suoi anni di lavoro (e di studente), gli è riconoscente per tutto ciò che ha offerto ai ragazzi in qualità di docente
di Scienze e ai docenti e al personale ATA in qualità di collaboratore di diversi Dirigenti scolastici”.
Di sicuro Tiberio Salvaterra aveva imparato a farsi voler bene, anche da quella che può essere definita una seconda famiglia: la scuola.
Grazie di tutto prof.Salvaterra, ci manchi. Un abbraccio forte da parte di tutto il Guetti.
Alba Pellizzari
Piccoli, intorno agli anni 2000, venne spostato al triennio, momento in cui il loro rapporto divenne una profonda amicizia. Un’amicizia costruita su stima, collaborazione, ascolto e suggerimenti sulla letteratura che, oltre ad essere il loro più grande punto di contatto, era davvero una passione che condividevano. Senza dubbio il segno che la professoressa Piacenza ha lasciato alla scuola e agli insegnanti è il suo originale metodo di insegnamento, ma soprattutto la sua autenticità. Il legame fra i due professori era molto più che un semplice rapporto fra colleghi, era un rapporto profondo, di amicizia fraterna che li ha accompagnati per tanti anni, fino agli ultimi giorni della professoressa Piacenza.
Emma Da Pra
Insegnanti fantastici, ma nessun esempio fuori da scuola
Sono quasi giunta al termine di questo importante capitolo della mia vita. È inutile dire che in un momento come questo il pensiero va al passato, a tutti quei momenti belli o brutti, e a tutte le persone che hanno caratterizzato questi anni. Quando ho iniziato le aspettative erano alte e il grande entusiasmo mi faceva sperare in un incontro particolare, che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. Ho avuto molti insegnanti fantastici, che mi hanno fatto appassionare alle loro materie, e per questo li ringrazio. Però non ho mai incontrato qualcuno che potessi considerare un esempio da seguire anche al di fuori delle mura scolastiche.
Nonostante questo, però, ho raccolto e terrò con me qualcosa da ognuno di loro.
Se però penso a tutti i docenti che hanno accompagnato me e la mia classe in questo percorso, posso dire che in realtà esiste qualcuno che non abbia rappresentato solo il ruolo di insegnante; è stato un rapporto che è durato negli anni e ci è sempre stata vicino anche nei momenti più complicati. Per ciò che ha fatto per noi rimarrà per sempre impressa nel mio cuore. Anche se si avvicina molto, non posso però dire di aver vissuto una storia come nel film “L’attimo fuggente”.
Susanna Vaia
PAG . 29 APRILE 2023
Scuola
“Grazie di tutto prof. Salvaterra, ci manchi”
L’“ospedale che cura con cura”, quando i servizi sanitari sono a misura del paziente e dei suoi familiari
L’Ospedale di Tione ha adottato da qualche tempo un nuovo approccio nell’accoglienza e nella cura dei pazienti, incentrato sull’attenzione alla persona e alle sue esigenze e sul coinvolgimento diretto degli stessi familiari nel processo di cura. Ne abbiamo parlato con Silvia Strimmer, responsabile della sede di Tione dell’Unità operativa multizonale direzione delle professioni sanitarie.
In che cosa consiste questo nuovo tipo di approccio alla persona e alle cure?
Nel 2017 l’Apss ha avviato un progetto di umanizzazione, denominato “Ospedale che cura con cura”, per rispondere in particolare alle situazioni di cronicità e fragilità dei pazienti. L’approccio centrato sulla persona e la famiglia (person and family centred), è quello considerato il più adatto per migliorare la presa in carico delle persone malate. Partendo dall’analisi dello scenario organizzativo,
sono stati realizzati dei modelli comportamentali e di cura centrati sul paziente-famiglia e questi modelli sono stati poi applicati all’interno dell’ospedale. Alla base degli standard sono stati posti i valori della persona-famiglia e della loro dignità.
Cosa si intende in particolare con “person and family centred”?
I servizi sanitari tradizionali prevedono che siano le persone ad adattarsi alle routine, alle pratiche e ai ritmi che i fornitori di servizi ritengono più appropriati. Ma questo è un approccio ormai superato, in particolare per i pazienti fragili. Di qui la necessità di un nuovo tipo di approccio più attento alle esigenze delle persone. E la risposta è appunto il modello “person and family centred”, che vede la persona e la famiglia posti al centro del sistema sanitario, dove i pazienti sono visti come partner nella pianificazione, nello sviluppo e nella valutazione del-
l’assistenza.
Cosa significa che la famiglia ha un ruolo centrale?
Significa soprattutto valorizzare l’esperienza del paziente e della famiglia nella gestione della malattia cronica: sia favorendo l’autonomia del paziente nel suo rapporto con la malattia, sia allo stesso tempo cercando di coinvolgere il familiare o caregiver nelle pratiche di assistenza già all’interno dell’ospedale. Si propone al parente, senza però obbligarlo,
di partecipare ad alcune attività come l’igiene, la mobilizzazione, l’assunzione del pasto, la gestione dei farmaci, per essere in grado di prendersi cura del proprio caro in previsione della dimissione. L’obiettivo è un rientro al domicilio sereno sia per il paziente sia per chi se ne prende cura, favorendo la continuità ospedale-territorio e attivando, se necessari, i servizi delle cure domiciliari.
In quali comportamenti si traduce l’attenzione
verso il paziente?
Il primo obiettivo è il mantenimento delle autonomie residue. Il momento dell’ospedalizzazione rischia di peggiorare il grado di autonomia e la fragilità dei pazienti anziani affetti da patologie croniche, poiché si interrompono le normali abitudini. Occorre quindi mantenere e recuperare il più possibile l’indipendenza del paziente nel movimento e in alcuni momenti della vita quotidiana, optando per esempio per l’accompagnamento in
bagno ed evitando rimedi per l’incontinenza e l’uso di altri device non necessari, soprattutto evitando l’allettamento quando non è strettamente necessario.
Come ha influito l’emergenza Covid in questo nuovo tipo di approccio?
Non è stato facile. All’improvviso il modello incentrato sul paziente e sulla famiglia non si poteva più applicare e gli operatori sanitari si sono trovati di fronte alla necessità di garantire l’umanizzazione delle cure senza più poter contare sul sostegno dei familiari. Siamo corsi ai ripari facendo ricorso alla tecnologia, acquistando cellulari e tablet per garantire un minimo di contatto tra pazienti e la famiglia. Il periodo dell’emergenza Covid ci ha fatto però capire quanto fosse stato importante il lavoro fatto sino a quel momento e quanto il nuovo approccio sia prezioso per pazienti, familiari e operatori sanitari.
È tempo di primavera, contro il pericolo delle zecche meglio il vaccino
Aprile. Riparte la bella stagione e con il sole e il caldo torna anche la voglia di passeggiate ed escursioni all’aria aperta a contatto con la natura. E per chi ha la fortuna di vivere nel territorio delle Giudicarie le opportunità sotto questo punto di vista sono davvero tante. Ma da un po’ di tempo prati fioriti e boschi ombrosi possono nascondere anche un pericolo per gli escursionisti. Parliamo delle zecche, piccoli parassiti che si nutrono del sangue di uomini e animali, e dei quali negli ultimi tempi si è assistito a una vera e propria proliferazione nella nostra provincia: complice il cambiamento climatico che fa sì che
le zecche si trovino ad altitudini maggiori, ma anche l’abbandono delle colture che implica un aumento dei piccoli roditori che ne facilitano la diffusione. Sta di fatto che se una volta era raro imbattersi in una zecca adesso i casi sono molto più frequenti e tutto il Trentino può considerarsi a rischio. L’habitat naturale sono prati, piante, cespugli soprattutto in zone umide ai margini dei boschi. La zecca non vola, si lascia cadere dall’erba e dalle piante al passaggio delle persone. Punge senza farsi sentire e la sua presenza all’inizio può passare del tutto inosservata. Cuoio capelluto, nuca, gambe e braccia sono le parti
del corpo dove si attacca di preferenza. Ma quali sono i pericoli per una puntura di zecca? Anzitutto, nel caso che l’insetto sia infetto, il rischio è di contrarre l’encefalite virale da zecca o Tbe che può provocare danni permanenti al sistema nervoso e nei casi più gravi condurre anche al decesso. Lo scorso anno in provincia di Trento si sono avuti 40 casi di infezioni da Tbe dovute a puntura di zecca, e in due casi la malattia ha avuto purtroppo anche un esito mortale. Il fenomeno è peraltro in aumento: i dati forniti dall’Unità operativa di igiene e sanità pubblica del Dipartimento di prevenzione dell’Apss, evidenziano che dal
2000 al 2022 si sono avuti 253 casi, con una media annuale di 11 casi, ma nel solo periodo 2018/2022 la media è raddoppiata arrivando a 25 casi. A scopo precauzionale, il primo consiglio è di coprirsi il più possibile se si va per prati o nei boschi. Ma la prevenzione più sicura ed efficace è il vaccino contro l’encefalite da zecca, che Apss mette a disposizione gratuitamente per i residenti in provincia di Trento.
L’altra malattia di cui le zecche sono portatrici, meno pericolosa della Tbe, è la malattia di Lyme. Può avere un’incubazione che va dai 3 ai 32 giorni, in principio si manifesta con chiazze rossastre
sulla pelle, mal di testa, dolori alle articolazioni e ai muscoli. Dopo un certo tempo può causare disturbi anche più gravi alle articolazioni, al cuore
e al sistema nervoso. Ma se presa in tempo è possibile curarla in modo semplice ed efficace con una semplice terapia antibiotica.
La prenotazione per la vaccinazione anti Tbe
La prenotazione per la vaccinazione anti Tbe si effettua, senza bisogno di impegnativa, attraverso il Cup online (https://cup.apss.tn.it) o telefonando al numero Cup 848816816 da telefono fisso o 0461379400 ad adulti e bambini a partire dal primo anno di età. Il ciclo vaccinale è di tre dosi, la seconda va effettuata 1-3 mesi dopo la prima mentre la terza va essere fatta 5-12 mesi dopo la seconda. La scheda anamnestica da compilare e presentare all’appuntamento per la somministrazione del vaccino Tbe è sul sito Apss all’indirizzo: https://www.apss.
tn.it/Documenti-e-dati/Modulistica/Modulovaccinazione-TBE
PAG . 31 APRILE 2023
Azienda Sanitaria
Analisi meteorologica degli ultimi quattro mesi
di Virginio Amistadi Rimediamo ad una svista dello scorso numero in cui non abbiamo inserito in tabella i dati relativi al Bilancio demografico Comune di San Lorenzo Dorsino. Ci scusiamo per il disguido.
(5,1°C), superato solo nel 1974 con 5,7°C. Febbraio 2023 è stato caratterizzato dal persistere di condizioni di stabilità che hanno determinato l’assenza di precipitazioni quasi ovunque. In tutte le stazioni analizzate, escluse Cavalese e Predazzo con solo 0,2 mm dovute a debolissime nevicate, il mese di febbraio 2023 è risultato totalmente asciutto. Per quanto riguarda le temperature, tutte le stazioni hanno registrato un valore medio mensile più alto della media storica: come a Trento Laste anche a Tione si è re-
San
Le cronache delle ultime settimane riportano costantemente il tema della carenza idrica che sta affliggendo il nostro territorio. Per descrivere da un punto di vista scientifico l’andamento climatico di questo inverno anomalo proponiamo in questo numero alcuni commenti e dati estratti dai Report dell’analisi meteo mensili prodotti dagli esperti di Meteotrentino (https://www.meteotrentino.it). In particolare, utilizzeremo i report relativi al quadrimestre novembre e dicembre 2022, gennaio e febbraio 2023.
Il mese di novembre del 2022 è stato caratterizzato da temperature molto elevate con precipitazioni inferiori alla media. In tutte le stazioni analizzate il mese di novembre 2022 è risultato con precipitazioni inferiori alla media storica.
Per quanto riguarda le temperature, ad esclusione di Malè, tutte le stazioni hanno registrato un valore medio mensile più alto della media storica (a Rovereto il valore rappresenta il 4° più alto mai misurato).
Dicembre 2022 è stato caratterizzato da condizioni meteorologiche tipiche del mese per le prime due decadi mentre l’ultima decade è risultata più calda della media. Nei primi dieci giorni le perturbazioni sono state frequenti. In tutte le stazioni analizzate, esclusa Malè, il mese di dicembre 2022 è risultato con precipitazioni superiori alla media storica. Per quanto riguarda le temperature, ad esclusione di Malè (che ha la serie storica più breve), tutte le stazioni hanno registrato un valore medio mensile più alto della media storica.
Gennaio 2023 è stato caratterizzato da temperature molto al di sopra della media e precipitazioni vicine alla media. Per quanto riguarda le temperature
Fonte: dati elaborati da Report dell’analisi meteo – Meteotrentino Novembre, dicembre 2022 e gennaio, febbraio 2023.
Fonte: dati elaborati da Report dell’analisi meteo – Meteotrentino Novembre, dicembre 2022 e gennaio, febbraio 2023.
tutte le stazioni hanno registrato un valore medio mensile più alto della media storica: a Rovereto si è registrato il secondo valore più alto della serie storica
gistrato il quarto valore più alto della serie storica.
Per la lettura completa rimandiamo ai report integrali di Meteotrentino. I due grafici qui sopra rap-
presentano i dati raccolti dalla Stazione meteorologica di Tione nel periodo considerato. In sintesi, possiamo affermare che anche in Giudicarie l’andamento
climatico del quadrimestre è stato caratterizzato da temperature costantemente superiori alla media storica, da una sostanziale assenza di neve e da un
andamento delle precipitazioni comunque fortemente altalenante sfociato in un mese di febbraio completamente privo di precipitazioni.
PAG. 32 APRILE 2023 Giudicarie in numeri
Bilancio demografico Comune di
Per descrivere da un punto di vista scientifico l’andamento climatico di questo inverno anomalo proponiamo in questo numero alcuni commenti e dati estratti dai Report dell’analisi meteo mensili prodotti dagli esperti di Meteotrentino Lorenzo Dorsino - Anno 2021 Popolazione al 1° gennaio 1.554 Nati vivi 17 Morti 15 Saldo naturale anagrafico 2 Saldo migratorio anagrafico interno 1 Saldo migratorio anagrafico estero 3 Saldo altri motivi 12 Popolazione al 31 dicembre 1.572
Febbraio Temperature medie - Stazione meteorologica di Tione periodo Novembre - Febbraio
Precipitazioni medie - Stazione meteorologica di Tione periodo Novembre -
A Bo
PAG . 33 APRILE 2023 Attualità
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Cosa significa fare Cassa Rurale oggi? Come sono cambiati i bisogni delle nostre comunità? Quali azioni può porre in essere una banca di credito cooperativo per sostenere le persone che vivono nel proprio territorio? Queste le domande che anche quest’anno si è posta La Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella nel redigere il programma delle attività sociali, aggregative e formative destinate ai soci, ai giovani, al mondo del lavoro e a quello del volontariato.
“Riteniamo che il nostro compito sia quello di offrire opportunità e strumenti volti ad incentivare la crescita personale, lo sviluppo professionale e il benessere sociale delle persone – afferma la Presidente Monia Bonenti – e contribuire in questo modo, come indicato dal nostro statuto, al miglioramento delle condizioni morali, culturali ed economiche delle comunità locali.”
Ecco le iniziative proposte da La Cassa Rurale in questi primi mesi del 2023.
CASA CHRISTCHURCH. Questa estate 28 ragazzi dai 13 ai 16 anni parteciperanno a questo soggiorno linguistico di due settimane in Inghilterra. La proposta comprende un corso di inglese di 30 lezioni e l’alloggio in un college internazionale: un’opportunità per allenare l’inglese e interagire con ragazzi provenienti da tutto il mondo! Il costo intero del soggiorno è di Euro 2.740, mentre il prezzo riservato ai figli dei soci è pari ad Euro 1.600.
CASA MONACO.
Ad agosto altri 9 ragazzi dai 14 ai 17 anni parteciperanno a questo soggiorno linguistico di due settimane in Germania. La proposta comprende un corso di tedesco di 40 lezioni e l’alloggio in un college internazionale: un’opportunità per aprirsi a prospettiva globale e apprezzare culture diverse dalla propria. Il costo intero del soggiorno è di Euro 2.000, mentre il prezzo riservato ai figli dei soci è pari ad Euro 1.200.
CASA BOURNEMOUTH
Nel mese di luglio, 22 ragazzi dai 16 ai 17 anni parteciperanno a questo viaggio studio di due settimane in Inghilterra. La proposta comprende un corso di inglese di 30 lezioni e l’alloggio in famiglia: un’opportunità per vivere come un vero “local” e allenare l’in-
La Cassa Rurale: quali opportunità?
glese in un contesto autoctono. Il costo intero del soggiorno è di Euro 1.550, mentre il prezzo riservato ai figli dei soci è pari ad Euro 950.
INEUROPE. Un’iniziativa aperta tutto l’anno, che quest’anno ha già coinvolto 12 ragazzi dai 18 ai 30 anni, che sono partiti per una meta europea per partecipare agli scambi giovanili, ai corsi di formazione e alle esperienze di volontariato europeo proposti dal programma Erasmus+. Questa iniziativa ha l’obiettivo di dare ai giovani l’opportunità di viaggiare, conoscere altre culture e sviluppare competenze professionali, linguistiche e relazionali richieste dal mondo del lavoro. La Cassa Rurale sostiene le spese di progettazione, orientamento e invio della domanda, mentre le attività previste dal soggiorno sono finanziate dall’Unione Europea.
ENGLISH SUMMER CAMP e DEUTSCH SOMMER CAMP. Questa estate 27 bambini e ragazzi dai 9 ai 14 anni parteciperanno ai camp linguistici che si terranno presso la Casa Natura Villa Santi a Montagne, Tre Ville (TN). La proposta comprende lezioni al mattino e al pomeriggio esperienze formative, laboratori, project work, sport ed escursioni finalizzati all’apprendimento delle lingue: un’opportunità per imparare l’inglese e il tedesco divertendosi con le attività proposte dal Parco Naturale Adamello Brenta! Le iscrizioni sono aperte fino ad esaurimento dei posti disponibili. Il costo intero del soggiorno è di Euro 780, mentre il prezzo riservato ai figli dei soci è pari ad Euro 480.
INENGLISH. Sono già 28 i ragazzi con più di 16 anni e gli adulti iscritti ai corsi di inglese online tenuti da docenti madrelingua della Bournemouth School of English tra gennaio e giugno: un’opportunità per migliorare il proprio inglese per motivi di lavoro, per la propria formazione personale o per viaggiare. Il costo intero del corso è di Euro 320, mentre il prezzo riservato ai soci e figli dei soci con meno di 27 anni è pari ad Euro 120.
INBUSINESS.COM.
Tra gennaio e marzo 19 imprenditori e professionisti hanno partecipato a questo percorso formativo incentrato sui processi di vendita e acquisto online e offline. Un’opportunità per approfondire i temi legati alla gestione del business e del cliente, al Social Media Marketing e alla comunicazione strategica e la gestione economico-finanziaria dell’azienda. Il costo intero del percorso è di Euro 420+iva, mentre il prezzo riservato ai soci è pari ad Euro 100+iva.
DIVENTA DIGITALE.
Uno sportello per rimanere al passo con i tempi, che a soli 20 giorni dall’avvio ha già ricevuto oltre 30 richieste di iscrizione da parte di adulti over 50. Tra marzo e maggio La Cassa Rurale offre infatti l’opportunità di accedere gratuitamente ad uno sportello individuale con un tutor digitale: un’opportunità per familiarizzare e imparare ad utilizzare smartphone, tablet, computer e servizi online.
BIMBI IN PISTA. Nel corso della stagione sciistica 2022/23 sono stati oltre 470 i figli e nipoti dei soci fino a 14 anni che hanno ritirato lo skipass giornaliero gratuito offerto da La Cassa Rurale per ac-
cedere al Campo Primi Passi o alla Pista da sci del Centro sci Bolbeno Borgo Lares. Un’opportunità per praticare uno sport all’aria aperta, stare in compagnia di altri bambini e iniziare ad apprezzare le attività offerte dal nostro territorio.
BANDO ATTIVITÀ 2023. Sono stati quasi oltre 600 gli enti senza scopo di lucro e le associazioni del territorio che nel mese di febbraio hanno presentato richiesta di
contributo sul Bando Attività 2023. Un investimento di Euro 350.000 per dare l’opportunità al mondo del volontariato di continuare a proporre attività socioaggregative, solidali, culturali, sportive e ricreative nelle nostre comunità.
ASSOCIAZIONE IN FORMAZIONE. Sono già 110 i volontari delle associazioni iscritti ai 14 percorsi formativi dedicati al no profit che si svolgeranno tra marzo e
maggio: un’opportunità per accrescere le competenze delle persone impegnate a servizio delle nostre comunità e sostenere la motivazione dei volontari. La partecipazione ai corsi è completamente gratuita.
RENDIMENTO AL 2% SUL “CONTO VALORE AL SOCIO”. Dal 1° marzo al 30 novembre 2023 La Cassa Rurale riconosce un rendimento del 2% sulle somme fino a 100.000 di euro depositate senza vincoli sul “Conto Valore al Socio”. Sono già oltre 2.400 i soci che hanno riconosciuto questa opportunità, che mira a sostenere il potere d’acquisto dei soci e delle loro famiglie.
“Le buone azioni per la crescita del nostro territorio”, con cui La Cassa Rurale sintetizza le numerose attività proposte, non finiscono qui: nel corso dell’anno verranno pubblicate altre iniziative dedicate ai soci e alle famiglie, ai giovani, alle imprese e alle associazioni.
Per rimanere sempre aggiornati sulle iniziative proposte da La Cassa Rurale è possibile consultare i siti www. lacassarurale.it e www. prendiilvolo.it, e seguire @La Cassa Rurale su Facebook e @prendiilvolo su Instagram.
PAG . 35 APRILE 2023
Territorio
di Giacomo Bonazza
La centrale di Cimego fu al centro di un’impresa architettonica tra le più innovative messe in campo per quella specifica tipologia di infrastrutture scomodando addirittura la firma progettuale di Gio Ponti, uno dei maestri dell’architettura italiana del XX secolo.
Si raccontava l’autunno scorso sul nostro giornale di due grandi registi, Ermanno Olmi e Pier Paolo Pasolini, all’inizio della loro formidabile avventura artistica, metà anni ‘50, e del loro documentario “Manon finestra 2” ambientato tra la Val di Daone e la centrale di Cimego, con protagonisti assoluti gli umili eroi di un’epopea non solo industriale, legata alla costruzione dei poderosi impianti idroelettrici in territorio giudicariese. La centrale di Cimego fu al centro di un’impresa architettonica tra le più innovative messe in campo per quella specifica tipologia di infrastrutture che andavano costellando l’arco alpino in quegli anni, scomodando addirittura la firma progettuale di Gio Ponti (1891-1979), uno dei maestri dell’architettura italiana del XX secolo, padre del Grattacielo Pirelli (il famoso Pirellone) edificio simbolo di Milano, artista dalla personalità geniale e poliedrica, sperimentatore instancabile di nuove forme dell’abitare, designer industriale alla ricerca di sintesi sempre più alte di bellezza e funzionalità: “dal cucchiaio al grattacielo”, tutto ha dignità estetica! “L’arte si è innamorata dell’industria”, ripeteva l’architetto milanese; e nel suo “Amate l’architettura” del 1957 (non un libro per gli architetti, ma per gli incantati dell’architettura antica e moderna, una piccola collezione di pensieri sparsi): “Amate l’architettura, la antica, la moderna. Amate l’architettura per quel che di fantastico avventuroso e solenne ha creato - con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano e rapiscono il nostro pensiero...amatela per le illusioni di grazia, di leggerezza, di forza, di serenità, di movimento che ha tratto dalla grave pietra, dalle dure strutture, amatela per il suo silenzio, dove sta la sua voce, il suo canto segreto e potente... Architettura moderna: connubio di tecnica e fantasia... L’edificio deve rispondere in bellezza ed esattezze tecniche, economiche, produttive...L’edificio del lavoro deve onorare il lavoro...”. Ancora
Quando l’architettura si fa poesia Gio Ponti e la centrale sul Chiese
dove equilibrio e semplicità compositiva si sposano con un’assoluta e rigorosa pulizia formale. È la modernità che fa irruzione nelle nostre valli attraverso queste “architetture dell’acqua”, così essenziali e diverse da quelle delle centrali di prima generazione di inizio secolo, attardate su richiami stilistici ormai sorpassati di matrice neorinascimentale, neoromanica e neogotica, come per camuffare sotto le sembianze di finti castelli medievali una vocazione “troppo” industriale; basti guardare vicini a noi i casi della centrale di Fies, edificata sulla riva della Sarca nel 1909 e della centralina idroelettrica di Toblino (1927-1928) a cura della SIT (Società Industriale Trentina),
Cimego è distante pure dalla monumentalità, non priva di una solenne classica eleganza, delle centrali di Riva del Garda (1925-1930) e di Santa Massenza (1948-1957), opere rispettivamente di Giancarlo Maroni (1893-1952), importante architetto rivano, artefice del Vittoriale di Gabriele D’Annunzio, e di Giuseppe Muzio (1893-1982), capofila della corrente tradizionalista all’interno del movimento artistico Novecento, progettista del palazzo della Triennale e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Tra le cento opere più rappresentative del panorama architettonico italiano, comprese tra il secondo dopoguerra e il momento attuale, censite nell’Atlante dell’Architettura Contemporanea, promosso dalla Direzione generale Creatività Contemporanea del Ministero della cultura, compare la Centrale idroelettrica sul fiume Chiese di Cimego. Le altre architetture d’eccellenza segnalate in terra trentina: il Mart (1988-2002), lo Stabilimento delle Terme di Levico (1954-1964), il Palazzo dello Sport di Trento (1984-2002), il Palazzo della Regione (1954-1965), il Centro della Cooperazione di Via Segantini a Trento (1971-1977). Il testo che correda la scheda dell’impianto chiesano recita:
“Progettato da Gio Ponti nel 1954, l’edificio è il secondo, in ordine di tempo, dei due impianti idroelettrici disegnati dall’architetto milanese.
L’opera si inserisce in un più vasto complesso, pianificato a partire dal 1926 e realizzato a partire dal 1950, di cui fanno parte anche le residenze dei lavoratori e la possente diga.
nel 1946 Ponti ragiona sul futuro dello stile architettonico: “Si va nella tecnica dal pesante al leggero, dall’opaco al trasparente. Ciò che è antico, è primitivo, primordiale, è rozzo e pesante, opaco: via via si passa al leggero, poi al trasparente...Ci sarà uno stile leggero e trasparente, semplice, collegato ad un costume sociale semplificato”. Ecco gli interventi trentini del prestigioso studio milanese Ponti-Fornaroli-Rosselli a Cimego, con annesso il Villaggio Prosnavalle (1954), ed in Val di Non (centrale di Taio-Santa Giustina 1952), commissionati dalla Edison, entrambi all’insegna di un’edilizia moderna e funzionale, quasi minimalista, improntata a leggerezza e luminosità, vere e proprie “fabbriche della luce”, “cattedrali dell’ener-
gia”, illuminate dall’interno, dove si uniscono simbioticamente utilità ed estetica
(ciò che è funzionale è anche bello!); straordinari esempi di architettura razionalista,
poco distante l’abitato di Sarche, per verificarne l’evidente anacronismo. La
L’architettura di Ponti si colloca in una straordinaria cornice naturale, richiamando nel profilo aguzzo della copertura gli stilemi tipici dell’architettura montana, ma senza accenni di mimetismo. La copertura della centrale presenta due falde asimmetriche, rivestite in lamiera metallica...La testata dell’edificio è completamente vetrata e permette di rileggere il profilo dei telai in calcestruzzo armato che sorreggono la struttura anticipando all’esterno la qualità dello spazio interno a navata unica. Sul lato nord-orientale della facciata la copertura di lamiera si interrompe per lasciare spazio a una serie di sottili lucernari, concepiti come tagli nel piano di copertura, che convogliano all’interno la luce delle prime ore del mattino”. Quando l’architettura si fa poesia...
PAG. 36 APRILE 2023
centrale di
Arte
A Spiazzo un giardino dedicato ai Giusti
Nobile lavoro degli alunni della scuola di Spiazzo dell’Istituto Comprensivo della Val Rendena. I ragazzi hanno scelto di ricordare Sophie Scholl, Giovanni Falcone, Berta Càceres.
Lo scorso 6 marzo si è celebrata la Giornata Europea delle Giuste e dei Giusti, istituita dal Parlamento Europeo nel 2012 e divenuta poi solennità civile in Italia con la Legge n. 212 del 2017. L’obiettivo di questa celebrazione è quello di divulgare e valorizzare donne e uomini che in ogni tempo e in ogni luogo hanno operato il Bene, sia salvando vite umane da guerre e genocidi, sia battendosi in prima persona per l’affermazione e la difesa di valori universali quali Pace, Diritti Umani, Giustizia, Uguaglianza, Libertà. Secondo il testo della legge italiana, in occasione di questa ricorrenza le amministrazioni e gli enti pubblici possono promuovere la creazione di Giardini delle Giuste e dei Giusti oppure, qualora già esistenti, intraprendere e stimolare iniziative pubbliche coinvolgendo gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado.
L’iniziativa di creare Giardini dei Giusti si è diffusa in tutto il mondo sull’esempio del primo Giardino inaugurato a Gerusalemme nel 1962: un luogo-memoriale dedicato ai Giusti tra le Nazioni, cioè a coloro che, nonebrei, hanno agito, spesso rischiando la propria vita, per salvare ebrei dalle per-
secuzioni e dallo sterminio antisemita durante i tragici anni della follia nazifascista al potere. A queste persone è stato piantato e dedicato un albero con una targa commemorativa. Ad oggi l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah ha riconosciuto quasi 30.000 Giusti. Tra questi tanti italiani. Tra i più famosi si ricordano Giorgio Perlasca (alla cui vicenda anni fa la Rai dedicò una
fiction), quella del medico Carlo Angela (padre di Piero e nonno di Alberto) e il campione di ciclismo Gino Bartali, protagonista forse della vicenda più romantica di tutte, e che è stata resa pubblica solo dopo la sua morte.
Sulla scia di quello di Gerusalemme, centinaia di Giardini sono nati in tutto il mondo per diffondere il messaggio dei Giusti, esempi concreti che regalano fiducia e speranza nell’umanità. Raccontare le loro storie diventa un modo per renderci consapevoli che possiamo sempre intervenire in difesa dei perseguitati, dei deboli e degli oppressi, inter-
rompendo così la catena del male.
In questo contesto la Scuola Secondaria di Primo Grado di Spiazzo dell’Istituto Comprensivo Val Rendena, in collaborazione con il Comune di Spiazzo e con il supporto della Biblioteca comunale, ha realizzato un Giardino dei Giusti e delle Giuste all’interno del parco adiacente l’edificio scolastico.
Gli alunni delle classi 1F e 3F, con la supervisione dei loro insegnanti, hanno prima approfondito lo studio delle vite di alcune di queste persone virtuose e poi hanno selezionato quattro nominativi a cui sono stati dedicati altrettanti alberi
presenti nel parco. I Giusti scelti dai ragazzi sono: Sophie Scholl, ragazza tedesca di vent’anni morta per la libertà durante la dittatura nazista; Berta Càceres, attivista honduregna assassinata nel 2016 per le sue battaglie in difesa dell’ambiente e dei diritti delle popolazioni indigene; Lea Garofalo, testimone di giustizia vittima della ‘ndrangheta e il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e la fedele scorta, uccisi nella strage mafiosa di Capaci del 1992. Ai piedi degli alberi, per l’occasione bardati con fasce colorate, sono state poste le targhette con i nomi prescelti e una breve biografia a scopo divulgativo. All’ingresso del Giardino inoltre è stato collocato un pannello illustrativo del progetto. Alla cerimonia di inaugurazione del 6 marzo scorso erano presenti diverse autorità civili e militari locali, oltre a docenti e alunni della scuola di Spiazzo che hanno eseguito alcuni brani musicali e dato lettura delle biografie dei Giusti scelti. Il significato simbolico di celebrare un Giusto con una pianta è molto efficace. L’albero simboleggia la vita e rimanda all’idea della vita umana salvata e difesa, che crescendo ramifica, testimoniando alle generazioni successive il bene ricevuto. Coraggio e sacrificio dunque come strumenti salvifici per l’umanità, come virtù da coltivare e tramandare.
PAG . 37 APRILE 2023 Memoria
di Massimo Ceccherini Podio
Vuoti a perdere
Nella millenaria disputa sull’esistenza o meno del Vuoto, filosofi e fisici di ogni tempo se le sono sempre date di santa ragione.
Secondo Pitagora il Vuoto esiste per necessità della Natura. Senza spazi vuoti infatti non sarebbe possibile il movimento di atomi e particelle e di conseguenza non esisterebbe la materia di cui sono fatte tutte le cose.
Aristotele, che fu il primo a parlare di ‘horror vacui’, era di tutt’altro avviso: il Vuoto non esiste perché è la Natura stessa che lo rifugge, riempiendo costantemente di liquidi o gas ogni spazio disponibile.
La scienza ha dimostrato che il vuoto PERFETTO non esiste in natura e non è ottenibile in laboratorio.
Gran parte dello spazio intergalattico è caratterizzato da un vuoto QUASI perfetto: solo pochissime molecole per metro cubo.
E comunque, anche ammettendo l’assenza totale di molecole, la presenza di campi magnetici e gravitazionali escluderebbero l’esistenza del vuoto perfetto.
Il tema dell’horror vacui, letteralmente il ‘terrore del vuoto’, è molto presente nella nevrotica società occidentale, devota alla competizione e alla performance, e viene ricondotto soprattutto al terrore del tempo libero o allo stato di vuoto mentale in cui nulla si muove, o sembra apparentemente non muoversi.
Tanti genitori sono terrorizzati nel vedere i propri figli
Diario Massimo di un osservatore minimo
di Massimo Ceccherini Podio
in panciolle anche solo per cinque minuti. Come reazione riempiono compulsivamente il loro tempo extrascolastico soffocandolo con mille corsi e attività.
E’ la metafora dell’imbuto di Norimberga applicata all’estremo: bambini trattati come recipienti dentro i quali sversare a secchi nozioni e insegnamenti ma senza conceder loro tempi di decantazione, spazi di interiorizzazione, necessarie pause rigeneranti.
Sulla chat del gruppo classe:
MammaTurchina: ‘Ieri ho portato la Tizy a equitazione c’aveva un terrore del cavallo povera tata ha strillato tutto il tempo l’ho iscritta lo stesso le passerà’
Diavoletta84: ‘hai fatto bene amò, ho iscritto anche la Jessy, sennò tra il corso di origami e l’uncinetto che fà??’
DaddyGiorgietto: ‘Anvedi equitazione… peccato… tutti gli slot del Ricky sò già occupati, corso de kung fu, arrampicata, nuoto e arpa celtica che in realtà iè fa schifo ma io ce lo porto lo stesso… devi vedè che maestra che c’ha’
FarfallinaSmack: ‘al corso di kung fu sfruttando l’ora buca tra chitarra e ciclocross!’
Diavoletta84: ‘Le tagliatelle di Nonna Pina!’
DaddyGiorgetto: ‘No la su nonna se chiama Consuelo’
Diavoletta84: ‘Ma no osti dicevo la canzone!’
SuperPapiMax: ‘Figurarse se il mi Alex gà el temp de annar a disnar dalla nonna,
gà allenament de sci tucc i dì!’
DaddyGiorgetto: ‘boh vabbè se beccamo domani ar cancello daa scola, poi spinning e piscina… ce siete?’
Bisognerebbe rivalutare il beato ozio. Genera pensieri e stimola la creatività. La frenetica società di oggi ne ha paura. C’è chi organizza una fittissima agendina di impegni quotidiani, chi non si lascia neanche il tempo per una telefonata o
una passeggiata, chi spalanca di continuo il frigo per colmare un vuoto che non è affatto dello stomaco.
E’ il rifugiarsi nel ‘fare per non pensare’ tipico di coloro che basano la loro tranquillità emotiva sull’evitamento degli stati emozionali, soprattutto quelli più impegnativi e disturbanti.
Esiste poi un altro vuoto. Il vuoto di senso che genera senso di vuoto, per dirla
alla Battiato. Mentre nel Tirreno si continuavano a recuperare i morti del naufragio di Cutro (Calabria), dove il giorno prima non avevano trovato il tempo per andare sulla spiaggia ad omaggiare le vittime, il dinamico duo Meloni-Salvini si esibiva in uno sbracatissimo karaoke sulle note de ‘La Canzone di Marinella’.
Il video ha fatto il giro dei social destando polemiche e sconcerto.
Primo: perché il testo della canzone parla di una prostituta calabra uccisa e buttata in un fiume.
Secondo: perchè l’autore, Fabrizio De Andrè, è stato il poeta degli ultimi e dei reietti, delle prostitute e dei disgraziati, l’unico artista e intellettuale (quanto ci manca…) che cantava ‘la pietas’ come sentimento salvifico dell’umanità.
Pietà che dal duetto istituzionale ne è uscita svilita, stuprata, sbeffeggiata. Ennesimo scivolone mediatico del governo, di forma e di sostanza, che fa pendant con i migranti=carichi residuali del ministro Piantedosi.
Maldestrezza o sfiga? Più verosimilmente, colpevole ignoranza culturale ed etica dei protagonisti.
In altre democrazie del globo terracqueo la carriera di politici beccati a cantare e far baldoria a poche ore da una tragedia come quella di Cutro sarebbe terminata con le dimissioni un minuto dopo.
In Italia funziona diversamente.
E’ l’occasione per riaffermare l’immagine di compattezza dell’alleanza destrorsa.
Qualche pollice in giù su Facebook.
I followers che perdonano tutto.
Qualche emoji con le lacrimucce o col fischietto.
Bene? Male? Applausi? Critiche?
Un altro drink nel bicchiere please.
Quello no. Non deve mai rimanere vuoto.
Il laboratorio Anfass di Tione, un’esperienza da fare
Il martedì pomeriggio è per loro, i ragazzi del Laboratorio Anfas di Tione in via Filzi.
Un mese fa passando per la via ho notato le vetrine di un negozio pieno di oggetti da regalare, colorati, di diverse forme, materiali ed ho subito pensato di voler dare una mano.
Cappelli, sciarpe, bomboniere, animaletti e lettere di legno dipinte, insegne, orologi che indicano non l’ora, ma il tempo nel quale oziare
o dedicarsi all’ orto. Insomma una bella raccolta di lavoretti. Fatto il colloquio con gli operatori, ho deciso di condividere il martedì pomeriggio con i ragazzi del laboratorio del centro diurno dell’ Anfas, dicendomi che sarebbe stata un’esperienza da provare. Ora aspetto il martedì per fare due chiacchere con ogni singolo ragazzo che non soggiorna solo nello spazio ma lavora con volontà perché
finalizza il suo operato, come la creazione di un manufatto con il telaio o un lavoretto in legno. Il primo giorno sono rimasta stupita dalla loro accoglienza; dopo ho pensato che se anche non mi conoscevano, il loro desiderio era di vedere una persona esterna al laboratorio; è successo che più o meno tutti sono venuti da me presentandosi, alcuni dicendomi dove sarebbero andati in vacanza la prossima estate, alcuni facendomi
vedere il loro operato o parlando della loro famiglia.
Quando si dice di avere empatia con qualcuno si entra quasi nel pensiero altrui; spesso nella mia vita sono stata definita una persona empatica; ora, da sola mi convinco di essere in grado di esserlo anche con i singoli ospiti del centro. E’ facile ascoltarli, parlare con loro con gentilezza, sentendo la loro esperienza e pezzi della loro vita. Ti accorgi che anche chi
sta sempre in silenzio, vorrebbe raccontare chi è, descrivere il suo mondo, che può sembrare piccolo ma è sufficiente per loro nel fare in modo che siano più o meno in equilibrio fra ciò che sono come individui ma anche persone circondate da altre. Non mi è mai piaciuto il termine Fragilità accostato alla Disabilità’, perché ritengo questa parola identificativa e descrittiva in accezione negativa,… come a fare
di tutta l’erba un fascio…
In questo caso un fascio di persone che tutti i giorni fra loro si confrontano, si sforzano perché finalizzano la loro giornata nel creare qualcosa di originale. E’ una esperienza arricchente che tutti dovrebbero fare! Il centro è aperto, quasi come se fosse un vero e proprio negozio, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 16.
Paola Irsonti
PAG. 38 APRILE 2023 Tutti giù per terra
S’è parlato molto in questi giorni della tragedia avvenuta a Cutru, sulle coste calabresi. Una tragedia che ha colpito le coscienze di un po’ tutti gli italiani. E’ inaccettabile che una settantina di persone muoiano solo per aver cercato un posto dove vivere decentemente o anche solo vivere. E’ ora e tempo che si arrivi ad una soluzione umanamente accettabile. La storia dei migranti in Italia è ormai un tira e molla farsesco che sarebbe ora di metterci rimedio.
Alberto
Concordo. Purtroppo su questa tragica vicenda s’è detto tutto e il contrario di tutto. Resta il fatto che abbiamo a che fare con una settantina di morti che potevano essere salvati. Facciamo un po’ di chiarezza. Le migrazioni, siano esse economiche o provocate da guerre e da violazione di ogni diritto civile ed umano, non si risolvono con un decreto alla Salvini o con erogazioni mi-
Migranti, vittime di una farsa inaccettabile
Il lavoro c’è se si studiano le cose giuste
liardarie ai paesi da dove provengono in gran parte i migranti. Il fenomeno lo si deve governare con il buon senso e con la dovuta comprensione. Da un lato abbiamo a che fare con persone, uomini, donne, bambini e quindi il senso di umanita deve prevalere. Dall’altro dobbiamo capire che non siamo in grado di accogliere tutti in ogni momento e a qualsiasi condizione. Non certo per egoismo o cattiveria, ma soprattutto perché dopo lo sbarco, dopo l’accoglienza, ci sono un sacco di altre cose che non possiamo dimenticare: c’è la vita da vivere in un altro Paese diverso dal proprio, un lavoro da trovare, un lavoro
da imparare, ci sono relazioni sociali e familiari da costruire o da ricostruire. Le porte aperte sempre e comunque ci rasserenano la coscienza, ma scaricano costi e problemi sulla società ed in particolar modo sugli strati più deboli e meno protetti. Non c’è altro da fare: occorre trovare una strada di equilibrio tra tuute le esigenze. Non sarà facile, ma se continuiamo ad usare i migranti come argomento da campagna elettorale, non arriveremo a concludere nulla. E’ compito della politica italiana ed europea trovare una soluzione il più presto possibile. Anche se non ho particolare fiducia. (a.a.)
Togliere il voto agli anziani? Una idiozia
Beppe Grillo è un comico davvero geniale, si è inventato in questi giorni una barzelletta stratosferica, ha lanciato la proposta di togliere il voto agli anziani.
Paolo
A me la proposta ha fatto ridere, detta da Beppe Grillo non può essere che così. Anche lui ormai è un anziano, settantunenne, credo, ma lui si chiama fuori, lui si sente ancora un giovanotto. Anche perché essendo un privilegiato non conosce le storie degli anziani di oggi. Gente che è nata in tempo di guerra affrontando periodi di fame e di indigenza, gente che ha ricostruito il nostro Paese, sono gli stessi che si sono
costruiti la casa con grandi sacrifici, che si sono logorati a coltivare i nostri prati, le nostre montagne, che hanno sudato sangue nelle fabbriche con diritti sindacali spesso inesistenti. Sono gli stessi che hanno aiutato le giovani generazioni nel loro cammino, che aiutano ogni giorno anche economicamente i propri figli ad andare avanti. Ma per qualcuno, questi italiani sono vecchi e non dovrebbero più votare. Questa è una grillata bella e buona. Grillo parli per sé e rispetti la vecchiaia. Da altri invece è arrivata la proposta di dare il voto ai sedicenni. Altra boiata. Facciamo così: lasciamo perdere l’età degli elettori e pensiamo invece alla qualità degli eleggibili. Ci sarebbe tutto da guadagnare. (a.a.)
Ho un figlio che, dopo il liceo, ha studiato Architettura, ne è pienamente soddisfatto ed ha trovato subito il lavoro, e una figlia che dopo una laurea in lingue, anch’essa ha subito trovato lavoro, non sono stati disoccupati nemmeno un mese. Smettiamola di dire ai ragazzi che negli studi devono seguire la passione, le passioni si possono coltivare, ma in concreto le scelte devono essere quelle che il mercato richiede.
Enzo
E’ difficile trovare una formula sempre valida nella scelte degli studi che poi ti dia garanzia di un lavoro sicuro. Non è sempre vero che i corsi universitari garantiscono l’immediato impiego. Le associazioni imprenditoriali hanno avviato ovunque progetti di collaborazione con gli istituti tecnici
per formare gli studenti e proporre un lavoro post diploma per i migliori. Oggi l’industria ha grande necessità di personale formato e preparato a tutti i livelli anche senza la laurea universitaria perché il mondo del lavoro richiede sempre più specializzazione. Una formazione solida viene anche dai licei, ma qui le famiglie ed i ragazzi devono comunque mettere in conto la prospettiva dell’università per completare il percorso degli studi. Certo una laurea non è cosa da poco e garantisce una formazione di spessore. Ma, io sono dell’avviso, che se un giovane ha vocazione per materie meno ricercate come le materie umanistiche o psicologiche va lasciato andare dove lo porta il cuore. E probabilmente riuscirà comunque a trovare una occupazione adeguata. Costringerlo a studi che non lo appassionano per niente può sortire l’effetto contrario. (a.a.)
Stereotipi da bar, sempre attuali
Ho assistito in un bar della zona ad una delle solite discussioni della domenica pomeriggio. Mentre si discuteva animatamente, è entrata nel locale una signora in piena forma che s’è presa un caffè. E subito sono partite le prime considerazioni di dileggio: “Quella è una moldava e fa la badante...”, “Ah! Ormai siamo pieni di stranieri!” “Io ho paura soprattutto degli albanesi...gli albanesi son tutti ladri ...” e così via. Mi sono alzato e me ne sono andato disgustato...tu che ne dici?
I romeni son tutti ladri, le moldave sono tutte badanti, le polacche non sono affidabili, i russi sono tutti ricchi, gli arabi picchiano le donne, i tedeschi sono ancora mezzi nazisti, e i francesi sono superbi e antipatici. Questo è quello che pensano gran parte degli italiani, le etichette che vengono appiccicate sulla fronte altrui ogni volta che si incontra uno straniero. Nulla di più sbrigativo e sbagliato, ma molti di noi, da buoni paesani, si fanno grandi di questa dabbenaggine e, nel caso di romeni,
albanesi e arabi, si permettono il lusso di guardarli dall’alto in basso. Ma è un errore, esattamente come sbagliano quegli stranieri che dicono: “Gli italiani sono tutti mafiosi”. Quante volte, recandomi all’estero, e ho girato mezzo mondo, mi son sentito deriso con gente che sottovoce diceva: “Ecco è un italiano, è un mafioso...” E che potevo dire, sarebbe stato inutile spiegare loro che l’Italia è lunga 1.500 chilometri ed è composta da popolazioni e da mille culture diverse. É tempo sprecato parlare agli ignoranti che si credono superiori. Ma perché noi dobbiamo comportarci allo stesso modo di questi buzzurri? Perchè se sentiamo parlare una persona con accento dell’est dobbiamo guardarla con commiserazione e diffidenza? Perchè se è una persona di colore dobbiamo sempre pensare che rappresenti sempre un pericolo per noi? Io ho conosciuto romeni che sono persone splendide, albanesi grandi lavoratori e fior di galantuomini, uomini di colore cordiali ed amichevoli, tedeschi amorevoli e francesi affabili... Apriamo le nostre menti e mettiamo da parte l’idiotismo, il mondo sta cambiando, cerchiamo di capirlo. (a.a.)
PAG . 39 APRILE 2023
E
BOTTA
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