2 minute read

Camminare nelle scarpe di un africano

����������������� � ����� ����������������������������������

Advertisement

��������� ��������

� �� ��� ��!"!�!��� #��� �

$�% ��� ��������&�������'$�(���$����������$����)$������� ($��)$���&&*�'�+�,���-$�����*�����)$�)�� ($���&�-����� ��$��'� da, ma i carovanieri non sono molti e la strada per il mare è ancora lunga... cammina, cammina che il mare si avvicina.

Finalmente si arriva al mare,finalmente felice, la gioia è immensa, ma dura pochissimo. Il nostro porta scarpe viene preso insieme agli altri come lui che sono riusciti ad arrivare, vengono addomesticati, uomini e donne, con vigorose bastonate e messi tutti in galera. Senza cibo, né acqua, in una prigione puzzolente da morire. Ogni tanto qualche donna viene portata via e rimessa in cella dopo qualche ora. Qualcuna piange, altre no. Poi un giorno arrivano e lo prelevano. Lo portano in una stanza ed in quattro gli legano un laccio al collo e gli ammanettano i polsi alle caviglie. Il nostro comincia a sudare, non vorranno mica...sono un Ministro della repubblica italiana...poi lo sguardo gli cade sulle gambe per gran parte scoperte...porca eva, sono nere. Eh... si...sono nere, possono eccome! Possono fare tutto quello che gli pare, perché non conti nulla, sei nessuno, non hai diritti, non hai amici, non hai denaro (te lo hanno già rubato) e ti tocca...ma sopporta, fra qualche settimana forse riuscirai a partire, a trovare la vita nuova che cerchi ormai da tempo... E i giorni passano, e non accade niente...e ti chiedi perchè tocca proprio a te soffrire così tanto. Poi finalmente arriva il giorno tanto atteso e ti imbarcano su un gommone assieme ad altri compagni di sventura. E quando non si vede più la terra, succede quel che succede quasi sempre: il gommone va a fondo e tu ti dibatti fra le onde, ma non sai nuotare, perchè purtroppo nel deserto da cui provieni non c’erano piscine e non c’erano corsi di nuoto. Le cose si mettono male, e quando l’acqua salata ti entra nei polmoni e ti toglie il respiro, quando hai urlato “aiuto!” per l’ultima volta...ti svegli. Sei nel tuo letto, nel tuo lussuoso appartamento, ti guardi attorno e vedi che è tutto al suo posto, i mobili, i quadri, i tappeti, tutto!Ti guardi le gambe ed esulti, non sono più nere. Evviva! Ti fai un caffè forte, bello nero, poi lo allunghi con un po’ di latte. Ripensi al sogno e scrolli le spalle. Domani è un altro giorno. Ma quando si avvicina la notte inizi a tremare, non vuoi chiudere gli occhi perchè sa che il sogno tornerà...camminare nelle scarpe di un africano è quanto di peggio ti possa capitare, ragioniamoci sopra, signor ministro, ragioniamoci sopra...Parole sante del saggio Saltaro delle Giudicarie.

Mi è capitato alcuni mesi fa di incontrare una persona che si chiedeva se avesse senso dire “beata speranza”. Le pareva che questa espressione fosse poco fondata, soprattutto in occasione dei funerali, ma anche nella Messa quando si recita: “nell’attesa che si compia la beata speranza…”. Non sarebbe meglio trasformarla? Pare un modo di dire così pietosamente consolatorio! Sono rimasto alquanto sorpreso da queste considerazioni.

A me, invece, risulta un’espressione particolarmente bella e ricca di significato. Ho cercato di capire, continuando la conversazione, il perché di questa interpretazione così falsata.

Mi sono accorto che “beata speranza”, nel senso comune, cioè per quasi tutti noi, significhi ben poco. Anzi, quando parliamo di speranza, siamo portati a intenderla come un auspicio, un augurio che “andrà tutto bene!”. Ci riferiamo a qualcosa di bello, che desideriamo, che potrebbe avverarsi e accadere. Nel dire «Speriamo che domani finalmente piova!» non ne abbiamo la certezza, potrà essere che il cielo rimanga sereno.

La Speranza Cristiana non è questo. Essa si fonda sulla Pasqua, sulla Risurre-

This article is from: