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Famigli
La Pasqua ha i suoi riti sacri, che iniziano il Giovedì Santo con il blocco delle campane, sostituite dalla raganella, e con le processioni. Mitica quella del Venerdì Santo dei “Batedùr de bore” di Storo. Ma ha pure i riti profani, fatti di tradizioni alimentari. Dove le mettiamo quelle? Pensiamo al capretto o all’agnello. Ma a noi piace di più pensare alla tenera colomba, che è un dolce per così dire nazionale. Però basta guardarsi attorno per scoprire le tradizioni regionali di cui è tanto ricco il lungo stivale. Allora ecco la pastiera napoletana. Ma fermiamoci qua, prima di schiattare.
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Oggi ci sono quelle infiocchettate, di tutte le dimensioni, al latte o fondenti, con sorpresa o senza sorpresa. Con sorpresa non sorpresa, nel senso che si fa mettere dentro il braccialetto o il gioiellino tanto carino. Non è più come un tempo. Beh, un tempo... Quando non c’erano i soldi per comperare uova e colombe, si giocava con le uova sode. Certo, le generazioni cresciute nell’epoca del benessere non conoscono simili giochi. Roba da “baby boomers”!
Per i distratti, i “baby boomers” sono coloro che sono nati ai tempi del boom economico, quando (fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento) l’Italietta post fascista e democristiana stava lavorando per togliersi (concedeteci il termine poco elegante) le pezze dal culo. Allora non c’erano le televisioni e nemmeno i giochetti da tavolo. I ragazzini giocavano sul marciapiede o addirittura nella strada davanti a casa, con l’aria piena degli odori forti: la polenta e la stalla. Niente odori fortissimi come la benzina delle auto. Giocavano con le uova cotte dalla mamma. Cotte e dipinte in due modi: o con il colore messo dentro l’acqua bollente, che dava un colore uniforme all’uovo, o dipinte con disegni e ghirigori fantasiosi. Poi arrivava il bello. Si mettevano le uova per terra, poi si tirava una moneta da cinquanta o da cento lire. Un “baby boomer” ci racconta che ai tempi (parliamo degli anni Cinquanta) “si usavano le monete false della guerra. Così le chiamavamo”. Sarà quel che sarà, ma una cosa è certa: si tirava la moneta, e bisognava essere tanto abili da riuscire ad infilarla nell’uovo. E c’era chi ci riusciva! Il vincitore guadagnava il diritto di mangiarsi l’uovo nel quale aveva infilato la moneta. Te li vedi oggi i bambini con l’uovo in mano e la mamma che urla alla mancanza di igiene?
Giuliano Beltrami
E non parlo solo delle maestre delle elementari, che ovviamente hanno formato tutti noi nel periodo più cruciale della nostra vita, che hanno reso me quella che sono e hanno determinato ciò che diventerò (non per niente voglio diventare una maestra).
Intendo anche quei professori che, alle medie come alle superiori, ci hanno offerto vari esempi di cosa significhi impiegare la propria vita nell’aiutare gli altri a trovare la propria.
Mi spiego meglio.
Esistono professori di tutti i tipi, da quelli severi, a quelli più giocosi, da quelli al primo anno di insegnamento ai veterani che conoscono la scuola come le loro tasche; ognuno di loro con un bagaglio di esperienze, risate, prediche, verifiche, interrogazioni a sorpresa e molto altro. Ciascuno di loro