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Alle pagine 4, 6 e

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MARZO 2022

PAG. 9 “L’Euro, un’àncora di stabilità nel mare tempestoso dei mercati internazionali”

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Mauro Battocchi, originario di Tione, è l’ambasciatore italiano in Cile. È stato anche responsabile per gli Affari istituzionali internazionali del Gruppo Enel e successivamente Consigliere diplomatico presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Una carriera nel mondo diplomatico, la sua, molto importante, che dalle Giudicarie lo ha portato a vivere il mondo: da Bonn a Tel Aviv a San Francisco e oggi il Sudamerica. Proprio nell’ambito del suo lavoro si trovò in una posizione di prima fila quando negli anni Novanta venne avviato il processo che ha portato all’adozione della moneta unica europea: un momento cruciale della storia del Bel Paese i cui retroscena non sono molto noti al grande pubblico. Raccontato in prima persona, il libro ripercorre quei concitati giorni nei quali l’Italia rischiava di perdere il treno europeo, il lavoro di Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi, i dubbi di un Paese come la Germania, in crisi di identità dopo l’unificazione con le regioni dell’Est ma ansiosa di compiere il grande salto della globalizzazione. Nell’Italia che si appresta ad attuare il PNRR disegnato da Mario Draghi, protagonista di quella battaglia accanto a Carlo Azeglio Ciampi, le vicende di quegli anni riacquistano attualità e spingono a riflettere su come affrontare al meglio la fase storica che stiamo vivendo.

Non fu affatto scontato per l’Italia, a fine anni Novanta, entrare nella moneta unica. Lei che è stato testimone diretto allora, ci racconta il dietro le quinte di quel cruciale negoziato?

Nella “Partita dell’Euro” ho cercato di restituire fedelmente la dimensione umana e i dietro le quinte di un negoziato tra i più complessi per il nostro Paese degli ultimi decenni. Fu un braccio di ferro che l’Italia condusse tra il 1996 e il 1998, soprattutto con la Germania, per evitare l’esclusione dalla moneta unica europea. Nella sua recensione, il Sole24Ore ha scritto che il racconto assume a tratti i ritmi di un romanzo, anche se non ha nulla di finzione. Lo scenario é quella di una Bonn brumosa e grigia nello stile dello scrittore di thriller John Le Carré. Quando Germania e Francia s’incamminano ad attuare il Trattato di Maastricht, l’Italia ha da poco sfiorato la bancarotta e ha appena visto implodere la Prima Repubblica. I nostri conti sono lontani dal rispettare i parametri per entrare nell’Euro. Ma il Governo guidato da Romano Prodi, con Carlo Azeglio Ciampi (e Draghi) al Tesoro, decide comunque di tentare un’impresa che sembra disperata: abbattere il deficit dal 7% al 3% del Pil entro il 1997 e, soprattutto, convincere i partner europei, Germania in testa, del fatto che non si tratta di un episodio ma dell’inizio di un percorso per rendere il Paese capace di competere sullo scenario globale senza usare scorciatoie come la periodica svalutazione della Lira. Nel libro mostro i volti e le angosce di politici, diplomatici, banchieri e della gente comune. Conduco il lettore sull’ottovolante di quei mesi spasmodici, pieni di colpi di scena.

Rimanendo in tema di Euro, che ruolo ha la moneta unica oggi nell’attuale scenario internazionale?

L’Euro non é la panacea che risolve tutti i problemi, ma é di sicuro un’àncora di stabilità nel mare tempestoso dei mercati internazionali. Basta guardarsi intorno e vedere le intemperie che hanno attraversato e stanno attraversando vari Paesi emergenti che non hanno il lusso di avere in tasca una valuta internazionale robusta e rispettata. Questa era in fondo la ragione ultima del perché si percepiva all’epoca che bisognava entrare nell’euro a tutti i costi. Lo dice bene Carlo Azeglio Ciampi in una frase che metto all’inizio del libro. Senza dimenticare che con gli acquisti dei titoli italiani la Banca Centrale Europea ci permette di sostenere un debito pubblico elevato. E adesso l’Europa s’indebita in quanto Europa per darci risorse per investire nel nostro futuro con il PNRR.

di Denise Rocca

Mauro Battocchi, originario di Tione, è l’ambasciatore italiano in Cile.

Testimone del negoziato dell’Italia per l’ingresso nella moneta unica ne racconta l’avvincente e poco noto dietro le quinte nel libro

“La partita dell’Euro. Italia-Germania tra cronaca e storia” (Università Bocconi

Editore, 2022, 16,00 €).

È stato in visita in Trentino di recente per occuparsi di un altro progetto culturale, questa volta dedicato alle vicende dell’ambasciata italiana in Cile durante il golpe di Augusto Pinochet. Un ruolo quello giocato dall’ambasciata poco noto al grande pubblico. Ci anticipa qualcosa del lavoro che sta facendo con la Fondazione Museo Storico?

L’Ambasciata italiana a Santiago nel periodo 1973-1975 ebbe un ruolo straordinario per aiutare centinaia di perseguitati dal regime militare a mettersi in salvo e poi a uscire dal Cile. Dietro a quella vicenda c’é l’impegno di alcuni funzionari che si assunsero la responsabilità di aprire le porte della nostra rappresentanza per motivi umanitari. C’é inoltre l’impegni di tanti eroi silenziosi che fuori dall’Ambasciata aiutarono gli avversari del regime anche a rischio della propria incolumità. Tra queste spicca l’impegno della nostra corregionale Valeria Valentin, che lei stessa non ha mai voluto mettere in evidenza. Ha fatto il bene senza cercare in nessun modo di farsene vanto. Credo che quanto sta facendo la Fondazione Museo Storica per valorizzare la sua storia sia molto importante per tenere alta la memoria di quelle vicende.

La sua formazione universitaria è stata alla Bocconi di Milano, ma è partito da Tione, suo paese natale. Il nostro giornale è diffuso nella vallata giudicariese, ad un giovane che ci legge cosa direbbe sulla possibilità di intraprendere una carriera impegnativa come la sua partendo da una periferia come sono le Giudicarie?

Ai giovani e ai giovanissimi delle nostre terre direi di non rinunciare a coltivare i propri sogni. Con molto lavoro e molta tenacia – non ci sono scorciatoie! – si può andare lontano. La Farnesina assume ogni anno una cinquantina di giovani per formarli al servizio diplomatico della nostra Repubblica. Non conta la provenienza, conta solo la capacità di superare un esame molto rigoroso e poi di mettersi alla prova nella vita all’estero.

Parliamo del suo percorso professionale. Negli ultimi 25 anni è stato a Bonn, Tel Aviv, San Francisco e Santiago del Cile, con diversi incarichi: cosa l’ha sorpresa di più nelle persone e dei Paesi in cui è stato?

Non c’é lezione di vita piú utile che vedere il mondo da punti di vista diversi. Vivendo in posti diversi si comprende che le nostre teorie sono sempre relative al luogo e allo spazio in cui nascono e prosperano. Prima di catalogare ció che é bello o brutto, giusto o sbagliato, é sempre utile e sano guardare al tema da altre angolature. Ed essere pronti a correggere le proprie opinioni. Consiglio ai ragazzi giudicariesi di uscire dalla loro “zona di confort” e di fare esperienze all’estero. Torneranno a casa portando con sé nuove prospettive.

Oggi è ambasciatore in Cile. Come sono i rapporti con il nostro Paese? C’è anche qualche relazione “trentina”?

I rapporti tra Italia e Cile sono ottimi, con un forte interscambio commerciale, investimenti diretti di grandi aziende italiane come l’Enel e una robusta comunitá di oriundi italocileni. Nel nord del Cile dagli anni Cinquanta é presente una comunitá di emigrati trentini che ha saputo costruire da zero attivitá economiche e una Scuola italiana molto rispettata. Nel novembre scorso ho partecipato alla Serena alla celebrazione dei settant’anni dall’arrivo in nave, da Genova, dei primi migranti trentini: un momento commovente e un’occasione per dare riconoscimento al grande lavoro che i nostri conterranei hanno realizzato in terra cilena.

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