CERVO VOLANTE - CASCELLA/CAGNONE

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numero tre



Penombra

Nanni Cagnone racconto

Tommaso Cascella disegni



D

imenticata cavità , luogo di sogni , avvolto nella bella stagione delle allodole . E altre agiografiche sciocchezze — sempre cosí , quando un adulto mette alla prova l’ infanzia. Eppure avrebbe piú verosimili ricordi : paure , ingiustizia , prepotenze . Alfredo non aveva il talento delle vittime , e suo padre – non sapendo piú come raddrizzarlo – lo fece adottare dal manicomio provinciale , ove cucchiai taglienti montacarichi legacci , gabbie e mai spente luci , docce fredde psicofarmaci e convulsioni elettriche .  Quelli che si masturbano per ore o gentilmente ti offrono le feci , e quelli che scrivono lettere al comandante della flotta sovietica , oppure ti supplicano ma sottosotto ti odiano . Dopo tutto , un proemio vale l’ altro . Se un medico dipsomane che va a caccia di quaglie con tuo padre ti dichiara balordo e dannoso , ne esci (per andar dove ? )  a quarant ’ anni , e solo perché una legge del 1904 viene sostituita da un ’ altra , nel 1978.


«  Basta con le rovine » dice Alfredo , che nel frattempo ha imparato a parlare da solo .  « Provate invece ad apprezzare lo stolido sorriso con cui mi congedo dal passato . » « Sono qui » annuncia Dorina . Quasi settant ’ anni , tenace e silenziosa , laurea in giurisprudenza e un lungo passato da volontaria laica in una comunità religiosa poi requisita dal braccio secolare della  Chiesa di Roma . Tutti sfrattati . Cosí , a sessant ’ anni ha dovuto inventarsi un mestiere : lo Shiatsu di Masunaga Shizuto — pollice palmo gomito ginocchio ; calma , staticità e peso . La religione del K  ’ i .



« Com ’ è andata , oggi ? » chiede Dorina . « Bene , ho corretto un po’ di bozze . Sapessi che refusi... Comunque, credo d’ aver guadagnato undici o dodici euro. » « Il salvadanaio sarà contento . » Uno sguardo seducente . « Indovina un po ’ »  (videocassetta che affiora dalla borsa) « cosa c ’ è in tv, stasera » . « Vuoi dire che devo lambiccarmi ? » « Ma no, lo sai che non ti terrei in ansia . Stasera , dopocena , c ’ è Vampyr. Il nostro caro , carissimo Carl Theodor. » « Allora siamo di nuovo a Courtempierre . Chissà se mi fa ancora paura , Marguerite Chopin . » « Alfredo , devi fartene una ragione . Marguerite non sarà mai buona . » « Però stasera le diamo un’altra occasione . » « Sí , ma vedrai che non cambia. Il film è sempre lo stesso . » « Lo so , ma io non mi raccapezzo . Perché persino i film devono avere un destino ? » « Beh , sono stati immaginati cosí . » « Da chi ? Dal dio della moviola ? »


Condividono la casa da sei anni . Si sono incontrati nella comunità per ricuperabili in cui lui viveva e lei andava talora a « far pressione » . Durante le sedute , Alfredo rideva — a bassa voce , ma rideva . « Fatto sta che quando mi opprimi mi fai tornare il buonumore » diceva ,  e Dorina aveva pensato : di solito li faccio star bene , ma questo qui lo faccio contento.  O è un miracolo nipponico o è l’inizio di una vera amicizia . Gli aveva proposto di passare il fine settimana a casa sua , e lui aveva accolto con naturalezza l’invito . « Casa di ringhiera » aveva detto , guardandosi intorno . « Un giorno o l’altro , ci metteranno un cartello :  ‘  Tipologia abitativa d’interesse sociologico ’. » Non sopportando di stare al chiuso né di uscire , passava tutto il tempo davanti a una finestra aperta . Annusava l’aria , sorrideva , e poi andava e veniva per la stanza , tenendo i piedi inclinati in basso in modo da sfiorare le piastrelle con un fruscío . « È per fargli il solletico » spiegava . « So che gli piace . »



A poco a poco , insensibilmente , quei fine settimana avevano sconfinato nei lunedí , nei martedí , nel sempre . Ormai Alfredo dormiva sul divano - letto della meno notturna delle due stanze di Dorina . Affinché di giorno il vuoto non lo assillasse , lei gli aveva trovato un lavoro : correzione di bozze . Alfredo conosceva bene l’italiano (« È la mia famiglia adottiva » diceva) , e aveva fatto esperienza collaborando al giornale ospedaliero , il cui spudorato titolo era ‘ Noi Vivi ’. Dopo tutto, rimediare agli errori sembrava un bel modo di raddrizzare i torti .


Bozze di qua , massaggi di là , giorno dopo giorno . E la sera , seduti sul divano non- ancora -letto , la tv — non quella dei giochi dei dispiaceri dei litigi , ma quella trasognata dei vecchi film : Ernst Lubitsch , Buster Keaton , Fritz Lang , J ean Renoir, René Clair, Carl Theodor Dreyer, Jean Vigo , Marcel Carné . A forza di rivederli e mescolarli , ne era venuto fuori un altro mondo – un mondo di riserva , immacolato – e pazienza se a volte dovevano discutere , essendo in disaccordo riguardo a Johannes , a Garance . Se ne stavano l’ uno accanto all’ altra sul divano , bevendo un chinotto , una gazzosa , e reciprocamente avvicinandosi se le cose , laggiú , si mettevano male . Poi tutti quei film confluivano nei sogni , e finalmente Alfredo – o chi per lui – poteva influenzare la sorte , fare in modo che Baptiste e Garance restassero insieme per sempre , lontani dal tumultuoso milieu , in quel notturno aldilà che prendeva sostanza dopo la parola fine . Se il loro film preferito era Les enfants du paradis  (versione integrale) , gli tenevano compagnia nella predilezione Ordet  e  Vampyr, anzi talora la gerarchia si scompigliava , eleggendo Dreyer. «   C’è , tra sonno e veglia , una spensierata parità   »  diceva Alfredo «  e sono orgoglioso che abbia-


no rinunciato a distinguersi . D ’ altra parte , io sogno bene anche ad occhi aperti , e ho imparato che immaginare non è vivere di meno , ma altrettanto .  A proposito : nella società di quelli svegli sono un disastro, ma (a loro insaputa) mi son fatto una posizione onirica  » . « Allora »  diceva Dorina  « ti piacerà sapere che a me sono rimasti solo i sogni » .



E Dorina sognava anche i Vangeli, specialmente quelli apocrifi ; a volte ne parlava con un sacerdote di dolcissima intelligenza , sospeso a divinis. Pensava e ripensava a certe sue parole sulla Pasqua – «  il sangue dell’alleanza  » e « l ’animazione dei vivi  » – e sperava tanto di tornare , almeno in sogno , a quei rovi assolati lungo il muro , a quel silenzio d’ ombra che aveva cullato la sua mente cosí a lungo , e unito a qualcosa la sua vita. A volte si guardava le mani , ora vedendole in preghiera e ora premute su corpi infelici . Tutte le forme del dono si somigliano , pensava ; perciò devo esser grata . Siamo soltanto in due , in questa nuova  ecclesía , ma io lo so che siamo in tanti . Da parte sua , Alfredo, benché all’oscuro d’ogni teologia , non aveva mai dubitato del miracolo di Johannes Borgen , la sconcertante resurrezione d’ Inge in Danimarca . Non c ’ è niente di strano , si diceva , peccato che la gente non ci pensi . Invece , questo Johannes che a voi sembra troppo assorto , per non dire attonito , lui sí che provvede .


Infine hanno cenato   (spezzatino con patate e acqua , come si dice , potabile) , e ora Dorina sospinge nel vano di un apparecchio la videocassetta presa in affitto . Preme un tasto si affretta verso il divano .



È una sera d’estate , di offuscata luce , e Allan Gray (« Ma per me sarà sempre Nikolas , come nella vecchia sceneggiatura   » promette Dorina)  si sta allontanando dal fiume . Dev ’ essere in vacanza , se no come si spiegano le canne da pesca ? Ora prova a entrare in una locanda : batte invano all’ uscio , aggira l’edificio e si accosta a una finestra illuminata (ma la luce si spegne subito) . « Mi sa che è inutile  » gli dice Alfredo . « Mica ti rispondono .  » Invece una ragazza si affaccia , promettendo di aprire . « Scusa , me n ’ ero scordato . »

Allan vede passare – lunga falce sulla spalla – un uomo che va verso il traghetto . La ragazza lo fa entrare e l’ accompagna , mentre l’ uomo della falce suona la campana e quando arriva il passatore sale sul traghetto .


Una stanza dimessa , una candela , e « Buonanotte » , « Buonanotte » . Fuori , l’uomo della falce , in mezzo al fiume .  Dentro , candela che segue una stampa (una struggente scena d’ agonia) e poi una voce stentata : «  È per il tuo sangue che lo chiedo... Tu devi vivere » . Allan esce per seguire quella voce senza origine , e vede apparire un vecchio dal volto deturpato . Si può capire che torni di corsa nella stanza e chiuda a chiave . «  È stanco , forse dorme » dice Alfredo . Ma rumori alla porta , e un uomo in veste da camera , dolente , ridesta uno sbalordito Allan . « Chi siete ? » L’uomo lo guarda intensamente . «  Tutto è quieto » dice con stupore . E poi : « Lei non deve morire , lo capite ? ». E depone sul tavolo qualcosa . Sull’involucro scrive « Da aprire dopo la mia morte » . Se n ’ è andato . Allan, troppo inquieto per riposare , si riveste e lascia la locanda .



« Per piacere , ferma quell’ affare » dice Alfredo . « Come si fa a dire che uno non deve morire ? » « Lui intende dire ‘ non adesso ’. È troppo presto , adesso . » « Non saprei .   Secondo me , qualunque giorno va bene . » « Sí , però morire giovani...  Come si fa a credere che sia una benedizione ?  » « Lo sai già , non sono sensibile alla morte . Non capisco perché ci si faccia tanto caso . I passeri , tra loro , non ne parlano . » « Beh , gli umani non saranno mai famosi per la loro saggezza . » « Questo è vero . Loro si aggrovigliano . » « Andiamo avanti ? » « Sí , devo saperne di piú .  »


Chiarore lunare , sentiero d’acqua che riflette l’ombra d’ un uomo dalla gamba di legno . Ma dov  ’ è l’uomo ? « Vedi ? » dice Alfredo . « Noi non contiamo . È l’ ombra a comandare .  » Allan giunge a una casa in rovina . Sporcizia , ragnatele , e l’ ombra (che non ha solo quella gamba , ha anche un fucile) sale faticosamente su una scala a pioli . Altre scale , altre stanze . « Però tutte queste porte mettono paura » annota Dorina . « Meno male che alcune son socchiuse . » Ci ripensa . « Ma cosí ti forzano a entrare .  » Apparizione di una vecchia cieca dal volto inesorabile . « Avevi ragione » ammette Alfredo . « Marguerite non è cambiata . » « Piú che crudele , sembra una spettatrice della propria crudeltà » dice Dorina .



L’ evanescente posa il fucile e siede accanto al proprio corpo , già seduto , imitandone la positura . « Allora non è uno : sono due , contando l’ombra » calcola Alfredo , mentre la vecchia strilla : « Ehi , storpio ! Non ci senti ? ». In effetti , una musica – forse una mazurka – e ci son ombre che suonano , che danzano. Marguerite , con un cenno , fa tacere ogni cosa . «  Che vantaggio c ’ è a dire che uno storpio è diversamente  abile ? Storpio non è una parola volgare , e anche se gli cambiano l’etichetta , lui continuerà a storpiare » deplora Alfredo . « Certa gente è convinta che per per risolvere un problema basti ridefinirlo » dice Dorina .


Allan solleva una botola : una bara , dei libri dei teschi , una pendola priva d’ orologio , un laboratorio polveroso e altre disfatte stanze . Il vecchio Marc scende cautamente da una scala , con la sua aria torva , sempre intenta , e sembra ignorarlo . Rumori indistinti , forse senza causa . « Avete sentito ? » chiede Marc . « Sí, il bambino... No ? Allora i cani . » « Qui non ci sono né cani né bambini . » « Buonanotte » , « Buonanotte » . Marguerite , laidamente ossequiata da Marc , gli consegna un flacone di veleno . Il pappagallo sembra di ottimo umore . Dorina preme un tasto , confondendo il monitor. « Non vorresti un chinotto , a questo punto ? » « Non t ’ avrà mica ispirata il flacone del veleno ?  »



Allan è fuori , tra gli alberi di un parco , sulle tracce di tre disincarnati . Piano terreno del castello : l’ uomo con il candelabro è quel Bernard che fece visita ad Allan nella locanda . Guarda Gisèle dormire , poi sale da Léone . Le piaghe alla gola son quasi guarite , ma la ragazza , agitata :  « Il sangue ! »  mormora  « il sangue !».  « Restate sveglia finché non viene il medico » impone Bernard alla suora - infermiera . Guardando da fuori , Allan si avvede che un’ apertura improvvisa , in alto , e un’ ombra , un fucile : un colpo solo, e Bernard... Allan batte con impeto alla porta . « Che c ’ è ? » « Un delitto !  » Joseph lo fa entrare , ma il corpo di Bernard , morente , non dà adito . Volendo raggiungerlo , si deve passare dall’altra parte . « Vedi la cera sul pavimento ? Si è rappresa  » dice Alfredo . Per dar sollievo a Bernard , Allan con del tè gl’  inumidisce le labbra .


Arriva la moglie di Joseph , sconvolta , l’infermiera guarda dal pianerottolo e Gisèle scende malcerta per la scala . Lacrime , incompresi mormorii , un piccolo cuore d’oro che passa da Bernard a Gisèle,  e il tè non piú accettato dalle labbra . «  È morto ?  » « Sí , morto .  » Premurosa vicinanza della moglie di Joseph a Gisèle , e intanto han trasportato il corpo morto in biblioteca . « Le va di restare ? » Mestamente Joseph e la moglie se ne vanno , facendosi luce . Allan rischiara la stanza e il cocchiere attacca i cavalli alla carrozza . «  Dove sta andando ?  » «  Alla polizia .  »  Il cocchiere prende posto a cassetta , si allontana . Allan estrae dalla giacca la cosa che Bernard gli ha lasciato alla locanda , ne spezza il sigillo , prende a leggere il libro contenuto : Paul Bonnat , Die seltsame Geschichte der Vampyre, Leipzig 1877, ove si dice che le anime dei malvagi , incapaci di trovar pace , nelle notti di plenilunio tornano tra i vivi per nutrirsi di sangue giovane e prolungare cosí la loro umbratile esistenza . Le vittime di questi dèmoni , a cui Satana accorda poteri sovrannaturali , han segni di morsi alla gola .



Léone sembra assopita , ma l’infermiera si allontana e il letto è subito vuoto . E Gisèle : « Léone ! Léone ! »  « Dove ?  » « Laggiú , nel parco . »  Corrono fuori , la inseguono , cercando tra gli alberi insistono a chiamarla , finché lontano scorgono una figura distesa su una lastra di pietra .  China su di lei , Marguerite , che si avvede di loro e si dilegua . Léone , vagamente sorridente , sembra morta , e invece respira . La riportano a casa , e Allan riprende a leggere . La brama del vampiro si trasmette alle sue vittime, che a loro volta diventano vampiri e tra i loro cari cercano altre vittime  — un’epidemia .




Léone , adagiata a una poltrona ,  gola insanguinata . «  Potessi morire  » dice . «  No , Léone !  » « Lo so che sono perduta... dannata. » Ma presto si trasforma : diventa ostile , avida e lussuriosa . Gisèle , impaurita , si allontana . « Temo che muoia » confida , piú tardi . Poi le sembra di sentir gridare . Allan è seduto al pianoforte  (che voglia suonarci qualcosa  ? ) , ma Joseph : « Venite . La carrozza è ritornata » . Niente polizia . Il cocchiere è solo , e ha redini molli tra le mani . Il suo corpo cede da una parte . Berretto che scivola a terra . « Vedete ?  » dice Joseph . « È sangue .  » «  No , guarda l’ombra che lascia la ruota  » dice Afredo . «  È la figura piú importante .  »



Gisèle si è assopita , il cavallo viene ricoverato nella stalla e Allan riprende a leggere : le ombre son sottomesse ai vampiri , e si dà il caso che il medico di un villaggio , in Ungheria , fosse l’aiutante di un vampiro . Ecco che suonano alla porta : «  Buonasera , dottore   » .  « Come va ?  » « Male . L’abbiamo ritrovata nel parco . Ha una piaga nuova alla gola .  » Il medico non è altri che Marc . Allan chiede a Joseph di non muoversi , e lo segue . Léone , pallore e polso debolissimo , sta male . Marc le solleva una palpebra , le scopre i denti , esamina il polso . «   Si potrà salvarla ?  » « Forse . Ma ha bisogno di sangue , sangue umano . Non volete donare il vostro ?  » Allan non risponde . « Venite qui , giovanotto . Vi faccio un bel salasso .  »



«  Perché il medico vien sempre cosí tardi ?  » si chiede Gisèle . Intanto , anche Joseph si è messo a leggere quel libro . Quando ha qualcuno in suo potere , il vampiro lo spinge al suicidio , affinché consegni la sua anima al Maligno . Bisogna ucciderli , quei morti non - morti . Mentre il medico congeda in malo modo l’infermiera , Allan si sente assai debole :  «  Dottore, mi sto dissanguando  » . Marc , per tutta risposta , lo schernisce . Intanto , Joseph apprende che tempo fa , a Kisilova , un vampiro prese le sembianze d’ una vecchia . All’alba si aprí la tomba in cui lei sembrava dormire e con un punteruolo le si trafisse il cuore , dandole cosí la morte decisiva . Di sopra , Marc tenta d’irretire Léone : «Vieni con me ,  » la esorta «  seguimi .  Saremo un ’ anima sola , un solo sangue  » . E Joseph impara che venticinque anni fa , a Courtempierre , ci fu una di queste epidemie (undici morti ) , e la gente pensò subito a un vampiro : a Marguerite Chopin , ivi sepolta , che era stata un mostro da viva .


Sbattere di porte , adesso . Joseph vede il medico salire al pianerottolo e fare un segnale . Allan è assopito : intorno a lui , oscurità - bagliori e uno scheletro che avvicina del veleno . «  Presto , venite . Una cosa orribile » dice ridestandolo Joseph . Léone sta per bere il veleno , ma Allan spinge via il medico e getta il flacone . Scende , tra sussulti d’ombre e indistinti rumori . Gisèle è scomparsa ; ombre agitate , fuori . E Allan , di corsa , nel parco. L’infermiera sta pregando in latino . « Sorella ,  » mormora Léone  «  temo di morire .  Sono dannata... Dio mio !, dannata   » . No , non può morire , dice Joseph all’infermiera : deve resistere almeno fino all’alba .




Allan corre cade si rialza , zoppicando siede su una panca . Intanto Joseph va al capanno degli attrezzi . E Allan si divide . Mentre giace , forse assopito , un secondo Allan – pallido , quasi trasparente – si stacca da lui e va fino a una casa . Entra e riconosce il luogo : la bara , ancora , ma coperta da una stoffa bianca .   Sul coperchio appoggiato al muro, la solita scritta : «  Polvere sei , e polvere tornerai  » .   Che ci sia Gisèle , in quella bara ? Ma è Allan che Allan vede nella bara , immerso nei trucioli : rigido , esangue e con occhi spalancati . Si china sbalordito su sé stesso . «  Non c ’è specchio piú attento di questo  » dice Alfredo . Poi , oltre una porta a vetri , su un letto di ferro c ’è  Gisèle , mani legate . La porta è chiusa , e sta arrivando Marc . Allan si ritrae :  dovrà nascondersi . L’invalido viene avanti , portando con sé degli arnesi da falegname .   Si riuniscono accanto alla bara .


« Si può tornare indietro ? Mi son perso qualcosa  » dice Alfredo . L’invalido viene avanti , portando con sé degli arnesi da falegname . Si riuniscono accanto alla bara . Marc accende un sigaro e l’ invalido impone alla bara un coperchio che ha un vetro all’ altezza del volto .  Cosí il morto Allan vede o­gni cosa : la mano , il viso dell’invalido , il girabecchino che avvita e avvita , la candela , il volto di Marguerite , cosí vicino , e poi il lento mutare del paesaggio . Lo stanno portando fuori  —  soffitti , alberi , una chiesa . Intanto , l’Allan svenuto o assopito si riprende ; ma non del tutto , se vede il proprio funerale volgersi verso il cimitero . « Chissà se siamo davvero qui  » riflette Dorina . «  Difficile dirlo , essendo anima e corpo .  »



Allan , del tutto cosciente , ora si chiede se quel sogno non sia stato invocato da Gisèle , mentre al cimitero Joseph scoperchia una tomba e scende nella fossa .  Allan lo raggiunge .  Il corpo nella bara è quello , intatto , di Marguerite . Joseph preme sul cuore della donna un palo appuntito che Allan conficca , battendo piú volte con la mazza . « Questa è una delle scene censurate dai nazisti  »  dice Dorina . « Avrebbero fatto meglio a pensare all’ autocensura .  » La donna è svanita , non ne resta che lo scheletro . « Qui giace Marguerite Chopin , nata il 4 febbraio 18o9 , morta il 13 giugno 1867. »


Léone si solleva : « Mi sento bene . La mia anima è salva  » dice . Mutar di cielo , e Léone – ma sorridendo – muore . Marc – soddisfatto – sta fumando , e l’invalido suona il banjo . Insomma , tutto bene finché oltre la finestra non appare – ingrandito – il viso di Bernard . Balenar di luci , porte che ora non si aprono e altre che vogliono sbattere . Il pappagallo grida si dibatte ,  e Marc si allontana in fretta , spaventato . L’  invalido non può : convulsamente giace ai piedi della scala . Allan raggiunge Gisèle e scioglie i nodi della corda che l’ avvince .



Fuggendo confusamente nella nebbia , Marc giunge al mulino , mentre Allan e Gisèle corrono lungo la sponda del fiume e salgono infine su una barca . Marc è nella gabbia in cui vien setacciata la farina . Di colpo , il cancello si chiude .  « Datemi ascolto , apritemi » implora , ma Joseph è del tutto indifferente .   Gl’ ingranaggi si mettono a girare , e il vaglio oscilla spargendo farina . Allan e Gisèle , nel fondo della nebbia — loro inascoltati richiami. Intanto la gabbia si colma , e Marc lentamente soffoca : chiede aiuto , si dispera e ride . Ancora Allan e Gisèle , nella difettosa luce , finché il passatore li vede e li aiuta ad attraccare . Marc , ormai ,  è morto — ultimo luccichío di quegli occhiali . «  È giusto » dice Alfredo . « Ma quanto pesa , il giusto .  » Allan e Gisèle salgono sulla sponda e vanno tra gli alberi , tenendosi per mano . Il sole irrompe dalle nuvole , gl’ ingranaggi si fermano . Fine . « Cedant tenebrae lumini et nox diurno sideri,  ut culpa – quam nox intulit – lucis labascat munere   » vagheggia Dorina . « Insomma , arrivano i nostri . »


« Ti è piaciuto ?  » chiede Dorina , dopo un po ’ . Esitando , Alfredo estrae dalla tasca della giacca un foglio ripiegato . « Qui si parla di me , ma in terza persona . Sai , è piú sicuro . Ora te lo leggo . ‘ Puoi anche trascurare una cosa , ma non il senso che potrebbe avere , si diceva ogniqualvolta non capiva . Non riusciva a levarsi dalla mente quel mosaico bizantino di Soso di Pergamo , le cui minuscole tessere policrome disegnavano un pavimento con i resti di un pasto : bucce e nòccioli , lische di pesce , avanzi di pane .’ Che ne dici ?  »


« Fammi vedere .  » Dorina legge attentamente . « È abbastanza chiaro . Parli di qualcosa che hai veduto , e di cui non puoi liberarti perché è precario , imperfetto . D ’ altra parte, si direbbe che questa imperfezione sia definitiva .  » «  Proprio cosí . Tu mi capisci sempre . Sai , sono difettoso anch’ io , ma non mi va di scopare questo pavimento bisognoso di ramazza , di farlo diventare rispettabile . Noi due ce ne stiamo qui , al riparo , ma le cose... noi sappiamo bene come vanno . Eppure non ci sbraniamo , come vorrebbe il nostro temperamento .  » «  Non so se ho capito , però non importa : noi due siamo uniti dalla compassione .  » « A me piace  pietas. Una bella parola . Compiere i propri doveri verso le cose , con devozione .  »



« Certo , tutte quelle ombre separate ti confondono . D’altra parte , non se ne può piú di distinguere . Negli Atti di Filea , si dice : ‘ Invochiamo l’incomprensibile ’.  » « Per lo meno , ci si deve dedicare , andando con certezza verso qualcosa . » «   Chissà se in qualche modo è dedicata , la mia vita .  » « Tu sei una che viene incontro . Piú dedicata di cosí ...  » « Un tempo , quando pregavo , pur stando ferma ,  mi sembrava di andare piano - piano verso qualcosa di raggiungibile . Adesso non so , prego piú raramente . » « Per forza . È difficile , da soli , e tu non sei un ’  anacoreta . Però la preghiera – qualunque forma di preghiera – è il lievito del mondo . »


« Non te l’ho detto : cominciano a farmi male , le mani .  » « Sarà l’ artrosi . Dicono che è degenerativa , ma non è affatto necessario credere a ciò a cui sembrano credere tutti . Mio padre , che era un buon profeta , mi dava del degenerato quando non avevo ancora dodici anni.  » « Capiva niente , tuo padre , che Dio lo tenga caldo.  » «  Beh , un po’ di freddo non gli farebbe male .  » Un singulto , o un tentato riso . Le genealogie sono inesorabili , pensa Dorina , se le ha interrotte per sempre il disamore . «  Eppure sono cresciuto alla sua ombra   » mormora Alfredo .




« Ogni volta che sento parlare di progresso , mi trovo a considerare che la storia dei sentimenti – al paragone – è piuttosto statica .  » « Già . Se ci fossero delle migliorie , dovremmo goderne anche noi .  » « Anche la storia della fede è dolorosa . Lo so che per l’ orgoglio del pensiero non c ’ è illuminazione , ma come faccio a sopportare tutte le domande a cui non posso rispondere ?  » « Ha forse un padre , la pioggia ?  Basterà ammettere che per noi c ’ è sempre un’ incompletezza .  » « È la mia malattia , l’incompletezza . » « In fondo , siamo animali imperfetti : poco istinto , troppe opinioni . Non sapendo cosa fare , siamo costretti a decidere .  » « Heinrich Seuse diceva : ‘  Signore , scusa se te lo dico , ma dovresti essere un po’ piú fedele a quei poveracci che ti amano ’.  »



« A me basta , questa solitudine . Il lavoro umano è pur sempre quello di vedere figure , e io devo trattare con un invisibile che non sarà il tuo ma è altrettanto sfuggente . Per me , il mondo è sacro e profano . Da bambino , guardavo i ciottoli sul fondo del torrente e gli scaltri mulinelli , davo consigli alle civette , strizzavo l’ occhio ai crepuscoli , affidavo i miei appunti al dormiveglia . Il profumo di certi fiori mi stordiva . Il mondo era lí , e io ero il suo spasimante .  » Un gesto distratto . «  I bambini non sono mica tutti uguali , certuni non puoi convincerli a lavarsi. Poi le cose si son messe a imperversare , e allora – di nascosto – ho trovato altre civette , altri sassolini . È questo , il mio trattato di pace .  »



« Chissà se potrò eguagliarti .  » Lo guarda di sfuggita . « Non te l’ho mai chiesto : perché non ti va di uscire ?  » «  Il mondo mi frastorna . Preferisco gironzolare al suo confine . E sí che non sono favorevole alle rinunce . A volte , mi piacerebbe ricevere una cartolina d’auguri , un affabile colpetto sulla spalla , o ... sí , fare una gita . Un tempo si diceva ‘ fare una capatina ’. Non so perché, mi piaceva .  » « Come stanno i tuoi nastri di seta ?  » « Ah , i nastri. Alcuni di loro sono sbiaditi , e ora cantano in una tonalità piú bassa . Pazienza . Una volta il lucido e una volta l’ oscuro . Sai, ho imparato a convivere con il maltempo senza trovare irritanti le belle giornate .  »


Tacciono , ancora avvolti nella penombra acustica del loro bisbiglío , con l’  ironico aiuto della videocassetta che fischiettando si riavvolge . « Sai...  » prende a dire Dorina . « Sí , ti ascolto con rispettosa attenzione .  » « Il guaio di questi film è che poi ti metti a pensare .  »

Fine




Questo volume è stato stampato a Viterbo nel mese di maggio del 2009 presso la stamperia Agnesotti di Bruno Pierro. “ Penombra ” è edito in 600 esemplari. 140 copie accompagnano un’ acquatinta numerata e firmata. Questo volume è l’ esemplare n ° ___________

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