Compendio di Meccanica Celeste Matteo Parriciatu 1 settembre 2016
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Il campo di forza centrale
In natura esistono forze attrattive o repulsive di vario genere, da una scala atomica a una interplanetaria. Per qualche motivo esiste una forza che comanda le interazioni tra corpi dotati di massa: la forza gravitazionale. Siano dati due corpi di massa m1 e m2 rispettivamente: la forza gravitazionale fa sí che il primo attragga il secondo, accelerandolo verso di sé, e che il secondo attragga il primo con una forza uguale e contraria. Allo stesso modo il nostro Sole attira la Terra verso di sé, e la Terra attira il Sole con la stessa forza. Tuttavia, com’é noto, é la Terra il corpo maggiormente costretto all’interazione, dal momento che, per le leggi della dinamica classica F = m1 a1 = γ
m1 m2 = m2 a2 r2
il Sole, avente massa m2 molto maggiore, é quello che risente dell’accelerazione minore, seppur presente. Il corpo con massa minore inizia dunque ad accelerare inesorabilmente a ritmi piú elevati verso la fonte dell’attrazione, verso una situazione di minima energia potenziale, fino alla collisione. Com’é possibile constatare empiricamente, questo non é stato finora il destino della Terra. Infatti, se invece che dalla quiete, si fa in modo di comunicare al corpo una determinata velocitá iniziale all’inizio dell’interazione, allora questi sará sí attratto, ma instaurerá (nel caso ideale) un moto equilibrato da una forza centripeta tale che m1
v2 m1 m2 =γ r r2
Cosí facendo é comunque possibile raggiungere una situazione stabile a minima energia potenziale, come ora si dimostrerá. Si assuma che il corpo, all’inizio dell’interazione, si trovi ad una distanza sconfinata, in modo da trascurare l’interazione con la sorgente gravitazionale. Dal momento che la forza gravitazionale é conservativa, é sempre possibile esprimerla come il gradiente di un’energia potenziale F = −grad U ovvero dU = −F · dr = −F dr in quanto, come si constaterá in seguito, F e r sono paralleli. Dal momento che F é anche una forza attrattiva (tali forze si indicano con un segno meno davanti) il lavoro eseguito dal campo gravitazionale sul corpo per portarlo dall’infinito fino alla distanza r = a é naturalmente W = −∆U dove Z r Z r h m m ir m1 m2 m1 m2 1 2 ∆U = F dr = dr = − γ = −γ γ 2 r r r ∞ ∞ ∞ e dunque W =γ
m1 m2 r
dr Poiché peró é anche F = m1 dv dt , si ha che F dr = m dt dv = m1 v dv ovvero Z vf 1 1 W = m1 v dv = m1 vf2 − m1 v02 2 2 vo
eguagliando le due espressioni si enuncia la conservazione dell’energia meccanica del tipo E = Kf + Uf = Ki + Ui = costante
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In definitiva si arriva a
1 m1 m2 m1 v 2 − γ 2 r Ora, dalla condizione di equilibrio tra forza centripeta e forza gravitazionale m1 m2 m1 v 2 = γ r si sostituisce nel bilancio energetico ottenendo E=
1 m1 m2 m1 m2 m1 m2 γ −γ = −γ 2 r r 2r Il corpo, la cui energia cinetica é stata assunta minore dell’energia potenziale gravitazionale, si trova in una situazione di minima energia (E<0), ritrovandosi dunque legato ad un’orbita alla quale non puó sottrarsi senza ricevere ulteriore energia. Questa energia é pertanto detta energia di legame. In assenza di forze esterne atte a sottrarre energia, questa situazione é quella che accomuna tutti i pianeti del sistema solare, i quali, avendo assunto un’adeguata energia iniziale al momento della loro formazione (miliardi di anni fa, quando i primi dischi di polvere interstellare e gas iniziavano ad addensarsi) continuano per inerzia a percorrere le loro orbite. Durante questa premessa sono state utilizzate nozioni risalenti a Newton, il quale si rifece alle osservazioni teoriche ed empiriche di Keplero e del Galilei. Risulta fondamentale il concetto di campo di forza centrale. Quest’ultima é quella forza che: E=
• giace sempre sulla retta congiungente il corpo a essa soggetto con un punto fisso O detto centro di forza • é caratterizzata dal fatto che il suo modulo dipende solo dalla distanza r da O Se Fc é una forza centrale allora Fc = f (r)ur dove ur é il versore nella direzione congiungente il corpo al centro di forza. In risposta a queste caratteristiche, un corpo soggetto a un campo di forza centrale sará sottoposto ad un’interazione esclusivamente radiale, dal momento che per definizione questo é l’unico effetto di una forza centrale.
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La traiettoria del corpo risulta caratterizzata dal fatto che il rapporto tra la distanza r dal centro di forza e la distanza d dalla direttrice CB ĂŠ costante e corrisponde allâ&#x20AC;&#x2122;eccentricitĂĄ della traiettoria ovvero r = d Si noti che la distanza D tra la direttrice e il fuoco ĂŠ esprimibile come r D = r cos θ + d = r cos θ + OQ D
=
p D
= si risolve rispetto alla traiettoria r ottenendo p r= (1) 1 + cos θ che ĂŠ la generica equazione di una conica di eccentricitĂĄ . Si noti che se = 0 lâ&#x20AC;&#x2122;equazione ĂŠ quella di una circonferenza di raggio r = p, mentre se = 1 la (1) rappresenta una parabola (infatti ĂŠ possibile constatarne il limite p = â&#x2C6;&#x17E;) mentre per 0 < < 1 si ottiene unâ&#x20AC;&#x2122;ellisse, ed infine per lim θâ&#x2020;&#x2019;Ď&#x20AC; 1 + cosθ > 1 la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;iperbole. La forma della (1), come vedremo, ĂŠ funzione dellâ&#x20AC;&#x2122;energia di cui dispone il corpo al momento dellâ&#x20AC;&#x2122;inizio dellâ&#x20AC;&#x2122;interazione: e dal momento che
â&#x20AC;˘ se E < 0 la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;ellisse (caso giĂĄ esaminato) â&#x20AC;˘ se E = 0 la traiettoria ĂŠ una parabola â&#x20AC;˘ se E > 0 la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;iperbole Gli ultimi due casi hanno rappresentato storicamente una grande opportunitĂĄ per lâ&#x20AC;&#x2122;ingegneria aerospaziale in termini di fionde gravitazionali (ovvero lo sfruttamento dellâ&#x20AC;&#x2122;energia gravitazionale di un astro in movimento per ricevere una spinta maggiore), mentre il primo caso rappresenta quello piĂş generale che accomuna tutti gli astri, come fu notato da Keplero a suo tempo. Per la simmetria dellâ&#x20AC;&#x2122;oggetto dei nostri studi ĂŠ preferibile lâ&#x20AC;&#x2122;utilizzo di coordinate polari, definendo un vettore posizione r = r ur se ur ĂŠ il versore nella direzione di r. Infatti, al fine di conoscere la forma della traiettoria secondo la (1) ĂŠ necessario conoscere la legge del moto secondo le leggi della dinamica. Definita pertanto una traiettoria semplice nel piano xy (e un campo di forza centrale ha luogo solo in un piano, per definizione, in quanto si ĂŠ scelto che r â&#x2C6;§ F = 0 ovvero r k F) sarĂĄ possibile calcolare una legge nella forma F = ma.
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dr d Per definizione, la velocitá istantanea si scrive v = = (r ur ). Richiamando dt dt le basilari regole di derivazione e il fatto che la derivata temporale di un versore é un vettore perpendicolare al versore stesso, il quale ne descrive il cambiamento di orientazione angolare nel tempo: v=
dθ dr ˙ θ ur + r uθ = ru ˙ r + rθu dt dt
D’ora in poi indicheremo le derivazioni temporali delle quantitá in gioco con ˙ In definitiva si ottiene la velocitá in componenti l’usuale notazione dc dt = c. radiale e tangenziale. Da ció si ricava il vettore accelerazione istantanea, definito dv d dr dθ come a = = ( ur + r uθ ). Calcolando si ottiene dt dt dt dt ˙ θ + r˙ θu ˙ θ + rθu ¨ θ − rθ˙2 ur = (¨ ˙ θ a = r¨ur + r˙ θu r − rθ˙2 )ur + (rθ¨ + 2r˙ θ)u dove nell’ultimo passaggio si é fatto uso della proprietá della doppia derivata di un versore, il quale, ruotato due volte di 90 gradi, risulta orientato a 180 gradi rispetto all’orientamento iniziale, finendo per opporsi al versore iniziale. Applichiamo ora la legge della dinamica alla massa m ˙ θ] F = f (r)ur + 0uθ = m[(¨ r − rθ˙2 )ur + (rθ¨ + 2r˙ θ)u Si noti che per definizione un campo di forza centrale stabilisce un’interazione esclusivamente radiale, infatti F ha solo componente radiale, ragion per cui le equazioni del moto in un campo di forza centrale divengono m(¨ r − rθ˙2 ) = f (r)
(2)
˙ =0 m(rθ¨ + 2r˙ θ)
(3)
Alla luce di ció é possibile ricavare alcune proprietá fondamentali per le traiettorie nei campi di forza centrali. Si noti che la (3) é riscrivibile come ˙ = m (r2 θ¨ + 2rr˙ θ) ˙ = m d (r2 θ) ˙ =0 m(rθ¨ + 2r˙ θ) r r dt d ˙ = 0 ovvero (r2 θ) che si riduce a dt r2 θ˙ = costante un corpo di massa m sottoposto ad un campo di forza centrale conserva il proprio momento angolare. Ció é altresí derivabile dal fatto che sul corpo non si esercitano momenti di forza esterni, perché f (r) é l’unica forza in gioco. Si ha ~ = dL = 0 se L é il momento angolare, e dunque L = costante. Si dimostra Ω dt inoltre che, cosí come fu messo a principio da Keplero, il raggio vettore r descrive aree uguali in tempi uguali. Osservando la figura 1.2 si considera infatti un 1 triangolo infinitesimo di base rdθ e lato r e dunque avente area dA = r2 dθ la 2 sua derivata temporale si scrive 1 A˙ = r2 θ˙ 2
(4)
e risulta costante proprio perché, come detto, r2 θ˙ = costante. La (4) é definita velocitá areolare, ed esprime la legge delle aree in un campo di forza centrale. 5
2
Le equazioni del moto
Al fine di determinare la traiettoria del corpo in base alla legge del moto, o la legge del moto in base alla traiettoria, ci si rifá alle equazioni (2) e (3), riscrivibili in diverse forme che risultano spesso di grande utilitá. Ad esempio, scrivendo la conservazione del momento angolare r2 θ˙ = costante = ψ é possibile esprimere la (2) come f (r) ψ2 r¨ − 3 = (5) r m Spesso é anche piú agevole sostituire la variabile della traiettoria con il suo 1 inverso ζ = , al fine di eliminare ogni variabile temporale. Per far ció si parte r ψ dal fatto che θ˙ = 2 = ψζ 2 e dunque, sempre partendo dalla (2), si calcola r r˙ =
dr dr dθ dr ψ dr dζ = = θ˙ = 2 = −ψ dt dθ dt dθ r dθ dθ
dove nell’ultimo passaggio si é fatto uso di una derivazione implicita approfitdζ 1 = − 2 . A seguito di ció tando del fatto che dr r d dζ d dζ dθ d dζ ˙ d dζ d2 ζ r¨ = −ψ = −ψ = −ψ θ= −ψ 2 ζ 2 = −ψ 2 ζ 2 2 dt dθ dθ dθ dt dθ dθ dθ dθ dθ Pertanto si sostituisce nella (2) m(−ψ 2 ζ 2
d2 ζ − ψ 2 ζ 3 ) = f (1/ζ) dθ2
facendo un po’ di ordine f (1/ζ) d2 ζ +ζ =− 2 dθ mψ 2 ζ 2
(6)
Nonostante dalle equazioni (2) e (3) sia possibile ricavare la traiettoria nella forma r = r(t), per motivi di praticitá é preferibile ricavare l’espressione r = r(θ) dove naturalmente θ = θ(t), eliminando ogni variabile temporale dall’equazione della traiettoria. Trascurando ogni interazione con altri corpi (problema dei due o tre corpi) é possibile assumere la conservazione dell’energia meccanica e ricavare le equazioni del moto nei campi centrali in termini energetici. Per definizione una forza centrale é anche conservativa, condizione esprimibile, a pari merito, nei due modi seguenti ( F = −grad U rot F = 0 É possibile esprimere la legge della forza centrale per mezzo dell’opposto del gradiente del suo potenziale, e a partire da ció, F é anche un campo irrotazionale, dal momento che il rotore di un gradiente é sempre nullo. Come affermato nella prima sezione, dal momento che F = f (r)ur , dall’operazione gradiente si ha F · dr = f (r)ur · dr = f (r)
r |r| dr · dr = f (r) = f (r) dr |r| |r| 6
poiché r e dr sono paralleli per definizione, il prodotto scalare si riduce al prodotto algebrico. Dunque integrando si ricava la forma generale Z U = − f (r)dr La conservazione dell’energia si scrive E = K + U con K = 21 mv 2 dove per la velocitá del corpo si intende q la velocitáqscalare corrispondente al modulo della ˙ 2 . In definitiva l’equazione velocitá istantanea |v| = v 2 + v 2 = (r) ˙ 2 + (rθ) r
θ
piú generale per la conservazione dell’energia nell’orbita di un corpo in un campo di forza centrale f(r) é Z 1 m(r˙ 2 + r2 θ˙2 ) − f (r)dr = E 2 Ci proponiamo ora di rendere questa equazione indipendente dal tempo, ricorψ2 ˙2 dando che r˙ = −ψ dζ dθ e θ = r 4 si ricava
Inoltre, scrivendo
dζ dθ
dζ dθ
2
2 +ζ = 2 ψ m 2
Z E + f (r)dr
dζ dr dr dθ
dr = − r12 dθ e riordinando i termini " # Z 2 dr mψ 2 2 + r − f (r)dr = E 2 r4 dθ
=
(7)
(8)
In questo modo, la tetrade di equazioni (5),(6),(7),(8) mette a disposizione varie alternative di impostazione dei problemi di meccanica celeste. Per esempio, ci si potrebbe proporre di dimostrare che se la legge della forza centrale é definita da K F = − 2, K > 0 r cioé una legge di attrazione proporzionale all’inverso del quadrato della distanza, la traiettoria della particella é una conica. A tal fine potremmo far uso della (6), con f (1/ζ) = −Kζ 2 ovvero, sostituendo −Kζ 2 K d2 ζ +ζ =− = 2 dθ mψ 2 ζ 2 mψ 2 Equazione differenziale di secondo grado nella variabile θ per la quale esiste una soluzione ζ = ζH + ζM dove ζH é la soluzione omogenea (secondo membro nullo) pensabile nella forma ζH = epθ dove p é ricavabile per sostituzione. ζM é invece la soluzione particolare, associata all’esistenza di una costante Q tale K che ζM = Q mψ 2 , anch’essa ricavabile per sostituzione. Tuttavia é chiaro che, a giudicare dalla forma dell’equazione (il coefficiente davanti al termine lineare K ζ é unitario) e dal momento che mψ 2 non é funzione di θ, sostituendo si ricava K Q = 1 e dunque ζM = mψ2 . Per quanto riguarda la soluzione omogenea, si ha dζ dθ
2
= pepθ e da qui ddθζ = p2 epθ . Sostituendo i valori si giunge a p2 epθ + epθ = 0, dividendo ambo i membri per epθ (che é sempre diverso da zero) si giunge a p2 + 1 = 0 7
ovvero
â&#x2C6;&#x161; p1,2 = Âą â&#x2C6;&#x2019;1 = Âąi
Pertanto esistono due soluzioni, p1 = i e p2 = â&#x2C6;&#x2019;i dalle quali ÎśH avrĂĄ anchâ&#x20AC;&#x2122;essa le due forme ÎśH = c1 eiθ + c2 eâ&#x2C6;&#x2019;iθ ora, attraverso le formule di Eulero eiθ = cos θ + i sin θ eâ&#x2C6;&#x2019;iθ = cos θ â&#x2C6;&#x2019; i sin θ si sostituisce ÎśH = c1 cos θ + c1 i sin θ + c2 cos θ â&#x2C6;&#x2019; c2 i sin θ Riordinando i termini simili, impostando c1 +c2 = A e i(c1 â&#x2C6;&#x2019;c2 ) = B e unendo la soluzione omogenea con quella particolare, si giunge alla soluzione dellâ&#x20AC;&#x2122;equazione Îś = A cos θ + B sin θ +
K mĎ&#x2C6; 2
I coefficienti A e B dipendono chiaramente dalle condizioni iniziali del moto; queste condizioni possono essere efficacemente riassunte scrivendo la soluzione nella seguente forma, del tutto equivalente p p K A B 2 2 2 2 â&#x2C6;&#x161; â&#x2C6;&#x161; Îś = A +B cos θ + A + B sin θ + 2 2 2 2 2 mĎ&#x2C6; A +B A +B â&#x2C6;&#x161; dove ora A2 + B 2 = C ĂŠ lâ&#x20AC;&#x2122;ipotenusa di un triangolo rettangolo avente i cateti A e B. Si noti dunque che, detto Ď&#x2020; lâ&#x20AC;&#x2122;angolo interno del triangolo, sarĂĄ â&#x2C6;&#x161;A2B+B 2 = sin Ď&#x2020; e
â&#x2C6;&#x161; A A2 +B 2
= cos Ď&#x2020;, e pertanto Îś = C(cos Ď&#x2020; cos θ) + C(sin Ď&#x2020; sin θ) +
K mĎ&#x2C6; 2
siccome cos(θ â&#x2C6;&#x2019; Ď&#x2020;) = cos Ď&#x2020; cos θ + sin Ď&#x2020; sin θ si ha infine Îś=
K + C cos(θ â&#x2C6;&#x2019; Ď&#x2020;) mĎ&#x2C6; 2
Ď&#x2020; rappresenta la fase del moto, la quale ĂŠ sempre possibile porre uguale a zero. Sostituendo ora la variabile della traiettoria si ottiene 1 r= K + C cos θ mĎ&#x2C6; 2 Confrontando questa espressione con la (1), riscritta nel modo seguente r=
1 1/p + /p cos θ
si ottiene che la traiettoria ĂŠ proprio una conica avente i seguenti parametri
p=
mĎ&#x2C6; 2 K
K = =C p mĎ&#x2C6; 2
8
=
mĎ&#x2C6; 2 C K
3
La forma della traiettoria
Nella sezione precedente é stato dimostrato come fosse possibile ricavare l’equazione della traiettoria di un corpo a partire dalla legge della forza centrale a cui é soggetto. É stato inoltre accennato in precedenza come la forma analitica di r(θ) dipenda dalle condizioni iniziali del moto, in particolare dall’energia di legame dell’interazione. Un corpo dotato di energia cinetica iniziale sará meno costretto al campo di forza rispetto ad uno che parte dalla quiete al momento dell’interazione. Un esempio intuitivo puó essere condotto su di un oggetto sottoposto al campo gravitazionale terrestre: lanciando l’oggetto verso l’alto, in direzione radialmente opposta rispetto alla forza che lo attira verso il basso, gli si concede l’energia necessaria per passare da una condizione di minimo potenziale ad un potenziale maggiore, ma poiché questa non é sufficiente rispetto alla magnitudine dell’attrazione terrestre, l’oggetto ricadrá inesorabilmente verso una situazione stabile (ad esempio a contatto con il terreno, dov’é equilibrato dalla reazione vincolare). Lanciando ora l’oggetto a velocitá via via piú elevate, questi coprirá gittate sempre maggiori, finché non lo si lancia con una velocitá tale che la sua gittata copra, in volo, l’intera circonferenza terrestre. L’oggetto continua sí a cadere verso il centro della Terra, ma in assenza di attriti instaura un equilibrio inerziale, creando un’orbita geostazionaria (in questo caso l’energia di legame é dunque minore di zero). Aumentando ulteriormente il valore dell’energia di legame, e portandola ad esempio ad un valore nullo, é intuitivamente possibile permettere al corpo di allontanarsi dalla fonte gravitazionale: sia Ki l’energia cinetica comunicata all’oggetto, Ui il valore del suo potenziale al momento in cui gli si comunica la forza viva, Kf l’energia cinetica finale dell’oggetto (che per semplicitá é anche possibile assumere uguale a zero, ovvero il corpo abbandona il pianeta utilizzando tutta la sua energia iniziale) ed infine Uf il valore del potenziale ad una gran distanza dal centro di forza, tale che sia possibile assumerlo uguale a zero. E = Ki + Ui = Kf + Uf E=
mM 1 m vo2 − γ =0 2 r
ovvero
1 mM m vo2 = γ 2 r dove r nel nostro caso é il raggio terrestre, al livello del quale abbiamo comunicato all’oggetto l’energia Ki . La velocitá minima affinché l’oggetto lasci il pianeta di massa M corrisponde a r M vo = 2γ r Orientandoci dal particolare al generale, la velocitá minima comunicabile ad un corpo affinché questi si sottragga all’interazione con un qualsiasi campo di forza centrale definito da un potenziale tale che F = −gradU é detta velocitá di fuga (se ri é la distanza tra il corpo e il centro di forza al momento dell’applicazione della forza viva) r 2U (ri ) (9) vo = m 9
Un corpo che arrivi da distanze siderali con energia cinetica sufficiente sarĂĄ solo leggermente perturbato dalla presenza del campo di forza, la sua orbita non sarĂĄ chiusa, ma aperta. Ci proponiamo ora di dimostrare che, come affermato nella prima sezione, la forma della traiettoria (e dunque il valore dellâ&#x20AC;&#x2122;eccentrictĂĄ ) dipende dal valore dellâ&#x20AC;&#x2122;energia di legame E, riprendendo quanto detto: â&#x20AC;˘ se E < 0 la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;ellisse â&#x20AC;˘ se E = 0 la traiettoria ĂŠ una parabola â&#x20AC;˘ se E > 0 la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;iperbole Riprendendo i risultati della precedente dimostrazione ĂŠ stata ricavata la funK + C cos θ e dunque = mĎ&#x2C6; 2 C/K. Volendo ricercare una zione Îś(θ) = mĎ&#x2C6; 2 relazione tra questi dati e il conseguente valore dellâ&#x20AC;&#x2122;energia di legame E sarĂĄ conveniente fare uso della (7) 2 Z dÎś 2 + Îś2 = 2 E + f (r)dr dθ Ď&#x2C6; m nella quale Z
Z f (r)dr = â&#x2C6;&#x2019;
K K dr = = KÎś 2 r r
Sostituendo lâ&#x20AC;&#x2122;espressione trovata per Îś e la sua derivata dÎś d = 0 + C cos θ = â&#x2C6;&#x2019;C sin θ dθ dθ si arriva a C 2 sin2 θ +
K + C cos θ mĎ&#x2C6; 2
2
2K 2E + Ď&#x2C6;2 m Ď&#x2C6;2 m
=
K + C cos θ mĎ&#x2C6; 2
calcolando i quadrati C 2 sin2 θ +
2K cos θ 2E K2 2K cos θ K2 + C 2 cos2 θ + = +2 2 4 + 2 4 2 2 m Ď&#x2C6; mĎ&#x2C6; mĎ&#x2C6; m Ď&#x2C6; mĎ&#x2C6; 2
riordinando lâ&#x20AC;&#x2122;equazione e sfruttando lâ&#x20AC;&#x2122;identitĂĄ goniometrica si giunge a s K2 2E C= + mĎ&#x2C6; 2 m2 Ď&#x2C6; 4 Non resta altro che esprimere lâ&#x20AC;&#x2122;eccentricitĂĄ secondo la relazione trovata in precedenza s s mĎ&#x2C6; 2 2E K2 m2 Ď&#x2C6; 4 K2 2E = + 2 4 = + K mĎ&#x2C6; 2 m Ď&#x2C6; K2 m2 Ď&#x2C6; 4 mĎ&#x2C6; 2 ovvero r =
1+
2E mĎ&#x2C6; 2 K2
10
(10)
Ora appare chiaro che per E < 0 allora < 1 e dunque la traiettoria ĂŠ unâ&#x20AC;&#x2122;ellisse, se E = 0 lâ&#x20AC;&#x2122;eccentricitĂĄ ĂŠ pari ad uno e si ha una parabola, mentre se E > 0 sarĂĄ > 1 ottenendo una traiettoria iperbolica. Un caso particolare ĂŠ rappresentato da K2 E=â&#x2C6;&#x2019; 2mĎ&#x2C6; 2 per il quale si ottiene una circonferenza, ovvero una traiettoria di eccentricitĂĄ = 0. Occorre far luce sul significato e sul reale valore dei risultati ottenuti nelle ultime sezioni. Anzitutto si noti come il problema del moto sia stato notevolmente semplificato per fini analitici: il centro di forza, o generatore della forza, ĂŠ stato assunto fisso in un punto dello spazio, trascurandone la dinamica; sono state trascurate le interazioni con altre sorgenti o altri corpi di qualsivoglia tipo; sono state considerate forze inversamente proporzionali esclusivamente al quadrato della distanza dal centro di forza (si noti che se cosĂ non fosse la (6) diverrebbe L unâ&#x20AC;&#x2122;equazione non lineare); il valore di Ď&#x2C6; (numericamente corrispondente a m se L ĂŠ il momento angolare) rimane comunque indeterminato. Nelle sezioni seguenti si tratterĂĄ il problema del moto reciproco tra due corpi sottoposti ad interazione a distanza. In questo caso sarĂĄ necessario considerare la massa ridotta del sistema e il moto intorno al centro di massa C del sistema.
Per definizione R=
m1 r1 + m2 r2 m1 + m2
dunque r01 = r1 â&#x2C6;&#x2019;R = r1 â&#x2C6;&#x2019;
m1 r1 + m2 r2 m1 r1 + m2 r1 â&#x2C6;&#x2019; m1 r1 â&#x2C6;&#x2019; m2 r2 m2 (r1 â&#x2C6;&#x2019; r2 ) = = m1 + m2 m1 + m2 m1 + m2
Ora, siccome r1 + r = r2 si ha r1 â&#x2C6;&#x2019; r2 = â&#x2C6;&#x2019;r e definendo la massa ridotta del sistema come m1 m2 Âľ= m1 + m2 si ottiene Âľ r01 = â&#x2C6;&#x2019; r m1 11
Viceversa si avrá r02 =
µ r m2
Secondo queste considerazioni, ora l’energia cinetica del sistema dovrá tenere conto del moto del centro di massa. Se considerato rispetto all’origine del ˙ per il Teorema di sistema inerziale il baricentro C si muove con velocitá R, Koenig K = KCM + K1 + K2 =
1 1 1 (m1 + m2 )R˙ 2 + m1 r˙102 + m2 r˙202 2 2 2
ovvero K=
1 µ2 µ2 1 1 1 1 (m1 +m2 )R˙ 2 + m1 2 r˙ 2 + m2 2 r˙ 2 = (m1 +m2 )R˙ 2 + µ2 2 2 m1 2 m2 2 2
1 1 + m1 m2
che é riscrivibile come K=
1 1 (m1 + m2 )R˙ 2 + µr˙ 2 2 2
dove r é la distanza relativa tra le due masse, che é ció che ci interessa. Il problema é dunque ridotto a quello di un unico corpo di massa ridotta µ il quale si muove con un’accelerazione che é data dalla risultante delle accelerazioni relative F2 F1 1 1 F a = a2 − a1 = − = + F= m2 m1 m2 m1 µ dal momento che per la terza legge di Newton é F1 = −F2 .
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r˙ 2
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La gravitazione
Sulla scia delle neonate speculazioni Copernicane, Keplero trovĂł la chiave giusta per unâ&#x20AC;&#x2122;interpretazione metodica degli archivi astronomici al tempo disponibili. In base ai suoi dati non solo riuscĂ a confermare la teoria del polacco, ma anche a determinare di che tipo di traiettoria si trattasse: egli giudicĂł che i pianeti si muovessero su traiettorie ellittiche, aventi il sole in uno dei due fuochi.
p p mentre r(Ď&#x20AC;) = OU = 1+ 1â&#x2C6;&#x2019; Ora si definisce il semiasse maggiore CV = a tale che OV + OU = 2a ovvero
Facendo uso di (1) si nota che r(0) = OV =
p p + = 2a 1+ 1â&#x2C6;&#x2019; p(1 â&#x2C6;&#x2019; ) + p(1 + ) = 2a (1 + )(1 â&#x2C6;&#x2019; ) sviluppando i calcoli p â&#x2C6;&#x2019; p + p + p 2p = = 2a 2 1â&#x2C6;&#x2019; 1 â&#x2C6;&#x2019; 2 si ottiene p = a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 ) Sostituendo dunque nella (1) si arriva a r=
a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 ) 1 + cos θ
(11)
che ĂŠ lâ&#x20AC;&#x2122;equazione dellâ&#x20AC;&#x2122;ellisse in funzione del suo semiasse maggiore. Ora, detta CO = c ovvero c = CV â&#x2C6;&#x2019; OV = a â&#x2C6;&#x2019;
p = a â&#x2C6;&#x2019; a(1 â&#x2C6;&#x2019; ) = a 1+ 13
si definisce CL = b come il semiasse minore. Essendo CL unâ&#x20AC;&#x2122;asse di simmetria, dovrĂĄ essere OL = GL, e dalla definizione di ellisse OL + GL = 2a si ricava OL = a arrivando alla relazione pitagorea (essendo lâ&#x20AC;&#x2122;angolo in C retto) a2 = b2 + c2 Sostituendo la relazione trovata in precedenza per c si arriva a p b = a 1 â&#x2C6;&#x2019; 2 Una volta definita la forma della traiettoria, Keplero fu in grado di enunciare la sua seconda legge, detta delle aree: "il raggio vettore che unisce il centro del Sole con il centro del pianeta descrive aree uguali in tempi uguali". Formalmente Keplero aveva giusto scoperto che la forza che governa lâ&#x20AC;&#x2122;interazione tra corpi celesti ĂŠ di tipo centrale. Infatti ogni corpo sottoposto ad un campo di forza centrale si muove con una velocitĂĄ areolare data da (4) riscritta piĂş comodamente Ď&#x2C6; va = 2 Un pianeta del sistema solare avente orbita ellittica con il Sole in uno dei due fuochi si muove di velocitĂĄ areolare costante e compie una rivoluzione completa (ovvero il raggio vettore descrive unâ&#x20AC;&#x2122;area ellittica completa) in un periodo T =
A Ď&#x20AC;ab = va Ď&#x2C6;/2
Keplero li verificĂł dapprima empiricamente, tuttavia ĂŠ chiaro come i risultati che seguono provengano armoniosamente dallâ&#x20AC;&#x2122;assunzione iniziale che il tipo di interazione sia inversamente proporzionale al quadrato della distanza. O meglio, per uno come Newton non dovette essere difficile incastrare i pezzi del Puzzle, giacchĂŠ assumendo come traiettoria una conica, ĂŠ immediato dimostrare che le equazioni differenziali viste nelle sezioni precedenti fanno in modo che si ottenga una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza, risultato che poi Isaac Newton tramutĂł in legge universale. Ă&#x2030; stato infatti dimostrato come, per un corpo che si muove in un ellisse di parametro p = a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 ) questo mĎ&#x2C6; 2 parametro assume il valore p = ovvero K r p m 2 1â&#x2C6;&#x2019; =Ď&#x2C6; aK Sostituendo nella relazione per il semiasse minore r m = a1/2 Ď&#x2C6; m1/2 K â&#x2C6;&#x2019;1/2 b = aĎ&#x2C6; aK Pertanto T =
2Ď&#x20AC;a3/2 m1/2 â&#x2C6;&#x161; K
elevando al quadrato e ponendo 4Ď&#x20AC; 2 m =% K 14
con % avente il ruolo di costante di proporzionalitá, si giunge a T 2 = % a3
(12)
che é la terza legge di Keplero: "i quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a percorrere le loro orbite sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite". Uno scienziato talentuoso come Newton si trovava dunque circondato dai seguenti indizi: la forza misteriosa che costringe i pianeti al loro moto dovrá essere intuitivamente centrale (sará dunque necessario azzerare la componente tangenziale dalle equazioni); i pianeti si muovono su ellissi con velocitá costante (altro indizio a favore della centralitá della forza); esiste una relazione tra periodi orbitali e distanza media pianeta-Sole. C’é da dire che sono state trascurate le interazioni reciproche tra pianeti e che si é considerato il centro di forza (il Sole) come praticamente statico, ovvero dotato di una massa spropositata se confrontata con quella degli altri corpi. Sviluppando i calcoli sui versori com’é stato fatto nella sezione 1, facendo uso dell’equazione (6) e sostituendovi l’equazione parametrica dell’ellisse si ottiene dunque una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza, attrattiva (con segno negativo). Riprendendo le osservazioni fatte alla fine della sezione 3, i due corpi di massa m1 e m2 si muovono con accelerazione relativa F a = a2 − a1 = µ se µ é la massa ridotta del sistema, ricondotto al moto di un unico corpo. La reciproca interazione é data dalla legge di gravitazione universale F = −γ
m1 m2 ur r2
(13)
L’universalitá della formula fu giustificata da Newton nell’idea di uno spazio isotropo e nell’evidenza che tutti i fenomeni, nel nostro come nell’ultimo dei cieli, avvengono secondo i medesimi meccanismi. Come indica il versore, questa forza é evidentemente centrale ed ha una caratteristica fondamentale: é tale che l’accelerazione di un corpo ad essa soggetto non dipende dalla massa inerziale del corpo, com’é facilmente dimostrabile dalla seconda legge di Newton. Ció generó numerosi dubbi e perplessitá circa la distinzione tra massa inerziale e massa gravitazionale (la prima compare nella seconda legge della dinamica e indica la resistenza al moto di un corpo, la seconda riguarda l’attrazione gravitazionale che la massa in se é in grado di provocare). Oggi é verificato con miner grande precisione che il rapporto m é praticamente uguale a uno. Il valore grav della costante universale γ fu misurato da Cavendish nella sua celebre esperienm2 za del 1798 ed oggi é noto essere pari a 6.67 × 10−11 N kg 2 Se questa costante possa essere univoca e inalterata in ogni angolo dell’universo é un quesito giustificabile. Oggi, seppur attrezzati con teorie ben piú avanzate sulla gravitá come la relativitá generale, ci si é resi conto che non sempre gli astri rispondono perfettamente alle leggi a noi note. Certe perturbazioni sono state attribuite ad una sorta di materia oscura la quale altro non é che materia invisibile (ovvero non interagisce con la radiazione elettromagnetica), ma che tuttavia sarebbe la responsabile delle alterazioni sul moto di alcuni astri e galassie.
15
In definitiva i due corpi sottoposti a mutua interazione si muovono su ellissi aventi come fuoco il corrispondente centro di massa del sistema
Nel nostro sistema solare il centro di massa per l’interazione tra il Sole e gli altri pianeti é considerabile praticamente all’interno del Sole stesso (solo nel caso dell’interazione Sole-Giove il centro di massa giace, anche se di poco, al di fuori della stella). Com’é noto, durante l’interazione concorrono due accelerazioni, necessariamente radiali (pertanto ometteremo i versori) dal momento che (13) é un campo di forza centrale, tale che l’accelerazione risultante é 2 d2 r dθ a= 2 −r dt dt 2
dove ddt2r é l’accelerazione relativa tra i due corpi, applicata dalla forza gravitaL zionale. Ricordando che r2 dθ dt = µ dove L é il momento angolare della massa µ del sistema, riprendiamo i calcoli delle sezioni iniziali: dr dθ dr L dr = = dt dθ dt dθ µr2 d dr d dr L L L d dr L d2 r d d r dθ = = = = dt2 dt dt dθ dt dt dθ dθ µr2 µr2 µr2 dθ dθ µr2 d 1 1 dr L’ultimo membro é riscrivibile, dato che =− 2 nel modo seguente dθ r r dθ d2 r L d L d 1 L2 d2 1 = 2 − =− 2 2 2 dt2 µr dθ µ dθ r µ r dθ r Sostituendo nell’espressione dell’accelerazione 2 L2 d2 1 dθ L2 d2 1 L2 a=− 2 2 2 −r =− 2 2 2 − 3 µ r dθ r dt µ r dθ r µr riordinando i termini ed esprimendo il versore radiale otteniamo la formula di Binet 2 1 L2 d 1 + ur (14) a=− 2 2 µ r dθ2 r r
16
Moltiplicando la (14) per Âľ si ottiene la (13) ovvero m1 m2 L2 d2 1 1 â&#x2C6;&#x2019;Îł u = â&#x2C6;&#x2019; + ur r r2 Âľr2 dθ2 r r Omettendo il versore, semplificando e riordinando i termini e imponendo Îś = si ottiene la (6)
1 r
d2 Îś m1 m2 + Îś = γ¾ (15) dθ2 L2 Comâ&#x20AC;&#x2122;ĂŠ stato dimostrato nella sezione 2, la (15) conduce ad una soluzione costante seguita da un termine del tipo C cos θ. Riscrivendo la (11) nella forma 1 1 cos θ = + 2 r a(1 â&#x2C6;&#x2019; ) a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 ) e confrontandola con la soluzione dellâ&#x20AC;&#x2122;equazione differenziale trovata nella sezione 2 m1 m2 1 = γ¾ + C cos θ r L2 si ottiene la seguente corrispondenza 1 m1 m2 = γ¾ 2 a(1 â&#x2C6;&#x2019; ) L2 In definitiva si ricava lâ&#x20AC;&#x2122;espressione per il momento angolare di un corpo rappresentante lâ&#x20AC;&#x2122;interazione gravitazionale di un sistema avente massa ridotta Âľ L2 = γ¾ m1 m2 a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 )
(16)
La (16) non dice nulla di nuovo: in un campo di forze centrali il momento angolare ĂŠ una costante. Considerando la (11) la distanza r(Ď&#x20AC;) ĂŠ detta, nel sistema solare, afelio; il corrispondente momento angolare ĂŠ L2 = γ¾ m1 m2 a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 ) = Âľ2 r2 v 2 = Âľ2
a2 (1 â&#x2C6;&#x2019; 2 )2 2 v (1 â&#x2C6;&#x2019; )2
dunque Îł m 1 m2 = Âľ a
(1 + ) 2 v (1 â&#x2C6;&#x2019; )
La velocitĂĄ tangenziale allâ&#x20AC;&#x2122;afelio (perpendicolare al raggio vettore) corrisponde a r Îł(m1 + m2 ) 1 â&#x2C6;&#x2019; va = a 1+ PoichĂŠ nella maggior parte dei casi nel sistema solare la massa dei pianeti ĂŠ trascurabile rispetto a quella M del sole, si ha semplicemente r ÎłM 1â&#x2C6;&#x2019; va = a 1+ Del pari, laddove la distanza dal fuoco ĂŠ r(0) (detta perielio) lâ&#x20AC;&#x2122;astro avrĂĄ una velocitĂĄ orbitale r ÎłM 1+ vp = a 1â&#x2C6;&#x2019; 17
In definitiva ĂŠ comodo esprimere i rapporti tra le due velocitĂĄ orbitali s vp (1 + )2 = va (1 â&#x2C6;&#x2019; )2 ovvero
vp va = 1+ 1â&#x2C6;&#x2019; Comâ&#x20AC;&#x2122;ĂŠ facile verificare, la velocitĂĄ sarĂĄ maggiore al perielio, dove la distanza dalla stella ĂŠ minore, in virtĂş della conservazione del momento angolare. Unâ&#x20AC;&#x2122;osservazione interessante riguardante lâ&#x20AC;&#x2122;energia di legame degli astri (ovvero per quelle orbite per le quali vale la (16)) ĂŠ facilmente ricavabile operando sulla (10). Sostituendo i parametri con quelli ricavati per le interazioni gravitazionali (e la massa m con la massa ridotta Âľ) e riscrivendola nella forma 2 â&#x2C6;&#x2019; 1 =
2E L2 ¾γ 2 m21 m22
Ă&#x2030; possibile trasformare la (16) come segue â&#x2C6;&#x2019;( 2 â&#x2C6;&#x2019; 1) = ovvero â&#x2C6;&#x2019;
L2 γ¾ m1 m2 a
L2 2E L2 = γ¾ m1 m2 a ¾γ 2 m21 m22
Semplificando e riordinando si ottiene E = â&#x2C6;&#x2019;Îł
m1 m2 2a
(17)
La (17) vale per tutte le orbite ellittiche (infatti ĂŠ sempre E<0), dipende solamente dalle masse che interagiscono e dal semiasse maggiore delle orbite. Questo risultato ĂŠ molto importante: fissato un valore per E sono possibili tante ellissi di forme differenti (ovvero ĂŠ fissato il semiasse maggiore ma non quello minore, e dunque non ĂŠ fissata lâ&#x20AC;&#x2122;eccentricitĂĄ, ragion per cui al variare dellâ&#x20AC;&#x2122;eccentricitĂĄ varia necessariamente anche la (16), il momento angolare). Da qui si evince la totale indipendenza tra energia di legame dellâ&#x20AC;&#x2122;orbita e momento angolare orbitale.
18
5
Perturbazioni gravitazionali
Le leggi di Keplero e di Newton sono valide solo in una prima approssimazione piuttosto idealizzata della realtá. Il moto e la traiettoria di un pianeta si ricavano considerando l’interazione pianeta-stella e trascurando le interazioni con gli altri pianeti, supponendo la stella fissa e non influenzata dalla reciproca attrazione (che equivale a supporre la stella di massa infinitamente piú grande rispetto al pianeta, situazione tuttavia fedele alla realtá). Inoltre si da per scontata una distribuzione di massa (all’interno degli involucri perfettamente sferici dei pianeti) con una densitá completamente uniforme e pari a ρ=
M 4 3 3π R
Nella realtá nulla di ció é scontato: le distribuzioni di massa all’interno dei pianeti non sono uniformi, né i pianeti sono delle sfere perfette, né é possibile trascurare le reciproche interazioni. Con l’avvento dei metodi di Laplace, Lagrange e la costruzione di una piú rigorosa meccanica celeste fu possibile, tra il 1700 e il 1900, affrontare le gravi difficoltá matematiche riscontrate nel problema dei tre corpi. Munendosi di tutto un’arsenale di tabelle approssimative e dati convenzionali, i fisici e gli astronomi furono in grado di predire il moto delle comete, prevedere alcune perturbazioni nel moto di queste e raffinare le tecniche sperimentali con nuovi telescopi, i quali portarono alla scoperta, nel 1781, del pianeta Urano. Servendosi di ottiche via via piú avanzate, con il passare degli anni il moto di Urano catturó l’interesse degli astronomi, in quanto sembrava non corrispondere con le predizioni della teoria newtoniana. Si arrivó ad un punto tale da dubitare dell’universalitá della teoria stessa, finché il matematico e astronomo francese Urbain Le Verrier non si interessó al problema. Analizzando le anomalie sull’orbita di Urano e correlandole con le piú moderne tecniche matematiche sulla teoria delle perturbazioni, Le Verrier dopo vari tentativi fu costretto a postulare l’esistenza di un nuovo pianeta, non ancora osservato, che offrisse con il suo contributo gravitazionale l’effetto osservato empiricamente. Durante l’estate del 1846 il matematico rese noto agli osservatori astronomici europei che puntando il loro telescopio sulle coordinate da lui predette, sarebbero riusciti ad individuare un nuovo pianeta, responsabile del moto anomalo di Urano. All’osservatorio di Berlino, la notte del 23 settembre 1846, il pianeta fu realmente individuato, e a meno di un grado dalla posizione prevista dalla teoria di Le Verrier. Il pianeta fu battezzato Nettuno e l’impresa rappresenta una delle conquiste piú grandi dell’intelletto umano: Le Verrier aveva scoperto il pianeta con nient’altro che la sua penna. L’astronomo francese si occupó in seguito anche della precessione del perielio di Mercurio. Era noto infatti che, rispetto al sistema di riferimento inerziale ICFR il perielio del pianeta (supposto fisso nello spazio dalla teoria newtoniana) avanzava ogni secolo di 574.10 ± 0.65 secondi d’arco. L’effetto era notevole e non trascurabile, ragion per cui, sulla scia dei recenti successi, fu fatto uso della teoria perturbativa al fine di tenere conto delle possibili influenze degli altri pianeti sull’orbita del pianeta piú interno del sistema solare.
19
In figura l’effetto é ovviamente esagerato e rappresenta la precessione registrata nell’arco di numerosi secoli. Il tedioso lavoro di Le Verrier puó essere ragionevolmente approssimato senza tenere conto dell’evoluzione temporale delle altre orbite planetarie, ovvero ragionando in termini di interazione media tra pianeta esterno e Mercurio. Ció puó essere fatto riducendo l’intero processo rivoluzionario assai complesso del pianeta ad un anello di materia avente come centro il sistema Sole-Mercurio (con quest’ultimo a distanza a dal centro, avente orbita mediamente circolare). Essendo Ri il raggio dell’i-esimo anello rappresentante l’i-esimo pianeta, la densitá lineare media di massa in ciascuno di essi sará λi =
Mi 2π Ri
Al fine di rendere l’interazione media quanto piú vicina alla realtá, il contributo di ciascun elemento lungo la circonferenza dell’anello non sará supposto identico, al fine di tenere conto delle evoluzioni temporali nell’orbita del pianeta perturbante: in altre parole, se un’arco infinitesimo di anello fa le veci di una distribuzione di massa dm1 un’altro arco diverso dal primo avrá distribuzione dm2 diversa dalla prima (ad esempio se dm2 >dm1 viene descritta una situazione in cui ad un certo momento della sua orbita il pianeta perturbante si trova piú vicino a Mercurio). Tuttavia queste distribuzioni agiranno simultaneamente e di conseguenza concorreranno (verrá dimostrato che la risultante é una forza repulsiva). Si osservi (e anche ció verrá dimostrato) che anche la somma di tutti i contributi da parte dei pianeti del sistema solare é di diversi ordini di grandezza minore rispetto alla forza attrattiva tra il Sole e Mercurio, ció rientra perfettamente nell’ipotesi che la perturbazione sia piuttosto piccola. Gli effetti di questa perturbazione si traducono in un moto oscillatorio degli apsidi di Mercurio rispetto alla situazione dell’orbita non perturbata. Se un apside é un punto fisso nello spazio per il quale il raggio vettore dell’orbita assume massimi e minimi (nel caso del sistema solare si parla dei valori r(π) e r(0), rispettivamente afelio e perielio) allora é facile vedere che il raggio vettore, nell’orientarsi da un apside a quello immediatamente successivo spazzerá un’angolo ragionevolmente pari a Ψ = π. L’anomalia del problema sta proprio nella precessione del perielio di Mercurio che causa una differenza nei valori degli angoli spazzati tra i due apsidi rispetto alla situazione non perturbata. Si considerino gli elementini di massa dm1 = λ ds1 e dm2 = λ ds2 collocati ad una distanza rispettivamente l1 e l2 rispetto a Mercurio, tale che sia ovviamente ds1 = l1 dβ e ds2 = l2 dβ se dβ é l’angolo infinitesimo sotteso dagli archi, secondo la figura 5.2. 20
Le forze infinitesime agenti su Mercurio sono dF1 = γ
mλ ds1 mλ dβ m dm1 ul = γ ul = γ ul l12 l12 l1
dF2 = γ
mλ ds2 mλ dβ m dm2 ul = γ ul = γ ul l22 l22 l2
se ul é un versore nella direzione di l1 e l2 . Poiché queste forze agiscono lungo direzioni opposte degli assi ortogonali (com’é facile dimostrare tramite componenti) la risultante sará data dalla differenza 1 mλ dβ 1 l2 − l1 mλ dβ ul − γ ul = γλ m − dF = γ dβul = γλ m dβul l1 l2 l1 l2 l1 l2 Per la simmetria del problema ciascuna componente verticale lungo l’integrazione finisce per annullarsi, pertanto la risultante é puramente orizzontale, ovvero l2 − l1 dF = dF cos βur = γλ m cos β dβur (18) l1 l2 se ur é un versore nella direzione radiale (il tipo di forza é ovviamente centrale). Dalla figura 5.2 é possibile esprimere le distanze l1 e l2 in termini di R, a e β dalla immediata relazione R2 = a2 + l12 − 2l1 a cos(π − β) = a2 + l12 + 2l1 a cos β La retta AB, in quanto tagliata da una trasversale, fa sí che anche l’angolo tra l2 e AB sia β, ricavando R2 = a2 + l22 − 2l2 a cos β Calcolando le radici dell’equazione di secondo grado in l1 si trova l1 = −a cos β ± [a2 cos2 β − (a2 − R2 )]1/2 Siccome per β = 0 deve essere l1 = R − a, si sceglie la soluzione positiva. Del pari si ha per l2 l2 = a cos β ± [a2 cos2 β − (a2 − R2 )]1/2 21
anche in questo caso per β = π deve essere l2 = R − a ed é pertanto necessario scegliere la soluzione positiva. Ora l2 −l1 = a cos β+[a2 cos2 β−(a2 −R2 )]1/2 −(−a cos β+[a2 cos2 β−(a2 −R2 )]1/2 ) = 2a cos β mentre l1 l2 = ([a2 cos2 β−(a2 −R2 )]1/2 −a cos β)([a2 cos2 β−(a2 −R2 )]1/2 +a cos β) = a2 cos2 β−(a2 −R2 )−a2 cos2 β dunque l1 l2 = R2 − a2 Sostituendo queste relazioni nella (18) si giunge a 2γλ m a cos2 β dβur R2 − a2
dF =
Al fine di coprire tutti i contributi della circonferenza, si integra per 0 ≤ β ≤ π Z 2γλ m a π F= 2 cos2 β dβ R − a2 0 Ora, dal momento che cos(β + β) = cos β cos β − sin β sin β = cos2 β − sin2 β = 2 cos2 β − 1 = cos(2β) é facile vedere che cos2 β = 1/2[1 + cos(2β)]. L’integrale diviene Z Z Z π 1 π 1 π 2 cos β dβ = dβ + cos(2β)dβ 2 0 2 0 0 Il primo termine del secondo membro é banalmente pari a π/2, per il secondo é sufficiente operare la sostituzione 2β = u dunque dβ = du/2 e quindi cambiare i limiti di integrazione 0 ≤ u/2 ≤ π ottenendo 1 2 Si evince infine che
Z
2π
cos(u)du = 0
Z
1 [sin(2π) − sin(0)] = 0 2
π
cos2 β dβ =
0
π 2
Per la forza media totale esercitata dal pianeta esterno su Mercurio si ottiene la seguente espressione a F = γπλ m 2 ur (19) R − a2 Dove si ricorda che a é il raggio medio dell’orbita di Mercurio, approssimata ad un’orbita circolare (nella realtá tuttavia Mercurio é il pianeta piú eccentrico, tuttavia é stato preso in considerazione il suo semiasse maggiore) mentre R é il raggio medio dell’orbita del pianeta. Si noti che la (19) é una forza centrale repulsiva, in quanto R2 − a2 > 0, e dal momento che Mercurio é il pianeta piú interno, l’ultima relazione é sempre verificata. Nella tabella 5a sono classificati i piú importanti dati orbitali che stiamo tenendo in considerazione, tra cui la densitá lineare di massa λ.
22
Per tenere conto delle perturbazioni di tutti i pianeti del sistema solare (eccezzion fatta per Urano e Nettuno, poiché ragionevolmente troppo lontani) si estende a sommatoria la (19) F(a) = γπ m
6 X
λi
i=2
Ri2
a ur − a2
(20)
D’altra parte su Mercurio agisce la forza di attrazione del Sole Fo = −γ
mM ur = −1.306 · 1022 N r2
anch’essa radiale. L’equazione radiale del moto di Mercurio sará dunque data dalla (2) Φ(r) = m(¨ r − rθ˙2 ) dove Φ(r) é la forza totale agente. Come sappiamo, l’ultima equazione é altresí riscrivibile in termini del momento angolare L Φ(r) = m¨ r−
L2 m r3
(21)
Se l’orbita é circolare (r = a = costante rispetto al tempo) la (21) si riduce a Φ(a) = −
L2 m a3
secondo il modello ad anelli lo spostamento di Mercurio da quest’orbita provocherá un’oscillazione attorno al punto r = a tale che, denominando χ la perturbazione infinitesima, si ha r = χ + a con χ a. Sostituendo questa espressione per r nella (21) si ha Φ(χ + a) = m
d2 L2 (χ + a) − (χ + a)−3 dt2 m
riscrivibile, volendo esprimere il rapporto tra χ e a, nella forma equivalente Φ(χ + a) = mχ ¨−
L2 χ −3 1 + m a3 a
23
Dal momento che é χ a entrambi i membri dell’ultima equazione sono approssimabili con sviluppo in serie di Taylor al contorno di r = a trascurando i termini superiori al prim’ordine. Se f (χ) = Φ(χ + a) ∞ X
f (χ) =
f (n) (0)
n=0
n!
χn
Per n = 0 si ha f (0) (0) = Φ(χ + a)χ=0 = Φ(a), per n = 1 f 0 (0) = Φ0 (0 + a)χ1 dunque é possibile affermare che Φ(χ + a) ≈ Φ(a) + Φ0 (a)χ −3 Invece, detta f (χ) = 1 + χa é possibile utilizzare in maniera del tutto equivalente lo sviluppo in serie o l’espansione binomiale (1 + x)n ≈ 1 + nx dal momento che necessitiamo solo del prim’ordine. Pertanto χ χ −3 ≈1−3 1+ a a Sostituendo all’equazione originale χ L2 1 − 3 Φ(a) + Φ0 (a)χ = mχ ¨− m a3 a Ora, dal momento che
L2 m a3
= −Φ(a) avremo
χ a Semplificando e riordinando i termini in χ si ottiene la seguente equazione 1 Φ(a) χ ¨+ −3 − Φ0 (a) χ = 0 (22) m a Φ(a) + Φ0 (a)χ = mχ ¨ + Φ(a) − 3Φ(a)
Se il termine all’interno della parentesi nella (22) é positivo, l’equazione é quella di un oscillatore armonico e l’orbita é stabile, altrimenti la soluzione é esponenziale e l’orbita é instabile. Seguendo la prima assunzione, la pulsazione della (22) sará 1/2 Φ(a) −3 − Φ0 (a) 2π a ω= = m T dunque l’oscillazione avrá periodo
1/2
m Φ(a) −3 − Φ0 (a) a Poiché abbiamo supposto che l’oscillazione avvenga attorno alla posizione di equilibrio stabile (equivalente ad un’orbita circolare di raggio r = a) il tempo orbitale necessario affinché il raggio vettore incontri due apsidi successivi corrisponde al semiperiodo dell’oscillazione 1/2 m τ =π (23) −3Φ(a)/a − Φ0 (a) T = 2π
24
In questo frangente temporale il raggio vettore spazzerá un’angolo Ψ = τ θ˙ 1/2 m L Ψ=π −3Φ(a)/a − Φ0 (a) m a2 p Come sappiamo peró L = −Φ(a)m a3 sostituendo questa espressione
Ψ=π
m −3Φ(a)/a − Φ0 (a)
1/2
(−Φ(a)m a3 )1/2 (m2 a4 )1/2
si giunge a
Φ(a) Ψ=π 3Φ(a) + aΦ0 (a)
1/2
riscrivibile nella forma equivalente Ψ=π
1 3 + aΦ0 (a)/Φ(a)
ovvero
1/2
−1/2
Ψ = π [3 + aΦ0 (a)/Φ(a)]
(24)
0
Non resta che determinare il rapporto aΦ (a)/Φ(a) dove Φ(a) rappresenta la forza totale che permette l’oscillazione attorno alla posizione di equilibrio dell’orbita circolare Φ(a) = Fo + F (a) (25) dove Fo é la forza di attrazione tra Mercurio e il Sole, mentre F (a) é la (20). Pertanto Φ0 (a) = Fo0 + F 0 (a) (26) dove
2γ m M d mM γ = da a2 a3 Volendo esprimere il rapporto tra l’incremento della forza in percentuale si ha Fo0 = −
2 Fo0 γ m M a2 =− = −2 Fo a3 γ m M a ottenendo Fo0 = −
2 Fo a
D’altra parte F 0 (a) = γπ m
6 X i=2
λi
6 X d a d/da(a)[Ri2 − a2 ] − a[d/da(Ri2 ) − d/da(a2 )] = γπ m λ i da Ri2 − a2 (Ri2 − a2 )2 i=2
Ricordando che R é una costante si giunge a F 0 (a) = γπ m
6 X i=2
25
λi
Ri2 + a2 (Ri2 − a2 )2
Per necessitá logistiche é conveniente porre Γ=
6 X i=2
λi
Ri2 + a2 (Ri2 − a2 )2
in modo che F 0 (a) = γπ m Γ L’espressione (26) diviene aΦ0 (a) = −2 Fo + γπ m aΓ Sostituendo i risultati trovati nella (24) −1/2 −2 Fo + γπ m aΓ Ψ=π 3+ Fo + F (a) Riarrangiando i termini −1/2 −1/2 Fo + 3 F (a) + γπ m aΓ 3(Fo + F (a)) − 2 Fo + γπ m aΓ =π Ψ=π Fo + F (a) Fo + F (a) Si raccoglie a numeratore e denominatore il termine 1/Fo Ψ=π
1 + (3 F (a) + γπ m aΓ)/Fo 1 + F (a)/Fo
−1/2
e dunque −1/2 1/2 3F (a) + γπ m aΓ F (a) Ψ=π 1+ 1+ Fo Fo
(27)
Conviene ora fare una precisazione sugli ordini di grandezza delle forze in gioco. Utilizzando i dati della tabella 5a (i quali sono tuttavia approssimati a tre cifre dopo lo zero, per non appesantire la trattazione i dati saranno riportati integralmente nell’appendice) é possibile stimare la forza totale perturbativa dei pianeti esterni, e secondo la (20) questa ammonta a F (a) = 7.511 · 1015 N mentre la forza esercitata dal Sole su Mercurio vale, come detto Fo = −1.306 · 1022 N ed é dunque in valore assoluto almeno 107 volte piú intensa rispetto a F (a). In linea con ció sará conveniente arrestare lo sviluppo della (27) al primo ordine in F (a)/Fo . Si osservi che nella forma corrente (21) é immediata l’espansione binominale (1 + x)n ≈ 1 + nx per entrambi i termini, ovvero F (a) 3 F (a) + γπ m aΓ 1+ Ψ=π 1− 2 Fo 2 Fo Eseguendo la moltiplicazione indicata e trascurando i termini di secondo ordine giungiamo infine a F (a) γπ m aΓ Ψ=π 1− − (28) Fo 2 Fo 26
Si osservi che il termine all’interno della parentesi nella (28) é positivo in ogni caso, in quanto Fo é negativa. Note le altre forze, non resta che determinare la somma Γ che eseguiamo di seguito per ciascun pianeta, in quanto Γ = ΓV enere + ΓT erra + ... + Γi servendoci sempre della tabella 5a. Per Venere Γ2 = 7.159 · 1012
(1.082 · 1011 )2 + (0.5791 · 1011 )2 = 1.544 · 10−9 kg m−3 [(1.082 · 1011 )2 − (0.5791 · 1011 )2 ]2
La Terra contribuisce con Γ3 = 6.353 · 1012
(1.496 · 1011 )2 + (0.5791 · 1011 )2 = 4.517 · 10−10 kg m−3 [(1.496 · 1011 )2 − (0.5791 · 1011 )2 ]2
e Marte Γ4 = 0.448 · 1012
(2.279 · 1011 )2 + (0.5791 · 1011 )2 = 1.049 · 10−11 kg m−3 [(2.279 · 1011 )2 − (0.5791 · 1011 )2 ]2
dunque Giove Γ5 = 388.027 · 1012
(7.785 · 1011 )2 + (0.5791 · 1011 )2 = 6.508 · 10−10 kg m−3 [(7.785 · 1011 )2 − (0.5791 · 1011 )2 ]2
e infine Saturno Γ6 = 63.099 · 1012
(14.335 · 1011 )2 + (0.5791 · 1011 )2 = 3.085 · 10−11 kg m−3 [(14.335 · 1011 )2 − (0.5791 · 1011 )2 ]2
Sommando tutti i termini (per non appesantire la trattazione il calcolo dettagliato senza approssimazioni decimali é riportato nell’appendice) si ottiene il contributo totale Γ = 2.688425214 · 10−9 kg m−3 Noto che la massa di Mercurio é 3.3011 · 1023 kg é possibile ora calcolare completamente la (28) ottenendo Ψ = π[1 + 9.875444949 · 10−7 ] Nell’arco di una rivoluzione attorno al Sole e in assenza di perturbazioni il raggio vettore di Mercurio spazzerebbe tra due apsidi successivi un’angolo pari a 2π nel suo periodo siderale P = 87.969 giorni. In presenza delle perturbazioni il nuovo angolo spazzato differisce da quello ordinario di Ω = 2Ψ − 2π Ció é dovuto alla precessione del perielio, che ha un’avanzamento pari a Θ=
Ω π(1.97508899 · 10−6 ) = P 87.969
In un secolo vi sono 365.256 · 100 giorni, dunque l’avanzamento secolare corrisponde (in radianti) a ΘS =
π(1.97508899 · 10−6 ) 365.256 · 100 = 2.576346336 · 10−3 radianti/secolo 87.969
27
Convertendo il risultato in gradi sessadecimali si ha Î&#x2DC;S = 0.1476137716 gradi/secolo e dunque in secondi dâ&#x20AC;&#x2122;arco moltiplicando per 3600 Î&#x2DC;S = 531.409577800 arco/secolo Rispetto al valore sperimentale pari a 574.10 Âą 0.6500 lo scarto ĂŠ di poco inferiore a 4300 . A suo tempo Le Verrier fu costretto, forte dei suoi recenti successi, a postulare lâ&#x20AC;&#x2122;esistenza di un nuovo pianeta non ancora osservato: il piĂş interno del sistema solare e difficilmente osservabile per via della sua vicinanza col sole, lo denominĂł Vulcano. Per anni numerosi astronomi ne dichiararono la scoperta, ma le osservazioni non coincidevano le une con le altre e la comunitĂĄ scientifica non riconobbe mai lâ&#x20AC;&#x2122;esistenza di Vulcano. Il problema finĂ quasi per passare in secondo piano dal momento che fu giudicato troppo dipendente da sensibilissimi errori di misura, errate stime delle masse planetarie e altri parametri orbitali, oltre al fatto che lo scarto di 4300 era considerato piuttosto insignificante (la punta di una matita su centinaia di metri) ed in effetti anche dal nostro calcolo ci si rende conto quanto siano importanti il numero di cifre decimali, oltre al fatto che i dati moderni sono sicuramente piĂş attendibili di quelli di un tempo. Albert Einstein agli inizi degli anni â&#x20AC;&#x2122;10 del secolo scorso era alla ricerca di un nuovo modo di vedere la gravitĂĄ, la quale doveva rispondere delle osservazioni teoriche fatte dalla sua teoria della relativitĂĄ ristretta nel 1905. Un buon banco di prova gli si parĂł davanti nel 1915: ripescando un vecchio problema irrisolto dallâ&#x20AC;&#x2122;attuale teoria newtoniana come quello della precessione di Mercurio avrebbe non solo provato la sua nuova teoria della relativitĂĄ generale, ma anche risolto una questione che da quasi un secolo metteva a dura prova gli astronomi. Tralasciandone la derivazione (che esula dagli scopi della trattazione) la teoria della relativitĂĄ generale prevede la modifica dellâ&#x20AC;&#x2122;equazione del moto (15) con lâ&#x20AC;&#x2122;aggiunta di un termine mM 3Îł M d2 Îś + Îś = γ¾ 2 + 2 Îś 2 2 dθ L c
(29)
Lâ&#x20AC;&#x2122;equazione diviene dunque non lineare ed ĂŠ risolvibile per approssimazioni successive. Come sappiamo la soluzione della (15) ĂŠ del tipo Îśo = A cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) +
1 Ap cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) + 1 cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) + 1 = = p p p
dove p = L2 /Îł M mÂľ. Siccome il termine quadratico nella (29) ĂŠ molto piccolo, si puĂł confondere Îś â&#x2030;&#x2C6; Îśo ovvero sostituendo 1 3Îł M d2 Îś +Îś = + 2 dθ2 p c
cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) + 1 p
2
Calcolando il quadrato di binomio e trascurando i seguenti termini molto piccoli: 3Îł M 3Îł M 2 2 c2 p2 ; c2 p2 cos (θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) si arriva a d2 Îś 1 6Îł M + Îś = + 2 2 cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) 2 dθ p c p 28
Si opera ora la sostituzione ζ =ξ+ ottenendo
1 p
1 d2 ξ 1 6γ M + ξ + = + 2 2 cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) 2 dθ p p c p
Lâ&#x20AC;&#x2122;equazione assume la forma d2 ξ 6γ M + ξ = 2 2 cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) dθ2 c p dove, ricordando che = A p e ζo = 1/p + A cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) si ha 1 cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) = A cos(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) = ζo â&#x2C6;&#x2019; â&#x2030;&#x2C6; ξ p p poiché é ξ = ζâ&#x2C6;&#x2019;1/p. Sostituendo questa espressione si giunge infine allâ&#x20AC;&#x2122;equazione dellâ&#x20AC;&#x2122;oscillatore 6γ M d2 ξ +ξ = 2 ξ 2 dθ c p ovvero, ponendo Î&#x203A;2 = 1 â&#x2C6;&#x2019;
6γ M c2 p d2 ξ + Î&#x203A;2 ξ = 0 dθ2
(30)
La soluzione della (30) é, comâ&#x20AC;&#x2122;é ormai noto ξ = A cos[Î&#x203A;(θ â&#x2C6;&#x2019; θo )] e dunque ζ=
1 + A cos[Î&#x203A;(θ â&#x2C6;&#x2019; θo )] p
ottenendo lâ&#x20AC;&#x2122;equazione di una conica r(θ) =
p 1 + cos[Î&#x203A;(θ â&#x2C6;&#x2019; θo )]
(31)
Il raggio vettore di Mercurio descrive quindi una rivoluzione completa quando lâ&#x20AC;&#x2122;argomento del coseno nella (31) é pari a Î&#x203A;(θ â&#x2C6;&#x2019; θo ) = 2Ï&#x20AC; spazzando unâ&#x20AC;&#x2122;angolo 2Ï&#x20AC; Î&#x203A; Questo angolo dunque differisce da quello spazzato normalmente (2Ï&#x20AC;) di una quantitá 2Ï&#x20AC; 2Ï&#x20AC; Ψ= â&#x2C6;&#x2019; 2Ï&#x20AC; = r â&#x2C6;&#x2019; 2Ï&#x20AC; Î&#x203A; 6γ M 1â&#x2C6;&#x2019; 2 c p â&#x2C6;&#x2020;θ =
29
che rappresenta proprio lâ&#x20AC;&#x2122;avanzamento del perielio. PoichĂŠ il termine contenuto in Î&#x203A; ĂŠ molto piccolo, ĂŠ possibile espandere il binomio fino al primo termine in maniera tale che â&#x2C6;&#x2019;1/2 6Îł M 2Ď&#x20AC; 6Îł M r = 2Ď&#x20AC; 1 â&#x2C6;&#x2019; 2 â&#x2030;&#x2C6; 2Ď&#x20AC; 1 + 2 c p 2c p 6Îł M 1â&#x2C6;&#x2019; 2 c p Pertanto
6Îł M 6Ď&#x20AC;Îł M Ψ = 2Ď&#x20AC; 1 + 2 â&#x2C6;&#x2019; 2Ď&#x20AC; = 2c p c2 p
Siccome ora p = L2 /γ M m¾ dove L2 Ê dato dalla (16) si ricava Ψ=
6Ď&#x20AC;Îł M c2 a(1 â&#x2C6;&#x2019; 2 )
(32)
Dove M ĂŠ la massa del sole, c ĂŠ la velocitĂĄ della luce, a ĂŠ il semiasse maggiore di Mercurio mentre ĂŠ la sua eccentricitĂĄ orbitale (pari a 0.20563069). Calcolando si trova Ψ = 5.017080085 ¡ 10â&#x2C6;&#x2019;7 radianti mentre per ogni rivoluzione (pari a 87.969 giorni) Î&#x2DC; = 5.703236464 ¡ 10â&#x2C6;&#x2019;9 radianti/rivoluzione e dunque in un secolo Î&#x2DC;S = 2.083141338 ¡ 10â&#x2C6;&#x2019;4 radianti/secolo Convertendo il risultato in gradi Î&#x2DC;S = 1.193552068 ¡ 10â&#x2C6;&#x2019;2 gradi/secolo e moltiplicando per 3600 si arriva infine a Î&#x2DC;S = 42.9678744400 arco/secolo Che con buona approssimazione risolve il problema della precessione del perielio di Mercurio, poichĂŠ la somma dei valori teorici ricavati corrisponde ad unâ&#x20AC;&#x2122;avanzamento secolare del perielio di Î&#x2DC;T ot = 574.377452200 arco/secolo Valore notevolmente fedele a quello sperimentale (inoltre andrebbe aggiunto un contributo di 0.025400 relativo al momento di quadrupolo dovuto al Sole). Il motivo per cui Mercurio ĂŠ il pianeta maggiormente affetto da questa precessione ĂŠ da attribuirsi specialmente alla sua vicinanza col sole (oltre al fatto di essere il pianeta piĂş interno) poichĂŠ come ci ĂŠ dato sapere dalla relativitĂĄ generale lo spaziotempo nelle prossimitĂĄ del Sole ĂŠ particolarmente curvo, causando un lento capovolgimento dellâ&#x20AC;&#x2122;orbita nel corso dei secoli. Mercurio non ĂŠ lâ&#x20AC;&#x2122;unico pianeta caratterizzato dallâ&#x20AC;&#x2122;avanzamento del perielio, tuttavia per gli altri pianeti lâ&#x20AC;&#x2122;avanzamento ĂŠ minimo, o addirittura non ĂŠ stato ancora possibile constatarlo poichĂŠ i periodi di rivoluzione dei giganti gassosi sono molto lunghi.
Matteo Parriciatu
30
Appendice Dati per i calcoli Mercurio Massa=3.0311 · 1023 kg Semiasse maggiore a = 5.791 · 1010 m Pianeta Venere: Massa= 4.8675 · 1024 kg Semiasse maggiore R2 = 1.0821 · 1011 m λ2 = M2 /2π R2 = 7.159104385 · 1012 kg/m Forza perturbante tra Venere e Mer2a = 3.433103868 · 1015 N curio F2 = mγπλ R2 −a2 2
Pianeta Terra M3 = 5.9723 · 1024 kg Semiasse maggiore R3 = 1.49595 · 1011 m λ3 = 6.35396281 · 1012 kg/m Forza perturbante F3 = 1.338246047 · 1015 N Pianeta Marte M4 = 0.64171 · 1024 kg Semiasse maggiore R4 = 2.27925 · 1011 m λ4 = 4.480917781 · 1011 kg/m Forza perturbante F4 = 3.694728112 · 1013 N Pianeta Giove M5 = 1898.19 · 1024 kg Semiasse maggiore R5 = 7.7857 · 1011 m λ5 = 3.880271799 · 1014 kg/m Forza perturbante F5 = 2.579255256 · 1015 N Pianeta Saturno M6 = 568.34 · 1024 kg Semiasse maggiore R6 = 1.433525 · 1012 m λ6 = 6.309908816 · 1013 kg/m Forza perturbante F6 = 1.232366845 · 1014 N P6 Forza totale=F (a) = i=2 Fi = 7.510789137 · 1015 N che é il valore non approssimato utilizzato per i calcoli nel testo. Forza tra Sole e Mercurio MSole = 1988500 · 1024 kg Fo = −1.305969949 · 1022 N che é il valore non approssimato utilizzato nel testo ai fini dei calcoli. Valori della funzione Γ Γ2 = 1.544505839 · 10−9 kg/m3 Γ3 = 4.51719063 · 10−10 kg/m3 Γ4 = 1.049332946 · 10−11 kg/m3 Γ5 = 6.508510045 · 10−10 kg/m3 Γ6 = 3.085597766 · 10−11 kg/m3 La somma di questi contributi conduce al valore totale mostrato nel testo.
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