Caduta libera in un buco nero di Schwarzschild in coordinate di Fermi Matteo Parriciatu 30 dicembre 2020
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Verso la singolarità
Mettiamoci nei panni di un astronauta in caduta libera verso un buco nero e chiediamoci che aspetto abbia la regione di spaziotempo che lo circonda durante la discesa. Volendo puntare sulla massima semplicità, possiamo richiedere che il buco nero in questione sia di Schwarzschild, cioè non rotante e statico nel tempo: eterno1 . In generale la soluzione di Schwarzschild per una distribuzione sferica di energia di una certa dimensione R è data in coordinate sferiche (t, r, θ, φ) da2 −1 2GM 2GM 2 2 ds = − 1 − dt + 1 − dr2 + r2 dθ2 + r2 sin2 θdφ2 (1.1) r r dove definiamo 2GM ≡ rS raggio di Schwarzschild. Nella descrizione dei comuni oggetti gravitazionali le singolarità r = rS e r = 0 di questa metrica non ci preoccupano in quanto questa soluzione è valida solo per r > R e normalmente rS R. Un buco nero è però definito in modo tale che rS > R e quindi il punto r = rS diventa assai rilevante in quanto nessun oggetto, una volta trovatosi a distanza r < rS può più sfuggire all’attrazione gravitazionale, nemmeno la luce3 . Nonostante ciò, lo spaziotempo non “esplode” attorno a r = rS come invece suggerirebbe la (1.1): tale singolarità è eliminabile, com’è noto, con un opportuno cambio di coordinate. Quindi cosa succederebbe a un osservatore in caduta libera verso l’orizzonte degli eventi? Se il buco nero fosse rotante e avesse un disco di accrescimento, l’astronauta morirebbe all’istante. Ma se il buco nero fosse di Schwarzschild ci sarebbe da preoccuparsi solo delle forze mareali, che provocherebbero la spaghettificazione dell’osservatore anche vicino all’orizzonte. Siccome tali forze vanno come 1/r3 ciò sarebbe letale se fosse rS molto piccolo, e cioè per buchi neri di piccola massa. Se invece considerassimo un oggetto supermassiccio allora rS = 2GM sarebbe molto grande e quindi se l’astronauta fosse chiuso dentro una 1
Al contrario, tutti i buchi neri a noi noti sono sorti da eventi astrofisici ben definiti nel tempo, e sono dotati di spin. 2 Usiamo unità di c = 1. 3 In gergo r = rS è noto come orizzonte degli eventi.
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capsula senza finestrini non si accorgerebbe nemmeno di aver oltrepassato l’orizzonte. Quest’ultima affermazione è dovuta al principio di equivalenza: un osservatore in un campo gravitazionale rappresenta un sistema di riferimento localmente inerziale, cioè nelle sue vicinanze lo spaziotempo è, in coordinate cartesiane, descritto dalla metrica di Minkowski ds2 = −dt2 + dx2 + dy 2 + dz 2 . In generale l’intorno di qualsiasi punto dello spaziotempo può essere descritto da una metrica minkowskiana: in coordinate normali di Riemann[2] xµ il tensore metrico è dato dall’espansione gµν ≈ ηµν +
1 (∂λ ∂σ gµν )xλ xσ + ... 2!
(1.2)
dove la metrica di Minkowski è l’ordine zero. L’ordine zero è anche la forma assunta dalla metrica (1.1) in coordinate sferiche per distanze r rS , e possiamo quindi interpretarla come approssimazione di campo debole. Tuttavia il principio di equivalenza dice di più: lo spaziotempo è minkowskiano anche lungo una geodetica4 indipendentemente dal fatto che il campo sia debole o meno; e, al contrario delle coordinate di Riemann, è minkowskiano non in un solo punto, ma lungo tutta la traiettoria. Per descrivere l’esperienza dell’astronauta in caduta libera vorremmo però poter conoscere la regione di spazio anche nelle sue vicinanze, e questo corrisponde con l’andare al secondo ordine nell’espansione (1.2) e costruire le coordinate normali di Riemann per ogni punto della geodetica. Questa costruzione è possibile, e il risultato sono le coordinate normali di Fermi5 [1],[3]. In queste coordinate mostreremo che le forze mareali percepite dall’osservatore in caduta libera vanno come 1/r3 proprio come in meccanica newtoniana, e indagheremo le più semplici proprietà geometriche dello spaziotempo oltre l’orizzonte degli eventi. Naturalmente ogni osservazione fatta dall’astronauta nel suo viaggio verso la singolarità a r = 0 non potrà mai essere comunicata all’esterno, e in ogni caso non esiste un’espressione analitica in grado di connettere le coordinate locali di Fermi con quelle globali di Schwarzschild, anche nel caso più semplice di caduta radiale[7].
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Le coordinate di Fermi
Le coordinate di Fermi sorgono da un principio di “common sense” in quanto sono costruite sulla richiesta più ragionevole[4]: desideriamo che un osservatore in ogni punto e istante della sua linea di universo possa tabulare le posizioni, velocità e accelerazioni dei corpi nelle sue immediate vicinanze semplicemente indicandoli con il suo dito e annotandone le coordinate rispetto a una terna di assi ortonormali. Le misure di velocità e accelerazione saranno fatte ovviamente seguendo il suo orologio, che per definizione 4
Cioè la traiettoria dei corpi liberi, sottoposti quindi alla sola forza gravitazionale. Per un breve compendio sul tema delle forze inerziali in relatività si rimanda a: “ Perché la gravità è una forza fittizia in relatività generale?” 5 Nel resto dell’esposizione ci riferiremo a queste coordinate semplicemente col nome “coordinate di Fermi”. Occorre notare che questo nome è invece utilizzato per riferirsi alle coordinate costruite non su una geodetica, ma su una curva qualsiasi.
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è il suo tempo proprio τ . In sintesi vogliamo che l’osservatore si porti appresso il suo sistema cartesiano in modo che i vettori base degli assi siano trasportati parallelamente lungo la traiettoria6 . Nello spazio piatto della meccanica classica questa richiesta è triviale, ma il trasporto parallelo di un vettore su una linea definita in uno spazio curvo è una richiesta non banale, perché tale vettore deve soddisfare dW µ (ξ) + Γµρσ (x(ξ))W ρ (ξ)V σ (ξ) = 0 dξ
(2.1)
dxσ è il vettore tangente alla curva parametrizzata da ξ e W µ = W µ (ξ) è dξ un vettore definito sulla curva. Come anticipato, vogliamo costruire le coordinate di Fermi per il caso speciale in cui la curva sia una geodetica, e quindi il moto dell’osservatore sia di caduta libera, cioè localmente inerziale per il principio di equivalenza. Imponiamo che lungo la geodetica “G” sia7
gµν G = ηµν
(2.2) Γσρν = 0
dove V σ ≡
G
L’obbiettivo è poter descrivere con coordinate rettangolari una regione di spazio delimitata da un tubo che avvolge G. Per fare ciò cerchiamo una trasformazione K che diagonalizza gµν in modo che, secondo la (2.2) K T gK = η
(2.3)
dove η è la metrica di Minkowski. Nel formalismo delle tetradi, la matrice K si esprime con i due indici che trasformano in maniera diversa, uno che risponde alle trasformazioni di Lorentz locali Λ(x) e si indica con un indice greco α, β..., e uno che risponde alle trasformazioni di coordinate generiche S(x), per il quale usiamo un indice greco più avanti nell’alfabeto µ, ν, σ...8 [4]. Si ha per convenzione K ≡ eµα e la (2.3) si esprime come gµν eµα eνβ = ηαβ
(2.4)
Usando il formalismo in cui i vettori si possono espandere in combinazione lineare dei generatori dello spazio tangente, possiamo scrivere eα = eµα ∂µ 6
In quanto vengono preservati gli angoli tra i vettori base. Il simbolo |G sta a indicare che la quantità deve essere calcolata su G. 8 Per semplicità chiamiamo α indici di Lorentz, e µ indici di universo. Valgono le usuali regole di trasformazione dei tensori nei due tipi di indici, ed è possibile convertire indici µ, ν in indici di Lorentz β γ α, β, γ..., usando le tetradi. Ad esempio Tµνρ = eα µ eν eρ Tαβγ . 7
3
Detto ciò, non ci resta che cercare 4 vettori ortonormali9 eα con α = (0, a) e a = 1, 2, 3 cioè uno di tipo tempo e gli altri di tipo spazio, che siano trasportati parallelamente lungo G. Se indichiamo con y α le coordinate di Fermi che dobbiamo determinare, allora è chiaro dalla discussione iniziale che dobbiamo prendere y 0 = τ , e quindi è conveniente scegliere dxµ dxµ = 0 eµ0 = V µ ≡ dτ dy questa scelta ci toglie un po’ di lavoro perché la condizione di trasporto parallelo (2.1) è automaticamente soddisfatta per costruzione se G è parametrizzata dal tempo proprio ξ = τ , perché l’equazione della geodetica è σ ρ dV µ d2 xµ µ dx dx ≡ + Γµρσ V ρ V σ = 0 + Γ ρσ dτ 2 dτ dτ dτ
Quindi essendo V µ il vettore tangente alla curva, abbiamo che eµ0 rimane tangente a G in ogni punto. Ad esempio supponiamo che h(τ ) descriva la curva G nello spaziotempo, e facciamo in modo che τ = 0 corrisponda al punto P0 = h(0): se e0 (0) è tangente alla curva in P0 , allora in un generico punto P = h(τ ) la tangente sarà e0 (0) trasportato parallelamente, cioè e0 (τ ). Per trovare gli altri tre vettori eµa possiamo osservare che la forma della (2.4) suggerisce che questi debbano assomigliarsi agli usuali coefficienti ∂x delle matrici di cambio di coordinate x → x0 , vale a dire della forma ∂x 0 . In effetti sarà ciò che troveremo non appena avremo determinato le y a . Partiamo dal punto P0 = h(0) e costruiamo la terna cartesiana con i vettori ortonormali eµa , e il vettore tangente eµ0 al tempo τ = 0. Seguiamo G fino al punto P = h(τ ) trasportando parallelamente la base cartesiana, e consideriamo una famiglia ζ di geodetiche di tipo spazio uscenti da P come dei tentacoli. Se na è il versore10 che indica la direzione da cui esce la generica ζ nel punto P, possiamo etichettare un membro della famiglia in base a questa direzione, cioè ζ = ζ(na , P ) (vedi figura 1). Se eµa (τ ) è la parte spaziale della base cartesiana trasportata parallelamente da P0 a P , possiamo esprimere il vettore tangente alla geodetica ζ(na , P ) nel punto P (cioè calcolato su G) come una combinazione lineare della nostra base
W µ G = eµa na (2.5) Prendiamo quindi un punto Q appartenente a ζ(na , P ), e notiamo che siccome il punto P ha coordinata temporale yP0 = τ per costruzione, e siccome ζ è di tipo spazio, allora 0 Q è simultaneo a P , cioè ha la stessa coordinata yQ = τ . Dato il versore na e la distanza q 1 2 2 2 3 2 ) + (yQ ) + (yQ ) le coordinate propria σ di Q su ζ in coordinate rettangolari σ ≡ (yQ di Fermi del punto Q generico sono y α = (τ, σna δai ) 9 10
Nel senso che devono soddisfare (2.4). Nel senso che δab na nb = 1
4
(2.6)
Figura 1: Costruzione delle coordinate di Fermi per una geodetica G.
Quindi le coordinate di Fermi descrivono lo spaziotempo in una regione che possiamo pensare come un tubo costruito attorno a G. In queste coordinate qualsiasi punto di G al tempo τ 0 è ovviamente descritto da y α = (τ 0 , 0) essendo σ = 0. Ora occorre dimostrare che, tramite questa descrizione, la trasformazione (2.4) è automaticamente soddisfatta per costruzione. Infatti siccome la legge di trasformazione della metrica dalle coordinate generiche di partenza xµ alle y α deve essere gµν
∂xµ ∂xν = ηαβ ∂y α ∂y β
(2.7)
non ci resta che dimostrare che: 1. Esiste una relazione differenziabile tra le xµ e le y α 2. Lo Jacobiano della trasformazione è J = det(∂xµ /∂y α ) 6= 0 L’ultima richiesta è intuitivamente soddisfatta per costruzione, siccome mostreremo che (∂/∂y α )G = eα (τ ) e avendo definito eα (τ ) come i classici vettori cartesiani linearmente indipendenti per via dell’ortogonalità, automaticamente J 6= 0 su G, e per continuità sarà lo stesso anche in un intorno di G. Possiamo ora chiederci quali siano le coordinate di Q espresse nelle coordinate generiche xµ ; ci chiediamo cioè che forma abbia la funzione xµ (τ, na ; σ). Naturalmente le xµ devono anch’esse descrivere la geodetica ζ parametrizzata con la distanza propria σ, cioè ρ γ d2 xµ µ dx dx + Γ =0 (2.8) ργ dσ 2 dσ dσ 5
stiamo quindi risolvendo una classica equazione differenziale del secondo ordine con le due condizioni iniziali che sono la posizione xµ (τ, na ; 0) = P e la velocità data da ∂xµ
dxµ ∂xµ
≡Vµ = = = eµ0 dτ ∂τ G ∂y 0 G dove le ultime due relazioni valgono per via di come abbiamo costruito le coordinate di Fermi. Notiamo ora che la (2.8) è invariante per riscalamento del parametro11 σ → f −1 σ come è facile verificare sostituendo. Inoltre siccome per ogni geodetica parametrizzata genericamente con λ, la sua tangente è esprimibile come Wµ =
dxµ dλ
allora sarà
dxµ dxµ → f 0 ≡ fWµ dσ dσ a a Cioè la direzione n va in f n secondo la (2.5). Per il teorema di unicità delle equazioni differenziali, la soluzione di (2.8) è quindi tale che xµ (τ, na ; σ) = xµ (τ, f na ; f −1 σ) Data questa libertà possiamo scegliere f = σ e quindi xµ = xµ (τ, σna ; 1) cioè le xµ sono funzioni di un oggetto che ha la stessa struttura delle coordinate di Fermi (2.6), ovvero xµ = xµ (y) e per i teoremi sulle equazioni differenziali, questa è una relazione differenziabile. Usando la (2.5) possiamo scrivere
eµa na = W µ G ≡ W µ (τ, na , σ = 0) e l’ultima espressione corrisponde evidentemente a µ σ=0 ∂x µ a W (τ, n , σ = 0) = ∂σ τ,na che possiamo riscrivere come
∂xµ ∂σ
σ=0
=
τ,na
∂xµ ∂y a ∂y a ∂σ
σ=0 τ,na
Siccome na è il versore che indica la direzione di uscita dei tentacoli ζ, in coordinate di Fermi calcolate su G è proprio a σ=0 ∂y = na ∂σ τ,na 11
f ∈R
6
quindi W
µ
G
=
∂xµ ∂y a
a
n = eµa na G
abbiamo cioè dimostrato che eµ0 =
∂xµ
∂y 0 G
,
eµa =
∂xµ
∂y a G
(2.9)
Quindi J 6= 0 è soddisfatto per costruzione e la (2.7) è applicabile legittimamente. In un certo senso abbiamo anche legittimato il formalismo delle tetradi che porta a scrivere la (2.4). Il risultato è che al primo ordine nelle coordinate di Fermi la metrica è quella di Minkowski, come ci aspettavamo per il principio di equivalenza. Possiamo ora dimostrare che i simboli di Christoffell in queste coordinate sono nulli lungo la geodetica, come volevamo. La (2.8) si scrive, per la geodetica ζ ρ γ ρ γ i j
i j
d2 y α α dy dy α dy dy α dy dy α
α
+ Γ = 0 + Γ = Γ = Γ n n = 0 =⇒ Γ =0 ργ ργ ij ij ij G dσ dσ G dσ dσ G dσ dσ G G dσ 2
infatti y α = (τ, σni ) è lineare in σ e ha solo la parte spaziale di derivata in σ non nulla. Per la geodetica G si ha invece ρ γ 0 0
d2 y α α dy dy α dy dy + Γ = 0 + Γ = 0 =⇒ Γα00 G = 0 ργ 00 G 2 dτ dτ dτ dτ dτ
essendo y α lineare in τ e con solo la parte temporale della derivata in τ non nulla. Infine il trasporto parallelo lungo G della base eµa nella sua parte spaziale si scrive, per la (2.1)
deαb deα + Γαργ G eρb V γ ≡ b + Γαργ G eρb eγ0 = 0 dτ dτ Ma nelle coordinate di Fermi le componenti della base sono quelle cartesiane e0 = (1, 0, 0, 0) , e1 = (0, 1, 0, 0) ,
quindi si ha Γα0i G = 0 e in totale
Γα00 G = 0 ,
e2 = (0, 0, 1, 0) ,
Γαij G = 0 ,
Γα0i G = 0
e3 = (0, 0, 0, 1)
(2.10)
Se volessimo descrivere cosa vede un osservatore in caduta libera in un campo gravitazionale a grande distanza da r = 0, sarebbe sufficiente bloccare lo sviluppo al primo ordine nelle coordinate di Fermi (che adesso chiamiamo τ, xyz) ds2 ≈ −dτ 2 + dx2 + dy 2 + dz 2 e quindi il mondo nelle immediate vicinanze avrebbe, dal suo punto di vista, una geometria euclidea. Tuttavia una volta superato l’orizzonte degli eventi di un buco nero 7
supermassiccio, la metrica Ριβ non eĚ&#x20AC; piuĚ&#x20AC; una fedele descrizione di quello che vede lâ&#x20AC;&#x2122;osservatore in caduta libera, percheĚ le forze di marea dovute alla curvatura dello spaziotempo non sono piuĚ&#x20AC; trascurabili in quanto scalano come una potenza di 1/r. Bisogna quindi spingersi al secondo ordine dello sviluppo delle metrica, e ci aspettiamo che i coefficienti dello sviluppo siano le componenti del tensore di Riemann, in quanto rappresentano le deviazioni dalla geometria piatta. Il tensore di Riemann ha la struttura â&#x2C6;&#x2019; (Âľ â&#x2020;&#x201D; ν), ma per le (2.10) in
R â&#x2C6;ź (â&#x2C6;&#x201A;Î&#x201C; + Î&#x201C;Î&#x201C;)¾ν 12
coordinate di Fermi si semplifica R G = â&#x2C6;&#x201A;Î&#x201C; â&#x2C6;&#x2019; â&#x2C6;&#x201A;Î&#x201C; cioeĚ&#x20AC;
Âľ
Âľ Âľ
RkĎ Îť G = (â&#x2C6;&#x201A;Ď Î&#x201C;kÎť â&#x2C6;&#x2019; â&#x2C6;&#x201A;Îť Î&#x201C;kĎ )
(2.11) G
Intuitivamente sappiamo che â&#x2C6;&#x201A;Î&#x201C; contiene â&#x2C6;&#x201A; 2 g che eĚ&#x20AC; proprio il secondo ordine dello sviluppo di Taylor di g¾ν (1.2). Il nostro obbiettivo eĚ&#x20AC; scrivere â&#x2C6;&#x201A; 2 g in funzione di R, passando da â&#x2C6;&#x201A;Î&#x201C;. Ad esempio un risultato immediato derivante dal fatto che Î&#x201C;Îąij G = 0
eĚ&#x20AC; che ovviamente â&#x2C6;&#x201A;0 Î&#x201C;Îąij G = 0, quindi si ha13
Îą
Rij0 = â&#x2C6;&#x201A;j Î&#x201C;Îąi0 â&#x2030;Ą Î&#x201C;Îąi0,j (2.12) G Per ottenere le altre componenti occorre osservare che il secondo ordine in coordinate di Fermi significa[5] andare a comparare due geodetiche della famiglia Îś(na , P ) che possono differire, a paritaĚ&#x20AC; di direzione na , sia per il punto da cui escono, o, se escono dallo stesso punto, sia per le differenti direzioni na , nb . Per studiare queste differenze consideriamo Âľ un vettore definito sulla geodetica parametrizzata con Ξ. La sua derivata covariante lungo la curva eĚ&#x20AC; il membro a sinistra della (2.1) d Âľ D Âľ â&#x2030;Ą + Î&#x201C;ÂľĎ Îł V Ď Îł DΞ dΞ dove V Ď = dy Ď /dΞ eĚ&#x20AC; al solito la tangente alla curva. Nel nostro conto Âľ rappresenteraĚ&#x20AC; alcune quantitaĚ&#x20AC; che descrivono la separazione tra due geodetiche, delle quali ci interessa la variazione D/DΞ. EĚ&#x20AC; piuĚ&#x20AC; interessante peroĚ&#x20AC; cercare la velocitaĚ&#x20AC; di questa variazione, percheĚ la quantitaĚ&#x20AC; che si vuole studiare potrebbe ad esempio essere trasportata parallelamente, per cui varrebbe la (2.1) che non ci darebbe informazioni; vogliamo quindi calcolare14 D D Âľ D2 Âľ D d Âľ Âľ Ď Îł = = + Î&#x201C;Ď Îł V DΞ 2 DΞ DΞ DΞ dΞ 12
PocheĚ ogni espressione con cui lavoriamo ora eĚ&#x20AC; nel contesto delle coordinate di Fermi, possiamo usare i normali indici Âľ, ν... al posto della convenzione adottata allâ&#x20AC;&#x2122;inizio della sezione, che era necessaria per distinguere due tipi di coordinate diversi. 13 Adottiamo la notazione â&#x2C6;&#x201A;Îą Î&#x201C;¾βγ â&#x2030;Ą Î&#x201C;¾βγ,Îą 14 Il secondo termine della seconda equazione si ottiene con la regola della catena d â&#x2C6;&#x201A;y ν â&#x2C6;&#x201A; Î&#x201C;= Î&#x201C; dΞ â&#x2C6;&#x201A;Ξ â&#x2C6;&#x201A;y ν
8
β d d2 Âľ Âľ Ď Îł β Ď&#x2030; Îą Âľ ν Ď Îł Âľ d + Î&#x201C;Ď&#x2030;Îą V V ν = + â&#x2C6;&#x201A;ν Î&#x201C;Ď Îł V V + Î&#x201C;Ď Îł (V ) + Î&#x201C;νβ dΞ 2 dΞ dΞ d Il termine dΞ (V Ď Îł ) si calcola ricordando lâ&#x20AC;&#x2122;espressione della geodetica (o, equivalentemente, che la â&#x20AC;&#x153;velocitaĚ&#x20AC;â&#x20AC;? eĚ&#x20AC; trasportata parallelamente)
d2 y Ď dV Ď = = â&#x2C6;&#x2019;Î&#x201C;Ď Ď&#x2030;Îť V Îť V Ď&#x2030; 2 dΞ dΞ per cui si ha, sostituendo e sistemando gli indici muti Îł D2 Âľ d2 Âľ Âľ Ď d + [Î&#x201C;ÂľĎ Îł,Îť â&#x2C6;&#x2019; Î&#x201C;ÂľĎ&#x2030;Ď Î&#x201C;Ď&#x2030;Νγ + Î&#x201C;ÂľĎ&#x2030;Îť Î&#x201C;Ď&#x2030;Ď Îł ]V Îť V Îł Ď = + 2Î&#x201C; V Ď Îł DΞ 2 dΞ 2 dΞ
Questa espressione eĚ&#x20AC; piuĚ&#x20AC; comunemente nota nella forma D2 Âľ Âľ = RÎłÎťĎ V Îť V Îł Ď DΞ 2
(2.13)
per cui otteniamo Îł d2 Âľ Âľ Âľ Ď d + 2Î&#x201C; V + [Î&#x201C;ÂľĎ Îł,Îť â&#x2C6;&#x2019; Î&#x201C;ÂľĎ&#x2030;Ď Î&#x201C;Ď&#x2030;Νγ + Î&#x201C;ÂľĎ&#x2030;Îť Î&#x201C;Ď&#x2030;Ď Îł â&#x2C6;&#x2019; RÎłÎťĎ ]V Îť V Îł Ď = 0 Ď Îł dΞ 2 dΞ
(2.14)
Compariamo due tentacoli di uguale direzione, che escono da due punti P e P 0 infinitesimamente vicini. Studiamo quindi la variazione temporale delle coordinate su queste geodetiche per un punto Q a uguale distanza propria Ď&#x192; su entrambe. Ponendo Âľ dy e ricordando che y Âľ = (Ď&#x201E;, Ď&#x192;δai na ) otteniamo Âľ = (1, 0). Se studia Âľ = dĎ&#x201E; na ,Ď&#x192; mo la (2.14) con la parametrizzazione Ď&#x192; abbiamo, essendo d Âľ /dĎ&#x192; = d2 Âľ /dĎ&#x192; 2 = 0 e V Îť = dy Îť /dĎ&#x192; = (0, ni ) sopravvivono solo15
Âľ
Âľ Âľ
(Î&#x201C;0i,j â&#x2C6;&#x2019; Rij0 ) ni nj = 0 =â&#x2021;&#x2019; Î&#x201C;Âľ0i,j G = Rij0 G G
ma questo lo avevamo intuito dalla definizione (2.11). Consideriamo invece due tentacoli uscenti dallo stesso P , ma che sono irradiati in direzioni leggermente diverse, studiamo Âľ dy cioeĚ&#x20AC; Âľa = per un punto calcolato alla stessa distanza Ď&#x192; e allo stesso tempo dna Ď&#x201E;.Ď&#x192; sulle due geodetiche. Si ha quindi Âľa = (0, Ď&#x192;δai ) e dunque d Âľa /dĎ&#x192; = (0, δai ) mentre al solito V Îł = dy Îł /dĎ&#x192; = (0, na δai ) per cui Âľ ]na δaÎł nb δbÎť δcĎ Ď&#x192; = 0 2Î&#x201C;ÂľĎ Îł nb δbĎ Î´cÎł + [Î&#x201C;ÂľĎ Îł,Îť â&#x2C6;&#x2019; RγΝĎ
Nello sviluppo intorno a G il parametro di sviluppo eĚ&#x20AC; Ď&#x192;, si ha Î&#x201C; = Î&#x201C; G + Ď&#x192;(na δai )â&#x2C6;&#x201A;i Î&#x201C; G + O(Ď&#x192; 2 ). Se desideriamo tenere solo i termini lineari in Ď&#x192; eĚ&#x20AC; chiaro che Î&#x201C;Î&#x201C; = 0 dato che Î&#x201C; G = 0 per quanto visto prima. 15
9
Sviluppando
Γµργ = Γµργ G + σ(δai na )Γµργ,i G + O(σ 2 )
tenendo il primo ordine e noto che Γ G = 0 arriviamo infine a µ (3Γµργ,λ − Rλγρ )na nb δaγ δbλ δcρ = 0
Calcolando la somma abbiamo, essendo ni nj = nj ni e gli n arbitrari
1 µ
µ µ µ
(Γki,j + Γkj,i ) = (Rijk + Rjik )
(2.15) 3 G G Siccome vogliamo ottenere un’espressione per Γ in funzione solo di R, sommiamo a questa equazione la versione con (kij) → (ijk) e sottraiamo quella con (kij) → (jki). Per la simmetria dei simboli di Christoffel Γµkj,i = Γµjk,i e la antisimmetria di Riemann µ µ Rjik = −Rjki otteniamo subito
1 µ µ
Γµki,j G = (Rijk + Rkji )G 3
(2.16)
Per estrarre i termini ∂ 2 g dai simboli di Christoffel consideriamo la definizione 1 Γkργ ≡ g kβ (∂ρ gβγ + ∂γ gβρ − ∂β gργ ) 2
(2.17)
Contraendo con gµk si ha gµk Γkργ = 12 (∂ρ gµγ +∂γ gµρ −∂µ gργ ). Se scambiamo µ ↔ ρ l’unica parte simmetrica è in ∂γ gµρ , quindi se sommiamo gρk Γkµγ si ottiene gµk Γkργ + gρk Γkµγ = ∂γ gρµ . A questo punto calcoliamo la derivata seconda ∂γ ∂ω gρµ e valutiamo le quantità
16
su G,
in modo che spariscano i termini in Γ G = 0. Siccome in coordinate di Fermi gµk G = ηµk otteniamo infine
∂γ ∂ω gµρ G = ηµk Γkγρ,ω + ηρk Γkγµ,ω (2.18) Abbiamo tutti gli ingredienti per calcolare il secondo ordine dello sviluppo in coordinate di Fermi
1
gµν = ηµν + (∂γ ∂λ gµν ) y λ y γ + O(y 3 ) 2! G Usando la (2.12), la (2.16) e la (2.18) giungiamo finalmente a
g00 = −1 − R0i0j G y i y j
1 gij = δij − Rikjl G y k y l 3
(2.19)
2 g0i = 0 + R0jki G y j y k 3 16
Abbiamo quindi che il primo ordine dello sviluppo di gµν è nullo se calcolato in coordinate
mostrato
inerziali, infatti ∂g G = Γ G = 0
10
Quindi la geometria per un osservatore in caduta libera è la seguente
i j
k l
4 1 2 2 ds ≈ (−1−R0i0j G y y )dτ + δij − Rikjl G y y dy i dy j + R0jki G y j y k dτ dy i (2.20) 3 3 Nella pratica partiremo dalle coordinate di Schwarzschild e trasformeremo il tensore di Riemann in coordinate di Fermi tramite la solita equazione Rαβγδ
∂xµ ∂xν ∂xρ ∂xσ = Rµνρσ α β γ δ = Rµνρσ eµα eνβ eργ eσδ ∂y ∂y ∂y ∂y
(2.21)
dove l’ultima uguaglianza è stata dimostrata in coordinate di Fermi. Il punto centrale sarà quindi trovare delle espressioni per eµα che soddisfino la (2.4). Tuttavia siccome la metrica di Schwarzschild è diagonale, il conto si fa a vista.
3
La Base di Fermi-Schwarzschild
Consideriamo il tensore metrico di Schwarzschild nelle coordinate sferiche (T, R, θ, φ) −X 0 0 0 0 X −1 0 0 gµν = (3.1) 2 0 0 R 0 0 0 0 R2 sin2 θ 2M . Si vede subito che una matrice di trasformazione in grado di dove17 X ≡ 1 − R µ ν soddisfare gµν eα eβ = ηαβ è −1/2 X 0 0 0 0 X 1/2 0 0 eµα = 0 0 1/R 0 0 0 0 1/(R sin θ) Dalle colonne α = 0, 1, 2, 3 leggiamo la base della tetrade e0 = X −1/2
∂ ∂T
,
e1 = X 1/2
∂ ∂R
,
e2 =
1 ∂ R ∂θ
,
e3 =
1 ∂ R sin θ ∂φ
(3.2)
ed è facile dimostrare che questi vettori sono trasportati parallelamente lungo la geodetica di una caduta libera radiale18 . Tale geodetica radiale si ottiene definendo l’intervallo di tempo proprio come dτ 2 = −ds2 , e una volta diviso per dτ 2 si pone dφ = dθ = 0 2 2 dR dT −1 1=X −X (3.3) dτ dτ 17 18
Lavoriamo in unità G = c2 = 1. Vedi appendici, dove viene svolto il calcolo nel caso della base di Fermi.
11
che è anche la lagrangiana del moto19 L(T 0 , R0 , R) per il principio di azione relativistica. La prima equazione di Eulero-Lagrange è quindi d (XT 0 ) = 0 dτ
=⇒
T 0 = X −1 ε
dove ε è una costante. La (3.3) diventa
2
ε =X+
dR dτ
2
2M + ≡1− R
dR dτ
2 (3.4)
Una scelta furba[3] per ε è quella di porre ε2 ≡ 1 − 2M/R0 dove R0 è la posizione iniziale del corpo in caduta libera. Sostituendo nella (3.4) si ha
dR dτ
2 =
2M 2M rs rs − − ≡ R R0 R R0
(3.5)
dove abbiamo chiamato rs ≡ 2M il raggio di Schwarzschild. Questa scelta coincide con la condizione che il corpo parte da fermo dR/dτ = 0 per R = R0 come si vede facilmente. La soluzione di questa equazione differenziale è una cicloide, quindi la dipendenza di R da τ è espressa in forma implicita tramite un parametro. Volendo semplificare ulteriormente possiamo tuttavia porre R0 rs e prendere la radice negativa della (3.5). Abbiamo subito 3√ 3/2 rs τ (3.6) R3/2 (τ ) = R0 − 2 L’osservatore inrcaduta libera radiale raggiunge la singolarità in un tempo proprio 2R0 R0 come ci aspettavamo per il principio di equivalenza. Supponiamo finito τ ∗ = 3 rs tuttavia che durante questa discesa egli mandi dei segnali di luce nella direzione da cui è partito. Un osservatore lontano inizierebbe a ricevere i segnali di luce a distanze temporali sempre maggiori, e come si vede da dτ
dT = ε
1−
rs R
l’ultimo segnale di luce in corrispondenza di quando viene oltrepassato l’orizzonte degli eventi a R = rs non viene mai ricevuto. Nonostante la tetrade (3.2) definisca un sistema localmente inerziale che può essere esteso a tutta la geodetica attraverso dei boost di Lorentz locali[2], essa definisce delle coordinate che non sono quelle di Fermi. Nelle coordinate di Fermi si ha y 0 = τ , e il
vettore base è e0 = (∂/∂τ ) G che avevamo scelto essere eµ0 = V µ cioè la quadrivelocità (T 0 , R0 , 0, 0) nel caso radiale; esprimendo le componenti nello spazio di Schwarzschild: eµ0 = V µ ∂µ . Ora è necessario trovare gli altri vettori della tetrade in funzione di questa 19
Da qui in poi poniamo T 0 ≡ dT /dτ , R0 ≡ dR/dτ .
12
scelta. Siccome sono fissate per ipotesi, la geodetica non coinvolge θ e φ, per cui possiamo prendere come vettori e2 , e3 quelli calcolati nella (3.2). Dalla condizione di ortogonalità si ricava infine e1 , per cui la base di Fermi-Schwarzschild è e0 = T 0 ∂/∂T + R0 ∂/∂R e = X −1 R0 ∂/∂T + XT 0 ∂/∂R 1 (3.7) e 2 = 1/R ∂/∂θ e3 = 1/R sin θ ∂/∂φ Infatti, tenendo a mente la (3.3) è possibile verificare che la trasformazione 0 T X −1 R0 0 0 R0 XT 0 0 0 eµα = 0 0 1/R 0 0 0 0 1/(R sin θ)
(3.8)
diagonalizza gµν secondo la (2.4). Per andare al secondo ordine sappiamo dalla (2.20) che è necessario conoscere le componenti del tensore di Riemann in queste coordinate, e queste possiamo ottenerle dalla (2.21). Nelle coordinate di Schwarzschild abbiamo M M 2M , R0303 = + X sin2 θ , R1313 = − X −1 sin2 θ 3 R R R M M R0202 = + X , R1212 = − X −1 , R2323 = +2M R sin2 θ R R Le componenti non nulle della base invece sono e00 , e01 , e10 , e11 , e22 , e33 . Il calcolo è tedioso, ma se ad esempio si vuole sapere la prima componente non nulla R0101 si ha esplicitamente R0101 = −
R0101 = R00 10 00 10 [e00 e11 e00 e11 − e00 e11 e10 e01 − e10 e01 e00 e11 + e10 e01 e10 e01 ] = R00 10 00 10 [X 2 (T 0 )4 − 2(T 0 )2 (R0 )2 + X −2 (R0 )4 ] = R00 10 00 10 [X(T 0 )2 − X −1 (R0 )2 ]2 = R00 10 00 10 dove abbiamo usato la (3.3). Le altre componenti si ottengono allo stesso modo, e in definitiva abbiamo il tensore di Riemann in coordinate di Fermi 2M M 2M R0101 = − 3 , R0202 = R0303 = + 3 , R2323 = + 3 R R R M R1212 = R1313 = − 3 R La (2.20) diventa quindi (chiamando le coordinate y i semplicemente xyz) M 2 M 2 M 2 2 2 2 2 2 2 2 ds = −1 − 3 (z + y − 2x ) dτ + 1 + (y + z ) dx + 1 + (x − 2z ) dy 2 + R 3R3 3R3 M 2 2M 2 2 + 1+ (x − 2y ) dz − [xz dx dz + xy dy dx − 2 yz dy dz] (3.9) 3R3 3R3 13
ed eĚ&#x20AC; la metrica di Fermi, che dipende da Ď&#x201E; in quanto R = R(Ď&#x201E; ) secondo la (3.6). In sostanza questa eĚ&#x20AC; la geometria che vedrebbe lâ&#x20AC;&#x2122;osservatore in caduta libera nellâ&#x20AC;&#x2122;ascensore di Einstein, nel famoso gedankenexperiment del principio di equivalenza.
3.1
Forze mareali vicino alla singolaritaĚ&#x20AC; r = 0
Se nella gravitaĚ&#x20AC; newtoniana consideriamo due corpi soggetti allo stesso campo gravitazionale, ma in localitaĚ&#x20AC; infinitesimamente differenti (prendiamo ad esempio la direzione radiale e collochiamo un corpo a distanza r e lâ&#x20AC;&#x2122;altro a r + dr12 ) la differenza percepita in accelerazione radiale eĚ&#x20AC; a12 = â&#x2C6;&#x2019;
r2 (1
M 2M M rĚ&#x201A; + 2 rĚ&#x201A; â&#x2030;&#x2C6; 3 dr12 rĚ&#x201A; 2 + dr12 /r) r r
e questo andamento 1/r3 caratterizza le forze mareali, che sono unâ&#x20AC;&#x2122;indizio del fatto che il campo gravitazionale varia con la distanza. Lâ&#x20AC;&#x2122;analogo relativistico eĚ&#x20AC; lâ&#x20AC;&#x2122;equazione di deviazione geodetica (2.13) D2 Âľ Âľ = RÎłÎťĎ V Îť V Îł Ď DΞ 2 con lâ&#x20AC;&#x2122;unica importante differenza che ora tale effetto eĚ&#x20AC; attribuito alla curvatura dello spaziotempo.20 Vogliamo calcolare le forze di marea per lâ&#x20AC;&#x2122;osservatore in caduta libera verso la singolaritaĚ&#x20AC; del buco nero, che eĚ&#x20AC; in direzione radiale. Consideriamo quindi la coordinata il cui vettore base e1 ha una componente in tale direzione, cioeĚ&#x20AC; y 1 . Per fissare le idee supponiamo che la geodetica R(Ď&#x201E; ) sia quella seguita dal baricentro di un astronauta in caduta libera. Immaginiamo di fissare il sistema cartesiano dellâ&#x20AC;&#x2122;astronauta proprio nel suo baricentro, e supponiamo che lâ&#x20AC;&#x2122;asse verticale del suo corpo coincida con e1 . Nelle coordinate di Fermi la velocitaĚ&#x20AC; di un punto sulla geodetica principale eĚ&#x20AC; V Îł = (1, 0) quindi la deviazione geodetica tra il baricentro e la testa dellâ&#x20AC;&#x2122;astronauta, separati da Ξ = (0, Ξ 1 , 0, 0) eĚ&#x20AC; 2M D2 Ξ 1 1 = R001 Ξ1 = 3 Ξ1 2 DĎ&#x201E; R Per le direzioni trasversali invece si ha D2 Ξ 2 M = â&#x2C6;&#x2019; 3 Ξ2 2 DĎ&#x201E; R
,
D2 Ξ 3 M = â&#x2C6;&#x2019; 3 Ξ3 2 DĎ&#x201E; R
Dunque lâ&#x20AC;&#x2122;astronauta viene stiracchiato dalla testa ai piedi e compresso ai fianchi del corpo, un fenomeno che eĚ&#x20AC; comprensibilmente noto come spaghettificazione. Tale effetto diventa spaventosamente grande per R â&#x2020;&#x2019; 0, che eĚ&#x20AC; una regione descrivibile con la soluzione di Schwarzschild solo nel caso di corpi aventi dimensioni fisiche minori del proprio 20
Comâ&#x20AC;&#x2122;eĚ&#x20AC; noto, tale equazione si ricava considerando la separazione tra due geodetiche vicine Âľ = y (Ď&#x201E; ) â&#x2C6;&#x2019; xÂľ (Ď&#x201E; ). Se consideriamo la parte spaziale, il concetto eĚ&#x20AC; analogo a quello di accelerazione relativa in meccanica classica. Âľ
14
raggio di Schwarzschild rS , cioè i buchi neri. Tuttavia un aspetto molto importante di questo risultato è che non succede niente nella località R = rS , che si conferma essere una singolarità delle coordinate e non della geometria. Infatti tale punto non è singolare nemmeno nella metrica di Fermi. Le forze di marea per R = rS ≡ 2M vanno come 1 M ∼ 2 3 RS M per cui l’astronauta sentirebbe gli effetti della spaghettificazione all’orizzonte degli eventi solo se M fosse molto piccolo, ed infatti ciò significherebbe che il raggio di Schwarzschild è molto vicino a r ∼ 0, dove gli effetti mareali diventano mortali. D’altra parte M è molto grande in un buco nero supermassiccio, per definizione. Di conseguenza 1/M 2 ∼ 0 e l’astronauta è in grado di oltrepassare l’orizzonte senza accorgersi di niente: nel gergo comune si parla quindi di singolarità gentile.
3.2
La geometria vicino alla singolarità
Ci proponiamo di studiare le proprietà geometriche di una superficie a simmetria sferica centrata sulla geodetica di caduta libera. Per farlo passiamo a coordinate sferiche prendendo x come asse polare, cioè x = ρ cos θ, y = ρ sin θ cos φ, z = ρ sin θ sin φ. Dopo alcuni conti tediosi la (3.9) diventa[3] 1 1 1 2 2 2 2 2 ds = (−1 + bγ)dτ + dρ + 1 + γ ρ dθ + 1 + bγ − γ ρ2 sin2 θdφ2 (3.10) 3 3 3 in cui
M ρ2 R3 Consideriamo un insieme di punti a uguale distanza ortogonale dalla geodetica, ovvero ρ = cost e τ = cost. La superficie risultante ha una metrica 1 1 1 2 2 2 dsΣ = 1 + γ ρ dθ + 1 + bγ − γ ρ2 sin2 θdφ2 3 3 3 b ≡ 3 cos2 θ − 1 ,
γ≡
All’ordine zero γ 1 la metrica è quella di una sfera ds2Σ = ρ2 dθ2 + ρ2 sin2 θdφ2 , quindi il cerchio all’equatore ha una lunghezza pari a Lφ = 2πρ, come il cerchio passante per un polo Lθ = 2πρ. Se consideriamo la regione di spazio vicino alla singolarità R → 0 allora γ diventa importante e i conti si modificano in Z Lφ =
2π
1/2 2 γ 1− γ dφ ≈ 2πρ 1 − 3 3
Z
π
Z dsΣ|θ=π/2 = ρ 0
Z Lθ = 2
dsΣ|φ=cost = 2ρ 0
1/2 1 γ 1+ γ dθ ≈ 2πρ 1 + 3 6 15
le sfere sono quindi schiacciate nella direzione della singolarità. Si noti tuttavia che queste formule sono valide solo per γ ≤ 3/2 e tale condizione pone un vincolo R ≥ p 3 rS /3ρ2/3 . Possiamo dare una stima di ordini di grandezza per un buco nero supermassiccio delle stesse dimensioni21 di Sgr A∗ ponendo rS ≡ L ∼ 1010 m. Possiamo porre ragionevolmente ρ ∼ 10−10 L e quindi il limite di validità diventa R & 10−7 L ∼ 103 m. Per andare verso la singolarità sarebbe necessario sviluppare la metrica di Fermi agli ordini successivi, perché le potenze di 1/R diventano via via più rilevanti.
3.3
Raggi di luce
Supponiamo che l’astronauta in caduta libera verso il buco nero sia dentro una capsula con un laboratorio allestito per misurare la velocità della luce22 . Ponendo ds2 = 0 nella (3.10), possiamo considerare la propagazione della luce in direzione radiale (dθ = dφ = 0), ottenendo 1/2 M ρ2 dρ 1/2 = (1 − bγ) = 1 − f (θ) 3 dτ R dove f (θ) ≡ b = 3 cos2 θ−1 indica che il modulo della velocità è sensibile alla direzione di osservazione, oltre che alla distanza ρ. Lungo la geodetica ρ = 0 e il valore è quello della relatività ristretta. Una stima sugli ordini di grandezza con R ∼ 10−2 L, ρ ∼ 10−10 L ci conduce a rS ρ2 ∼ 10−14 R3 quindi il fattore moltiplicativo di f (θ) fa sı̀ che la condizione di realtà della radice sia sempre rispettata nel caso di buco nero supermassiccio. A parità di distanza ρ intorno alla geodetica, la velocità della luce assume un valore minimo per θ = 0, π r rS ρ2 rS 2 r vmin = 1 − 3 ρ ≈ 1 − R 2R3 e il valore massimo si ha23 per θ = π/2 r rS 2 rS ρ2 r vmax = 1 + ρ ≈ 1 + 2R3 4R3 Gli andamenti ottenuti sono caratteristici di un sistema non-inerziale24 e abbiamo visto che il discostamento è molto minore dell’unità per un buco nero supermassiccio. Sagittarius A∗ , il buco nero al centro della Via Lattea. Un tale esperimento potrebbe essere condotto ad esempio con l’ausilio di laser e oscilloscopio. 23 Notare che, nella regione R∗ < R < rS in cui è valida l’espansione di Fermi, queste velocità dipendono dal tempo τ in quanto R = R(τ ). 24 In coordinate di Kottler-Møller si ha, per un raggio che si propaga lungo l’asse x verso cui si sta accelerando vluce = 1 + a x dove a è l’accelerazione. La luce si propaga con velocità maggiore di c. Questo è un artefatto delle coordinate utilizzate. 21
22
16
4
Limiti di validità
Lo sviluppo (1.2) al secondo ordine è valido ovviamente finché il termine successivo è molto più piccolo del precedente. Nel nostro caso deve essere gµν,αβγ xα xβ xγ gµν,αβ xα xβ
(4.1)
Abbiamo visto che gµν,αβ corrisponde a Rµναβ , quindi gµν,αβγ corrisponde al gradiente del tensore di Riemann. Calcolando le quantità sulla geodetica in coordinate di Fermi abbiamo dimostrato che tutte le componenti non nulle del tensore di Riemann sono proporzionali a M/R3 ≡ K quindi se r è la dimensione caratteristica su cui stiamo lavorando la (4.1) si traduce in
dK 3 2
dr r Kr ovvero
d ln K
1 r
dr
(4.2)
Valutando questa condizione nel caso di geodetica radiale abbiamo 3r dR 3r ∂x1 ≡ 1 R dr R ∂y i dove x1 ≡ R è la coordinata di Schwarzschild e y i le coordinate spaziali di Fermi. Leggendo la (3.8) troviamo che dR/dr ∼ XT 0 = ε dove ε è una costante con le dimensioni di un’energia25 in unità di c. Possiamo porre ε = 1 e quindi abbiamo r 1 R 3 Questa condizione attesta che la metrica (3.9) è una descrizione accurata dello spaziotempo di un osservatore in caduta libera per una regione tanto più piccola quanto più ci si avvicina alla singolarità, com’è ragionevole aspettarsi.
5
Conclusioni
Le coordinate normali di Fermi si basano sul principio di equivalenza e permettono di avere una terna cartesiana trasportata da un osservatore in caduta libera, con la quale egli può descrivere lo spaziotempo in una regione di dimensioni ρ molto ridotte rispetto a quelle del buco nero. Tramite queste coordinate abbiamo derivato il fenomeno della spaghettificazione e dimostrato l’andamento 1/r3 delle forze mareali per un buco nero di Schwarzschild. Ne abbiamo concluso che un astronauta in caduta verso una singolarità di massa M , percepisce delle forze mareali pari a 1/M 2 sull’orizzonte degli eventi: 25
Corrisponde all’energia iniziale del corpo in caduta libera.
17
se M è molto grande, il passaggio è impercettibile. Inoltre, seguendo [3] abbiamo calcolato gli effetti distorsivi della sfera nella nuova geometria (3.10): il luogo dei punti a uguale distanza dal centro è schiacciato verso la direzione della singolarità. Abbiamo poi verificato che la velocità dei raggi di luce è sensibile alla direzione di osservazione θ in coordinate sferiche e assume valori massimo e minimo che hanno approssimativamente la stessa forma di quella calcolata in coordinate non-inerziali per i sistemi accelerati[6]. Queste coordinate possono essere utili per indagare il problema dei due corpi in relatività generale, in quanto si usa la metrica (3.9) come forma asintotica di quella percepita da una massa piccola nei pressi di una massa più grossa, in regime perturbativo[9]. Sono state inoltre utilizzate per descrivere gli effetti gravitazionali negli spettri dell’atomo di idrogeno, sempre in regime perturbativo[10].
18
A
Trasporto parallelo della base di Fermi-Schwarzschild
Dimostriamo in questa sede che la base e0 = T 0 ∂/∂T + R0 ∂/∂R e = X −1 R0 ∂/∂T + XT 0 ∂/∂R 1 e2 = 1/R ∂/∂θ e3 = 1/R sin θ ∂/∂φ
(A.1)
È trasportata parallelamente lungo la geodetica dell’osservatore in caduta libera radialmente, parametrizzata con τ . Per farlo dobbiamo considerare la lagrangiana del moto 1 = X(T 0 )2 − X −1 (R0 )2 (A.2) e quindi le equazioni di Eulero-Lagrange d (XT 0 ) = 0 dτ
XT 00 +
=⇒
2M 0 0 RT =0 R2
(A.3)
∂ ∂X 0 2 d (−2X −1 R0 ) = − (X −1 )(R0 )2 + (T ) =⇒ dτ ∂R ∂R (A.4) M M −1 0 2 00 0 2 =⇒ R + 2 X(T ) − 2 X (R ) = 0 R R Inoltre consideriamo i simboli di Christoffel per la metrica di Schwarzschild (scriviamo solo quelli che ci servono)26 Γ001 =
M −1 X R2
,
Γ111 = −
M −1 X R2
,
Γ100 =
M X R2
cos θ 1 , Γ221 = Γ331 = sin θ R µ Dello sviluppo eα = (eα ) ∂µ leggiamo le componenti da (A.1) e l’equazione del trasporto parallelo recita deµα + Γµργ eρα V γ = 0 dτ dove V γ = (T 0 , R0 , θ0 , φ0 ). Consideriamo la componente µ = 0 di e0 , si ha Γ332 =
e00 M M + Γ001 e00 V 1 + Γ010 e10 V 0 = T 00 + 2 X −1 T 0 R0 + 2 X −1 R0 T 0 = 0 dτ R R che è soddisfatta per la (A.3). Per la componente µ = 1 M M de10 + Γ100 e00 V 0 + Γ111 e10 V 1 = R00 + 2 XT 0 T 0 − 2 X −1 R0 R0 = 0 dτ R R 26
Vale a dire (T, R, θ, φ) = (x0 , x1 , x2 , x3 ).
19
che è soddisfatta per la (A.4). Consideriamo ora e1 . La componente µ = 0 d M M de01 + Γ010 e11 V 0 + Γ001 e01 V 1 = (X −1 R0 ) + 2 X −1 (XT 0 )T 0 + 2 X −1 (X −1 R0 )R0 = 0 dτ dτ R R perché è un’altra forma della (A.4). Per la componente µ = 1 si ha d(XT 0 ) M M de11 + Γ100 e01 V 0 + Γ111 e11 V 1 = + 2 X(X −1 R0 )T 0 − 2 X −1 (XT 0 )R0 = 0 dτ dτ R R in quanto d/dτ (XT 0 ) = 0 secondo la (A.3). Per quanto riguarda e2 , e3 la dimostrazione è triviale in quanto si tratta di sostituire i simboli di Christoffel: d 1 de22 1 1 1 + Γ221 e22 V 1 = + 2 R0 = − 2 R0 + 2 R0 = 0 dτ dτ R R R R de33 cos θ 0 cos θ 1 1 1 −R0 + Γ332 e33 V 2 + Γ331 e33 V 1 = − θ0 + R0 = 0 2 θ + dτ R sin θ sin θ sin θ R sin θ R R sin θ Come volevasi dimostrare, la base scelta è trasportata parallelamente lungo G.
20
Riferimenti bibliografici [1] Fermi, E. “Sopra i fenomeni che avvengono in vicinanza di una linea oraria” (1921). Nuovo Cim. 22, 176; [2] Misner, C.W, Thorne, K. & Wheeler, J.A. “Gravitation” (1972). Pag. (285-287) W.H. Freeman. San Francisco. 1973; [3] Manasse F.K, Misner, C.W. “Fermi normal coordinates and some basic concepts in differential geometry” (1963). Journal of Mathematical Physics 4,735; [4] Zee, A. “Einstein Gravity in a nutshell ” (2013). Princeton university press; [5] Poisson, E. “A Relativist’s toolkit, the mathematics of black hole mechanics” (2004). Cambridge university press; [6] Petkov V. “Propagation of light in non-inertial reference frames”. arXiv:gr-qc/9909081v7; [7] Bini D, Geralico A, Jantzen R.T. “Fermi coordinates in Schwarzschild spacetime: closed form expressions”. arXiv:1408.4947v1; [8] Blau M. “Lecture notes on general relativity”. Link; Pag. 132. [9] Manasse F.K, “Distortion in the Metric of a Small Center of Gravitational Attraction due to its Proximity to a Very Large Mass” (1963). Journal of Mathematical Physics 4, 746; [10] Parker, L. Pimentel, L.O. “Gravitational perturbation of the hydrogen spectrum” (1981). Physical Review Vol 25, n.12.
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