Tesi di Laurea - Mattia Perissinotto

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UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA – ROMA IUSVE ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO VENEZIA AGGREGATO ALLA FACOLTÀ DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE VENEZIA - MESTRE

TESI DI BACCALAUREATO IN SCIENZE E TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE GRAFICA E MULTIMEDIALE

Il packaging alimentare: da semplice contenitore, a potente strumento di persuasione

Relatore: Prof.ssa Greta Ruffino

Candidato: Mattia Perissinotto STC 5142

ANNO ACCADEMICO 2017/2018



INDICE

Abstract

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Introduzione

pag. 4

CAPITOLO 1 Il packaging: il contenitore di un prodotto

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1.1. L’imballaggio e le sue funzionalità d’uso

pag. 6

1.1.1. Cenni storici sull’evoluzione dell’importanza di un prodotto

pag. 7

1.2. Packaging come strumento comunicativo: le Esposizioni Universali

pag. 8

1.3. L’ascesa del packaging alimentare nell’era post-moderna: la rivoluzione dei supermercati self-service 1.3.1. Vendita alla “Piggly Wiggly” e il packaging design 1.4. Il futuro dei self-service store

pag. 10 pag. 11 pag. 14

CAPITOLO 2 Le funzioni del Packaging all’interno del campo alimentare

pag. 16

2.1. Funzione di protezione e di marketing del packaging

pag. 16

2.1.1. Funzionalità tecniche 2.2. Le funzioni comunicative

pag. 17 pag. 19

2.2.1. La funzione appellativa

pag. 20

2.2.2. La funzione persuasiva

pag. 22

2.2.3. La funzione informativa

pag. 25

2.2.4. La funzione massmediale

pag. 26


CAPITOLO 3 Un risvolto negativo del packaging: la pubblicità ingannevole

pag. 28

3.1. Regolamentazione giuridica a tutela dei consumatori e dei professionisti

pag. 28

3.2. L’inganno nel campo alimentare

pag. 30

3.3. Due casi di pubblicità ingannevole

pag. 36

3.3.1. Il caso Zuegg

pag. 36

3.3.2. Il caso Riso Scotti

pag. 38

CAPITOLO 4 Cibitas: un’applicazione a supporto del consumatore

pag. 40

4.1. Evoluzione tecnologica nell’era attuale

pag. 40

4.2. Perché un’applicazione e i suoi potenziali requisiti

pag. 42

4.3. Naming e logo del progetto

pag. 44

4.4. Le caratteristiche di Cibitas

pag. 46

4.4.1. Fase di lancio e schermata home

pag. 47

4.4.2. Sezione liste e sezione notizie

pag. 49

4.4.3. Sezione profilo

pag. 53

4.4.4. Sezione ricerca e scheda del prodotto

pag. 55

Conclusioni

pag. 60

Bibliografia

pag. 63

Leggi e normative

pag. 64

Sitografia

pag. 65

Elenco immagini

pag. 66


ABSTRACT

Quanto può incidere la comunicazione sull’acquisto di un prodotto alimentare? Che ruolo gioca il packaging e quali sono gli elementi che attirano un consumatore? La creazione di un packaging efficace comporta il dover creare un legame tra il prodotto e il consumatore e la comunicazione è l’attore principale di tale rapporto, ma non sempre questa svolge un ruolo corretto. L’obiettivo è quello di percorrere le tappe principali che hanno portato il packaging a diventare uno dei settori più importanti del panorama della comunicazione. Più in particolare si è voluto approfondire la tematica della pubblicità ingannevole, fenomeno che porta i consumatori ad acquistare in maniera superficiale e ad andare incontro ad un possibile imbroglio. Tuttavia, l’enorme crescita del campo delle applicazioni, potrebbe far sì che la creazione di una piattaforma in grado di dare la possibilità agli utenti di poter conoscere meglio ciò che acquistano, possa andare a contrastare questo fenomeno. How much could communication influence the purchase of a foodstuff? What is the role of packaging in this process and what are the elements that attract consumers? The creation of an effective packaging involves the creation of a bond between the product and its consumer and communication represents the principal actor of such relation, but sometimes it doesn’t work correctly. The main goal of this final dissertation is to cross and analyse the fundamental steps that have brought the packaging to become one of the most important sectors of the communication’s panorama. More specifically, the focus is on the theme of false advertising, phenomenon that lead consumers to purchase a product in a superficial way leading them into a possible cheating. Nevertheless, the enormous growth of the field of applications, could lead to the creation of a platform able to give to consumers the possibility to better know what they purchase and could possibly contrast the phenomenon of false advertising.

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INTRODUZIONE

L’uomo moderno è contraddistinto dalla sua tendenza al consumo di beni materiali, tanto che il mercato globale si è plasmato e dunque modificato affinché potesse essere in grado di soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori, curando il prodotto sotto ogni punto di vista, compreso tutto quello che avesse a che fare con la parte più superficiale di un bene materiale. Si sta qui inevitabilmente parlando di ciò che rappresenta il volto esterno del prodotto, dandogli un’identità e creando nel consumatore delle aspettative precise, ovvero, il packaging. Il settore del packaging è un settore molto ampio e che può essere inteso a più livelli, tra cui uno, quello probabilmente più competitivo sotto ogni punto di vista, ossia quello alimentare. Basti pensare alla vastissima quantità di prodotti alimentari che ogni giorno vengono acquistati. Ebbene, ognuno di quei prodotti, porta con sé uno studio approfondito di materiali incaricati alla conservazione del bene, nonché un ingente lavoro dal punto di vista concettuale, quello che è in grado poi di riuscire a trasmettere l’identità del prodotto, riuscire a renderlo interessante, in modo tale da convincere il consumatore all’acquisto. Ogni aspetto dell’imballaggio viene curato affinché venga a crearsi una vera e propria relazione tra il prodotto e il consumatore. A partire dalla forma che gli viene data, ai colori utilizzati, fino ad arrivare alle frasi che vengono inserite per arrivare alla sfera più profonda della persona, ovvero quella delle emozioni. Le emozioni infatti giocano un ruolo molto importante per questa industria, poiché a seconda del carattere o dello stato d’animo dell’individuo, egli è portato o meno ad avvicinarsi ad un certo tipo di prodotto piuttosto che ad un altro. Ed è proprio facendo leva sulle emozioni e sulla fiducia che il consumatore ripone nel marchio, che spesso alcune aziende mettono in atto quella che, in gergo tecnico, viene definita come pubblicità ingannevole la quale, da diversi anni va a danneggiare sia i consumatori, sia le altre aziende produttrici dello stesso genere di prodotti.

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Si tratta di un fenomeno il quale sostanzialmente induce il consumatore ad un acquisto, in quanto attratto da alcune caratteristiche che lo rendono più interessante rispetto ad un altro dello stesso genere, caratteristiche che però non corrispondono (o solo in parte), a quelle reali. Anche i competitors spesso si trovano minacciati dalla pubblicità ingannevole, poiché il proprio prodotto, conforme alle norme, potrebbe ritrovarsi discriminato e danneggiato dal momento in cui, quello che presenta una pubblicità ingannevole, viene maggiormente apprezzato. Nel panorama italiano, diverse associazioni senza scopo di lucro si sono mosse per riuscire a combattere questo fenomeno in grande diffusione sfruttando le nuove tecnologie, aprendo dunque delle piattaforme internet che siano in grado di informare i fruitori di quanto possa essere ingannevole ciò che leggono sulle etichette dei prodotti che normalmente acquistano. Ecco che questo elaborato si pone proprio come percorso che parte dagli eventi storici che hanno portato alla creazione vera e propria dell’industria del packaging, per arrivare a trattare poi le sue funzioni, a partire da quelle più superficiali e tecniche, fino ad arrivare ad approfondire quelle più profonde e che inducono all’acquisto il consumatore. Funzioni che toccano la zona più intrinseca della persona e che portano al verificarsi del fenomeno della pubblicità ingannevole. L’obiettivo principale è quello di fornire quante più informazioni possibili relative all’ascesa del packaging, andando ad analizzare tutti i suoi passaggi storici. Questo per dare una lettura più ampia del tema e comprendere al meglio il fenomeno della pubblicità ingannevole, ormai sempre più presente. Altro obiettivo è quello di riuscire a dare una possibile soluzione a questa problematica dovuta principalmente ad una mal informazione del consumatore, attraverso la creazione di un’applicazione in grado di dare gli strumenti necessari agli utenti per effettuare acquisti più consapevoli.

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Capitolo 1 IL PACKAGING: IL CONTENITORE DI UN PRODOTTO

1.1. L’imballaggio e le sue funzionalità d’uso

Per riuscire ad affrontare il tema del packaging e della sua evoluzione nei tempi moderni, è opportuno tentare di iniziare con il corso degli eventi che hanno portato questo settore ai livelli così come li conosciamo oggi. Packaging che viene generalmente inteso come la facciata esterna di un prodotto, ciò che gli conferisce un’identità unica e riconoscibile anche se posta in confronto a beni dello stesso genere. Questa tematica occupa una fetta molto ampia all’interno del mondo della comunicazione, per questo motivo, viene preso in esame solamente un ramo di questo settore, ossia quello alimentare il quale deve fare i conti con una vastissima gamma di beni e di strategie di vendita per riuscire a far emergere il proprio prodotto. Coloro che infatti si occupano di packaging nel campo alimentare hanno a che fare con una continua ricerca di originalità e innovazione non solo dal punto di vista visivo, ma anche dal punto di vista dei materiali che vengono utilizzati per il trasporto e conservazione del prodotto. A proposito dell’importanza che riveste questo settore, Silvia Biffignandi e Fabio Chiesa, autori del testo Il comparto alimentare e beverage. Produzione, consumo, packaging e 6


macchinari, in seguito a ricerche da loro eseguite, sono arrivati a verificare e sostenere che «l’industria del packaging è il terzo settore industriale per importanza nel mondo, preceduto solo dal settore alimentare e petrolchimico».1 A partire da questa affermazione è possibile confermare quanto detto in precedenza e aggiungere come il settore alimentare necessiti dell’industria del packaging e viceversa, formando quasi una relazione circolare nella quale l’uno non esiste senza l’altro. Tuttavia, affinché sia possibile comprendere più in profondità la rilevanza della questione, specialmente in ambito alimentare, risulta necessario approfondire le dinamiche che sono venute in generale a crearsi nel corso della storia, dall’antichità, fino ad oggi e che hanno permesso a questo ramo dell’industria di crescere e di svilupparsi nel modo in cui lo conosciamo attualmente.

1.1.1. Cenni storici sull’evoluzione dell’importanza di un prodotto Come affermato nel paragrafo precedente, tracciare un profilo storico dell’evoluzione del prodotto e dei metodi di trasporto e di conservazione, è rilevante per comprendere al meglio la tematica dell’imballaggio, sia da un punto di vista generale, sia nel campo alimentare. Secondo la definizione di imballaggio fornita dal Vocabolario Treccani, tra le diverse voci esso viene definito come un «qualsiasi involucro (tela, cesta, casse, scatole, ecc.) usato per racchiudervi e proteggere la merce da spedire e trasportare […]»2. Da un punto di vista storico, fin dall’antichità l’uomo ha da sempre avuto la necessità di contenere, trasportare e conservare i propri beni personali, tra cui soprattutto quelli alimentari, mettendo di conseguenza in atto delle strategie volte a questi scopi. Nel testo Handbook of Food Preservation, l’autore M. Shafiur Rahman, tratta la tematica della conservazione e del trasporto dei prodotti, includendo tra le diverse tecniche l’utilizzo, nell’antichità, di contenitori ricavati da materiali naturali come pelli di animale, cortecce d’albero oppure foglie e, successivamente, lo sfruttamento di materiali come il metallo e la terracotta. Dunque, a seguito della definizione fornita dal Vocabolario sopracitato, è possibile

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Biffignandi S. & Chiesa F., Il comparto alimentare e beverage. Produzione, consumo, packaging e macchinari, Milano, FrancoAngeli, 2011, p. 105. 2 Treccani, «Imballaggio», URL: www.treccani.it (17/04/2018).

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affermare che l’imballaggio presenta di per sé delle caratteristiche e delle funzioni base come la protezione dall’ambiente esterno e il trasporto da un luogo ad un altro, le quali possono essere riscontrate in modo analogo al giorno d’oggi.

1.2. Packaging come strumento comunicativo: le Esposizioni Universali

Il termine di packaging ha iniziato a far parte del vocabolario comune in seguito ad una profonda trasformazione dell’utilizzo dell’imballaggio verso la metà dell’Ottocento, nel quale il mondo occidentale si trova nel pieno della Rivoluzione Industriale, caratterizzata da una forte crescita dell’economia. Infatti, si è di fronte ad un periodo storico in cui l’imballaggio dei prodotti, se prima aveva una funzione puramente contenitiva e protettiva, ora invece inizia a comprendere anche una funzione persuasiva, la quale doveva dunque suscitare il desiderio di essere posseduta dal consumatore. Ilaria Ventura, autrice del testo Che cos’è il packaging e Valeria Bucchetti, autrice invece di La messa in scena del prodotto. Packaging: identità e consumo, si trovano di comune accordo nell’affermare che la svolta che ha permesso all’industria del packaging di iniziare ad esistere, coincide con le Esposizioni Universali, tenutesi per la prima volta a Londra nel 1851 e che tutt’oggi occupano un ruolo importante a livello mondiale, prendendo attualmente il nome di Expo. Poiché l’Europa occidentale si trovava in questo periodo ad affrontare la Rivoluzione Industriale, con le Esposizioni Universali si è assistito per la prima volta alla standardizzazione del prodotto, il quale non veniva più presentato come merce unica nel suo genere, ma differenziato grazie al modo in cui veniva posizionato all’interno di uno spazio e all’involucro che lo conteneva. Inizialmente le Esposizioni Universali avevano lo scopo di permettere all’industria di progredire, mettendo in mostra il prodotto facendogli però perdere la sua funzione principale ossia quella dell’uso, a discapito di un ruolo puramente a carattere esibizionista. Successivamente, grazie all’affermazione dell’industria nei diversi paesi europei, queste esposizioni hanno approfittato del loro successo popolare per rendere sensibile la società 8


rispetto a diverse tematiche, tra cui il lavoro, il benessere, fino a toccare argomenti come la salvaguardia dell’ambiente, al giorno d’oggi, spesso al centro delle questioni non più solo europee, ma anche mondiali. Dunque come affermato sopra, risulta a questo punto ancora più chiaro quanto, durante un evento come l’Esposizione Universale, l’uso del prodotto avesse perso quasi totalmente la sua funzione a favore di un altro scopo: l’esposizione e la messa in mostra del bene stesso. A tal proposito l’autrice Valeria Bucchetti, nel suo testo analizza l’importanza dell’immagine di un prodotto, sviluppando il concetto per il quale, il modo in cui esso si presenta attraverso il packaging, costituisce l’identità specifica che questo acquisisce differenziandolo dunque da altri beni anche dello stesso genere. L’autrice continua affermando che dunque, il packaging rende unico un prodotto, grazie alle tecniche comunicative che sono in grado di tradurre un’immagine simbolo in un tratto distintivo che rende particolare quel determinato bene, nominando tra le diverse tecniche utilizzate, proprio quella di creare un bisogno nel cliente, facendo sì che l’acquisto del bene in questione sia indispensabile. Pertanto, unire la funzionalità del prodotto alla sua immagine, la quale a sua volta crea un bisogno nel consumatore, comporta dunque la necessità di ideare tecniche e strategie sempre nuove, originali e sofisticate affinché tale comunicazione risulti efficace allo scopo. La Bucchetti, così come Michele Bondani, autore di Packaging Postioning. Vinci la guerra sullo scaffale, si trovano di comune accordo nel sostenere la precedente affermazione aggiungendo che, dal momento in cui la funzione dell’imballaggio di protezione del prodotto è passata in secondo piano rispetto alla comunicazione, risulta di fondamentale importanza creare sistemi che permettano di poter distinguere un determinato bene all’interno del mercato. Infatti «l’immagine è dunque la parte differenziante, sulla quale si deve intervenire per attribuire un’identità al prodotto che, altrimenti tenderebbe a confondersi con un suo omologo […]»3. Arrivati a questo punto della questione, è importante tracciare una linea di demarcazione tra la definizione di imballaggio citata nel paragrafo precedente, e quella di packaging utilizzata in questo paragrafo, in quanto, sempre facendo riferimento a quanto definito dal dizionario Treccani, il packaging è «il complesso delle modalità di imballaggio,

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Bucchetti V., La messa in scena del prodotto. Packaging: identità e consumo, Milano, FrancoAngeli, 2002, p. 42.

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confezionamento e presentazione dei prodotti da offrire al pubblico, dal punto di vista dell’impatto che tali operazioni e procedure possono avere sul pubblico stesso».4 Quindi, tale definizione va a confermare quanto sostenuto fino ad ora, ossia che il packaging non esclude in alcun modo le funzioni base di un imballaggio, al contrario esso le comprende rendendolo unico e desiderabile al pubblico. A seguito di quanto detto fino a questo momento, è possibile affermare che la “nascita” del packaging, sia scaturita dall’urgenza di poter differenziare i prodotti nel mercato, dovuta alla forte standardizzazione provocata dall’industrializzazione, prima europea e, in seguito, mondiale.

1.3. L’ascesa del packaging alimentare nell’era post-moderna: la rivoluzione dei supermercati self-service

Nel paragrafo precedente si è trattato del passaggio dall’utilizzo dell’imballaggio per scopi protettivi e contenitivi, all’utilizzo di questo come mezzo di comunicazione per creare un bisogno nel consumatore, prendendo appunto il nome di packaging. Se nella metà dell’Ottocento è possibile collocare lo sviluppo di questo nuovo modo di presentazione di un prodotto al pubblico, è solo in seguito alla Seconda guerra mondiale, intorno agli anni Cinquanta, che l’industria del packaging ha preso forma e ha raggiunto l’apice del suo successo in concomitanza alla nascita del packaging design, così come affermato dal ricercatore ed esperto Bill Stewart nel suo testo Professione: packaging designer. L’autore continua sostenendo che ciò è stato reso possibile grazie all’affermazione del marketing inteso come attività commerciale efficace e convincente per la vendita di un prodotto. Includere il concetto di amrketing all’interno della questione del packaging, trova la sua spiegazione nell’affermazione data dagli autori Gavin Ambrose e Paul Harris in Packaging the brand, poiché egli afferma che esso, meglio definito come marketing mix, comprende «L’insieme di attività volte a massimizzare la conoscenza e le vendite del prodotto […]»5. 4 5

Treccani, «Packaging», URL: www.treccani.it (17/04/2018). Ambrose G. & Harris P., Packaging the Brand, Worthing, AVA Publishing SA, 2011, p. 16.

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Gli autori definiscono nel loro testo quattro punti fondamentali, chiamandoli “le quattro P del marketing”, i quali nello specifico sono: il prodotto, il prezzo, la promozione e il punto vendita. Questi elementi a livello commerciale, sono dunque indispensabili per una buona vendita. Tuttavia gli esperti ritengono rilevante includere un quinto elemento occupato proprio dal packaging, poiché questo è in grado di influire i quattro punti precedenti. Collocare l’ascesa del packaging nel periodo successivo alla fine del Secondo conflitto mondiale, comporta inevitabilmente l’analisi dei progressi tecnologici di tale momento storico. Tenendo in considerazione la sfera alimentare come centro della questione, è impossibile non nominare l’invenzione di alcuni dispositivi tecnici a loro supporto come il forno a microonde e il frigorifero, i quali hanno influenzato l’industria del packaging per la creazione di imballaggi che fossero adeguati e sempre al passo con le nuove scoperte.

1.3.1. Vendita alla “Piggly Wiggly” e il packaging design Probabilmente la più grande innovazione, la quale ha effettivamente permesso all’industria del packaging di poter esistere, specialmente nella sfera alimentare, è stata la rivoluzione nella vendita al dettaglio. Più in particolare, tale cambiamento è avvenuto negli Stati Uniti, in una piccola cittadina nel Tennessee in seguito all’idea innovativa di Clarence Saunders, il quale nel 1916 ha aperto il primo punto vendita self-service della storia, chiamandolo appunto Piggly Wiggly. Fino a quel momento, la vendita dei prodotti avveniva in maniera totalmente diversa rispetto ad ora; infatti, le persone si recavano presso quelle che venivano chiamate drogherie nelle quali i clienti porgevano al commesso una lista di prodotti dei quali necessitavano, ed era lo stesso commerciante a prelevare la merce sfusa dal magazzino, per poi consegnarla ai clienti pesata e impacchettata. Quando si parla di self-service, in questo senso significa, stando a quanto definito dal Vocabolario Treccani, il fatto che il consumatore si reca direttamente presso un punto vendita e sceglie lui stesso la merce da acquistare, senza l’intervento di addetti o commessi, costringendo di conseguenza il prodotto a sapersi vendere da solo, attivando meccanismi di differenziazione nei confronti della concorrenza. In seguito all’innovazione di Saunders, altri si sono interessati al progresso della vendita self-service tendando di ampliare la varietà e assortimento dei prodotti forniti dalle 11


drogherie, fino all’introduzione, nel 1933, del termine Supermarket nel linguaggio comune, così come lo conosciamo oggi. Come affermato nel paragrafo precedente, il periodo successivo alla Guerra, è stato soprattutto per gli Stati Uniti, un momento di forte crescita economica che ha portato all’invenzione di nuovi dispositivi tecnici a sostegno delle famiglie, come il frigorifero e il forno a microonde, portando l’industria del packaging ad adattarsi alla modernizzazione della tecnologia. L’autore Bill Stewart, nel suo testo affronta proprio questa tematica dal punto di vista storico, affermando che in questo periodo «il packaging divenne il venditore silenzioso per la maggior parte dei prodotti, spesso l’unico strumento di comunicazione tra l’acquirente e il prodotto».6 Proprio perché è il consumatore ad effettuare l’acquisto in prima persona, vi è l’urgenza da parte del bene di essere in grado di persuaderlo sotto diversi punti di vista. A tal proposito l’autore stesso, così come la Bucchetti, sottolineano il fatto che, poiché le merci nei supermercati vengono poste in categorie, ora l’imballaggio diventa il vero e proprio volto del prodotto e dell’azienda, la quale necessita di conseguenza la creazione di un’immagine propria e riconoscibile di fronte a quelle concorrenti. Tuttavia, questa nuova tipologia di vendita è, in questo momento storico, ancora circoscritta all’area statunitense, in quanto in Europa si faceva i conti con i danni provocati dalla Guerra. Nonostante ciò, in Gran Bretagna già esisteva una catena di commercio nominata Sainsbury’s, la quale nel 1950 ha introdotto per la prima volta nel territorio europeo, il primo negozio self-service, fornendo ai clienti una guida completa su come effettuare acquisti all’intero del proprio store (Fig. 1).

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Stewart B., Professione: packaging designer, Modena, Logos, 2008, p. 28.

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Fig. 1: Locandina del primo Sainsbury’s self-service store.7

Dunque, in seguito alla rivoluzione nella vendita dei prodotti alimentari e di conseguenza nelle modalità di acquisto da parte dei consumatori, gli esperti finora citati, ritengono di fondamentale importanza l’apporto che il packaging ha dato a questo settore. Gli autori infatti parlano del riconoscimento del packaging design, nominato nei paragrafi precedenti, come disciplina autonoma nella quale l’ideatore del packaging stesso, chiamato packaging designer, dovrebbe porre la sua attenzione non solo alla sfera funzionale dell’imballaggio, inteso come strumento di protezione e trasporto, quanto più alla comunicazione, così come all’impatto visivo ed emozionale, fondamentali affinché venga colmata la mancanza del venditore, in modo da convincere il consumatore ad acquistare un determinato prodotto, solamente tramite alle sensazioni da lui suscitate. Tuttavia, è impossibile non tenere conto del fatto che la disciplina del packaging design, sia invece, come sostenuto da Erik Ciravegna, autore di La qualità del packaging, di «natura poliedrica che coinvolge differenti competenze e che implica molteplici intrecci disciplinari».8 L’autore approfondisce la sua teoria definendo il design della comunicazione, del prodotto e quello strategico, come alcune delle discipline che interagiscono con il packaging design, perché il prodotto finito sia così come si presenta sullo scaffale.

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Fonte: http://www.kamcityblog.com/2013/08/ (20.04.2018) Ciravegna E., La qualità del packaging. Sistemi per l’accesso comunicativo–informativo dell’imballaggio, Milano, FrancoAngeli, 2010, p. 45. 8

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1.4. Il futuro dei self-service store

Come si è potuto osservare nei paragrafi precedenti, l’acquisto tramite i self-service store, rappresenta oggi il principale metodo di acquisto di prodotti alimentari. In generale, specialmente nei settori non alimentari, l’acquisto presso punti vendita al dettaglio, pare in netto calo in quanto, soprattutto nell’ultimo decennio, ha preso piede un modo nuovo di vendere e acquistare, un metodo economico ma specialmente più comodo. Si sta parlando inevitabilmente dell’e-commerce, ossia in italiano, commercio elettronico. Stando a quanto affermato in un comunicato della Commissione UE 97/15, «Il commercio elettronico consiste nello svolgimento di attività commerciali per via elettronica. Basato sull’elaborazione e la trasmissione di dati (tra cui testo, suoni e immagini, video) per via elettronica, esso comprende attività disparate quali commercializzazione di merci e servizi per via elettronica […]»9. La definizione fornita dunque, fa intendere che tale modalità di commercio consiste in una vera e propria compravendita effettuata attraverso un qualsiasi dispositivo elettronico che sia dotato di rete mobile. Di conseguenza, la maggioranza delle grandi aziende, si sono mosse verso una sponsorizzazione sempre più imponente affinché l’acquisto dei prodotti online avvenga. Basti pensare ad una delle tante piattaforme internet che mettono in vendita qualsiasi tipo di prodotto, sia alimentare, che tecnologico o di abbigliamento, come ad esempio Amazon e E-bay, i quali hanno reso la pratica dell’acquisto online ormai quotidiano. Secondo una ricerca svolta dal Politecnico di Milano, viene affermato quanto in Italia la spesa effettuata con più regolarità sia proprio quella dei prodotti alimentari ma, nonostante ciò, l’e-commerce di questo settore è ancora poco utilizzato e sviluppato, anche se ai consumatori viene data la possibilità ad esempio di potersi far recapitare a domicilio la propria spesa. Lo studio effettuato dal Politecnico, individua come causa principale di rallentamento dell’ascesa di tale fenomeno, il fatto che nel mercato esiste una grossissima vastità di prodotti alimentari, ognuno con requisiti specifici di conservazione che potrebbero portare il prodotto

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Commissione delle comunità europee, comunicato 16-04-1997, n.COM(97)157

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a danneggiarsi durante il trasporto e che dunque renderebbero complessa la procedura di spedizione dopo l’acquisto via internet. Per questo motivo, secondo gli esperti, molte grandi aziende stanno investendo sempre di più sull’apertura di nuovi punti vendita, con l’obiettivo di facilitarne la spedizione ad un numero sempre più elevato di abitazioni di un determinato territorio, portando così le persone a dare maggiore fiducia a tale servizio. L’amministratore delegato di CRAI, una tra le più grandi aziende italiane di vendita al dettaglio di prodotti alimentari, ha dichiarato in un’intervista comparsa nel sito di “Milano Finanza”, la volontà da parte dell’azienda, di incrementare in un futuro prossimo, le vendite tramite il web. Infatti questa particolare impresa, offre ai suoi consumatori la possibilità di acquistare la spesa direttamente da casa, in aggiunta all’occasione di poter non solo ritirare gli acquisti nel punto vendita più vicino, bensì facendo anche far recapitare a domicilio la spesa in un breve arco di tempo. Tali considerazioni fanno capire quanto, nel giro di pochi anni, le modalità di acquisto e di vendita, siano nuovamente mutate tanto da cambiare le abitudini quotidiane di ognuno. Come già affermato in precedenza, in generale tutti i settori hanno cercato di adeguarsi alle nuove tecniche di vendita, con particolare difficoltà da parte del settore alimentare che sta ancora tentando di apportare innovazioni valide tali da rendere l’acquisto online soddisfacente come quello tramite un negozio fisico.

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Capitolo 2 LE FUNZIONI DEL PACKAGING ALL’INTERNO DEL CAMPO ALIMENTARE

2.1. Funzione di protezione e di marketing del packaging

Nel capitolo precedente si è potuto osservare come il packaging sia entrato a far parte della consapevolezza nelle spese quotidiane di ognuno, in seguito a profondi cambiamenti avvenuti nel corso degli anni a partire dalla fine dell’Ottocento, nel secondo dopoguerra e, inevitabilmente, fino al giorno d’oggi. Affinché fosse possibile capire al meglio l’importanza di questo ramo dell’industria, ritenuta come il terzo settore per importanza al mondo, è stato tracciato un percorso storico che ne spiegasse la sua origine e che, attraverso numerose trasformazioni, ha fatto sì che oggi l’imballaggio venisse definito anche con il nome packaging. Se fino a questo momento è stato preso in considerazione il lato storico della nascita e sviluppo di questo fenomeno, risulta ora importante analizzare in modo tecnico il packaging e le sue diverse categorie funzionali ampiamente condivise dagli esperti Philippe Devismes nel suo testo Packaging. Mode d’emploi e Ciravegna. Quest’ultimo infatti sostiene per l’appunto che «[…] l’imballaggio ha sviluppato nel corso del tempo le proprie funzionalità d’uso (contenimento, protezione, trasporto, conservazione ecc.), ma ha soprattutto ampliato e potenziato quelle espressivo16


comunicative, fino a divenire, nel panorama attuale del consumo, uno degli elementi più importanti della comunicazione di prodotto […]».1

2.1.1. Funzionalità tecniche Ebbene ora si entra nello specifico della prima grande categoria di funzionalità inerenti alla costituzione di un packaging, ovvero le cosiddette funzionalità tecniche o funzionalità d’uso, le quali hanno come obiettivo mantenere intatte l’efficienza per la quale l’imballaggio è stato creato. Stando a quanto affermato da Ciravegna, all’interno di questo grande gruppo è ulteriormente possibile comprendere due micro categorie di funzionalità, le quali sono rispettivamente: la funzione prestazionale e la funzione operativa. Secondo l’autore la prima fa riferimento a tutti quei fattori che sono inerenti alle tipologie di materiali utilizzati e che hanno dunque lo scopo di assicurare «[…] che il prodotto contenuto sia conservato, protetto, trasportato, stoccato, distribuito e posto in vendita senza subire danneggiamenti […]»2, accompagnandolo quindi lungo tutto il suo ciclo di vita, a partire dalla sua fabbricazione, fino alla consumazione finale. Come si è visto nel capitolo precedente, in generale le drogherie sono stati i punti vendita che hanno preceduto i supermercati, presso le quali i consumatori si recavano per acquistare prodotti freschi, da consumarsi in un lasso di tempo relativamente breve. Ebbene, l’arrivo dei self-service store e l’avanzare delle nuove tecniche di imballaggio in campo alimentare hanno permesso di rivoluzionare il concetto di conservazione, dando vita ai packaging, definiti in modo tecnico, come funzionali. L’esperto Barbanti sostiene che, quando si parla di imballaggio funzionale, si sta parlando di una tipologia particolare la quale «[…] indica quelle soluzioni di packaging nelle quali si prevede l’impiego di un materiale, un contenitore o un accessorio di imballaggio in grado di svolgere una funzione attiva e aggiuntiva rispetto a quelle tradizionali di contenimento e generica protezione del prodotto»3.

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Ciravegna E., La qualità del packaging. Sistemi per l’accesso comunicativo-informativo dell’imballaggio, Milano, FrancoAngeli, 2010, p. 29. 2 Ivi, p. 36. 3 Barbanti D., L’imballaggio funzionale: “Active” & “Intelligent” packaging, Corso integrato d’area: gestione e controllo qualità industrie alimentari, Università di Parma, 2011.

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Attualmente non risulta importante solo la tipologia di materiale usato per un imballaggio che permette al prodotto di potersi conservare più a lungo, bensì pare altrettanto fondamentale anche la forma stessa del packaging, che permette ad esso di essere accessibile al consumatore, facile da utilizzare e maneggiare, in altre parole dunque, efficace ed efficiente. Sono stati effettuati recenti studi in un articolo della rivista “Il Latte”, la cui autrice Barbara Merlo, sostiene l’esistenza di alcune nuove categorie di imballaggio funzionale che oramai sono entrate a far parte del quotidiano, tra cui gli imballaggi attivi, ovvero quelli che attraverso il rilascio di sostanze chimiche permettono una conservazione più lunga del prodotto. Inoltre è possibile individuare la categoria degli imballaggi intelligenti, i quali hanno come unico scopo quello di fornire le informazioni precise circa il prodotto. Infine, un’ultima categoria individuata dall’autrice è costituita da quelli che vengono definiti smart packaging. Il significato letterale del termine riporta inevitabilmente alla categoria sopra descritta, benché il senso sia assai diverso. Infatti, gli smart packaging sono degli imballaggi che includono delle funzioni che permettono un utilizzo trasformato dei prodotti, poiché presentano delle caratteristiche precise nei materiali, le quali permettono loro, per esempio, di essere introdotti nei forni, oppure di rilasciare sostanze capaci di riscaldare o raffreddare il contenuto del prodotto in questione al momento desiderato. La seconda categoria di funzionalità del packaging individuata da Ciravegna è costituita dalla funzione operativa, nella quale entra in gioco la capacità dell’esperto nel creare un imballaggio in grado di dare la possibilità al cliente di poter usufruire del prodotto in più momenti e non nell’immediato come avveniva in passato. Ancora meglio, l’imballaggio ha qui lo scopo di dare un valore aggiunto al packaging, creando una sorta di interazione con il cliente, tramite infatti diverse e infinite variabili attraverso le quali è possibile la creazione di tale rapporto. Si prenda ora in considerazione la bottiglietta d’acqua dell’azienda Levissima denominata “Levissima issima” (Fig. 2), come esempio eclatante per questa affermazione. Il prodotto in questione si presenta con un packaging ridotto e dunque trasportabile ovunque grazie alle sue dimensioni da 0,33 cl. (al pari del contenuto di una qualsiasi bevanda in lattina). In più l’imballaggio propone un tappo richiudibile, chiamato nello specifico squeezable, permettendo la fuoriuscita dell’acqua solamente attraverso il gesto di “strizzatura” della bottiglietta stessa. Quindi, nel caso in cui quest’ultima venisse posta 18


aperta e con il tappo rivolto verso il basso, il contenuto non si disperderebbe.

Fig. 2: Bottiglietta Levissima Issima.4

Riassumendo, la sua dimensione insieme al tappo appositamente ideato, racchiudono in un unico prodotto tre elementi a lui indispensabili: efficacia, efficienza e soddisfazione. Queste componenti possono essere misurabili dal momento in cui la dimensione della bottiglia permette al cliente di poterla trasportare e consumare ovunque e senza complicazioni, evitando allo stesso tempo complicazioni dovute ad un eventuale dispersione del contenuto. In conclusione, la facilità e la soddisfazione che il cliente manifesta attraverso l’utilizzo di un prodotto, è in grado di determinare il grado di interazione che si è creata tra le due parti.

2.2. Le funzioni comunicative

Fino ad ora in questo capitolo si è parlato dell’importanza dell’imballaggio come strumento

4

Fonte: https://www.levissima.it/acqua/issima/ (20.04.2018).

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di conservazione di un prodotto nel campo alimentare. D’ora in poi risulta necessario tenere in considerazione tutto ciò che, al contrario, ha a che fare con la sfera comunicativa poiché, laddove non arriva la tecnica, subentra invece la comunicazione a completare il tutto. Al fine di riuscire ad approfondire al meglio tale questione, pare opportuno nominare le diverse funzioni comunicative che, insieme, sono in grado di dare luogo ad un packaging efficace. Le funzioni che vengono prese in considerazione sono quelle individuate dagli autori Ciravegna, Bucchetti e Ventura nel corso delle loro ricerche, nello specifico, la funzione appellativa, persuasiva, informativa e massmediale.

2.2.1. La funzione appellativa Tra le prime funzioni individuate da Ciravegna in La qualità del packaging. Sistemi per l’accesso comunicativo-informativo dell’imballaggio, è possibile collocare la cosiddetta funzione appellativa o di allerta e attrazione. Anche l’autore Antonino Provenzano affronta in parte questa tematica sostenendo che di fatto questa funzione ha a che fare con il suo carattere di interesse nei confronti del cliente. Viene a formarsi un meccanismo attraverso il quale egli viene attratto a distanza verso un determinato prodotto in quanto questo presenta delle caratteristiche che lo spingono ad avvicinarsi e osservare meglio ciò che gli esperti Bucchetti, Ciravegna e Ventura concordano nel definire come area primaria di un prodotto. Nello specifico si tratta della parte frontale e immediatamente riconoscibile prima ancora di un qualsiasi contatto. Quest’area ha lo scopo, attraverso il logo, immagini e scritte ben precise, di rendere sostanzialmente quell’oggetto più interessante e desiderabile rispetto ad un altro. Risulta a questo punto chiara e necessaria l’interazione tra il prodotto e il consumatore del quale si parlava precedentemente. Per questo motivo gli esperti che si occupano della creazione di un packaging, tengono conto anche dello spazio fisico all’interno del quale il prodotto viene riposto. Gli autori Gavin Ambrose e Paul Harris, nel loro testo Packaging the brand, riconoscono la presenza di una sfida ancora più ardua dovuta alla grande presenza di generi alimentari molto simili tra di loro i quali rendendo difficile per il prodotto, spiccare rispetto ad un altro. Gli autori parlano dell’importanza della posizione in cui i prodotti vengono riposti, vista la standardizzazione degli spazi commerciali caratterizzati da scaffalature e illuminazioni 20


uguali in tutti i punti vendita. Esiste una materia specifica che si occupa proprio di sviluppare alcune tecniche in grado di evitare che i prodotti diventino “invisibili” agli occhi del consumatore. Antonio Provenzano è l’autore di Visual Merchandising. Dal marketing emozionale alla vendita visiva e, proprio nel suo testo, affronta questa tematica sviluppando una teoria attraverso la quale afferma che «Il packaging, con il suo complesso apparato cognitivo e sensoriale, usa in uguale misura design, grafica e marketing sensoriale»5, sostenendo inoltre che tutte queste caratteristiche fungono da guida non solamente per il cliente ma anche per colui che egli definisce tecnico del display. Risulta importante ora soffermarsi sul significato del termine display qui utilizzato. Secondo l’autore, il display, nel campo del merchandising, rappresenta di fatto uno spazio che può essere di diverso genere (uno scaffale, una vetrina, ecc.), nel quale il prodotto viene letteralmente messo in mostra. Infatti, la traduzione dall’inglese di questo termine deriva da to display, ossia mettere appunto in mostra qualcosa e, colui che si occupa di questo, viene chiamato tecnico del display, ovvero una figura professionale che ha il compito di organizzare la merce mettendo in atto delle vere e proprie strategie di vendita. Una delle strategie che generalmente viene utilizzata da queste figure professionali, è quella di puntare sulla sfera emozionale del consumatore, tecnica proveniente da una categoria specifica del merchandising, ovvero il Visual Merchandising. L’autore ipotizza una definizione di questo ramo del merchandising, includendo nella sua spiegazione tutte quelle attività messe in atto da un punto vendita, le quali hanno l’obiettivo di influenzare il comportamento dei consumatori in modo da convincerli all’acquisto di prodotti, provocando di conseguenza un incremento dei profitti e della redditività. Più in particolare, Provenzano afferma che «[…] l’esposizione delle merci altro non è che la composizione di una forma nuova realizzata per stimolare il potenziale cliente».6 L’autore continua sostenendo che risulta necessario da parte delle aziende valutare quali possono essere le strategie migliori da mettere in atto affinché nulla, nello spazio commerciale venga lasciato al caso. Infatti, basti pensare ad alcuni prodotti di abituale consumo come vengono appositamente riposti in angoli diversi del supermercato, proprio

5

Provenzano A., Visual Merchandising dal marketing emozionale alla vendita visiva, Milano, FrancoAngeli, 2012, p. 104. 6 Ivi, p. 24.

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con lo scopo di far vagare il consumatore alla loro ricerca, il quale inevitabilmente si troverà di fronte a prodotti di diverso genere, aumentando così la probabilità di un cosiddetto acquisto d’impulso, che sta a significare la decisione di acquisto di merci, lì sul momento. Per quanto concerne la disposizione dei prodotti sugli scaffali, Provenzano concorda con Ciravegna circa l’importanza della creazione di un’interazione tra il cliente e il consumatore, in quanto a differenza del passato in cui era il droghiere a fungere da intermediario del prodotto, ora è quest’ultimo responsabile di riuscire a saper comunicare senza un mediatore. Inoltre, risulta importante tenere conto anche della posizione che la merce occupa su uno scaffale. Gli autori Provenzano e Ciravegna sono di comune accordo nel sostenere che anche il punto esatto in cui è posta la merce non viene lasciato al caso. In seguito a ricerche da loro eseguite e riportate nei loro testi, è possibile sostenere che le aziende effettuano delle vere e proprie ricerche di marketing con l’biettivo di riuscire a dare maggiore visibilità al proprio prodotto. Si prenda ipoteticamente in considerazione un prodotto che viene posizionato all’altezza degli occhi del consumatore. Ebbene, tale prodotto potrebbe essere potenzialmente più visibile rispetto ad un altro, aumentando la probabilità di acquisto dello stesso, a discapito di altri che al contrario si trovano in posizioni considerate meno efficaci come, ad esempio, un ripiano all’altezza dei piedi, al contrario invece di quello all’altezza delle spalle. Per quanto riguarda invece le aziende già affermate, possono permettersi anche di occupare una sezione intera di scaffali con l’accompagnamento di banner pubblicitari o striscioni rappresentanti il logo, senza doversi preoccupare di una mancata vendita dei prodotti posti nei ripiani più bassi o più alti, grazie appunto alla notorietà a livello commerciale dell’azienda in questione.

2.2.2. La funzione persuasiva Altrettanto importante alla funzione appellativa, si colloca la funzione di persuasione, nella quale il cliente entra in un vero e proprio contatto fisico con il prodotto da lui precedentemente selezionato. In questa fase lo afferra, lo esamina e si accerta che le sensazioni percepite e ciò che dell’aria primaria ha potuto vedere a distanza, siano conformi a quello che stava inizialmente cercando. Dunque lo esplora, lo maneggia ed entra in contatto anche con altre due aree individuate dalla Bucchetti, ossia l’area secondaria, posta 22


generalmente sul retro e adibita alle informazioni del prodotto, e infine l’area così definita come cerniera, la quale potrebbe o meno contenere informazioni aggiuntive circa il prodotto. È necessario ora soffermarsi su una definizione più approfondita di queste tre aree, in quanto svolgono un’attività fondamentale in questa fase di presa in esame del prodotto da parte del cliente. Come affermato in precedenza, l’area primaria è quella che prima delle altre, è in grado di attirare il cliente, grazie alla rappresentazione esplicita dei contenuti di quel prodotto. I contenuti del quale di sta parlando, corrispondono rispettivamente al nome, alle immagini, segni grafici che rimandano al contenuto di quell’oggetto. L’area secondaria segna il passaggio in cui il consumatore afferra il prodotto e decide di esaminarlo anche nella sezione posteriore, nella quale vengono inserite tutte le informazioni relative al contenuto dell’imballaggio, al suo funzionamento oppure alle sue componenti. Infine, l’area cerniera non ha una funzione propria di visione, piuttosto si può sostenere che funga da legatura tra le due aree sopra definite. Infatti, in questa sezione è possibile riscontrare elementi comunicativi (contenuti nell’area primaria), sia segni di tipo informativo (caratteristici dell’area secondaria), creando in questo modo continuità tra le due parti. L’area cerniera ha in più la caratteristica unica di essere utile non solo per il destinatario finale, ma anche per rendere più facilmente riconoscibile il prodotto nella fase di stoccaggio o di trasporto dello stesso. A questo punto pare chiaro quanto, il lavoro del designer del packaging, il quale ha lo scopo attraverso il prodotto di persuadere il cliente ad acquistarlo, risulti complesso. Nicoletta Cavazza, all’interno del suo testo Comunicazione e persuasione, definisce la fase persuasiva «[…] come un processo di comunicazione nel quale una fonte presenta argomenti e fatti, ragionamenti e conclusioni diretti a indurre un cambiamento del ricevente».7 L’autrice sostiene dunque che i designer sono delle figure che possono essere in grado di modificare o influenzare le scelte dell’acquirente, trasmettendogli, talvolta inconsciamente, segnali che puntano dritti alla sua sfera psicologica. La psicologia si è interessata e aperta nei confronti di questa tematica, fornendo al mondo della pubblicità mezzi di persuasione i quali, attraverso dettagli impercettibili a livello 7

Cavazza N., Comunicazione e persuasione, Bologna, Il Mulino, 2009, p. 13.

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conscio, sono in grado di condizionare le scelte del consumatore, che saranno tutt’altro che autonome e personali. Anche i colori possono avere una forma di potere nella sfera psicologica, come quanto sostenuto dall’antropologo e specialista Michel Pastoureau il quale, nel suo libro Il piccolo libro dei colori, afferma che i colori hanno una funzione molto precisa nelle scelte di ognuno, poiché essi hanno infiniti messaggi nascosti che veicolano i comportamenti, il linguaggio e l’immaginario simbolico personale. La persuasione include inevitabilmente altre due funzioni inizialmente individuate da Ciravegna, rispettivamente quella identificativa ed evocativa. Stando a quanto affermato dall’autore, «[…] la confezione è in grado, attraverso l’insieme delle proprietà sensoriali e semantiche, di attribuire al prodotto specifiche caratteristiche, facendo sì che esso sia associato a una categoria merceologica, […], a una fascia di destinatari […], a un produttore, a un’azienda o a una marca specifici […], a un posizionamento e così via».8 Secondo l’autore dunque, il packaging diventa un elemento immediatamente riconoscibile al pubblico grazie a quei tratti che lo distinguono dagli altri prodotti, anche dello stesso genere e chiedersi in che modo l’immagine rimanga intatta e perduri nel tempo, è un quesito tutt’altro che scontato. Ciravegna, così come anche Bucchetti, sostengono che non solo le informazioni scritte giochino un ruolo importante in questa fase di persuasione, bensì anche il colore e la forma del packaging stesso. Gli autori, tra cui anche Pastoreau, affermano quanto ogni colore sia capace di rimandare ad una caratteristica precisa di un prodotto, a partire dal prezzo fino ad arrivare al target al quale si riferisce. Basti pensare all’utilizzo del colore oro nella merce che vuole richiamare il lusso e l’alta qualità, oppure il colore verde il quale invece attira coloro che sono attenti alla salute e alla salvaguardia dell’ambiente. Molte aziende hanno fatto del colore la propria identità, ma non solo il colore gioca un ruolo fondamentale di identificazione ed evocazione. In questa prospettiva, anche la forma del prodotto ha assunto nel tempo notevole importanza. Così come il colore, la forma è in grado di rimandare non solo ad un determinato prodotto, bensì anche ad un’intera categoria, in modo tale da far sì che se un consumatore si trova di fronte ad un prodotto che presenta 8

Ciravegna E., op. cit., p. 40.

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specifiche caratteristiche sa, ancora prima di afferrarlo, di avere a che fare una categoria piuttosto di un’altra. È impossibile non tenere conto ora di un’ultima funzione inerente alla persuasiva, ovvero quella evocativa. Nello specifico questa fa riferimento a tutto ciò che ha a che fare con la sfera personale del consumatore. Mentre la funzione identificativa rimanda ai caratteri denotativi del prodotto che lo definiscono nel mondo esterno con i suoi requisiti oggettivi e riconoscibili da tutti, la funzione evocativa si rifà alla dimensione più interna di ognuno e si riferisce dunque ai caratteri connotativi che non necessariamente hanno a che fare con l’oggetto in sé, ma solo con ciò che gli fa provare. In conclusione, la persuasione in generale, ha il compito di sedurre il consumatore al fine di farlo acquistare un determinato prodotto. Affinché questo avvenga, gli esperti mettono in atto strategie che aumentano potenzialmente la probabilità di acquisto, facendo leva sui cinque sensi della persona, oltre che alla sua sfera psichica ed emozionale.

2.2.3. La funzione informativa Quando si parla di funzione informativa si intendono tutti quegli elementi che testualmente vengono inseriti sulla confezione, con l’obiettivo di rendere note ai clienti, tutte le informazioni sul prodotto, sul produttore e anche sulle caratteristiche della confezione stessa, rendendo questa funzione importante poiché anche grazie alle informazioni inserite, è possibile tracciare ulteriori distinzioni con prodotti dello stesso genere. Ciravegna, nel suo testo sostiene che questa funzione possa avere tre diverse sfaccettature a seconda del fatto che l’informazione sia primaria, secondaria o accessoria. Nel primo caso, è chiaro che si parli di informazioni che comprendono messaggi che hanno lo scopo finale di tutelare innanzitutto la salute e la sicurezza del consumatore e dunque saranno contenute indicazioni circa la scadenza e avvertenze di diverso tipo. Questa funzione è fondamentale poiché tali indicazioni devono evitare un eventuale inganno da parte delle aziende produttrici. Per quanto riguarda il secondo caso, le informazioni puntano ad aumentare la conoscenza e consapevolezza del consumatore riguardanti nozioni più specifiche del prodotto come ad esempio la tipologia di materiale usata per il packaging, oppure le proprietà positive di una 25


delle componenti alimentari inserite in quel determinato prodotto. Infine, nel terzo caso, le funzioni accessorie hanno lo scopo principale di fornire nozioni di ulteriore approfondimento sul prodotto. Tenendo conto delle tre aree del packaging esposte nei paragrafi precedenti, appare chiaro quanto questa funzione faccia parte dell’area secondaria sopra descritta e dunque generalmente posta nel retro dell’imballaggio ed è fondamentale che le aziende rientrino nei parametri previsti dalla legge, così come descritto da Ciravegna. L’autore afferma che perché un’etichetta sia valida, è necessario che presenti principalmente tre caratteri, ovvero quello di rintracciabilità, percepibilità e comprensività È importante che nella confezione sia facile accedere alle informazioni limitando il più possibile il numero di gesti da parte del consumatore nella ricerca di queste ultime. In secondo luogo è fondamentale che le avvertenze vengano progettate in maniera tale che siano leggibili, dunque importante risulta essere la dimensione del testo, la tipologia del font da utilizzare, il contrasto di colori tra la sezione scritta e lo sfondo. Infine, altrettanto importante pare essere sia la leggibilità dal punto di vista lessicale. L’autore continua sostenendo che, il cliente dunque deve essere in grado di riuscire a comprendere le informazioni, le quali devono essere riportate in modo chiaro, veritiero e andando anche a limitare l’utilizzo di termini troppo complessi i quali riuscirebbero ad essere decodificati solamente da esperti in materia. La Bucchetti tratta nel suo testo questione riguardo alla considerevole rilevanza della consapevolezza che il consumatore dovrebbe avere non solo del prodotto ma anche del packaging stesso. Infatti l’autrice afferma proprio che «Il destinatario deve oggi, in molti casi, essere iniziato all’uso, sia del prodotto, sia del suo imballaggio; deve capire cosa è, a cosa serve, come funziona».9

2.2.4. La funzione Massmediale La funzione massmediale è quella che permette al packaging di affermare la sua riconoscibilità ancor prima che il consumatore entri in contatto con esso. In questo senso, il packaging svolge un ruolo di attore massmediale, nel quale il

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Bucchetti V., La messa in scena del prodotto. Packaging: identità e consumo, Milano, FrancoAngeli, 2002, p.63.

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messaggio viene assorbito principalmente attraverso l’uso della vista. Gli esperti giocano proprio con la vista per costruire delle apposite campagne pubblicitarie a grande impatto comunicativo, tramite la creazione ad esempio di spot o cataloghi, nei quali il packaging (e di conseguenza il prodotto), vengono posti come principali attori di scena. La Bucchetti ha individuato principalmente due ruoli che il packaging può assumere all’interno dello scenario comunicativo. Nel primo caso, il packaging ricopre il ruolo di protagonista e dunque ne vengono enfatizzate tutte le caratteristiche in modo da renderlo più valido all’interno del mercato dei prodotti dello stesso genere. Nel secondo caso invece, il packaging svolge un ruolo secondario poiché la scelta da parte degli esperti è quella di costruire una storia intorno al prodotto stesso, facendolo comparire talvolta solo alla fine di uno spot pubblicitario, perché il pubblico lo memorizzi e lo ricolleghi quell’episodio ad esso. Si può dire questa funzione preceda tutte le altre descritte fino a questo momento e, in più, riguarda un momento che si trova all’esterno del luogo di vendita. Nell’ambiente esterno al punto vendita, dove è la pubblicità a svolgere il ruolo di comunicazione tra il mercato, le aziende e il consumatore, il packaging e il prodotto a lui connesso, vengono in qualche modo strumentalizzati per rendere in un secondo momento, quando il cliente decide di recarsi ad acquistare, possibili tutte le altre funzioni descritte e trasformarle in un prodotto vero e proprio, nonché in un profitto.

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Capitolo 3 UN RISVOLTO NEGATIVO DEL PACKAGING: LA PUBBLICITÀ INGANNEVOLE

3.1. Regolamentazione giuridica a tutela dei consumatori e dei professionisti

In seguito all’analisi effettuata circa le diverse funzioni del packaging che lo accompagnano dalla sua produzione fino al consumo finale, risulta ora necessario entrare in merito ad uno dei risvolti negativi relativi alle funzioni comunicative che, generalmente, i media definiscono come “packaging ingannevole”. Per packaging ingannevole si intendono tutte quelle azioni sleali che vogliono indurre il consumatore all’acquisto, tramite la messa in atto di strategie manipolative e che, di conseguenza, violano la legge. Nel capitolo precedente sono state prese in considerazione le diverse funzioni del packaging tra cui quella comunicativa, ed è proprio all’interno di quest’ultima che si può verificare questo fenomeno. È fondamentale sottolineare il fatto che a livello giuridico non esiste il termine sopra descritto, questa pratica sleale viene infatti compresa nel grande ramo della pubblicità che funge, in questa prospettiva, da vero e proprio alleato per l’inganno. Per questo è importante d’ora in poi analizzare la sfera pubblicitaria intesa nella sua 28


forma più generale e utilizzare il termine giuridico di pubblicità ingannevole il quale, di conseguenza, include anche tutte quelle pubblicità che possono comparire sulle confezioni di prodotti alimentari. Esistono delle norme specifiche che disciplinano questo fenomeno e che vanno a denunciare, nonché tutelare sia il professionista che il consumatore. Le norme che vengono prese come riferimento nei casi in cui si sia in presenza di un inganno pubblicitario che va ad influenzare in maniera scorretta un potenziale acquisto da parte del consumatore o che, al contrario, è in grado di ledere la concorrenza, sono rispettivamente il decreto legislativo 2 Agosto 2007, n. 145 in materia di pubblicità ingannevole (in sostituzione al decreto legislativo 25 Gennaio 1992, n.74) e il decreto legislativo 2 Agosto 2007, n. 146 relativa alle pratiche commerciali sleali tra le imprese e i consumatori (in sostituzione degli articoli da 18 a 27 del codice di consumo). Secondo l’art. 1 del d.lgs. 145/2007, in generale «La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta»1 e dunque tutto ciò che va contro a questi tre principi viene considerato scorretto. Proprio nell’articolo successivo viene spiegato cosa si intende per pubblicità ingannevole, ossia «qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta […]».2 Considerando che la pubblicità, sempre secondo lo stesso decreto, è intesa come un qualsiasi messaggio pubblicitario diffuso al fine di incoraggiare un trasferimento di beni, è possibile riscontrarlo anche in un supporto materiale, come una confezione3, allo scopo ultimo della vendita del prodotto pubblicizzato e dunque anche le azioni promozionali messe in atto all’interno dello stesso punto vendita nel quale il prodotto viene distribuito. Il d.lgs 146/2007, riguardante le pratiche commerciali, afferma e dichiara ingannevole qualsiasi pratica comprendente azioni, omissioni o comunicazioni, che un professionista mette in atto nei confronti del consumatore, tali da indurlo dunque all’acquisto di un determinato bene.4 Tuttavia il consumatore ha la possibilità, nel caso in cui voglia denunciare il fatto, di far 1

Art. 1 d.lgs. 145/2007. Art. 2 d.lgs. 145/2007. 3 Art. 8 Comma 10 d.lgs. 145/2007. 4 Art. 18 Comma 1 lettera d) d.lgs. 146/2007. 2

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avvalere il d.lgs 145/2007 in quanto, nell’art. 8 comma 2, infatti la denuncia alle autorità può essere presentata «[…] da qualsiasi soggetto od organizzazione ne abbia interesse […]»5, facendo dunque intendere che chiunque, non solo il professionista può far valere i suoi diritti tramite questo decreto, ma anche la persona singola. Stando a quanto definito sempre nell’art. 8 comma 2 del d.lgs. 145/2007, l’organo che si occupa di far rispettare tale decreto è chiamato Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, o meglio definito come Autorità Antitrust, la quale, in virtù di quanto affermato nell’articolo, ha il potere di intervenire non solo nei casi di denuncia sporta da terzi, bensì anche in altre circostanze differenti, tra cui la supervisione o semplice controllo che tale decreto non venga violato dalle aziende. In generale, in entrambi i decreti legislativi (145 e 146), sono presenti articoli che possono essere ricollegati alla materia di pubblicità ingannevole nella GDO, ossia grande distribuzione organizzata. In più, nei diversi commi vengono inseriti gli elementi principali che potrebbero indurre il consumatore all’acquisto tra cui: la composizione del prodotto, il metodo di realizzazione dello stesso, la sua origine oppure dichiarazioni di controllo effettuate su quel prodotto, elementi che inevitabilmente hanno a che fare non solo con la pubblicità del prodotto, ma anche con il suo supporto materiale ossia, il packaging. Tenendo conto di tale aspetto, è necessario analizzare ancora più nel profondo perché ha luogo il fenomeno della pubblicità ingannevole, quali possono essere i casi più eclatanti e soprattutto cosa spinge il consumatore all’acquisto. Nel capitolo precedente sono state esposte le principali funzioni del packaging e, facendo proprio riferimento a quanto affermato in precedenza, risulta chiaro quanto di fatto ci siano alcune aree che vengono sfruttate come tramite per tale pratica scorretta. E si sta parlando inevitabilmente di due delle funzioni precedentemente descritte, quella informativa e persuasiva.

3.2. L’inganno nel campo alimentare

Pietro Masi, autore di un articolo pubblicato nella Rivista di diritto alimentare AIDA, si è 5

Art. 8 comma 2 d.lgs. 145/2007.

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interessato alla tematica della pubblicità ingannevole in campo alimentare, tentando dunque individuare e definire alcune delle categorie che è possibile riscontrare maggiormente e che generalmente coinvolgono il consumatore medio. Inoltre, a tali tipologie di inganno, risulta interessante affrontare questa tematica tenendo sempre conto delle due funzioni: quella informativa e quella persuasiva. L’autore nel suo testo, ha a cuore l’informazione corretta utilizzata nell’etichettatura dei prodotti e dunque ritiene fondamentale che venga sottolineato il fatto di quanto «il settore dei prodotti alimentari si differenzia da altri […] per la natura dei beni e servizi coinvolti e per le caratteristiche dei potenziali destinatari dei messaggi».6 innanzitutto, l’autore ha individuato una prima categoria la quale contiene l’inganno circa la composizione di un prodotto alimentare. Nello specifico, si tratta di indicazioni che vengono date nei confronti di una presunta quantità di componenti genuine nel prodotto che talvolta potrebbero risultare poi essere assenti o comunque inferiori rispetto a quanto espresso nel messaggio pubblicitario. In questo caso quindi, il consumatore si sente attratto dalla proclamazione di ingredienti naturali o genuini che lo invogliano ad acquistare quella determinata merce. Si prenda in considerazione un ipotetico esempio. Nei casi in cui un consumatore si trovi di fronte ad una confezione di succhi di frutta dove nella parte frontale compare la dicitura “100% frutta”, una volta però presa meglio in visione l’etichetta posteriore contenente le reali componenti del prodotto, si scoprirebbe che in realtà la percentuale di frutta è molto inferiore rispetto a quella indicata nell’area primaria. È possibile far rientrare in questa categoria anche il “milk-sounding”, meglio specificato all’interno del sito Gift, più in particolare nell’articolo Milk Sounding, la parola all’Antitrust, nel quale il fenomeno viene definito come un uso scorretto della dicitura o di immagini puramente riferite al latte fresco, facendo così intendere che il prodotto scelto per la preparazione del prodotto sia fresco e quindi carico di valori nutritivi. Al contrario, il latte originariamente usato potrebbe essere più verosimilmente in polvere o concentrato proprio perché, per un processo industriale, pare impossibile l’utilizzo di quest’ultimo per la procedura. Masi nel suo articolo procede le sue affermazioni circa l’uso di alcuni ingredienti e la

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Pietro Masi., Pubblicità ingannevole, prodotti alimentari e prodotti geneticamente modificati, «Rivista di diritto alimentare (AIDA)», 2 (2008), n. 1, p.1.

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vendita di alcuni prodotti, definiti come salutari o destinati al consumo da parte di soggetti con intolleranze, senza avere in realtà tali benefici. Nello specifico si sta parlando della categoria di inganno nominata “free-from”, la quale si riferisce a tutte quelle diciture che escludono la presenza di determinati ingredienti o l’eventuale aggiunta di altri, con lo scopo di dare un’immagine diversa al prodotto. Entrando ancora più nel particolare, si tratta ad esempio dei casi in cui viene espressa l’assenza di glutine con la dicitura “senza glutine” o “in assenza di glutine” in prodotti che per loro natura già non lo possiedono, ingannando così il consumatore medio sulla diversità di quel prodotto rispetto a quelli dello stesso genere, attuando inoltre un’azione di concorrenza sleale. Vista la notevole importanza che le aziende danno alla sfera etica, è possibile introdurre un ulteriore fenomeno che ha a che fare con la tutela e salvaguardia dell’ambiente, ossia il “greenwashing”. Innanzitutto, questa tematica viene affrontata dagli autori Michele Crivellaro, Giampietro Vecchiato e Federica Scalco in Sostenibilità e rischio greenwashing, definendolo come «[…] un neologismo che indica l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientali da parte di un’organizzazione finalizzata alla creazione di un’immagine positiva per le proprie attività (o prodotti) o di un’immagine mistificatoria per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi».7 Come da definizione, questo fenomeno comprende l’uso scorretto di informazioni e richiami al mondo dell’eco-friendly, il quale, nella maggior parte dei casi, viene adoperato come mezzo per migliorare l’immagine dell’azienda che ne fa uso. Negli ultimi anni c’è stato un grosso aumento dell’interesse nei confronti delle questioni ambientali da parte non solo delle aziende, ma anche dei consumatori i quali sempre di più vogliono contribuire al sostegno dell’ambiente. A partire da ciò, diverse aziende sfruttano questa tematica per riscontrare maggior successo nei confronti del pubblico, senza però avere le qualità necessarie per definire i loro prodotti come ecologici. È sempre più facile infatti, trovarsi di fronte a prodotti riportanti claim a sostegno dell’ambiente, tramite anche la raffigurazione di dati e percentuali falsate, affinché appunto, l’immagine dell’azienda risulti più valida rispetto ad un'altra apparentemente meno interessata alle questioni

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Crivellaro M., Vecchiato G. & Scalco F., Sostenibilità e rischio greenwashing. Guida all’integrazione degli strumenti di comunicazione ambientale, Padova, Libreriauniversitaria.it, 2012, p.127.

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ambientali. Anche Fabio Iraldo e Michela Melis nel loro testo Green Marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato il valore della sostenibilità, hanno tentato di individuare i casi di greenwashing che si possono riscontrare maggiormente. Tra questi, gli autori hanno selezionato i casi in cui le informazioni a testimonianza della sostenibilità nei confronti dell’ambiente, non vengono poste sull’etichetta del prodotto oppure non appaiono sulle pubblicità. Gli autori parlano poi dell’eventualità in cui l’azienda faccia ricorso all’utilizzo di particolari immagini, le quali rievocano volontariamente il mondo green. In particolare, tale strategia viene definita come un «[…] ”tingere di verde” una semplice comunicazione commerciale»8 (Fig. 3).

Fig. 3: elenco di alcuni casi che si manifestano frequentemente sotto forma di greenwashing.9

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Iraldo F. & Melis M., Green Marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato il valore della sostenibilità, Milano, Gruppo 24 Ore, 2012, p.7. 9 Fonte: ibidem.

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Facendo un passo indietro alle categorie individuate dall’autore Pietro Masi circa i casi più eclatanti in cui è possibile riscontrare una pubblicità ingannevole, l’autore ha voluto dare importanza ad una sfera fondamentale del prodotto, ossia la sua provenienza e, soprattutto, le modalità attraverso cui esso viene realizzato. Masi a sostegno di questa tematica, afferma che «di fronte ai messaggi promozionali concernenti alimenti, il consumatore presta molta attenzione all’origine del prodotto e in particolare alle sue modalità di produzione, attribuendo grande rilievo alle promesse concernenti la genuinità, la naturalezza, il livello dei controlli produttivi, che pertanto, nel settore considerato, assumono un valore determinante nell’acquisto».10 Con tale affermazione, l’autore vuole dunque sottolineare quanta importanza il consumatore presta alle modalità attraverso cui il prodotto viene fatto, dando luogo ad un possibile inganno. Spesso capita che alcune aziende impieghino strategie, come l’adozione di immagini o diciture, che evocano meccanismi di produzione tradizionali, dando un valore aggiunto e dunque un’idea specifica di qualità del prodotto, generalmente superiore rispetto a quanto lo è nella realtà. Tra i casi più eclatanti individuati e sanzionati dall’ente AGCM, riguarda l’azienda multinazionale “Amica Chips S.p.a.”. Quest’ultima infatti, in seguito ad aver messo in vendita sul mercato italiano il prodotto “ELDORADA cotte a mano” (Fig. 4), è stata sanzionata dall’ente poiché le modalità di produzione non corrispondevano pienamente a quanto definito dalla dicitura. Nello specifico, l’AGCM ha sostenuto che «[…] il claim, così com’è, resta ingannevole e idoneo a sviare il consumatore da una consapevole scelta commerciale inducendolo a ritenere che le chips “cotte a mano” siano un prodotto di tipo artigianale e casalingo laddove, in realtà, […] la sua lavorazione, avviene pur sempre all’interno di un impianto industriale, ancorché con procedura differenziata».11

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Pietro Masi., Pubblicità ingannevole, prodotti alimentari e prodotti geneticamente modificati, «Rivista di diritto alimentare (AIDA)», 2 (2008), n. 1, p.3. 11 Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n. 25314, 3 Febbraio 2015.

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Fig. 4: grafica applicata alla confezione del prodotto “Amica Chips Eldorada” che riporta la dicitura sanzionata “Patate cotte a mano”.12

Masi sostiene che non solo le modalità in cui vengono realizzati i prodotti influiscono sull’acquisto del consumatore, bensì anche l’origine geografica gioca un ruolo importante. In tutto il mondo, sia nel campo alimentare che quello della moda, il “made in Italy”, evoca alta qualità e, nel caso specifico della sfera alimentare, non solo qualità ma anche tradizione, genuinità. Per questo motivo, sia in Italia che all’estero, trovarsi di fronte ad un prodotto che richiama una determinata area geografica, garantisce al consumatore un bene con qualità specifiche, realizzato attraverso particolari modalità di produzione. In questo caso l’inganno ha luogo dal momento in cui sulla confezione di un prodotto compare una dicitura o un’immagine che porta a confondere il cliente sulla vera origine del prodotto, il quale presenta determinati attributi solo se realizzato nella reale area di provenienza. Un importante ed eclatante fenomeno di pubblicità ingannevole, prende proprio il nome del nostro Paese e viene chiamato italian sounding, ovvero “suono italiano”, o comunque riguardante prodotti che appunto richiamano l’italianità.

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Fonte: ibidem.

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L’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, sostiene in un suo articolo, quanto tale strategia venga principalmente sfruttata all’estero, la quale consiste nel mettere in commercio prodotti che evocano la tradizione italiana, senza avere i requisiti per farlo. I paesi all’interno dei quali è possibile riscontrare questo fenomeno sono principalmente gli Stati Uniti e l’Australia ma, negli ultimi anni, pare che si sia esteso in altri paesi del mondo, andando a minacciare sotto certi versi anche l’esportazione, da parte del mercato italiano, dei propri prodotti a discapito di quelli spacciati per essi.

3.3. Due casi di pubblicità ingannevole

In questo capitolo fino ad ora si è parlato delle modalità più comuni attraverso cui potrebbe verificarsi un caso di pubblicità ingannevole. Si è anche accennato ad un caso specifico sanzionato dall’AGCM, ma ora pare opportuno entrare ancora più in merito alla tematica, affrontando due casi particolari, i quali sono rispettivamente delle aziende Zuegg e Riso Scotti S.p.A.

3.3.1. Il caso Zuegg L’azienda Zuegg è nota da diversi anni per la produzione di alimenti di origine naturale, tra cui confetture e succhi di frutta. Nel 2012 quest’ultima è stata segnalata dall’Associazione Altroconsumo, per poi essere successivamente sanzionata, in seguito all’accusa di aver posto sull’etichetta frontale del prodotto “confettura di frutta”, una dicitura non veritiera. Di fatto l’accusa è stata mossa dal momento in cui si è verificato che la dicitura posta sull’etichetta, “senza zuccheri aggiunti”, la parola “aggiunti” risultava di una dimensione nettamente minore rispetto al resto del claim “senza zuccheri” (Fig. 5). In più, nella sezione online del prodotto, quest’ultimo addirittura veniva presentato con l’unica dicitura “senza zuccheri”, per poi scoprire nel retro, la presenza della scritta “senza zuccheri aggiunti” (Fig. 6). Dunque, queste due modalità avrebbero potuto costituire una forma di inganno, 36


inducendo un qualsiasi consumatore medio a prendere come veritiera l’affermazione che tale prodotto non presentava zuccheri al suo interno, vista l’ambiguità con cui tale dicitura è stata posta sulle varie etichette. Per questo motivo, in seguito ad una sanzione pecuniaria di centomila euro, l’azienda ha convenuto alla rimozione delle diciture che avrebbero potuto portare ad un potenziale inganno.

Fig. 5: Etichetta fronte e retro, considerata ingannevole dall’Agcm.13

Fig. 6: pagina web dedicata al prodotto analizzato ove viene riportata solo la dicitura “Senza zucchero”.14

13 14

Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n. 23726, 11 Luglio 2012. Ibidem.

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3.3.2. Il caso Riso Scotti L’azienda Riso Scotti S.p.A., si occupa da anni nella vendita in campo alimentare di prodotti come pasta, riso e snack sempre a base di riso. Grazie alla presenza incisiva del testimonial Virginio Scotti, uno dei presentatori più famosi in Italia, la credibilità dei prodotti Scotti ha raggiunto un livello non indifferente. Tuttavia nel 2010 l’azienda ha deciso di produrre un nuovo tipo di pasta, riso e snack, inserendo una tipologia di fibra in grado di ridurre sensibilmente il colesterolo nel sangue. La campagna pubblicitaria effettuata, sia in televisione, che sul packaging dei prodotti e nel sito internet dell’azienda, ha portato alla luce un tratto comune, ossia appunto, la dicitura “con i Betaglucani dell’orzo che aiutano a ridurre il colesterolo”. Ebbene, se si osserva il packaging del prodotto (Fig. 7), è possibile notare la differenza di dimensione ridotta della frase, fatta eccezione per “ridurre il colesterolo” che, al contrario, appare in caratteri maggiori. A seguito dunque delle indagini effettuate, sono state mosse diverse accuse all’azienda Scotti, in quanto come professionista ha violato le norme del Codice del Consumo. L’utilizzo volontario infatti del termine “ridurre”, riportato a caratteri maggiori rispetto al resto, potrebbe infatti portare ad un eventuale inganno. In più, il Regolamento 20 Dicembre 2006, n. 1924/2006/CE del Parlamento e del Consiglio, ha sancito che le indicazioni nutrizionali non dovrebbero essere poste in maniera ambigua, proprio per evitare che i consumatori effettuino un acquisto dettato dall’impulso e incoscienza di quanto possa esserci di reale in quello che leggono sulla confezione. Secondo le indagini, il messaggio pubblicitario è dunque reputato fuorviante e soprattutto non veritiero. Sul packaging infatti, in una piccola sezione è specificato che assumendo una determinata quantità di prodotto si verifica la riduzione del colesterolo quando, al contrario, la quantità da loro indicata non è assolutamente sufficiente a garantire l’effetto promesso dall’etichetta. Per questi motivi, la Riso Scotti S.p.A. è andata incontro ad una sanzione pecuniaria di centoventimila euro.

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Fig. 7: Packaging del prodotto “PastaRiso Scotti attiva� che riporta la dicitura ingannevole.15

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AutoritĂ Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n. 21851, 1 Dicembre 2010.

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Capitolo 4 CIBITAS: UN’APPLICAZIONE A SUPPORTO DEL CONSUMATORE

4.1. Evoluzione tecnologica nell’era attuale

Il percorso che è stato preso in considerazione fino a questo momento ha avuto l’obiettivo di segnalare in maniera decisiva il modo in cui la comunicazione ha inciso nel campo alimentare nelle scelte di acquisto quotidiano di ognuno. Si è visto come un colore, una scritta o un materiale ben preciso, siano in grado di suscitare delle curiosità che, spesso e volentieri hanno a che fare con la sfera psicologica, e che infine inducono il consumatore all’acquisto vero e proprio. Il settore della comunicazione ha, nel tempo, indotto a creare ciò che viene definito con il termine “mediasfera”, la quale non è altro che lo spazio vitale dell’individuo che però viene sollecitato da parte dei dispositivi elettronici (televisione, computer e cellulare), ad avere sempre più bisogni in grado di essere condivisi dalla società circostante. Con la creazione dunque di domande e bisogni da parte dei consumatori, inevitabilmente il modo di vendere e di acquistare è mutato nel tempo, rendendo il processo sempre più veloce, standardizzato, pratico e comodo. E la tecnologia, proprio per far fronte a queste nuove dinamiche, si è mossa per riuscire a dare una risposta a tali bisogni tramite la creazione di portali virtuali capaci di permettere al processo sopra descritto di potersi realizzare. 40


Si sta parlando quindi della vendita online descritta nel primo capitolo, la quale, come si è potuto vedere, ha fatto sì che i consumatori debbano faticare sempre meno per riuscire ad ottenere un determinato prodotto, dandogli inoltre l’occasione di poterlo scegliere da un’infinita vastità di proposte. Si è parlato di siti internet che permettono la vendita e l’acquisto online, ma ora risulta indispensabile trattare un fenomeno che si è esteso a tutti i campi e, quindi, anche a quello alimentare, ossia l’avvento delle applicazioni per i dispositivi elettronici. Ebbene, attualmente esistono infinite applicazioni che permettono a chiunque di poter fare quasi qualsiasi cosa da un qualsiasi apparecchio elettronico, rendendo la realtà, sotto certi versi, della dimensione dello schermo dalla quale la si sta osservando. Ogni applicazione, di qualunque tipologia essa sia, permette infatti all’utente di estendere le sue capacità e dargli la possibilità di interfacciarsi ad un mondo più vasto in cui egli è il protagonista. Secondo infatti alcune statistiche svolte dalla piattaforma Hootsuite, pare che nella popolazione mondiale, composta di più di sette miliardi di persone, ben il 53% sia attivo su internet e che il 39% della popolazione mondiale utilizzi social media da dispositivi mobile. Queste statistiche sono state svolte con lo scopo di riuscire a far comprendere quanto, solo dall’anno precedente, l’attività svolta online sia aumentata sensibilmente, parlando infatti di un 7% in più per quanto riguarda l’utilizzo generale di internet e di un ben 14% in più per ciò che invece concerne l’uso di social media tramite mobile. La piattaforma non ha solo analizzato la media mondiale dell’ascesa di internet, ma anche la situazione italiana, la quale presenta delle percentuali impressionanti circa, per la precisione, l’utilizzo dei social media. Infatti, Hootsuite parla del fatto che nel nostro Paese, sono circa trenta milioni coloro che sono attivi sui social, corrispondenti dunque ad un 51% della popolazione. Altro dato interessante riguarda non solo l’uso dei social, ma più che altro la quantità di ore che in media un italiano spende su internet, stimato a circa sei ore giornaliere. Alla luce di queste statistiche e dati, è quasi impensabile non considerare la sfera del web come interfaccia principale per poter riuscire a dare una risposta ad una qualsiasi problematica. Nei capitoli precedenti si è parlato del cambiamento che la tecnologia ha portato nella promozione, vendita e acquisto di prodotti alimentari a partire dai materiali utilizzati per gli 41


imballaggi, la loro evoluzione, per arrivare poi a parlare della sfera comunicativa applicata sul packaging e l’importanza fondamentale che ha non solo la presenza fisica del prodotto sullo scaffale, ma anche il modo in cui esso viene promosso tramite la pubblicità. Ed è proprio a partire dalla pubblicità che si è arrivati a discutere e trattare in maniera approfondita la sfera negativa della comunicazione nel campo alimentare, ossia la pubblicità ingannevole e alcuni possibili casi di questa. In questo periodo storico in cui la realtà è composta di social media in grado di influenzare le scelte e la quotidianità di ognuno e dove la risposta a molte delle necessità attuali vengono soddisfatte tramite la creazione di applicazioni, anche per una problematica come l’avvento della pubblicità ingannevole nel campo dell’alimentazione, la creazione di una applicazione in grado di poter dare potere all’utenza nel riuscire a denunciare fatti come questo, potrebbe rappresentare una buona soluzione a tale fenomeno.

4.2. Perché un’applicazione e i suoi potenziali requisiti

Si è visto come l’utilizzo di internet sia diventato parte integrante della vita di ognuno e di come lo siano diventate le applicazioni, le quali permettono alla persona di poter fare quasi tutto: telefonare, videochiamare, mettersi in relazione anche con parti del mondo diverse, acquistare e vendere, rilassarsi e giocare, fotografare e, in generale, condividere con il resto del mondo parte della propria vita quotidiana tramite la creazione di una sorta di realtà virtuale che dà un’estensione di potenza e possibilità all’utente che ne fa uso. Per questo, anche nel caso del campo alimentare e, più in particolare della denuncia della pubblicità ingannevole, la creazione di un’applicazione potrebbe risultare un metodo efficace per far fronte a questa vasta problematica. L’obiettivo di questo progetto è proprio la realizzazione di una realtà virtuale in cui i consumatori sono i protagonisti e nella quale sono liberi di poter esprimere un giudizio nei confronti di un prodotto alimentare, nonché denunciare un possibile inganno con lo scopo, nel futuro, di riuscire a creare una vera e propria community basata sulla verità e trasparenza, nonché basata sull’obiettivo comune di riuscire ad informare il più possibile coloro che

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fanno uso della piattaforma, su quelli che possono essere i prodotti che presentano o meno delle caratteristiche ingannevoli. Si è visto precedentemente come quanto sia il consumatore medio colui che viene maggiormente colpito dall’inganno delle varie diciture e immagini poste sui packaging e, proprio per questo motivo, l’applicazione ipotizzata è rivolta a questo tipo di utenza, il cliente medio, quello che spesso e volentieri presta maggiore attenzione alla presentazione di un prodotto piuttosto che alle sue componenti. Ancora una volta è importante ribadire il fatto che il potere di valutazione e informazione riguardante ogni singolo prodotto inserito nella piattaforma è dato dall’utenza, la quale tramite una scala di gradimento può valutare il prodotto inserendo a sua discrezione e piacimento commenti relativi ad esempio la motivazione per cui ha espresso un determinato giudizio o per, appunto, denunciare o informare gli altri utenti di un possibile inganno nella presentazione del prodotto. Per far sì che però tale potere rimanga nelle mani dei consumatori, pare fondamentale che tale applicazione non venga sponsorizzata da aziende già affermate nella vendita di prodotti alimentari, proprio perché potrebbero manipolare commenti e giudizi con lo scopo di far emergere quelli della propria casa di produzione. Dunque la sponsorizzazione da parte di aziende e compagnie no profit potrebbero in questo senso costituire una soluzione ideale per la realizzazione del progetto in questione, poiché esse non hanno di per sé interessi di natura economica bensì hanno a cuore l’informazione generale libera e gratuita. Esistono diverse associazioni che si occupano di tutelare e informare i consumatori circa il fenomeno della pubblicità ingannevole, come ad esempio la” Federconsumatori, il sito “Io leggo l’etichetta” e “Il fatto alimentare”, i quali appunto potrebbero dare un contributo non indifferente con il progetto dell’applicazione a favore della creazione reale di una grande rete di informazione, che non si limita all’applicazione stessa ma anche all’inclusione di queste piattaforme, facendo passare in secondo piano gli interessi di tipo economico. Pare opportuno soffermarsi su una breve descrizione dei tre enti appena nominati. La Federconsumatori è di fatto un’associazione che opera a tre livelli, locale, nazionale ma anche europeo e presenta più sedi sparse in tutto il Paese. L’obiettivo principale è proprio quello dell’informazione e della tutela del consumatore, ed è per questo che regolarmente organizza incontri, dibattiti e conferenze al fine di raggiungere lo scopo iniziale. 43


Io leggo l’etichetta è invece una piattaforma online nella quale l’obiettivo finale è quello di portare i consumatori a prestare maggiore attenzione alle etichette dei prodotti, per arrivare a fare una spesa più consapevole. Infine, il Fatto Alimentare è un quotidiano online che tratta svariate tematiche in tema dell’alimentazione tra cui, per l’appunto, la pubblicità ingannevole. Per questo motivo quest’ultimo, nonostante le differenze tra i primi due enti nominati, condivide lo scopo dell’informazione dell’utenza.

4.3. Naming e logo del progetto

La scelta del nome di un’applicazione e del logo a lui connesso, rappresenta in generale una sfida poiché questi rappresentano in maniera definitiva la facciata iniziale di un qualsiasi progetto di questo tipo, facendo in modo che l’utenza associ il nome all’immagine e viceversa. Per questo motivo la scelta di un nome breve e facile da pronunciare, così come un logo non troppo complesso, costituiscono una strategia vincente per riuscire a imprimere nei fruitori l’aspetto dell’applicazione stessa. Trattandosi di un’applicazione la cui forza è data dalla circolazione di informazione tra i diversi utenti circa tematiche di tipo alimentare, con particolare attenzione al tema della pubblicità ingannevole, la scelta del nome è ricaduta sulla parola Cibitas. Di fatto si tratta della fusione tra la parola latina Civitas, ossia cittadinanza, comunità, che stanno a significare che coloro che ne appartengono sono individui che godono di diritti ma anche di doveri, e la parola cibo e dunque, il significato finale del nome Cibitas è proprio “comunità del cibo”. Per lo sviluppo del logo, gli elementi che sono stati inseriti tentano di richiamare la maggior parte delle caratteristiche e gli obiettivi del progetto che sono stati sopra elencati. Dunque l’immagine che è stata connessa a Cibitas, rappresenta in primo piano un sacchetto che vuole ricordare l’imballaggio di un pacchetto di patatine (il quale inevitabilmente racchiude il concetto di packaging in generale). Per far comprendere il senso di comunità sono stati inserti poi due elementi: il primo, al centro del sacchetto, rappresentante due icone

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di una chat intersecate tra loro e, sopra il sacchetto, tre forme circolari, le quali vogliono evocare la sensazione che siano tre teste rivolte allo stesso scopo. A livello più astratto, l’immagine nella sua interezza, vuole anche ricordare una colonna che potrebbe ricoprire più significati, tra cui il fatto che questa comunità del cibo ha come forza proprio l’unità che si crea tra gli utenti, oppure che la colonna portante del progetto è rappresentata dalla volontà di riuscire ad informarsi in maniera leale e veritiera l’un l’altro. È fondamentale soffermarsi ora sulla scelta dei colori utilizzati per il naming e per il logo in questione. I colori che avrebbero potuto meglio dare un senso al progetto, sono rispettivamente il blu, più in particolare la tonalità dell’azzurro, e il bianco. Dal punto di vista del significato cromatico, il blu esprime un senso di armonia e calma, in più esso viene ricollegato ai significati di lealtà e di costanza che in Cibitas sono connessi principalmente alla comunità che con questo progetto si vuole creare (Fig. 8). Il bianco invece ha l’inevitabile caratteristica di ricordare la purezza, la trasparenza e la semplicità. Dunque, qui si vuole fare riferimento alla conformazione dell’applicazione la quale presenta una qualità di praticità dal punto di vista del suo utilizzo.

Fig. 8: logo applicazione Cibitas.1

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Si fa infine riferimento al fatto che con Cibitas l’intenzione è quella di riuscire a creare una comunità in cui la trasparenza sta alla base di tutto il progetto e, il colore bianco, pare sia quello che meglio racchiude tale proposito. In conclusione, con il nome Cibitas, il suo logo e i colori selezionati, si è voluto far leva su tutti gli elementi principali che la caratterizzano, tentando di mantenere uno stile semplice e diretto.

4.4. Le caratteristiche di Cibitas

Nei paragrafi precedenti si è ampiamente discusso sui motivi che hanno portato allo sviluppo di un’applicazione come metodo efficace per far fronte alla tematica della pubblicità ingannevole nel campo dei prodotti alimentari. Ora pare fondamentale entrare in merito a quelle che sono le caratteristiche principali del progetto. Per la realizzazione dell’applicazione sono stati presi in considerazione diversi aspetti che hanno portato innanzitutto alla scelta di renderla gratuita ai consumatori, decisione presa affinché venisse evitata una selezione dell’utenza la quale, al contrario, dovrebbe essere libera di poter usufruire di questo servizio liberamente così come dovrebbe essere libera l’espressione di giudizio e votazione dei prodotti. Trattandosi di una piattaforma in cui la forza principale è data proprio dal circolo di informazione fornita dai consumatori, rendere quest’ultima a pagamento, sarebbe stata una notevole incongruenza con l’obiettivo finale. In più, il paradosso sarebbe emerso dal momento in cui gli enti sponsorizzanti del progetto hanno, come si è visto nei paragrafi precedenti, scopi tutt’altro che di natura economica. Cibitas si presenta inoltre, come servizio in grado di poter essere utilizzato in più dispositivi elettronici e, dunque, l’utenza può accedervi non solo dal cellulare, bensì anche da computer. Si tratta dunque di una piattaforma che in gergo tecnico, prende il nome di applicazione ibrida la quale, per definizione appunto, è progettata appositamente per poter essere adatta a più tipi di dispositivi tecnici.

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Partendo quindi dal presupposto che l’applicazione è libera, gratuita e utilizzabile ovunque, il design che è stato ideato ha proprio lo scopo di essere compreso da tutti, grazie alla sua configurazione semplice sia dal punto di vista grafico che strutturale. È necessario ora entrare in merito a quelle che sono le funzionalità principali dell’applicazione e che possono essere racchiuse in sei macro categorie: fase di lancio, sezione home, liste, news, profilo e infine ricerca.

4.4.1. Fase di lancio e schermata home La fase di lancio consiste nella prima vera azione che il consumatore compie all’interno della piattaforma in seguito al download nel dispositivo e che precede la navigazione all’interno di essa. Questa primissima fase consente all’utente di poter comprendere meglio lo scopo dell’applicazione grazie al passaggio obbligatorio di tre interfacce inerenti a cosa consiste Cibitas, al modo in cui si presenta e infine le sue funzionalità (Fig. 9).

Fig. 9: schede di presentazione dell’applicazione che precedono la pagina di login.2 2

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Una volta fatto ciò, l’utente si trova di fronte alla possibilità di potersi registrare tramite l’inserimento di qualche semplice dato personale, oppure di potervi accedere tramite i dati di Facebook o Google+, nel caso in cui l’utente abbia già creato un account. La fase di lancio costituisce il primo contatto con questa fetta di realtà virtuale nella quale egli è assolutamente un protagonista e dove dunque, la sua opinione è fondamentale a quello che è lo scopo ultimo dell’applicazione che è necessario ribadire ancora una volta, ossia: la circolazione delle informazioni. La registrazione da parte dell’utente è quindi di fondamentale importanza per mantenere viva la comunità che Cibitas ha l’obiettivo di creare e favorire tale flusso continuo di opinioni e informazioni utili alla comprensione di ciò che quotidianamente viene acquistato. Una volta che è stato effettuato l’accesso, l’utente si trova di fronte alla schermata home di Cibitas (Fig. 10), nella quale, posta sulla parte superiore della facciata, si trova il nome dell’applicazione accompagnato dal relativo logo.

Fig. 10: schermata home.3

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Immediatamente sotto è possibile incontrare le tre modalità attraverso cui è possibile effettuare la ricerca dei prodotti e dunque si trovano le icone della ricerca tramite codice a barre, la quale permette all’utente di inquadrare il codice a barre del prodotto per poter accedere alle sue caratteristiche, oppure la ricerca all’interno della banca dati dell’applicazione e, infine, la ricerca tramite fotografia, nella quale è sufficiente inquadrare interamente il prodotto per riuscire ad accedere, ancora una volta, alle sue caratteristiche. Sotto a queste tre funzioni fondamentali, è possibile riscontrare un numero indefinito di icone contenenti le liste di prodotti che l’utente si è creato. Il numero è indefinito poiché egli ha la possibilità di poter inserire quante più liste desidera. Tutte le liste saranno presenti nella schermata home e sarà sufficiente uno swipe a sinistra per riuscire a scorrerle tutte. Gran parte della schermata è invece occupata dalla presenza della sezione notizie, la quale è composta di principalmente tre notizie in evidenza e, nel caso in cui l’utente decida di accedere alla notizia in questione, è solamente necessario un tap per riuscire ad accedervi. Infine, nella parte inferiore dello schermo è possibile trovare il menù dell’applicazione costituito dalle cinque voci principali e che rimangono sempre fisse in modo tale da rendere l’esperienza più pratica e veloce. Le voci delle quali si sta facendo riferimento sono rispettivamente il tasto home, liste, ricerca, notizie e profilo (Fig. 11).

Fig. 11: menù fisso all’interno dell’applicazione, contenenti bottoni collegati alle sezioni home, liste, ricerca, notizie e profilo.4

4.4.2. Sezione liste e sezione notizie In precedenza è stata brevemente descritta la sezione delle liste, ma ora è necessario approfondire ulteriormente questa parte poiché svolge un ruolo molto importante all’interno della piattaforma e, la sua importanza, è data dal suo carattere di interattività che si crea tra il dispositivo e l’utente.

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Una volta cliccato sull’icona rappresentante la sezione liste, l’utente si trova di fronte ad una schermata che gli permette di poter creare quante più liste desidera (Fig. 12).

Fig. 12: schermata della sezione liste.5

Il motivo per cui è stata pensata questa sezione, è dato dal fatto che si è voluto dare la possibilità al consumatore, il quale si ipotizza che svolga delle ricerche all’interno della banca dati dell’applicazione e che dunque sia attivo all’interno della piattaforma, di riuscire a creare delle liste nelle quali salvare in maniera arbitraria le descrizioni dei prodotti. Il fruitore potrebbe creare una lista ad esempio per poter avere sempre a portata di mano i prodotti che sono da evitare o, al contrario, i prodotti consigliati o, ancora, prodotti che presentano caratteristiche precise come l’assenza di glutine o di latticini. In qualunque caso, le denominazioni e il numero di prodotti inseriti nelle liste restano di assoluta decisione del consumatore (Fig. 13).

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Fig. 13: esempio di schermata di una possibile lista creata dall’utente.6

Tra le voci principali del menu fisso dell’applicazione precedentemente nominate, si è parlato anche della sezione notizie. Il fruitore infatti, cliccando su quest’ultima, ha la possibilità di poter vedere tutte le notizie che hanno a che fare con i prodotti che hanno subito, o stanno subendo, procedimenti penali dovuti a pubblicità ingannevole, come nei casi esposti alla fine del terzo capitolo. In seguito all’accesso a questa sezione, il consumatore può notare una schermata in cui scompaiono diverse notizie, le quali riportano la data di pubblicazione, il numero di visualizzazioni e il numero di commenti effettuati dagli altri utenti. In più è possibile poter salvare una qualsiasi notizia come preferito, ponendo una stellina a quest’ultima la quale verrà salvata direttamente nella sezione profilo (Fig. 14).

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Fig. 14: schermata sezione news.7

Questa sezione gioca un ruolo chiave nell’applicazione poiché è principalmente qui che l’utente ha l’occasione di poter prendere visione dei prodotti che quotidianamente acquista all’interno dei supermercati e dunque, porre maggiore attenzione alle etichette che potrebbero riportare delle informazioni equivoche e che porterebbero di conseguenza ad un inganno. All’interno di questa sezione l’utente non riscontra solamente notizie negative relative agli inganni, bensì ha la possibilità di trovare anche notizie che arrivano direttamente dai siti degli enti promotori così da mantenere la caratteristica di circolarità delle informazioni (Fig. 12-13). La prospettiva futura, oltre che uno degli obiettivi principali della piattaforma, è proprio quella di dare quanti più strumenti possibili affinché la pubblicità ingannevole venga contrastata con un tipo di informazione più corretta e veritiera.

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Fig. 15-16: esempi di notizia associata ad un prodotto preciso (sx) oppure derivante da un sito promotore (dx).8

4.4.3. Sezione profilo Come nella maggior parte delle piattaforme che danno la possibilità agli utenti di potersi esprimere all’interno di essa, è necessario e indispensabile riservare uno spazio alla sezione profilo nella quale è possibile inserire e ritrovare alcuni dei propri dati personali. Una volta entrati all’interno dell’area personale, l’utente si trova di fronte ad una schermata in cui in alto compare la foto profilo, accompagnata dal nome utente. Immediatamente sotto alla foto profilo sono presenti diverse voci le quali rispettivamente sono: il numero totale di voti che l’utente ha dato nel tempo, gli elementi preferiti, le foto inserite nella piattaforma, i commenti effettuati e, infine, i dati personali, le impostazioni, l’assistenza e le donazioni (Fig. 17).

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Fig. 17: schermata sezione profilo.9

È fondamentale ora andare ad approfondire ognuna di queste voci, iniziando dal primo elemento nominato. Ebbene, il fruitore ha la possibilità di poter vedere il numero totale dei voti che ha dato nel corso del tempo e per quali prodotti ha votato. Nella voce dei preferiti invece, è possibile vedere tutti gli elementi che l’utente ha voluto salvare, dunque prodotti, commenti o notizie che ha ritenuto necessario reputare come importanti per lui e che, anche a distanza di tempo, potrà ritrovare facilmente. Così come per i voti, anche per i commenti è possibile vedere quanti, quando e a chi sono stati fatti, in modo tale da averli a portata di mano nel caso in cui si voglia ricordare un particolare intervento fatto. Allo stesso modo, tale procedura è analoga anche per le foto. In questo caso viene data la possibilità al fruitore di poter prendere visione delle immagini che lui stesso ha caricato nella piattaforma nel corso del tempo.

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Per quanto riguarda la voce relativa ai dati personali, l’utente può modificare alcuni dei suoi dati come la foto profilo, il nome con il quale si presenta al resto della community, l’email utilizzata per la registrazione e infine, la password per accedere al proprio account. Questa breve sezione è, come si è detto all’inizio del paragrafo, necessaria per qualsiasi applicazione che dia la possibilità ai propri fruitori di potersi esporre agli altri utenti della stessa. Alla fine di questa breve descrizione, è opportuno spendere alcune parole circa l’occasione che viene all’utente di fare una donazione. Dunque, l’applicazione in questione è una piattaforma che dà la libertà assoluta di utilizzo senza restrizioni e, soprattutto, senza la necessità di dover passare da un utilizzo standard ad uno premium attraverso un abbonamento. Ciò accade in quanto l’applicazione, come è già stato ribadito spesso, è sponsorizzata da enti che non hanno scopo di lucro e, per questo motivo non viene imposto nessun pagamento obbligatorio al consumatore, se non la possibilità di poter contribuire al mantenimento dell’applicazione e al suo sviluppo nel tempo.

4.4.4. Sezione ricerca e scheda del prodotto Le ultime due voci che vengono di seguito descritte, costituiscono le funzioni fulcro dell’applicazione, le quali sono rispettivamente la funzione di ricerca e la scheda prodotto. La funzione di ricerca funge da vero e proprio strumento tramite tra il prodotto e il fruitore. Infatti, come già affermato in precedenza, gli viene data la possibilità di poter trovare i prodotti all’interno dell’applicazione tramite principalmente tre modalità: la scansione del codice a barre, fotografia del prodotto e infine ricerca mediante l’inserimento di parole chiave e filtri che permettono di accedere alla scheda del prodotto in questione, nel caso in cui altri utenti lo abbiano già inserito all’interno della piattaforma. È stato deciso volontariamente di non inserire categorie precise di prodotti per far sì che venga mantenuto uno dei caratteri principali dell’applicazione inizialmente esposti, ossia quello di praticità e velocità e, effettuare ricerche attraverso queste tre modalità, fa sì che questo possa avvenire. Pare opportuno ora soffermarsi su quella che è probabilmente la funzione più importante dell’applicazione, quella della scheda prodotto. 55


Tutti gli elementi che sono stati inseriti (le liste, le notizie, la ricerca del prodotto), fungono sostanzialmente da supporto alla sezione della scheda del prodotto, poiché è proprio da qui che l’utente si fa un’idea precisa di quello che quest’ultimo sia realmente, mettendo in luce anche quegli aspetti negativi che generalmente non vengono notati. Una volta che viene effettuata la ricerca tramite una delle tre modalità sopra descritte, l’utente si trova di fronte ad una schermata interattiva, nella quale si incontra innanzitutto una barra rappresentante simboli che indicano le caratteristiche principali del prodotto come, ad esempio, l’assenza di glutine o di latticini e dunque adatti ad un certo tipo di esigenze. Successivamente, gran parte della schermata è occupata dalla fotografia del prodotto che sarà possibile esplorare a 360 gradi, grazie ad un pulsante apposito e dunque visionarlo nella sua interezza come se lo si maneggiasse fisicamente. Tramite poi uno swipe a destra, è possibile trovare, qualora esistesse, lo spot pubblicitario del prodotto mentre, con uno swipe a sinistra, visionare altre fotografie questa volta effettuate dagli altri utenti. La zona più interessante si trova immediatamente sotto, dove si può notare una barra nella quale viene espresso, grazie ai colori rosso, giallo e verde, quanto in media il prodotto sia stato gradito o meno dai consumatori, con annessa possibilità di votazione Con uno scroll verso l’alto, l’utente si trova di fronte ad una nuova schermata nella quale sono inseriti il logo e la descrizione del prodotto, nella quale può comprendere meglio di che tipo di prodotto di tratti, le sue informazioni generali, gli ingredienti, così come i suoi valori nutrizionali (Fig.18).

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Fig. 18: esempio di scheda prodotto.10

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In precedenza si è parlato della sezione notizie, nella quale vengono inserite le sentenze riguardanti alcuni prodotti che sono stati sanzionati. Per questo motivo, è stato pensato di inserire un pulsante interattivo che indica se di colore rosso, che il prodotto ha subito un procedimento penale o di colore giallo, nei casi in cui invece lo stia attualmente subendo. Dunque l’utente, cliccando su questo pulsante, accede direttamente alle notizie relative agli sviluppi della sentenza. Siccome la vera forza dell’applicazione è data dalla relazione virtuale che si crea tra i diversi utenti tramite i commenti, per accedere a quest’ultima funzione è necessario uno swipe a sinistra in modo tale da poter prendere visione di tutti i commenti che sono stati effettuati dagli altri utenti, con la possibilità anche di poter esprimere la propria opinione in maniera tale da contribuire al flusso di pensiero e informazioni (Fig. 19).

Fig. 19: esempio di schermata della pagina commenti nella sezione scheda prodotto.11

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Tavola progettuale n. 32.

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Con un ulteriore swipe verso sinistra si accede infine alla sezione delle notizie generali riguardanti l’azienda produttrice di quel determinato prodotto, così da dare una descrizione quanto più esaustiva di quella che è la storia dell’azienda. Nei casi di quella categoria di prodotti che presentano delle procedure penali in atto o concluse, se il fruitore non ha fatto caso al pulsante interattivo precedentemente descritto, potrà riscontrare in primo piano, proprio la sentenza relativa al prodotto e solo sotto a questa, troverà le altre notizie generali concernenti l’azienda (Fig. 20)

Fig. 20: esempio di schermata della pagina notizie all’interno della sezione scheda prodotto.12

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Tavola progettuale n. 32.

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CONCLUSIONI

Per la stesura di questo elaborato la domanda inziale a cui si è fatto riferimento è stata quali potessero essere gli elementi del packaging di un prodotto alimentate, tanto da renderlo più interessante rispetto ad un altro, analizzando in particolare le funzioni del packaging, per arrivare poi alla presa in esame di uno dei risvolti negativi della comunicazione nel settore alimentare, ovvero la pubblicità ingannevole. Per questo motivo, in seguito alla sua analisi, si è voluto ipotizzare una possibile soluzione che fosse in grado di, quanto meno, contrastare nel panorama italiano questo fenomeno ormai diffuso. Affinché però tutto fosse possibile, si è ritenuto necessario affrontare il tema iniziando dalla descrizione delle origini del packaging, a partire dalla definizione di imballaggio. Il Vocabolario Treccani lo ha definito come un qualsiasi involucro che ha il compito di contenere, conservare e trasportare un prodotto da un luogo ad un altro. A partire da ciò, si è compreso poi quanto sia nata l’esigenza di creare degli imballaggi che presentassero degli elementi tali da attirare il consumatore e indurlo all’acquisto di un prodotto. Da qui, tale definizione è diventata riduttiva in confronto all’ascesa di una nuova tipologia di involucro, ossia il packaging il quale si è potuto notare quanto abbia preso piede soprattutto a partire dalla Rivoluzione Industriale avvenuta nell’Ottocento dove, la crescita del settore economico ha portato alla necessità di dare un’immagine ai prodotti per differenziarli gli uni dagli altri. Dunque il packaging può essere inteso sì come involucro di un prodotto, il quale ha il compito di mantenere il suo contenuto, con l’aggiunta però di caratteristiche che hanno a che fare con la maniera in cui esso si presenta al pubblico. Grazie agli interventi di autori esperti del settore si è potuto indagare sull’evoluzione delle strategie di vendita messe in atto nel settore alimentare ritenendo come fondamentale, intorno agli Venti del secolo scorso, l’avvento dei supermercati (e quindi dell’acquisto selfservice), a discapito delle drogherie che, al contrario, rappresentavano un metodo di vendita

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obsoleto e non sufficiente a rispondere alle nuove esigenze dei consumatori, sempre più alla ricerca della novità e varietà. Ecco così che si può definire una sorta di inizio dell’evoluzione del packaging e delle strategie di vendita a lui connesse le quali, ancora oggi, tentano di rinnovarsi e ammodernarsi tramite una strategia costituita dalla vendita online, la quale attualmente si presenta come uno dei metodi più diffusi e utilizzati. Per riuscire a comprendere ancora più nel profondo la tematica, si è ritenuto fondamentale analizzare le funzioni principali di un packaging, a partire dalle sue caratteristiche più superficiali, fino ad arrivare a quelle più profonde e che sono in grado di creare un vero e proprio rapporto tra il consumatore e il prodotto. Infatti, si è potuto vedere come qualsiasi aspetto del packaging venga curato fino al più piccolo dettaglio, nulla viene lasciato al caso, qualsiasi cosa venga posta sulla confezione ha il suo ruolo ben preciso. E proprio perché ogni facciata ha la sua funzione, che si è voluto tentare di esaminare in maniera approfondita la tematica della pubblicità ingannevole, la quale si estende a più livelli tra cui, per l’appunto, al packaging stesso. Sono stati presi in considerazione alcuni casi eclatanti che, visto l’interesse da parte della giurisdizione italiana in merito a questa tematica, sono stati sanzionati poiché presentavano degli aspetti non corrispondenti al reale e dunque ritenuti ingannevoli. Un inganno potrebbe verificarsi dal momento in cui il consumatore si convince all’acquisto di un prodotto in quanto ciò che viene riportato sulla confezione non corrisponde al reale per diverse e svariate caratteristiche. Per questo motivo infatti, sono state analizzate alcune delle strategie maggiormente adottate dalle aziende che praticano una pubblicità ingannevole. Come si è potuto osservare, si tratta di un fenomeno che non sempre è facile da riconoscere, soprattutto vista la complessità attraverso cui viene progettato un packaging. Per questo motivo, in seguito alle scoperte effettuate nel corso dell’elaborato e grazie al supporto dei testi maneggiati, è stata sviluppata l’ipotesi per cui un’applicazione potesse essere un metodo efficace per riuscire a quanto meno contrastare la pubblicità ingannevole.

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Ai fini della ricerca è stato preso in considerazione non solo il progresso del mercato online, quanto più il progresso della tecnologia che ha portato nel tempo a profondi cambiamenti nello stile di vita delle persone tra cui, appunto il modo di vendere e acquistare. I nuovi dispositivi tecnici garantiscono al consumatore sempre più semplicità e simultaneità, ed è per questo che anche con questa applicazione si è tentato di riuscire a venire incontro a queste esigenze. Cibitas è la fusione delle parole cibo e civitas, proprio perché lo scopo ultimo dell’applicazione è quello di creare una vera e propria comunità virtuale basata sulla libera circolazione di informazioni, in modo tale da riuscire a dare ad ogni utente la possibilità di potersi esprimere ma, soprattutto, riporre maggiore attenzione a ciò che quotidianamente viene acquistato.

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BIBLIOGRAFIA

Ambrose G. & Harris P., Packaging the Brand, Worthing, AVA Publishing SA, 2011. Barbanti D., L’imballaggio funzionale: “Active” & “Intelligent” packaging, Corso integrato d’area: gestione e controllo qualità industrie alimentari, Università di Parma, 2011. Biffignandi S. & Chiesa F., Il comparto alimentare e beverage. Produzione, consumo, packaging e macchinari, Milano, FrancoAngeli, 2011. Bondani M., Packaging positioning. Vinci la guerra sullo scaffale, Bologna, Fausto Lupetti Editore, 2017. Bucchetti V., La messa in scena del prodotto. Packaging: identità e consumo, Milano, FrancoAngeli, 2012. Cavazza N., Comunicazione e persuasione, Bologna, Il Mulino, 2009. Ciravegna E., La qualità del packaging. Sistemi per l’accesso comunicativo-informativo dell’imballaggio, Milano, FrancoAngeli, 2010. Crivellaro M., Vecchiato G. & Scalco F., Sostenibilità e rischio greenwashing. Guida all’integrazione degli strumenti di comunicazione ambientale, Padova, Libreriauniversitaria.it, 2012. Drusian M., Dispensa del corso di Metodologia del lavoro scientifico, Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE). Iraldo F. & Melis M., Green Marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato il valore della sostenibilità, Milano, Gruppo 24 Ore, 2012. Pastoureau M., Il piccolo libro dei colori, Milano, Ponte alle Grazie Srl, 2006. Provenzano A., Visual Merchandising dal marketing emozionale alla vendita visiva, Milano, Franco Angeli, 2012. Rahman S.M., Handbook of Food Preservation, Boca Raton, CRC Press, 2007. Ruffino G., Dispensa del corso di Packaging e design sui prodotti, Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE). Ventura I., Che cos’è il packaging, Roma, Carocci Editore S.p.a., 2014. Stewart B., Professione packaging designer, Modena, Logos, 2008.

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LEGGI E NORMATIVE

Comunicato dell’Unione Europea (UE) n.COM(97)157 del 16 Aprile 1997 in materia di commercio elettronico. Decreto legislativo 2 Agosto 2007, n. 145 in materia di pubblicità ingannevole. Decreto legislativo 2 Agosto 2007, n.146 relativo alle pratiche commerciali sleali tra le imprese e i consumatori. Provvedimento emanato dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM) n. 21851 dell’1 Dicembre 2010 a fronte di una pratica scorretta commessa dall’azienda “Riso Scotti S.p.A.” Provvedimento emanato dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM) n. 23726 dell’ 11 Luglio 2012 a fronte di una pratica scorretta commessa dall’azienda “Zuegg S.p.A.” Provvedimento emanato dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM) n. 25314 del 3 Febbraio 2015 a fronte di una pratica scorretta commessa dall’azienda “Amica Chips S.p.A.”

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SITOGRAFIA

Bordoli M., «Crai: cresce e lancia spesa online ed e-commerce di prossimità», URL: www.milanofinanza.it (18/04/2018). Dongo D., Milk Sounding, la parola dell’Antitrust, in «GIFT», URL: www.greatitalianfoodtrade.it (2/05/2018). Masi P., Pubblicità ingannevole, prodotti alimentari e prodotti geneticamente modificati, in «Rivista di diritto alimentare (AIDA)», 2 (2008), n.1, p1, URL: www.rivistadirittoalimentare.it (30/04/2018). Merlo B., Il packaging è sempre più smart, in «Il Latte», URL: www.lattenews.it (24.04.2018). Politecnico di Milano, «Food&Grocery in Italia: l’e-Commerce è servito?», URL: www.osservatori.net (18.04.2018). Saso R., «Le nuove forme di Italian Sounding. Ciò che il cibo non dice. Le responsabilità dei produttori e i diritti dei consumatori», URL: www.osservatorioagromafie.it (2.05.2018). Treccani, «Imballaggio», «Packaging», «Self-service», URL: www.treccani.it (17.04.2018).

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ELENCO IMMAGINI

Fig. 1: Anonimo, locandina del primo Sainsbury’s self-service store, [s.l],2013 URL: «http://www.kamcityblog.com/2013/08/» (20.04.2018). Fig. 2: Anonimo, bottiglietta Levissima Issima, [s.l.], [s.a.], URL: «https://www.levissima.it/acqua/issima/» (20.04.2018). Fig. 3: Crivellaro M., Vecchiato G. & Scalco F., Sostenibilità e rischio greenwashing. Guida all’integrazione degli strumenti di comunicazione ambientale, elenco di alcuni casi che si manifestano frequentemente sotto forma di greenwashing, Padova, libreriauniversitaria.it, 2012, p.127. Fig. 4: Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n.25314, grafica applicata sulla confezione del prodotto “Amica Chips Eldorada”, Italia, 2015, URL: «www.agcm.it » (29.04.2018). Fig. 5: Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n.23726, etichetta fronte e retro di un contenitore di marmellata “Zuegg”, Italia, 2012, URL: «www.agcm.it » (05.05.2018). Fig. 6: Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n.23726, pagina web prodotto senza zucchero Zuegg, Italia, 2012, URL: «www.agcm.it» (05.05.2018). Fig. 7: Autorità Garante della concorrenza e del mercato, Provvedimento n.21851, Packaging del prodotto “PastaRiso Scotti attiva”, Italia, 2010, URL: « www.agcm.it » (10.05.2018).

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